LAVORO INTERINALE E FORMAZIONE ANALISI DEL FENOMENO DEL LAVORO INTERINALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FABBISOGNI FORMATIVI DEI LAVORATORI OCCUPATI ED OCCUPABILI E DELLE IMPRESE UTILIZZATRICI, E ALL’INDIVIDUAZIONE E SPERIMENTAZIONE DI MODELLI E PERCORSI DI QUALIFICAZIONE E RIQUALIFICAZIONE PROFESSIONALE Dal lavoro interinale alla somministrazione: le innovazioni introdotte dalla Riforma Biagi♦ Dicembre 2004 ♦ A cura di Silvana Fabrizio (Irs). Indice 1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI .......................................................................................5 2. DAL LAVORO INTERINALE ALLA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO: IL NUOVO ASSETTO DEI RAPPORTI INTERPOSITORI ...............................................................................................7 3. 4. IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO .......................................................11 3.1 LA SOMMINISTRAZIONE A TEMPO DETERMINATO ................................................................ 12 3.2 LA SOMMINISTRAZIONE A TEMPO INDETERMINATO.............................................................. 13 3.3 REQUISITI DI LEGITTIMITÀ ......................................................................................... 16 IL CONTRATTO DI LAVORO ..............................................................................................20 4.1 TRATTAMENTO ECONOMICO E NORMATIVO ....................................................................... 23 4.2 DIRITTI E TUTELE SINDACALI ...................................................................................... 25 5. RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO E RUOLO DEGLI OPERATORI PRIVATI ..................27 6. LE AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE ..............................................................................31 6.1 6.2 REQUISITI GIURIDICI E FINANZIARI ............................................................................... 39 6.2.1 Competenze professionali e assetto organizzativo ..................................................... 40 6.2.2 Interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro ...................................... 42 6.3 7. AUTORIZZAZIONE E ACCREDITAMENTO ........................................................................... 32 MISURE DI INCENTIVAZIONE DEL RACCORDO PUBBLICO E PRIVATO .......................................... 45 I FONDI PER LA FORMAZIONE E L’INTEGRAZIONE DEL REDDITO ....................................55 3 1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI La c.d. "Riforma Biagi"1, entrata in vigore il 24 ottobre 2003, ridisegna gli aspetti organizzativi e contrattuali del nostro mercato del lavoro. Sebbene i provvedimenti di attuazione della riforma siano ancora in itinere (in massima parte o stati emanati da pochi mesi o ancora in fase di emanazione) è, comunque, già possibile trarre dalla "impalcatura" normativa che sostiene la riforma alcune considerazioni sugli interventi operati e i possibili (più probabili) sviluppi. Gli obiettivi che la riforma si pone sono ambiziosi: – dotare il nostro mercato del lavoro di una serie di strumenti capaci di garantire trasparenza ed efficienza al mercato stesso; – favorire l'inserimento/reinserimento delle persone in cerca di lavoro, rendendo più semplice ed immediato il contatto tra lavoratore ed impresa; – rivedere gli istituti contrattuali di cui disponiamo anche introducendone di nuovi, per adeguare le regole "formali" alla realtà degli svariati rapporti di lavoro oggi in essere, e combattere il lavoro sommerso; – aumentare le tutele di chi oggi è inserito in modo precario nel mercato del lavoro. In molti suoi aspetti, soprattutto per quanto riguarda l'organizzazione del mercato del lavoro, se portata a compimento, questa riforma chiuderebbe idealmente un primo ciclo di riforme avviato in poco più di un quinquennio. Il processo di decentramento amministrativo e istituzionale disegnato dalle leggi Bassanini, il conferimento alle Regioni e agli Enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro di cui al d.lgs. n. 469/1997, le modifiche introdotte all’art. 117 della Costituzione sul federalismo amministrativo, hanno rappresentato tappe importanti del processo di revisione dell’assetto organizzativo del mercato del lavoro. 1 Il riferimento è alla legge 14 febbraio 2003, n.30 “Delega al governo in materia di occupazione e mercato del lavoro” e al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, "Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14 febbraio 2003". 5 Il Libro Bianco sul mercato del lavoro e i successivi provvedimenti legislativi che ne sono scaturiti si sono posti nella scia dell’opera di modernizzazione dei servizi per l’impiego, anche se questo ha significato “smantellare” il sistema del collocamento pubblico e aprire l’intermediazione ai soggetti privati. L'introduzione di nuove misure di flessibilità, in primis il lavoro interinale e la revisione di alcuni istituti contrattuali realizzate dalla legge n.196/1997 (c.d. "Pacchetto Treu"), hanno aperto la strada alla ridefinizione di alcune tipologie contrattuali attualmente esistenti e alla proposizione di nuove. In particolare, il "versante contrattuale" sta alimentando un vivace dibattito nel nostro Paese non soltanto tra gli addetti ai lavori ma anche tra gli imprenditori e gli stessi lavoratori, questi ultimi stretti fra una flessibilità quasi sempre subìta e la consapevolezza che la strada per inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro potrebbe passare sempre di più da tanti lavori, magari prestazioni occasionali o interinali o intermittenti. La portata della riforma è tale che investe tutti gli attori del mercato del lavoro: lavoratori, imprese, organizzazioni sindacali e datoriali, enti locali, operatori pubblici (a partire dai Centri per l'Impiego) e privati del mercato del lavoro. In questo scenario di riforma si colloca la somministrazione di lavoro. L'importanza che il legislatore ha attribuito a quest'istituto emerge non solo sotto il profilo della tipologia contrattuale ma anche rispetto alle imprese abilitate a svolgerla. Saranno, pertanto, analizzati sia gli aspetti contrattuali legati alla fornitura professionale di manodopera sia il nuovo ruolo di soggetti intermediari attribuito alle agenzie di somministrazione nel mercato del lavoro riformato. 6 2. DAL LAVORO INTERINALE ALLA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO: IL NUOVO ASSETTO DEI RAPPORTI INTERPOSITORI L'art.85, co.1, lett. c) e lett. f) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 abroga per intero: - la legge 23 ottobre 1960, n.1369, che disciplinava il divieto di interposizione di manodopera e vietava l'appalto di mere prestazioni di lavoro; - la legge 24 giugno 1997, n.196 nelle parti (att.1-11) in cui introduceva e disciplinava il lavoro interinale. Con questa operazione il legislatore ha cancellato l'assetto normativo preesistente, ha generalizzato l'intermediazione di lavoro e abbandonato le disposizioni fin qui previste sul lavoro interinale a favore della somministrazione. Il preesistente assetto normativo si fondava sul principio generale del divieto di intermediazione illecita di manodopera posto dall'art.1 della legge n. 1369/1960, di cui la legge n.196/1997 costituiva secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalente una speciale norma derogatoria. La normativa di garanzia della legge n.1369/1960, sanzionando l'appalto di manodopera e ogni altra forma interpositoria, mirava a colpire qualunque situazione da cui potesse scaturire una possibile forma di sfruttamento della forza lavoro da parte dell’appaltatore o dell’intermediario. Nel corso dei decenni il mutato contesto economico e produttivo aveva evidenziato la necessità di procedere ad un adeguamento di questa normativa, soprattutto nella parte in cui essa poneva una presunzione assoluta di illiceità dell'appalto, quando esso comportava l'impiego di macchine, attrezzature e capitali forniti dall'appaltante. I moderni processi di esternalizzazione e segmentazione del processo produttivo avevano reso questa legge decisamente non in sintonia con le dinamiche 7 organizzative più evolute, che non vedono in queste forme necessariamente lo strumento per agire in frode ai lavoratori2. Della necessità di "mitigare" il divieto di cui alla legge del 1960 era consapevole anche la giurisprudenza che, pure nella permanenza della vigenza di quella disciplina, si era assestata in maniera da adeguare in qualche modo il dettato normativo alla mutata realtà produttiva. Essa, una volta accertata l'insussistenza di profili di pericolosità sociale nell'attività di fornitura di manodopera (a seguito del rispetto da parte dell'appaltatore/fornitore degli standard retributivi collettivi, del versamento dei contributi previdenziali, ecc…), ha esitato sempre meno nel ricondurre l'effettiva attività di somministrazione di prestazione di lavoro all'appalto di servizi ex art.1655 cod. civ., così sottraendo l'operazione posta in essere dalle parti all'area di illeicità sancita dall'oggi abrogato art.1 della legge n.1369/19603. Poiché non era possibile qualificare formalmente sotto il profilo dell'oggetto (perché consistente in mere prestazioni di lavoro e non già in elementi materiali dell'attività d'impresa) l'attività di fornitura di manodopera come appalto ai sensi dell'art.1655 cod.civ., la giurisprudenza ha valorizzato la natura di imprenditore "genuino" dell'appaltatore/ fornitore, che emergerebbe nell'organizzazione e soprattutto direzione delle prestazioni di lavoro, per ricondurre questa ipotesi "atipica" nella 4 fattispecie tipica dell'appalto . A queste operazioni interpretative della giurisprudenza, che avevano salvato dal divieto della legge n.1369/1960 molte relazioni economiche non aventi scopi fraudolenti ma che avevano, di fatto, comportato un allargamento della fattispecie dell'appalto di servizi, ha posto fine il d.lgs.n.276/2003, che ha provveduto a codificare un nuovo tipo di contratto, la somministrazione di lavoro a tempo determinato e indeterminato (c.d. staff leasing). 2 Sul fatto che un adeguamento della legge fosse diffusamente avvertito cfr. Liso, Analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003: spunti di riflessione, in WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" n.42/04. 3 Zappalà, Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla "tipizzazione" del contratto di somministrazione di lavoro, in WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" n.28/04, 4 . 4 Sulla creazione di un "tipo giurisprudenziale " di appalto di mere prestazioni di lavoro si rinvia a Zappalà , Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori, cit.,8 ss. 8 La nuova disciplina si muove, senz'altro, nel solco di garantire maggiore trasparenza ai processi di esternalizzazione, quand'anche questi siano posti in essere al solo scopo di contenere i costi della forza lavoro. Tuttavia, è innegabile che il legislatore abbia tentato per questa via di ridisegnare uno specifico apparato di tutele a favore di quei lavoratori che svolgono ancora nella gran parte dei casi la loro attività nella generica forma dell'appalto di servizi. A fronte dell’estensione del ricorso alla somministrazione, il legislatore ha disposto un sistema di controllo e di tutela che passa dall’autorizzazione in capo al soggetto che svolge questa attività, alla parità di trattamento dei lavoratori interinali, al riconoscimento di una serie di diritti e tutele sindacali in capo ai lavoratori interinali e, non ultimo per importanza, il diritto alla formazione dei lavoratori interinali. Quando la somministrazione di lavoro si svolge fuori dai limiti e dalle condizioni previste dalla legge, il lavoratore può chiedere, mediante ricorso al giudice, notificato anche solo al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo con effetto dall’inizio della somministrazione (art. 27, co.1 del d.lgs.n.276/03). Deve, in ogni caso, ritenersi che, al di fuori delle ipotesi di somministrazione lecita e appalto lecito, permane un'area di illeicità dell’interposizione nonostante 5 l’abrogazione della L.n.1369/1960 . Essa è riscontrabile nel procedimento autorizzatorio cui è assoggettato il somministratore nonché nell’insieme di quelle norme che costituiscono l’apparato sanzionatorio della somministrazione di cui agli artt.18, 27 e 28 del d.lgs. n.276/2003. Nell’ottica di ridurre i potenziali rischi di conflittualità residua in un’area di prevedibile espansione6, che potrebbero lasciare spazio a comportamenti illeciti, deve leggersi anche l’intervento legislativo di cui all’art.29 del d.lgs. n. 276/2003, volto a distinguere l’appalto di manodopera genuino dalla somministrazione nonché il disposto del successivo art.84 in materia di certificazione dei contratti e di adozione da parte del Ministero del Lavoro di codici di buone pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto genuino. 5 Sul punto Rausei, Dall’interposizione di manodopera alla somministrazione di lavoro, in Diritto e pratica del lavoro, n. 10/2004. 6 Ghera, Diritto del lavoro, Appendice di aggiornamento al 31 dicembre 2003, Bari, Cacucci , 2004. 9 Per quanto riguarda, infine, le disposizioni sull'interinale contenute nella legge 24 giugno 1997, n.196, il legislatore ha ritenuto di procedere alla definizione di un disegno normativo unitario della fornitura temporanea di lavoro e della fornitura continuativa o a tempo indeterminato. In questa prospettiva, volta ad incardinare lo staff leasing sul terreno consolidato del lavoro interinale, la disciplina di cui alla legge 24 giugno 1997, n.196 è alla fine risultata incompatibile, seppure solo indirettamente, con l'impianto unitario della somministrazione di lavoro7. Pertanto, nonostante la nuova disciplina ricalchi, come vedremo, per molti aspetti il disposto di cui alla legge n.196/1997, il legislatore ha proceduto alla abrogazione delle precedenti norme sul lavoro interinale. 7 E' quanto rileva Tiraboschi, Somministrazione, appalto di servizi, distacco, in Tiraboschi (a cura di) La Riforma Biagi, i supplementi di Guida al Lavoro, 2003, n.4, 69. 10 3. IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO Il d.lgs. n.276/2003, che disciplina l’istituto, definisce la somministrazione di lavoro come "fornitura professionale di manodopera a tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell'art.20" (art.2,co.1, lett.a). Essa consiste nella messa a disposizione di lavoratori, assunti da un imprenditore detto somministratore (agenzia di somministrazione), ad un altro imprenditore (impresa utilizzatrice) che utilizzerà le prestazioni lavorative, integrandole nella propria organizzazione produttiva. I lavoratori somministrati per tutta la durata della somministrazione svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione e controllo dell'utilizzatore (art.20,co.2). Dal punto di vista dei rapporti che si instaurano, la somministrazione ripropone lo schema triangolare della precedente disciplina del lavoro interinale, da cui discendevano due distinti rapporti contrattuali: un contratto di somministrazione di lavoro, a regolare i rapporti tra l'agenzia di somministrazione e l'impresa utilizzatrice ed un contratto di lavoro, a disciplinare i rapporti tra agenzia di somministrazione e lavoratori. Il contratto di somministrazione di lavoro è un contratto di natura commerciale, che vincola l'agenzia di somministrazione a mettere a disposizione le prestazioni lavorative a favore dell'impresa utilizzatrice dietro il pagamento di un corrispettivo economico, mentre invece i lavoratori sono vincolati all'agenzia in esecuzione di un normale contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato (art.22). Nessun vincolo negoziale diretto intercorre tra l'impresa utilizzatrice e i lavoratori, perché questi ultimi sono a tutti gli effetti dipendenti dell'agenzia di somministrazione anche se sarà un soggetto terzo, l'impresa utilizzatrice, a beneficiare delle loro prestazioni lavorative. L'eventuale vantaggio che l'impresa utilizzatrice trae dalla somministrazione è racchiuso nel fatto che essa non è formalmente il datore di lavoro dei lavoratori somministrati e quindi non è titolare dei relativi contratti di lavoro. Pertanto, qualora le esigenze aziendali lo richiedessero, l'impresa potrà scegliere tra un ventaglio di soluzioni contrattuali, a costi differenziati, tra cui la 11 somministrazione, quella che soddisfa meglio le sue necessità sia di tipo contingente che ordinario. 