ECONOMIA AZIENDALE - LEZIONE 5 Dott. Fabio Monteduro, Dott.ssa Sonia Moi L’organizzazione: interdipendenze, meccanismi di coordinamento e configurazioni organizzative Introduzione Abbiamo precedentemente visto che le aziende, in quanto sistemi, sono entità complesse, la cui gestione richiede l’interazione di una molteplicità di elementi. Infatti, un'organizzazione si caratterizza per la presenza, al suo interno di individui o gruppi di individui (i quali svolgono attività interdipendenti finalizzate al raggiungimento di determinati obiettivi), e di elementi di base che, combinandosi in maniera diversa, fanno emergere diverse strutture organizzative. In questa lezione verranno analizzate le interdipendenze tra i diversi attori organizzativi, ossia la natura e le caratteristiche delle relazioni tra i soggetti che intervengono all’interno dell’organizzazione, i meccanismi di coordinamento attraverso i quali vengono gestite tali relazioni, vengono analizzati gli elementi di base dell’organizzazione e le principali strutture organizzati che emergono dalla loro combinazione. Le interdipendenze ed i meccanismi di coordinamento Ogni attività che viene realizzata all’interno dell’azienda, implica delle relazioni tra i soggetti che ne fanno parte. Per individuare quali meccanismi regolano tali interazioni, si ritiene importante identificare le dimensioni che le qualificano e le definiscono, ossia: la dimensione strutturale; la dimensione comportamentale; la dimensione informativa; la dimensione contrattuale. In particolare, quando si parla di dimensione strutturale, si fa riferimento a tutte le risorse (siano esse tecniche, materiali, fisiche) che permettono la realizzazione di un determinato bene. La dimensione comportamentale, invece, attiene alle caratteristiche degli individui che sono parte dell’organizzazione e su cui si identificano le relazioni, mentre la dimensione informativa si riferisce alle informazioni e conoscenze che essi si scambiano. Infine, la dimensione contrattuale attiene all’impatto della regolamentazione interna sulle relazioni tra gli attori (interni ed esterni) che interagiscono con l’organizzazione. Tali dimensioni giocano un ruolo diverso a seconda delle relazioni che si vengono ad instaurare, i cui meccanismi possono essere sintetizzati in un approccio meccanico e comportamentale. In particolare, quando si parla di approccio meccanico, si fa riferimento alla dimensione contrattuale e strutturale, sottolineando la prevalenza dell’intensità, frequenza ed incertezza delle relazioni, mentre nell’approccio comportamentale rilevano le dimensioni comportamentale ed informativa sottolineando, in questo caso, la prevalenza del contenuto delle relazioni e delle variabili che descrivono il comportamento (es. la motivazione, la leadership, ecc.). Nelle aziende, l’attività di produzione, in genere si rifà all’approccio meccanico, in quanto l’attività di scambio di beni e servizi è regolata da meccanismi che dipendono prevalentemente dalla dimensione contrattuale e strutturale. Nelle aziende, tuttavia, vi è anche un’attività di interazione, in cui prevalgono le dimensioni comportamentale e strutturale, regolate da meccanismi legati all’approccio comportamentale. Per poter meglio individuare gli approcci che prevalgono in una determinata organizzazione, è necessario individuare le interdipendenze che si sviluppano al suo interno. In particolare, per interdipendenze si intendono “gli scambi o la condivisione di risorse materiali e di informazioni tra gli attori delle unità organizzative o tra diverse unità organizzative interne o esterne, al fine di realizzare le attività operative1”. Esistono diversi tipi di interdipendenze: generiche, sequenziali, reciproche. Interdipendenze generiche: gli individui realizzano le proprie attività in maniera del tutto indipendente contribuendo, in tal modo, alla realizzazione del fine comune dell’organizzazione. Mancano, in questo caso, delle specifiche relazioni di scambio e condivisioni dirette dell’attività dei singoli. Le interdipendenze possono essere gestite con procedure e regole cui gli individui possono attingere per contribuire, ciascuno con la propria attività al raggiungimento dell’obiettivo comune dell’organizzazione. Il coordinamento avviene per mezzo della standardizzazione. Interdipendenze sequenziali: in questo caso, l’output di una unità organizzativa a monte diventa l’input dell’unità organizzativa a valle. Le attività degli individui diventano, così, indipendenti le une dalle altre (es. catena di montaggio). Le relazioni che si instaurano possono essere simmetriche o bidirezionali: in tal senso l’output di A è l’output di B e viceversa