IL TRATTAMENTO DELLA SINDROME DELL’EDEMA DEL MIDOLLO DEL FEMORE PROSSIMALE CON OSSIGENOTERAPIA IPERBARICA Daniele Podda, Franco Ennas, Cesare Iesu*, Luigi Casciu**, Antonio Capone. Clinica Ortopedica Università degli Studi di Cagliari *Servizio di Rianimazione e Medicina Iperbarica Ospedale Marino Cagliari. **Servizio di Radiologia Ospedale Marino Cagliari ABSTRACT : Background: La sindrome dell’edema del midollo del femore prossimale è un’entità clinica di recente identificazione nosografica che in passato è stata descritta come osteoporosi transitoria o algodistrofia dell’anca. E’ una sindrome caratterizzata da coxalgia acuta e ingravescente che recede spontaneamente in circa 6-9 mesi. Il trattamento, generalmente sintomatico, prevede astensione dal carico, FANS e bifosfonati. Nei pazienti con elevata impotenza funzionale la terapia con CEMP od ossigenoterapia iperbarica può essere associata con l’obbiettivo di ridurre la durata dei sintomi. Materiali e metodi: Venti pazienti che presentavano un edema del midollo senza precedenti patologie degenerative o traumatiche dell’anca sono stati suddivisi in due gruppi. Nel primo gruppo di 10 pazienti il trattamento è stato di tipo sintomatico. Nel secondo gruppo di 10 pazienti, al trattamento sintomatico è stato associato un ciclo di 20 sedute di ossigenoterapia iperbarica. I risultati clinici sono stati valutati secondo la scheda di valutazione WOMAC. Risultati: L’analisi comparativa dei risultati clinici ha evidenziato che a tre mesi il punteggio medio WOMAC è risultato significativamente maggiore (p<0,001) nel gruppo trattato con ossigenoterapia (71,5 punti) rispetto al gruppo di controllo (55,4 punti). Questi risultati indicano che l’ossigenoterapia iperbarica è efficace nel trattamento della s indrome dell’edema del midollo del femore prossimale perché riduce il tempo di malattia. Parole chiave: Edema del midollo, Ossigenoterapia iperbarica, Coxalgia La sindrome dell’edema transitorio del femore prossimale è attualmente un’entità clinicoradiografica ben identificata che in origine è stata descritta come osteoporosi transitoria dell’anca (1). L’etiologia dell’edema del midollo attualmente non è nota ma diversi autori Identificano quale causa primaria un’schemia transitoria dell’osso s pongioso epifisario (2). Le più importanti alterazioni anatomo patologiche nell’edema del midollo sono la necrosi delle cellule adipose e delle cellule del midollo emopoietico con aumento dei fluidi extracellulari e la presenza di tessuto fibrovascolare, caratteristico dell’edema.(3) La risonanza magnetica nucleare è l’esame più specifico per la diagnosi precoce della sindrome dell’edema del midollo poichè evidenzia il suo aspetto caratteristico: diffusa ipointensità di segnale nelle sequenze T1 pesate e iperintensità di segnale nelle sequenze T2 pesate che interessa la regione della testa femorale fino alla regione trocanterica. Il versamento articolare è spesso presente nelle sequnze a TR lungo cioè le sequenze T2 pesate, Inversion Recovery e nelle sequenze a soppressione del grasso. La risonanza magnetica nucleare consente di differenziare molto bene l’edema transitorio del midollo da altre condizioni patologiche con caratteristiche evolutive come la necrosi avascolare della testa femorale, osteoartrosi, artriti settiche o reumatiche, osteomieliti o neoplasie (4). La sintomatologia clinica è caratterizzata da un coxalgia acuta ingravescente esacerbata dal carico e dalla deambulazione con una progressiva impotenza funzionale di tutto l’arto inferiore. La sindrome dell’edema del midollo ha una risoluzione spontanea in un periodo variabile tra i 6 e i 9 mesi e dunque il trattamento è generalmente sintomatico e viene eseguito con restrizione del carico e deambulazione con bastoni canadesi e farmaci come FANS e bifosfonati. Sono stati proposti trattamenti