3.1 La somministrazione a tempo determinato Nel disegnare questa specifica tipologia contrattuale il legislatore abbandona i principi della "temporaneità" e della "flessibilità contrattata", che sono alla base del lavoro interinale di cui alla l.n.196/1997, a favore di un modello incentrato su clausole generali riferite "a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore" (art.20, co.4). In questa scelta si ritrova la vision e la tecnica legislativa che sono state alla base della revisione del contratto a termine ad opera del d.lgs. n. 368/2001. L'utilizzo di clausole generali ed aperte consente un utilizzo più flessibile del contratto che viene incontro alle molteplici esigenze rientranti nella sfera tecnicoproduttiva o organizzativo-sostitutiva dell'utilizzatore. La formula di cui sopra, termine ma se ne riproduce in parte quella utilizzata per il contratto a differenzia laddove si riferisce "all'ordinaria attività dell'utilizzatore". La presenza di questo inciso evita che possano manifestarsi, come è avvenuto per il contratto a termine, incertezze interpretative sulla temporaneità o meno delle causali che legittimerebbero il ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato. Le esigenze ("ragioni") per cui l'imprenditore ricorre alla somministrazione possono essere anche stabili e continuative ( in quanto "ordinarie") ciò che invece necessariamente avere una durata limitata nel tempo è il deve contratto di 8 somministrazione cui egli ricorre quale soluzione organizzativa prescelta . Tali ragioni, specificate in via preventiva dall'imprenditore nel contratto stipulato, devono, comunque, rispondere a requisiti di oggettività. Pertanto, devono essere verificabili al fine di non dar luogo a comportamenti illeciti. Tuttavia, il controllo giudiziale di valutazione delle ragioni che consentono la somministrazione (anche a tempo indeterminato) "è limitato esclusivamente, in 8 Sul punto Pinto, Lavoro e nuove regole. Dal Libro Bianco al decreto legislativo 276/2003, collana Formazione ISF, Roma, Ediesse, 2004, pag.54. 12 conformità ai principi generali dell'ordinamento, all'accertamento dell'esistenza delle ragioni che la giustificano e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore" (art.27, co.3). In questo mutato quadro il ruolo attribuito dalla precedente disciplina sul lavoro interinale alla contrattazione collettiva non poteva rimanere lo stesso. Da un modello, quello della l.n. 196/1997, in cui la contrattazione collettiva è una fonte abilitata dalla legge ad individuare, integrando le due ipotesi legali, i casi di legittima conclusione del contratto di fornitura si passa ad un modello in cui ad essa è riservata esclusivamente la facoltà di introdurre limiti quantitativi di utilizzazione nel rispetto delle numerose esenzioni stabilite dall'art.10 del d.lgs. n.368/2001 in materia di limiti quantitativi del contratto a termine, espressamente richiamato. 3.2 La somministrazione a tempo indeterminato Completamente nuova è, invece, la definizione dell'altra tipologia di somministrazione, quella a tempo indeterminato. Nella vigenza della l.n.196/1997 il contratto di temporaneo era, infatti, fornitura di prestazioni di lavoro solo a termine, mentre il contratto di lavoro poteva essere stipulato sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato. Le attività o i servizi per cui è possibile ricorrere alla somministrazione a tempo indeterminato sono tassativamente indicati dall'art.20, co.39. 9 La norma individua varie tipologie di servizi, quali quelli di consulenza e assistenza informatica; di pulizia, custodia e portineria; di trasporto di persone, macchinari e merci; di gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato; di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale, di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale; di gestione di call-center. Vengono individuate anche una serie di attività relative alle costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, alle installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, a particolari attività produttive con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedono più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa. Rientra tra le attività previste anche l'avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (Ce) n.1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali. 13 Ulteriori ipotesi possono essere previste dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni di prestatori e datori di lavoro comparativamente più rappresentative. Molte delle ipotesi previste dall'attuale disciplina ricalcano una serie di attività già considerate agli artt. 3 e 5, dalla l. n. 1369/1960 e che oggi vengono ancora acquisite dall'impresa attraverso contratti di appalto di servizi. Per quanto riguarda i lavoratori è indubbio che la somministrazione a tempo indeterminato offra un innalzamento delle tutele dei lavoratori rispetto agli attuali appalti di servizi privi di significativa regolazione10. Lo staff leasing è da preferire non solo rispetto all'appalto ma anche rispetto ad altri contratti flessibili, come il lavoro a progetto, in quanto prevede l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori e un trattamento economico e normativo che per i periodi lavorati non può essere inferiore a quello dei dipendenti di pari livello inseriti stabilmente nell'impresa utilizzatrice. Inoltre, per i periodi nei quali, come vedremo, il lavoratore rimane in attesa di assegnazione, egli ha diritto ad un'indennità mensile di disponibilità. E', viceversa, sul versante dell'impresa che lo staff leasing rischia di subire la concorrenza di quello stesso contratto di appalto di servizi che la riforma intendeva drasticamente ridimensionare proprio con l'introduzione di questa tipologia di somministrazione. I ragionamenti che potrebbero lasciare spazio ad un maggior “appeal” dell'appalto e vanificare gli sforzi legislativi riguardo ad un assetto trasparente del mercato del lavoro, che offra maggiori garanzie al lavoratore, sono almeno tre. Il primo è legato alla diversa funzione dei due contratti. Con l'appalto l'impresa acquisisce un servizio mentre con la somministrazione a tempo indeterminato essa si limiterebbe ad esternalizzare la gestione amministrativa del solo personale11 (i contratti di lavoro in capo all'agenzia di somministrazione) relativo ad un determinato servizio, del quale dovrebbe mantenere, comunque, la responsabilità (poiché con la somministrazione l'impresa 10 ottiene dall'agenzia la "messa a E' quanto rileva Tiraboschi, Somministrazione, appalto di servizi, distacco, in Tiraboschi (a cura di) La Riforma Biagi, i supplementi di Guida al Lavoro, 2003, n.4, 68. 11 Liso, Analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003: spunti di riflessione, cit., 25. 14 disposizione" di lavoratori, che si inseriscono nella sua organizzazione, sotto il suo potere direttivo e di controllo). Il secondo e il terzo ragionamento sono riferiti alla nuova nozione di appalto introdotta all'art.29 dal d.lgs. n.276/2003. Mentre ai sensi dell'art.29, co.2 l'appaltante è obbligato in solido con l'appaltatore a corrispondere ai lavoratori di quest'ultimo i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali previsti "entro il limite di un anno dalla cessazione dell'appalto", salvo diverse previsioni dei contratti collettivi di lavoro, nella somministrazione il regime della solidarietà è illimitato. Così pure, mentre nell'appalto, il principio della parità di trattamento economico e normativo tra i dipendenti dell'appaltante e dell'appaltatore, già eroso dalle molte eccezioni ammesse dalla l.n.1369/1960, è stato del tutto eliminato dall'abrogazione della legge del 1960, nella somministrazione è stato riproposto e "generalizzato" per tutti i contratti di lavoro stipulati dall'agenzia di somministrazione sia a tempo determinato che indeterminato con i propri dipendenti. La conclusione è che la somministrazione potrebbe costare all'impresa più dell'appalto per il maggior costo dei servizi offerti dall'agenzia di somministrazione (che devono coprire non solo la messa a disposizione e adempimento degli obblighi contrattuali ma anche la ricerca e selezione del lavoratore, ossia i costi di intermediazione). In attesa che le prime agenzie vengano abilitate allo staff leasing, e concretamente operino, possiamo solo supporre dai ragionamenti esposti che l'istituto possa avere una maggiore espansione per la ricerca di profili professionali medio alti. Mentre, infatti, per la messa a disposizione di personale altamente specializzato la qualità dei servizi offerti con la somministrazione può indurre l'impresa a preferire questa tipologia auspicabile, che contrattuale all'appalto, sembra più l'impresa vi ricorra per l'esternalizzazione difficile per quanto di attività a basso contenuto professionale. Da ultimo si segnala il diverso comportamento che il legislatore ha adottato circa la possibilità di concedere alle agenzie di somministrazione di "fidelizzare" i propri dipendenti. Proprio per invogliare le agenzie ad occuparsi di staff leasing, è stato disposto che la nullità delle clausole dirette "a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell'impresa utilizzatrice di assumere il lavoratore al termine del contratto di 15 somministrazione" (art.23, co.8) valga solo per la somministrazione a tempo determinato. Questa disposizione di favor nei confronti dello staff leasing permetterebbe alle agenzie di somministrazione autorizzate, di assumere a tempo indeterminato una parte dei loro dipendenti e a formarla, senza correre il rischio di vedersi portar via i lavoratori più abili e specializzati dalle imprese utilizzatrici. 3.3 Requisiti di legittimità Il rapporto di somministrazione si instaura con la sottoscrizione di una contratto di natura commerciale. Parti del contratto sono il somministratore (agenzia di somministrazione) e l'impresa utilizzatrice. Al somministratore il legislatore, analogamente a quanto in precedenza disposto per il lavoro interinale, richiede particolari requisiti soggettivi per esercitare l'attività. I soggetti che intendono esercitare l'attività di somministrazione devono essere autorizzati, possedere una serie di requisiti giuridici e finanziari ed essere iscritti ad un apposito Albo nazionale, come si dirà in seguito (par.6). Nessuna particolare preclusione è prevista per l'accesso alla somministrazione da parte dell'impresa utilizzatrice. Unica eccezione è la Pubblica Amministrazione. Il divieto generale di cui all'art.1. co.2, del d.lgs. n.276/2003 esclude dall'applicazione della riforma le P.A. e il loro personale. Tuttavia, il riferimento contenuto nell'art.86, co.9 dello stesso decreto, ne consente l'applicazione solo per quanto concerne la somministrazione a tempo determinato, seppur come eccezione che mira a far salvo il regime quo ante12. Questo a fronte dell'abrogazione della disciplina dell'interinale e in attesa di una successiva armonizzazione della riforma Biagi con la disciplina del lavoro alle dipendenze della P.A.. Pertanto, è precluso alla Pubblica Amministrazione soltanto il ricorso allo staff leasing. 12 Tiraboschi, Somministrazione, appalto di servizi, distacco, cit., 2003, n.4, 67. 16 Il ricorso alla somministrazione è ammesso in tutti i settori produttivi, anche in agricoltura e in edilizia, settori che la precedente disciplina dell'interinale ammetteva solo "in via sperimentale previa intesa tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale" (art.1,co.3, l. n. 196/1997)). Per quanto riguarda le ipotesi in cui è vietata la stipulazione di un contratto di somministrazione, viene riproposta in gran parte la casistica della disciplina previgente: − mancata valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori da parte dell’impresa utilizzatrice; − sostituzione di lavoratori in sciopero; − sostituzione di lavoratori, adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura, per i quali sia operante una sospensione dei rapporti di lavoro o una riduzione dell'orario con diritto al trattamento di integrazione salariale; − sostituzione di lavoratori presso unità produttive nelle quali, nei 6 mesi precedenti (12 mesi nell'analogo disposto della l. n. 196/1997) si è proceduto a licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce la fornitura. Riguardo alla sostituzione di lavoratori in situazioni di crisi dell'unità produttiva è stata prevista la possibilità, non contemplata nella l. n.196/1997, di stipulazione di accordi sindacali che possono rimuovere il divieto. Come è stato osservato13, il fatto che si parli di accordi sindacali nell'ambito di un contesto regolativo che richiama le procedure di cui agli artt. 4 e 24 della l.n.223/1991 porta a ritenere che tale deroga si riferisca agli accordi gestionali, previsti e disciplinati dagli artt. 4 e 24, e sottoscritti dai soggetti collettivi richiamati da questi stessi articoli. Non è stata, invece, riproposta tra le ipotesi contemplate il divieto di fornitura di manodopera per lo svolgimento di attività lavorative pericolose. Il contratto di somministrazione di manodopera forma scritta e va stipulato in forma scritta. La una serie di elementi ritenuti essenziali sono richiesti a pena di nullità del contratto: gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore, il 17 numero dei lavoratori da somministrare, i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, la presenza di eventuali rischi per l'integrità e la salute del lavoratore, la data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione. Nell’ipotesi di contratto nullo i lavoratori somministrati sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'impresa utilizzatrice (art.21, co.4). Altri elementi che non incidono sulla validità del contratto ma la cui mancata indicazione fa scattare una sanzione amministrativa pecuniaria (art.18, co.3) nei confronti di entrambe le parti sono: le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento, il luogo, l'orario di lavoro e il trattamento economico e normativo. A questi elementi si aggiungono una serie di atti d’impegno, parimenti sanzionati (art.18, co.3), di ciascuna delle parti a tutela del diritto alla remunerazione e alla parità di trattamento del lavoratore somministrato: − obbligo del somministratore di corrispondere al lavoratore il trattamento economico pattuito e i relativi contributi previdenziali; − obbligo dell’utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali sostenuti in favore dei lavoratori; − obbligo dell’utilizzatore di comunicare al somministratore i trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili; − obbligo dell’utilizzatore, in caso di inadempimento del somministratore, di corrispondere ai lavoratori il trattamento economico e il versamento dei contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore. Tutti gli elementi sopra citati e gli atti d’impegno, nonché la data di inizio e la durata prevedibile dell’attività lavorativa presso l’utilizzatore, sono informazioni che devono essere comunicate per iscritto al lavoratore da parte del somministratore all’atto della stipulazione del contratto oppure all’atto di invio presso l’utilizzatore. A fronte degli obblighi sopra citati, il legislatore ha previsto una serie di norme volte a favorire l’impresa utilizzatrice e l’agenzia di somministrazione. 