IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abb. postale comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze
ANNO XVIII - NUMERO 9
(nuova serie)
SETTEMBRE-DICEMBRE 1998
VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936
IN
QUESTO NUMERO
IL CALITRANO
ANNO XVIII - N. 9 n. s.
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
La tentazione della
disperazione
3
di Raffaele Salvante
XVII Fiera Interregionale
di Calitri
4
Dalla Svizzera
IN COPERTINA:
Conducendo il lettore per le vie del centro storico di Calitri, per riscoprire insieme le radici della nostra identità e per
non perdere il senso del passato, ci ritroviamo in via Roma, oggi deserta e silenziosa, una volta piena di vita e di attività: c’era infatti il Bar Picchio con i suoi
clienti, Giantonio con i suoi altoparlanti
a tutto volume, la famiglia Pastore, l’Associazione dei Pensionati, la sede dell’Azione Cattolica con il via vai di giovani,
c’era la bottega della signora Angelina r’
Claps dove si andava per comprare un
quaderno o il baccalà, più in la c’era la
chianca r’ Laurienz’ Vallario, con la farmacia del dott. Ricciardi, subito accanto
la m’n’strara; tessere di un appassionato
mosaico che nel suo insieme dava la
misura di un vissuto ricchissimo.
(Foto Giovanni Rinaldi)
5
Dalla Germania,
dal Venezuela, dagli USA
6
Famiglia e beneficenza
a Calitri fra il ’500 e il ’700
di P. Gerardo Cioffari
Dall’Argentina,
dall’Australia
Le Suore nella storia
di Calitri
10
11
14
14
POPOLARE
15
MOVIMENTO
DEMOGRAFICO
17
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 18
Fatevi animo
e sia saldo il vostro cuore
O voi che sperate nel Signore.
(Salmo 30-25)
AUGURI
Segreteria
Martina Salvante
Direzione, Redazione, Amministrazione
50142 Firenze - Via A. Canova, 78
Tel. 055/78.39.36
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DIALETTO E CULTURA
NATALE
1998
Direttore
Raffaella Salvante
7
Se lo conosci, lo… rispetti
di Domenico Calderone
Indirizzo Internet - http://www.dinonet.it
E-mail: [email protected]
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Santi e immagini di Santi
in Calitri
di Emilio Ricciardi
Fondato nel 1981
REQUIESCANT IN PACE
19
ERBE DI CASA NOSTRA
20
CONCORSI
20
LETTERE AL GIORNALE
21
LA NOSTRA BIBLIOTECA
22
La collaborazione è aperta a tutti, ma in
nessun caso instaura un rapporto di
lavoro ed è sempre da intendersi a titolo
di volontariato.
I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei
singoli autori, i quali se ne assumono le
responsabilità di fronte alla legge.
Il giornale viene diffuso gratuitamente.
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del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive
modificazioni.
Le spese di stampa e postali sono coperte
dalla solidarietà dei lettori.
Stampa: Polistampa - Firenze
RICERCA
Il signor ROBERTO L. BONGO cerca i suoi parenti di Calitri, con
i quali vorrebbe incontrarsi nella prossima primavera del 1999;
i dati che ci ha fornito sono i seguenti:
sua nonna era Margotta Mariantonia nata a Calitri il 14.01.1881;
i suoi genitori erano Margotta Giuseppe e Del Priore Maria.
Mariantonia e Luigi Bongo si sposarono a Calitri il 12.08.1901,
hanno avuto tre figli: Pasquale nato il 9.06.1902, Rosa nata il
26.09.1907 e Giuseppe nato il 2.05.1909 e dopo il trremoto del
1910 andarono tutti negli USA. Il signor Bongo è stato a Calitri il
22.09.1998 ma non è riuscito a trovare i suoi parenti, spera di
trovarli attraverso il nostro giornale.
Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981
del Tribunale di Firenze
Il Foro competente per ogni controversia è
quello di Firenze.
Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure
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Chiuso in stampa il 2 dicembre 1998
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
RAFFORZARE LE BASI DELLA FIDUCIA
LA TENTAZIONE DELLA DISPERAZIONE
Bisogna abbandonare ogni forma di immobilismo e superare l’incapacità di fare scelte,
per dare respiro e concretezza alle nostre parole
n un tempo come il nostro, acrimonio-
I so, frustrato e frustrante si avverte e si
respira, un clima di profonda confusione
e smarrimento che prima di essere crisi
di fede è essenzialmente crisi di ragione
e di pensiero; è turbamento che riguarda
soprattutto i grandi valori che hanno
ispirato per secoli il cammino del nostro
popolo e nei quali aveva trovato unità,
pur nelle sue metamorfosi, la civiltà di
cui siamo eredi.
Persuasi, come siamo, che avere una
chiara coscienza del proprio tempo non
esiga una complicità con lo stesso, prendiamo avvio dal senso di precarietà e di
sfiducia, di risentimento e irritazione per
l’acclarata carenza delle istituzioni,
appesantite da una mediocre burocrazia
che costa troppo e non produce nulla;
dalle inquietudini e le tensioni di un
mondo che cambia velocemente; dalla
crescente e sempre più preoccupante
disoccupazione, che viene affrontata
ancora una volta con provvedimenti
tampone incapaci di rimuovere le cause
profonde del triste fenomeno; da tutti i
furbastri, gli ipocriti, e tutta quella genia
di burattini e saltimbanchi di cui è piena
la scena della nostra società; per restare
letteralmente allibiti di fronte all’allarmente frequenza di fatti che, alle soglie
del terzo millennio, ci umiliano, ci frustano, offendono gravemente la dignità
umana: ci riferiamo ai due gravi episodi
avvenuti – fra l’indifferenza generale –
presso due scuole elementari italiane,
dove due bambine sono state ritirate, una
perché ebrea e l’altra salvadoregna, divenute oggetto di pesante, insopportabile
ed incivile scherno da parte degli altri
bambini; e all’altra inqualificabile vicenda presso la scuola di Secondigliano,
dove persino i bambini hanno atteggiamenti da boss.
È evidente che trattandosi di bambini non sono colpevoli, ma sono certamente il frutto di una distorta e spregiudicata educazione, anche indirettamente o inconsapevolmente impartita;
è vero che la famiglia è molto cambiata
dal secondo dopoguerra, con un modo
di vivere i cambiamenti non sempre
“consapevole” e dove la costanza del
legame, quando l’affetto viene a mancare, è vissuta come una insopportabile
ipocrisia; e anche perché non tutti sanno
affrontare i mutamenti e farli diventare
motivo per rinsaldare l’affetto e affrontare rapporti meno squilibrati, più liberi
e autonomi.
Ma questo non può essere un alibi
per restare indifferenti di fronte ad una
sempre più accentuata recrudescenza di
fatti che disconoscono alla famiglia quel
ruolo di protagonista che le appartiene,
con la tutela e la promozione del diritto
di ciascuno a vivere in condizioni di
reale dignità personale e sociale.
Ci sono, inoltre, chiari sintomi
preoccupanti e causa non marginale di
un grave crollo morale, perché alle antiche piaghe della miseria, della fame,
delle malattie endemiche, della violenza,
se ne aggiungono altre, dalle modalità
inedite e dalle dimensioni inquietanti,
come l’inaudita ferocia dei “moderni
negrieri” che traghettando – alla stregua di animali, e in condizioni di assoluta inciviltà – migliaia di disperati in
cerca di libertà e di lavoro, non ci pensa
due volte a buttare a mare i bambini
(anche di pochi mesi) per ricattare i
grandi, derubandoli di tutto il loro avere.
Non possiamo rischiare l’assuefazione colpevole alla ripetizione delle
più gravi violazioni dei diritti umani,
né possiamo condividere le odierne tendenze di deresponsabilizzazione dell’uomo verso il suo simile, di cui sono
sintomi, tra l’altro, il venir meno della
solidarietà verso i membri più deboli
della società – i bambini, gli ammalati,
gli immigrati, gli anziani – e l’indifferenza che spesso si registra nei rapporti
con gli altri, anche quando sono in
gioco valori fondamentali come la
libertà e la pace.
Oltre a varie situazioni di violenza,
di odi, di contrapposti interessi, che
inducono gli uomini ad aggredire altri
uomini con omicidi, guerre, stragi e
genocidi, esiste una profonda crisi della
3
cultura, che ingenera scetticismo sui
fondamenti stessi del sapere e dell’etica
e rende sempre più difficile cogliere con
chiarezza il senso dell’uomo, dei suoi
diritti e dei suoi doveri.
È perciò necessario, per affrontare
le sempre nuove sfide che incontriamo
sul nostro cammino, ricostruire – con
l’ausilio fattivo e fecondo dei giovani – quel tessuto morale e sociale che
colmi il pericoloso vuoto di valori che
si è venuto a creare, sicuri che la vera
libertà non è indifferenza o abbandono,
nei confronti di chi ci vive accanto, ma
al contrario, promuovere momenti di
dialogo, di profonda e sincera comunicazione, di costante assunzione di
responsabilità, di condivisione, di valorizzazione della persona, divenendo
così un dono per l’umanità e una testimonianza cristiana forte che rispetta,
perdona, fa verità, non abbandona nel
momento della prova, riscatta, redime,
salva.
Infatti, solo chi ha fede vive tutte le
dimensioni della propria vita alla luce
della Parola, vigilando attentamente di
fronte all’insorgere della cultura dell’odio e della morte, con la cultura della
pace che si “costruisce” respingendo
sul nascere ogni forma di razzismo e di
intolleranza e realizzando la civiltà dell’amore e della verità con l’apertura
all’accoglienza dell’altro, estesa ai rapporti tra i popoli, fra le nazioni e le culture.
Perciò, bisogna uscire verso tutti gli
uomini perché il nostro personale
impegno fattivo diventi “presenza”
nella massa, e per non rischiare di
lasciare fuori della porta i più deboli, i
più bisognosi, i più poveri, occorre
ridestarlo in coloro nei quali si è spento, rinvigorirlo in coloro che vivono
nell’indifferenza, farlo scoprire alle
nuove generazioni, e continuamente
rinnovarlo in quelli che tiepidamente
vogliono impegnarsi, ma senza sufficiente convinzione.
Raffaele Salvante
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
XVII FIERA INTERREGIONALE
DI CALITRI
Calitri, 30 agosto 1998. Fiera Interregionale di Calitri, prima dell’inaugurazione.
nche quest’anno la Fiera di Calitri
A ha potuto contare su una nutrita
partecipazione di espositori che hanno
occupato gli stand a disposizione, e su
una vastissima massa di visitatori che
per una intera settimana hanno setacciato ogni angolo della Fiera, tra questi
anche la nostra persona, interessata più
Calitri, 30 agosto 1998, opera in ferro battuto di
Pietro Lettieri.
che altro, agli stend con prodotti locali.
Ci ha colpito il fatto che uno degli
stend che ha polarizzato l’interesse e la
curiosità di moltissimi visitatori era
quello dove erano esposti prodotti artigianali in ferro battuto.
Dai superbi velieri a vele spiegate,
alla maestosità del contadino che ara la
terra con la sua materia aggrumata, tormentata, percorsa da rutilanti ed agri
bagliori, al serafico volto di Padre Pio
dove senti una meditazione più sofferta e
chiusa, dove la fragilità del corpo contrasta con la durezza del metallo con le
luci fredde che esso promana, coi segni
grafici che percorrono la faccia; circola,
insomma, in queste opere un’ombra e
una luce magnetiche con la sensazione
che sembrano strutturati in abbreviazioni essenziali, “tirati fuori” a colpi di luce
da un fondo buio, carico di misteriose
allusioni.
È lo stand dove espone Pietro Lettieri, originario di Rapone (PZ) ma da
circa trent’anni residente a Calitri, un
artista fatto in casa, perché fin dall’età di
cinque anni ha seguito le tecniche paterne che gli hanno trasmesso quel sentire
raffinatissimo e preciso, quella passione per il proprio lavoro che trasmette
nelle sue opere con un taglio sempre ele4
gante, sobrio e raffinato ma deciso e
consolidato nella sua tecnica.
Un artista che non ha avuto la vita
facile sotto nessun aspetto, ma che ha
saputo e voluto credere nella sua arte,
raggiungendo un grado di vera finezza e
di provata esperienza che lo hanno
imposto all’attenzione di tutti coloro che
sono venuti a contatto con i suoi pregevoli lavori.
Numerose sono state le mostre personali del Lettieri, a Calitri nell’80, a
Firenze, Monaco di Baviera, Vieste sul
Gargano, a Roma ha partecipato alla
mostra il Gladiatore d’oro, classificandosi fra i primi cinque, sempre confortato dall’amicizia di personaggi di fama
come Celentano, Rivera, Little Tony,
Enzo Tortora (che lo aveva invitato a
partecipare alla trasmissione “Portobello”), Mino Reitano, Piotti ex portiere del
Milan e dell’Avellino, che è stato anche
testimone al matrimonio di Lettieri, Toni
Santagata ed altri ai quali Pietro ha reso
gentile omaggio delle proprie opere.
