IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abb. postale comma 27 art. 2 Legge 28.12.95 n. 549 Firenze
ANNO XVII - NUMERO 4
(nuova serie)
APRILE-MAGGIO 1997
IL CALITRANO
IN
ANNO XVII - N. 4 n. s.
QUESTO
NUMERO
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale
“Caletra”
Fondato nel 1981
Insieme per crescere
IN COPERTINA:
L’artistica foto di un vicolo di Calitri che
con la sua teoria di scale, le immancabili
serte di rossi peperoncini, l’anziana donna in costume, scandisce quel quotidiano
ritmato dalle usanze e ricorrenze del
nostro paese e rievoca il piacere di portare alla memoria i ricordi piacevoli del
nostro passato.
La strada porta il nome di Giuseppe Tozzoli, uno dei figli più illustri di Calitri:
nato il 21 agosto 1826 da Francesco e
Serafina Zampaglione, laureatosi in giurisprudenza all’Università di Napoli, dove
il 15 maggio 1848 combattè sulle barricate, iscritto alla Giovane Italia. Dal 1867
al 1871 fu Consigliere Provinciale, deputato al Parlamento per ben tre legislature, fino al suo ritiro nel 1874 per lasciare
il posto a Francesco De Sanctis.
(foto Armando Santoro)
IL VERO GIOIELLO
Il mondo imperfetto
nutre il male
con tanti difetti
senza morale.
Non c’è più speranza
di giorni migliori
di dar la fratellanza
e di portar l’amore.
Di essere uniti
da veri fratelli
per fare la vita
il vero gioiello.
Pietro Lattarulo
(da Bisaccia)
di Raffaele Salvante
3
Associazioni Calitrane
5
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Calitri nel Quattrocento
di Gerardo Cioffari
Direttore
Raffaella Salvante
7
Cognomi e soprannomi
calitrani nel 700
di Emilio Ricciardi
10
LETTERE AL DIRETTORE
12
Forza espressiva nell’arte
di Giovanna Musicò
12
DIALETTO E CULTURA
POPOLARE
13
Concorsi
17
NECROLOGI
18
MOVIMENTO
DEMOGRAFICO
19
SOLIDARIETÀ COL
GIORNALE
20
LA NOSTRA BIBLIOTECA
22
VITA CALITRANA
23
Segreteria
Martina Salvante
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Chiuso in stampa il 16 maggio 1997
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
PER UN IMPEGNO SEMPRE MAGGIORE
INSIEME PER CRESCERE
In un clima di omologazione complessiva, occorre una promozione
degli autentici valori dell’uomo
“Un oscuro apparato mina lo
Stato, minacciando di soffocarlo e di
strangolarlo”, un mix fra polizia giudiziaria, magistrati inquirenti e servizi
segreti, collegato con la massoneria e
l’alta finanza, detiene, di fatto, il potere nel nostro paese, mettendo praticamente fuori gioco tutti gli altri poteri.
In pratica gli italiani sono tenuti
in continua osservazione con indebite ed irregolari intercettazioni telefoniche, che intrufolandosi nella vita
privata ed intima dei cittadini costituiscono il mezzo più idoneo per
controllare e ricattare i più indocili.
È quanto asserito da un autorevole personaggio, quale è il professor
De Rita, presidente del CNEL, ai
primi di settembre dello scorso anno,
ma che pur nella sua gravità/verità
ha avuto lo spazio di un solo giorno
sui nostri mezzi di comunicazione,
di solito alla ricerca del sensazionale,
per amplificarlo e spettacolarizzarlo.
Ancor meno spazio ha avuto sui
giornali la notizia del “finanziamento ai partiti”, che vanificando nei
fatti quanto stabilito dai cittadini in
un apposito referendum, in tempi
ultrarapidi e alla quasi unanimità ha
ripartito ben 160 miliardi ai vari
schieramenti politici presenti in Parlamento, quale prossimo anticipo del
“contributo volontario” del 4 per
mille sulla dichiarazione dei redditi.
È semplicemente vergognoso! La
montante disoccupazione, l’assistenza
sanitaria, la lotta alla droga, le riforme
istituzionali, la revisione delle pensioni, la scuola e così via sono tutte
“emergenze” di secondo grado e per
le quali non si trovano fondi!
Quando siamo interpellati, come
in questi casi, da episodi di vera indecenza, si capisce che nasce di qui
quella diffusa e generalizzata sfiducia
dei cittadini nei confronti delle Istituzioni che non ispirano più credibilità,
né hanno più autorevolezza e non permettono a ciascuno di noi di esercitare
quel sano discernimento col quale
davvero la democrazia cresce.
L’autorità diventa autoritarismo
quando è caratterizzata da sete di
dominio e dall’ipocrisia di chi in
modo sottile e camuffato nasconde o
giustifica le proprie incoerenze; tutto
quello che andiamo dicendo a livello
nazionale è riferibile a livello locale
del nostro paese, dove continuano a
regnare una povertà di valori, una
incapacità propositiva (sembra che a
breve il paese perderà anche gli uffici dell’Acquedotto Pugliese), un
grave disorientamento che lascia in
una paurosa solitudine i giovani, i
disoccupati, i più bisognosi; di recente, poi, si è innestata una perniciosa
guerra di religione che ha diviso ulteriormente i Calitrani per le indebite
ingerenze, sul modo di fare Chiesa,
di personaggi che senza alcuna autorità e competenza, arroccati su vecchi
e obsoleti assetti, non riescono a
capire che “non deve sorprendere, se
oggi, in una nuova situazione culturale e sociale, la Chiesa si interroga
sul modo di annunziare più efficacemente il Vangelo e di educare i fedeli
a una più profonda comprensione e a
GIUBILEO SACERDOTALE
DI DON VINCENZO CUBELLI
Nato a Calitri il 28.08.1921, ordinato Sacerdote nella Chiesa dell’Immacolata Concezione il
29.06.1947 da S. E. mons. Cristoforo Carullo arcivescovo di Conza della Campania. L’Arciconfraternita
di cui è padre spirituale dal 13.12.1952, i fedeli, l’Arcivescovo e i sacerdoti si stanno preparando a
festeggiare degnamente, per il 6 settembre, con varie iniziative, il giubileo sacerdotale di Don Vincenzo che rappresenta la storia della vita calitrana e della Chiesa degli ultimi 50 anni.
Per don Vincenzo gli auguri più sinceri della redazione e ad majora semper...
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Il CALITRANO
una pratica più completa dei sacramenti” (Evangelizzazione e sacramenti).
Occorre una sterzata forte che
spazzi via gli odiosi balzelli, di
luterana memoria, per richiamare a
tutti il coraggio della speranza che
nasce dalla Pasqua di Cristo.
La società abbassa la mira, ma in
nome della libertà o non piuttosto
della resa, dell’impotenza e della più
scoraggiante rassegnazione?
Invece, l’ambizione che ci anima
è che dalla mortificazione della politica - intesa in senso largo - ci si
debba salvare soltanto con un forte
richiamo alla decisione e all’impegno, ponendo fine alla stagione della
provvisorietà, con il compito di arricchire, qualificare e ampliare, con una
sapiente gradualità, il progetto di una
nuova società. Se vogliamo veramente essere costruttori della società futura, dobbiamo impegnare il meglio
delle nostre energie, nel cercare, con
forza e creatività, di ripensare i problemi “strutturali” per far crescere
una società più visibilmente a livello
umano; non ci dobbiamo adattare
all’idea di consegnare alle generazioni che ci seguiranno una società a
basso profilo, non ci si può arrendere
all’indifferenza dell’abitudine.
Ma per far questo, urge che ciascuno di noi cominci da se stesso
diventando campana di risonanza per
un deciso cambiamento di rotta, per
impegnarsi su più fronti, confrontarsi
con i fragili riferimenti etici del
mondo contemporaneo e riscoprire il
senso della propria vita per condividere, con i più bisognosi, preoccupazioni e speranze ed offrire un apporto
positivo al rinnovamento della nostra
società, chiamata ad esprimere un
ruolo attivo e creativo di orientamento delle dinamiche pubbliche, nel
rispetto dell’autonomia delle realtà
temporali e nel dialogo con le diverse
istanze culturali.
Si tratta di favorire, con sempre
maggiore consapevolezza, la crescita
di luoghi e di momenti - a cominciare da quelli in cui siamo presenti - in
cui il discernimento possa divenire
più specifico e concreto.
Non mancheranno le prove.
Sarebbe, infatti, da ipocriti nascondersi le difficoltà, gli errori, i disagi
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
ed anche le degenerazioni che si possono progressivamente verificare e
che lungo e difficile è il cammino da
percorrere per costruire una autentica
cultura di pace che richiede un continuo sforzo di aggiornamento e di formazione, sia perché cambiano metodi e strumenti, sia perché nascono
problemi nuovi, o nuovi approcci a
problemi antichi; va da se che il tutto
va esperito con quel linguaggio a tutti
comprensibile che è la carità
In pratica proprio ora ci è chiesto
di “stare dentro” con amore al
nostro tempo, con la ferma convinzione che è ormai matura una com-
prensione più illuminata da parte
della coscienza credente in riferimento alle molteplici sfide del tempo
presente.
La storia è esodo: testimoniare e
annunciare è il più grande dono che
possiamo fare agli uomini del nostro
tempo, per offrire un apporto positivo
al rinnovamento della nostra società,
aprendoci a riscoperte dimensioni di
impegno che richiedono non una interessata e ambigua esaltazione, ma
matura e profonda convinzione e
soprattutto alto rigore morale.
Raffaele Salvante
Castrovillari 10.10.1946 - i più sinceri e sentiti auguri ai coniugi Rita Gatto e Peppino Salvante per
l’ambito traguardo dei 50 anni di matrimonio.
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Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
ASSOCIAZIONI CALITRANE
DALLA SVIZZERA
ALECS (Associazione Lavoratori
L’
Emigrati Calitrani in Svizzera)
organizza l’annuale incontro nella chiesa
cattolica di Balsthal per
SABATO 7 GIUGNO
Sono invitati a partecipare, fra l’altro, l’Amministazione Comunale, la
Pro-Loco e l’Associazione Aletrium di
Calitri, le Associazioni Calitrane nel
mondo, il giornale Il Calitrano ed altre
Associazioni di zona.
Per eventuali prenotazioni, Vi preghiamo di rivolgervi almeno due settimane prima a:
ZARRILLI Antonio
tel. 0041/62.39.10.385, presidente
CIANCI Antonio
tel. 0041/62.21.24.518, segretario
È nostra viva intenzione dare un’impronta sociale e culturale più marcata a
questo nostro ritrovo annuale.
Con un cordiale arrivederci a Balsthal, vi saluta il segretario Cianci Antonio.
I CALITRANI DI GERMANIA
AL TERZO CONVEGNO
nche quest’anno i calitrani di GerA
mania, di Svizzera, di Francia e del
Belgio, insieme a compaesani provenienti dall’Italia, si sono riuniti nei saloni della Kolpinghaus di Freiburg/Br., per
l’ormai tradizionale convivio prenatalizio organizzato dalla ACRIG (Associazione dei Calitrani Residenti in Germania).
Il presidente, Giovanni Fierravanti,
letti i messaggi di adesione all’iniziativa
e di auguri per la buona riuscita dell’incontro del Sindaco di Calitri, prof. Vito
Marchitto, del prof. Michele Cerreta, di
Teresa Baronchelli, responsabile delle
ACLI - Germania, del Dr. Tonino Cicoira, di Giuseppe Gautieri, presidente onorario dell’ALECS, tutti impossibilitati a
partecipare al raduno per inderogabili
impegni assunti in precedenza, ha salutato i presenti e svolto l’annuale relazione sulle attività del sodalizio.
L’accento è stato posto sulle difficoltà di “avviare iniziative nei settori
della promozione culturale e dell’infor-
Calitri, ottobre 1992 Maffucci Francesco con la moglie Antonietta Cianci, la figlia Vincenza in piedi, tre
nipotini, e una loro parente con il bambino in braccio.
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mazione; lanciare manifestazioni
attraenti, nonché richiami particolari
per far partecipare attivamente anche i
giovani e coinvolgerli nella vita dell’associazione”, al fine di allargare gli orizzonti del sodalizio, sotto ogni aspetto e
secondo lo stesso dettato statutario.
Si è ritenuto opportuno, pertanto,
considerato lo stretto scambio di collaborazione tra i due organismi “chiedere
l’affiliazione dell’ACRIG, cosa che formalizzeremo al più presto, alle ACLI di
Freiburg, allo scopo di offrire ai nostri
soci una partecipazione attiva alle iniziative che propone ai propri iscritti sia
giovani, che meno giovani”.
Introdotto dal presidente Fierravanti,
il Console d’Italia a Freiburg, Dr.
Fabrizio Nicoletti, ha salutato i presenti, rallegrandosi dell’iniziativa e augurando all’ACRIG il raggiungimento d’ogni traguardo nell’interesse dei connazionali e per l’immagine positiva, che
essi offrono del loro Paese; inoltre hanno
preso la parola il giornalista Vito d’Adamo, il dottor Giuseppe Germano e
Vincenzo Attardi, presidente del Circolo ACLI di Freiburg, che ha esposto
agli astanti alcune delle realizzazioni
acliste ed il programma per l’anno 1997,
invitando i presenti a prenderne parte.
Infine sono state fissate due incontri,
in cui ogni partecipante deve venire “cu
la spesa soia”: sabato 19 aprile, presso
le ACLI, Schwarzwaldstr. 6 Friburgo,
alle ore 15, per prendere un caffè e “p’
sta n’ picca nzemm’r’, parlà r’ li fatt’
nuostr’ e r’ quiggh’ r’ l’aut’, cum’
faciemm’ a Calitr’ quann’ n’affr’ntavam’
ngimma Cort’”.
Ognuno è pregato di portare con se
un pezzo di torta, biscotti, i resti della
colomba pasquale, “n’ picca r’ sauzicchj’, r’ s’bbr’ssata, o quegghj’ chi un’
ten’”; il caffè verrà servito dall’Associazione: Se uno vuol accompagnare il
tutto “cu lu suqu r’ la salamenta s’ l’adda
p’rtà appriess’”.
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
Sabato 21 giugno “scampagnata”
a Rottweil, dove la nostra vice-presidente Tuozzolo-Lepre organizza una grigliata; ci incontreremo tutti davanti alle
ACLI e insieme, alle ore 14, ci avvieremo in direzione di Rottweil: ognuno è
pregato di portare ciò che desidera grigliare e mangiare: carne, Wienerle, Vurste, Bockwurste e insalata, le diverse
insalate verranno messe a disposizione
di tutti; da bere ci sarà acqua, acqua
minerale, cola, na cascia r’ birra o na
ram’ggiana r’ mier’.
Chi è di Friburgo è pregato di
mettersi in contatto con Giacinta
0741/22.846
L’ACRIG prega i calitrani interessati di mettersi in contatto con il
responsabile, Giovanni Fierravanti,
Auwaldstrass 117, D - 79110 FREIBURG/Br. Tel. 0761/16.558.
Sabato 3 maggio 1997
presso l’Azienda Agricola
di Antonio Zazzarino,
via Reinolds, 62
a Cisterna di Latina
si è tenuta la
V° ASSEMBLEA
GENERALE
dell’ASSOCIAZIONE
ROMANA DEI
CALITRANI
con la nutrita partecipazione
di moltissimi compaesani.