13 Chieco, Somministrazione, comando, appalto, in WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" n.26/2004, 23 ss. 18 In particolare, i lavoratori impiegati con contratto di somministrazione dell’impresa utilizzatrice dell’applicazione di non sono computati nel suo organico da parte ai fini normative di legge o di contratto collettivo, ad eccezione di quelle relative alle materie dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. Riguardo alla normativa sulle assunzioni obbligatorie il legislatore ne esclude l’applicabilità in capo alle agenzie di somministrazione. A queste ultime è inapplicabile anche il disposto di cui all’art.4-bis, co.3, d.lgs. n.181/2000, che attribuisce alle regioni la facoltà di riservare una quota di assunzioni effettuate dai datori di lavoro privati e dagli enti pubblici economici a particolari categorie di lavoratori a rischio di esclusione sociale. 19 4. IL CONTRATTO DI LAVORO Per quanto riguarda la regolamentazione dei rapporti tra somministratore e lavoratore, a differenza della precedente disciplina sul lavoro interinale, che prevedeva un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, il legislatore non definisce un apposito contratto. Il disposto di cui all’art.22, commi 1 e 2, si limita ad assoggettare tali rapporti a regole diverse, costruendo una articolazione del rinvio ad altre norme, che si differenziano a seconda della tipologia di somministrazione. In caso di somministrazione a tempo indeterminato i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali. In caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro è soggetto alla disciplina del contratto a termine per quanto compatibile. Nel rinvio alle regole del contratto a termine, il legislatore esclude esplicitamente le disposizioni contenute all’art.5, commi 3 e 4 del d.lgs. n.368/200114, perché manifestamente incompatibili con l’impianto della riforma volto a rendere più agevole da parte dell’impresa il ricorso a tipologie contrattuali flessibili. La proroga è ammessa, per atto scritto e con il consenso del lavoratore, ma nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo nazionale applicato dal somministratore15. 14 Art.5, co.3 dispone che, “qualora il lavoratore venga riassunto a termine, entro un periodo di 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato” dalla data di stipulazione del primo contratto. Il successivo co.4 prevede che “quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto”. 15 In attesa di una specifica regolamentazione, si rammenta che il Ccnl di riferimento è quello in vigore dal 1 settembre 2002, con validità quadriennale stipulato nella vigenza della l.n.196/97 e prevede la possibilità di prorogare il contratto per un massimo di 4 volte (nel contratto a termine è possibile per una sola volta) e per una durata complessiva non superiore a 24 mesi. 20 Da queste disposizioni discende che, mentre nello staff leasing sono ammesse assunzioni con qualunque tipologia di contratti di lavoro subordinato, altrettanto non vale per la somministrazione a tempo determinato, che dovrebbe essere eseguita da lavoratori assunti solo con contratto a tempo determinato16, anche a part-time. Un aspetto rilevante è l’attribuzione dei poteri direttivi, di controllo e disciplinari nei confronti del lavoratore. Riguardo all’assetto di questi poteri essi sono ripartiti tra l’utilizzatore e il somministratore: al primo il potere di direzione e controllo sull’attività svolta dal lavoratore, al secondo il potere disciplinare. Questa ripartizione tiene conto del rapporto triangolare in cui si articola la somministrazione. Poiché la prestazione di lavoro si svolge presso l’utilizzatore e si inserisce nel suo contesto organizzativo e produttivo, a costui sono riconosciuti poteri direttivi e di controllo sull’attività svolta. Viceversa, l’esercizio del potere disciplinare spetta al somministratore in quanto datore di lavoro. L’utilizzatore deve, comunque, raccordarsi con l’agenzia di somministrazione, poiché il primo ha l’onere di comunicare al secondo “gli elementi che formeranno oggetto della contestazione” disciplinare (art.23, co.7). L’agenzia di somministrazione, non appena viene a conoscenza degli elementi necessari per la formalizzazione dell’addebito, deve provvedere tempestivamente alla contestazione, secondo le procedure previste dall’art.7 dello Statuto dei lavoratori. La regolazione dei rapporti tra agenzia di somministrazione e lavoratore ricalca per molti aspetti, quanto precedentemente disciplinato nella vigenza della l.n.196/1997. Tra questi, il principio di parità di trattamento e la responsabilità solidale, il diritto alle erogazioni economiche correlate ai risultati, gli obblighi in capo al somministratore e l’utilizzatore sulla sicurezza, l’obbligo per il somministratore di 16 E’ quanto sostenuto da Tiraboschi, cit., 2003, 73. Contra Chieco, cit., 2004, 37, per il quale il somministratore a termine (al pari di quello a tempo indeterminato) può assumere anche con contratto di lavoro a tempo indeterminato, analogamente a quanto finora previsto dalla l.n.196/97, in applicazione della disciplina dell’art.22, co.3, che detta regole in tema di periodi di inattività e di relativa indennità di 21 versare ad un fondo bilaterale destinato a finanziare iniziative per i lavoratori assunti dall’agenzia - a tempo determinato e indeterminato – un contributo pari al 4 per cento della retribuzione ad essi corrisposta. Rispetto al passato sono state inserite alcune norme sintomatiche del cambiamento di “mentalità” che accompagna il passaggio dal precedente lavoro interinale alla somministrazione, cambiamento reso possibile dall’utilizzo del contratto in questo quinquennio da parte delle imprese e dal radicamento sul territorio delle agenzie interinali. Una di queste riguarda il disposto relativo alla nullità delle clausole dirette a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione (art.23, co.8). Viene ora ammessa la possibilità che, in deroga a quanto sopra esposto, le parti possano accordarsi per disapplicare tali clausole di nullità a fronte della corresponsione al lavoratore di una adeguata indennità, secondo quanto stabilito dal CCNL del somministratore (art.23, co.9). Si tratta anche in questo caso, come per la somministrazione a tempo indeterminato, di lasciare spazio ad operazioni di “fidelizzazione” del lavoratore da parte dell’agenzia di somministrazione. Tuttavia, il dato letterale sembra avallare due ipotesi ben distinte attraverso le quali raggiungere il risultato atteso. Nella somministrazione a tempo indeterminato, come abbiamo in precedenza rilevato, è il contratto di somministrazione che, nel regolare gli obblighi reciproci tra somministratore e utilizzatore, può prevedere la possibilità che l’utilizzatore si vincoli a non assumere il lavoratore (questo a causa del mancato richiamo a questa specifica tipologia contrattuale da parte dell’art. 23, co.8). Nella somministrazione a tempo determinato, viceversa, la disposizione dell’art.23, co. 9 pone il superamento del vincolo e la relativa indennità, nella sfera dei rapporti contrattuali tra somministratore e lavoratore, tanto da avvicinare questa ipotesi al patto di non concorrenza di cui all’art. 2125 cod. civ., anche se a differenza di disponibilità senza che sia specificato l’ambito di applicazione in rapporto alle due tipologie di somministrazione. 22 questo, la limitazione è mirata ad un soggetto preciso e determinato (l’utilizzatore)17. Un’altra disposizione innovativa è quella contenuta dall’art.11 del decreto, che, nel riproporre come nell’interinale il divieto per le agenzie autorizzate o accreditate (tra cui rientrano le agenzie di somministrazione) di percepire sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, compensi dal lavoratore assunto, apre alla possibilità che la contrattazione collettiva possa, viceversa, prevedere per specifiche categorie di lavoratori altamente professionalizzati e per specifici servizi offerti al lavoratore, il diritto ad un compenso per l’attività di intermediazione o somministrazione svolta nonché per il servizio reso. Infine, si segnala un’altra disposizione, i cui contorni sono tutti da approfondire (vedi par.7), contenuta nell’art. 22, co.4 del decreto, la quale prevede che, nel caso di fine lavori connessi alla somministrazione a tempo indeterminato, non trovano applicazione le disposizioni di all’art.4 della l.n.223/1991 in materia di mobilità. La cessazione della fornitura di prestazioni lavorative connessa ad una somministrazione a tempo indeterminato viene ricondotta nell’alveo della disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo di cui alla l. n. 604/1966. Ai lavoratori assunti con contratto di somministrazione a tempo indeterminato, interessati dalla fine della commessa, sono applicabili le tutele previste dall’art.12, tra cui l’ipotesi di ricorso a forme di integrazione del reddito. 4.1 Trattamento economico e normativo Per quanto riguarda il trattamento economico e normativo la riforma Biagi conferma le disposizioni previste dalla precedente disciplina dell’interinale lavoratori hanno complessivamente diritto non ad inferiore un a trattamento quello dei e dispone che i economico dipendenti e di normativo pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Questo principio di parità di trattamento, che ricalca le scelte adottate dal legislatore comunitario, e che trova il suo fondamento nel promuovere un modello di concorrenza tra le imprese che si basi su fattori competitivi diversi da quelli 17 Sui punti in comune con il patto di non concorrenza Chieco, cit., 2004, 43. 23 concernenti il trattamento economico e normativo dei lavoratori18, prevede un’eccezione. L’eccezione, come approfondiremo successivamente (vedi par.6.3), fa riferimento ai contratti di somministrazione conclusi da soggetti privati autorizzati nell’ambito di misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato previste dall’art.13 del decreto, volte a favorire l’inserimento di lavoratori svantaggiati, in concorso con regioni, province ed enti locali. Dal punto di vista operativo, la comparabilità tra i lavoratori non assicura al lavoratore temporaneo sempre la stessa retribuzione per lo svolgimento delle stesse mansioni. A differenza dei lavoratori inseriti stabilmente nell’impresa, la retribuzione del lavoratore somministrato può variare, qualora, transitando da un contratto di somministrazione all’altro, le imprese utilizzatrici, presso cui egli viene chiamato a svolgere la prestazione lavorativa, appartengano a settori merceologici e, quindi, a comparti contrattuali diversi. Non dimentichiamo, infatti, che la retribuzione corrisposta al lavoratore dall’agenzia è riferita ai parametri retributivi del contratto collettivo applicato dall’impresa utilizzatrice. E alle modalità e ai criteri dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore deve farsi riferimento anche per la determinazione e corresponsione della erogazione economica di quella parte di salario legata alla realizzazione di programmi o al raggiungimento di risultato. Aspetti di criticità sono legati alla quantificazione (e alla effettiva corresponsione economica) dell’apporto di un lavoratore somministrato, allorquando il contratto di lavoro sia stato stipulato per un periodo temporale brevissimo, a fronte di valutazioni che presuppongono lo svolgimento della prestazione in un arco temporale di una certa lunghezza. Qualora un lavoratore venga assunto con contratto a tempo indeterminato deve essere stabilita nel contratto la misura dell’indennità mensile di disponibilità, frazionabile in quote orarie, che gli verrebbe corrisposta nei periodi non lavorati in cui rimane in attesa di assegnazione. 18 Chieco, cit., 2004, 49. 24 Tale misura è stabilita dal Ccnl applicabile al somministratore e, comunque, non può essere inferiore alla misura prevista con decreto del Ministro del Lavoro, che viene periodicamente aggiornata19. L’indennità di disponibilità è ridotta in proporzione, qualora il prestatore venga adibito a tempo parziale anche presso lo stesso somministratore. L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo. Al contratto collettivo stipulato con le agenzie somministratrici viene demandata anche la disciplina di una serie di tutele del lavoratore (malattia, infortunio) e il relativo trattamento economico20. I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno, altresì, diritto di fruire di tutti i diritti sociali ed assistenziali di cui godono i dipendenti dell’impresa utilizzatrice addetti alla stessa unità produttiva, ad esclusione di quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità di servizio. Come detto in precedenza, l’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali. 4.2 Diritti e tutele sindacali Ai lavoratori dipendenti dell’agenzia di somministrazione si applicano i diritti sindacali previsti dallo Statuto dei lavoratori. Alcune specificità riguardo alla fruizione di questi diritti sono legate al fatto che essi svolgono la propria prestazione lavorativa inseriti nell’organizzazione di un soggetto terzo. 19 Il Decreto Ministeriale 10 marzo 2004 ha aggiornato la misura dell’indennità di disponibilità per i lavoratori delle agenzie di somministrazione. Essa non può essere inferiore a 350,00 euro mensili. 20 Il contratto collettivo ancora in vigore stabilisce, ad esempio, la tutela spettante ai lavoratori temporanei in caso di malattia, indicando quali sono gli obblighi del lavoratore, il trattamento economico che gli spetta ed il periodo di comporto. Analogamente il Ccnl determina il trattamento economico spettante in caso di infortunio, la cui disciplina è integrata da un accordo intervenuto tra le parti, che prevede la corresponsione di una indennità economica, limitata nel tempo, che interviene in caso di invalidità da infortunio che prosegua oltre la cessazione della missione e in caso di altri eventi previsti dall’accordo stesso. 25 Per tutta la durata del contratto, questi lavoratori hanno diritto di esercitare presso l’impresa utilizzatrice i diritti di libertà ed attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle aziende utilizzatrici. Uno speciale diritto è loro riconosciuto, ossia quello di potersi riunire, per la trattazione di problemi di ordine sindacale, dentro le sedi dell’agenzia di somministrazione o presso locali idonei messi a loro disposizione a tale scopo, quando le loro prestazioni sono svolte presso imprese utilizzatrici diverse. A tutela dei diritti collettivi dei lavoratori, l’impresa utilizzatrice deve informare preventivamente, o in presenza di motivate ragioni entro i 5 giorni successivi, la rappresentanza sindacale unitaria (o, in mancanza le associazioni sindacali territoriali aderenti alle associazioni firmatarie del Ccnl) circa le ragioni del ricorso alla somministrazione e il numero dei lavoratori coinvolti. Nell’alveo delle garanzie collettive è riconducibile anche il disposto che prevede l’obbligo annuale di comunicazione in capo all’agenzia utilizzatrice, anche per il tramite della associazione cui essa aderisce o conferisce mandato, alla RSU ovvero alle associazioni sindacali territoriali circa: - il numero dei contratti stipulati e i motivi che li hanno determinati; - la durata dei contratti; - il numero e le qualifiche dei lavoratori somministrati. Dal punto di vista della tutela dei diritti, anche sindacali, la somministrazione non diversamente da altri contratti flessibili, pone non pochi problemi di rappresentanza legati alla necessità della RSU di contemperare interessi anche divergenti tra lavoratori. Da un lato si riscontra il timore dei lavoratori inseriti stabilmente in azienda di vedersi “erodere” o mettere in discussione modalità e tempi di erogazione della prestazione lavorativa a fronte dell’utilizzo da parte dell’impresa di lavoratori temporanei dall’altro la temporaneità dell’inserimento rende più vulnerabili questi ultimi lavoratori, spesso timorosi di dare concreta esplicazione ai propri diritti. 