Uomo ed artista di grande semplicità ed umiltà, ecco, dunque, una personalità artistica unica ed eloquente che si
sa dare un messaggio grande e profondo
come gli abissi dell’animo umano. Gli
uomini, che sanno fare questo sono
veramente pochi.
Il Cronista
Leone Concetta per la gioia dei suoi genitori.
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
Calitri, 6 settembre 1998, sesta Festa dell’Emigrante, organizzata dall’Associazione Romana dei Calitrani, con un vivace e variopinto sfolgorio di costumi e di festa.
Calitri, si è svolta tra il 16 ed il 23 agosto la terza edizione del Torneo
di calcetto delle Compagnie, che ha visto la vittoria – come ormai di
consueto – della squadra sponsorizzata dal Bar Jolly, che l’ha spuntata
su dodici squadre partecipanti; in alto da sinistra: pres. Michele Cerreta, Roberto Caposela, Vincenzo Bozza, Canio De Nicola, Michele
Maffucci, Giovanni Galgano; in basso da sinistra: Luca Zampaglione,
Luca Russo,Vincenzo Di Milia,Antonello Cirminiello.
Calitri 1998, una giornata fra vecchi amici che si sono incontrati a
distanza di tempo ( qualcuno di loro si è incontrato dopo 47 anni) da
sinistra: Giovanni Gautieri (m’naciegghj’) sta in Belgio,Angelo Lettieri
(z’mm’ron’), Angelo Lettieri, cugino del primo (z’mm’ron’), Canio Fastiggi (canchion’), Pietro Caputo (cacapatan’).
Calitri, agosto 1998, torneo di calcetto di “Compagnie” la squadra di
Artigiani, da sinistra:Vito Acocella (faton’), Luciano Del Cogliano (pappanucc’), Canio Galgano (u’ marmista), Giovanni Di Roma (chie, chieppa), e Canio Rainone (u’ f ’rnar’).
DALLA SVIZZERA
ncora una volta i calitrani in Svizzera hanno voluto strabilia-
Are con una festa che, ne siamo convinti, ha sorpreso bene-
volmente tutti: iniziata nella tarda serata di sabato 26 settembre,
con la cadenza usuale di questi incontri, pian piano si è giunti
all’esaurimento dei posti in sala, e dopo una breve fase introduttiva dedicata al rendiconto sull’operato dell’Associazione, si è
entrato nel vivo della festa, e accompagnati dall’ottima musica di
un ben affiatato complesso è iniziata la cena.
Chiamarla “cena” è ingiustamente riduttivo, perché è iniziata una
ininterrotta catena di portate annaffiate da ottimo vino della “V’sc’glieta”, ha davvero fatto meraviglia, non tanto per l’abbondanza e la
qualità, quanto per l’enorme lavoro che ha richiesto ad uno sparuto
gruppo di persone, prevalentemente donne, (Franca, la cuoca –
Alfreda – Vito – Antonietta – Maria Teresa – Giuseppe – Maria) alle
quali va tutto il merito dell’ottima riuscita e alle quali va il sentito e
doveroso ringraziamento di tutti, ma in particolar modo del Comitato del Ticino, che esprime il proprio riconoscimento alle signore, che
con il loro lavoro hanno dato un contributo fondamentale alla riuscita
della festa, che tra danze, canti e portate si è felicemente protratta fin
verso le ore 3 del mattino di domenica.
Come sempre, non è la sola musica, non è il solo mangiare che fa
la buona riuscita di una festa, ma quello spirito particolare di fraterna comunione, che rinsalda i vincoli di una comune origine.
Lugano, 26 settembre 1998. Festa dei Calitrani in Svizzera, da sinistra:
Vito De Nicola, vice-sindaco V. Fierravanti, Franco e Antonietta Ricciardi, Raffaele Salvante,Antonio Zarrilli, Leonardo Martiniello; sotto:
Giuseppe Russo,V. Fatone, Giuseppe Gautieri e C. Fatone.
La domenica seguente il direttore del Calitrano, i coniugi Zarrilli e i coniugi Martiniello, sono stati ospiti della famiglia di Giuseppina e Giovannino Maffucci che in qualità di ormai provetti
“anfitrioni” hanno offerto un pranzo con i fiocchi.
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IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
DALLA GERMANIA
Germania, Freiburg, a Giovanni Zabatta e Elvira Pecci giungano le
nostre felicitazioni per i loro 25 anni di matrimonio, festeggiati il
01.09.1998.
Germania, Freiburg, ai coniugi Canio Pastore e Monika Klinger che il
14.12.1998 hanno festeggiato le nozze d’argento, giungano i nostri più
sinceri auguri.
DAL VENEZUELA
Venezuela, 1958 da sinistra: Salvatore Ramundo, che ha costruito questo ufficio, Marzial Pereira, Crisalide Linare e Britto.
Venezuela 1964, in piedi da sinistra: Vincenzo Cicoira, Francesco Di
Guglielmo, Salvatore Ramundo, Concetta Borea, Pasquale Cicoira,
Vincenzo Di Napoli, seduti: Antonio Stanco, Lucia Fastiggi, Giuseppe
Ramundo, Rosa Tuozzolo, Concetta D’Angola.
DAGLI USA
Calendario
Calitrano 1999
Anche quest’anno l’Associazione Romana dei
Calitrani ha provveduto a stampare la terza edizione del Calendario Calitrano; chi è interessato può telefonare al n. 06/69.94.06.52 oppure
fare un fax alla cortese attenzione del dott.
Antonio Cicoira 06/69.92.31.25 chiedendone
la spedizione ed accollandosi le spese postali.
La riunione dei Calitrani d’America, dove la famiglia Nicolais è presente fino alla 5ª generazione.
6
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
P. GERARDO CIOFFARI O. P.
Famiglia e beneficenza
a Calitri fra il ’500 e il ’700
I Cicoira e il loro Monte di Pietà
Nome di Gesù, ed è detto esplicitamente quondam (cioè defunto). Il
legato, infatti, è curato dagli eredi 2.
Molto probabilmente era allora già morto anche Cola Cicoira,
anche se nel 1565 si parlava di suoi terreni confinanti con quelli della
principessa di Venosa in contrada Piano Selvagio. Altri terreni aveva
alla Calcara vecchia, oltre a quelli alla Costa della Fontana. Un
indizio che anche questo Cola fosse già deceduto è costituito dal
fatto che il suo nome è fatto quasi come intitolazione del terreno,
mentre proprietaria appare una sua erede: La herede de Cola de
Cicoira possede una terra de tomola circa 25, confine la strata de lo
Ponte, la strata de la Fontana e la strata che va alla Calcara et a lo
Molino. Forse è lui (ma potrebbe essere anche Ricciardo) il Cicoira
menzionato nello stesso documento per un lascito: che se dica una
messa cantata per l’anima sua lo anno3.
Un altro rampollo della famiglia Cicoira era Donato, che abitava
molto probabilmente al Furno de la Pesterola, ed aveva terreni alla
Valle de Santa Maria oltre che nei pressi de lo Vallicello 4. Un altro
ancora è Giovanni Antonio, possessore di una deserta a la Canneta 5.
Ma il Cicoira più autorevole della seconda metà del Cinquecento
sembra essere stato Giuseppe. Durante la Visita del Cardinal Gesualdo egli si presentò insieme a un Giovanni Maffucci come “eletto e
governatore” sia della cappella che della confraternita del Nome di
Gesù. Nello stesso contesto egli è detto nobile e detentore della cappella di S. Maria Incoronata nella chiesa di S. Canio. Infatti tale
cappella è detta de iure patronatus nobilis Ioseph Cicoira et fratrum,
e lo stesso Giuseppe esibì la bolla di fondazione della cappellania, le
cui rendite principali venivano da terre a li Capituli 6.
Non vi sono elementi sufficienti per determinare chi fossero i
fratelli, ma è probabile che qualcuno degli altri tre noti Cicoira lo
fosse: Donato (che però potrebbe essere il figlio), Giovanni Antonio
o Salvatore.
Dopo una vita abbastanza intensa e produttiva Giuseppe, sentendo
avvicinarsi la fine o comunque per mettere ordine nelle questioni di
eredità, il 27 settembre 1564 (o 1594) aveva chiamato il notaio e
aveva fatto testamento. Dopo aver nominato eredi i suoi tre figli
Donato (stesso di sopra?), Francesco e Mercurio diede disposizioni
affinché diversi beni fossero fittati in modo da ricavare un migliaio di
ducati l’anno, da non toccarsi per dieci anni, dopo di che sarebbe
entrato in funzione un Monte di Pietà. La gestione l’avrebbero avuta
due esponenti della famiglia scelti dalla Curia arcivescovile di Conza.
Questi però sarebbero stati solo amministratori, in quanto i beneficiari erano rigorosamente stabiliti, vale a dire le donne discendenti direttamente dai suddetti figli (e poi quelle dicendenti dai figli dei figli e
così via) come pure i figli nascituri dai detti suoi figli et heredi che
vorranno studiare in legge o filosofia. In particolare i maritaggi erano
costituiti da 300 ducati ciascuno alle figlie femine che nasceranno da
suoi figli et heredi, cioè quelle che perverranno a marito. Quando gli
eredi morivano senza figli naturali o legittimi, o con figli che morivano prematuramente in pupillare etate, i maritaggi tornavano al Pio
Monte. Per gli studenti invece c’era la distinzione fra quelli che studiavano legge (ai quali andavano 40 ducati l’anno per cinque anni) e
quelli che studiavano filosofia (40 ducati annui per sette anni)7.
1. La famiglia nella storiografia.
ella recente storiografia si sta facendo sempre più strada la sen-
N sibilità verso le vicende e la genealogia delle famiglie. Il fatto
non nasce soltanto dal desiderio di qualche “discendente” di riandare alla ricerca del suo albero genealogico (fatto di per sé più che
encomiabile), ma anche dalla presa di coscienza che una storia completa di una città non è possibile senza gli archivi delle famiglie più
rappresentative. Infatti, oggi la storia è sempre meno sensibile alle
grandi battaglie e ai grandi eventi, e sempre più vuole avvicinarsi alla
vita quotidiana di un popolo.
Solitamente, l’indagine sulla propria famiglia è tutt’altro che
facile, sia perché non tutti i libri dei battesimi si sono conservati sia
perché questi “antenati” non sono spesso originari del paese stesso.
Per cui si creano delle interessanti ramificazioni che portano ad
allargare la visuale almeno ai paesi limitrofi se non proprio alla Provincia o al capoluogo della regione.
In questo studio non voglio procedere all’albero genealogico di
una famiglia calitrana, ma studiarne le vicende nella vita del paese.
L’idea mi è venuta leggendo un opuscolo che si trova in una miscellanea gentilmente messami a disposizione dall’amico Elio Pastore.
Trattasi di un allegato ad un processo dal titolo: Per Angiolantonio, e
Reginia Cicoira e suoi fratelli D. Salvatore, e Giuseppe Nicola
Cicoira. Consigliere Commessario Signor D. Ippolito Porcinari,
scritto da Michele Tozzoli e pubblicato a Napoli nel 1772.
Non è facile trovare di questi allegati a stampa tanto dettagliati, e
dato che la famiglia Cicoira è solidamente affermata a Calitri sin dai
primi del Cinquecento, mi sembra opportuno prenderla come esempio di una famiglia medio-alta e mettere in rilievo le iniziative e il
modo di vivere.
2. Il ’500: tra cappellanìe e Monti di pietà.
Le notizie principali su questa famiglia per quanto riguarda i
tempi più lontani sinora documentati possono trarsi dal mio volume
su Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996.
Il primo Cicoira che abbia (a mia conoscenza) una documentazione storica è il Salvatore menzionato nei “Capitoli della Bagliva
dei danni” del 1558 1. Il 19 giugno di quell’anno firmavano i suddetti
Capitoli il sindaco Scipione Gatto e i quattro eletti: Ortensio Zampaglione, Donato Russo, Salvatore Cicoira e Leonardo Cialeo (quest’ultimo col segno di croce perché non sapeva scrivere).
Gli eletti, nell’organizzazione comunale del tempo, erano un po’
quello che sono oggi i consiglieri comunali. Il Salvatore in questione
era dunque uno degli eletti in un momento di notevole crescita economica del paese, il che sta a dimostrare che almeno dalla prima metà del
Cinquecento la sua famiglia si era distinta per spirito d’iniziativa.