C. Della Costa
14) Calitri 1957, la famiglia di Cerreta Michele (ricca recca) da sinistra in alto: Cerreta Michele, Cerreta Canio, Maffucci Lucia, Cerreta Vincenzo; seconda fila: Di Cecca Michele, Di Cecca Giuseppe, Cerreta Antonietta con la figlia Zarrilli Michelina in braccio, Cerreta Gaetana, Di Cecca Vincenzo; terza fila:
Cerreta Canio con la filia Michelina, Cerreta Michele, Cerreta Concetta, Cialeo Francesco; quarta fila:
Cestone Vincenza, Cestone Maria Antonia, una americana, zarrilli Giovanni con la figlia Lucia.
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LE MASCHERINE
Toc, toc, son Arlecchino
coloro il mondo con la mia fantasia
gioco, gioco con i bambin
e li coloro di allegria.
Ciao, ciao, son Colombina
son graziosa e piccolina
cucino il brodo con la pastina
e son pure un po’ birichina.
Uhè! Uhè! Son Pulcinella
tiro sassi al mio Brighella.
Tutti insieme facciamo un trio
di pasticcioni e furbacchioni.
Tiziana Armiento
Teodolinda Cestone
Luciana Giammatteo
Annalucia Nigro
(classe elem. 5/A)
LIONI
Un gioco di luci e di ombre.
Lioni è la nebbia tra i capelli, tra alberi e
cemento,
nasconde le mani.
È strada bagnata da lacrime di sogni,
da pioggia di sorrisi.
Lioni è bambini che si rincorrono,
urlano, dimenticano il tempo, ricordano
la vita.
È forte richiamo di campane,
note miste di attesa e gioia,
eco di passi di chi torna a casa.
Lioni è una finestra
che guarda un pino immobile, quei pochi
gradini,
un amorevole cane e un angelico volto.
Lioni è tempesta di emozioni,
mondo antico di rinnovata gioia,
vento che scuote, accarezza,
allontana occhi che spiano l’innocenza
di un amore.
Lioni è una chiesa per chi fedele spera,
una domenica per chi grida “venite,
comprate!”, un rifugio
alla noia, un complimento a una ragazza,
un profumo di vita semplice.
Lioni ricorda un novembre funesto,
un lamento ormai remoto, nascosto nella
culla di sorrisi giulivi.
È un vecchio che fischietta,
cammina tra le zolle, si affatica incontro
al sole,
fissa l’angolo delle sue memorie.
Lioni è un giovane che spera nel domani,
che sa lottare a scuola o nel fragore di
una fabbrica.
Lioni dorme insieme
a chi con lui si risveglia,
raccoglie gocce di pianto e sorriso eterno
Lioni...solo il battito del mio piccolo
cuore.
M.
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
P. GERARDO CIOFFARI O. P.
CALITRI NEL QUATTROCENTO
I
SANSONE GESUALDO: la lungimiranza di un signore di Calitri (1410-1436 circa)
La storia di Calitri nella prima metà
del Quattrocento può essere vista solo
attraverso la storia dei suoi feudatari e
della nuova situazione creatasi nella
seconda metà del secolo. Confrontando
questa situazione con quella di un secolo prima, pur nella carenza documentaria, non è molto difficile trarre alcune
conclusioni.
1. I signori di Calitri, Castiglione
e S. Maria in Elce
Il personaggio chiave di questo
periodo è Sansone Gesualdo, figlio di
Nicola III, secondo di questo nome
come signore di Calitri. Non si conosce
con certezza in qual anno Nicola cedette
effettivamente Calitri a Sansone. Dall’insieme dei dati pervenutici sembra
che il 1410 possa essere una data plausibile.
Se volessimo allargare lo sguardo e,
al di là dell’agglomerato urbano, consideriamo alcuni casali vicini (Castiglione,
ormai disabitato, e S. Maria in Elce) e
paesi vicini, allora è opportuno dire
qualcosa anche dei parenti di Nicola e di
Sansone. Il primo, Nicola, ci riporta a
Mattia II, che fu un padre molto prolifico. E per quanto ci interessa, oltre a
Nicola, ebbe anche Luigi I e Antonio. Il
territorio di Calitri fu diviso fra i discendenti di questi tre fratelli.
In particolare, mentre Nicola era
signore della triade Calitri, Auletta, Cangiano, il fratello Luigi I (fedelissimo di
re Carlo III) era signore di Conza, dopo
che nel 1381 questa città fu tolta ad Elisabetta del Balzo per aver parteggiato
per l’antipapa Clemente VII. E, come si
sa, la signoria di Conza comprendeva
anche Castiglione (ormai disabitato),
Cairano, Ruvo e Selvapiana. L’altro fratello, Antonio, aveva avuto in eredità S.
Maria in Elce, Monteverde, Pietrapa-
lomba, Sassano, Oppido e Teora. Di
conseguenza, sul finire del Trecento,
signore di Calitri era Nicola III, di Castiglione Luigi I e di S. Maria in Elce
Antonio.
Intorno al 1410 (ma è difficile precisare le date), come Nicola aveva investito il figlio Sansone dei suoi feudi, così
Luigi e Antonio avevano trasmesso i
loro rispettivamente ad Elia e Antonello.
Quest’ultimo, fra l’altro, continuò l’impegno a favore dei Durazzeschi, e come
lo zio paterno Luigi aveva sostenuto
militarmente re Carlo III, così lui ebbe il
comando di un contingente nella cavalleria di Ladislao. Così, ai primi del
Quattrocento, signori del territorio di
Calitri erano Sansone, Elia e Antonello.
2. Sostegno politico a Ladislao
Il primo quarto del secolo XV, caratterizzato dalle lotte per il regno di Napoli di due rami della dinastia angioina
(quello dei Durazzeschi e quello dei
Valois-Provenza), vede un alternarsi di
schieramenti da parte dei baroni. Per
quanto riguarda i Gesualdo, finché fu
vivo Ladislao, restarono fedeli al ramo
di Carlo III. Ma, soprattutto a partire
dalla sua morte (1414), alcuni parteggiarono per i Durazzeschi, altri per i
Provenzali.
Sull’autorità del De Lellis, confermata del resto da documenti successivi,
va detto che, agli inizi del XV secolo, il
signore di Calitri, Nicola III, investì del
suo feudo il figlio Sansone (o Sansonetto) Gesualdo: Sansone primogenito del
terzo Nicolò, non solamente fu Signor
delle Terre paterne (cioè Cugiano,
Auletta, Calitri ed altre Terre), ma
divenne anche Signor di S. Lorenzo, di
Palo, e di Baragiano, pervenutele per
parte di sua moglie, che fu Antonella di
7
Porcelletto di nobiliss. famiglia d’origine Francese, figliola et herede di Porcellione, e nella quale questa famiglia si
estinse.
Non vi sono elementi per affermare
che Sansone si discostasse dalla politica
dei Gesualdo, favorevoli a Ladislao. Che
il rapporto della sua famiglia con Ladislao fosse abbastanza amichevole risulta
anche da un episodio che vide coinvolto
un Gesualdo di Gesualdo, il cui ramo
non è però sufficientemente specificato.
Narra dunque il Di Costanzo:
Scrive Pietro d’Umile due cose notabili, che essendo Gesualdo di Gesualdo
allevato da fanciullezza con lui (Ladislao), riuscito ai 22 anni dell’età sua di
forze mostruose e di destrezza grande, in
una impresa, quando usciva a scaramucciare con una lancia di gran grossezza, o cavava di sella il nemico sbalordito per botta di testa, o voltando
subito il cavallo, e venendo a porre
mano allo stocco, si appressava tanto
al nemico che, afferrandolo per forza di
braccio, il poneva in terra, e per un
fante ne mandava il cavallo al campo, e
si stava, finché colui, rendendosi gli porgea lo stocco, ed egli ne’l mandava al
suo campo a piedi, donandogli la
libertà: e questo fu più d’una volta con
gran piacere del Re e degli altri, che’l
vedeano. Il Re, invidioso della fortezza
di quel cavaliere, come tornò a Napoli,
istigò molti soldati e cavalieri stimati
più valenti; e quasi a tutti quelli, che
vollero provarsi in questo esercizio,
accadde il medesimo. Onde il Re volle
colla persona propria fare esperienza se
questo veniva da forza o da destrezza,
essendo egli di grandissima forza e di
non poca destrezza; ed un dì nel palco,
in presenza di pochi familiari, fece
armare Gesualdo insieme con lui, e saliti a cavallo, incontrandosi ruppero agevolmente le lance e posto l’uno e l’altro
mano agli stocchi, il Re avendo fatto
Il CALITRANO
ogni sforzo per non farsi appressar
Gesualdo, e vedendo che aveva gittato
lo stocco e che veniva per entrare ad
afferrarlo, gettò egli ancora lo stocco, e
si strinse con Gesualdo con grandissima
forza, cercando di gettarlo da cavallo, e
contrastando un pezzo, Gesualdo disse
al Re, non più Signore, che la Maestà
Vostra va in Terra. Il Re, adirato disse
che attendesse a fatti suoi, ed in fare
l’ultimo sforzo, Gesualdo il mandò a
terra, ed andò a terra ancor esso, ma
sopra il Re, il quale confessò che la
Natura non poteva fare il più valoroso
Giovane, e gli diede il primo luogo tra i
Camerieri: ma morì sei mesi dopo con
dispiacere del Re e di tutta la sua Corte.
Un episodio questo che certamente
dovette avere una grande diffusione a
Calitri e negli altri stati dei Gesualdo,
sia che il loro giovanissimo eroe appartenesse al ramo di Calitri che a qualche
altro feudo dell’Alta Irpinia. Esso è
anche sintomatico degli ideali cavallereschi del tempo, con frequenti tornei e
giostre che mettevano in rilievo la forza
e l’abilità dei conti e dei baroni.
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
3. La “ribellione” di Sansone di
Calitri
Alla morte di Ladislao (1414), i tre
cugini Elia, Antonello e Sansone assunsero atteggiamenti diversi nei confronti
della nuova regina, Giovanna II. Mentre
Sansone col fratello Leonetto preferirono temporeggiare, Elia e Antonello
ritennero opportuno mantenere la fedeltà
alla sorella del defunto re.
C’è un documento che parla di
“ribellione” di Sansone: in data 20 luglio
1422 la regina Giovanna II perdonava i
ribelli Leonetto e Sansonetto de Gesualdo, Menga de Gesualdo, contessa di
Mirabella e Colangelo Aiello.
È vero che normalmente per Sansonetto si intende il nipote del nostro Sansone (figlio cioè del di lui figlio Luigi
II). Ma in questo caso è abbastanza chiaro che Sansonetto non può essere altri
che il signore di Calitri (il nonno), in
quanto il Sansonetto primo conte di
Conza non era ancora nato nel 1422.
Il padre, infatti, cioè Luigi II si sposò
nel 1427 con Emilia Mormile, con un
Brescia, Cestone Mario collocato a riposo, previa richiesta. Arruolato nei Carabinieri nel lontano
1958 e passato alla polizia municipale del comune di Brescia nel 1964 è andato in pensione col
grado di Istruttore Capo di Vigilanza, dopo essere stato responsabile per alcuni anni dell’Ufficio e della
Squadra Infortunistica Stradale per i rilievi degli incidenti stradali.
Auguri vivissimi!
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contratto matrimoniale in cui Calitri
ebbe un certo ruolo.
Interessante è pure il fatto che in
questo perdono è inclusa anche Menga
de Gesualdo, contessa di Mirabella, che
va chiaramente identificata con Minora,
la figlia di Sansone, contessa appunto di
Mirabella. È evidente perciò che quella
sintonia che vi era stata fra i Gesualdo
nei confronti di Ladislao era scomparsa.
Sotto Giovanna II i vari feudatari presero atteggiamenti diversi.
Per quanto riguarda Calitri, Sansone, col fratello Leonetto, mantenne una
certa equidistanza fra i sovrani contendenti, Luigi II (†1417) e Giovanna II
(†1435). In altri termini, la ribellione di
Sansone non va intesa come un’insurrezione armata, il che avrebbe significato
uno scontro diretto col cugino Antonello
e col fratello Carluccio, apertamente e
militarmente schierati con Giovanna.
Ciò che dava noia alla regina era questo
suo temporeggiare e soprattutto il suo
impostare una politica matrimoniale in
conseguenza della quale egli diveniva
parente di alcuni dei più potenti feudatari a lei ribelli.
Alla morte di Luigi II d’Angiò, la
regina fece un passo per attirare Sansone
dalla sua parte, procedendo ad una riduzione dei pagamenti fiscali nei suoi
feudi. In data 6 ottobre 1418 stabiliva,
tra l’altro, che la somma di 8 once e tarì
20 che il feudo di Calitri era tenuto a
pagare come generalis subventio fosse
ridotta a 6 once e tarì 20.
Sansone, però, non cambiò politica
né per queste iniziative né per le pressioni del fratello Carlo (noto anche come Carluccio) e del cugino Antonello.
Il primo era a tal punto nelle grazie della
regina, che questa in data 26 agosto
1419 gli affidava l’esercito per la repressione della rivolta in Calabria: Concediamo che in forza delle presenti tu
possa ricondurre alla nostra fedeltà,
obbedienza e principale nostro dominio,
demanio e corona, tutte le città e fortezze in mano ai nostri ribelli, disobbedienti ed infedeli, con facoltà di dare la
grazia alle università e agli uomini, ai
castellani e compagni e servitori concedendo una perpetua e generale indulgenza e il perdono di tutti gli eccessi e
crimini.
Sansone e Leonetto non avevano,
dunque, un “nemico” solo nel fratello
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
Carlo, ma anche nei già menzionati
cugini Elia e Antonello, apertamente
schierati per Giovanna II. E se si pensa
che Elia era signore di Castiglione ed
Antonello signore di S. Maria in Elce, si
può ben immaginare la delicatezza della
situazione.
Il 20 marzo 1416 moriva Elia, e la
regina Giovanna non aveva difficoltà a
concedere al fedele Antonello i feudi del
cugino. Antonello Gesualdo diveniva
dunque signore anche di Castiglione. Il
suo potere personale crebbe notevolmente, in quanto gli fu confermata la
concessione di Ladislao del mero e
misto imperio. Il che ovviamente gli
dava un enorme potere sui suoi sudditi, i
cui ricorsi al re venivano sensibilmente
limitati. E dato il suo ruolo attivo a favore prima di Ladislao e poi di Giovanna,
è da credere che tenesse a freno la ribellione del cugino Sansone di Calitri.
4. Lite con Castelgrande per il
Bosco delle Rose
Questi non mancò di tenere formali
rapporti con la regina, che tuttavia, per
la sua politica matrimoniale e per la
mancanza di qualsiasi coinvolgimento,
continuò a considerarlo un ribelle. E
come nel 1418 Sansone era riuscito ad
ottenere per Calitri una riduzione della
sovvenzione generale da otto a sei once,
così esattamente dieci anni dopo veniva
ad un accordo col conte di Castelgrande,
Giorgio d’Alemagna, per una petizione
alla regina.
Si è più volte fatto cenno ai continui dissidi fra Calitri e Pescopagano per
gli usi civici nel Bosco delle Rose. È da
notare però che questo ampio bosco non
metteva in contatto Calitri solo con
Pescopagano, ma anche, sia pure in
minor misura, con Castelgrande. E fu
proprio con questa Terra che i calitrani si
trovarono in contrasto, con episodi di
violenze e depredazioni che negli anni
venti di quel secolo si fecero sempre più
frequenti.
