Primi documenti di volgare italiano L’indovinello veronese Se pareba boues alba pratalia araba & albo uersorio teneba & negro semen seminaba. Spingeva avanti i buoi (le dita) solcava arando un campo bianco (la carta) teneva un bianco aratro (la penna d'oca) e seminava nero seme (l'inchiostro) ALCUNE INFORMAZIONI SU QUESTO DOCUMENTO: •Si trova nella Biblioteca Capitolare di Verona, in un manoscritto liturgico •Siamo negli ultimi anni dell'VIII secolo o nei primi del IX e colui che scrive, molto probabilmente un copista veronese, usa intenzionalmente una lingua scritta diversa da quella di uso letterario, mescolando livelli linguistici e tematici diversi •E' un testo scherzoso, contiene, come tutti gli indovinelli, un insieme di metafore, non è una formula giuridica, non è una nota di carattere amministrativo, è quindi un testo letterario. •Particolarmente interessante il fatto che la soluzione di questo indovinello scaturisca dalla stessa azione del trascriverlo. Il placito capuano marzo 960 Il giudice Arechisi deve decidere, in una controversia tra Don Aligerno, abate del monastero di Montecassino e un privato, Rodelgrimo di Aquino (evidente l'origine longobarda dei nomi), sul possesso di alcune terre. L'abate sostiene che appartengono al monastero per diritto di usucapione (principio ancor oggi valido: chi possiede e utilizza senza contestazioni da alcuno, un certo bene, per trenta anni, ne diventa l'effettivo proprietario). Don Aligerno è d'accordo col giudice Arechisi: la formula della testimonianza sarà… Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte sancti Benedicti So che quelle terre, per quei confini che qui sono contenuti, trenta anni le ha possedute la parte di San Benedetto Questo documento è citato anche come uno dei “Placiti cassinesi”. E’ infatti la prima testimonianza di una serie di sentenze giudiziarie riguardanti il monastero di Montecassino. OSSERVAZIONI LINGUISTICHE 1. Sao, al posto di una forma corretta latina Scio o Sapio (io so). Da sapio deriverà poi la forma dialettale campana saccio. 2. ko, invece di una forme corretta latina quod (che). 3. terre, fini, invece dell'accusativo plurale latino terras, fines. Sono cadute le desinenze finali. 4. kelle deriva da eccu[m] illae e si trasformerà poi nell'italiano quelle. 5. ki deriva da eccu[m] hic e si trasformerà poi nell'italiano qui. L’iscrizione di san Clemente (1084-1100 circa.) Nella cappella sotterranea della chiesa di San Clemente a Roma vi è un affresco con delle iscrizioni che illustrano il dialogo fra i personaggi effigiati. L'affresco illustra la leggenda di San Clemente: il pagano Sisinnio, convinto che Clemente lo abbia stregato, per sottrargli la moglie, convertita al cristianesimo, ordina ai servi Gosmario, Albertello e Carboncello di arrestarlo. Lo dovrebbero legare e trascinare, ma Clemente, in effetti, una magia riesce a compierla: i servi legano e trascinano una colonna. [Sisinium:] Fili dele pute, traite! Gosmari, Albertel traite! Falite dereto colo palo, Carvoncelle! [Sanctus Clemens:] Duritiam cordis vestris [in saxa conversa est, et cum saxa deos aestimatis] saxa traere meruistis. In questo caso la differenziazione linguistica serve anche a esprimere la diversa natura dei personaggi I primi documenti di uso letterario consapevole e curato del volgare si hanno in Italia nella prima metà del XIII secolo. In un codice della biblioteca Laurenziana di Firenze, tuttavia, si trova un testo poetico della seconda metà del XII secolo: è una cantilena in volgare di un giullare toscano... Salv’a lo Vescovo senato, lo mellior c’umque sia nato, ke da l’ora fue sagrato tutt’allumina ’l cericato! Né fisolaco né Cato non fue sì ringratiato. ... Con tratti linguistici vicini a quelli umbri, il giullare con una certa sfrontatezza si rivolge ad un vescovo non ben identificato, non risparmiandogli, purché gli sia donato un cavallo, lodi e adulazioni. La metrica di questo testo è fondata sul numero delle sillabe, sugli accenti e sulla rima. Si tratta però di una cantilena ingenua e popolaresca. "Tre cose solamente m’énno in grado […] cioè, la donna, la taverna e ‘l dado"… CECCO ANGIOLIERI 1260-1313 S'i' fosse fuoco, arderei 'l mondo; s'i' fosse vento, lo tempestarei; s'i' fosse acqua, i' l'annegherei; s'i' fosse Dío, mandereil' en profondo; s'i' fosse papa, allor serei giocondo, ché tutti cristiani imbrigarei; s'i' fosse 'mperator, ben lo farei: a tutti tagliarei lo capo a tondo. S'i' fosse morte, andarei a mi' padre; s'i' fosse vita, non starei con lui: similemente faria da mi' madre. S'i' fosse Cecco, com' i' sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le zop[p]e e vecchie lasserei altrui. 1226: Il Cantico delle creature Il cantico delle creature a Te ogni laude et benedizione. A te solo Buon Signore si confanno gloria e onore, A Te solo si confanno che l’Altissimo Tu sei . e null’omo degno è Te mentovare. Si laudato Mio Signore con le Tue creature, specialmente Frate Sole e la sua luce. di Te Altissimo Signore porta il segno. Tu ci illumini di lui che bellezza, che splendore, che Tu in cielo le hai formate chiare e belle. Si laudato Mio Signore per Sorelle Luna e Stelle Si laudato per Frate Vento aria, nuvole e maltempo che alle Tue creature dan sostentamento. Si laudato Mio Signore per Sorella nostra Acqua, ella è casta, molto utile e preziosa. Si laudato per Frate Foco che ci illumina la notte. Ed è bello, giocondo e robusto e forte. Si laudato Mio Signore per la nostra Madre Terra, ella è che ci sostenta e ci governa.. Si laudato Mio Signore vari frutti lei produce, molti fiori coloriti e verde l’erba. Si laudato per coloro che perdonano per il Tuo amore, sopportando infermità e tribolazione. E beati sian coloro che cammineranno in pace, che da Te Buon Signore avran corona. ché da lei nesun che vive può scappare, Si laudato Mio Signore per la Morte Corporale e beati saran quelli nella Tua volontà che Sorella Morte non gli farà male.