Documentati sette anni dopo (Sacra Visita di Alfonso Gesualdo
del 1565), ma sicuramente più anziani di Salvatore erano un Ricciardo (variante di Riccardo?) Cicoira e un Cola (Nicola). Il primo è
menzionato a proposito di un legato a favore della Confraternita del
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IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
“preambolo” spedito alla Curia Arcivescovile di Conza per ottenere,
come si è detto, il nulla osta per entrare nell’amministrazione del
Monte di Pietà11. La cosa è alquanto curiosa, e fu giustamente messa
in rilievo dai Cicoira di Montemilone. Sembra infatti che Salvatore
ebbe Marco quando aveva ancora la non più verde età di 69 anni.
Purtroppo non abbiamo gli elementi per illustrare la vicenda di questa tarda paternità, ignorando se si fosse sposato tardi, o se la madre
di Marco fosse la sua seconda moglie. Certo è che, nello stendere la
genealogia, le generazioni sembravano poche per giustificare un
intero secolo. Invece, il particolare della tarda paternità di Salvatore,
rende ragione del fatto.
4. Il ramo di Venosa e Montemilone
Sinora si è incentrata l’attenzione soprattutto su Francesco, figlio
del fondatore del Monte di Pietà, e sui suoi discendenti (facili da
seguire, avendo avuto egli un solo figlio, e così probabilmente i
suoi discendenti fino a tutto il Seicento, e fino a Marco. Ma Francesco era solo uno dei tre figli di Giuseppe. Gli altri due erano Donato e Mercurio. Quest’ultimo si trasferì ben presto a Venosa, ove il
padre Giuseppe aveva non poche proprietà. Infatti, nel testamento si
distinguevano i beni di Calitri da quelli di Venosa.
Mercurio volle dare il suo personale contributo al Monte di
Pietà, dotandolo di ulteriori mille ducati. Quindi apportò delle interessanti modifiche, mantenendo lo scopo precipuo dei maritaggi, ma
precisando che dovevano preferirsi le fanciulle povere delle famiglia.
Le donne benestanti, invece, potevano accedere ai benefici del
Monte solo in caso che il benessere dei Cicoira fosse ugualmente
diffuso e non ci fossero donne povere. Anzi, volle aggiungere una
postilla importante. Prevedendo che potessero esserci degli anni
senza donne da maritare nell’ambito della famiglia, dispose che ne
beneficiassero le orfane di Calitri, purché siano donne honorate12.
A Venosa Mercurio svolse una notevole attività, ma pare che
avesse un solo figlio a continuare la sua opera. A questo figlio (come
aveva fatto il fratello Francesco a Calitri) diede il nome di Giuseppe13. Sia questo Giuseppe di Mercurio († 1620), che il Giuseppe di
Francesco († 1659) ebbero come tutore tale Annibale Zelone di
Venosa, il che sta ad indicare che la famiglia continuava a considerarsi unita. Anzi, nel testamento del Giuseppe fondatore del Monte si
dice che a Calitri i Cicoira seminavano poco orzo, in quanto quello
che si produceva a Venosa bastava sia per questa città che per Calitri.
È quest’ultimo un particolare interessante per comprendere che
l’interesse per le cappelle e le confraternite non faceva dei Cicoira
Calitri, 26 aprile 1998, i coniugi Cestone Francesca e Gallucci Vincenzo hanno felicemente festeggiato i loro 50 anni di matrimonio. Felicitazioni vivissime.
3. I Cicoira nel Seicento
I discendenti di Giuseppe Cicoira dovettero aver assimilato bene
il suo insegnamento, poiché ai primi del Settecento il suddetto
Monte di Pietà andava ancora a gonfie vele, tanto da suscitare l’interesse di un altro ramo dei Cicoira, quelli di Montemilone. Alcuni
Cicoira di Montemilone, infatti, presentarono istanza al Sacro Consiglio affinché fossero riconosciuti quali principali beneficiari del
Monte di Pietà, essendo i veri discendenti del famoso Giuseppe,
mentre i Cicoira di Calitri non erano altro che intrusori nella sudetta Amministrazione.
Grazie a questa lunga causa possiamo venire ad una buona
conoscenza dell’albero genealogico dei Cicoira.
Il Tozzoli, difensore della linea calitrana, fece quindi una ricerca
e trovò che nel 1608 si sposò una Angiolella Cicoira la quale, per
poter beneficiare del Monte di pietà, dovette produrre tre testimoni
dei più prossimi quanto a parentela della famiglia Cicoira. Da tutto il
contesto è chiaro che non si trattava di una discendente diretta, ma
solo di una discendente ex latere.
Dalla stessa carta matrimoniale si evince che Giuseppe aveva un
fratello di nome Antonio (il Giovanni Antonio della Visita?), dal cui
figlio Giovanni 8 nacque un Francesco che nel 1621 nel suo testamento nominava suoi eredi la moglie Perna Rabasca e il figlio
Lorenzo. La confusione nasceva dunque dall’esistenza agli inizi del
Seicento di due Francesco Cicoira, il primo (morto prima del 1608)
figlio del fondatore, il secondo (sposatosi nel 1621) figlio di Giovanni, a sua volta figlio di un Antonio, fratello del fondatore 9.
Restando ancora sul Francesco, figlio di Giuseppe, c’è da dire
che dagli stessi atti del 1608 si evince che al figlio diede il nome di
Giuseppe, secondo una tradizione ancora oggi non del tutto scomparsa. Questo Giuseppe junior, probabilmente intorno al 1640 ebbe
un figlio cui diede il nome di Salvatore. Dico probabilmente, poiché
il Tozzoli , pur riferendosi ad una fede di battesimo e ad un pubblico
registro, non menziona la data.
C’è un indizio che lega questo Giuseppe di Francesco ai Cicoira di un secolo prima e precisamente a Cola Cicoira (il che attesterebbe la fondamentale parentela di tutti i Cicoira sinora menzionati).
A proposito di Cola si è detto che aveva delle terre alla Costa della
Fontana. Ora, è proprio lì che si trovava un giorno dell’anno 1659 il
detto Giuseppe quando fu aggredito da certi malandrini e lasciato
morto nella campagna10.
Da Salvatore, figlio del defunto Giuseppe, nacque intorno al
1709 Marco Cicoira, come attestava la fede di battesimo, nonché il
I nonni Teresa e Vincenzo Metallo annunziano la nascita del loro 1°
nipotino, avvenuta a Roma il 19.08.1998, a cui è stato dato il nome di
Francesco Maria, nato da Giancarlo Zarrilli e M.Antonietta Metallo.
8
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
dei “clericali”. La loro concezione della vita era impostata piuttosto
in termini “aziendali”. Questo dosare la semina in modo razionale,
sfruttando l’accordo col ramo dei Cicoira di Venosa, è davvero sintomatico del classico adagio “minimo sforzo, massimo rendimento”.
Si può quindi ritenere che i Cicoira non si fossero arricchiti per
eredità o per nobiltà, bensì per spirito imprenditoriale.
Il Giuseppe di Venosa morì nel 1620, ben 39 anni prima del suo
omonimo cugino di Calitri. Dopo di che (al momento) non abbiamo
altre notizie di questo ramo di diretti discendenti del Giuseppe “fondatore”. Il Tozzoli, infatti, tira fuori soltanto le notizie che possono
rivelarsi utili a vincere la causa contro i Cicoira di Montemilone. Per
cui, dei tre figli di Giuseppe “fondatore” (Donato, Francesco e Mercurio), dà tutta la linea di Francesco, riporta solo poche notizie del
figlio di Mercurio (Giuseppe, † 1620), e nessuna del ramo di Donato.
Il ramo di Montemilone non risaliva invece in linea diretta al
Giuseppe “fondatore”, bensì al fratello Antonio. Da Antonio erano
nati Giovanni e Donato, e mentre di quest’ultimo non si hanno notizie, del primo si conoscono i nomi almeno di tre figli: Nicola, Francesco e Angiolella. A continuare la linea dei Cicoira di Montemilone fu il secondogenito Francesco, che nel 1621, facendo testamento,
nominava suoi eredi la moglie Perna Rabasca e il figlio Lorenzo. Ed
anche qui il Tozzoli si ferma, poiché non ha alcun motivo per contestare la discendenza dei suoi oppositori dal suddetto Lorenzo. Da
un’annotazione laterale manoscritta, apprendiamo però che questo
Francesco fece testamento nel 1621, ma morì soltanto nel 163314.
sive multiplico per eum instituto; Et proinde Salvator, et Joseph
Cicoira desistant ab amministratione Montis, reddant computa et
exhibeant scripturas eidem Monti pertinentes. Salva provisione
facienda super futura Montis praedicti administratione, secuta exhibitione eorumdem computorum, firmo interim remanente sequestro
ordinato vigore decreti S. C. fol. 104, et salva provisione facienda
respectu deductorum contra alios reos conventos 16.
I “Montemilone” si presentarono a Calitri con la suddetta sen-
Calitri, 2 luglio 1998, da sinistra Elisa Mapelli e Maria Teresa Mutti, siete
state per noi una benedizione di Dio; dalla vostra quotidiana testimonianza abbiamo imparato che “ tutti i credenti in Cristo debbono
sentire, come parte integrante della loro fede, la sollecitudine apostolica di
trasmettere ad altri la gioia e la luce”. Un affettuoso saluto dai bambini e
dalla popolazione di Calitri, che non vi dimenticherà mai.
Quanto sono belli i passi di coloro che recano un lieto annunzio di bene.
(Rom. X,9-18)
5. Il Settecento: la crisi della beneficenza
Il buon Giuseppe Cicoira morto verso il 1594 non avrebbe mai
immaginato che il Monte di Pietà da lui fondato avrebbe avuto fortuna resistendo agevolmente per oltre un secolo e mezzo. Durante
tutto questo tempo dal fondo da lui istituito poterono attingere quasi
tutte le donne di casa Cicoira.
Nel 1727 dovettero sorgere dei problemi nell’amministrazione
del Monte di Pietà, per cui gli amministratori designati dalla Curia
Arcivescovile si recarono dal notaio Virgilio Palmieri e gli fecero
copiare ed autenticare il testamento di Giuseppe Cicoira 15.
Intorno all’anno 1750 beneficiari di questo Monte erano i figli di
quel Marco nato, come si è detto, intorno al primo decennio del
XVIII secolo. Questi erano Salvatore e Giuseppe, che erano anche
gli amministratori, il loro fratello Angiolantonio e la sorella Reginia.
Ma, quando tutto sembrava procedere pacificamente, ecco che la
loro amministrazione venne contestata.
Verso il 1760, a Napoli dinanzi al Sacro Consiglio si presentarono un Carmine, un Giuseppe ed altri Cicoira, affermando di essere loro i veri discendenti di quel Giuseppe Cicoira di Calitri che
aveva fondato il Monte di Pietà nel 1594, mentre i Cicoira calitrani
erano degli “intrusi”. Chiedevano pertanto di privare i Cicoira di
Calitri del beneficio e dell’amministrazione del Monte, e di riconoscerli a quelli di Montemilone. Presentarono, a sostegno della loro
tesi, una documentazione che dimostrava senza ombra di dubbio la
loro discendenza da Francesco Cicoira, che aveva fatto testamento
nel 1621, ed essendo questi figlio del fondatore, ecco dimostrato il
loro diritto sul Monte.
Ovviamente la causa non si concluse lì su due piedi. Furono
chiamati anche i Cicoira di Calitri, e precisamente i due amministratori. Ma questi si dimostrarono incapaci di documentare la loro
discendenza da Giuseppe “fondatore”, per cui dopo una decina
d’anni di dibattito processuale, i Cicoira di Montemilone la spuntarono e in data 23 giugno 1772 vinsero la causa con questa sentenza:
Xaverium, Paschalem, et Canium, Carminum, et Josephum, Gervasium, et Paschalem, ac Joannam Cicoira esse descendentes a
qu(ondam) Josepho Cicoira Terrae Caletri, ac vocatos in Monte,
tenza e la Corte locale procedette al sequestro dei beni del Monte
tenuti dai Cicoira. Poi, o per ignoranza o per dispetto alla famiglia, si
procedette anche al sequestro dei beni della cappella dell’Incoronata (nella chiesa di S. Canio). Si può ben immaginare quanto duro
fosse il colpo, sia dal punto di vista finanziario che di umiliazione di
fronte ai Calitrani, per questa affermata e influente famiglia. Specialmente per Salvatore, che dovette parlarne a lungo con i confratelli della Confraternita del Purgatorio e Pio Monte dei Morti, cui
apparteneva17.
Vedendosi estromettere da un fondo così sostanzioso, qual era il
Monte di Pietà, nonché dalla cappellania dell’Incoronata, i Cicoira si
rivolsero a Michele Tozzoli, probabilmente il migliore avvocato del
paese18. Questi studiò la questione e credette di trovare un valido
appiglio nel fatto che dei quattro Cicoira di Calitri solo due (Salvatore e Giuseppe Nicola) erano stati ascoltati. Consigliò dunque agli
altri due (Angiolantonio e Reginia) di prendere una carrozza e recarsi anch’essi a Napoli. La mattina del 14 agosto 1772 i due si presentarono al Sacro Consiglio ad esporre le loro ragioni.