26 5. RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO E RUOLO DEGLI OPERATORI PRIVATI Abbiamo in premessa anticipato che il legislatore ha attribuito alla somministrazione rilevanza non solo sotto il profilo della tipologia contrattuale ma anche riguardo alle imprese abilitate a svolgerla. Questo perché la riforma Biagi, oltre ad incidere sugli aspetti contrattuali dei rapporti di lavoro, rivede gli assetti organizzativi del nostro mercato del lavoro, disciplinando ruolo, attività, condizioni e modalità attraverso le quali soggetti privati, tra cui le agenzie di somministrazione, potranno operare sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro in un mercato del lavoro “aperto” ad intermediari pubblici e privati. Si completa, così, quel processo di revisione dell’attività di collocamento, fino ad oggi di esclusivo appannaggio del settore pubblico21, anticipato nella parte riguardante la riforma del collocamento pubblico e dei servizi per l’impiego dalla disciplina contenuta nel d.lgs. n.181/2000 come modificato dal successivo d.lgs. n.297/2002. I due decreti sopracitati dettano le regole per l'implementazione di un "nuovo sistema di collocamento" e provvedono: − a sopprimere le liste di collocamento e il libretto di lavoro; − a ridefinire i concetti di “disoccupato” e di “stato di disoccupazione”; − ad individuare quali "Servizi Competenti" non solo i Centri per l'Impiego ma anche gli altri organismi autorizzati o accreditati dalle Regioni per lo svolgimento delle previste funzioni; − ad attribuire alle Regioni il compito di definire obiettivi e indirizzi operativi delle azioni che i nuovi Servizi Competenti dovranno svolgere. 21 L’art.10 del Decreto Legislativo 23 dicembre 1997, n.469 “Conferimento alle Regioni e enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro”, modificato dall’art.117 della Legge 23 dicembre 2000, n.388 (Legge Finanziaria) aveva già previsto la possibilità di svolgere attività di mediazione per una serie di operatori privati. Probabilmente un mercato del lavoro dall’assetto organizzativo ancora immutato e l’aver escluso in partenza le società di lavoro temporaneo ne ha decretato l’insuccesso. 27 Dal punto di vista concettuale i cambiamenti sono sostanziali. Si fanno strada principi nuovi cui informare un nuovo sistema (“rete”) di servizi pubblici e privati all’impiego: − il coinvolgimento attivo della persona che sta cercando lavoro; − l’affermazione di una logica di servizio (sia verso i lavoratori che le imprese), rispetto alla logica degli adempimenti formali; − una maggiore semplificazione degli adempimenti amministrativi in capo alle imprese che assumono i lavoratori. A regime i nuovi Servizi dovranno garantire ai lavoratori una serie di interventi “mirati” concordati con il disoccupato: dai colloqui orientativi ai tirocini, dai corsi di formazione o riqualificazione ad altre iniziative che possono facilitare l’inserimento o il reinserimento del lavoratore nel mercato del lavoro, all’incontro domanda e offerta di lavoro vero e proprio. In questo nuovo quadro la riforma Biagi interviene a disciplinare l’attività di intermediazione che altri soggetti pubblici o privati, autorizzati o accreditati, diversi dai Centri per l’Impiego potranno svolgere. Accanto agli operatori privati per così dire “istituzionali”, molti dei quali già operanti sul mercato del lavoro, che dovranno essere autorizzati (come le agenzie interinali e di intermediazione, le società di ricerca e selezione o di ricollocazione intenzionate ad espandere la propria attività), l’art.6 del d.lgs. n.276/2003 enumera una serie ragguardevole di altri soggetti pubblici e privati che potranno svolgere l’intermediazione, in deroga al regime dell’autorizzazione, beneficiando, ex lege, per le funzioni svolte o per la loro natura di regimi particolari di autorizzazione22. 22 Un primo gruppo di soggetti beneficiano della deroga a patto di svolgere l’intermediazione senza fini di lucro. Tra questi: le Università pubbliche e private, gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e paritari, i Comuni e le Camere di Commercio. Un secondo gruppo ne beneficia, pur svolgendo l’intermediazione a scopo di lucro perché rappresenta direttamente gli interessi dei lavoratori e delle imprese, in quanto firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro: il riferimento è alle associazioni datoriali e sindacali nonché agli enti bilaterali cui queste associazioni potranno dar vita. Un terzo gruppo di autorizzati comprende quelle associazioni a rilevanza nazionale che hanno come oggetto sociale la tutela e l’assistenza dell’imprenditorialità, del lavoro o delle disabilità. 28 La presenza sul mercato di più operatori e la costruzione di una rete di servizi per l’impiego dovrebbe da un lato aumentare la qualità dei servizi erogati dall’altra garantire al lavoratore la scelta di una più ampia gamma di servizi e di operatori che lo supportino nella ricerca del lavoro. I due tronconi, riforma del collocamento pubblico e rete dei servizi all’impiego da un lato, apertura dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro ad altri operatori pubblici e privati contenuto nel d.lgs. n.276/2003 dall’altro sono, quindi, destinati a compenetrarsi per dare concreta realizzazione alla riforma del mercato del lavoro. La realizzazione di questa rete e di un servizio di intermediazione “aperto” passa attraverso la revisione dell'attuale assetto organizzativo del mercato del lavoro, di cui la riforma Biagi identifica: – le principali attività erogabili e i contenuti delle stesse; – i soggetti deputati a farlo; – il funzionamento del sistema attraverso un doppio meccanismo certificatorio (autorizzazione e/o accreditamento) che coinvolge anche le Regioni; – un'infrastruttura tecnologica in grado di far viaggiare le informazioni in tempo reale chiamata Borsa continua nazionale del lavoro, provvista di nodi (Borse) regionali. Un quarto gruppo comprende i consulenti del lavoro, ai quali è fatto divieto di esercitare individualmente l’attività di intermediazione, se non attraverso una Fondazione costituita all’interno del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Sarà la Fondazione il soggetto abilitato all’attività di intermediazione, che delegherà i singoli consulenti allo svolgimento di quest’attività e di tutte le azioni ad essa collegabili, in nome e per conto della Fondazione stessa. Il Consiglio nazionale dell’ordine, per il tramite della Fondazione, è chiamato a vigilare affinché i consulenti interessati all’attività di intermediazione diano adeguata garanzia di svolgere tale ruolo nel rispetto delle norme di legge e deontologiche. Questa particolare attenzione prestata ai consulenti è legata al fatto che ad essi viene data la possibilità di operare senza dotarsi di alcuna forma societaria di garanzia, come invece richiesto agli operatori istituzionali che dovranno richiedere l’autorizzazione. Naturalmente, nulla vieta che i singoli consulenti possano far parte in qualità di soci, di una Agenzia che richiede l’autorizzazione. Un quinto ed ultimo gruppo comprende quei soggetti che potranno essere autorizzati all’intermediazione, alla ricerca e selezione, al supporto alla ricollocazione dalle regioni e dalle province autonome con esclusivo riferimento al proprio territorio. 29 Tutti questi aspetti disciplinati dalla riforma investono le agenzie di somministrazione. Da essi discendono opportunità e obblighi per le agenzie, che in questa prima fase sono chiamate in modo particolare al rispetto degli aspetti procedurali previsti dal d.lgs.276/2003. Questo per poter concretamente operare sia riguardo al nuovo regime di somministrazione sia riguardo alle altre attività a cui ora sono legittimate ad accedere. Una buona fetta del successo dell’impianto della riforma sarà decretata dalle agenzie di somministrazione, dalla loro capacità e dal loro interesse a svolgere oltre all’attività di somministrazione in senso stretto anche le altre attività disciplinate dalla riforma nonché di partecipare alla costituenda rete dei servizi per l’impiego delle regioni. Non è casuale che il legislatore consideri questi specifici operatori gli interlocutori privilegiati cui rivolgersi per aumentare il tasso di occupabilità nel nostro Paese e per sperimentare forme di raccordo tra pubblico e privato (art.13 d.lgs. n.276/2003). 30 6. LE AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE Il legislatore ha individuato in quattro grossi segmenti di attività (la somministrazione, l’intermediazione, la ricerca e selezione del personale, il supporto alla ricollocazione del personale) i principali canali formali di inserimento/reinserimento nel mercato del lavoro, provvedendo per ciascuno di essi alla definizione dei contenuti principali in cui si sostanzia l’attività. Di questi quattro canali due sono quelli destinati particolarmente ad incidere sul mercato del lavoro e sui quali la riforma si è soffermata: la somministrazione e l’intermediazione. Della somministrazione è stato già detto. Riguardo alla ”intermediazione”, che è l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, essa non sarà limitata alla gestione del matching, ma comprenderà svariate attività, propedeutiche alla mediazione o ad essa riconducibili, espressamente individuate dal legislatore: raccolta dei curricula, preselezione e costituzione della relativa banca dati; orientamento professionale, progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate all’inserimento lavorativo; effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le comunicazioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito dell’attività di intermediazione. Questa attività potrà essere rivolta anche all’inserimento lavorativo dei disabili e dei gruppi di lavoratori svantaggiati. I soggetti che intendono esercitare una delle attività previste (denominati dalla riforma indistintamente Agenzie per il lavoro) devono essere muniti di apposita autorizzazione, iscritti in un apposito Albo e soddisfare una serie di requisiti giuridici e finanziari per poter concretamente operare. Pertanto anche le attuali agenzie interinali o nuovi soggetti che si costituiscono per svolgere l’attività di somministrazione dovranno rispettare i vincoli imposti dal legislatore per svolgere l’attività. Al riguardo il legislatore è intervenuto con una serie di decreti e circolari del Ministero del Lavoro a dare attuazione agli articoli 4,5 e 6 del d.lgs. n.276/2003, provvedendo: - ad istituire l’Albo informatico delle agenzie per il lavoro; - a definire l’articolazione e la tenuta dell’Albo; 31 - a definire le procedure di iscrizione all’Albo e di autorizzazione allo svolgimento delle attività; - ad esplicitare competenze professionali e struttura organizzativa che le agenzie di somministrazione e di intermediazione devono possedere per svolgere l’attività; - a stabilire disposizioni di raccordo fra la normativa previgente e la normativa vigente. 6.1 Autorizzazione e accreditamento L’autorizzazione è l’atto finale di un procedimento attraverso il quale un operatore viene abilitato dallo Stato (nella specie, dal Ministero del Lavoro) all’esercizio delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione, supporto alla ricollocazione. Per l’esercizio non autorizzato di queste attività sono previste sanzioni amministrative e penali. Il regime dell’autorizzazione non è sconosciuto al nostro mercato del lavoro, in quanto già utilizzato dalla l.n.196/1997 per permettere alle attuali Agenzie interinali di operare. Esso viene ora ripreso ed esteso, nel senso che è previsto un unico regime autorizzatorio a livello nazionale per tutti i soggetti indipendentemente dall’attività che intendono esercitare. Le Agenzie autorizzate saranno iscritte in un apposito Albo, articolato in 5 sezioni ciascuna corrispondente ad una diversa attività: a. agenzie di somministrazione di lavoro a tempo determinato, di tipo c.d. generalista, abilitate allo svolgimento di tutte le attività; b. agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, di tipo c.d. specialista, abilitate allo svolgimento di una delle attività specifiche previste ai sensi dell’art.20 co.3 lettere da a) ad h) del d.lgs. n.276/2003; c. agenzie di intermediazione; d. agenzie di ricerca e selezione del personale; e. agenzie di supporto alla ricollocazione professionale. 32 I requisiti giuridici e finanziari richiesti per l’iscrizione sono differenziati e tanto più stringenti quanto più è “onerosa” l’attività che si intende svolgere. A fronte dei maggiori oneri sostenuti è stato costruito un meccanismo a “scalare” per cui le agenzie di somministrazione generaliste sono iscritte automaticamente anche alle altre sezioni dell’Albo (sezioni c,d,e) e quelle di intermediazione alle sezioni successive (sezioni d,e). Pertanto, le agenzie che richiedono l’autorizzazione allo svolgimento di attività di somministrazione a tempo determinato possono candidarsi a diventare soggetti “polifunzionali”, ossia agenzie che svolgono tutti i segmenti di attività, compresa l’intermediazione, la ricerca e selezione, la ricollocazione di personale. Per queste agenzie è abolito il vincolo dell’oggetto esclusivo che le obbligava allo svolgimento della sola attività di lavoro temporaneo. Questo non significa che tali agenzie siano obbligate a svolgere anche le attività per le quali sono automaticamente autorizzate, esse sono semplicemente legittimate a svolgerle. Tuttavia, l’impalcatura normativa con cui è stato costruito il sistema delle autorizzazioni lascia supporre l’interesse delle attuali agenzie interinali a svolgere anche le altre attività, non fosse altro che per “fidelizzare” il rapporto con le imprese utilizzatrici, soddisfacendo per questa via qualunque esigenza di personale o di formazione dello stesso richiesta dall’impresa. Addirittura si può immaginare che esse possano candidarsi a gestire in tutto o in parte la funzione del personale dell’impresa cliente, facilitando un processo di esternalizzazione di questa funzione. L’eliminazione dell’oggetto sociale esclusivo produce un’altra importante conseguenza che è la possibilità per le agenzie di affiancare alle attività autorizzate altre tipologie di attività, anche non soggette ad autorizzazione. Tuttavia, al fine di non snaturare la finalità per cui l’agenzia è stata costituita, il legislatore richiede alle agenzie di somministrazione generaliste e alle agenzie di intermediazione l’indicazione nello statuto della società dell’attività per la quale si chiede l’autorizzazione come oggetto sociale prevalente, anche se non esclusivo dell’agenzia. Viceversa, alle agenzie che richiedono l’autorizzazione allo svolgimento della somministrazione a tempo indeterminato non è fatto obbligo di indicare alcuna attività prevalente come oggetto sociale, ben potendo svolgere accanto alla 33 tipologia di somministrazione autorizzata altre attività per le quali non è richiesta alcuna autorizzazione. A differenza delle agenzie generaliste ai fini della somministrazione a tempo indeterminato esse sono, però, obbligate ad esercitare esclusivamente l’attività oggetto di autorizzazione, anzi devono richiedere più autorizzazioni per l’esercizio delle distinte attività di cui all’art.20, co.3 e devono possedere i requisiti obbligatori di legge previsti per ogni singola richiesta di autorizzazione23. Un aspetto rilevante del regime delle autorizzazioni riguarda il divieto di transazione commerciale dell’autorizzazione stessa. Viene stabilita l’impossibilità del trasferimento o della concessione della autorizzazione a soggetti terzi, anche a titolo non oneroso e il divieto di ricorso a contratti commerciali per cedere a terzi anche parte dell’attività oggetto 24 dell’autorizzazione, compresa l’attività di commercializzazione . E’, pertanto, vietata l’esternalizzazione, cioè l’attribuzione a terzi delle attività oggetto dell’autorizzazione, che devono essere svolte direttamente dall’agenzia autorizzata attraverso proprie strutture e proprio personale anche quando riguardano la ricerca e selezione dei candidati, la gestione delle banche dati, la stipula dei contratti. La violazione del divieto di transazione è sanzionata con la sospensione e/o la revoca dell’autorizzazione. E’ invece consentito il ricorso all’ausilio di procacciatori d’affari per la raccolta degli ordini dei clienti da trasmettere all’agenzia da cui il procacciatore ha ricevuto l’incarico. Questa specifica ipotesi dapprima vietata dalla Circolare del Ministero del Lavoro n.25/2004 è stata successivamente introdotta dalla Circolare ministeriale n.27/2004, intervenuta sul punto a rettificare la precedente. Le motivazioni di questo ripensamento legislativo si fonderebbero sul fatto che l’attività del procacciatore d’affari non è caratterizzata dall’obbligo di promuovere 23 In tal senso dispone l’art.4 del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 23 dicembre 2003, pubblicato sulla G.U. n.53 del 3 marzo 2004. 