ma le attività restano comunque programmabili. Per la gestione di tali interdipendenze avviene per mezzo di programmi deputati alla scansione delle tempistiche per assicurare un flusso regolare delle attività. Interdipendenze reciproche: riguardano attività altamente correlate tra loro. Ogni attività realizzata da un individuo influisce in maniera diretta su quelle realizzate dagli altri. Le relazioni che si vengono a formare, si caratterizzano per l’alto livello di complessità informativa e di comunicazione. Il coordinamento avviene per mezzo di interazioni tacite. Tabella 1: interdipendenze e meccanismi di coordinamento Tipo di interdipendenza Definizione Meccanismi di coordinamento GENERICA Relazione che si stabilisce tra due parti dell’organizzazione per il solo fatto che dalla loro attività e dal loro contributo dipende la prestazione complessiva dell’organizzazione Regole e procedure operative SEQUENZIALE Relazione di scambio tra due parti dell’organizzazione per cui l’output di una diventa input dell’altra (e viceversa) Programmi RECIPROCA Relazione di interazione che si stabilisce tra parti che co-agiscono, definiscono autonomamente le azioni da compiere aggiustandole l’una rispetto all’altra e giungendo in tal mod a un’azione comune. Mutuo adattamento, valori e convenzioni Fonte: COSTA, GIUBITTA, Organizzazione aziendale, pag. 144 In base alla natura delle attività svolte all’interno dell’organizzazione, questa può porre in essere diversi meccanismi di coordinamento, che possiamo distinguere in meccanismi di coordinamento basati sul feedback (per le attività ad interazione tacita) e quelli basati sulla standardizzazione (per le attività di trasformazione che necessitano di regole e procedure operative). In particolare, i 1 COSTA G, GIUBITTA P, Organizzazione aziendale, Mc Graw-Hill, 2008 meccanismi di coordinamento basati sul feedback attengono allo scambio di informazioni e conoscenze in modo diretto (in maniera sia orizzontale che verticale). Secondo Mintzberg, tale tipo di coordinamento si realizza attraverso la supervisione diretta ed il muto adattamento. Nel primo caso, che possiamo identificare nella gerarchia in senso stretto, il coordinamento si realizza per mezzo di ordini e direttive volte ad indirizzare il comportamento degli individui. È un coordinamento di tipo verticale, che può realizzarsi solo quando l’attore che da ordini ed emana direttive sia formalmente investito dell’autorità necessaria a porre in essere tali azioni (legittimazione) e che abbia le conoscenze e competenze tali da poter assumere tali decisioni e per risolvere le problematiche che emergono dalla realizzazione delle attività dei singoli attori. Il mutuo adattamento, invece, è un coordinamento di tipo orizzontale, che si sostanzia nella collaborazione ed interazione tra gli attori organizzativi nella ricerca della soluzione ai problemi che emergono dalle attività che gli stessi realizzano. In particolare, ogni individuo è dotato di una certa autonomia che gli permette di individuare egli stesso la migliore soluzione al problema individuato. Quest’ultimo tipo di coordinamento consente di ottenere una soluzione più rapida al problema e, spesso, più efficace, in quanto più vicina alla fonte da cui ha avuto origine il problema in questione. I meccanismi di coordinamento basati sulla standardizzazione, invece, si sostanziano in standardizzazione dei processi o standardizzazione delle conoscenze. Nel primo caso, vengono definite da un attore organizzativo con delle specifiche competenze, procedure standard e regole che devono essere seguite nel caso si verifichino determinati problemi (che vengono, quindi, codificati). Qualora si renda impossibile standardizzare le procedure, si può ricorrere alla standardizzazione dei risultati dei processi (output), lasciando autonomia agli attori organizzativi sulle regole e le procedure da seguire. Inoltre, quando non è possibile ricorrere alla standardizzazione degli output, si procede alla standardizzazione delle conoscenze attraverso la definizione delle informazioni e conoscenze necessarie per poter realizzare le attività che l’organizzazione richiede. Tali conoscenze possono essere codificate (esempio: una certificazione che attesta il possesso delle conoscenze in questione) o tacite (ossia non codificabili e distinguibili, ad esempio attraverso il numero di anni di esperienza in un determinato settore/attività). La standardizzazione consiste nell’individuare delle attività di routine che permettono agli individui di reagire allo stesso modo in presenza di una specifica gamma di eventi. La scelta dei diversi meccanismi di coordinamento dipende da un numero