Nel dimostrare la loro discendenza, tuttavia, i due parlarono di
Giuseppe il fondatore, del figlio Francesco e del nipote Marco, loro
genitore. Gli oppositori non ebbero difficoltà a sottolineare la poca
attendibilità di tale albero genealogico, inadatto a coprire 150 anni.
Tuttavia il regio Consiglio diede un nuovo termine ai Cicoira di
Calitri per documentare le loro ragioni. Fu così che Michele Tozzoli si mise a cercare elementi più concreti al fine di sostanziare la tesi
dei suoi assistiti. Nel dicembre del 1772 pubblicò a Napoli l’allegato suddetto il cui centro argomentativo consiste nel dire che il Francesco Cicoira del 1621 (cui si richiamavano i Cicoira di Montemilone) era figlio di Giovanni Cicoira, figlio di Antonio, fratello a sua
9
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
7 Cfr. Michele Tozzoli, Per Angiolantonio, e Reginia Cicoira e suoi fratelli D.
Salvadore, e Giuseppe Nicola Cicoira: Consigliere Commessario Signor D. Ippolito Porcinari, Presso lo Scrivano D. Gennaro Villani, Napoli 1772. Vedi l’Introduzione. Vito Acocella, Calitri moderna e contemporanea (1926), pp. 40-42. Anche se
con qualche perplessità, relativamente alla datazione del testamento ho adottato la
tesi dell’Acocella (1564) piuttosto che del Tozzoli (1594), perché l’autore è decisamente più circostanziato. L’Acocella è anche più preciso sui termini del testamento
(Tozzoli non fa menzione degli studenti). Da notare però che l’Acocella cita il titolo dell’allegazione del Tozzoli, ma certamente non l’ha letta. Altrimenti avrebbe tentato una giustificazione per aver scelto una datazione diversa, facendo fare un testamento nel 1564 e facendo morire il testatore nel 1620.
8 Ivi, foglio dell’albero genealogico. Un’annotazione manoscritta laterale (A)
precisa che il testamento di questo Giovanni fu redatto nel 1605 dal notaio Giovanni [Lupone ?].
9 Ivi, cap. 1.
10 Ivi, cap. 3.
11 Ivi, cap. 2.
12 Cfr. Platea delli Corpi Stabili e annue entrade, che possiede il Pio Monte di
Pietà della famiglia Cicoira (fondo Michelangelo Cicoira), fol. 1-5. Cfr. Acocella,
Calitri moderna e contemporanea, 41. Anche qui c’è una forte discrepanza fra
Tozzoli e Acocella. Il Giuseppe Cicoira morto a Venosa nel 1620 secondo il Tozzoli è figlio di Mercurio, secondo l’Acocella è lo stesso che il testatore del 1564
(quindi non figlio, ma padre di Mercurio). Questa seconda tesi, meno plausibile per
la distanza che separa il testamento dalla morte del testatore, diverrebbe accettabile
laddove il 1564 fosse un errore di stampa per 1594.
13 Tozzoli, cit., cap. 3. Da notare che nei più volte menzionati atti del 1608 un
avvocato di Calitri afferma che Mercurio era morto senza figli. Probabilmente quell’avvocato ignorava quanto era accaduto a Venosa, oppure, conoscendo la storia del
figlio maschio, con sine filiis intendeva senza figlie (femmine).
14 Ivi, albero genealogico, annotazione manoscritta B.
15 Acocella, Calitri moderna, 41, n. 2.
16 Tozzoli, introduzione.
17 Salvatore Cicoira compare tra i firmatari delle Regole della Laical Confraternita del Purgatorio e Pio Monte dei Morti, che ebbero l’assenso regio nel 1777.
Queste furono edite a Napoli nel 1902 e contenute nella miscellanea fornitami da
Elio Pastore.
18 Di questo avvocato Michele Tozzoli ci è pervenuto anche l’allegato: Per
l’università di Calitri contro l’università di Pescopagano, Napoli 25 agosto 1777.
volta di Giuseppe Fondatore (svaniva quindi la linea diretta e quindi
ogni diritto sul Monte). I Cicoira di Calitri, invece, discendevano da
Francesco, figlio di Giuseppe, morto prima del 1608. Un’approfondita ricerca documentaria aveva permesso anche di colmare la lacuna informativa sull’albero genealogico, inserendo tra Francesco e
Marco un Giuseppe ed un Salvatore.
Nella conclusione il Tozzoli rilevava il troppo zelo e l’errore della
Corte locale che aveva sequestrato i beni anche della cappellanìa.
Che si trattasse di due entità diverse era facilmente dimostrabile. La
cappellanìa era infatti molto anteriore al Monte, e ad essa Giuseppe,
fondatore del Monte, aveva fatto un apposito lascito di 70 ducati (se il
Tozzoli avesse conosciuto la Sacra Visita del Gesualdo avrebbe documentato e non soltanto argomentato la preesistenza della cappellanìa).
Anche il recente Catasto distingueva chiaramente sotto voci diverse i
beni del Monte da quelli della Cappella dell’Incoronata.
Come la vicenda andasse a finire non saprei. A giudicare dalla
documentazione addotta dal Tozzoli, è congetturabile che i Cicoira di
Calitri fossero reintegrati nei loro diritti. L’Acocella, invece, avanza
l’ipotesi di un compromesso, nel senso che i Cicoira di Calitri poterono rivendicare solo in parte il precedente patrimonio, il quale del
resto cominciò ad essere dilapidato fino a che dopo pochi decenni si
estinse.
NOTE
1 Testo in G. Cioffari, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996, pp.
105-112.
2 Per Ricciardo Cicoira, vedi Sacra Visita di Mons. Alfonso Gesualdo, carta 54.
In Cioffari, Calitri. Uomini.., p. 49.
3 Per i riferimenti a Cola de Cicoira e alla sua “herede”, vedi la, cc. 93v, 95v.
Per il Cicoira del lascito a favore della cappella di S. Angelo, c. 76. Il tutto in Cioffari, cit.
4 Ivi, cc. 62 e 95.
5 Ivi, c. 94. Su di lui non vi sono altri riferimenti.
6 Ivi, cc. 51v, 73v, 74.
DALL’ARGENTINA
DALL’AUSTRALIA
Buenos Aires, 11 gennaio 1998, le famiglie Codella – Martellitti, da sinistra in piedi : Emanuel Alfaro, Silvana Codella, Claudia Martellitti,Walter Martinez, Marcella Martellitti, Vincenzo Codella, Angela Maria
Codella – Martelletti, Antonio Perroni, Giorgio Martelletti, Elizabeth
Tulio, Reinaldo Miery; seduti da sinistra: Filomena Codella, Pierina Martellitti, Humberto Martellitti,Abel O.Alfaro,Angela Codella di Alfaro,
Vincenzo Codella; per terra : Adriana Martellitti, Daiana Pedreyra,
Daniel Martellitti, Manuel Pedreyra, Matios Codella.
Australia, 5 settembre 1971, matrimonio di Rosetta Di Maio e Cosimo Rigoli, da sinistra: Gaetano De Nicola (dall’ e dall’), Carmelina di S.
Andrea moglie di Michele Russo, Pompeo Russo, Frank Russo, con la
testa girata in su,Antonio Di Maio ( l’urt’lan’ r’ cast’glion’) in camicia e
baffi, Michele Russo (lu cegna) con cravatta e con la piccola figlia
Maria, Giovanni Nicolais (p’chiuchj’), Maria moglie di Giovanni Nicolais,
Giuseppe Di carlo (rasckon’) con il fiasco in mano, Rev. P. Bernardino
Zabatta, fratello di Flaminio il postino, Filomena di Bisaccia moglie di
Giuseppe Di Carlo, Vincenzo Di Maio, con camicia a quadretti e in
alto,Antonietta di Lacedonia, moglie di Rocco Di Milia, alias paparul’,
Michele Di Maio, si vede solo la testa,Vitale Di Milia, ragazzino con
scarpe bianche, Peppino Di Maio dal pullover con i rombi, Donato Di
Carlo con la moglie Maria, Rocco Di Milia (paparul’),Tonino Di Milia,
Adriano Nicolais, con pantaloni bianchi. Fanno da sfondo gli eucaliptus, che dominano la vasta proprietà di Antonio Di Maio.
10
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
EMILIO RICCIARDI
SANTI E IMMAGINI DI SANTI
IN CALITRI
hanno venerato nel corso dei
Istocalitrani
secoli numerosi santi: a loro hanno chieaiuto e protezione, rivolto preghiere,
intitolato chiese e cappelle, dedicato statue
e processioni. I documenti precedenti al
XVI secolo sono scarsissimi, ma è ugualmente possibile farsi un’idea dei culti più
antichi e dei motivi della devozione per
alcuni santi.1
Il culto mariano
Il gran numero di chiese e cappelle intitolate alla Vergine testimonia la profonda
devozione dei calitrani per la Vergine
Maria, presente sotto i più diversi appellativi: Immacolata Concezione, Madonna
delle Grazie, Madonna dei sette dolori,
Assunta, S. Maria di Monserrato, S. Maria
delle Nevi, Madonna del Rosario, Maria
SS. del Carmine, Annunziata, Madonna del
Soccorso, S. Maria di Costantinopoli, Incoronata. Tale devozione ha origini antichissime, come testimonia il santuario della
Madonna della Foresta, presso l’abbazia di
S. Maria in Elce, risalente al periodo iconoclasta (726-834 d.C.).
Alcuni culti, come quello della Madonna delle Nevi, nella chiesa del castello,
quello dell’Assunta e quello dell’Annunziata, risalgono al medioevo, mentre altri
sono tipici dell’età moderna, come la
Madonna del Carmine, venerata nell’omonima chiesa di Napoli, il cui culto si
affermò con decisione dopo il Giubileo del
1500; la Vergine di Costantinopoli, anch’essa venerata in Napoli e invocata durante le
epidemie di peste nel 1526 e nel 1575; infine la Madonna del Rosario, culto affermatosi dopo la vittoria delle armate cristiane
contro i turchi a Lepanto (1571) e diffuso
soprattutto dai frati domenicani.
Particolarmente venerate in Calitri sono
l’Immacolata Concezione e la Madonna
delle Grazie.
L’Immacolata Concezione
Già nel XVI secolo esistevano in Calitri alcuni altari intitolati all’Immacolata.
Quando, nella seconda metà del XVII
secolo, questo culto, per opera dei francescani e dei gesuiti, si affermò in tutto il
regno di Napoli, alla Vergine Immacolata
furono innalzate chiese e intitolate cappel-
le decorate dai più famosi artisti del tempo.
La confraternita calitrana dell’Immacolata fu fondata nel 1710 per opera di
alcuni sacerdoti di una congregazione
napoletana e pochi anni dopo iniziò la
costruzione di una chiesa intitolata alla
Vergine2.
La chiesa attuale, a tre navate, costruita
dopo il terremoto del 1910 e rifatta più o
meno nella stessa forma dopo il 1980, è
molto diversa dalla chiesetta originaria, a
navata unica e con due soli altari, innalzata
nel 1714 sul sierro di S. Biase. Della fabbrica settecentesca è rimasto solo il portale
dell’ingresso centrale, il cui modello sembra essere il portale realizzato nella seconda metà del XVII secolo da Francesco
Antonio Picchiatti per la chiesa napoletana
di S. Maria della Pace.
La statua dell’Immacolata che si venera
in Calitri segue un modello iconografico che
ebbe grande diffusione in età barocca e fu
usato da artisti come Cesare Fracanzano,
Bernardo Cavallino (in un disegno in collezione privata a New York), Guido Reni e
Jusepe de Ribera (nel quadro dell’altare
maggiore nella chiesa delle Augustinianas
descalzas di Salamanca, del quale si conservano nel museo di S. Martino in Napoli alcuni suggestivi disegni preparatori). Il dipinto
più antico a noi noto fu eseguito da Battistello Caracciolo intorno al 1627 e si conserva nella chiesa di S. Maria Assunta a
Roccadaspide, in provincia di Salerno (fig.
1).
La Madonna delle Grazie
Molto antico è anche il culto della
Madonna delle Grazie, o Madonna del latte,
della quale esisteva nella chiesa di S. Antuono una imago relevata (forse un bassorilievo, o più probabilmente un dipinto su tavola con le teste e le aureole della Vergine e
del Bambino in rilievo) che era oggetto di
grande venerazione da parte dei fedeli; una
descrizione del 1565 ricorda il quadro circondato di offerte votive: Una corona de
argento in testa a detta immagine: et unaltra similmente de argento in testa all’imagine di suo figlio quattro para de occhi de
argento: dece campanelle de argento: Otto
cinti de seta con le manuglie de stagno,
cinque anelle de rame, tralle quale ce è una
11
fede de argento3. Quando, nel 1739, la
chiesa fu ricostruita, alla Vergine del latte fu
intitolato l’altare maggiore.
