Un nuovo sistema di produzione Lacinaj - Miron Standardizzazione Durante il corso della rivoluzione, continua a persistere in Inghilterra un grande aumento demografico, che porta ad un maggior impiego lavorativo e ciò fa si che le famiglie non potessero più produrre manualmente i beni necessari, determinando così per l’industria un boom della domanda e la nascita di un nuovo sistema di produzione. Nasce così la standardizzazione, inteso come nuovo concetto di prodotto industriale che stravolge radicalmente le abitudini delle classi sociali. Un esempio di essa, può essere quello dell’industria tessile, che produce tessuti dello stesso tipo e qualità in grandi quantità, cosa che non era presente precedentemente perché era la popolazione stessa a produrseli. Divisione del lavoro Oltre al tipo di produzione, con l’introduzione del nuovo sistema, cambia anche il modo di produrre. Ciò significa che l’operaio che precedentemente era abituato a svolgere un tipo di lavoro artigianale, ora si ritrova a dover eseguire durante l’intera giornata lavorativa, una stessa mansione di pura assistenza della macchina. Questo fa si che per l’operaio avvenga un forte impoverimento culturale, perché egli non saprebbe mai fare il lavoro della macchina e non avrebbe la possibilità di diventare un artigiano. Quindi nel campo lavorativo non è più richiesta la capacità intellettuale dell’operaio o l’acquisizione di particolari abilità e competenze, ma solo la forza fisica, che porta all’assunzione di donne e bambini e all’aumento della manodopera a basso prezzo. Con l’organizzazione delle fabbriche si afferma anche la teoria del liberismo, cioè che non ci doveva essere intervento da parte dello stato nell’economia che doveva essere lasciata al libero gioco delle leggi economiche. Questa teoria causa anche la fine dei sussidi per i disoccupati, aboliti dal parlamento inglese perché alteravano il mercato del lavoro fissando di fatto una soglia per i salari minimi. Sfruttamento minorile I bambini erano considerati fondamentali nel processo di produzione, perché possedevano qualità, come l’agilità dovuta a mani piccoline, che permettevano la creazione di prodotti migliori. Essi venivano assunti a lavorare già all’età di 5-6 anni ed erano costretti a lavorare ad un ritmo giornaliero che superava le 12 ore, ricevendo in cambio un salario minimo, che permetteva a malapena la possibilità di acquistare una pagnotta di pane.