24 E’ quanto chiarisce la Circolare del Ministero del Lavoro n.25 del 24 giugno 2004 sulle Agenzie per il lavoro. 34 verso corrispettivo la conclusione di affari per l’agenzia proponente, perché essa è svolta senza vincolo di stabilità, in via del tutto occasionale ed episodica25. Viceversa, rientrerebbero nelle ipotesi vietate il ricorso ad altri contratti commerciali come quello di agenzia o di mediazione, perché caratterizzati il primo dall’obbligo per l’agente di promuovere verso corrispettivo la stipulazione di contratti tra il proponente e un soggetto terzo, il secondo dallo svolgimento di un’attività nell’interesse di entrambe le parti che il mediatore porta alla stipulazione del contratto e dalle quali riceve un corrispettivo. Oltre all’autorizzazione le agenzie di somministrazione possono chiedere nelle regioni in cui operano di essere accreditate. La disciplina dell’accreditamento tracciata dalla riforma presenta ancora molte lacune soprattutto perché si lega ad un impianto, quello della riforma del collocamento pubblico e della costituzione di una rete di servizi, pensato e definito prima dell’apertura ai privati di tutte le attività di intermediazione. In linea di massima dovremmo poter sostenere che le agenzie già autorizzate a livello nazionale come quelle di somministrazione, fermo l’obbligo di interconnessione alla borsa continua nazionale del lavoro, hanno la facoltà non l’obbligo di accreditarsi. L’accreditamento è l’atto finale di un procedimento mediante il quale le Regioni e le Province autonome riconoscono ad un operatore, pubblico o privato, l’idoneità ad erogare i servizi al lavoro negli ambiti regionali e provinciali di riferimento. A seguito di tale riconoscimento l’operatore verrà iscritto nell’Elenco regionale dei soggetti accreditati. Ciò gli garantirà piena operatività nella regione in cui si è accreditato. Saranno le regioni a disciplinare i requisiti minimi richiesti per l’iscrizione nell’elenco regionale in termini di capacità gestionali e logistiche, economiche, professionali e quant’altro ritenuto necessario, ad indicare le procedure di accreditamento, le modalità di tenuta dell’elenco e di verifica del mantenimento dei requisiti. Esse dovranno, inoltre, definire le modalità di misurazione dell’efficienza ed efficacia dei servizi erogati. 25 Sulla coerenza con l’impianto e le finalità della riforma Biagi della possibilità di ricorso da parte delle agenzie a procacciatori d’affari, vedi Tiraboschi, Attività solo se autorizzate, il Sole 24 ORE, 24 luglio 2004. 35 Poiché, come le agenzie di somministrazione, anche altri soggetti che chiedono di accreditarsi potrebbero essere stati già autorizzati a livello nazionale, viene da chiedersi cosa investe e a chi giova questo secondo livello di certificazione, soprattutto in considerazione del fatto che ciascuna regione, pur nel rispetto di alcuni principi stabiliti dal legislatore nazionale potrà fare da sé, disciplinando la materia in modo autonomo. L’accreditamento investe principalmente l’area dell’intermediazione intesa in senso ampio, ossia tutti quei servizi volti a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Per questo verso comprende tutte le azioni (molte delle quali finanziate da risorse pubbliche nazionali, regionali e comunitarie con il Fondo sociale Europeo) messe in campo dalle regioni in questi anni per prevenire la disoccupazione e favorire l’inserimento nel mercato del lavoro dei soggetti più svantaggiati. Ha, quindi, la funzione di rendere riconoscibile ai lavoratori e alle imprese l’attività svolta sul territorio dagli operatori pubblici e privati, che erogano in tutto o in parte questi servizi al lavoro (dall’accertamento e verifica dello stato di disoccupazione all’orientamento, alla formazione, alla riqualificazione e quant’altro serva a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro). A questa funzione principale se ne associa un’altra, che è quella di costruire una rete di servizi e quindi di operatori, distribuita sul territorio, che garantisca ai lavoratori e alle imprese libertà di scelta, qualità e trasparenza dei servizi loro offerti. Questo doppio meccanismo “certificatorio” rappresenta il cuore della riforma del collocamento: reciproche interferenze tra il livello nazionale e quello delle Regioni sul funzionamento di questo meccanismo che si traducano in scarsa chiarezza, ritardi o intoppi per gli operatori la metterebbero in serio pericolo. Le Regioni sono chiamate, pertanto, a rendere operativa sul territorio la riforma del collocamento pubblico e l’apertura ai privati, favorendone il raccordo. Su questo terreno le Regioni, in sinergia con le Province, che gestiscono la rete dei Centri per l’impiego, dovranno operare scelte delicate che incideranno sul modello di mercato regionale a cui vorranno fare riferimento e che si rifletterà sul maggiore o minore spazio di operatività lasciato agli intermediari privati. E’ ragionevole ipotizzare uno scenario in cui alcune Regioni adottino un modello di apertura massima ai privati, sfruttando tutte le possibilità che la normativa nazionale concede per “privatizzare” i servizi al lavoro e coinvolgere i privati in 36 programmi e progetti, finanziati anche con risorse pubbliche, volti a favorire l’inserimento o il reinserimento dei lavoratori, a prevenire la disoccupazione e quant’altro. Vi possono essere altre Regioni, che per valorizzare la rete pubblica dei servizi al lavoro optino per un modello in cui il privato si convenziona con il pubblico per l’erogazione di tutta una serie di servizi. Altre ancora potrebbero scegliere un modello in cui è più netta la separazione tra i servizi che rimangono di competenza esclusiva del pubblico (pensiamo a tutti quelli relativi all’accertamento, alla verifica dello stato di disoccupazione, all’aggiornamento dell’elenco anagrafico, al monitoraggio dei flussi informativi sul mercato del lavoro e ad altro ancora) e quelli gestiti dai privati. L’esperienza di quei paesi che hanno compiutamente privatizzato i servizi per l’impiego con – ciò intendendo non l’apertura ai privati del settore dell’intermediazione, che è propria di pressoché tutti i paesi industriali, ma appunto l’erogazione di quegli interventi tradizionalmente operati dai servizi per l’impiego a favore di soggetti deboli – si basa su un operatore pubblico con funzioni di porta d’ingresso degli utenti e successiva concreta erogazione di interventi a favore degli stessi da parte di operatori privati (inclusi quelli del c.d. no profit) in competizione tra loro e aggiudicatari di vere e proprie gare di appalto26. Ritornando alle agenzie di somministrazione, è evidente che per esse si tratterà di verificare l’interesse anche economico e i vincoli imposti alla propria rete organizzativa (filiali) per partecipare ad una rete più ampia che eroga servizi rivolti per la gran parte a soggetti non immediatamente spendibili nel mercato del lavoro e bisognosi di essere supportati con azioni diverse dall’addestramento al lavoro, a cui esse finora hanno per la gran parte fatto ricorso per rendere operativo da subito il lavoratore inviato in missione presso l’azienda utilizzatrice. Poiché i due regimi, dell’autorizzazione e dell’accreditamento, finiranno per insistere per la gran parte sulle stesse attività/servizi, sugli stessi operatori e sugli stessi utenti vanno chiariti i reciproci ambiti di riferimento. Da un lato l’erogazione di attività di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro che da sempre caratterizzano i servizi per l’impiego, ora rientrano anche 26 E’quanto rileva Sestito, Servizi per l’impiego: il ruolo degli intermediari pubblici, in Tiraboschi (a cura di) La riforma del collocamento e i nuovi servizi per l’impiego, Ed. Giuffrè, 2003, 90. 37 nella filiera dei servizi erogabili oggetto di autorizzazione tracciata dalla riforma Biagi riguardo all’attività di intermediazione. Dall’altro, nonostante si parli dell’accreditamento soprattutto per lo sviluppo da parte delle regioni di modelli di servizio territoriali per l’impiego, tra i servizi previsti dalla “rete” c’è anche il “matching”, l’incontro tra domanda e offerta vero e proprio che, viceversa, costituisce il punto di forza delle agenzie private di intermediazione, poiché da esso traggono profitto economico. Potrà un soggetto accreditato ma non autorizzato all’intermediazione offrire tra i suoi servizi il contatto diretto tra il lavoratore e l’azienda o dovrà passare da un operatore autorizzato? E viceversa, un operatore autorizzato che chiede di accreditarsi sarà obbligato a gestire il contatto e il rapporto con il lavoratore con le modalità previste dalla rete dei servizi per l’impiego? Ad esempio, dovrà ritenersi vincolato a sottoporre qualunque persona in cerca di lavoro che varchi la soglia dell’agenzia ad un colloquio orientativo entro tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione così come previsto dal d.lgs.n.297/2002? Altro punto delicato riguarda le quando le reali differenze che distingueranno i due regimi regioni saranno chiamate non solo ad accreditare ma anche ad autorizzare all’intermediazione scuole, comuni, camere di commercio, associazioni di categoria dei datori e dei lavoratori nonché altri soggetti privati che potrebbero costituirsi per operare nel territorio di una singola regione. Sarà ancora il solo ricorso alla possibilità di accedere ai finanziamenti pubblici, in primis le risorse del Fondo sociale europeo, l’unica e vera discriminante? Gli aspetti ancora non definiti riguardo al funzionamento del duplice livello certificatorio sono ancora tanti e richiedono una maggiore specificazione dell’attuale scarno disposto legislativo sull’accreditamento, auspicando che una maggiore chiarezza sui rispettivi ruoli tra Stato e Regioni garantisca che una serie di attività vengano svolte nei singoli territori regionali nel rispetto di uniformità, trasparenza e identici standard di qualità di erogazione dei servizi da parte di tutti gli operatori autorizzati e/o accreditati. 38 6.2 Requisiti giuridici e finanziari Gli artt.4, 5 e 6 del d.lgs.n.276/2003 elencano i requisiti giuridici e finanziari richiesti alle agenzie del lavoro per l’ottenimento dell’autorizzazione e della contestuale iscrizione all’Albo. Per le agenzie di somministrazione essi riguardano: - la costituzione della agenzia nella forma di società di capitali ovvero cooperativa, italiana o di altro stato membro dell’Unione europea. Nel caso di cooperative di produzione e lavoro è richiesta specificamente la presenza di un certo numero di soci (almeno 60 per le agenzie generaliste, almeno 20 per quelle specialiste) e tra essi, come socio sovventore, almeno un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione; - la sede legale o una sua dipendenza nel territorio dello Stato o di altro Stato membro dell’Unione europea; - la disponibilità di uffici in locali idonei allo specifico uso e di adeguate competenze professionali; - l’assenza di condanne penali, anche non definitive, e sanzioni per tutta una serie di delitti espressamente richiamati dall’art.5, co1, lett. d) in capo agli amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e soci accomandatari; - l’interconnessione con la borsa nazionale del lavoro; - il rispetto delle disposizioni dettate dal legislatore a tutela del diritto del lavoratore alla diffusione dei propri dati nell’ambito da lui stesso indicato; - la presenza in capo alle sole agenzie generaliste di distinte divisioni operative, gestite con strumenti di contabilità analitica, tali da consentire di conoscere tutti i dati economico-gestionali specifici. Alle agenzie di somministrazione generaliste e specialiste versato e è richiesto un capitale garanzie finanziarie maggiori rispetto alle altre agenzie autorizzate, a tutela: - dei crediti dei lavoratori impiegati e dei corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali; - della regolare contribuzione ai fondi per la formazione e l’integrazione del reddito di cui all’art.12 del decreto; 39 - del regolare versamento dei contributi previdenziali e assistenziali; - del rispetto degli obblighi previsti dal contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro applicabile. Alle agenzie di somministrazione generaliste è richiesta, inoltre, la garanzia che l’attività interessi un ambito distribuito sull’intero territorio nazionale e comunque non inferiore a 4 regioni. Di tutti questi requisiti, alcuni, peraltro, già previsti nella vecchia disciplina dell’interinale, due in particolare meritano un’analisi più approfondita in quanto destinati ad incidere sull’assetto organizzativo delle agenzie e sul loro modo di svolgere le attività: quello relativo al possesso per lo svolgimento delle attività di locali idonei e adeguate competenze professionali e quello riguardante l’obbligo di interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro, attraverso il raccordo con uno o più nodi regionali. 6.2.1 Competenze professionali e assetto organizzativo Il legislatore impone alle agenzie del lavoro, quale condizione per poter operare, che esse si dotino di personale qualificato, di un assetto organizzativo rispondente a specifici requisiti e di locali idonei per poter esercitare l’attività27. La necessità di dotarsi di una organizzazione tecnico-professionale idonea alla svolgimento dell’attività è una delle condizioni necessarie per ottenere l’autorizzazione. A tal fine il D.M. 5 maggio 2004 richiede a tutte le agenzie di possedere personale con adeguate competenze professionali che possono derivare, alternativamente, da un’esperienza professionale di durata non inferiore a due anni acquisita in qualità di dirigente, quadro, funzionario o professionista, nel campo: della gestione o della ricerca e selezione del personale o della fornitura di lavoro - temporaneo o della ricollocazione del personale; dei servizi all’impiego; - 27 Questi aspetti sono disciplinati dal Decreto del Ministero del Lavoro 5 maggio 2004, pubblicato sulla G.U. n.153 del 2 luglio 2004, in attuazione di quanto disposto dall’art.5, co.1, lett.c) del d.lgs. n. 276/2003, sui requisiti richiesti alle Agenzie del lavoro riguardo alla disponibilità di uffici in locali idonei allo specifico uso e di adeguate competenze professionali. Su tale disciplina sono intervenute le Circolari del Ministero del Lavoro n.25 del 24 giugno 2004 e n.30 del 21 luglio 2004 a precisare alcuni aspetti contenuti nel presente decreto. 