Intorno al 1820 esisteva una cappella
intitolata a S. Maria delle Grazie, sulla
quale aveva il giuspatronato la famiglia
Tozzoli e nel 1866 fu innalzata nei pressi
del castello, a spese del sacerdote Francesco Maffucci, una piccola chiesa con lo
stesso titolo4, crollata dopo il terremoto
del 1980, nella quale era conservata la statua della Vergine che si portava in processione il 2 luglio.
Anche questa statua deriva da un
modello napoletano, che si conserva nella
chiesa di S. Maria della Grazie a Toledo
in Napoli (fig. 2).
In via Pasquale Berrilli, nei pressi del
numero civico 18, è dipinta sul muro una
effigie della Vergine con la scritta Maria
Mater Gratiae, ultima piccola testimonianza della grande popolarità che ebbe in Calitri la Madonna delle Grazie.
S. Lucia e i primi martiri
Il culto di alcuni martiri della prima età
cristiana era diffuso in tutta l’Italia meridionale: tra questi S. Lucia, S. Donato e i SS.
medici Cosma e Damiano.
In Calitri la devozione per la vergine
siracusana Lucia, martirizzata sotto Diocleziano, risale a prima del XVI secolo:
nel Cinquecento un altare dell’antichissima
chiesa di S. Pietro era intitolato a S. Lucia
e S. Donato.
Intorno al 1580 fu costruita alla santa
una cappella, nella quale oggi si conserva
la statua che si porta in processione il 31
agosto.5
In età remota furono venerati anche i
santi Cosma e Damiano, due gemelli uccisi
al tempo della persecuzione di Diocleziano, i quali forse furono i primi patroni di
Calitri. Vito Acocella ricorda che nell’antica
chiesa madre, nel coro ligneo situato alle
spalle dell’altare maggiore, esisteva una statuetta in noce di S. Canio con ai lati due
altre statuette raffiguranti i due santi medici.
S. Cosma è ricordato anche in una epigrafe
settecentesca murata all’esterno della canonica della chiesa madre di Calitri, nella
quale stranamente è associato non a S.
IL CALITRANO
Damiano, bensì a S. Desiderio, uno dei tradizionali compagni di martirio di S. Gennaro.6
Tra i culti più antichi vanno ricordati
quelli per alcuni personaggi biblici vissuti
prima di Cristo, come S. Giovanni Battista e
suo padre S. Zaccaria. A S. Giovanni Battista, molto venerato in Calitri, furono intitolati diversi altari nelle chiese cittadine, mentre S. Zaccaria era il nome di un antico casale nei pressi di Castiglione, raccolto intorno
a una piccola chiesa intitolata al santo.
I santi benedettini
In età altomedievale nei dintorni di Calitri esistevano numerosi insediamenti monastici, tutti osservanti la regola di S. Benedetto. Il più antico era l’abbazia di S. Maria
in Elce, fondata agli inizi del IX secolo,
verso la fine del periodo iconoclasta. Nell’XI secolo fu fondata la badia di S. Ippolito
in Monticchio, mentre nel XII secolo vi fu
una grande fioritura di monasteri: al di là
dell’Ofanto, verso Rapone, sorse S. Maria
dei Santi, costruita nel 1131 da S. Guglielmo da Vercelli, il fondatore delle abbazie di
Montevergine (1119) e del SS.mo Salvatore
al Goleto (1133); presso Pescopagano fu
fondata l’abbazia di S. Lorenzo in Tufara
(1100), con una piccola grancia rurale intitolata a S. Nicola; in direzione di Ruvo fu
innalzato il monastero di S. Tommaso al
Cerrutolo; a tutti questi vanno aggiunti S.
Angelo di Castiglione e S. Pietro in Insula,
citati nella Cronica conzana.
I benedettini introdussero la devozione
per S. Benedetto, per S. Egidio, al quale fu
intitolata una chiesa di Castiglione, e per
S. Desiderio, compagno di martirio di S.
Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli. S. Desiderio è sepolto nell’abbazia di Montevergine, dove per alcuni secoli furono conservate
anche le spoglie di S. Gennaro, ritrovate nel
1480 e riportate a Napoli nel 1497.
Seguì la regola benedettina, per volontà
dell’arcivescovo Scipione Gesualdo, anche
il monastero femminile dell’Annunziata,
sorto nel XVI secolo per volontà della nobile Drusiana di Landolfo7.
Al di sotto della cappella rurale di
S. Lucia, i versanti della collina in direzione dell’Ofanto mantengono ancora oggi il
nome di coste di S. Benedetto, forse per
essere appartenuti in passato a qualche
monastero di quell’ordine.
S. Michele, S. Antonio abate e altri culti
del medioevo
All’età altomedievale risale il culto dell’arcangelo Michele, introdotto dai Longobardi, che riconobbero nell’angelo con la
spada l’equivalente cristiano delle loro
divinità guerriere.
Nel VII secolo, sorse sul promontorio
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
del Gargano, presso la città di Siponto, il
santuario di S. Michele, uno dei più antichi
della cristianità, e ben presto il culto dell’arcangelo si diffuse in tutta l’Italia meridionale, anche nei territori bizantini.
All’arcangelo Michele furono intitolati
numerosi luoghi sacri della Campania, tra i
quali il famoso monastero di S. Angelo in
Formis e la grotta di S. Michele, presso Olevano sul Tusciano (Sa), che accoglieva alcuni monasteri basiliani.
Il santuario di S. Michele sul Gargano,
così come la chiesa di S. Michele in Monticchio e la cappella di S. Michele al Bosco
presso Rapone, furono meta di frequenti
pellegrinaggi da parte dei calitrani. All’arcangelo erano intitolati un casale presso
Castiglione e la più antica chiesa conosciuta di Calitri, fondata nel 1333. Alla
chiesa afferiva la Laical Confraternita del
AD ANGELINA PAVESE- Nata Simone
A te, carissima amica, che il 12 ottobre 1998
hai celebrato – negli USA dove arrivasti giovinetta – il tuo novantesimo anno, giungano
vivissimi gli auguri più sinceri e sentiti dai
tuoi nipoti Christopher e Patricia, dai parenti,
dagli amici tutti e dalla redazione del Giornale. Il Signore ti protegga e ti benedica.
Purgatorio o Pio Monte dei Morti ... eretta
sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, poiché S. Michele era considerato il protettore
degli uomini nel momento della morte e
l’accompagnatore delle anime nell’aldilà.
La devozione per S. Antonio abate, vissuto tra il III e il IV secolo d. C., fu promossa
nel regno di Napoli dall’ordine degli Ospitalieri, originari della città francese di Vienne e
giunti in Italia al seguito dei sovrani di casa
d’Angiò. Al santo, chiamato dai calitrani S.
Antuono, fu innalzata una chiesa con numerosi altari nelle vicinanze della “Porta del
Buccolo”. S. Antonio abate era considerato,
insieme a S. Vito, protettore degli animali
domestici. I religiosi dell’ordine di Vienne
curavano, con il lardo dei maiali, gli ammalati di herpes (Fuoco di S. Antonio).
Un altro culto molto diffuso in Calitri
fu quello per i santi apostoli, mantenutosi
vivo fino all’età moderna: a S. Bartolomeo
era intitolato un altare nella chiesa madre,
ai SS. Filippo e Giacomo era dedicata una
piccola chiesa nella Terra, a S. Tommaso
era intitolata un’abbazia benedettina nelle
campagne verso Ruvo, mentre S. Pietro,
S. Andrea e S. Marco davano il nome a tre
piccoli casali. Inoltre nel Seicento, il 25
aprile, si svolgeva una processione in onore
di S. Marco, invocato contro le gelate notturne che nella primavera inoltrata spesso
compromettevano i raccolti. Alla fine del
12
XV secolo, dopo una grave epidemia di
peste, le nuove fabbriche religiose furono
intitolate ai santi invocati contro il morbo:
S. Sebastiano e S. Rocco. Quest’ultimo,
originario di Montpellier e vissuto tra il
XIV e il XV secolo, secondo una leggenda
sarebbe venuto in Irpinia per assistere gli
appestati; per questo motivo fu eletto protettore di molti paesi, tra i quali Lioni, dove
gli fu dedicato un santuario.
S. Vito e i santi ausiliatori
La vita difficile dei secoli passati, costellata di guerre, pestilenze e carestie, favorì in
Calitri il culto dei santi ausiliatori, affermatosi a partire dalla fine del medioevo. I santi
ausiliatori erano quelli ai quali i fedeli ricorrevano affinché intercedessero nelle loro
necessità o contro qualche male: ad esempio
S. Vito era invocato contro la corea (una
malattia nervosa meglio conosciuta col
nome popolare di ballo di S. Vito), S. Biagio
contro il mal di gola, S. Egidio contro la
pazzia, S. Rocco contro la peste, S. Nicola
di Bari contro la carestia e così via.
A S. Vito era intitolato l’altare maggiore della chiesa dell’Immacolata Concezione, costruita nel 1714 per conto di una confraternita laicale che commissionò anche
le statue della Vergine e del santo che tuttora si portano in processione8. Altre volte
S. Vito era venerato come patrono degli
animali domestici e invocato insieme a
S. Leonardo, patrono degli agricoltori.
Ai santi ausiliatori appartiene anche
S. Caterina d’Alessandria la cui festa, nel
mese di novembre, segnava la fine del periodo della transumanza e il ritorno delle mucche dall’Appennino verso la Puglia.
I santi francescani
I francescani del convento di S. Sebastiano, fondato nel 1489 ai piedi dell’abitato di Calitri, introdussero la devozione
per i santi dell’ordine. A S. Bernardino da
Siena (a Calitri S. Berardino) nel Cinquecento fu innalzata una cappella fuori delle
mura, ampliata nel 1747, mentre a S. Francesco d’Assisi furono dedicati alcuni altari,
tra cui uno nella chiesa di S. Antuono. A
S. Bernardino, fondatore degli Osservanti,
dovrebbe essere collegata anche la cappella laicale intitolata al Nome di Gesù, tema
ricorrente nelle sue predicazioni.
Tuttavia il santo francescano più popolare era S. Antonio di Padova, al quale
furono intitolati una piccola chiesa, costruita nel 1638, e numerosi altari9. La devozione per il santo era diffusa in modo
uniforme in tutte le classi sociali, dai braccianti fino al feudatario; nel 1695, nella
chiesa napoletana di S. Lorenzo Maggiore,
il marchese di Calitri, scampato al terremoto che l’anno precedente aveva stermi-
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
nato la sua famiglia, offriva a S. Antonio
una lampada d’argento e 100 ducati10.
Alla presenza francescana, oltre che alle
missioni gesuitiche, si deve la grande
devozione dei Calitrani per l’Immacolata
Concezione.
S. Canio
Commentando alcune visite pastorali
cinquecentesche p. Gerardo Cioffari osserva che nel XVI secolo il nome Canio era
molto poco diffuso in Calitri e conclude
che per questo motivo «è difficile porre il
patronato di questo Santo in un periodo
anteriore al XV secolo11.»
La moderna critica storica conferma
l’intuizione di p. Cioffari: secondo la tradizione, S. Canio fu eletto patrono di Calitri
durante il trasporto del corpo del santo da
Atella, dove morì e fu sepolto alla fine del
V secolo, ad Acerenza, la città lucana che
lo elesse protettore; tuttavia tale traslazione
non avvenne, come fino a pochi anni fa si
pensava, nell’VIII secolo, ma trecento anni
dopo, nell’XI secolo12. È possibile che la
devozione per S. Canio si affermasse in
Calitri più tardi, sviluppandosi lentamente
e che forse solo nel XVI secolo egli venisse eletto patrono della città.
I documenti più antichi disponibili sulla
chiesa madre di Calitri, intitolata a S.
Canio, sono posteriori alla ricostruzione
avvenuta tra il 1547 e il 1563, e nulla si sa
sulla chiesa precedente e sulla sua intitolazione. È stato ipotizzato che i primi protettori di Calitri siano stati i SS. Cosma e
Damiano, ricordati in un’epigrafe settecentesca.
La Cronica conzana, scritta nel 1691,
ricorda la presenza nella chiesa madre di
Calitri di una statua con le reliquie del protettore13, raffigurata anche nel manoscritto.
Non essendo conosciuta alcuna immagine
antica di S. Canio14, in età moderna egli
venne rappresentato come un anziano
vescovo con la mitria, il pastorale e con la
palma del martirio in mano, come appare
nella statua che oggi si porta in processione.
Con le stesse sembianze il santo era raffigurato nella statua lignea conservata nella
chiesa dell’Annunziata e in un busto argenteo, perduto, esistente fino al secolo scorso e
probabilmente simile alla statua in argento
di S. Erberto conservata fino a pochi anni fa
nella cattedrale di Conza15 (fig. 3).
