Frate Sentiero - Sora Strada In cammino da Rimini a La Verna sulle tracce di San Francesco 1^ Edizione 7 – 13 /5/2013 BENEDIZIONE A FRATE LEONE Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te,frate Leone. “Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature” Probabilmente per chi c'era, l'esperienza appena vissuta resterà indimenticabile. Qualcuno addirittura, tornando a casa ha provato la sensazione di sentirla "stretta" e un po’ vuota, tanto si era abituato alla confidenza, alla vicinanza, al contatto con il nuovo compagno di cammino, di posto a tavola, di branda. Tanti sono stati gli sguardi gettati all’orizzonte, alle montagne lontane, alla valle che stavamo risalendo. Tanti i colori e i profumi ritrovati, gli angoli che raccontavano un po’ della nostra infanzia. Tanti i passi spesi, le strade percorse, i sentieri risaliti, gli incontri inaspettati. Essere fuori di casa, in una situazione “precaria” e sconosciuta ai più, camminare andando sempre avanti nella stessa direzione, non dover guardare l’orologio pensando “.. devo tornare indietro, devo tornare a casa..” Sentire la stanchezza che accompagna il cammino e che, siccome è comune a tutti, ti fa sentire più “unito” al gruppo. Ascoltare i racconti degli altri, che piano piano ti aprono il loro cuore e avare voglia di fare altrettanto. Esitare per qualche giorno, per poi ritrovarti a raccontare la tua storia ad uno/a apparentemente sconosciuto, estraneo che però, per una ragione chi non riesci a spiegarti, ad un certo punto senti particolarmente vicino. Vedere che gli “sorridono” gli occhi mentre ti ascolta, che assimila ogni tua parola, neanche fossi un grande oratore e sentire che ti parla con il cuore in mano, come farebbe con suo figlio. Ascoltare, detto chiaramente da lui, quello che già sai da tempo, che non vuoi ammettere, ma che “spiegato” con le parole altrui, ti sembra vero e giusto e che soprattutto, ti libera da quella angoscia che ti prendeva la gola. Sorridere leggero nell’anima e avere voglia di abbracciarlo/a proprio come faresti con tuo figlio. Tutto questo ti spiazza, sposta tutti gli equilibri interni, ti cancella le certezza, spazza via i pregiudizi e ti fa un po’ pensare: .. ma finora dove e come ho vissuto? E come faccio per viverlo ancora? Non è facile tornare subito alla realtà, alla vita che ci siamo scelti, che ci è capitata o peggio, che ci è stata imposta. Ma basta questa considerazione per farci tornare “in bolla”: noi, tutto questo lo abbiamo vissuto! A noi è stato concesso questo grande privilegio. Ancora più grande proprio perché, mentre eravamo via, qualcun altro a casa, al nostro posto, ha fatto quello che c’era da fare. Addirittura enorme, perché, mentre eravamo tra i monti altri erano a casa a curarsi da malattie, impediti dagli anni, dal lavoro, trattenuti dalle esigenze familiari.. Allora bisogna prendere coscienza che già questo e stato un “grande dono”. Ogni compagno è stato un regalo, ogni raggio di sole un omaggio, ogni parola un arricchimento, ogni pacca sulla spalla uno sprone, ogni sorriso una sollecitazione a cambiare atteggiamento verso gli altri. Essi, gli altri, quelli che Francesco chiamava fratelli, saranno la nostra ricchezza nella misura in cui intrecceremo le nostre vite con le loro, che saranno sempre meno nostre e più condivise. Questi intrecci saranno prima utili e poi indispensabili, a capire “quello che ci capita”, per scoprirne le tante sfaccettature, perché verrà filtrato dalle peculiarità e dalle esperienze personali, messe in comune. Ci serviranno anche per “diluire” i dolori, per imparare a scoprire e assaporare le gioie nelle loro varie forme, serviranno a guardare “gli altri” da punti di vista diversi. In una parola, “ci apriranno gli occhi”, come è successo a noi che abbiamo camminato a due passi da casa, in ambiti che credevamo conosciuti, ma solo superficialmente, tra persone che conoscevamo un po’, ma solo in apparenza, delle quali, in quei giorni, abbiamo assaporato la “vera essenza”. Tutto questo, senza prendere l’aereo, davvero appena fuori casa. Su strade percorse anche in macchina, apparse diverse, meno noiose, passando per i paesi dei nostri nonni, al coperto digli alberi secolari, nei boschi dove San Francesco amava camminare. In fondo solo poca strada, per arrivare su quei sassi che lo videro malato, stanco, sofferente, ma felice di aver trovato il “luogo perfetto”, il più “vicino” per raggiungere l’estasi, il contatto, con il Creatore, con l’espressione massima del suo amore per l’uomo: la Croce e per riceverne su di se i segni inequivocabili della sua santità: le stimmate. Credenti o no, lì, sul monte de La Verna, si avverte forte la presenza di questo punto di contatto con il creato, non è facile per me e forse per altri, sentirne tanto gli effetti, ma è impossibile non sentirne l’attrazione. A conclusione di questa nuova esperienza mi viene da pensare che la strada che abbiamo percorso, segnata da San Francesco non è altro che la possibilità di incontro con lo spettacolo della natura, con l’immensità del creato e soprattutto con la grandezza dell’uomo, che è fatto “ad immagine e somiglianza del Creatore” . Non ci è dato sapere a che punto arriveremo alla vicinanza con Lui, col Creatore, durante la nostra vita, sul modello di San Francesco, ma ci basterà ripensare ogni tanto a questi giorni per capire un po’ dell’amore di Francesco per i doni che abbiano attorno: la vita, la salute, la famiglia, gli altri uomini.. tutte le altre magnifiche creature che lui mirabilmente decantava : Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature… BUON CAMMINO - PACE E BANE Vinicio