elevato di fattori, che possono essere rinvenuti sia all’interno dell’organizzazione, che nell’ambiente esterno (in quanto, come già precedentemente analizzato, l’organizzazione è un sistema aperto). Pertanto, la scelta della configurazione organizzativa dovrà tendere alla minimizzazione dei costi di coordinamento attraverso la massimizzazione delle interdipendenze all’interno di ogni unità organizzative e la minimizzazione delle interdipendenze tra le diverse unità organizzative. In ogni organizzazione, quindi, saranno presenti a diversi livelli, diversi meccanismi di coordinamento. Decastri (1997), inoltre, definisce che la scelta delle interdipendenze e dei meccanismi di coordinamento dipendono dal livello di complessità dell’organizzazione (che dipende a sua volta dalla variabilità e dalla prevedibilità dell’ambiente di riferimento), dal grado di interdipendenza delle relazioni e dalla pressione sui risultati dell’organizzazione. Nel box che segue verranno analizzate nel dettaglio le precedenti voci attraverso l’esplicitazione del modello di Galbraith. FOCUS: il modello di Galbraith J.R. Galbraith, elabora il suo modello partendo dalla propria esperienza personale di docente e consulente di sistemi informativi. Egli introduce il concetto di predicibilità dei compiti ad integrazione di alcune variabili e strutture di connessione già analizzate dai suoi predecessori intendendo, con tale locuzione, “il grado di possibile strutturazione dei compiti” ed individua quelle che possono essere le influenze esterne sul sistema organizzativo. In tal senso, possiamo definire che: per struttura organizzativa si intendono quegli elementi attraverso i quali è possibile svolgere diversi compiti (a cui sono associati diversi gradi di predicibilità); a tali gradi di predicibilità è correlato il volume delle informazioni da raccogliere e da elaborare per svolgere efficientemente un determinata attività; esiste un certo grado di incertezza, intesa come la differenza tra le informazioni necessarie per lo svolgimento di una attività e le informazioni disponibili prima di iniziare la stessa; Il modello può essere così sintetizzato: P →In = f( Ir –Id) Dove: P: Predicibilità dei compiti In: Incertezza Ir: Ampiezza delle informazioni richieste per un efficace svolgimento del compito e, più in generale, per un efficace funzionamento del sistema organizzativo Id: Ampiezza delle informazioni già disponibili per un efficace svolgimento del compito e, più in generale, per un efficace funzionamento del sistema organizzativo. Il modello proposto da Galbraith viene analizzato ed integrato a partire dalla fine degli anni ’70 da diversi autori italiani, che hanno integrato termini di incertezza e predicibilità dei compiti con quello di complessità informativa. Pertanto, data la quantità di informazioni di cui gli attori organizzativi dispongono, l’incertezza è data dalla complessità informativa (qualità e quantità delle informazioni teoricamente necessarie all’efficace svolgimento dei compiti), che è funzione del combinarsi: della numerosità (n): intesa come quantità di compiti da svolgere della disomogeneità (d): intesa come numero di eventi eterogenei e differenti che un’attività decisionale è chiamata a governare; della variabilità (v): che esprime la possibilità che gli elementi di cui tenere conto nel processo decisionale presentino varianti successive nel tempo; del grado di connessione/interdipendenza (c): ossia il livello di interazioni tra gli attori organizzativi; della pressione esterna sui risultati (Pi): ossia il livello di efficienza che il sistema competitivo in cui l’azienda opera può imporre; della pressione interna (Pe): ossia il livello di efficienza che il soggetto economico impone all’impresa. Il modello può essere così sintetizzato: C = f ( n, d, v, c) * (Pe + Pi) Dove C sta per complessità informativa (che può essere potenziale, qualora tale complessità sia intrinseca all’attività svolta dalle singole organizzazioni, che diviene reale attraverso la pressione sui risultati interna ed esterna) In funzione delle informazioni richieste per il funzionamento del sistema, è possibile porre in essere delle strategie organizzative con un diverso grado di complessità ed in base ad essa, specifiche azioni. • Complessità nulla: attività di routine Livello 1 • Azioni: attività note prima dell'esecuzione. Standardizzazione, regole, programmi e procedure • Complessità bassa: attività di routine e situazioni problematiche non frequenti che richiedono risposte adattive. Livello 2 • Azioni: Standardizzazione; problematiche risolte attraverso il ricorso gerarchico. • Complessità media: situazioni problematiche che si