S. Gerardo e i padri redentoristi
Tra i santi venerati in Calitri si nota
l’assenza di personaggi dell’età della Controriforma, assenza dovuta probabilmente
alla scarsa penetrazione dei nuovi istituti
religiosi (barnabiti, scolopi, teatini, vincenziani etc.) istituiti all’epoca della Riforma. Fa eccezione S. Gerardo Maiella, il
giovane religioso appartenente alla Con-
gregazione del Redentore che visse e morì
consumato dalle privazioni nella casa di
Materdomini di Caposele, dove è sepolto.
La congregazione dei redentoristi fu
fondata nel 1732 da S. Alfonso Maria de
Liguori (1696-1787) con lo scopo di compiere missioni nei centri rurali, attività praticata in età controriformistica da numerosi istituti religiosi, come i gesuiti, i pii
operai, i missionari di S. Vincenzo de’
Paoli, la Congregazione delle Apostoliche
missioni e quella dei padri passionisti,
fondata nel 1728 da S. Paolo della Croce.
Fu il sacerdote calitrano Francesco Margotta (1699-1764), vicario del card. Giuseppe Nicolai, arcivescovo di Conza, a suggerire ad Alfonso de Liguori di aprire una casa
per i suoi religiosi nelle vicinanze del santuario di S. Maria di Materdomini, presso
Caposele, donando per la nuova costruzione
100 ducati annui. In seguito il p. Margotta
aderì alla congregazione redentorista.
Sia S. Alfonso (nel 1747) che S.
Gerardo vennero a predicare a Calitri
durante le loro periodiche missioni, nel
corso delle quali, oltre ad evangelizzare il
popolo, componevano le liti e incitavano i
peccatori alla penitenza e alla comunione.
Per la sua umiltà e per i miracoli compiuti
S. Gerardo fu oggetto di grandissima
devozione in Campania e in tutto il Meridione già prima della morte, e anche in
Calitri il suo culto conobbe una grande
diffusione.
***
Una comunità ha bisogno di conoscere
il proprio passato e le proprie tradizioni,
affinché la sua identita non si perda. La
devozione per i santi ha contribuito a formare e rafforzare questa identità e pian
piano i loro nomi, con i quali i nostri cittadini per secoli hanno battezzato figli e
nipoti, ci sono divenuti familiari.
Oggi, con la scelta dei nomi di battesimo condizionata dalle mode e dalla televisione, possiamo solo augurarci che i nomi
tradizionali si conservino ancora per lungo
tempo.
NOTE
1 Per una panoramica generale sui santi e sulle
loro vite cfr. la Bibliotheca Sanctorum, 13 voll., Roma
1961-70. Sulla Vergine Maria si veda F.S. MONTORIO,
Zodiaco di Maria ovvero le dodici provincie del Regno
di Napoli, Napoli 1715. Sulla storia della Chiesa nell’Italia meridionale cfr. G. GALASSO - C. RUSSO, Per la
storia sociale e religiosa del Mezzogiorno d’Italia, voll.
I, Napoli 1980, e II, Napoli 1982. Sulle chiese di Calitri cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946], r.a., Calitri
1984; A. CESTARO, Le diocesi di Conza e di Campagna
nell’età della Restaurazione, Roma 1971; G. ACOCELLA,
Calitri. Vita di un grosso borgo rurale dell’alta Irpinia
dal 1861 al 1971, Calitri 1977; G. CHIUSANO, La Cronista conzana, Conza 1983; G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996; C. DE ROSA,
13
Calitri negli ultimi tre secoli (Da alcune incisioni, disegni e manoscritti inediti), in «Samnium», 69 (1996),
pp. 315-332; E. RICCIARDI, Antiche chiese di Calitri, in
«Il Calitrano», n.s., 7 (1998), pp. 13-15. Sulle ricorrenze e le tradizioni religiose dei calitrani cfr. T. DI MAIO,
Calitri. Usi, costumi, racconti e canti, Calitri 1978, e
A. BASILE, Vecchio mondo calitrano. Alla riscoperta
della civiltà contadina, Calitri-Avellino 1984, in part. i
capp. V e VII.
2 Sulla chiesa dell’Immacolata Concezione di
Calitri cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri... cit., pp.
100 ss.; G. ACOCELLA, Calitri. Vita di un grosso borgo
rurale dell’alta Irpinia dal 1861 al 1971, Calitri
1977, pp. 120-121; V.A. CERRETA - G. CIOFFARI (a
cura di) L’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri, 2 voll., Bari 1997. Sulla statua cfr.
E. RICCIARDI, La statua dell’ Immacolata di Calitri.
Modelli e confronti nel Regno di Napoli, in L’Arciconfraternita... cit., I, Studi sulla storia e la regola,
Bari 1997, pp. 113-118.
3 Riportato in G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e
terre... cit., p. 93.
4 Sulla facciata della chiesa vi è la seguente
iscrizione: HOC SACELLUM / BEATISSIME COELORUM REGINAE DICATUM / SUB TITULO
GRATIARUM / FRANCISCUS MAFFUCCI PRESBYTER / AD EXERCITIUM SUAE CIVIUMQUE
PIETATIS / AERE PROPRIO A FUNDAMENTIS
EREXIT / ANNO DOMINI MDCCCLXVI.
5 Sulla processione di S. Lucia, istituita nel
1955, cfr. A. BASILE, cit., p. 372.
6 Il testo dell’epigrafe è il seguente: D.O.M. /
TEMPLUM HOC SUB S. CANIONIS TUTELA /
ET NOMINE / FRANCISCUS NICOLAI / ARCHIPRAESUL METROPOLITA COMPSANUS / IN
SANCTOR(UM) MARTYROR(UM) COSMAE ET
DESIDERII / HONOREM / AD CLERI POPULIQUE ITERATAS PRECES / SOLEMNI RITU/
DICAVIT / AC ILLUD IN AN(N)IVERSARII DIE
VISITANTIBUS / INDULGENTIAE XXXX DIES
IMPERTITIIS EST / ANNO D(OMI)NI MDCCXXVIII DIE XXV APRILIS
7 «Nella terra di Calitri esiste un monastero di
monache sotto il titolo dell’Annunciazione della
beata Maria, le quali finora non hanno seguito alcun
ordine o religione, e adesso affermano di vivere
secondo la regola di S. Bernardo; ma non hanno e
non osservano alcuna regola; l’Arcivescovo vorrebbe
portarle ad osservare la regola di S. Benedetto; in
questo monastero si osserva la clausura e vi sono 12
monache, che dispongono di proventi adeguati.»
(riportato in N. DI GUGLIELMO, L’archidiocesi di
Conza alla fine del XVI secolo nelle “Relazioni ad
limina” dell’arcivescovo Scipione Gesualdo, in ´Rassegna Storica Irpinaª 7 - 10 (1995/II), pp. 457 - 477).
Sul monastero dell’Annunziata cfr. C. DE ROSA,
Ricerche storiche su Calitri, Lioni 1975.
8 Sulla ricorrenza del 7 settembre, istituita nel
1947, cfr. V.A. CERRETA - G. CIOFFARI (a cura di) L’Arciconfraternita dell’Immacolata..., cit., II, fig. 94.
9 La processione di S. Antonio, che si svolge il
13 giugno, fu istituita negli anni Venti di questo
secolo per volontà dei reduci della grande guerra.
10 Napoli, Archivio di Stato, Monasteri soppressi, vol. 1275, ff. non numerati.
11 G. CIOFFARI, Calitri..., cit., p. 27.
12 Cfr. A. VUOLO, Tradizione letteraria e sviluppo cultuale. Il dossier agiografico di Canione di
Atella (secc. X-XV), Napoli 1995; si veda anche G.
CIOFFARI, S. Canio nelle fonti e nella critica storica,
in «Il Calitrano», n.s., 5 (1997), pp. 5-10 e in «Il
Calitrano», n.s., 7 (1998), pp. 5-7.
13 Alcuni brani della Cronica conzana, riguardanti Calitri, sono riportati in C. DE ROSA, Calitri
negli ultimi tre secoli ... cit., pp. 315-332.
14 Un’immagine del santo, perduta, si trovava in
un ciclo di mosaici del VI secolo d.C. che decorava la
basilica di s. Prisco a Capua. Cfr. V. ACOCELLA, Storia
IL CALITRANO
SE LO CONOSCI,
LO… RISPETTI
ì, è vero, viviamo proprio in un’epo-
Sca neroniana; non c’è che dire. La
cronaca quotidiana è, purtroppo, ricca
di episodi raccapriccianti: uxoricidi,
infanticidi, uccisioni di genitori, stupri di
massa, incesti, ecc. Non manca, poi, la
solita violenza razzista esercitata su
qualche malcapitato “reo” di non essere
“comunitario”, quasi a voler affermare la
nostra presunta superiorità… etnica!
Insomma, gira e rigira, ci ritroviamo
a fare i conti con fenomeni che sembravano appartenere al passato remoto.
Dunque, aveva ragione il grande
G.B.Vico, quando parlava di corsi e
ricorsi storici!
Non è ceto per portare una nota di
pessimismo, se si cerca di illustrare la
situazione attuale, così com’è oggi,
drammaticamente voltata al peggio. I
mass media, per aggettivare la società
contemporanea, parlano di “società
complessa”, anche se poi fanno poco, o
niente, per renderla “semplice”. Anzi,
fanno di tutto per alimentare gli aspetti
deteriori che la caratterizzano: individualismo, rampantismo, qualunquismo,
consumismo ecc., ai quali andremo ad
aggiungere due nostri neologismi: crudelismo e arraffismo. Lo sappiamo: c’è
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
poco da stare allegri, ma tant’è. “Ogni
Stato ha il governo che si merita” diceva
un vecchio filosofo e noi, Italiani, ce ne
siamo meritati proprio tanti, se siamo
ridotti in questo… stato.
Le Ferrovie dello Stato funzionano
sempre peggio, nonostante Celentano…;
la Sanità conviene chiamarla Malasanità; la Giustizia diventa sempre più
Ingiustizia; la Scuola produce tanti
somari. L’elenco potrebbe continuare
all’infinito, ma per non tediare i lettori è
preferibile stendere un velo pietoso sul
seguito. Siamo un popolo di blateranti,
non ci sono dubbi. Parliamo troppo, ma
realizziamo poco, molto poco, anche se
siamo molto creativi, ricchi di inventiva
e capacità multiple, che ci hanno resi
(almeno in passato) simpatici all’estero.
Forse meno retorica e meno demagogia, a tutti i livelli, farebbero bene
all’attuale contingenza. Per cominciare,
buttiamo nel cestino la cosiddetta “politica spettacolo”, che è l’ultima trovata
degli occupanti vecchi e nuovi del
nostro Parlamento, per distogliere l’attenzione generale dai problemi reali che
si trovano ad affrontare gli Italiani senza
“blasone”: disoccupazione, miseria,
incertezza per il futuro, tenuta democratica del Paese, unità nazionale ecc.
Riprendendo il tema del razzismo,
che si dice che aumenti in proporzione
alla crisi economica, occorre ammettere
che è vera questa tesi, ma ciò non basta
LE SUORE
NELLA STORIA DI CALITRI
ell’ultima Festa della Famiglia svol-
N tasi a Calitri il 23.05.1998 si è
manifestato un corale, generoso e doveroso rimpianto per il lavoro svolto dalle
Suore, in modo particolare con la Scuola
Materna che recentemente ha smesso di
essere gestita dalle suore, che da oltre
un secolo sono presenti operosamente
nel nostro paese.
È, infatti, fin dal lontano 1891 che la
presenza delle suore del Patrocinio di
San Giuseppe ha animato ed attuato pregevoli iniziative di assistenza ai fanciulli,
alle giovani, alle persone anziane. La
scelta di questa Congregazione la si deve
certamente al sacerdote calitrano don
Luigi Capossela canonico in Roma, che
di concerto col sindaco del paese don
Gaetano Margotta e col cav. Giuseppe
Nicola Berrilli, allora presidente della
Congrega di Carità, progettarono l’istituzione di un “giardino d’infanzia” come
allora si chiamavano gli asili infantili, e
usufruendo di un vecchio lascito della
N.D. signora Maria Rosa Di Cosmo,
fecero venire da Roma una superiora,
suor Pia del Nazzareno, con altre tre
suore, che furono ospitate nei locali attigui alla Cappella di S. Antonio Abate, di
proprietà della famiglia Berrilli, che in
un secondo momento acquistò la Cappella di S. Antonio Abate che divenne
l’oratorio delle suore.
Ben presto, e con il consenso dell’arcivescovo Buglione, nel gennaio 1896 fu
istituito un Pio Sodalizio delle “Figlie di
Maria” per le giovani, che con la partecipazione delle suore e sotto la guida del
direttore spirituale don Giuseppe Cestone,
con numerose lodevoli e meritevoli iniziative è rimasto in attività fino al 1962.