Sia Sansone di Calitri che Giorgio
di Castelgrande pensarono bene di evitare inutili ostilità nocive ad entrambi.
Portarono quindi la lite dinanzi alla curia
di Napoli che, con decreto del 31 marzo
1428, affidò la soluzione della questione
ai giudici Nicola Pagano di Ricigliano
ed Ammiano Irsone di Polla. Questi
ebbero, fra l’altro, l’incarico di esami-
nare le carte relative al Bosco delle Rose
tenendo conto anche delle antiche consuetudini, dopo di che, soprattutto nelle
zone contestate dovevano fissare delle
firmas lapides (pietre solidamente conficcate nella terra) e se necessario collegate con anelli e catene di ferro.
5. Verso una ripresa economica e
demografica
Il bilancio del governo di Sansone
su Calitri fu nettamente positivo, in
quanto la sua “ribellione” non ebbe particolari ripercussioni negative, ed ebbe
altresì dei risvolti estremamente positivi
dopo la morte di Giovanna II. L’anno
dopo, infatti, nel 1436, grazie ai legami
matrimoniali dei figli, non solo non subì
rappresaglie, ma le sorti della guerra gli
permisero di allargare e consolidare i
suoi stati.
Mentre infuriava la lotta tra i sostenitori di Renato e quelli di Alfonso,
improvvisamente il territorio di Calitri
divenne teatro della guerra, né poteva
essere altrimenti, visto che Antonello,
generale dell’esercito di Giovanna e ora
di Renato, era il signore di gran parte di
questo territorio. Non deve perciò sorprendere la decisione del principale
alleato di Alfonso d’Aragona, il principe
di Taranto Giovanni Antonio del Balzo
Orsini, di portare la guerra nell’Alta
Irpinia per colpire Antonello. Anzi, la
notizia del suo arrivo spinse il conte di
Avellino a mettersi in marcia e congiungersi a lui.
Il principe di Taranto, ovviamente,
sapeva che Sansone di Calitri aveva per-
LAUREA
Il giorno 8 novembre 1996 presso l’University of Strathclyde di
Glasgow in Scozia, si è laureata
in sociologia e lingue europee
la sig.na
ANTONELLA GIGLI
Alla neo dottoressa, ai genitori
Maria e Enzo, agli zii e zie, ai
cugini e cugine, ai parenti tutti,
giungano i nostri più fervidi
auguri.
9
seguito una politica sfavorevole alla
regina Giovanna e quindi era virtualmente un suo alleato. Di conseguenza
Calitri non entrò nel suo programma di
distruzione. In quei primi mesi del 1436
l’Orsini mise a ferro e a fuoco molti
feudi di Antonello, specialmente Ruvo e
Pescopagano.
In questi frangenti (ma non saprei
dire se in conseguenza dei combattimenti) venne a morte lo stesso Antonello e, come spesso accadeva in questi
casi, i feudi del “ribelle” (Antonello) dal
re vincitore venivano concessi al “fedele” (Sansone). Considerando che già
Antonello aveva ingrossato i suoi feudi
grazie all’aggiunta di quelli del cugino
Elia, si può ben immaginare l’entità
degli “stati” che Sansone stava per trasmettere al figlio Luigi II.
Non vi sono, al momento, dati sufficienti per stabilire lo stato di salute dell’economia calitrana e l’ammontare
della popolazione in questo periodo. Da
tutti i dati “politici” su riferiti direi però
che la signorìa di Sansone fu il vero inizio della ripresa dopo la peste e le guerre del Trecento. La sua “ribelle” politica
matrimoniale mise le basi ad una serie di
rapporti che, se da un lato consolidarono
la potenza dei Gesualdo, dall’altro crearono ampi spazi di mercato per i prodotti agricoli di Calitri. Temporeggiando
nel riconoscere i legittimi sovrani frenò
l’emorragia fiscale e fece sì che molti
proventi rimanessero a Calitri e non
finissero nelle casse della curia regia.
Molti di questi andarono a rimpinguare
le sue casse, ma certamente non pochi
restarono a beneficio degli abitanti.
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
EMILIO RICCIARDI
COGNOMI E SOPRANNOMI CALITRANI NEL ’700
ricavati dagli atti preliminari del “Catasto onciario”
el 1741, per ordine del re Carlo III,
N
fu introdotto nel regno di Napoli il
nuovo catasto, chiamato “onciario” poiché i guadagni e le tasse di ogni cittadino
erano espresse in once (1 oncia = 6 ducati). Il catasto di Calitri, redatto tra il 1752
e il 1753, si conserva nell’Archivio di
Stato di Napoli, fondo Catasto onciario,
voll. 4974 - 4981. Gli atti preliminari del
catasto furono stilati dal sindaco, dagli
eletti, dall’arciprete e dai rappresentanti
del feudatario, con l’aiuto di alcuni notai.
Nel mese di settembre 1752, all’inizio
della compilazione del catasto, era sindaco di Calitri Marco Galgano, con gli
eletti Nicolò Paolantonio, Lonardo di
Maio, Donato Cestone e Giuseppe di
Napoli; dall’ottobre 1752 fu sindaco
Giuseppe Codella, con gli eletti Pasquale Berrilli. Antonio del Cogliano, Donato
Pignone, Antonio di Milia e Antonio
Toglia. Per redigere gli atti l’Università
[il Comune] di Calitri si rivolse al notaio
Giuseppe Cestone, calitrano. Il notaio
dell’arciprete fu Giovanni Lupone, di
Calitri, e quello della curia arcivescovile
di Conza fu Pasquale Scauzullo, di
S. Andrea.
Tra gli atti preliminari, nel volume
4974, c’è lo “stato delle anime” compilato nel 1753 dall’arciprete d. Giovanni
Borrillo e autenticato dal notaio Giovanni Lupone; al documento è allegato
l’elenco completo dei 3732 abitanti di
Calitri in quell’anno, nel quale si possono leggere oltre 300 cognomi diversi e
circa 60 soprannomi che può essere utile
confrontare con l’elenco dei cognomi
cinque-secenteschi pubblicato da Vito
Acocella nella Storia di Calitri.2 Nel
documento l’arciprete annota scrupolosamente lo stato civile e le parentele di
molti cittadini (vedova, seconda o terza
moglie, sorella, zio, patrigno etc.), la
condizione sociale (serva, lattara, dottore), le menomazioni fisiche (surdo, muto,
cieco) e, per i forestieri, la provenienza
(di Andretta, di Carbonara, di Rionegro,
etc.); registra una coppia di gemelle
(Agnesa e Flavia Tuozzolo), una suora
(suor Maria Celeste), un dottor fisico
(Filippo Ciaffa), un sordo (Donato
surdo), un carcerato (Cesare di Lucrezia), un ricco possidente (Don Giambattista Berrilli) e così via. Vi sono anche
due indicazioni toponomastiche: (sotto
il giardino e sotto le case cadute), seguite dall’elenco delle persone che abitavano in quei luoghi.
Qui di seguito si trascrivono lo “stato
delle anime” con l’elenco dei componenti del clero, una lista dei cognomi e
una dei soprannomi contenuti nello
“stato delle anime” e nel “libro degli
apprezzi”. I cognomi sono stati elencati
adottando la stessa redazione usata dall’arciprete o dal sindaco, con le possibili
varianti tra parentesi; quelli evidenziati in
grassetto sono i cognomi più antichi, presenti già nell’elenco di Acocella. Tra
parentesi, in corsivo, il luogo di provenienza della famiglia, annotato dall’arciprete vicino ad alcuni cognomi forestieri. Nel secondo elenco sono riportati i
nomi di alcune persone seguiti dai rispettivi soprannomi, o da altre annotazioni
circa la loro condizione, che permettevano di individuarli con sicurezza tra i
concittadini.
N.B. Nel trascrivere il documento,
per una più facile lettura, ho modernizzato la punteggiatura e l’uso delle maiuscole, e ho sciolto la maggior parte delle
abbbreviazioni. I cognomi e i soprannomi sono stati invece trascritti fedelmente;
quei pochi che presentavano sul manoscritto una lettura ambigua o poco comprensibile ho preferito non riportarli.
LO “STATO DELLE ANIME”
Status animarum huius Terrae Caletri
confectus a Rev. D. Joanne Archip. Borrillo in hoc anno 1753
Sacerdotes
Clerici
Oblati
Moniales
Servae
Ex communione
Ex confessione
Ex minori aetate
n.
n.
n.
n.
n
n.
n.
n.
27
7
1
23
4
2297
371
1002
3732
10
Giovanni arciprete Borrillo
Il rev. d. Giovanni arciprete Borrillo
di suo proprio carattere ha firmato il presente stato dell’anime ed egli è stato
quale si fa ed in fede io notar Giovanni
Lupone richieso col mio solito segno ho
segnato.
I RELIGIOSI
Rev. Sacerdoti
D. Gio. Borrillo (Arciprete), D. Gaetano Zampaglione (Cantore), D. Giambattista Scoca, D. Giuseppe Stanco, D.
Giuseppe Caputo, D. Scipione di Ruggiero, D. Giuseppe Cicoira, D. Angelo
Gervasi seniore, D. Canio Borrillo, D.
Giuseppe Leone seniore, D. Antonio
VitamorCioglia, D. Michelangelo Zarrillo, D. Francesco Antonio di Geronimo,
D. Antonio Margotta, D. Antonio Abbate, D. Giuseppe Rinaldi, D. Giuseppe
Biagio Benevento, D. Francesco Caputo,
D. Rocco Zabatti, D. Giacomandrea
Rinaldi, D. Antonio Cestone, D. Rocco
Frasca, D. Angelo Gervasi juniore, D.
Giuseppe Nicolò Fastiggi, D. Giuseppe
Leone juniore, D. Pietro Sacchitella, D.
Franco Coviello.
Clerici
Clerico Sig. D. Nicolò Saverio Borrillo, Cl.co Giambattista di Giona, Cl.co
Giuseppe Biagio Cioglia, Cl.co Giancarlo Forieri, Cl.co Filippo Cestone, Giovanni Maffuccio, Donato Tuozzolo.
Eremiti
L’eremita di S. Berardino.
Rev. Monache
D. Caterina Cappa (Badessa), D.
Cannida Maffuccio, D. Cristina de Simone, D. Agnesa Nicolaj, D. Maria Emanuele Cioglia, D. Petronilla Galelli, D.
Giuseppantonia Capuano, D. Arcangiola
Lupone, D. Scolastica di Giona, D.
Maria Pascale Ciaffa, D. Rosalia Cio-
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
glia, D. Maria Maddalena Ferrarellio, D.
Maria Loreta Borrillo, D. Antonia Solimene, D. Annamaria Cioglia, D. Maria
Benedetta Borrillo, D. Lucia Fruccio, D.
Geltrude Borrillo, D. Rosa Rinaldi, D.
Maria Battista Maffuccio, D. Maria
Tuozzolo, D. Maria Teresa Cioglia, Educanda Loreta Zampaglione.
Serve
Angiola Cimminiello, Angiola Fierravante, Veronica Martiniello, Flavia Tartaglia.
I COGNOMI
Abbate, Alisi (d’Alisi, Alifi), Angiolillo, Arace (d’Arace), Arconzio, Auciello, Avella, Bajone, Barbalata (Barbalato), Barone, Barrada, Bavosa, Bellizzi,
Benevento, Berrilli (Borrillo), Bianco,
Bilotto (di Andretta), Blasuccio, Boccabianca, Boccardo, Bocchicchio, Borea,
Bozza, Bracuto, Bruno, Buglione, Bulto,
Buono, Calà, Cannito, Cantarella, Capasso, Capossela (Capossele), Cappa,
Capuano, Caputo (Caputi) Casarella,
Cassano, Celebrano, Cerone, Cerrata,
Cerreta, Cerullo, Cesta, Cestone,
Chioffari (Chioffaro), Ciaffa, Cialeo,
Ciampi, Cianci, Ciaurella, Cicoira
(Cicojra), Cifariello, Cimminiello, Cioglia, Claps, Codella, Contessa, Coppola,
Corcia, Corridore, Cosca, Coviello
(Covella), Cozza, Cristiano, Cuculo,
Daniele, de Tomaso, del Buono, del
Cogliano, del Cossano, del Giudice, del
Re, del Rito, della Badia (dell’Abazia),
della Marina, della Porta, della Rocca,
della Valva, delli Liuni, dello Staglio,
dell’Auletta, dell’Orto, di Blasi, di Cairano, di Carlo, di Cecca, di Cosmo, di
Cuojro, di Ferrante, di Geronimo, di
Giannantonio, di Giona, di Majo, di
Martino (di Rionegro), di Mattia, di
Meo, di Milia, di Muro, di Napoli, di
Nicola, di Nisi (di Niso), di Nora, di
Sabato, di Santo (di Ruvo), di Turo,
d’Ambruoso, d’Angelis, d’Armiento,
Errico, Esposto, Famiglietto, Farfone,
Fastiggi, Fatone, Ferrarellio, Fierravante, Figurella, Fiordelisi, Forgione, Forieri (Ferriero), Frasca, Frecina, Frieri (di
Cairano), Fruccio (Fruggi), Gabriele,
Gala, Galelli, Galgano, Galizia, Gallo,
Galluccio, Gautieri, Germano, Gervasi, Giampietro, Giannetta, Giannino (di
Centola), Giorgio, Gonnella, Grieco,
Guglielmo (di Guglielmo), Iannece (di
Carbonara), Iannella, Iannolillo, Ietta,
Ievoli (di Putignano), Insengola, Iuvone,
Lampariello, Langelotto, Lantella,
Lanza, Lardaro, Laviano, Leone, Letizia, Lettieri, Liberti (Liberto), Liccio,
Lombardo, Lotano, Luaggro, Lucrezia
(di Lucrezia), Lungaro, Lupo (Lupone), Maffuccio, Majno, Malanca, Marciano, Margotta, Marino (di Ruvo),
Marsiglia, Martiniello, Martorano,
Masuotto, Mazziotta (Mazziotti), Melaccio, Melchionna, Mena, Mennillo,
Meoli, Metallo, Miano (Miajano),
Miele, Montuori, Moscati, Mottola,
Mungiello, Musano, Muscella, Nannariello, Nardo, Nicolaj (Nicolais), Nigro,
Nuzzariello, Olfranco, Orraso, Pagano,
Panico, Panniello, Paolantonio, Papa,
Parente, Parisi, Parlante, Pascalicchio,
Patagina (Petagina), Patrisso, Pauloccia,
Pescullo, Petrozziello, Petrozzino, Pezzillo, Pierro, Pignone, Pinto, Piostra,
Pitochi, Polestra (della Polestra), Prete,
Pugliese, Punsano, Quaranta, Rabasca,
Raciuoppo, Rafano, Ragionato, Rajmundo, Ranaldo (Rinaldi), Ricciardella,
Ricciardi, Rizzo, Rostra, Rubino, Ruggiero (di Ruggiero), Russo, Sacchitella,
Salvante, Sanges, Santoro, Saracino (di
Pescopagano), Savanella (Savinella,
Sabanella), Savignano, Scalzullo, Schettino (Scettino), Scioscia, Scoca, Segni,
Sepe, Serafino, Sfera, Simone (de Simone), Solimene (Solimeno), Solla, Sozio,
Speranza, Sperduto, Spiriuolo (Spriuolo), Stabile, Stanco, Sturchio, Tangredi,
Tartaglia, Tenore, Tocciariello, Todisco,
Toglia, Tora, Tornillo, Tozza Troisi,
Trombetta, Tuozzolo, Vasco (di Pescopagano), Verrone (del Cilento), Vigilante,
Vitamore, Vitamore-Cioglia (VitamorCioglia), Vitella, Volpe, Zabatti, Zampaglione, Zanzonetto, Zarracca, Zarrillo.