manifestano con maggiore frequenza e varia criticità livello 3 • Azioni: delega su obiettivi; abbassare il grado di accentramento dall'alto verso il basso •Complessità alta: siituazioni problematiche che si manifestano con alti gradi di complessità •Azioni: aumentare la capacità elaborativa (es. con i sistemi informativi) o ridurre la complessità (es.minor livello di livello 4 performance) Le parti dell’organizzazione: il modello di Mintzberg L’organizzazione, secondo il modello di Mintzberg, rappresenta l’insieme delle modalità secondo cui individuare e realizzare la divisione del lavoro in compiti, ed in cui realizzare il loro coordinamento. Pertanto, si rende necessario scegliere in maniera puntuale ed accurata le variabili organizzative, al fine di assicurare una certa coerenza tra i diversi elementi in gioco. Riepilogando quanto già detto, secondo Mintzberg esistono cinque meccanismi attraverso i quali avviene il coordinamento: Adattamento reciproco (mutuo adattamento); Supervisione diretta (gerarchia); Standardizzazione dei processi; Standardizzazione degli output; Standardizzazione delle conoscenze. Tali meccanismi di coordinamento devono essere utilizzati da tutti gli attori organizzativi coinvolti nei processi decisionali della stessa organizzazione. Gli attori organizzativi possono essere in tal modo identificati: Fig. 1: Le cinque parti dell’organizzazione di Mintzberg (1985) Il vertice strategico Sono i soggetti organizzativi (e quindi può non essere un singolo individuo, ma un gruppo di persone) che hanno la responsabilità globale (componente direzionale) dei risultati dell’organizzazione e dell’organizzazione stessa. Questo può, quindi, essere composto da un organo semplice (cioè il direttore generale) oppure da un organo complesso, ossia i comitati di direzione. Il vertice strategico svolge le seguenti funzioni: Sviluppo e definizione delle linee strategiche dell’azienda (es. mercati su cui operare, tecnologie, risorse, ecc.); Gestione e supervisione delle attività della struttura (in particolare: individuazione e gestione delle eccezioni, risoluzione delle problematiche e delle criticità, gestione del personale, ecc.); Gestione delle relazioni dell’organizzazione con l’ambiente esterno e rappresentanza dell’azienda. Il vertice strategico è dotato di una forte autonomia ed un ampio potere decisionale e, date le caratteristiche delle attività che egli svolge (in termini di ampiezza e scarsa prevedibilità delle attività) ha un basso grado di strutturazione dei compiti. Le relazioni interne sono di tipo informale e i meccanismi di coordinamento rispondono al mutuo adattamento. Il nucleo operativo Si tratta dei soggetti aziendali che realizzano le attività di produzione dei beni, di erogazione dei servizi agli utenti esterni e/o coloro che, in generale, si occupano in maniera operativa di garantire il raggiungimento degli obiettivi e degli scopi per cui è stata creata l’organizzazione. Le funzioni che esso svolge, possono essere così sintetizzate: Reperimento degli input necessari alla produzione; Trasformazione degli input in output; Distribuzione degli output; Fornisce un supporto diretto alle attività esplicitate sopra (es. manutenzione macchinari, ecc.) Al nucleo operativo, in genere, non vengono assegnate significative responsabilità decisionali. Le attività svolte sono codificate e standardizzate, con limitati margini di autonomia a causa della forte prevedibilità delle stesse attività. Talvolta, in organizzazioni in cui la complessità delle attività è maggiore, i soggetti appartenenti al nucleo operativo possono godere di un maggior livello di autonomia decisionale, in quanto risulta meno conveniente la codificazione dei processi (feedback). La linea manageriale intermedia Si ha nel momento in cui il vertice strategico non è in grado (a causa della quantità e difficoltà dei compiti) di svolgere le attività che egli dovrebbe realizzare. Si crea, in tal senso, una struttura intermedia tra vertice strategico e nucleo operativo. E’ il cosiddetto middle management, che raccoglie le informazioni di feedback della propria unità e le trasmette ai superiori per alimentare il processo decisionale in capo al vertice strategico. Inoltre, la linea manageriale intermedia (in caso di manager responsabile di unità organizzativa) ha le stesse funzioni del vertice strategico su scala ridotta, ovvero sulla propria unità organizzativa. Inoltre, mantiene i contatti con altri manager, analisti, componenti di staff con i quali e’ interdipendente, gestisce il personale e le problematiche della propria unità organizzativa. La tecnostruttura Si tratta di organi che non partecipano direttamente al