40 - della formazione professionale; - dell’orientamento o mediazione tra domanda e offerta di lavoro; - delle relazioni sindacali. Per quanto riguarda i requisiti minimi della struttura organizzativa, le agenzie di somministrazione devono garantire di essere presenti in almeno 4 regioni con una unità organizzativa (cioè una filiale) per regione oppure con la sede principale, che assolve in questo modo al requisito della presenza in una regione. In questa struttura organizzativa “di base” deve essere garantita la presenza di dipendenti “qualificati”, che posseggano quelle competenze professionali richieste dal D.M. 5 maggio 2004: almeno due nelle unità organizzative e quattro nella sede principale. Nelle restanti unità organizzative, intendendo per tali tutte le altre filiali diverse da quelle rientranti nella struttura organizzativa “di base”, devono essere presenti almeno due dipendenti che abbiano un profilo professionale “adeguato all’esercizio della specifica attività oggetto dell’autorizzazione”28 ma non necessariamente con le caratteristiche indicate dal decreto ministeriale sopra citato. La circolare ministeriale n.30/2004 al riguardo precisa che “l’adeguatezza” del profilo è riscontrabile dall’aver lavorato in uno dei settori indicati dal D.M. 5 maggio 2004 per il personale qualificato (omettendo qualunque riferimento all’anzianità maturata contenuto nel decreto in questione) o l’aver conseguito titoli di studio (laurea) o corsi di formazione (ad es. master) inerenti ad uno dei diversi aspetti delle attività svolte dalle agenzie. Il personale delle agenzie deve essere costituito da lavoratori dipendenti ovvero da lavoratori soci della cooperativa di produzione e lavoro, nel caso in cui l’agenzia abbia questa forma societaria. Riguardo alla tipologia contrattuale da applicare ai dipendenti, l’assunzione non deve necessariamente avvenire con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma può realizzarsi anche con un 28 altro contratto di lavoro Con questa precisazione la Circolare ministeriale n.30/2004 pone fine alle perplessità suscitate dalla precedente Circolare ministeriale n.25/2004, la quale, limitandosi a richiedere nelle filiali la presenza di almeno due dipendenti qualificati, aveva fatto ritenere sulla base del dato letterale che fossero richieste per queste figure professionali le stesse “adeguate competenze” di cui al D.M. 5 maggio 2004. 41 subordinato, comprese le nuove tipologie del contratto di inserimento e di apprendistato di alta formazione di cui al d.lgs. n. 276/2003. Alle agenzie è richiesto di dotarsi di locali adeguati allo svolgimento dell’attività autorizzata, distinti da quelli di altri soggetti, nel rispetto delle norme generali in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro. Le unità organizzative, che nello svolgimento dell’attività autorizzata accolgono direttamente e offrono un servizio ai clienti, sono considerate “sportelli” e in quanto tali devono prevedere una apertura al pubblico in orario di ufficio ed essere accessibili ai disabili ai sensi della normativa vigente. Attività analoghe, però condotte in esclusiva per un singolo cliente e che prevedano l’apertura di spazi dedicati in prossimità o all’interno di locali messi a disposizione dall’azienda cliente per cui l’Agenzia opera, a meno di esplicita dichiarazione in tal senso dell’Agenzia, non sono considerate alla stregua di sportelli. In questi casi le agenzie sono esentate dal rispetto delle regole legate all’orario di apertura al pubblico, all’accesso alle persone disabili, al rispetto del numero minimo di dipendenti dotati di adeguate competenze professionali. Per soddisfare le regole generali in materia di pubblicità e trasparenza le varie unità operative devono indicare in modo visibile gli estremi dell’autorizzazione e dell’iscrizione all’albo nonché l’organigramma delle funzioni aziendali e il responsabile dell’unità organizzativa. 6.2.2 Uno Interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro degli elementi qualificanti della riforma Biagi è rappresentato dalla configurazione di un modello per la realizzazione di una rete telematica, che permetta in tempo reale lo scambio di informazioni e servizi tra tutti coloro che interagiscono sul mercato del lavoro, chiamata Borsa continua nazionale del lavoro. Essa è concepita come un sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro basato su una rete di nodi, ossia Borse, regionali. Le domande e le offerte di lavoro potranno essere liberamente immesse nel sistema sia direttamente dai singoli lavoratori ed imprese sia per il tramite di operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati. Ai lavoratori e alle imprese deve essere data la possibilità di accedere liberamente alla Borsa, inserendo nuove candidature o richieste di personale direttamente e senza rivolgersi ad alcun intermediario da qualunque punto della rete, attraverso gli 42 accessi appositamente dedicati da tutti i soggetti pubblici e privati, autorizzati o accreditati. Per converso, agli operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati, è fatto obbligo di conferire alla Borsa i dati acquisiti dal lavoratore e quelli resi dalle imprese che ne facciano richiesta, rispettando l’ambito temporale e territoriale prescelto per la diffusione dei dati stessi. All’obbligo di garantire su espressa richiesta degli utenti, lavoratori e imprese, che l’offerta o la domanda di lavoro possa essere ricercata anche tramite internet, si aggiunge per tutte le agenzie l’obbligo di inviare alle autorità pubbliche competenti ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro. Questo perché il legislatore attraverso la Borsa persegue non solo la finalità di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro ma anche quella di garantirsi uno strumento utile per il monitoraggio statistico e la valutazione delle politiche del lavoro. Pertanto, le agenzie di somministrazione dovranno, ai fini del rilascio della stessa autorizzazione, dichiarare espressamente la disponibilità ad interconnettersi con la Borsa continua nazionale del lavoro non appena a regime. In attesa della completa messa a regime della Borsa, le agenzie ottempereranno all’obbligo attraverso uno dei nodi regionali già attivi, che soddisfano gli standard tecnici e i flussi informativi richiesti dall’apposito decreto ministeriale. La messa “in rete” delle agenzie spetterà alle singole regioni. La Borsa, infatti, sarà articolata in un livello nazionale e in un livello regionale: - al livello nazionale il compito di definire standard e regole condivise nonché garantire l’interperabilità dei sistemi regionali; - alle singole regioni il compito della messa in rete degli operatori e dei servizi, per consentire ai lavoratori e alle imprese di conoscere “chi eroga che cosa” sui singoli bacini territoriali di riferimento. Le informazioni veicolate dalla Borsa riguarderanno principalmente: - i dati inseriti dai lavoratori o dalle imprese sulle loro ricerche “dirette”; - i dati immessi dagli operatori pubblici e privati sulla base delle indicazioni rese dai loro “clienti”, lavoratori o imprese; 43 - le comunicazioni obbligatorie di tipo amministrativo da parte delle imprese ai servizi competenti (assunzioni, cessazioni, variazioni…); - i dati relativi alla registrazione delle attività poste in essere dai servizi competenti nei confronti degli utenti per come riportate nella scheda anagraficoprofessionale dei lavoratori. Il quadro tracciato lascia intravedere alcune delle problematiche che l’ottemperanza dell’obbligo di interconnessione pone alle agenzie. Innanzitutto, la necessità di raccordare le “modalità” e i sistemi informativi con cui le agenzie raccolgono e mettono in rete i loro dati con il sistema della Borsa del lavoro. Questo aspetto è ancora più delicato per quegli intermediari come le agenzie di somministrazione che operano in più regioni. Altra questione è legata alla tutela della riservatezza dei dati. La Borsa deve essere in grado di offrire adeguata protezione a tutti gli attori del sistema, non solo ai lavoratori e alle imprese ma agli stessi intermediari. Ancora più delicata appare la funzione dell’incontro e dello “scambio” di domande ed offerte tramite la Borsa (pensiamo all’ipotesi in cui dietro alla richiesta di un’azienda vi sia un operatore privato, ad esempio un’agenzia di somministrazione, e che dietro alla risposta del lavoratore vi sia un altro operatore a cui il lavoratore si sia rivolto). La Borsa nazionale per come concepita è, infatti, uno strumento attraverso il quale i vari attori del mercato del lavoro potranno procedere, seppur con diversi livelli di abilitazione, alla produzione, all’aggiornamento e allo scambio delle informazioni e dei servizi in un regime di condivisione e cooperazione. A tale proposito occorre chiarire che l’obbligo di interconnessione è stato previsto perché le agenzie garantiscano a chi gliene faccia espressa richiesta di immettere nella Borsa la propria offerta o domanda di lavoro. Tuttavia, al di fuori di questa specifica ipotesi, i dati che le agenzie sono obbligate a fornire al “sistema” Borsa nazionale continua del lavoro sono solo quei dati di tipo amministrativo (quanti assunti, che fasce di età, che tipologie contrattuali…) utili alle Autorità competenti per garantire il funzionamento del mercato del lavoro. Pertanto, al di fuori della ipotesi sopra citata, non vi è alcun obbligo per le agenzie di veicolare le domande e le offerte di lavoro tramite la Borsa, che rappresenta un 44 canale di comunicazione utilizzabile al pari altri (carta stampata, televisione o altro mezzo di comunicazione) per “far viaggiare” le informazioni. Naturalmente, se il sistema Borsa del Lavoro sarà realmente fruibile tutte le agenzie vi ricorreranno perché la velocità con cui viaggiano le informazioni e le potenzialità tecnologiche dello strumento permettono di moltiplicare i contatti e rappresentano una vetrina importante per le agenzie. Poiché stiamo parlando di una cosa a cui non è stata data ancora attuazione e di cui finora si intravedono solo i contorni, possiamo soltanto limitarci a constatare che la funzionalità di questa macchina e il suo utilizzo da parte dei vari attori dipenderà dalla capacità dello Stato e delle Regioni di saper garantire la tutela della riservatezza dei dati immessi dai lavoratori e da tutti gli altri attori del sistema, di chiarire contenuti e modalità tecniche di collegamento, di agevolare e supportare la messa in rete degli operatori, di semplificare al massimo le procedure per l’immissione delle domande e delle offerte di lavoro. 6.3 Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato I giovani e i lavoratori più professionalizzati potranno giovarsi sin da subito dell’apertura del mercato del lavoro ai soggetti privati: i canali “informali” di inserimento (passaparola, invio di curricula ecc..) da un lato e operatori specializzati nell’intermediazione, scuole secondarie e università dall’altro saranno utili strumenti che moltiplicheranno le occasioni di lavoro (soprattutto nelle aree del Paese in cui trovare un lavoro non è troppo problematico). Resta da chiedersi se questi vantaggi si estenderanno a coloro che non sono immediatamente spendibili sul mercato del lavoro e ai meno giovani, se anche per loro è ragionevole immaginare che un mercato aperto possa concretamente aumentare le chances di impiego. Il rischio che la riforma lasci fuori i lavoratori svantaggiati è concreto se lo stesso legislatore ha ritenuto necessario inserire delle norme che propongono alcune misure specificamente rivolte a questi soggetti29. 29 Il riferimento è all’ art.13 “Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato” e all’art.14 “Cooperative sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati” del d.lgs. n.276/2003. 45 Una di queste, l’art.13 del d.lgs. n.276/2003, affida proprio alle agenzie di somministrazione il compito di favorire l’inserimento o il reinserimento dei 30 lavoratori svantaggiati . La disposizione normativa si fonda su un meccanismo premiale a fronte dell’assunzione per un periodo minimo prestabilito del lavoratore svantaggiato da parte dell’agenzia di somministrazione. Essa prevede due distinte misure di incentivazione, non necessariamente alternative, rivolte a questi lavoratori. La prima misura di incentivazione (art.13 lett.a) permette all’agenzia di somministrazione di derogare al principio di parità di trattamento retributivo, corrispondendo al lavoratore somministrato un trattamento economico inferiore rispetto ai lavoratori dipendenti dell’utilizzatore, a patto che: - l’agenzia assuma per almeno sei mesi il lavoratore svantaggiato; - l’agenzia presenti, a fronte dei benefici concessigli, un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro del soggetto svantaggiato, destinandogli altresì interventi formativi idonei, con il coinvolgimento di un tutor provvisto di adeguate competenze e professionalità. La Circolare ministeriale n.41 del 23 ottobre 2004, chiarisce che, in questa ipotesi, non trova applicazione nessun tetto specifico al trattamento retributivo del lavoratore, fatto salvo il rispetto del principio della retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art.36 della Costituzione. E, inoltre, che il percorso formativo può non essere necessario, qualora il lavoratore abbia già una professionalità adeguata al lavoro proposto. La seconda misura di incentivazione (art.13 lett.b) permette all’agenzia di somministrazione di determinare, per un periodo massimo di dodici mesi e solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il trattamento retributivo del lavoratore, detraendo dal compenso ogni sussidio eventualmente percepito in ragione dello stato di disoccupazione (o qualunque altro stato che comporta la 30 I lavoratori svantaggiati destinatari delle misure di incentivazione sono i soggetti indicati all’art.2, co.1, lett. k) del d.lgs.n.276/03, che a sua volta rinvia all’art.2, lett.f), del Regolamento (CE) n.2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002, nonché i soggetti di cui all’art 4, co.1 della L.n.381/1991. 46 percezione di una indennità) e i relativi contributi figurativi dal totale dei contributi dovuti. Sebbene l’art.13 non ne faccia espressamente cenno, la Circolare ministeriale n.41/2004 chiarisce che anche in questo caso è sempre possibile subordinare l’applicazione di questa misura ad un piano individuale di inserimento o reinserimento, a specifici percorsi formativi e alla presenza di un tutor ovvero di figure con adeguate competenze e professionalità. Questa seconda misura di incentivazione rappresenta sicuramente un beneficio concesso alle agenzie ma suona soprattutto come un “out out” nei confronti dei lavoratori che percepiscono un sussidio o un’indennità affinché accettino un’offerta di lavoro “congrua”, pena la decadenza dal percepimento del sussidio o indennità. Solo i lavoratori svantaggiati che, durante l’erogazione del trattamento, maturano i requisiti per il trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità sono fuori dal campo di applicazione di questa misura. La decadenza dai trattamenti di indennità sancita dalla norma si ricollega alla erogazione di trattamenti previdenziali o assistenziali a favore di soggetti in stato di disoccupazione o inoccupazione che ai sensi delle nuove regole in materia di collocamento (il riferimento è al d.lgs.n. 181/2000 così come riformato dal d.lgs. n. 297/2002) devono dichiararsi ai Servizi competenti immediatamente disponibili alla ricerca del lavoro. La misura si applica: - ai lavoratori percettori dell’indennità di mobilità, - ai lavoratori percettori dell’indennità di disoccupazione ordinaria o speciale; - ai lavoratori percettori di altre indennità o sussidi la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione. Il meccanismo della decadenza dal sussidio in caso di rifiuto da parte del lavoratore di un’offerta “congrua” non è nuovo al nostro diritto del lavoro, tuttavia ne ha sempre avuto, di fatto, un’applicazione molto limitata. Il legislatore ora lo ripropone in maniera generalizzata sia riguardo al nuovo sistema dei servizi pubblici e privati all’impiego sia riguardo alle misure di incentivazione di cui all’art.13. 