diversi con l’intento di ridurre la durata dei sintomi, che prevedono l’utilizzo di farmaci derivati delle prostacicline (5) o l’intervento chirurgico di decompressione (6). Considerata l’efficacia dell’ossigenoterapia iperbarica (OTI) nel trattamento degli stadi precoci dell’osteonecrosi della testa del femore (7) abbiamo utilizzato questa metodica nel trattamento della sindrome dell’edema del midollo del femore prossimale. L’effetto dell’ossigenoterapia iperbarica è l’aumento dell’ossigenazione tissutale che induce un effetto di vasocostrizione con conseguente riduzione dell’edema osseo ( 8). Abbiamo condotto uno studio prospettico sull’efficacia dell’OTI in una serie di pazienti affetti da edema del midollo dell’anca, in comparazione con un gruppo di pazienti di controllo trattati solo con terapia farmacologica, valutando i risultati con criteri clinici e monitoraggio strumentale con RMN. MATERIALI E METODI Durante il 2004 abbiamo condotto uno studio prospettico su 20 pazienti affetti da edema del midollo del femore prossimale. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: nel gruppo A (10 pazienti) i pazienti sono stati trattati con carico protetto e analgesici mentre nel gruppo B (10 pazienti) i pazienti sono stati trattati con analoga terapia farmacologica e OTI. I criteri di inclusione per lo studio erano la presenza di coxalgia, la presenza di un’area di edema nella testa femorale dimostrabile alla RMN e un’autonomia deambulatoria inferiore a 1 Km. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con osteaortrosi, patologie infiammatorie, infettive o neoplastiche e con storia recente di trauma. Abbiamo reclutato per questo studio 18 uomini e 2 donne con età media di 44,2 anni (range 30-64). La valutazione clinica è stata eseguita con il questionario WOMAC nel pre-trattamento, e ai controlli a 3, 6 e 12 mesi. Il questionario WOMAC è un sistema di valutazione soggettivo, compilato dal paziente che valuta dolore, rigidità e funzione; per la valutazione dei pazienti abbiamo impiegato la versione del questionario WOMAC modificata dal G.L.O.B.E. ed espresso in centesimi (9). La presenza dell’edema del midollo è stata monitorata con esame di RMN eseguita a 3,6 e 12 mesi e comparata con la situazione di partenza. Tutte le scansioni di Risonanza magnetica sono state acquisite con un apparecchio dal 0,5 Tesla. Le sequenze T1 pesate Spin Eco sono state eseguite con un tempo di ripetizione da 400 a 600 msec e con un tempo di eco da 20 a 40 msec. Un tempo di ripetizione da 1500msec a 2240 msec e un tempo di eco da 30 a 100 msec sono stati utilizzati per l’acquisizione delle scansioni T2 pesate e STIR (soppressione del grasso). Lo studio delle lesioni è stato eseguito con scansioni coronali e assiali di 5mm di spessore; la posizione anatomica dell’edema e la sua massima estensione nel femore prossimale sono state descritte secondo la classificazione di Disch (2004)(10). Secondo questo schema vengono individuati cinque stadi: stadio 0 normale, stadio 1 edema di 1/3 della testa femorale, stadio 2 edema di 2/3 della testa femorale, stadio 3 edema dell’intera testa femorale, stadio 4 edema della testa e del collo femorale. In base a questa classificazione 2 anche sono state classificate in stadio 2, 8 anche avevano il coinvolgimento dell’intera testa femorale e sono state classificate in stadio 3 e in 10 anche l’edema coinvolgeva la testa e il collo del femore (stadio 4). Il versamento articolare è stato osservato in 17 delle 20 anche. I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi di trattamento: al gruppo A (gruppo di controllo) è stata somministrata una terapia sintomatica con astensione dal carico e deambulazione con bastoni, FANS e Clodronato 100mg im ogni giorno per sette giorni e successivamente una alla settimana per un periodo di due mesi; al gruppo B è