I SOPRANNOMI
Antonio Bozza = Moschillo; Giuseppe Bozza = il Paccio; Antonio Capossela
= Ionto Vaccaro; Giovanni Caputo =
Potegaio; Giuseppe Caputo = Bannito;
Giuseppe Caputo = Sileo (omonimo del
precedente, abitava(sotto le case cadute(); Lonardo Cesta = Cieco; Antonio
delli Liuni = Nasone; Giuseppe delli
Liuni = Tungio; Donato di Ferrante =
Babuscio; Donato della Polestra = Palio;
Domenico di Cosmo= lo Mugliero; Giuseppe di Milia = Fortuna; Donato di
Napoli = Dottore; Giuseppe Fastiggi =
Spatafore; Giuseppe Fastiggi = Scozzato
(omonimo del precedente, abitavano
11
entrambi (sotto il giardino); Lonardo
Fierravante = Tabaccone; Giovanni Fierravanti = Fiaschiello; Antonio Frasca =
Procobio; Francesco Galgano = Focile;
Francesco Galgano = Cortellazzo (omonimo del precedente, abitavano entrambi
(sotto le case cadute); Giuseppe Galgano
= Gliugliù; Giuseppe Galgano = Vecchio
(omonimo del precedente, abitava (sotto
le case cadute); Donato Galluccio =
Rovetale; Donato Gervasi = Mauriello;
Angiola Giorgio = Schiaffo; Nicolò
Guglielmo = lo Cecato; Giuseppe Iannella = Camarcio; Giuseppe Liberto = la
Mastra; Francesco Margotta = Petruzzo;
Giuseppe Melaccio = Saccone; Giuseppe
Rubino = Mustazzo; Antonio Russo =
Cosamata; Francesco Russo = Guauciello; Giovanni Russo = la Scorta; Francesco Scoca = Crudele; Gennaro Scoca =
Discepolo; Giuseppe Scoca = il Malomo; Giovanni Sepe = Vocetto; Michele
Sozio = Muto; Giuseppe Stanco =
Nascarella; Giovanni Toglia = Spezza;
Giovanni Tornillo = S. Aloj (S. Eligio,
invocato per la guarigione dei somari);
Angiola Zabatti = madre di Tarantola.
Scorrendo l’elenco si può constatare
la scomparsa di alcuni cognomi piuttosto
diffusi nel Cinquecento e nel Seicento,
presenti nell’elenco di Acocella, come
Freda, Lillo, Balascio, Cera e così via; e
si può rilevare come altri oggi molto
comuni, ad esempio Acocella, siano
comparsi solo dopo la metà del Settecento. L’arciprete registra i cognomi
usando una forma più colta o più arcaica
rispetto a quelle usate dal sindaco o dagli
eletti (per es. dell’Abazia per Della
Badia, oppure Borrillo per Berrilli).
È invece difficile distinguere con
sicurezza il soprannome di una persona
da quella che potrebbe essere una semplice indicazione sulla sua condizione
fisica o sociale: era davvero Dottore
Donato di Napoli, o questo era solo il
soprannome della sua famiglia? Ed era
davvero Cecato Nicolò Guglielmo?
Naturalmente simili domande sono destinate a rimanere senza risposta, ma non
importa; ciò che conta è l’emozione che
si prova nel leggere questi antichi
soprannomi, attraverso i quali scopriamo un inatteso legame con i nostri concittadini di due secoli fa.
1 Ringrazio la dr. Daria Storchi dell’Archivio di
Stato di Napoli.
2 Cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1951],
II ed., r.a., Calitri 1984, pp. 78-80.
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
FORZA ESPRESSIVA NELL’ARTE DI GIOVANNA MUSICÒ
iovanna Musicò Scilipoti, vive ed opera a Messina, dove inizia la sua carriera pittorica nel 1973, dopo le prime esperienze gioG
vanili, partecipando a collettive ed estemporanee; sospende la sua attività creativa, costretta da impegni familiari e la
riprende nel 1995.
Ha fatto parte del Gruppo “I Cariddi” ed ora del Gruppo “Arcobaleno”, ha
inoltre partecipato alla collettiva della galleria “Alba di Ferrara” e al premio
“Città del Peloro” organizzato dal periodico “Il Galeone” di Messina, ha realizzato con successo la sua prima personale nella galleria di Barcellona Pozzo
di Gotto.
Nel suo inconscio da tempo erano maturate le sue aspirazioni artistiche: il
mare, la trasparenza delle profondità marine, le grotte che consentono all’artista di esprimere quell’innata carica emozionale con straordinaria fantasia e
valida tonalità cromatica. La ricchezza emotiva e la costante ricerca inventiva
si evidenziano maggiormente negli splendidi paesaggi azzurri del mondo
sommerso, scanditi dai messaggi a volte di storia a volte di leggenda; quindi
una pittrice-poetessa che esalta le più intime vibrazioni di visioni di apparente semplicità con una tematica caratteristica che la contraddistingue.
Il discorso vale anche per le creazioni floreali nelle quali predomina il colore viola, in tutte le sue tonalità e le composizioni di nature morte e di paesaggi che mostrano un giuoco cromatico di una sensibilità non comune, affrontata dalla pittrice con sicurezza e coerenza.
Le tele di Giovanna Musicò trasportano l’osservatore in quel clima intimistico, così efficace perché spontaneo e realistico, con nitidezza emozionale
che fa sognare un mondo limpido in tono con la poesia del suo animo delicato.
Irene Caterinaki Bruno
( da Messina) “Anemoni” olio su tela di Giovanna Musicò Scilipoti.
LETTERE AL DIRETTORE
orse le sembrerà strana questa lettera
F
scritta, peraltro, da una persona che
vive lontano dal proprio paese da oltre
trentaquattro anni.
Ho avuto la fortuna di essermi trovata in vacanza a Calitri l’ultima settimana
d’agosto e di aver seguito con immenso
piacere e anche con un pizzico d’orgoglio, tutte quelle iniziative che sono state
intraprese da alcuni giovani dei circoli
culturali ivi presenti. Mi riferisco soprattutto alle attività teatrali che in alcune
serate hanno saputo convogliare “ngimma cort’” (in piazza) tantissima gente,
quando dico gente, mi riferisco al popolo nelle sue variegate forme, da quello
più acculturato a quello meno.
Ho visto riunite insieme persone
appartenenti a quattro generazioni diverse ed è stato bellissimo scoprire nella
faccia di tutti l’interesse, la partecipazione, la gioia di essere presenti; ho
visto la piazza gremita e quando mi
sono girata in su, la gente, alle ringhiere
del municipio e oltre, sembrava quasi
traboccasse di sotto.
In quel momento è scattata in me la
molla dei ricordi dell’infanzia e mi sono
sentita pervadere da un calore che non
era quello della serata estiva (in verità un
po’ fresca e ventilata) ma delle persone
che avevo intorno; mi sono sentita a
casa mia, nella mia piazza,; se avessi
potuto avrei abbracciato quei giovani
“attori” uno ad uno, ma sono stata vicino a loro con i miei applausi, e nonostante i miei cinquant’anni, con la mia
voce: bravi!!...
Le sarei grata se, attraverso le pagine
del suo giornale, potesse fare arrivare a
questi giovani il mio ringraziamento, la
mia ammirazione, la mia stima: “ragazzi, vi ringrazio perché col vostro impegno così sentito e con maestria degna di
veri professionisti, avete saputo ricercare, riadattare e tramandare una parte di
vita che appartiene alle nostre radici”; è
venuto fuori un pezzo di storia che ha
fatto piacere ai “vecchi” e ha fatto riflettere i giovani.
Questa è la cultura, la cultura delle
nostre tradizioni ed è giusto che non
vada perduta.
Il dialetto poi, con la sua musicalità
che non ha niente a che vedere con la
lingua italiana nazionale, ha reso ancora
12
più bella tutta la rappresentazione che è
stata solo la parte finale di un lungo
lavoro di ricerca e di confronto.
Sono una educatrice e questo aspetto
è quello che mi ha colpito di più, ho
pensato a voi giovani che, in gruppo,
avete saputo trovare punti di aggregazione e avete saputo valorizzare la cultura dei vostri padri con grande entusiasmo anche a costo di qualche sacrificio.
Avete dimostrato un’autonomia e
una capacità organizzativa che spesso a
noi adulti viene meno; spero che i vostri
genitori siano fieri di voi, come mi sono
sentita fiera io di appartenere a questo
tipo di cultura.
Mi auguro che l’ufficio cultura del
comune di Calitri sappia valorizzare e
prendere al volo queste iniziative, coltivandole e facendole crescere, perché ricche di enormi potenzialità, di sani principi e di altrettanti valori.
Ho voluto di proposito non nominare
nessuno di voi partecipanti all’iniziativa
ma, sono sicura, che alcuni di voi “si
leggeranno” fra le righe e capiranno perché ho voluto scrivere questa lettera.
Enza Milano
(da Cascina)
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
A CURA DI RAFFAELE SALVANTE
U’ PORTAZ’CCHIN’
Ciè crammatin’ cerca r’arr’và cchiù bietta
ra Calitr’ (avija ritt’ mamma la sera ra
nanz’)hij m’ stach’ for’ e t’ fazz’ acchià li
sacch’ pront’, craj eia pur’ la festa r’ Santa
Lucia e portan’ la pr’gg’ssion’, vietta
f’rnim’ e bietta n’ r’tram’.
Eran’ li trentun’ r’aust’ r’ lu
cinquantacinch’ e guardat’ n’ poch’ s’
rija lu cas’ ca era pur’ lu compleann’
mij, facija quattord’ciann’! Eran’ tre
gghiuorn’ chi cugliemm’ r’ gran’rinij a lu
“sp’nit’” nn’ret’ a lu “mont’ r’ lu papa”,
gghià t’nim’ la part’.
Ogn’ bbota chi sciemm’ a quegghia terra
pr’f’rija r’ ess’ nata a Carv’nar’, hierm’
accussì bb’cin’ chi ra la terra nostra s’
v’rienn’ r’ ccas’ r’ quiggh’ paies’ e
nn’avarria fatt’ lu viagg’ accussì
alluongh’; pur’ a lu ciucc’ lu p’sava la
via r’ lu sp’nit’, tant’ è vver’ ca quann’
n’abbiavam’ ra casa a la torra abbaggh’ e
arr’vavam’ a lu garag’ r’ lu Scialon’ n’
mb’lija sp’nt’gghià a lu pascon’
abbaggh’, l’aviemma t’rà a fforza p’ la
capezza, quann’ po’ arr’vavam’ ngimma
la costa a la “croc’ r’ chian’ r’urm’”
p’gliava lu “carrar’” a p’ li chian’, gghià
t’niemm’ n’at’ ppicca r’ terra chi era
cchiù bb’cin’ e aviemma fa fatiha a pp’
l’addr’zzà a la via r’ lu sp’nit’.
La sera mamma s’ stija for’ e
str’zz’l’iava r’ spich’ ra li p’nnacchj e
hij facia ruj turn’ lu juorn’ p’ r’ pp’rtà a
Calitr’, cchiù d’ tant’ n’ nns’ n’ p’tienn’
fa ca era luntan’.
Quegghia matina m’auzaj cchiù bbietta,
amm’gghiaj r’ frunn’ r’urm’ cu n’ picca
r’acqua, r’ gn’scaj cu la caniglia e
guv’rnaj lu puorch’; sciett’ a l’acqua, alu
pisc’l’ n’ ng’era n’sciun’ ca era tropp’
vietta e appr’f’ttaj a carr’sciarm’ l’acqua,
riett’ quatt’ o cinch’ turn’ cu lu varril’ e
m’anchiett’ la s’rola nda poch’ tiemp’:
ropp’ fr’sciett’ na marm’ttegghia r’
paparul’ a pp’ lu juorn’, sciett’ a ccaccià
la v’ttura e m’abbiaj for’.
A pp’ la via n’ ng’era manch’ n’an’ma,
nnì nn’and’ e nnì nn’ret’ a quigghj pascon’
abbaggh’ s’ndìa sul’ quacche ciccuvascia
accuvata mmiezz’ a l’alber’ e quacche
ruosp’ ra ndì Curtin’; ng’era na luna chiar’
juorn’, lu viend’ chi fr’sciava e cu la
m’rescia longa r’ r’ piant’ chi s’ m’vienn’,
parija ca ng’eran’ li spir’t’ o r’ mmasciar’ e
mm’ tr’mava lu cor’ mbietta r’ la paura.
A r’ massarij r’ lu Casier’ e a queggh’
r’Anald’ accumm’nzarn’ a cantà li
hagghj e a r’ massarij r’ li “Sauzicchj’”
m’ luvà lu sol’; passaj lu vagghion’ r’ la
“ Scionda” e cchiù a quegghia via ra
luntan’ accavaggh’ a lu ciucc’ v’riett’ nda
lu carrar’ na cosa rossa, abb’c’nann’m’
v’riett’ ca era nu portaz’cchin’; sc’nniett’
ra cavagghj’ e lu p’gliaj, ra for’ era r’
plast’ca trasparent’ ianca e ng’eran’
seicient’ lir’.
A quigghj’ m’ment’ n’ ng’ p’tia crer’,
m’ ch’rria ca era nsuonn’, cu la quegghia
ca m’era auzata tropp’ vietta n’ ndich’ ca
cap’t’sciava a cavagghj’ a lu ciucc’, ma
quas’; ogn’ mpicca la cap’ scija ra nu
lat’ a n’aut’ e m’ r’v’gliava quann’ stija a
p’ carè, ma ropp’ spalancaj l’uocchj’ e
m’ passà lu suonn’.
M’ lu m’ttiett’ nda la sacca r’ lu
vant’sin’, abbastanza nfuta, ma ogn’
m’ment’ attantava si ng’era e stija
attient’ quann’ sc’nnija ra cavagghj’ a
chi n’ m’ lu p’rdija. P’ la via r m’ttiett’
ndic’r’ si affr’ntava quacche un’ e si
assija lu patron’ a p’ llu rà; v’ vogl’ fa na
cunf’renzia, a p’ cuscienzia si assija lu
patron’ cert’ ca ll’avia rà, ma sotta sotta
nda lu cor’ mij sp’rava e pr’hava Ddij
chi n’ nn’assija.
A p’ r’ fiest’ r’s’rrava r’ cauzett’ velat’ cu
la cus’tura nn’ret’, cum’ r’ t’nienn’ ghiat’
f’gliol’; Ddij ver’e pr’ver’ fors’ Santa
Lucia o Ggies’ Crist’ m’avarraj v’lut’ ra
lu premj’; ji p’nzaj si n’ nn’ess’ lu
patron’ m’ r’accatt’ cu quigghj’ sold’ e
accussì ffu , p’cchè lu patron’ n’ n’assì
ne tann’ ne maj.