47 Non sappiamo quanti e quali vantaggi potrà portare l’utilizzo di queste misure e soprattutto se esse saranno capaci di incidere realmente nel mercato del lavoro come il legislatore si auspica. Sicuramente queste misure di incentivazione rappresentano un vantaggio in più per le agenzie di somministrazione. Innanzitutto, perché comportano per l’agenzia un risparmio economico rilevante, abbattendo una parte del costo del lavoro che essa sostiene. Inoltre, perché dal punto di vista commerciale ogni operazione andata a buon fine, ossia ogni inserimento lavorativo, che possa in aggiunta preludere ad un inserimento stabile del lavoratore nell’impresa, permette all’agenzia di fidelizzare non solo il suo rapporto con l’impresa utilizzatrice cliente ma anche con il singolo lavoratore cliente. La trasformazione delle vecchie agenzie interinali in agenzie di somministrazione c.d. “generaliste” consente, come detto in precedenza, alle agenzie di operare come soggetti polifunzionali in grado di erogare una svariata gamma di servizi non più e non solo rivolti alla soddisfazione dell’impresa cliente ma anche del lavoratore cliente. E’ ragionevole ipotizzare che il lavoratore svantaggiato avviato dall’agenzia di somministrazione e per questa via inserito o reinserito nel mercato del lavoro se in futuro decida di cambiare lavoro o per disavventura perda il lavoro che ha, con ogni probabilità in prima battuta si rivolgerà a quella stessa agenzia di somministrazione che è riuscita ad inserirlo. E che l’agenzia, se il profilo del lavoratore è diventato nel frattempo troppo alto o poco appetibile per la somministrazione, possa attraverso i suoi stessi servizi di intermediazione o ricerca e selezione tentare di ricollocarlo. Dal punto di vista commerciale, riguardo ai rapporti tra agenzia ed impresa cliente, la prima potrà offrire alla seconda un lavoratore già formato o comunque che essa ha selezionato, e di cui in un certo qual modo si fa garante, a prezzi inferiori rispetto ad un normale contratto di somministrazione rivolto ad un lavoratore non svantaggiato. Ciò rafforzerà ulteriormente il rapporto con l’impresa cliente che con questa operazione dovrà rimborsare al somministratore solo gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettivamente sostenuti in favore del lavoratore (art.21, co.1, lett.i). 48 I vantaggi sono, pertanto, evidenti anche per l’impresa utilizzatrice. E’ utile ricordare, tuttavia, che un meccanismo di incentivazione analogo a quello messo in campo dall’art.13 lett. b) riguardo ai lavoratori percettori di un sussidio esiste già. Riguardo ai lavoratori in mobilità la normativa, che regola il c.d. “circuito di mobilità”, concede già la possibilità all’impresa di determinato il lavoratore che percepisce poter assumere anche a tempo l’indennità di mobilità e potersi avvantaggiare direttamente di quegli stessi sgravi retributivi e previdenziali ora proposti dalla riforma Biagi per il tramite delle agenzie di somministrazione. Probabilmente, questa misura poco utilizzata in passato dalle imprese, potrebbe avere più chances di successo oggi con le agenzie, perché appunto queste possono superare la diffidenza delle imprese riguardo all’inserimento di lavoratori svantaggiati (legata spesso al fatto che il lavoratore possa essere stato per periodi più o meno lunghi inattivo), proponendo di accompagnare il processo di inserimento o reinserimento con azioni formative di supporto alla riqualificazione del lavoratore che possono essere viste con favore da parte delle imprese. Tralasciando la questione certamente non irrilevante della deroga alle regole legali e/o contrattuali relativa al trattamento economico dei lavoratori assunti, va sottolineato come si affidi alle agenzie di somministrazione non solo il compito di collocare il lavoratore ma altresì di riqualificarlo direttamente o supportandone il processo in vista dell’inserimento lavorativo. Il legislatore, pur puntando molto sulla capacità delle agenzie di somministrazione di collocare in un breve periodo di tempo il lavoratore dietro la corresponsione di un premio, punta, altresì, sull’intervento formativo per consolidare la chance di impiego del lavoratore al fine di inserirlo in maniera definitiva nel mercato del lavoro. Ed è proprio questo il reale vantaggio che questo meccanismo di incentivazione se correttamente applicato potrebbe portare ai lavoratori. I lavoratori, come la ricerca mette bene in evidenza, da un lato sono interessati ad una formazione mirata o collegata ad un concreto sbocco occupazionale, offerta non necessariamente da un’agenzia di somministrazione dall’altro ricercano una formazione che permetta loro di innalzare le proprie competenze professionali per uscire dal circuito della precarietà. 49 Se le agenzie saranno capaci di dotarsi di strategie in grado di rispondere sì al fabbisogno occupazionale delle imprese ma anche al fabbisogno formativo dei lavoratori, diversificando le azioni e i servizi messi in campo per gli uni e per gli altri, allora la probabilità che l’applicazione di queste misure possa avere successo è elevata. Se viceversa, a fronte della decurtazione economica subita, soprattutto per i lavoratori percettori di una sussidio, le agenzie non saranno capaci di offrire concreti sbocchi in linea con le aspettative occupazionali dei lavoratori queste misure potrebbero risultare scarsamente efficaci. La scarsa affezione da parte dei lavoratori potrebbe avere conseguenze rilevanti sul ricorso a questi strumenti da parte delle imprese. E’ difficile immaginare che l’impresa, anche a fronte di un risparmio sul costo del lavoro, sia disposta ad assumere, seppur temporaneamente, un lavoratore svantaggiato se questi ha accettato l’impiego solo per non perdere il sussidio e quindi dimostri scarsa produttività e poco entusiasmo per il lavoro. In attesa che le regioni legiferino su queste misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato, il comma 6 dell’art.13, stabilisce che ripreso dalla Circolare ministeriale, esse sono già operative nell’ambito di convenzioni stipulate tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, anche per il tramite delle loro associazioni di rappresentanza, Italia Lavoro, in qualità di Agenzia tecnica strumentale del Ministero del Lavoro, e Comuni, Province o Regioni. La rilevanza di queste convenzioni non è di poco conto visto che, in attesa della regolamentazione di queste misure da parte delle regioni, sono le convenzioni, e quindi i soggetti che le stipulano, a definire in particolare: - l’operare alternativo ovvero cumulativo degli incentivi di cui alle lettere a) e b), dell’articolo 13, comma 1; - l’identificazione dei piani individuali di inserimento o reinserimento e le funzioni del tutor. Suscita, pertanto, interesse, alla luce delle considerazioni espresse in precedenza, il protocollo d’intesa, stipulato in data 3 novembre 2004, tra le associazioni delle agenzie autorizzate alla somministrazione AILT, APLA e CONFINTERIM e ITALIA LAVORO, in qualità di agenzia tecnica strumentale del Ministero del lavoro per la stipulazione di convenzioni territoriali ai sensi dell’art.13, co.6, del d.lgs. n.276/2003. 50 Oggetto del protocollo è l’impegno delle parti che lo hanno sottoscritto a condividere una metodologia di intervento per l’attuazione dell’art.13 del d.lgs.n. 276/2003 e a proporla nelle convenzioni da attivare tra agenzie di somministrazione o loro associazioni di rappresentanza con Comuni, Province o Regioni ai sensi dell’art.13, comma 6, d.lgs. n. 276/2003. Le parti convengono che, ai fini del godimento delle incentivazioni di cui all’art.13, comma 1, lettere a) e b), siano osservati e condivisi requisiti minimi riguardo: - al piano individuale di inserimento o reinserimento lavorativo predisposto dalle agenzie di somministrazione; - agli interventi formativi idonei a garantire l’adeguamento delle competenze professionali e la valorizzazione delle attitudini del lavoratore al contesto lavorativo di riferimento; - alle competenze e professionalità che il tutor deve possedere. Riguardo al piano individuale di inserimento o reinserimento si conviene che gli aspetti metodologici debbano almeno prevedere: - la costruzione, ad eccezione dei soggetti di cui all’art.13, co.1, lett. b), del profilo sociale attraverso l’utilizzo di metodologie di rilevazione delle caratteristiche socio culturali e professionali dell’individuo; - la costruzione del progetto individuale e professionale nonché la costruzione del percorso di inserimento o reinserimento lavorativo; - la possibilità, per i soggetti in situazioni particolarmente complesse, di integrare azioni di welfare ed azioni di workfare. In ogni caso si ritiene che il percorso metodologico di cui sopra debba essere considerato nella sua interezza anche per i soggetti di cui all’art.13 co.1, lettera b), qualora si tratti di bacini di lavoratori con situazioni di disagio particolarmente complesse e qualora siano interventi sperimentali finanziati dal Ministero del lavoro e/o dalle Regioni e/o dagli enti locali minori. Riguardo agli interventi formativi previsti, essi conterranno una formazione teorica non inferiore a 16 ore, ripartita fra l’apprendimento di nozioni di prevenzione antinfortunistica e di disciplina del rapporto di lavoro ed organizzazione aziendale, accompagnata da congrue fasi di addestramento specifico, impartite anche con modalità di e-learning, in funzione dell’adeguamento delle capacità professionali del lavoratore al contesto lavorativo. 51 Il soggetto che svolge funzioni di tutor, potrà essere scelto anche tra i dipendenti dell’agenzia stessa. Riguardo alle sue competenze e alla professionalità il protocollo si limita genericamente ad indicare che saranno valutate in termini di orientamento, motivazione e aiuto/sostegno nei confronti di soggetti deboli del mercato del lavoro nonché di dialogo con il tessuto imprenditoriale locale. Il finanziamento degli interventi e delle azioni formative e di integrazione al reddito, qualora prevista in sede di contratto collettivo, potrà avvenire tramite il fondo per la formazione e l’integrazione del reddito di cui all’art.12 del d.lgs. n.276/2003, oltre che da risorse disponibili a livello regionale per iniziative di carattere sociale, finalizzate all’inserimento o reinserimento dei lavoratori svantaggiati. Fin qui in estrema sintesi gli aspetti più rilevanti contenuti nel protocollo. Ci si aspetta che le regioni, le province e i comuni che saranno chiamati a sottoscrivere le convenzioni, di fronte alla proposta contenuta in questo protocollo sappiano essere altrettanto propositive riguardo ai contenuti metodologici sopra esposti. Il riferimento è alla costituenda rete dei servizi all’impiego che a livello territoriale potrebbe accompagnare ed integrare il percorso metodologico e le azioni formative proposte dal protocollo. In quest’ottica sarebbe auspicabile che le funzioni di tutor, a garanzia della “bontà” e coerenza del piano di inserimento proposto dall’agenzia al lavoratore siano svolte dai Servizi Competenti. Ciò garantirebbe un processo di maggiore osmosi tra soggetti diversi chiamati ad interagire fra loro e realizzerebbe in pieno lo spirito della norma, quello appunto di favorire un maggior raccordo tra pubblico e privato. Verso la realizzazione di un modello di raccordo stabile tra pubblico e privato si muove anche il successivo comma 7 dell’art.13 del d.lgs. n.276/2003. Esso ipotizza un sistema di Convezioni in grado di dar vita a livello locale ad appositi soggetti giuridici (le Agenzie sociali) operanti su materie che potrebbero spaziare dall’assistenza sociale ai servizi di orientamento, al collocamento, alla formazione. Il modello punta sulla capacità di costruire reti di servizi a livello territoriale sotto la regia dell’Agenzia sociale, in cui convogliare le azioni dei soggetti pubblici e privati che vi partecipano e finalizzate all’inserimento o reinserimento dei lavoratori svantaggiati. 52 Questo modello prende spunto dall’esperienza tedesca che di recente ha introdotto le agenzie di personal service. Queste agenzie hanno la funzione di collocare il lavoratore disoccupato e nel contempo di riqualificarlo per agevolarne l’ingresso nel mercato del lavoro. Il Governo tedesco sta favorendo la diffusione delle agenzie di personal service in ogni ufficio di collocamento. Per l’organizzazione di tali agenzie, gli uffici di collocamento possono stipulare contratti con agenzie di lavoro interinale autorizzate, le quali percepiranno un corrispettivo per il loro servizio. In alternativa esse possono essere costituite come partecipazioni fra pubblico e privato o anche create all’interno degli uffici di collocamento come unità produttive a sé stanti31. Il compenso per l’agenzia di personal service si concretizza attraverso compensi mensili (stabiliti dall’offerta di partecipazione alla gara d’appalto per l’attribuzione del servizio) erogati dal momento dell’assunzione del lavoratore da parte dell’agenzia stessa e attraverso il premio stabilito per il raggiungimento dell’obiettivo del collocamento del lavoratore. Il premio per il collocamento è decrescente nel tempo: più in fretta l’agenzia ricolloca il lavoratore più alto è il suo compenso. E’ troppo presto per immaginare che dall’art.13 del d.lgs. n.276/2003 possa scaturire un sistema articolato come quello delle agenzie di personal service tedesche e che questo sistema possa attecchire nel nostro mercato del lavoro. Sicuramente gli spunti offerti dall’esperienza tedesca sono interessanti e ad essi ha attinto il legislatore italiano. L’unica sperimentazione italiana avviata, che possa essere lontanamente ricondotta all’esperienza tedesca, peraltro, dando vita soltanto ad una parte di un modello che potrebbe evolvere nella costituzione di una Agenzia sociale così come abbozzata dall’art.13 del decreto (ossia la stipulazione di una Convenzione tra l’Ente locale, 31 Per un approfondito esame del funzionamento delle agenzie di personal service vedi Spattini, Un esempio di buona prassi dall’Europa: le agenzie tedesche di personal service, in Tiraboschi (a cura di) La riforma del collocamento e i nuovi servizi per l’impiego, Ed. Giuffrè, 2003, 181 e ss. 53 l’Agenzia tecnica del Ministero e alcune agenzie di somministrazione) è quella dello “Sportello Milano Lavoro” 32. Accanto alla funzione di incontro domanda/offerta per lo più rivolta alle fasce deboli, lo Sportello ha sviluppato un’attività di promozione e coordinamento di attività formative e di servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro nei confronti di persone a rischio di esclusione sociale (ultraquarantenni, immigrati, persone in difficoltà). All’interno di questa esperienza è stato lanciato un progetto pilota rivolto ad alcune centinaia di lavoratori svantaggiati che potranno usufruire di un contributo economico per la durata massima di 12 mesi, della possibilità di frequentare un corso di riqualificazione professionale e di un servizio di accompagnamento al lavoro. Partners del soggetto pubblico (Comune di Milano, Provincia di Milano, Regione Lombardia ed Italia Lavoro) in questo progetto sono alcune agenzie interinali che hanno il compito di reperire i posti di lavoro e di partecipare al percorso di accompagnamento mettendo in campo la propria capacità di penetrazione nel mercato del lavoro e le proprie competenze professionali e strumentali. 32 La sperimentazione indicata è quella avviata in applicazione del Patto di Milano (2 febbraio 2000), che vede tra i soggetti promotori il Comune di Milano, la Provincia di Milano, la Regione Lombardia, le parti sociali. 