stata praticata Ossigenoterapia iperbarica associata alla medesima terapia sintomatica con FANS, carico protetto e clodronato. Il protocollo di trattamento dell’OTI prevedeva un ciclo di 20 sedute della durata di un mese, 5 giorni a settimana, con sessioni di 90 minuti all’interno di una camera iperbarica multiposto, ossigeno al 100% a 2,2 atmosfere e con l’utilizzo di una maschera per la respirazione. E’ stata eseguita un analisi statistica con il Test T di Student dei risultati per valutare differenze significative tra i due gruppi (p< 0,01). RISULTATI I risultati clinici hanno evidenziato un miglioramento simile del punteggio WOMAC nei due gruppi di pazienti che è passato da 38,2 punti nel periodo pre trattamento ( range 27- 50, media 39 ) a 99,6 punti (range 97-100, media 98) al controllo a 12 mesi. L’articolarita dell’anca è migliorata significativamente e l’intensità del dolore è diminuito progressivamente fino a scomparire in entrambe i gruppi. I pazienti del gruppo A hanno mostrato un miglioramento del punteggio WOMAC medio da 38,7 punti (range 27 - 50, mediana 38) a 55,4 punti (range 52-65, mediana 56) al controllo a 3 mesi e a 6 mesi hanno raggiunto un punteggio medio di 95,5 punti (range 93-100, mediana 96). I pazienti del gruppo B (OTI) hanno mostrato un miglioramento del punteggio medio WOMAC da 37,5 punti (range 26-51, mediana 36 ) a 71,6 punti ( range 67- 81, mediana 73) dopo tre mesi di trattamento e hanno raggiunto un punteggio medio di 96,7 punti (range 94 -100, mediana 97) al follow up ai 6 mesi. Il punteggio clinico WOMAC del gruppo B (71,6) è stato significativamente più elevato (p < 0.001) di quello rilevato nel gruppo A (55,4) . L’esame comparativo della RMN nel pre trattamento e dopo 6 mesi ha mostrato una notevole riduzione dell’edema da un punteggio medio di 3,75 ( stadio 2 -4) a 0,70 (stadio 01) in tutti i pazienti (Fig. 1, Fig.2). Al controllo a 3 mesi nel gruppo B 6/10 anche hanno evidenziato una regressione dell’edema midollare mentre nel gruppo A una normalizzazione del segnale si è avuta solo in 3 casi su 10. (Fig. 3, Fig.4) In due pazienti (6,6%) si è avuta una localizzazione migratoria dell’edema del midollo : gli episodi hanno interessato l’anca controlaterale ad un anno di distanza nel primo paziente ed il ginocchio omolaterale ad otto mesi di distanza nel secondo paziente. A 12 mesi di follow-up nessuna anca esaminata ha mostrato segni di evoluzione radiografica in necrosi avascolare della testa femorale e tutti i pazienti sono risultati asintomatici con recupero completo della funzione fisica. DISCUSSIONE La sindrome dell’edema del midollo è un’affezione non traumatica caratterizzata da coxalgia intensa, impotenza funzionale marcata e da un caratteristico aspetto alla RMN. La sindrome dell’edema del midollo fu descritta per la prima volta nella letteratura anglosassone nel 1959 come Osteoporosi Transitoria (Curtiss 1959)(11) mentre nella letteratura Francese è nota come “algodistrofia” (Lequesne 1968)(12). Proprio per i reperti caratteristici all’esame di RMN Wilson et al. nel 1988 (13) hanno proposto di sostituire il termine di Osteoporosi Transitoria con quello di Sindrome dell’edema del midollo. L’etiologia di questa sindrome rimane non ancora definita. Diverse ipotesi sono state descritte ma attualmente la teoria più accreditata è quella di un evento ischemico transitorio a genesi multifattoriale. Hofmann e altri autori hanno ipotizzato che l’edema del midollo possa rappresentare uno stadio precoce e reversibile dell’osteonecrosi. Nell’osteonecrosi si verifica un’ischemia focale critica che causa necrosi del’osso subcondrale e a seguito di una incompleta riparazione delle lesioni si verifica il collasso dell’osso subcondrale. Nell’edema del midollo si verifica una diffusa ischemia subcritica che causa necrosi delle sole cellule adipocitarie