Arr’vaj for’ carr’carm’ lu ciucc’ cu
mamma e ggiett’ cu lu turn’ a Calitr’; a
p’ la via ng’era nu sol’ chi spaccava r’
pret’ e sckuppava r’ corn’ a li vuov’ cum’
s’ ric’; arr’vaj a casa totta st’rduta e
affaugnata, scarr’caj la v’ttura, u’
m’ttiett’ la sacchetta cu l’avena,
ammient’ chi s’ la cunz’mava cu gust’ e
app’tit’ m’ pgliaj nu muzz’ch’ pur’ ij, ma
era cchiù lu suonn’ chi m’abb’ngija ca la
Cadempino, Svizzera 19 marzo 1996, 60° compleanno di Gautieri Giuseppina, da sinistra: Iolanda e
Renzo Ghirlanda, Ghirlanda Natalie, Gautieri Giuseppina e il marito Maffucci Giovannino, Ghirlanda
Claudio e, seduto, Maffucci Claudio.
13
Il CALITRANO
fama chi t’nija, m’ faciett’ curagg’ e
m’abbiaj for’ nata vota.
Quann’ arr’vaj for’ mamma avija f’rnut’
r’ str’zz’lià r’ spich’ e avija puost’ nda la
cuperta li matt’l’ r’ li cic’r’ chi aviemm’
sc’ppat’ lu prim’ juorn’, cu nu taccar’ r’
batterm’, r’ bb’nd’larm’ (menu mal’ ca
m’nava na bella voria) e arr’s’r’iarm’
tutt’ cos’.
Rucc’ Rucc’ r’ baccalaj chi era v’cin’ a
la part’ nostra venn’ ndo nuj a ffa roj
chiacchiar’ e nn’ajtà a carr’cà lu ciucc’,
quigghj’ cr’stian’ t’nija lu r’llogg’ e
l’add’mmannaj che ora era, n’ riss’ ca
eran’ r’ quatt’ e n’abb’iarm’.
Ohi ma r’ciett’ “ ij camin’ nnand’ ca
aggia scì a la pr’gg’ssion’”, accumm’nzaj a fusc’ e ggiett’ arr’và e
passà nn’and’ a li cr’stian’ chi s’
r’travan’ ra for’ pur’ lor’, ogn’ tant’ m’
v’tava cap’nn’ret’ a p’ bbrè ndo r’avija
lassat’, p’gliaj r’accurciator’, tagliaj p’
nda r’ r’stocc’, a lu custon’ abbagghj’,
passaj sotta la cordaspina r’ la forestal’,
p’arr’và subb’t’ ndi Curtin’ e
p’assuppastommach’ arramp’cann’m’ a
lu custom’ ammont’ senza fa r’agg’rat’
arr’vaj a casa cu la lenga ra for’; la strata
chi cum’ reula s’ facija nda dd’ojor’ e
mezz’ o tre la faciett’ nda n’ora e bbint’
m’nut’, arr’vaj a r’ cinch’ e bbint’.
Probbia accussì si la strata era assutta s’
facija nda doj or’ e mmezz’, si ch’vija e
ng’eran’ r’ zzangh’ ng’ v’lienn’ tre or’,
ca s’avia scì a p’ la sel’c’ a la cupa
abbagghj’ a p’ Sand’ Livardin’ e a p’
la Croc’ e s’allunguava.
Cert’ p’ prima cosa s’avienna m’s’rà r’
forz’, po’ lu spird’ r’ na p’rsona e la
n’c’ss’tà, quigghj juorn’ la faciett’ cu
l’anzia e lu r’s’rerij r’ scì a la
pr’gg’ssion’ cu r’ cauzett’ v’lat’, ma n’
n’nneia cosa r’ la fa tutt’ li juorn’.
Era totta s’rata, m’ lavaj bbona bbona,
m’ r’fr’sckaj e cu lu portaz’cchin’ chi
avija acchiat’ curriett’ a la p’teia r’ Zzò
Zzò p’ m’accattà r’ cauzett’ v’lat’
(quegghj fur’n’ r’ prim’ e gghiut’m
almena p’ quigghj’ tiemp’) p’cchè
custavan’ assaj e s’ r’mpienn’ subb’t’
cu r’ mman’ stess’ quann’ m’ r’ m’ttija,
ca r m’ttija semp’ cum’ na raspa
r’sp’lient’, ndi viern’ s’ scr’p’liavan’ e
s’ spaccavan cu lu fridd’, a primavera
quann’ ss’ll’cavam’ r’ ggran’ ng’eran’ li
“st’gliun’”chi p’ngienn’ e r’avienna
ra ar’man’ ra nda la terra, nda
la staggiona quann’ m’tiemm’ e
sp’culavam’ n’ r’ tagliavam’ nda li
r’stucc’ o p’ na cosa, o a p’ n’auta r’
m’ttiemm’ semp’ cum’ nu rampin e n’
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
t’niemm’ manch’ n’ picca r’ crema a p’
n’ la mett’!
M’accattaj pur’ la molla p’ r’ cauzett’, ij
t’nija r’ lasc’ p’ m’ r’attaccà o ra sotta o
ra cimma r’ gg’nocchj a second’ quand’
eran’ longh’ r’ cauzett’, si s’ sp’zzavan’
p’gliava na z’culegghia, ma sia r’ lasc’
ca la z’culegghia s’ r’attaccava allasch’
s’abbracalavan’ ngimma r’ scarp’, si
r’attaccav’ strend’ m’ s’cavan’ r’ coss’ e
n’ p’tia camm’nà.
T’rnaj a casa m’ cusiett’ r’ moll’ m’
m’ttiett’ r’ cauzett’ v’lat’ e la vesta r’ la
festa e totta pr’sciata sciett’ a la
pr’gg’ssion’; la stanchezza era passata
nda nu m’ment’. Cu r’ seicient’ lir’,
trecient’cinquanta lir’ sp’nniett’ p’ r’
cauzett’ (mo’ chi ng’ penz’ custavan’
tropp’ assaj a p’ ess’ quigghj tiemp’),
uttanta lir’ p’ r’ moll’ e cu r’ cient’s’ttanta
lir’ chi eran’ r’mast’ m’ faciett’ Sand’
Canij e la Maronna: m’accattaj r’
n’cegghj am’r’can’, la cupeta r’ riec’ lir’,
quegghia cu la carta rossa, gialla, verda,
blu cu li c’fringul’, ruj cupp’lin’ r’ carta
r’ gg’rnal’ r’ lupin’, quatt’ gg’lat’ ra
cinch’ lir’ ammec’ r’ ruj ra riec’ lir’.
M’azzardaj a giuquà pur’ a la
bbancaregghia r’ lu c’nes’ chi chiamava
la gent’ r’cenn’: “ un’ una calamella, duj,
doj calamell’, tre, tre calamell’ e accussì
fin’ a ddiec’. Ogn’ t’rata custava riec’
lir’: auzaj na carta e assì un’ r’ bastun’ e
m’ rez’ na caramella, t’raj la seconda
vota e assì un’ r’ coppa e m’ p’gliai n’ata
caramella; m’ r’curdaj r’ lu pr’verbij chi
r’cia mamma: “na vota t’ fata Ddij” e sì
m’avia fatat’ a farm’ acchià lu
portaz’cchin’, n’ m’ p’tia fatà la seconda
vota, m’ p’gliaj r’ ddoj caramell’ e m’
accuntantaj.
M’ttiett’ pur’ quacche diec’ lir’ nda la
sottatassa p’ l’offerta a la pr’gg’ssion’ e
cu tutt’ quegghj chi avija spis’ m’ r’mas’
pur’ n’ poch’ r’ riest’. R’ cos’ chi accattaj
m’ r’ spartiett’ cu ssorama, quiggh’ann’
fec’m’ nu bell’ compleann’ mij e r’
ffiest’ ngrazia r’ Ddij, m luaj lu ulisc’ r’
r’ cauzett’ v’lat’ e r’ n’ poch’ r’
l’cch’sciamient’!
Cert’ penz’ ca quegghia p’rsona quacche
cosa cchiù d’ me la p’ss’ria, almena lu
portaz’cchin’ lu t’nija, ij quann’
m’abb’sckava quacchje sold’ l’avija
ann’rà nda nu zinn’ r’ maqquatriegghj’ e
po’ si n’ n’ t’nia a Calitr’ f’hurat’v’ si r’
p’tija p’rtà for’.
M’ piaciarria sapè si quegghia p’rsona
esist’ e si legg’ sta storia - ij p’s’zzion’ n’
n’agg’ cangiat’ e crer’ ca manch’
quegghia s’eia app’zz’ntuta, e n’ n’eia
ca n’ m’ vogl’ allarha r’ man’, u r’arrija
nn’ret’ r’ seicient’ lir’, r’ cauzett’ v’lat’, r’
mmoll’ e p’cchè no sciarriemm’ a sent’
la banda a p’ r’ fiest’ r’ s’ttembr’ si n’
tr’varriemm’ a Calitr’, n’ ntratt’narriemm’ a parlà r’ li tiemp’ passat’,
n’ spr’cculiarriemm’ nzemm’r’ r’
n’cegghj’ am’r’can’, n’ fr’ff’carriemm’
li lupin’, la cupeta e a l’ut’m’
n’all’ccarriemm’ nu g’lat’ a p’ n’
r’fr’sckà la vicqua!....
Fierravanti Lucia
(da Olgiate Comasco)
Calitri 1935/36, da sinistra: De Rosa Orazio (ruzz’ ruzz’), Maffucci Orazio (mast’orazzj’),Titta...,Titta
Etneo marito di Beltrami Maria, con in braccio la figlia Paola, Beltrami Benilde Artemisia, Beltrami
Romolo, Galgano Vincenzo (mast’pul’c’), De Rosa Vitale, Rabasca Canio (zozzò).
14
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
IL PORTAFOGLI
(Traduzione del precedente testo dialettale)
Lucia, domani mattina cerca di arrivare
più presto da Calitri (aveva detto mamma
la sera innanzi) io resto in campagna e ti
faccio trovare i sacchi pronti; domani è
pure la festa di Santa Lucia e portano la
processione, presto finiamo e presto
ritorniamo a casa.
Era il 31 agosto dell’anno 1955 e guarda
caso era anche il mio compleanno,
compivo 14 anni. Erano 3 giorni che
facevamo la raccolta del granone allo
“spineto” dietro il “monte del papa” lì
abbiamo la “parte” e cioè il pezzo di
terreno. Ogni volta che andavamo a
quella terra preferivo essere nata a
carbonara, eravamo così vicino che dalla
nostra terra si vedevano le case di quel
paese e non avrei fatto il viaggio così
lungo. Pure all’asino pesava la strada
dello “spineto” tanto è vero che quando
ci avviavamo da casa giù per la strada
della Torre e arrivavamo al garage dello
Scialone non voleva assolutamente
prendere la strada per il pascone e
dovevamo tirarlo a forza per la cavezza,
quando poi arrivavamo sulla costa alla
“Croce del piano dell’Olmo” prendeva
il “carraro” per i “chiani”, lì avevamo
l’altra terra ed era molto più vicino, così
dovevamo fare la stessa fatica per
raddrizzarlo sulla strada dello “spineto”.
La sera mamma restava in campagna a
togliere le pannocchie dalle piante
avendole tagliate e raccolte in fasci
mettendole poi nei sacchi; io facevo due
viaggi al giorno per portarli a calitri, più
di tanto non se ne potevano fare, perché
era troppo lontano.
Quella mattina mi alzai presto, bagnai
con un po’ d’acqua le foglie d’olmo,
spruzzai sopra un bel po’ di crusca e
governai il maiale, andai a prendere
l’acqua, siccome era troppo presto alla
fontana non c’era nessuno e approfittai a
trasportarmi l’acqua, feci 4 o 5 viaggi
col barile e riempii la giara in poco
tempo e dopo aver fritto una marmitta
di peperoni per il pranzo andai a
prendere l’asino nella stalla e mi avviai
in campagna.
Per la strada non c’era anima viva, né
avanti né indietro a quel pascone a valle
sentivo solo il verso di qualche civetta
nascosta sugli alberi e qualche rospo da
Cortino; c’era il chiaro di luna e con le
ombre lunghe delle piante che si
muovevano col vento sembrava che ci
fossero gli spiriti o le streghe e mi
tremava il cuore in petto dalla paura. Alle
masserie del Casiere e a quelle di Rinaldi
cominciarono a cantare i galli e a quelle
dei Sauzicchi si levò il sole. Passai il
vallone della “Scionda” e più in là da
lontano a cavallo dell’asino nel “carraro”
vidi una cosa rossa, avvicinandomi
intravidi un portafogli rosso, scesi da
cavallo e lo presi, all’esterno era di
plastica rossa, all’interno di plastica
trasparente bianca, dentro c’erano 600
lire.
In quel momento credevo fosse un
miraggio o che sognassi poiché mi ero
alzata troppo presto e non dico che
dormivo a cavallo all’asino, ma
sonnecchiavo scuotendo ogni tanto su e
giù la testa stando in bilico e con la paura
di cadere da cavallo, poi però spalancai
gli occhi e mi svegliai completamente.
Il portafogli lo misi in tasca, anche se
era abbastanza profonda continuavo a
toccare la tasca assicurandomi che non lo
perdessi durante i movimenti dell’asino
in cammino o quando scendevo da
cavallo. Per la strada se incontravo
qualcuno passavo parola in modo che lo
potessi restituire al proprietario, voglio
farvi una confidenza però, in tutta
coscienza certo che lo avrei restituito,
ma sotto sotto, in cuor mio celava la
speranza e pregavo Dio che ciò non si
avverasse e restassi io la “proprietaria”
del portafogli.
Per le feste desideravo tanto le calze
velate con la cucitura dietro come ce
l’avevano le altre ragazze; Dio vede e
provvede, forse Santa Lucia o Gesù
Cristo hanno voluto premiarmi
(pensavo), se non viene fuori il
proprietario me le compro con quei soldi
e così fu, il padrone non venne fuori né
allora, né mai. Arrivai in campagna, con
la mamma ricaricammo l’asino e ripartii
col “turno” a Calitri; per la strada c’era
un sole che “spaccava le pietre e
scoppiava le corna ai buoi” come si dice,
arrivai a casa stordita e stremata dalla
calura, scaricai l’asino, gli misi la
sacchetta con l’avena, e intanto che
consumava la sua razione, presi anch’io
un boccone, ma vi confesso che era più il
sonno che avvertivo che la fame che
avevo; mi feci coraggio e mi avviai in
15
campagna un’altra volta. Quando arrivai
in campagna, mamma aveva finito di
spannocchiare il granone, aveva messo
nella “coperta” i manipoli dei ceci che
avevamo raccolto il primo giorno, con
un pezzo di legno li battemmo, poi li
ventilammo (meno male che soffiava una
bella bora) finimmo di fare tutto ed
eravamo pronte per ripartire.
Rocco di baccalà, così si chiamava di
soprannome un nostro vicino di terreno,
venne da noi a fare due chiacchiere, poi
ci diede una mano a caricare l’asino, lui
aveva l’orologio e gli chiesi l’ora, erano
le quattro del pomeriggio e ci avviammo;
mamma dissi “ io cammino avanti,
perché voglio andare alla processione”.
Cominciai a correre, raggiungendo e
sorpassando alcune persone che come
me ritornavano al paese, ogni tanto mi
voltavo indietro per vedere quanto mi ero
distanziata da loro; presi accorciatoie,
tagliai per i campi di ristoppie, al costone
a valle passai sotto un filo spinato della
forestale, pur di giungere al più presto a
valle e per completare quel viaggio così
lungo, salii quel costone di Cortino senza
fare curve arrampicandomi per le più
ripide accorciatoie con la lingua di fuori
dalla fatica.