flusso di lavoro dell’organizzazione, non sono dotati di potere gerarchico formale ma influenzano, in maniera determinante, i processi interni dell’organizzazione poiché ad essi è demandato il compito di individuare le modalità con cui svolgere le attività all’interno della stessa. La tecnostruttura, in genere, è più presente e marcata quando il meccanismo di coordinamento prevalente è la standardizzazione. Infatti, la tecnostruttura è formata da analisti che progettano, standardizzano, modificano i flussi di lavoro al fine di renderlo più efficiente. Mintzberg individua, in particolare, tre categorie di analisti: • gli analisti del lavoro, deputati alla standardizzazione dei processi; • gli analisti di pianificazione e controllo, deputati alla standardizzazione degli output • gli analisti del personale, che standardizzano le competenze. La tecnostruttura, quindi, è formata da professionisti, ed il muto adattamento e la standardizzazione delle competenze sono i meccanismi di coordinamento che prevalgono. Gli organi di staff Sono quei soggetti che forniscono un supporto esterno ed indiretto all’organizzazione. In particolare, svolgono funzioni specifiche che non sono attinenti alle attività core dell’organizzazione (si pensi alle relazioni esterne, al servizio mensa, alla consulenza legale, ecc.), attività che l’organizzazione potrebbe acquistare sul mercato, ma che spesso preferisce internalizzare per poter averne un maggiore controllo su esse. Poiché si tratta di attività variegate, non è possibile stabilire a priori il meccanismo di coordinamento utilizzato. Le configurazioni organizzative Gli elementi di base che contraddistinguono le organizzazioni, secondo l’impostazione delineata da Mintzberg, sono costanti. Tuttavia, le loro differenti combinazioni, fanno emergere diverse strutture organizzative, che saranno oggetto del seguente paragrafo. In particolare, Mintzberg, propone cinque configurazioni organizzative. Si sottolinea, prima di cominciare l’analisi, che si tratta di tipi ideali (o puri), e come tali rappresentano una struttura concettuale da utilizzare per comprendere il comportamento organizzativo delle diverse aziende i loro cambiamenti nel tempo. Inoltre, per comprendere meglio a che cosa corrispondono, nella realtà le configurazioni organizzative, verranno presentati degli esempi di organigramma di alcune aziende, che meglio si avvicinano agli “idealtipi” analizzati. La struttura semplice È formata dal vertice strategico e dal nucleo operativo; nel caso della struttura semplice non vi è tecnostruttura (o, comunque, è molto limitata), gli addetti allo staff di supporto sono pochi, la divisione del lavoro non è rigida e vi è una minima differenziazione tra le diverse unità organizzative. Vi è un forte controllo da parte del vertice, anche se la gerarchia manageriale è poco sviluppata, così come la formalizzazione del comportamento, la pianificazione, la formazione e l’uso dei meccanismi di collegamento. È, inoltre, assente una forza lavoro professionalizzata. Il meccanismo di coordinamento di riferimento è la supervisione diretta, in cui è previsto, come già definito sopra, un forte accentramento nelle mani del vertice strategico. La struttura semplice presuppone una compagine semplice e dinamica ed il processo decisionale è flessibile e rapido, per cui non è possibile prevedere meccanismi di standardizzazione. È tipica delle aziende giovani, anche se può permanere anche nelle piccole imprese, o delle aziende in crisi. È possibile distinguere tre tipi di struttura semplice, che fanno riferimento a diverse forme organizzative: l’organizzazione semplicissima, basata su una comunicazione di tipo orizzontale e mutuo adattamento; l’organizzazione per crisi, che si verifica quando un’azienda si trova temporaneamente a dover accentrare il potere a causa di ostilità varie; l’organizzazione autocratica, che prevede l’accumulazione del potere nelle mani del direttore generale senza formalizzazione; l’organizzazione carismatica, in cui il leader acquisisce potere grazie al largo seguito che ha tra i suoi seguaci. È indicata solo per organizzazioni semplici, poiché può diventare molto vincolante per le ambizioni professionali degli addetti. È inoltre, la struttura più rischiosa, in quanto dipende da un unico soggetto. Box 1: La struttura semplice. La piccola azienda “italiana” E’ la struttura utilizzata da imprese di piccolissime dimensioni e caratterizzata da combinazioni produttive semplici (ad es. un solo prodotto) o di una linea di prodotti omogenea. Si caratterizza, inoltre per l’omogeneità dei compiti assegnati alle persone che lavorano all’interno dell’azienda (nell’esempio del