e del midollo emopoietico e non degli osteociti con conseguente edema diffuso, rimodellamento osseo e riparazione della lesione. Nella nostra serie di 20 pazienti affetti da edema del midollo solo in sei casi sono stati identificati fattori di rischio come quelli descritti per l’osteonecrosi: terapia corticosteroidea sistemica (4 casi) , iperlipidemia, storia di trombosi e malattia autoimmune. Il rapporto Maschi-Femmine e il range d’età da 30 a 64 anni sono risultati simili alle altre casistiche riportate in letteratura. In rari casi è stata riportata la progressione dell’edema del midollo in osteonecrosi (Guerra, Radke)(14,15); nella nostra esperienza clinica abbiamo riscontrato la comparsa di edema del midollo del femore prossimale in un paziente che 18 mesi prima è andato incontro ad osteonecrosi dell’anca controlaterale in seguito a trapianto di midollo osseo per leucemia. Nella maggior parte dei pazienti il decorso clinico della sindrome dell’edema del midollo evolve verso la risoluzione spontanea. In assenza di trattamento specifico la durata dei sintomi varia tra i 4 e i 12 mesi con una media di sei mesi. Alcuni autori hanno proposto il trattamento con restrizione de l carico, FANS, farmaci vasoattivi e calcitonina. (Lakhanpal 1987)(16), senza ottenere significative modifiche del decorso clinico. Recentemente sono state proposte altre metodiche di trattamento, farmacologiche e chirurgiche, con l’obbiettivo di ridurre la durata dei sintomi. Varenna et al. (2002)(17) hanno dimostrato come l’iniezione endovenosa di Pamidronato (45 mg ogni tre giorni) è efficace nel trattamento dell’edema del midollo dell’anca con scomparsa del dolore dopo 2 mesi di terapia e normalizzazione della RMN a 3 mesi. Disch et al. (2005) hanno dimostrato significativi miglioramenti dei parametri clinici soggettivi e oggettivi in pazienti con edema del midollo della testa del femore, idiopatica o associata a osteonecrosi trattati con Iloprost, farmaco analogo delle prostacicline. Il farmaco causa una vasodilatazione arteriosa e venosa con riduzione della pressione idrostatica nel letto vascolare terminale e riduzione dell’edema. Con un protocollo di somministrazione in relazione al peso per 5 giorni, un’infusione controllata in 6 ore di iloprost ha consentito un rapido miglioramento dei sintomi durante il periodo di ospedalizzazione. La valutazione a 12 settimane ha dimostrato un miglioramento della funzione fisica ed una significativa riduzione dell’estensione media dell’edema all’esame RMN. A 25 mesi due anche (10%) del gruppo con edema idiopatico del midollo e otto anche (40%) del gruppo di pazienti con edema del midollo associato a osteonecrosi ha avuto una recidiva della sintomatologia con associata sintomatologia dolorosa. Hofmann et al. (1993) hanno eseguito l’intervento di decompressione in 100 pazienti con edema del midollo del femore prossimale con risoluzione immediata della sintomatologia dolorosa. Questa tecnica, spesso impiegata negli stadi precoci dell’osteonecrosi ha ridotto sensibilmente la durata dei sintomi in assenza di complicanze perioperatorie e con miglioramento dell’edema alla RMN. L’ossigenoterapia iperbarica è una metodica di trattamento efficace negli stadi precoci della necrosi avascolare della testa del femore (Reis 2003) (Strauss 1999)(17) ma da una revisione della letteratura è emerso come nessuno studio abbia mai riportato i risultati del trattamento della sindrome dell’edema del midollo con OTI. Questa consiste nell’inalazione di ossigeno puro a una pressione superiore a quella atmosferica. Viene eseguita in un ambiente pressurizzato denominato Camera Iperbarica in cui i pazienti possono inoltre respirare una miscela di ossigeno tramite maschera. La ventilazione con ossigeno iperbarico determina un aumento della quantità di ossigeno disciolto nel sangue in proporzione