Arrivai a casa alle 5 e 20, la strada che
normalmente si percorreva in 2 ore e
mezzo o 3 l’avevo battuta in 1 ora e 20
minuti, proprio così, se la strada era
asciutta si faceva in 2 ore e mezzo, se
pioveva ed era fangosa, ci volevano ben
3 ore, perché si doveva andare per il
selciato della “Cupa” allungando la
strada; certo poi bisognava prima di tutto
misurarsi con le forze, poi con lo spirito
e la necessità, quel giorno io la percorsi
con quell’ansia e con quel grande
desiderio di andare alla processione con
le calze velate, ma non era cosa di tutti i
giorni.
Ero tutta sudata, mi lavai ben bene, mi
rinfrescai e col portafogli che avevo
trovato corsi alla bottega di “Zzò Zzò” a
comprarmi le calze velate, quelle furono
le prime e le ultime, almeno per quel
periodo, perché costavano molto e spesso
si rompevano subito mentre le infilavo
per la ruvidezza delle mie mani, che
erano ruvide come una raspa. Infatti
d’inverno si screpolavano e spaccavano
per il freddo, a primavera a furia di tirar
l’erba dal grano quando si scelpava e
siccone “li st’gliun’” (erba pungente)
pungevano bisognava afferrarli dalla
terra, nell’estate quando mietevamo e
Il CALITRANO
spigolavamo ce le rovinavano le ristoppie
e così via, perciò in un modo o nell’altro
le mani erano sempre ruvide e
screpolate.
Comprai pure l’elastico per le calze,
avevo delle strisce di pezza ricavate da
brandelli di lenzuola per legarle sotto o
sopra le ginocchia a secondo la
lunghezza delle calze, se poi si
spezzavano prendevo una cordicella, ma
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
in ogni caso se le legavo non troppo
strette, scendevano sulle scarpe, se le
legavo strette segavano le gambe e non
potevo camminare. Ritornai a casa presi
la giusta misura dell’elastico, lo tagliai in
due e lo cucii, mi infilai le calze velate
(con quegli elastici provai un senso di
sollievo) misi il vestito della festa e tutta
contenta andai alla processione; la
stanchezza era passata in un momento.
I più fervidi auguri per le nozze d’oro di Gasparoni Franca, nata ad Ancona il 22.07.1928 e Bonucchi
Alfonso nato a Calitri il 30.09.1921, sposi il 14 dicembre 1946.
PREGHIERA
O Signor,
donami un cuore vigilante
che nessun pensiero vano allontani da te;
un cuore nobile
che nessun affetto indegno abbassi;
un cuore retto
che nessuna male intenzione devii;
un cuore forte
che nessuna avversità infranga;
un cuore libero
che nessuna violenta passione soggioghi.
Concedimi, Signore mio Dio,
una intelligenza che ti conosca,
una sollecitudine che ti cerchi,
una sapienza che ti trovi,
una vita che ti piaccia,
una perseveranza che ti aspetti con fiducia
una fiducia che giunga a possederti.
Concedimi di accettare le tue pene
con animo penitente,
i tuoi benefici
con animo grato
e soprattutto di godere un giorno
i gaudii della tua gloria nella Patria.
Così sia.
S. Tommaso d’Aquino
Calitri, 14 aprile 1954 Coppola Anna (la baggiana) e Zabatta Vincenzo (p’rtosa) coronano
il loro sogno d’amore.Auguri vivissimi.
16
Con le 600 lire, 350 lire spesi per le
calze (adesso che ci penso, costavano
troppo per quei tempi) 80 lire per
l’elastico e le 170 lire le spesi per le feste
di S. Canio e la Madonna, comprando le
noccioline americane, 2 torroni da 10
lire, con la carta colorata rossa, verde,
gialla, blu con le frange, 2 coni fatti con
carta di giornale di lupini e 4 gelati da 5
lire, invece che 2 da 10 lire, pensavo che
4 da 5 lire fossero di più di 2 da 10.
Azzardai a giocare pure alla bancarella
del cinese a tirare le carte, lui attirava la
gente dicendo: uno, una calamella, due,
due calamelle, tre, tre calamelle così fino
a dieci, secondo la carta che usciva tante
caramelle dava, ogni sorteggio costava
10 lire. Alzai la carta ed uscì 1 di bastoni,
mi diede una caramella, tirai una seconda
volta, 1 di coppa, un’altra caramella; mi
ricordai del proverbio che mia madre
diceva: “una volta ti fata Dio” perciò se
mi aveva fatato facendomi trovare il
portafogli, non poteva fatarmi una
seconda volta, così presi le due caramelle
e mi accontentai.
Versai pure qualche 10 lire ai ragazzi che
raccoglievano le offerte per le
processioni e con tutto quello che avevo
speso, avanzò pure un po’ di resto. Tutte
le cose che avevo comprato le divisi con
mia sorella e quell’anno feci un bel
compleanno e le feste in grazia di Dio,
colmai il desiderio delle calze velate e
la voglia di un po’ di leccornie.
Certo, pensai che quella persona qualcosa più di me la possedeva, almeno il
portafogli ce lo aveva, io se per caso
avevo qualche soldo lo annodavo nell’angolo del fazzoletto e se non ce l’avevo a Calitri figuratevi se li potevo
portare in campagna. Mi piacerebbe
sapere se quella persona esiste, se è
così e le capitasse fra le mani e leggesse questa storia, gli direi che io non
ho cambiato condizione, cioè non mi
sono arricchita con quei soldi e che
neanche lei si sia appezzentita e senza
largheggiare, gli restituirei le 600 lire,
le calze velate, le “molle” e perché no,
la inviterei per le feste di settembre a
Calitri ad ascoltare in compagnia la
buona musica, intrattenendoci poi a
parlare e a rammentarci dei vecchi
tempi, gli offrirei le noccioline americane, i lupini, il torrone gustandoceli
insieme e infine un bel gelato per rinfrescarci la bocca!
Fierravanti Lucia
(da Orgiate Comasco)
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
CONCORSI
L’Associazione culturale La Fenice con
il patrocinio della regione Marche, del
Comune di Senigallia, della Provincia
di Ancona, dell’Azienda di Promozione
Turistica di Senigallia, indice la diciottesima edizione 1997 del
PREMIO NAZIONALE
DI POESIA
“Spiaggia di Velluto Senigallia”
articolato in due sezioni:
Sezione A: silloge inedita di poesia
Sezione B: tre poesie inedite
Contributo spese di segreteria £. 25.000
per la sezione A e £. 20.000 per la sezione B.
Scadenza 21 Aprile 1997.
La Segreteria del Premio è a disposizione per qualsiasi chiarimento tel.
071/64.815 - 63.922.
III° EDIZIONE PREMIO DI POESIA
“S. Cipriano al Naviglio”
articolato nelle seguenti sezioni:
Sezione A: poesia inedita a tema libero
Sezione B: poesia inedita a tema religioso
Sezione C: poesia inedita a tema misto
Quota d’iscrizione £. 25.000
Scadenza 30 Aprile 1997
Per informazioni rivolgersi a Don Giorgio Brianza Via Carlo D’Adda, 31 20143 Milano
tel. ore pasti 02/58.10.92.72
PUGLIA VIVA
Sezione D: libro edito di poesie in dialetto siciliano.
Contributo di £. 10.000
La scadenza è il 31 Maggio 1997, per
ulteriori informazioni rivolgersi al Centro Italiano Femminile, Via Plano, 7
90040 MONTELEPRE (PA)
tel. 091/89.84.238.
CONCORSO NAZIONALE DI POESIA
PREMIO RABELAIS
Edizione 1977
L’Associazione Culturale GOG &
MAGOG indice la terza edizione del
Premio di poesia dedicato a Francois
Rabelais allo scopo di valorizzare e
diffondere la scrittura poetica incoraggiando quegli autori che, con la loro personale ricerca espressiva, offrono un
contributo ad un progetto volto anche a
recuperare, attraverso la socializzazione
e la convivialità, gli elementi utili a
migliorare la qualità della vita.
Si può partecipare con un lavoro inedito,
mai premiato o segnalato in altri concorsi. Si articola in una sola sezione
avente per tema IL VINO.
Premio finale £. 2.000.000. Scadenza di
presentazione lavori 31 Luglio 1997.
Per ogni eventuale informazione rivolgersi alla Segreteria del Concorso
BLU di PRUSSIA editrice - Premio
Poesia - Via del Castello, 36 - 29100
PIACENZA tel. E fax 0523/32.67.97
La Rivista di cultura IL RICHIAMO
indice la 17° edizione del Premio Internazionale
“PUGLIA VIVA”
aperto agli scrittori di lingua italiana.
Il Concorso, dotato di ricchi premi, è
articolato nelle seguenti sezioni:
1) Poesia inedita su aspetti della Puglia;
2) Poesia inedita a tema libero;
3) Aneddotica: brevi episodi e fatti di
vita;
4) Handicap e società: brani in versi o
prosa sull’argomento assegnato.
Scadenza 30. 06.1997
Richiesta bando, con affrancatura per la
risposta al prof. Giovanni Jorio - via Maria
De Prospero, 105 - 71100 FOGGIA.
Sisina Salvante
01.08.1933 † 15.04.1997
Ad un mese dalla sua
improvvisa scomparsa,
i familiari la ricordano con affetto.
Il Centro Italiano Femminile di Montelepre indice ed organizza la 5° edizione del
CONCORSO NAZIONALE DI POESIA
“ Città di Montelepre”
anno 1997
che si articola nelle seguenti sezioni:
Sezione A:
poesie inedite a tema libero in lingua italiana.
Sezione B: poesie inedite a tema libero in dialetto siciliano.
Sezione C: libro edito di poesie in lingua italiana.
Calitri 1984, da sinistra Cianci Antonia, Metallo Angela, Panniello Anna, Cianci Gaetana e Miele
Caterina.
17
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
N E C R O L O G I
Orazio Lampariello
12.01.1922 † 10.04.1996
La moglie Esterina, i figli Michele, Pietro,
Nina, Maria Antonietta e i nipoti lo
ricordano con l’affetto di sempre.
Rosa Metallo
10.10.1914 † 13.06.1996
Antonio Dragone
21.09.1921 † 13.02.1994
Il marito Vincenzo, i figli Maria, Antonietta,
Giuseppe, i generi, le nuore ed i nipoti ne
conservano con amore il gioioso ricordo.
Nel terzo anniversario della sua dipartita la
moglie, i figli, i generi, la nuora e tutti i
nipoti lo ricordano con lo stesso amore di
sempre.
Giuseppina Siconolfi
05.11.1917 † 10.05.1988
Gli anni trascorsi non fanno sentire la tua
assenza, perchè ti sentiamo vicina e ti
parliamo ancora.
Pietro Marino
22.01.1921 † 07.09.1991
La moglie Gaetanina, le figlie Antonietta e
Maria, insieme a tutti i parenti lo ricordano
sempre con amore.
Vincenzo Borea
21.11.1923 † 30.05.1988
A 9 anni dalla scomparsa dell’amato sposo,
lo ricordano con amore ed affetto, la moglie,
le figlie, i generi, fraelli e sorelle, unitamente
alle nuore, cognati e nipoti (always with
love).
Antonio Fierravanti
09.03.1907 † 27.04.1992
Tutti i parenti e coloro che lo hanno
conosciuto lo ricordano con affetto.
Gaetana Galgano
in Gallucci
12.11.1929 † 15.01.1971
Angelo Galgano
28.08.1941 † 23.11.1972
Gli anni trascorsi senza la presenza e il
sorriso della mamma per Franco, Luigi e
Mario e del papà per Luigi e Nina non hanno
lenito le ferite provocate nei loro cuori dalla
vostra immatura scomparsa. Nè in quelli della
mamma Filomena, della sorella Vincenza, del
fratello Antonio, dei cognati, della moglie di
Angelo, Rosetta. Nè hanno attenuato il
rimpianto delle nuore, dei generi e nipoti che
non hanno avuto la fortuna di conoscervi.
Gaetano Nigro
Lucia Zarrilli
15.04.1919 † 17.11.1996
16.05.1996 † 16.05.1996
I figli Giovanni, Giuseppe, Gerardino, le
nuore Enza, Anna e Lucia a tutti coloro che li
conobbero e li amarono, perchè rimanga vivo
il loro ricordo.
18
Canio Zarrilli
16.10.1906 † 09.06.1996
La moglie Maria Giuseppa, il figlio
Giuseppe, il nipote Canio e i parenti tutti lo
ricordano sempre con amore.
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo 01.10.1996 al 20.02.1997, sono stati rilevati
presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
NATI
Toscanelli Giuseppina di Giuseppe e di Vigorito Lucia
Zarrilli Francesca di Vito e di Luongo Pierangela
Iannece Samantha di Donato e di De Lorenzo Giovanna
Lucrezia Alessandra di Franco e di Rainone Vincenza
Borea Alessandro di Antonio e di Cappiello Lucia
Martiniello Lorenzo di Vito e di Russo Lucia
Zabatta Chiara di Canio e di Di Cecca Vincenzina
Lombardi Domenico di Michele Antonio e di Cardinale Grazia
Toglia Beatrice di Canio e di Zarrilli Antonietta
Rossi Lucia di Michelangelo e di Ruffo Rosalba
De Nicola Pasquale di Marco e di Murano Rosa
Ricigliano Vincenzo di Enrico e di Acocella M. Antonietta
Maffucci Stella di Raffaele e di Di Cecca Maria Franca
Strollo Aurelio di Michele e di Errico Marietta
Cicoira Rocco di Leonardo e di Di Napoli Patrizia
Pastena Paola di Fabio e di Zola Marisa
Galgano Giuseppe Mario di Giovanni e di Di Salvo Concetta
Pannisco Marilina di Giuseppe e di Di Cairano Giovanna
21.09.1996
28.09.1996
21.09.1996
07.10.1996
12.10.1996
11.10.1996
14.11.1996
18.11.1996
20.11.1996
23.11.1996
26.11.1996
01.12.1996
03.12.1996
17.12.1996
17.12.1996
28.12.1996
08.01.1997
23.01.1997
PAESE MIO
Case annerite
appisolate al vento,
battenti palpebre
di legno marcio,
a guatar fiocchi
di ciel vaganti;
volti vecchi, rigati
a scolpir anni di pietra
nel tepor di sol nascente;
turbine di ricordi
frusta la mente,
paese mio,
scrigno segreto
di anima antica,
innocente.
Ettore Cicoira
(febbraio 1995)
MATRIMONI
Lucrezia Michele e Acocella Rosa
Zichella Donato e Giarla Teresa
Zarrilli Giuseppe e Metallo Francesca
Paolantonio Luigi e Vallario Lucia
Mazzucca Antonio e Serafini Pasqua
Pasquariello Pasquale e Vigorito Rosetta
Tornillo Luigi e Carafa Vincenza
Strollo Michele e Errico Marietta
Zarrilli Giovanni e Rabasca Francesca
De Rosa Carmine e Sibilia Elvira
Famiglietti Antonio e Gautieri Vincenza
25.08.1996
14.09.1996
05.10.1996
12.10.1996
28.10.1996
31.10.1996
16.11.1996
09.12.1996
23.12.1996
28.12.1996
04.01.1997
Ci preme segnalare che Cicoira
Ettore, socio del “Cenacolo dei
Poeti Napoli è “ si è classificato al
2° posto nel “Premio di Poesia Genova, Città di Colombo 1996”
con la poesia “La veste di sole”.
La premiazione avverrà il 23 giugno sulla nave “Italia” nel porto di
Genova. Vivissime congratulazioni.