piccolo ristorante a conduzione familiare, spesso i ruoli vengono invertiti). Organi di governo e direzione Proprietario/ Gestore Gestione cassa Cuoco Camerieri Organi operativi Punti di forza: Garantisce una certa flessibilità (nel breve periodo è una caratteristica importante) Garantisce una risposta strategica calata sulle reali esigenze della struttura (poiché vi è una conoscenza diretta delle caratteristiche operative) Costi di struttura bassi Forti rapporti interpersonali (coordinamento tramite mutuo adattamento) Punti di debolezza: Scarsa capacità di sorveglianza dell’ambiente Poca attenzione per la crescita Sbilanciamento operativo La burocrazia meccanica Si tratta di una struttura adatta ad un ambiente semplice e stabile (es. produzione di autoveicoli), in quanto i compiti operativi sono molto specializzati e di routine con procedure formalizzate. Il nucleo operativo è impostato in unità di grandi dimensioni, raggruppate su base funzionale, molto differenziate e ben articolate in termini di divisone del lavoro. Per isolare il nucleo operativo dalle influenze esterne, la struttura direzionale è molto articolata. In particolare, i manager della linea intermedia hanno una forte l’autorità formale, e le funzioni possono essere così sintetizzate: gestione dei conflitti interni al nucleo operativo (mediante la supervisione diretta); ruolo di collegamento tra unità operative e analisti della tecnostruttura (per assicurare l’assunzione degli standard); facilitano la comunicazione verticale, attraverso l’aggregazione di informazioni necessarie al vertice strategico e attraverso l’elaborazione di piani di azione indirizzati al nucleo operativo. Dal momento che vi è una standardizzazione elevata, la tecnostruttura diviene una parte fondamentale. Gli analisti, chiamati a determinare le procedure di standardizzazione del lavoro, hanno un elevato potere informale. Le norme che regolano le attività dell’organizzazione sono piuttosto rigide, il rispetto della gerarchia e delle comunicazioni di tipo formale risultano prevalere nella struttura burocratica. Il processo decisionale, che si sviluppa lungo la linea di autorità, è piuttosto accentrato, anche per la disponibilità di informazioni. Nella burocrazia meccanica, vige un’eccessiva attenzione al controllo, indispensabile per abbassare la grande conflittualità esistente a tutti i livelli. Il vertice strategico si impegna per la costruzione ed il perfezionamento della burocrazia ed è supportato, in tal senso, dagli analisti della tecnostruttura. L’implementazione della strategia aziendale avviene dall’alto verso il basso (top-down). Si rileva la burocrazia meccanica prevalentemente in aziende mature di dimensioni elevate, con sistemi tecnici ad alto grado di regolazione e con un ambiente prevedibile, tale da rendere conveniente la standardizzazione delle attività. Inoltre, maggiore è il controllo esterno, più l’organizzazione tende a diventare burocratica. Uno dei principali limiti di questa struttura organizzativa, è dato dal fatto che inibisce le motivazioni e le aspettative dei lavoratori. Inoltre, ha un basso livello di innovazione. La burocrazia professionale Questa struttura organizzativa è basata sulla standardizzazione delle competenze. Il nucleo operativo è la parte fondamentale, costituita da professionisti, con capacità standardizzate, che controllano il loro lavoro ma anche le decisioni amministrative e direzionali che li riguardano. Questi, lavorano in maniera indipendente e a stretto contatto con i propri clienti. I meccanismi di coordinamento si sostanziano nella standardizzazione delle competenze, con una particolare attenzione anche alla standardizzazione dei risultati. Il professionista del nucleo operativo ha due importanti funzioni: quella di ascoltare, interpretare e classificare le esigenze del cliente per capire identificare il programma da applicare; l’applicazione e l’esecuzione del programma di cui sopra. La tecnostruttura non è molto sviluppata ed è al servizio del nucleo operativo, così come la linea intermedia. L’organizzazione rispondente alla tipologia della burocrazia professionale, è un’organizzazione decentrata orizzontalmente e verticalmente. È, inoltre, una struttura “democratica”, in quanto i professionisti hanno un controllo diretto della propria attività e della parte amministrativa che li riguarda. La gerarchia, non è più dal vertice al basso ma, al contrario, è di tipo bottom up, in cui sono i professionisti a detenere il potere in quanto ottengono appoggi e finanziamenti dall’ambiente esterno per le attività operative. Si tratta, inoltre, di un ambiente complesso e stabile, con procedure difficili da