alla quantità presente nell’ambiente. Dunque, quando l’ossigeno viene inalato a 2-2,4 atmosfere, l’ossigeno disciolto nel sangue viene incrementato da 0,32 % del volume a 4,8-5,76%. Questo aumento della pressione parziale d’ossigeno a livello periferico è particolarmente utile quando è necessario migliorare l’ossigenazione tissutale. Nell’osteonecrosi e nell’edema del midollo del femore prossimale l’ossigenazione della zona interessata dalla patologia promuove l’attività metabolica delle cellule mesenchimali con la sintesi del collagene, proliferazione dei fibroblasti e neoangiogenesi. (Hunt 1972)(18). L’effetto di vasocostrizione dell’OTI migliora le condizioni microcircolatorie della testa femorale riducendo l’edema tissutale e la pressione intraossea e ripristinando il drenaggio venoso. I risultati del nostro studio prospettico evidenziano che in tutti i pazienti si è verificato la normalizzazione dell’edema all’esame RMN ad una media di otto mesi. Il punteggio medio del questionario WOMAC a tre mesi è stato significativamente più elevato (p<0,001) nel gruppo trattato con OTI rispetto al gruppo di controllo. Otto di dieci pazienti dopo un solo ciclo di OTI (20 sedute) hanno avuto scomparsa completa della coxalgia e il ritorno alle attività quotidiane. Nel gruppo di controllo tutti i pazienti al follow up di 3 mesi presentavano ancora moderato dolore esacerbato dalla deambulazione e limitazione funzionale. Questo dimostra che l’OTI riduce la durata dei sintomi nella sindrome dell’edema del midollo rispetto alla sola terapia farmacologica. A tre mesi l’esame di RMN evidenziava la risoluzione dell’edema midollare nel 60% delle anche trattate con OTI rispetto al 30% del gruppo di controllo. Questi risultati evidenziano che l’aumentato contenuto di ossigeno plasmatico riduce l’edema tissutale e promuove l’attività metabolica delle cellule dell’osso. Possiamo quindi concludere che l’Ossigenoterapia iperbarica sia efficace nel trattamento della sindrome dell’edema del midollo del femore prossimale perchè determina una pronta e duratura scomparsa dei sintomi con ripresa della funzione e ripristino della struttura ossea. Fig.1: RMN iniziale di un paziente maschio di 37 anni che mostra edema midollare della testa femorale sinistra e del collo femorale identificabile come area di ipointensità di segnale nelle sequenze T1 pesate(a) e iperintenso in T2(b) (stadio 4). A B Fig.2: Il controllo RMN a 3 mesi dopo terapia farmacologica evidenzia una riduzione dell’estensione dell’edema midollare nelle sequenze T1(a) e T2 con soppressione del grasso (b) (stadio 2) senza segni di cedimento dell’osso subcondrale. A B Fig.3: RMN iniziale di un paziente uomo di 34 anni con edema del midollo del femore sinistro interessante la testa e il collo femorale visibile nelle sequenze T1 e T2 pesate. (stadio 4). E’ visibile inoltre un versamento articolare. A B Fig.4: Il controllo RMN a tre mesi dopo OTI evidenzia caratteristiche di segnale normali dell’anca sinistra in entrambe le sequenze T1(a) e T2 (b) con soppressione del grasso (stadio 0). A B BIBLIOGRAFIA (1)Hofmann S. Bone-marrow edema in transient osteoporosis , reflex sympathetic dystrophy and osteonecrosis. In: Jacob RP, Fulford P, Horan F, eds. European Instructional Course Lectures. Vol 4, . The British Editorial Society of Bone and Joint Surgery London, 1999, 138-51. (2)Jones JPJ. Osteonecrosis and bone marrow edema syndrome: similar etiology but dfferent pathogenesis. In Urbaniak JR, Jones JPJ, eds. Osteonecrosis: etiolgogy, diagnosis and treatment. Rosemont, Illinois; American Accademy of Orthopaedic Surgeons 1997: 181 -9. (3)Plenk H., Hofmann S., Eschberger J., Gstettner M.,Kramer J., Schneider W., Engel A. Histomorphology and bone morphometry of the bone marrow edema syndrome of the hip. 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