MORTI
De Nicola Canio Vincenzo
Cestone Maria Michela
Mazzeo Pietro
Cerreta Maria Giuseppa
Del Moro Pasquale
Bavosa Angela
Scoca Francesco
Zarrilli Canio
Maffucci Vitantonio
Licari Antonino
Nigro Gaetano
Cestone Anna Maria
Cestone Maria
Maffucci Antonio
Cristiani Pasquale
Zarrilli Gaetana
Piumelli Ermelinda
Fastiggi Maria
Zabatta Antonia Maria Teresa
Di Napoli Zara Gerardina
Nicolais Beniamino
Codella Maria Michela
Gautieri Maria Rosa
De Nicola Vito
Galgano Giuseppe
Tuozzolo Mariantonia
Zarrilli Antonietta
Cestone Giovanna
Di Roma Donato
Marrese Dante
Cestone Angela
Cestone Lucia
Di Cecca Vito
Galgano Vito
09.09.1907 - 15.09.1996
17.04.1935 - 02.10.1996
17.02.1914 - 11.10.1996
01.08.1921 - 18.10.1996
07.09.1996 - 22.10.1996
17.11.1904 - 28.10.1996
09.10.1924 - 31.10.1996
07.06.1934 - 10.11.1996
17.12.1906 - 16.11.1996
27.03.1945 - 16.11.1996
15.03.1919 - 17.11.1996
13.08.1896 - 18.11.1996
30.03.1919 - 02.12.1996
04.10.1940 - 10.12.1996
23.06.1924 - 11.12.1996
18.07.1899 - 16.12.1996
01.01.1907 - 17.12.1996
03.12.1913 - 18.12.1996
22.11.1908 - 04.01.1997
23.09.1926 - 06.01.1997
25.07.1923 - 12.01.1997
20.03.1913 - 14.01.1997
26.01.1922 - 16.01.1997
11.07.1902 - 20.01.1997
09.02.1895 - 27.01.1997
25.06.1921 - 29.01.1997
09.10.1916 - 04.02.1997
06.07.1912 - 06.02.1997
08.08.1910 - 10.02.1997
13.03.1910 - 11.02.1997
20.02.1927 - 14.02.1997
17.11.1911 - 16.02.1997
17.06.1915 - 17.02.1997
29.10.1911 - 19.02.1997
19
CARNEVALE
Carnevale in filastrocca
con la maschera sulla bocca
con la maschera sugli occhi
con le toppe sui ginocchi.
Sono toppe d’Arlecchino
vestito di carta, poverino
Pulcinella è grosso e bianco
Pantalon dei bisognosi
Colombina dice: “Mi sposi?”
Gianduia mangia un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino
mena botte a Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una medicazione,
poi lo consola: “È carnevale
ogni scherzo vale”.
Teodolinda Cestone
Tiziana Armiento
classe elem. 5/A)
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
- Zarrilli Giancarlo (Roma) - Zabatta Vincenzo (Lentate S.S.).
DA CALITRI
15.000: Di Roma Mario (Mariano Comense) - D’Auria Canio
(Taranto) - De Felice Michele (Avellino) - Cicoira Ester (Roma) Galgano Canio (Cantù) - Savanella Nicola (Perignano) - Zarrilli
Vincenza (Varese) - Gautieri Canio (Mariano Comense) Maffucci M. Giovanna (Settimo Milanese) - Don Pasquale Di
Fronzo (Mirabella Eclano) - Cerreta Michele (Carrara) - Cerreta
Ciro (Avellino) - Gabellini Lorenzo (Firenze) - Russo Giuseppe
(Mestre) - Di Muro Pasquale (Rignano sull’Arno) - Cestone
Francesco (Potenza) - Margotta Di Milia Teodora (Poggibonsi) Cecere Marco (Firenze).
10.000: Gautieri Vito Fernando - Maffucci Antonio - Cestone
Leonardo Antonio - Di Napoli Luigi - Sperduto Giovanni - Gallo
Mario - Carameli Lucio - Zabatta Vincenzo - Maffucci
Angelomaria - Calà Vincenza - Zarrilli Massimiliano - Petito Rosa
- Di Cairano Giovanni - Germano Michelantonio - Ricciardi
Fernando - Codella Giuseppe - Cianci Alessandro - De Nicola
Giovanni - Cesta Alessandro.
15.000: Maffucci Vincenzo Nicola - Di Tolve Rino - D’Amelio
Pietro - Sperduto Angelo Maria - Margotta Angela - Cesta Maria
Irene - Tateo Vito - Calabrese Minichino Lucia - Cestone Raffaele
- Maffucci Di Maio Benedetta - Zarrilli Antonio.
20.000: Ricciardi Berardino (Torino) - Mazziotti Grazia (Tione di
Trento) - Metallo Vincenzo (S.Giovanni Valdarno) - Vallario
Francesco (Poggibonsi) - Grippo Francesco (Morra De Sanctis) Di Carlo Maretta (Buccinasco) - Gallucci M. Filomena ved. Di
Napoli (Acqui Terme) - Gautieri Vito (Acqui Terme) - Acocella
Nicolino (Napoli) - Russoniello Pompeo (Avellino) - Savanella
Michela Ferroso (Bari) - Rossi Rosa (Canino) - Cioffari Maria
(Novara) - Gallicchio Mario (Milano) - Lovecchio Paolo (Brindisi)
- Metallo Rocco ( Scandiano) - Buldo Antonia (Varallo Pombia) Di Maio Vincenzo (Cinisello Balsamo) - Di Napoli Pio (Roma) Nicolais Salvatore (Livorno) - Di Maio Giacinta (Cogliate) - Di
Napoli Antonio (Mariano Comense) - Di Cairano Antonia
(Palombara Sabina) - Zabatta Claudio (Tor Lupara) - Cerreta
Vincenzo (Lentate S. S.) - Scoca Giuseppe (Roma) - Covino
Antonia (Lentate S.S.) - Di Napoli Vincenzo (Bologna) - Donatiello
Giovanni (Usmate Velate) - Cerreta Clorinda (Roma) - Di Carlo
Attilio (Cordenons) - Maffucci Marco (Roma) - Metallo Vincenzo
(Roma) - Nicolais Antonio (Lavaiano) - Pastore Vincenzo (Fornaci
di Barga) - Colavita Matteo (Firenze) - Manzoli Flavia e Ascanio
(Genova) - Abate Giuseppe Nicola (Avellino) - Cantore Anna
(S. Margherita Ligure) - Sansone Giacinta (Torino) - Zabatta
Canio (Lentate S/S) - Acocella Vito Antonio (Lentate S/S) Malanca Canio (Copreno) - Zarrilli Giuseppe (Bollate) - Di Napoli
Fortunato (Garbagnate M.se) - De Nicola Antonio (Grugliasco) Di Luzio Antonio (Lama) - Margotta Canio (Meda) - Scoca
Vincenzo (Perticato) - Buglione Gerardo (Cantù) - Fierravanti
Vito (Lavena Ponte Tresa) - Gautieri Alfonso (Cadorago) - Di
Carlo Canio (Avellino) - Corcione Achille (Caserta) - Ciccone
Saverio (Napoli) - Di Cairano Michele (Milano) - Cantarella
Maria (Genova) - Cubelli Vito (Foggia) - Galgano Vittorio
(Conversano) - Di Maio Vito (Lecco) - Villani Vito Carmine
(Salerno) - Maffucci Vincenzo (Briosco) - Milidoni Fortunato
(Briosco) - D’Amelio Orazio (Mariano C.se) - Galgano Vincenzo
(Melfi) - Cianci Salvatore (Giussano) - Gautieri Giuseppe
(Moncalieri) - Paoletta Erminio (Portici) - Zarrilli Vincenzo
(Castiglione delle Stiviere) - Di Maio Vito (Paderno Dugnano) Capossela Giuseppe (Genova Pontex) - Di Maio Angelo (Nova
M.se) - Villani Vito Carmine (Salerno).
20.000: Mauro Giuseppe - Cestone Vincenzo - Martiniello
Salvatore Vito - Stanco Giovanna - Borea Vincenzo - Fiordellisi
Vito - Tartaglia Giorgio - Borea Ines - Russo Luigi - Cianci Mario
Angelo - Zarrilli Luigia in Fierravanti - Capossela Giuseppe Nannariello Migliorina - Russo Angelo - Maffucci Antonio - Leone
Angelo (New Bar) - Maffucci Canio, via F. Tedesco 163 - Di
Carlo Canio - Galgano Domenico - Zabatta Gerardino Antonio Galgano Addolorata - Galgano Giuseppe Mario - Maffucci
Michele - Vallario Lorenzo - Caruso Michelina - Miele Michelina
e Giovanni - Armiento Elisabetta - Tornillo Michelangelo Stingone Antonio - Galgano Irma Loredana - Contino Vito Acocella Maria - Di Napoli Canio, via A. Cerrata 12 - Fastiggi
Lucietta vedova Stanco - Fiordalisi Michele - Margotta Concetta Cianci Antonella - Di Maio Vincenzo - Suore di Gesù Redentore
- Cerreta Beniamino - Vallario Canio.
25.000: Ricciardi Gaetanina - Di Milia Giuseppe - Di Napoli
Giuseppe - Di Maio Vincenzo - Nannariello Vincenzo.
30.000: Nannariello Pasquale - Circolo 78 - Di Cecca Giovanni
- Salvante Antonella e Roberto - Di Roma Giuseppe - Roina
Giovanni - Roina Carmine - Buldo Maria - Scilimpaglia
Pasqualino.
35.000: Ferri Gaetanina.
40.000: Codella Antonietta.
50.000: Hotel Ambasciatori di Tozzoli - Di Muro Gaetano Nicolais Salvatore - Di Napoli Pasquale Salvatore - Bovio Cosimo
- Cesta Antonio - Di Napoli Giulio - Salvante Michele.
100.000: Di Cecca Giuseppe.
25.000: Leone Michele (Caltignaga) - Sagliocco Francesco
(Nichelino) - Don Canio Forenza (Acerenza) - Maffucci Angelo
(Lissone) - Russo Giuseppe (Trento) - Pivano Federico (Firenze) Codella Michele (Roma) - Di Cecca Vincenzo (Mariano
Comense) - Ardolino Marianna (Pellezzano) - Ruggiero Giulia
(Napoli) - De Rosa Attilio (Treviso) - Del Re Michele (Gera Lario)
- Nicolais Elena (Roma) - Di Cosmo Vincenzo (Poggibonsi).
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
10.000: Scoca Donato (Roma) - Di Maio Antonio (S.Berardino
Verbano) - Zarrilli Luigi (Poggibonsi) - Di Cosmo Michele
(Poggibonsi) - Codella Michele (Pavona) - Di Cecca Canio
(Poggibonsi) - Di Napoli Antonio (Rho) - Galgano Mario (Roma)
- Briuolo Luigi (Alessandria) - Zabatta Salvatore (Milano) - Metallo
Giuseppe (Bagnoli) - Ricigliano Peppino (Giussano) - Cicoira
Maria (Ceccano) - Maffucci Giovanni (Salerno) - Di Leo Filomena
(Rapone) - Codella Marianna in Frucci (Portici) - Cerreta Luigi
(Bari) - Zabatta Gerardo (Nova M.se) - Giorgio Fedele (Teramo)
30.000: Nicolais Luigi (Como) - Pannella Luigi (Novate M.se) Scoca Francesca (Lavena Ponte Tresa) - Leone Giuseppe (Lentate
S.S.) - Rizzi Mario (Minturno) - Di Cosmo Pasquale (Poggibonsi)
- Padre Francesco Cubelli (Pistoia) - Marchese Antonio
20
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
(Cervinara) - Maffucci Canio Giovanni (Bresso) - Maffucci
Giuseppe (Milano) - Margotta Michele (Bologna) - Di Guglielmo
Giuseppe (Navacchio) - Paradiso Gaetano (Lioni) - Metallo Luigi
(Aprilia) - Nannariello Rosellina (Genova) - Di Milia Anna
(Crespina) - Grassi Celestino (Roma) - Don Salvatore Siani
(Contursi Terme) - Don Michele Di Milia (Senerchia) - Buldo
Cesare Giovanni (Varese) - Rainone Vincenzo (Lentate S.S.) Metallo M. Concetta (Rieti) - Nicolais Maria (Latina) - Codella
Berardino (Roma) - De Matteo Ersilia Di Maio (Roma) - Lattarulo
Pietro (Bisaccia) - Famiglie Nicolais e Margotta (S. Donato M.se)
- Zarrilli Vito (Roma) - Scoca Vincenzo (Bologna) - Santeusanio
Giuseppe (Livorno) - Piccolo Giuseppe (Varese) - Polestra
Pasqualino (Milano) - Stifano Giuseppe (Pellare) - Nicolais Rocco
(Como) - Senerchia Agostino (Nova M.se) - Di Maio Giuseppe
(Caserta) - Ricca Dattilo Maria (Frattamaggiore) - Della Badia
Angelo (Napoli) - Del Cogliano Antonio Vincenzo (Salerno) Miele Pietrangelo (Bollate) - Maffucci Vincenzo (Bregnano) Scardecchia Tozzoli Elisa (Napoli) - Di Napoli Angelomaria
(Porto Torres) - Acocella Margherita (Pescopagano) - Trofa
Francesco (Avellino) - Simone Vincenza (Maddaloni).
DALL’ESTERO
SVIZZERA: Maffucci Giovannino 50.000 - Galgano Antonio
50.000 - Galgano Antonio (Lugano) 50.000 - Acocella Filippo
50.000 - Russo Giuseppe 50.000 - Vallario Michele 20.000.
FRANCIA: Cestone Canio 50.000.
GERMANIA: Galgano Umberto 50.000 - Di Milia Giuseppe
DM 50 - Zarrilli Antonio DM 100 - Armiento Vincenzo DM 50.
U. S. A.: Cerreta Giovanni 100.000 - Toglia Canio $ 10 Simone Gallo Lucia $ 10 - Simone Giuseppe $ 10 - Pavede
Angelina nata Simone $20 - Lampariello - Leonardini $ 50.
URUGUAY: Lampariello Vincenzo $ 50.
35.000: Della Valva Francesco (Bollate) - Cioffari Anna
(Genova).
Ricette
40.000: Cerreta Donato (Teramo) - Mollica Antonio (Novara) Del Donno Manfredi (S. Croce del Sannio) - Don Valentino Di
Napoli (Castelfranci) - De Marsico Papa Teresa (Roma) Longhitano Giuseppe (Salerno).
SFRITTA
50.000: Metallo Vincenzina (Roma) - De Rosa Carlo (Belluno) Scoca Donato (Borghesina Anzio) - Lampariello Franchino
(Garbagnate M.se) - Cubelli Tonino (Bologna) - Putignano
Daniela (Firenze) - Cestone Luigina (Roma) - Santoro Gaetana (S.
Clemente/Rignano) - Zarrilli Canio (Roma) - Galgano Vincenzo
(Brindisi) - Zazzarino Vincenzo (Mercogliano) - Farese Raffaele
(Conza della Campania) - Ardolino Francesco (Maddaloni) Del Cogliano Davide (Benevento) - Toglia Vincenzo (Ivrea) Gallucci Giuseppina e Francesco (Garbagnate M.se) - Don
Lorenzo Sena (Fabriano) - Di Cairano Vincenzo (Francavilla al
Mare) - Galgano Vincenzo (Riccione) - Galgano Antonio
(Poggibonsi) - Chirico Angela e Ettore (Teora) - Cipollaro
Mariano (Contursi Terme) - Del Re Emidio (Napoli) - Ungherese
Natale (Paderno Dugnano) - Cerreta Canio Raffaele (Roma) Gallo Leccese Gerardo (Ascoli Satriano) - Leone Mario (Bari) Cicoira Giuseppe (Pietrasanta) - Acocella Crescenzo (Lentate
S. S.) - Salvante Renato (Granarolo) - Nappi Gaetana
(Bergamasco) - Metallo Maria (Scandiano) - Norelli Francesco
(Roma) - Di Napoli Francesco (Biella) - Mazziotti Antonia (S.