apprendere ma sostanzialmente non mutabili nel tempo. È piuttosto rigida e poco adatta alle innovazioni. Inoltre, tentativo di controllare le attività non è adatto per compiti complessi e turba la libera relazione tra cliente e professionista. Il punto di forza di tale configurazione è rappresentata proprio dai professionisti. Box 2: La struttura funzionale. Il caso AISM. L’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) nasce nel 1968 dalle persone con sclerosi multipla e dai loro familiari per essere punto di riferimento e per garantire loro il diritto a una vita piena e soddisfacente. Per realizzare le proprie finalità istituzionali AISM opera sull’intero territorio nazionale per promuovere, sostenere, affermare i diritti delle persone con SM, diffondere una corretta informazione sulla patologia, sensibilizzare l’opinione pubblica, promuovere e qualificare servizi sociali e sanitari adeguati, svolgere attività di sostegno all’autonomia della persona con SM a integrazione del servizio pubblico o dove questo non arriva raccogliere fondi per la ricerca scientifica. La Sede Nazionale, situata a Genova in via Operai 40, coordina l’attività di AISM, FISM e Sclerosi Multipla Italia s.cons.a.r.l. è lo strumento operativo del Consiglio Direttivo dell’Associazione e della Fondazione per l’attuazione e coordinamento del piano strategico, la gestione del patrimonio e l’attuazione e coordinamento del programma, dei servizi di supporto dell’articolazione territoriale, dei servizi d’informazione e di consulenza, il rapporto con le reti nazionale e internazionale (Bilancio Sociale 2009). La struttura funzionale, in genere, è la struttura utilizzata da imprese di medie dimensioni e caratterizzata da combinazioni produttive relativamente semplici o di una linea di prodotti molto omogenea. Si caratterizza, inoltre per la specializzazione delle tecniche, il l’accentramento, la specializzazione funzionale, il coordinamento avviene mediante STANDARD. Punti di forza: Garantisce una elevata efficienza Garantisce economie di scala Garantisce economie di apprendimento (e quindi maggiore produttività) Forti rapporti interpersonali (coordinamento tramite mutuo adattamento) Punti di debolezza: Scarsa elasticità di lungo periodo) Scarsa chiarezza nei rapporti tra organi Comunicazione di tipo formale La soluzione divisionale Si tratta di una configurazione organizzativa che deriva da una burocrazia meccanica che diversifica i suoi prodotti o servizi; consiste, quindi, in una serie di entità (quasi) autonome, coordinate da una sola direzione centrale. Tali entità prendono il nome di divisioni, che sono raggruppate in base al prodotto/mercato al quale si riferiscono, sono autonome e controllano le funzioni operative necessarie per l’attuazione delle proprie strategie. È una struttura piuttosto accentrata, in cui il vertice strategico detiene il controllo. La standardizzazione dell’output rappresenta la principale forma di coordinamento. Le divisioni sono organizzate al proprio interno come la burocrazia meccanica, che vengono controllate dalla direzione mediante la supervisione diretta. La divisione del lavoro tra direzione centrale e divisioni è piuttosto rigida e le comunicazioni avvengono in maniera formale. In particolare, le funzioni della direzione centrale possono essere sintetizzati in: gestione del portafoglio strategico dell’organizzazione; allocazione delle risorse finanziarie; progettazione e supervisione del sistema di controllo delle performance; gestione e selezione dei responsabili delle divisioni; supporto generale. Poiché vi è una scarsa interazione tra i soggetti, vengono meno le necessità di coordinamento degli stessi. La divisionalizzazione è possibile nel caso di aziende che operano su mercati diversi, ed è presente in ambienti poco complessi e poco dinamici. In particolare, all’aumentare della dimensione e dell’età, le imprese sono portate a diversificare e a divisionalizzare la propria struttura, ed i manager della linea intermedia, spingono per questa struttura per acquisire maggiore potere. Tra i vantaggi della struttura divisionale, si sottolinea la capacità che la stessa ha di: favorire un’allocazione efficiente dei capitali all’interno dell’impresa; formazione orientata alla leadership; migliore capacità di risposta strategica e di innovazione, ripartisce i rischi ed aumenta l’elasticità strategica. Tra i punti di debolezza, da sottolineare la valutazione delle performance solo a livello quantitativo. In particolare, l’orientamento alla “quantità”, rende indifferenti nei confronti delle modalità di ottenimento dei risultati, trascurando, inevitabilmente, eventuali conseguenze sociali delle