Si può ben pensare quale benedizione
del cielo fu l’arrivo delle suore nel nostro
paese prevalentemente agricolo, dove le
14
a spiegare tutto il fenomeno. Ci sono,
sicuramente, altre componenti, che concorrono ad alimentare questo odio verso
il diverso da noi. Esse sono: scarsa
conoscenza della geografia, della storia,
dell’antropologia nel suo senso più
ampio; il mancato studio di una seconda
lingua, partendo dalle scuole elementari,
rappresenta un’altra tessera di questo
mosaico negativo.
Va detto, infatti, che in genere, nelle
nazioni dove lo studio di una lingua straniera in età congrua (già dai 7 anni) è
ormai un fatto acquisito, la discriminazione razziale è molto minore che altrove. Se ne deve essere accorto anche il
nostro Ministro della Pubblica Istruzione, visto che, con proprio decreto (D.M.
26/06/1991) ha reso obbligatoria l’introduzione di una lingua straniera a partire
dalla 3a elementare.
Con questo provvedimento, la tanto
bistrattata scuola italiana, dà finalmente
un grosso contributo alla sprovincializzazione del nostro Bel Paese, fornendo
così una ulteriore possibilità di allargare
l’orizzonte delle conoscenze interculturali e di educare alla tolleranza interetnica. La guerra nella ex Yugoslavia
dovrebbe insegnarci qualcosa, o no? In
conclusione: se lo conosci… lo rispetti;
parliamo del cittadino straniero, naturalmente!
Domenico Calderone
(da Ruvo del Monte)
famiglie erano costentemente impegnate
nel lavoro dei campi, avere un asilo nido,
che già allora era dedicato alla “Regina
Margherita”, dove poter lasciare i figli,
sapendo che non solo venivano accuditi
con amore, ma anche venivano iniziati
allo studio, alla preghiera, alla vita civile
con recite e laboratori vari.
Le ragazze, invece, sempre più
numerose, trovarono nel Pio Sodalizio
Calitri 1998, la superiora mentre ringrazia il
pubblico dei genitori.
Il CALITRANO
“Figlie di Maria” una sicura guida pratica e spirituale per riempire con impegno
personale lo squallore di un paese che
non aveva nessuna specifica iniziativa
per le donne; e questo fu anche l’inizio e
la sorgente per tante nuove vocazioni,
infatti circa una quarantina di giovani le
ritroveremo suore nella medesima Congregazione delle suore, presso le quali
oltre ad imparare a ricamare, a cucire, a
sbrigare le faccende di casa, avevano la
possibilità di frequentare i sacramenti, di
pregare di imparare a meditare.
Nel 1910 un terremoto di estrema
violenza si abbattè su Calitri provocando
ben quaranta morti e numerosi feriti, e
le suore, con la superiora suor Maria
Scolastica di Gesù, riuscirono a lenire il
dolore di tantissime famiglie con la preghiera e l’insegnamento evangelico, ma
soprattutto col servizio del prossimo più
bisognoso e debole; nel 1915 dirette da
suor Maria Irene, suor Eufrasia e suor
Benedetta le figlie di Maria formarono
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1998
una notissima Schola Cantorum, una
novità assoluta per il paese
Nel 1932, finalmente, vengono assegnati alle suore nuovi locali nel Largo
San Berardino, con l’adattamento, ad
opera degli ingegneri Della Badia e
Toglia, di un immobile di proprietà Del
Franco e Carola che aveva ospitato un
molino pastificio, e l’attività delle suore
si allarga anche alla mendicità col ricovero di persone povere e senza alcuna
assistenza.
Nel 1940 viene affidata alle suore
anche la direzione del refettorio della
nuova Casa dell’ECA e l’apertura dell’asilo nido programmato dall’ONMI e
l’affidamento dei figli delle mietitrici che
erano ospitate appunto nella casa dell’ECA.
Negli anni ’50, con l’apertura di
scuole medie e superiori, le suore estesero la loro attività anche alle ragazze che
venivano a studiare in paese, iniziando
un lavoro di vero e proprio convitto.
Dopo il trasferimento delle suore con
l’Asilo nel palazzo Zampaglione in piazza, si giunge alla cessione, da parte della
Curia, della Chiesa di S. Michele alle
suore, e dopo il lavoro di abbattimento
dell’antica e bella chiesa si arriva alla
inaugurazione dei nuovi locali il 9 settembre 1971 con l’intervento dell’Arcivescovo Gastone Mojaschi Perrelli, finalmente una dimora stabile, nella quale
vengono ospitate, seguite e curate le persone anziane.
È una storia lodevole quella delle
suore e del loro lavoro semplice, silenzioso, ma decisivo, che è entrato, come linfa
vitale, nel tessuto sociale del paese; alla
Superiora, a Suor Valentina, Suor Donata
e Suor Maria Teresa e a tutte le Suore di
Calitri un grazie di cuore da tutti i cittadini riconoscenti per il lavoro svolto e più
ancora per quello che svolgeranno.
Il Cronista
P.S. Tutte le notizie storiche sono
state tratte dalle ricerche del prof. Carlo
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
A CURA DI RAFFAELE SALVANTE
LA NOTT’ R’ SANT’ ANTONIJ
iggh’ ngera zi Vardin’ “’u pilota” cu la m’letta, na mula
femm’na n’ picca maluasa.
Man’ man’ chi camm’navam’ ndo la vianova s’ v’rienn’
semp’ cchiù cr’stian’ cu ciucc’ e mul’; arr’varm’ a lu pont’ r’
Sant’ Antonij n’ stia asp’ttann’ Pasckal’ r’ c’cchett’ cu lu
ciucc’, la caravana s’ facìa semp’ cchiù longa, arr’varm’ v’cin’
a r’ pign’ nn’ret’ a lu tuf’ ng’era na luna chiar’ juorn’, s’ v’rìa
quas’ fin’ a Curtin’, s’ s’ntìa nu r’mor’ r’ ciancianeggh’ e campanieggh’ quanta cr’stian’ quegghia nott’ sciemm’ a leun’ a
M’nticch’, aviemm’ fatt’ tutt’ la stessa p’nzata, chi cantava,
chi chiacchiariava cu li cumpagn’, quegghia nott’ p’ la via r’
M’nticch’ era cum’ si foss’m’ stat’ nda na fera.
Ra Calitr’ p’ arr’và a M’nticch’ ng’ v’lìenn’ cchiù o men’
tre or’, ma quegghia nott’ quant’ n’ v’rerm’ arr’vat’; appena
passata l’Aimara n’ f’ccarm’ ndo lu vosch’ e ognun’ piglià la
via soia, nuj camm’narm’ viers’ li Cap’ r’ l’acqua p’ na bona
mezz’ora, r’ fogl’ r’ l’alber’ nn’ facienn’ passà la luc’ r’ la luna,
ma p’ camm’nà s’ v’rìa bbuon’; arr’varm’ ndov’ Zapp’licch’
avìa aucchiat’ ra paricch’ juorn’ nu v’sc’glit’ aut’ dritt’ cum’ na
cannela.
Sc’nnerm’ ra cavaggh’, amment’ chi ij attaccava r’ v’ttur’,
frat’ma cucin’ facìa r’ fr’cceggh’ p’ carr’cà, zi Vardin e Pasckal’
un’ ra nu lat’ e un’ ra l’aut’ cu l’accetta accumm’nzarn’ a taglià
lu v’scigl’; abb’lavan’ r’ taccul’ chi era nu piacer’, ropp’ poch’
m’nut’ lu v’scigl’ era nterra; tutt’ e quatt’ chi tagliava l’ancun’, chi tr’pp’gghiava e chi spaccava, subb’t’ fec’m’ r’ sarm’,
nuj n’ p’gliarm’ r’ megl’ ca era cchiù queggh’ chi r’mas’ nterra,
Era la sera r’ li rurr’c’ r’ giugn’ r’ lu 1950, ngimma cort’
s’nava la banda ra lu ntav’lat’ p’ la festa r’ sant’ Antonij , p’ lu
cors’ s’ facìa lu strusc’, uagliun’ e f’gliol’ passiavan’ ammont’
e abbagghj’ ra la chiazza a lu m’n’ment’, chi la t’nia na cient’
lira s’ f’ccava ndo lu cafè r’ Toglia o r’ lu Riav’l’ e chi s’accattava nu gg’lat’, chi na birra, chi na gassosa, chi s’accattava r’
n’cegghj’ o la cupeta ngimma a r’ bancaregghj’ e chi n’ t’nìa
sold’ passiava ammont’ e rabbagghj’.
Viers’ mezzanott’ f’rnì r’ s’nà la banda e ment’ chi n’
stiemm’ r’trann’ frat’ma cucin’ “Zapp’licch’” - accussì s’
chiamava r’ stuort’ nom’, (lu possan’ li cumpagn’) ca t’nìa nu
mul’ aut’ quas’ ruj metr’ e igghj’ era si e no nu metr’ e miezz’,
e li cumpagn’ ‘u r’cienn’ cum faj a carr’cà lu mul’ ca tu sì
quant’ nu zapp’licch’- m’ riss’, fratì, vo v’nì a M’nticch’ ? ‘u
r’ciett’ sin’ , mò vagh’ a casa m’ cambj’ e n’ sciam’.
Sciett’ a casa, mamma e tata s’eran’ curquat’, ogn’ bota
chi m’ r’trava tard’ la nott’, cum’ apria la porta mamma auzava
la cap’ ra cimma a lu cuscin’, appena trasiett’ ‘u r’ciett’ : ma’
aggia sci a leun’ cu C’nzin’ r’ zi Cicc’ ; ij a leun’ scia semp’ e
mamma m’ riss’ va buon’, acchianaj ngimma a l’anat’, ghià
t’nìa ‘u liett’, m’ cambiaj r’ scarp’, la cammisa e li cauzun’,
m’ttiett’ la varda a la ciuccia, m’ p’gliaj l’accetta, e ment’ chi
stia assenn’ ra la porta arr’và Zapplicch’ cu Martin’ a capezza –
accussì sì chiamava lu mul’ r’ frat’ma cucin’- nzemm’r’ cu
15
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
mentre uscivo di casa arrivava Zapp’licch’ con Martino così si
chiamava il suo mulo, insieme a lui c’era zio Berardino detto
“il pilota” con la sua muletta un po’ selvaggia.
Man mano che camminavamo nella strada si vedevano
sempre più persone con l’asino o il mulo, arrivammo al ponte
di Sant’Antonio, dove ci aspettava Pasquale r’ c’cchett’ con
l’asino, la carovana si faceva sempre più lunga, arrivammo
vicino ai pini dietro il tufo c’era una luna chiara che si vedeva
quasi fino a Cortino, si sentiva uno scampanio rumoroso, quanta gente quella notte che andava a legna a Monticchio, avevamo
avuto tutti lo stesso pensiero, e quella notte per la via di Monticchio era come essere in una fiera.
Da Calitri per arrivare a Monticchio ci volevano più o
meno tre ore, ma quella notte ci sembrò niente, appena superata l’Aimara ci inoltrarmo nel bosco ed ognuno prese la sua
strada, noi andammo verso la località Capo dell’acqua per
una buona mezz’ora, le foglie degli alberi non facevano passare i raggi della luna, ma per camminare si vedeva bene, arrivammo dove Zapp’li’ch’ aveva adocchiato da parecchi giorni
un grosso cerro diritto come una candela.
Scendemmo da cavallo, e mentre io legavo gli animali mio
cugino faceva due paletti a forca per caricare gli animali, mentre zio Berardino e Pasquale uno da un lato e uno dall’altro con
le scuri cominciarono ad abbattere il cerro, volavano schegge
che era un piacere, dopo pochi minuti il cerro era atterrato,
tutti e quattro al lavoro chi tagliava i rami, chi spaccava la
legna e così via. Poi ognuno cominciò a caricave il proprio
animale prendendo la legna migliore, ma era più quella restata
a terra; nel caricare l’animale si doveva avere un occhio molto
attento perché il carico non pendesse da qualche lato, altrimenti i mulattieri di professione ci avrebbero sbeffeggiato.
Per ultimo si trasportarono anche i paletti a forca, perché se
per disavventura cascava un animale, bisognava scaricare e poi
ricaricare la legna; appena terminato di caricare ci avviammo
verso Calitri; usciti dal bosco cominciava a fare giorno e più si
vedeva la lunga carovana di asini e muli, il sole spuntò quando
arrivammo al Ponte delle cinque luci.
Dopo Rifezza a Votar’ng’negghia al lato sopra il carraro
c’era un ciliegio bianco e chiunque passava tirava un ramo e
prendeva le ciliegie, e appena terminate noi giovani salivamo
sopra e prima ci riempivamo le tasche e dopo le mettevamo
dentro la maglia e così il povero ciliegio restò saccheggiato,
sotto avevano seminato la car’segghia che era pronta per essere
mietuta, l’avevamo tutta pesticciata, sembrava di aver fatto n’aria, quando il padrone andrà in campagna resterà sbalordito.