Marinella) - Cecchetti Turiddo (Pistoia) - Galgano Giuseppe
(Ancona) - Acocella Armando e Zarrilli Angela (Limidi di Soliera)
- Ferrara Michelina (Torino) - Di Cairano Anna (Milano) - Gervasi
Francesco (S. Mauro T.se) - Della Badia Donato (Gallarate) Buglione Rocco (Roma) - Berrilli Giovanni (Roma) - Galgano
Vincenzo (Como) - Minichino Anna (Milano) - Acocella Nicola
(Salerno) - Di Napoli Donato (Napoli) - Zabatta Michele (S.
Giorgio a Cremano) - Di Maio Michelarcangelo (Napoli) Pasolini Italo (Napoli) - Di Maio Lucia (Roma) - Cuppone
Fernando (Sannicola) - De Rosa Luciana (Roma) - Spatola Saverio
(Brescia) - Russo Giovanni (Sesto F.no) - Nannariello Vincenzo
(Piacenza) - Sacchitella Caterina (Siena).
(Carne di maiale con peperoni sottaceto)
Ingredienti: carne di maiale mista, polmoni, fegato, peperoni
sottaceto, aglio, peperoncino piccante, sugna o olio d’oliva.
Tagliare la carne di maiale: collo (scannatora), punta di petto
(spangegghj’), spalla (spagghia) a tocchetti. Fare lo stesso con
il polmone e il fegato dopo averli lavati e asciugati. Lavare i
peperoni, svuotarli e tagliarli a strisce. Far soffriggere in una
padella la carne con l’aglio, l’olio o la sugna, a metà cottura
aggiungere i peperoni e il peperoncino piccante, salare e
terminare la cottura. Servire caldissimo.
Valerio Russo
60.000: Di Maio Gaetano (Trento).
80.000: Scoca Pasquale (Ponte Tresa).
100.000: Maffucci Antonio (Poggio a Caiano) - Montagnani
Roberto (Panzano) - Tuozzolo Donato (Roma) - Alliod Silvia
Cicoira (Aosta).
Calitri 1986, sgranamento delle spighe di granturco, da sinistra Cestone
Lucia (p’ciff ’), Fiordalisi Michele con le mani sulla macchina che lavora il
granturco, Maffucci Giuseppe e Maffucci Maria.
200.000: Bavosa Lorenzo (Poggibonsi).
300.000: Don Pietro Farina Mezzano).
21
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio1997
CALITRI Uomini e terre nel Cinquecento di P. Gerardo Cioffari O.P. - Centro studi Nicolaiani - Bari 1996
LA NOSTRA
BIBLIOTECA
opo anni di ricerche storiche prevalentemente sulla Puglia il
D
P. Gerardo Cioffari ha voluto fare un omaggio al suo paese
natio trattando della Sacra Visita a Calitri del cardinale
Alfonso Gesualdo (1565) e dei Capitoli della Bagliva dei danni
(1558) mettendo alla portata di tutti documenti e notizie
storiche ignote alla stragrande maggioranza degli stessi
Calitrani.
Non deve essere stato agevole trascrivere le oltre cento pagine
del documento cinquecentesco, tuttavia la fatica di P. Gerardo
si è quasi tramutata in nostalgia, incontrando i nomi di persone
e famiglie a lui familiari fin dall’infanzia, infatti molti di quei
nomi sono gli stessi di oggi, con la sostanziale differenza che i
Calitrani della metà del Cinquecento erano più amici fra di
loro, e più complici verso i nemici esterni se seppero fare
dell’epoca di Luigi III Gesualdo uno dei periodi migliori della
storia del nostro paese, dove risiedevano quasi tutti gli
arcivescovi di casa Gesualdo, Camillo, Troiano, Alfonso e
Scipione.
Nel libro si parla della floridezza del paese sotto Luigi
Gesualdo, della imponente figura del cardinale Alfonso, la fine
del casale di S. Maria in Elce, dell’ università, del clero, della
società, della chiesa madre di S. Canio e delle sue cappelle,
delle origini del monastero dell’Annunziata e così via in un
crescendo che avvince il lettore.
(dall’introduzione)
CRONACHE ITALIANE di Gian Paolo Tozzoli - L’Autore
Libri Firenze 1996
a normale vita di normali persone che covano, dentro la
Lmeschinità,
routine del lavoro e degli affetti, piccoli e grandi dilemmi,
sogni proibiti e spesso l’incapacità di scegliere,
di agire. Cronache Italiane offre un collage di tante vicende
marginali, di uomini che non vivono grandi storie ma si
raccontano nelle piccole cose. Davvero una spaccato della
psicologia dell’italiano medio, delle sue angosce e dei suoi
mediocri abissi: uomini e donne alle prese con delusioni
scottanti, con amanti inesistenti ma lungamente sognati, con la
voglia di sentirsi integrati e riabilitati.
La scommessa, riuscita, del narratore sta nel portare alla luce il
gesto folle, l’elemento imponderabile che si nascondono nelle
pieghe del quotidiano. Grazie anche alla sua vena estrosamente
paradossale della scrittura i dodici racconti sono godibili sia
per il lettore comune sia per il lettore di più alte pretese.
(dalla IV° pagina di copertina)
SENZA SENTIR PAROLE di Nevio Nigro - Blu di Prussia editrice - Piacenza 1997.
QUANDO NACQUI, MIA MADRE ERA A LAVARE LE FASCE
AL FIUME di Maria Cristina Assumma - Melusina Editrice Roma 1996.
igro fotografa l’incanto di particolari momenti, ne decifra
N
le magie nascoste, segrete, pone in evidenza il valore della
quotidianità colto nella consapevolezza del vissuto, nel farsi di
una vicissitudine, nel divenire eterno dei rapporti. Nulla di
saccente, appena ombre e luci che nel contrasto hanno
determinato una scarica elettrica e si sono tramutate in parole
di messaggio e di partecipazione.
Il contatto frequente con l’infanzia - Nigro è professore
ordinario di Pediatria presso l’Università di Torino - gli ha
fornito e affinato quella fresca aria d’innocenza che hanno le
sue liriche, quel candore disarmante che però gronda di un
peso enorme di saggezza.
(dalla prefazione)
O
ggetto di questo lavoro è un’analisi del ciclo delle attività
domestiche esistente nell’ambito della casa rurale su una
dimensione spaziale e temporale; luogo di osservazione per
la realizzazione della ricerca sul campo è Calitri, che nonostante il consistente slittamento degli addetti dal settore
agricolo a quello dell’industria e dei servizi e nonostante
l’emorragia emigratoria - resta una realtà economica e sociale
sufficientemente rappresentativa rispetto al problema
dell’indagine.
Il stesso titolo, traduzione di un detto calitrano, esprime in
maniera efficace la condizione della donna contadina, le cui
molteplici incombenze lavorative la privano persino del tempo
per partorire
Il suo duplice impegno operativo dentro la casa e sui campi
fanno di lei una lavoratrice indefessa e instancabile, perno
dell’organizzazione familiare, che tuttavia si confronta con
una concettualizzazione del femminile fortemente
discriminatoria.
Merito senza dubbio dell’autrice è quello di aver saputo
padroneggiare con sicura acribia la quantità di dati fornita
dagli informatori.
Nelle quattro parti che analizzano “Calitri:profilo geoantropico”, “Le attività domestiche e gli agenti”, “Le attività
domestiche nel tempo” e “Le attività domestiche nello spazio
residenziale”,fanno di questa indagine paziente ed
appassionata un libro ben costruito che coinvolge il lettore.
S. FELICITA La Santa di Mamma di Livio Nargi - Poligrafica
Irpina - Nusco 1994.
Nargi è una figura molto nota, non solo a quei che
avranno l’opportunità di leggere questo libro, ma anche a
Ltantiivio
che lo stimano per vari motivi di pubblicistica, accoppiati
alla sua innata gentilezza di galantuomo. Livio Nargi è nato e
vive a Castelvetere sul Calore, in quella sua cara casa, che ha
saputo trasformare in un punto di riferimento di chi sa di
cultura, ma soprattutto di chi sa di sofferenza, ereditate dai
genitori che hanno saputo educarlo al santo timore di Dio:
Innocenzo Giuseppe e Maria Caporale.
A parlare di Livio Nargi ci si perde tra le tante espressioni di
fede e di cultura, perché, trovo nella sua vita laboriosa il ruolo
di giornalista, corrispondente, pubblicista, poeta, musicista,
storico, redattore di periodici, pellegrino a santuari, promotore
(dall’introduzione)
22
Il CALITRANO
N. 4 n. s. - Aprile-Maggio 1997
di conferenze e convegni, prodigo nella beneficenza, più volte
presidente dell’Azione cattolica “Pier Giorgio Frassati”,
insignito di vari attestati di beneficenza, accademico “Gentium
Pro Pace”, e “Paestum”, assistente sociale e così via.
Con questo suo libro a tutti vuol far conoscere ed amare La
Madonna, ed a tutti vuol far conoscere ed amare Castelvetere
Sul calore, la cittadella della Madonna.
Vita Calitrana
L’
Associazione Romana dei Calitrani, che da tempo si è
impegnata a fondo, con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, per ottenere dalla Direzione Generale dell’INPS
un “PUNTO CLIENTI” nel Comune di Calitri, è lieta di comunicare l’imminente apertura al pubblico di questo utile ed
importante servizio per i cittadini.
Per ottenere questo servizio - le cui apparecchiature tecnologiche, i costi di esercizio e delle linee telefoniche sono a
totale carico dell’INPS - è stato necessario superare ostacoli
politici, tecnici e burocratici di ogni genere; e nel futuro sarà
possibile aggiungere servizi INAIL delle Camere di Commercio e di altri enti per trasformarlo in un vero e proprio sportello polifunzionale.
Sarà così finalmente possibile ad ogni nostro concittadino
avere notizie relative a domande di pensione o di altre prestazioni, se le domande presentate sono complete, se sono state
accolte o respinte, se sono in corso le emissioni di mandati di
pagamento, se le domande di pensione in convenzione internazionale sono state inoltrate agli enti assicuratori esteri, e
chiedere il rilascio degli estratti contributivi per verificare se i
contributi sono stati versati.
(dalla presentazione)
S. MARIA DEGLI ANGELI La Chiesa Madre di Contursi di
Franco Pignata, a cura del Comune di Contursi Terme Valsele Tipografica - Materdomini 1996.
ell’attuale situazione di crisi di valori e di faticosa
N
“ricostruzione” morale di molte Istituzioni, si sente
maggiormente il bisogno di guardare al passato, di riscoprire la
propria memoria storica per ritrovare le proprie radici. È in
quest’ottica che il Comune di Contursi Terme, con il supporto
della Comunità Montana Alto e medio Sele e della Provincia di
Salerno, sta operando da anni con iniziative quale è il PREMIO
CONTURSI TERME, ed è in questo discorso che si inserisce il
lavoro di Franco Pignata, assiduo collaboratore delle attività
della biblioteca.
Con “La Chiesa di S. Maria degli Angeli Madre di Contursi” che è solo una parte di una più vasta produzione che ci
auguriamo possa concretizzarsi al più presto in altre opere l’Autore ha inteso dare il suo contributo alla lunga e imponente
opera di rifacimento della Chiesa Matrice, così duramente
colpita dal sisma del 1980.
Il testo, che già dalle prime pagine si annuncia come il pianto
di un amante verso l’oggetto del suo amore (perduto?), ci
trasporta lungo un percorso che ha come perno il 1700, con
affondi documentali fino al 1300, per poi soffermarsi affranto
sulla realtà.
P
resso la Casa della Cultura “V. Hugo” di Avellino il 10
marzo 1997 è stato presentato il libro edito dalla Zanichelli dal
titolo “ Gli esperimenti dell’Exploratorium” a cura del prof.
Pietro Cerreta, con l’intervento dei professori A. Drago docente di Storia della Fisica presso l’Università di Napoli, G. Falcone docente di Fisica Generale presso l’Università di Cosenza, C. Valentino Presidente del Centro Iniziativa Democratica
degli Insegnanti.
CANTI POPOLARI EPICO - LIRICI di S. Croce del Sannio a
cura di Manfredi Del Donno - Comune di S. Croce Del
Sannio, Biblioteca Comunale “Girolamo Vitelli” 1996.
L’
alunna Lucia Russoniello dell’Istituto d’Arte “Scoca”
ha vinto il II° premio di £. 400.000 della Borsa di Studio “Giuseppe Di Vittorio” elargita dal Distretto Scolastico di Lacedonia, per ricordare il Sindacalista di Cerignola.
poesia lirica perché nell’antica Grecia i versi venivano
Èsimiledetta
recitati o cantati con il suono della lira strumento a corde
alla nostra cetra, donde poi si è generata la definizione di
poesia lirica in cui poeti si esprimevano con effusione e nella
sublimazione dei loro grandi sentimenti.
Questi canti potrebbero anche essere chiamati ballate in
relazione ai loro balli e ai loro canti, oppure canti iterativi
perché ripetono nel testo il significato di uno o più versi ad
eguali intervalli, oppure ancora narrativi per la materia che si
rappresenta in forma semplice per fatti semplici che non si
realizzano in una epopea.
Infatti l’epopea è una narrazione di grandezze celebrative, di
gesta eroiche, di storia e di leggende nei cicli cavallereschi e
avventurosi di poemi epici più famosi, quale è quello di
Omero, dei Nibelunghi, l’epopea garibaldina e via dicendo.
In questi canti, invece, non sempre appaiono manifestazioni di
imprese grandiose, ne personaggi degni di lunga memoria per
cui si ritiene opportuno sostituire alla dizione di canti epico lirici, l’altra più idonea di Canti narrativi titolo che sarà
prescelto nella eventualità si una seconda edizione.
L
a Fiat - Sata di S. Nicola di Melfi intende costruire un
mega inceneritore - distruttore nei terreni adiacenti lo stabilimento: Il progetto “La Fenice” smaltirà circa 66.000.000 tonnellate di rifiuti industriali e solidi urbani; secondo il prof.
Luigi Notarnicola dell’Università di Bari i rischi per l’inquinamento sono alti.
S
abato 15 marzo, in preparazione al Giubileo del 2000
una Processione quaresimale dell’Arciconfraternita di Calitri,
recatasi a Roma su invito della Confraternita del SS. Crocifisso di S. Marcello retta dal priore prof. avv. Nicola Gerardo
Marchese ha potuto incontrare i rappresentanti dell’Associazione Romana dei Calitrani che sono stati lieti di poter offrire
loro un drink.
(dall’introduzione)
23
In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali.
Calitri 1909/10, da sinistra, fila in piedi: Rabasca Michele - Rabasca M. Giuseppa - Acocella Agostino (jrena, al centro e marito di M. Giuseppa) - Rabasca M. Antonia (nata nel
1882) - Rabasca Canio; seduti, i coniugi Rabasca Pasquale (cicch’lanza) - Margotta M. Michela (cap’rutt’) e la bambina Nicolais Lucia (nata nel 1906).
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