54 7. I FONDI PER LA FORMAZIONE E L’INTEGRAZIONE DEL REDDITO A seguito dell’abrogazione dell’intera disciplina del lavoro temporaneo, l’art.12 del d.lgs. n. 276/2003 sui fondi per la formazione e l’integrazione del reddito sostituisce l’art.5 della l.n.196/1997, a sua volta novellato dall’art.64, co.1, lett. d), della l.n n.488/1999, che aveva istituito il Fondo per la formazione professionale dei lavoratori temporanei. La nuova norma, mentre per alcuni aspetti ripropone quanto già stabilito nella precedente disciplina, per altri aspetti se ne discosta in considerazione del mutato contesto legislativo: in particolare della possibilità per le agenzie di somministrazione e per le imprese di ricorrere allo staff leasing; dell’inserimento dell’attività delle agenzie a sostegno delle politiche attive del lavoro (pensiamo alle misure di raccordo pubblico e privato); della possibilità di utilizzare questi fondi non solo per la formazione ma anche come ammortizzatore sociale per l’integrazione del reddito. I Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito sono fondi alimentati da un contributo finanziario obbligatorio cui sono tenute tutte le agenzie di 33 somministrazione per poter essere autorizzate ad esercitare l’attività . Il contributo ammonta al 4% delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato. Per la gestione di questi fondi sono stati costituiti due enti bilaterali privati Forma.Temp ed E.bi.temp34. Il primo è destinato a gestire la parte (finora la più sostanziosa in termini percentuali) del contributo finanziario obbligatorio destinato alla formazione dei lavoratori temporanei, attraverso l’apposito fondo costruito nell’ente bilaterale. Il secondo, finanziato nella misura del 0,20% del contributo obbligatorio di cui sopra, è utilizzato per scopi diversi dalla formazione, che si sintetizzano 33 L’art.5, co.2 lett. d) del d.lgs. n.276/2003 stabilisce tra i requisiti giuridici e finanziari richiesti per l’esercizio dell’attività di somministrazione la regolare contribuzione ai fondi per la formazione e l’integrazione del reddito di cui all’art 12, nonché il regolare versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. 34 Sul funzionamento dei due enti e gli interventi realizzati si rimanda ai Report delle azioni D ed E di questo progetto. 55 nell’erogazione di una serie di prestazioni tra cui quella di favorire l’accesso agevolato al credito per i lavoratori interinali e l’assicurazione contro gli infortuni di lavoro. A seguito dell’entrata in vigore della riforma Biagi, le parti sociali che compongono i due enti bilaterali (CGIL, CISL, UIL, ALAI-CISL, CPO-UIL, NIDIL-CGIL E AILT, APLA, CONFINTERIM) hanno interconfederale con il quale stipulato in data 7 aprile 2004 un accordo hanno disciplinato la fase transitoria, concordando che, dato il contenuto innovativo delle materie oggetto delle nuove norme, la definizione negoziale delle stesse debba prevedere una verifica complessiva da compiersi nel termine di un anno dalla data della firma di questo accordo. Su questa delicata materia la contrattazione collettiva35 è, pertanto, nuovamente intervenuta con due distinti accordi a prefigurare un nuovo e diverso assetto di Forma.temp, ravvisando nel contempo la necessità di costituire un nuovo apposito fondo, anch’esso dotato di personalità giuridica a cui facciano capo tutti gli interventi riguardanti la somministrazione a tempo indeterminato. Prima di analizzare più compiutamente alcuni aspetti collegati agli accordi collettivi recentemente stipulati, relativamente all’assetto che le parti intendono dare ai fondi e soprattutto le azioni/interventi che intenderanno privilegiare nel nuovo contesto normativo che esalta il ruolo della bilateralità, alcune questioni si pongono comunque all’attenzione. Innanzitutto, riguardo al diverso utilizzo delle risorse finanziate con il contributo obbligatorio del 4% di cui sopra, a seconda che siano destinate per l’assunzione di lavoratori a tempo determinato o indeterminato. A differenza dell’art.5 della l.n.196/1997, che finalizzava l’uso delle risorse indipendentemente dal fatto che le assunzioni fossero a termine o a tempo indeterminato, la nuova disciplina diversifica la natura degli interventi. 35 La mancata intesa con la CGIL a dare concreta attuazione alla somministrazione a tempo indeterminato ha comportato la stipula di due diversi accordi: uno per disciplinare gli interventi finanziati con il contributo del 4% della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato (accordo relativo alla “Attuazione dell’art.12 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n.276”, sottoscritto in data 2 febbraio 2005 tra CGIL, CISL, UIL, ALAI-CISL, CPO-UIL, NIDIL-CGIL e AILT, APLA, CONFINTERIM) e un altro separato per disciplinare gli interventi finanziati con il contributo del 4% della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato (“Accordo quadro per l’attuazione dell’art.12, commi 2 e 3 del del D.Lgs. 10 settembre 2003, n.276”, sottoscritto in data 2 febbraio 2005 tra CISL, UIL, ALAI-CISL, CPO-UIL, e AILT, APLA, CONFINTERIM). 56 Per le assunzioni a tempo determinato, l’art.12, co.1 sottolinea che esse debbano essere destinate in particolare: − a promuovere percorsi di qualificazione e riqualificazione anche in funzione di continuità di occasioni di impiego; − a prevedere specifiche misure di carattere previdenziale. Per le assunzioni a tempo indeterminato, invece, l’art.12 co.2 dispone che esse debbano essere destinate: − ad iniziative comuni finalizzate a garantire l’integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato nel caso di fine lavori; − ad iniziative volte a verificare l’utilizzo della somministrazione per favorire l’emersione e combattere gli appalti illeciti; − ad iniziative per l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori svantaggiati anche in regime di accreditamento con le Regioni; − ad iniziative per la promozione di percorsi di riqualificazione e riqualificazione professionale. Tra le iniziative previste meritano particolare attenzione le iniziative a favore dell’inserimento o reinserimento di lavoratori svantaggiati e quelle finalizzate a garantire l’integrazione del reddito nel caso di fine lavori. Entrambe riguardano il caso di assunzione di lavoratori a tempo indeterminato da parte delle agenzie. Il Protocollo d’intesa stipulato tra Italia Lavoro e le associazioni che rappresentano le agenzie interinali, illustrato nel paragrafo precedente, stabilisce che il finanziamento degli interventi e delle azioni formative e di integrazione al reddito, qualora previsto in sede di contratto collettivo, potrà avvenire tramite il fondo per la formazione e l’integrazione del reddito di cui all’art.12 del d.lgs. n.276/2003, oltre che da risorse disponibili a livello regionale per iniziative di carattere sociale, finalizzate all’inserimento o reinserimento dei lavoratori svantaggiati. Il protocollo d’intesa, prendendo in considerazione le misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato di cui all’art.13 del decreto, fa per ora esplicito riferimento ad assunzioni a tempo determinato da parte delle agenzie di somministrazione. In fase di prima applicazione, pertanto, sembra difficile che possa essere data attuazione, anche attingendo alle risorse del fondo per la formazione di lavoratori 57 temporanei, a ipotesi di stabilizzazione dei lavoratori svantaggiati presso le agenzie come il disposto dell’art.12 co.2 auspica. Riguardo alle “iniziative comuni finalizzate a garantire l’integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato nel caso di fine lavori” il ragionamento è più complesso, poiché coinvolge la riforma degli ammortizzatori sociali e l’eventuale ruolo che gli enti bilaterali possono giocare in questa riforma. Già il Patto per l’Italia, siglato nel luglio 2002, si proponeva di: − favorire la creazione di protezioni integrative, aggiuntive o sostitutive, liberamente concordate fra le parti sociali ai più vari livelli, con prestazioni autofinanziate e gestite da organismi bilaterali di natura privatistica; − collegare strettamente integrazioni al reddito, servizi di orientamento, formazione come altre misure di inserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso gli organismi bilaterali. Il tema più ampio su cui si dibatte è quello relativo alla possibilità di realizzare percorsi che garantiscano un diritto al reddito e alla continuità previdenziale nei contratti “flessibili”. Tuttavia, la specifica norma in questione, che collega l’integrazione del reddito al caso di fine lavori, attiene all’ipotesi in cui un lavoratore assunto a tempo indeterminato venga “licenziato” dall’agenzia di somministrazione perché questa ha terminato la “commessa”. In questo specifico caso il disposto di cui all’art.22 co.4 del d.lgs. n. 276/2003 esclude espressamente che possano essere applicate le disposizioni di cui all’art.4 della l.n.223/1991 sul licenziamento collettivo e che debbano invece trovare applicazione quelle sancite in applicazione dell’art.3 della l.n.604/1966 sui licenziamenti individuali e le tutele del lavoratore di cui all’art.12 del d.lgs. n. 276/2003. In buona sostanza non saremmo in presenza di un licenziamento collettivo (nel caso in cui la fine dei lavori coinvolga almeno cinque lavoratori) ma in presenza di licenziamenti individuali, seppur plurimi, per giustificato motivo oggettivo. La conseguenza è quella di sottrarre un lavoratore, che abbia diritto o meno a percepire il sussidio di mobilità, alle garanzie procedimentali previste dalla l. n. 223/1991 legate alla dichiarazione di messa in mobilità da parte dell’impresa, e al “circuito della mobilità” cui avrebbe diritto di accedere, a favore di una misura di integrazione del reddito usata in veste di ammortizzatore sociale. 58 Tralasciando i problemi interpretativi sollevati da una parte della dottrina sulla legittimità della norma36, il percorso di utilizzare i fondi per la formazione e integrazione del reddito in funzione di ammortizzatore sociale è tutto da costruire e rappresenta un passaggio delicato per le agenzie di somministrazione. In primo luogo, sarà necessario definire una gestione che permetta di distinguere quanta parte dei fondi è destinata per la formazione e quanta per l’integrazione del reddito e all’interno di ciascuna, le risorse destinate ai lavoratori somministrati a tempo determinato e quelle destinate ai lavoratori somministrati a tempo indeterminato. In secondo luogo le scelte che saranno operate in seno ai due enti bilaterali saranno espressione e avranno ripercussione anche sulle strategie e le azioni messe in campo dalle agenzie interinali e sul loro posizionamento nel mercato del lavoro. Ragionamenti sull’utilizzo dell’integrazione del reddito legata non solo all’ipotesi della fine dei lavori nello staff leasing, ma anche riguardo ad un suo possibile utilizzo collegata a percorsi formativi nei periodi di non lavoro tra una missione ed un'altra nella somministrazione a tempo determinato, avrebbero non solo senso ma anche il supporto di risorse aggiuntive da parte delle regioni, che sul territorio stanno costruendo un nuovo modello di formazione professionale. E’ indubbio che sul riassetto di Forma.temp ed E.bi.temp incideranno le decisioni che le parti assumeranno circa il rapporto da tenere con le regioni. La bilateralità, comunque, non potrà prescindere da un confronto con questi enti. Pensiamo, ad esempio, al tema dell’accreditamento, alla possibilità delle agenzie di ottenere ulteriori finanziamenti per le attività formative messe in campo, alla possibilità di intervenire per la ricollocazione di lavoratori espulsi dal mercato del lavoro o altro ancora. La partecipazione delle agenzie alla rete dei servizi per l’impiego renderà necessario definire quali attività formative e quali prestazioni passeranno e saranno gestite dai fondi. In apertura di paragrafo accennavamo al fatto che su questa delicata materia la contrattazione collettiva è intervenuta di recente con due distinti accordi a prefigurare un nuovo e diverso assetto di Forma.temp, ravvisando nel contempo la necessità di costituire un nuovo apposito fondo, anch’esso dotato di personalità 36 Sulla specifica questione Chiusolo, Il contratto di somministrazione: dubbi di legittimità costituzionale e spunti interpretativi, in DL on line, Rivista telematica di diritto del lavoro, pag.11. 59 giuridica a cui facciano capo tutti gli interventi riguardanti la somministrazione a tempo indeterminato. Sono stati, pertanto, definiti due distinti percorsi e una distinta gestione del contributo del 4% a seconda del caso che il lavoratore stipuli con un’agenzia di somministrazione un contratto di somministrazione a tempo determinato o indeterminato. Nel caso del tempo determinato saranno gli attuali fondi Forma.temp ed E.bi.temp a gestire il primo gli interventi di tipo formativo e il secondo gli interventi aventi natura diversa, recependo comunque il disposto di cui all’art.12 co.1 del d.lgs.n. 276/03. Ciò renderà, necessario procedere ad una modifica dell’attuale statuto e regolamento di Forma.temp per adeguarli all’oggetto dell’attività che Forma.temp sarà chiamato a svolgere (ossia interventi formativi per soli lavoratori assunti con contratto di somministrazione a tempo determinato). Ai fini dell’attuazione degli interventi previsti dall’art.12, co.2, del d.lgs. n.276/03 e della gestione delle risorse relative all’assunzione di lavoratori in somministrazione con contratto a tempo indeterminato si procederà alla costituzione di un apposito fondo. La particolarità di questo nuovo fondo sta nel fatto che esso non gestirà come l’attuale Forma.temp solo la formazione dei lavoratori temporanei, ma anche l’integrazione del reddito di questi lavoratori nel caso di fine lavori. Anzi nella ripartizione delle risorse, stabilita dalle parti firmatarie dell’accordo, l’integrazione del reddito sotto forma di una “indennità” che sarà corrisposta ai lavoratori assorbirà il 2,5% del 4% del contributo versato dalle agenzie mentre agli aspetti formativi sarà destinata in gran parte (1,3%) ciò che resta. L’ accordo quadro prevede inoltre che il fondo finanzi iniziative per l’inserimento e il reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori svantaggiati anche in regime di accreditamento con le regioni in misura pari allo 0,1%37. La possibile “fine” di una commessa è destinata, comunque, ad incidere anche sugli interventi formativi che il fondo finanzierà. 37 Si vedano ad esempio le convenzioni stipulate il 3 e il 2 febbraio 2005 dalle Regioni Abruzzo e Puglia con Italia Lavoro e AILT, APLA e Confinterim che prevedono incentivi specifici a valere su fondi regionali, nell’ambito delle misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato”. 60 Infatti, le tipologie formative che il fondo prenderà in considerazione saranno: − la formazione professionale, con particolare riferimento alle esigenze di qualificazione o riqualificazione in caso di fine dei lavori connessi alla somministrazione; − Per la formazione continua. i lavoratori assunti con la tipologia della somministrazione a tempo indeterminato sembra piuttosto manifesta l’intenzione di procedere con un’offerta formativa che possa consolidare il bagaglio professionale che il lavoratore possiede anche per non diminuirne le chances di reimpiego nel caso di fine lavori. Dal punto di vista del tipo di formazione proposta, il costituendo fondo per la somministrazione a tempo indeterminato potrebbe avvicinarsi di molto all’esperienza degli attuali fondi interprofessionali per la formazione continua. Sarebbe auspicabile che le parti, chiamate a ridefinire l’attuale assetto di Forma.temp, cogliessero l’occasione per fare il punto anche sulla somministrazione a tempo determinato. Poiché le agenzie di somministrazione sono autorizzate ad operare anche nel campo dell’intermediazione e dovranno confrontarsi con le tematiche dell’orientamento e della formazione professionale non legate strettamente alla proposta di un lavoro temporaneo nella somministrazione, la revisione dello statuto e del regolamento di Forma.temp potrebbe essere l’occasione per rivedere strategie e utilizzo delle risorse destinate alla formazione anche in funzione del nuovo ruolo che viene loro attribuito di soggetti privati che concorrono insieme ai soggetti pubblici a costruire nei bacini territoriali le politiche attive del lavoro. 61