attività realizzate. L’adhocrazia E’ un’organizzazione organica, con scarsa formalizzazione del comportamento, una elevata specializzazione orizzontale delle mansioni ed è basata sulla differenziazione delle competenze. Per questi motivi è una configurazione organizzativa adatta per innovazioni complesse o sofisticate perché in grado di fondere competenze diverse in gruppi perfettamente integrati. I meccanismi di coordinamento prevalenti sono del tipo di mutuo adattamento. Tale configurazione è quella che meno rispetta i canoni classici della struttura organizzativa basata sulle unità di comando (in tale configurazione del tutto assente), in cui i processi decisionali sono flessibili ed informali. Nell’adhocrazia, il potere è nelle mani degli esperti e dei professionisti. Non vi è, inoltre, la standardizzazione delle capacità, proprio perché ciò inibirebbe l’innovazione. È possibile distinguere due forme di adhocrazia: l’adhocrazia operativa, in cui è forte la componente dell’innovazione, ed in cui si tende a risolvere i problemi a contatto con il cliente. In questa prima forma l’attività direzionale ed operativa tendono a fondersi; l’adhocrazia amministrativa, in cui la parte operativa viene disaggregata ed in cui viene operata una forte distinzione tra componente direzionale e nucleo operativo; in particolare, il nucleo operativo viene automatizzato, oppure ceduto ad altri, oppure viene gestito in maniera burocratica. La distinzione tra le parti che compongono l’organizzazione è pressoché assente (tranne nell’adhocrazia amministrativa in cui il nucleo operativo è distinto in un’organizzazione diversa). Tale configurazione non è stabile, pertanto con l’età tende a diventare una burocrazia. Inoltre, è fonte di conflitti determinati dalle scelte, che vanno gestiti ai fini produttivi. La principale funzione del vertice strategico è quella di collegamento con l’esterno oltre che di controllo dei progetti. Tra i principali punti critici, si sottolineano: una certa ambiguità rispetto alle mansioni e nei confronti del comando, che tendono a genera confusione, scarsa lealtà ed una formazione spesso lacunosa; l’inefficienza delle attività ordinarie e di routine, dovuti anche agli elevati costi di comunicazione e di decisione, e nella saturazione del tempo di lavoro del personale. Box 2: La struttura divisionale. Il caso MiBAC. Il Ministero per i beni e le attività culturali risulta articolato in otto strutture di livello dirigenziale generale centrali e in diciassette uffici dirigenziali di livello generale periferici (Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici), coordinati da un Segretario Generale, in due Uffici dirigenziali di livello generale presso l’Ufficio di Gabinetto dell’On.le Ministro, nonché da un Ufficio dirigenziale di livello generale di direzione dell’Organismo Indipendente di Valutazione e che sostituisce il Servizio di Controllo Interno. Il Segretario generale e le otto Direzioni generali centrali, nonché il Gabinetto dell’On.le Ministro sono individuati quali centri di responsabilità amministrativa (CRA), mentre le diciassette strutture dirigenziali generali periferiche sono centri di costo, così come l’OIV. (dal Piano della Performance 20112013). La struttura divisionale, è utilizzata, in genere da imprese di medio/grandi dimensioni caratterizzata da combinazioni produttive relativamente complesse, da un elevato numero di prodotti, o linee di prodotti disomogenee (destinati a specifici mercati). Il coordinamento avviene, in genere mediante standardizzazione dell’output. Punti di forza: Elevata flessibilità Permette lo sviluppo di capacità imprenditoriali Punti di debolezza: scarsa efficienza elevata conflittualità elevato fabbisogno di coordinamento enfasi su risultati di breve periodo Come già descritto nella prima parte del paragrafo, tali configurazioni sono dei modelli “puri”. Nella realtà è, invece, plausibile, trovare delle strutture organizzative “ibride”, che presentano caratteristiche appartenenti a più configurazioni. Bibliografia AIROLDI G, “Le scelte di organizzazione”, AIROLDI G., BRUNETTI G., CODA V., in Corso di Economia Aziendale, Il Mulino, Bologna, Collana Strumenti Economia, 2005 COSTA G, GIUBITTA P, Organizzazione aziendale, Mc Graw-Hill, 2008 DECASTRI M. (a cura di), Leggere e progettare le organizzazioni, Guerini e Associati, Milano, 2011 GALBRAITH J.R., Designing Complex Organizations, Adison-Wesley Series on Organization Development, 1973. MINTZBERG H, La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna, 1985 RUGIADINI A, Organizzazione d’Impresa, Giuffrè Editore, Milano,1979. TURATI C, L'organizzazione semplice, Egea, Milano, 1998