Quando arrivammo a Cortino, il sole cominciava ad alzarsi,
per tutta la costa della Taverna si vedeva una vera processione
di asini e muli carichi di legna, mentre salivamo la costa, dietro
gli animali restò zio Berardino e Pasquale, mentre io e mio
cugino andammo a cogliere fichi grossi quanto un pugno, e per
farli assaggiare a zio Berardino e Pasquale li mettemmo nella
maglia che avevamo ed avendo ancora il latte, una volta schiacciate ci provocò un prurito che ci costrinse a grattare continuamente la pancia. Arrivammo a Calitri che il sole era alto e
cominciava a far caldo, arrivai a casa scaricai l’asina, le tolsi il
basto le misi una abbondante misura di avena, misi a posto la
legna, due secchi d’acqua nella caldaia di rame rosso, mi detti
una lavata e andai a letto sul ballatoio.
All’ora del pranzo mia madre mi chiamò, aveva cucinato le
orecchie di preti, mi alzai, ne mangiai mezza spasetta e me ne
tornai a letto. La sera eravamo di nuovo tutti ad ascoltare la
banda e a fare lo struscio in piazza. La notte di Sant’Antonio
aveva fatto la grandine ad aria serena nel bosco di Monticchio!…
Metallo Vincenzo (da Roma)
ognun’ s’ carr’cava la v’ttura soia, la sarma avìa ess’ azz’mata
azz’mata, nun avìa penn’ ne a nu lat’ e ne a l’aut’.
La v’ttura r’ carr’cava cu l’occh’, avìa parè bona s’nò li
m’lattier’ n’ sf’ttienn’ a nuj chi t’niemm’ lu ciucc’, a l’ut’m’ s’
carr’cavan’ pur’ r’ fr’cceggh’, ca si nun sia maj carìa na v’ttura,
s’avìa prima scarr’cà, n’aviemma sacrer’ ca nun s’era fatta
mal’ e carr’cà nata vota.
Appena f’rnut’ r’ carr’cà n’abbiarm’ viers’ Calitr’, quann’
asserm’ ra lu vosch’ accumm’nzava a fa juorn’, cchiù s’ facìa
juorn’ e cchiù s’ v’rìa la caravana r’ ciucc’ e mul’ ca s’allunguava, ‘u sol’ n’ luà a lu pont’ r cinch’ luc’.
Ropp’ R’fezza a Vota r’ng’negghia a lu lat’ r’ cimma lu
carrar’ ng’era nu c’ras’ ianch’, ognun’ chi passava t’rava na
rama e s’ facìa r’ c’ras’, quann’ eran’ f’rnut’ queggh’ r’ sotta nuj
uagliun’ acchianavam’ ngimma e prima n’anghiemm’ r’ sacch’
e ropp’ n’ r’ m’ttiemm’ mbiett’, a l’ut’m’ lu pov’r’ c’ras’ era
r’mast’ tutt’ sckancarat’ e ram’ nterra, sotta avienn’ s’mm’nat’ la
car’segghia chi era pronta p’ ess’ m’tuta, l’aviemma totta
stamp’sciata, parìa ca aviemm’ fatt’ l’aria, quann’ scia lu patron’
s’ l’avìa p’glià bbuon’ lu r’frisck!…
Quann’ arr’varm’ a Curtin’, lu sol’ s’accumm’nzava auzà,
p’ totta la costa r’ la Taverna s’ v’rìa na pr’gg’ssion’ r’ ciucc’ e
mul’ carr’ch’ r’ leun’, a ment’ chi acchianavam’ la costa,
appriess’ a r’ v’ttur’ r’mas’ zi Vardin’ e Pasckal’, ij e frat’ma
cucin’ scerm’ a fich’, cert’ ulommar’ eran’ quant’ nu p’con’, p’
r’ fa pr’và a zi Vardin’ e Pasckal’ n’ r’ m’tterm’ mbiett’, ind’ a la
cammisa ropp’ chi s’era scafazzata ca t’nìa ancora r’ latt’ s’
s’mm’vì nu p’rrit’ e m’ hrattava semp’ la panza.
Arr’varm’ a Calitr’, lu sol’ era aut’ e accumm’nzava a fa
call’, arr’vaj a casa, scarr’caj la ciuccia, ‘u luaj la varda, ‘u
m’ttiett’ na bona m’sura r’ vena e fav’, m’ttiett’ a post’ r’ leun’,
m’ttiett’ ruj s’cchiett’ r’acqua ndo la callara r’ rama rossa, m’
riett’ na lavata e m’ sciett’ a curquà ngimma a l’anat’.
Quann’ era ora r’ mangià, mamma m’ chiamà, avìa fatt’
r’aurecch’ r’ prieut’, m’auzaj, m’ ch’caj na mezza spasetta
r’aurecch’ e m’ cruqquaj n’ata vota; la sera jerm’ tutt’ quanta
nata vota a sent’ la banda e a fa lu strusc’ ngimma cort’. La
nott’ r’ Sant’Antonij avìa fatt’ la hrannaneta a arij s’ren’ nda lu
vosch’ r’ M’nticch’!...
LA NOTTE DI SANT’ANTONIO
Era la sera del 12 giugno 1950 in piazza suonava la banda
sul palco, per la festa di Sant’Antonio, giovanotti e signorine
passeggiavano su e giù dalla piazza al monumento, chi aveva
una cento lire andava al bar Toglia o al Bar Diavolo per comprarsi un gelato, una birra, una gassosa, chi si comprava le
nocelline americane o il torrone sulle bancarelle e chi non
aveva soldi passeggiava su e giù.
Verso la mezzanotte la banda in piazza terminò di suonare,
e mentre stavamo andando via, mio cugino “Zapp’licch’”
– così lo avevano soprannominato i compagni, che si meravigliavano come facesse a caricare il suo mulo che era alto quasi
due metri, mentre lui era soltanto un metro e mezzo – mi disse
vuoi venire a Monticchio?
Gli dissi di si, vado a casa a cambiarmi e ce ne andiamo;
andai a casa mia madre e mio padre erano a letto, ogni volta
che rientravo tardi la notte, come aprivo la porta, mia madre
alzava la testa dal cuscino, appena entrato le dissi che dovevo
andare a fare la legna con Vincenzo di zio Ciccio, andavo abitualmente a legna e mia madre disse che potevo andare.
Salii sul ballatoio, dove avevo il letto, mi cambiai le scarpe,
la camicia e i pantaloni, misi il basto all’asina, presi la scure e
16
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo dal 24.06.1998 al 16.10.1998, sono stati rilevati
presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
NATI
Laurentini Lorenzo di Fabio e di Di Palumbo Emmanuela
Zarrilli Gerardo di Giuseppe e di Metallo Francesca
Lucrezia Mariachiara di Antonio e di Nivone Lucia
Messana Monica di Vito e di Caruso Antonietta
Di Muro Noemi di Giuseppe Canio Claudio e di
Zarrilli Maria Gaetana
Tornillo Emidio di Luigi e di Carafa Vincenza
Cerreta Antonietta di Giuseppe e di Di Milia Patrizia
Stanco Enzo di Giovanni e di Rosania Giovanna
Margotta Mario di Giuseppe e di Di Vito Dina Michela
Cestone Lorenzo di Benedetto e di Luongo Margherita
Sansone Salvatore di Michele e di Araneo Rosanna
Maffucci Canio di Michele e di Zarrilli Pierina
Marino Gabriele di Bruno e di Vulcano Adele
Zarrilli Silvia di Giuseppe e di Tancredi Giuseppina
Antonicelli Leonardo di Marco e di Tozzi Lucia
Basile Renato di Francesco e di Di Milia Graziella
Zabatta Yuri di Vincenzo e di Belculfine’ Antonietta
Zabatta Mirko di Vincenzo e di Belculfine’ Antonietta
Zabatta Luca di Canio e di Di Cecca Vincenzina
Zarrilli Federica di Pasquale e di Lucrezia Enza Maria
Lucrezia Daniele di Luigi e di Caruso Maria
Iannece Chiara di Carmine e di Errico Rosa
Caruso Alessia di Angelo e di Pannisco Armida
Lettieri Daniele di Antonio e di Daniele Nicolina
Maffucci Antonio di Pietro e di Rossi Cecilia
Maffucci Miriam di Vito Antonio e di Zarrilli Grazia
Zarrilli Manuela di Giuseppe e di Buldo Lucia
Di Roma Gianluigi di Antonio e di Rosania Gerardina
D’Emilia Maurizio di Pasqualino e di Russo Maria
25.04.1998
23.06.1998
27.06.1998
29.06.1998
29.06.1998
30.06.1998
04.07.1998
15.07.1998
22.07.1998
22.07.1998
31.07.1998
12.08.1998
14.08.1998
17.08.1998
19.08.1998
24.08.1998
01.09.1998
01.09.1998
04.09.1998
07.09.1998
16.09.1998
18.09.1998
20.09.1998
23.09.1998
26.09.1998
27.09.1998
30.09.1998
06.10.1998
12.10.1998
MATRIMONI
Barletta Angelo e Fastiggi Luciana
Acocella Michele e Di Cairano Antonella
Rainone Michele e Cesta Teresa
Russo Giovanni e Sperduto Enza
Di Milia Michele e Cianci Giovanna
Stanco Salvatore e Morano M. Antonietta
Angelillo Michele e Stanco M. Concetta
De Nicola Luigi e Galgano Irma Loredana
Pennimpede Gerardo e Margotta Francesca
Zabatta Michele e Kaca Dhorika
Solazzo Antonio e M. Anna Maria
Buldo Vincenzo e Karcini Etleva
Zarra Michele e Cialeo M. Antonietta
Maffucci Franco Mario e Fierravanti Maria
Creddo Walter e Scoca Franca
Cirasella Antonio e Metallo Paola
Zarrilli Luigi Franco e Di Guglielmo Angela
Cestone Antonio e Caruso Antonella
Astone Giosuè e Wegrzyn Elzbieta
De Gianni Michele e Cucciniello Lucia
Rainone Canio e Sibilia Mirella
Cianci Benito e Caruso Giuseppina
Cicoira Antonio e Galgano Luciana
Visilli Silvio e Metallo Rosetta
27.06.1998
11.07.1998
18.07.1998
01.08.1998
05.08.1998
05.08.1998
08.08.1998
08.08.1998
13.08.1998
13.08.1998
19.08.1998
20.08.1998
22.08.1998
27.08.1998
29.08.1998
02.09.1998
05.09.1998
05.09.1998
09.09.1998
09.09.1998
10.09.1998
12.09.1998
26.09.1998
03.10.1998
MORTI
Zampaglione Biagio
Di Napoli Lucia
Tita Antonio (Ruvo)
Russo Umberto Gerardo
Lucrezia M. Anna
Ungherese Vito
Del Cogliano M. Benedetta
Nicolais Luigi
Immerso Pasquale
Ricciardi Lucia Gaetana
De Nicola Rosetta
Codella Michele
Cestone Donato
Cardaci Vita
Strollo Orazio
Gambardella Ida
Galgano Vito
Armiento Vito
Zarrilli M. Giuseppa
Stanco Vincenzo
Cubelli Maria
Di Cairano Antonio
Vallario M. Giuseppa
Fatone Vincenza
Di Maio Leonardo
Maffucci Angela
Maffucci Donato
Fastiggi M. Michela
Santoro Francesco
Cestone Maria
Cestone Giovanni
Germano Vincenza
Di Cairano Lucia
Corazzelli M. Giuseppa
Di Milia M. Filomena
Cubelli Concetta
Nicolais Antonio
Cicoira Angela
Abate Giovanni
Maffucci Giovanni
Ungherese Nicola
Cestone Vito
Di Guglielmo Angela
Corazzelli Giuseppe
Tateo Cherubina
08.08.1908 – 13.06.1998
16.06.1907 - 24.06.1998
08.10.1907 - 30.06.1998
12.08.1939 - 30.06.1998
27.10.1904 - 01.07.1998
25.07.1913 - 02.07.1998
28.05.1914 - 03.07.1998
18.10.1936 - 08.09.1998
13.04.1914 - 08.07.1998
27.10.1910 - 09.07.1998
04.05.1951 - 21.07.1998
16.07.1911 - 23.07.1998
17.04.1929 - 24.07.1998
09.07.1917 - 27.07.1998
15.04.1933 - 02.08.1998
11.08.1907 - 05.08.1998
12.09.1919 - 06.08.1998
01.01.1926 - 14.08.1998
22.04.1920 - 22.08.1998
27.08.1903 - 28.08.1998
05.03.1916 - 06.09.1998
08.09.1940 - 19.09.1998
19.10.1920 - 20.09.1998
17
12.02.1918 - 24.09.1998
26.07.1909 - 28.09.1998
10.03.1912 - 29.09.1998
04.07.1912 - 04.10.1998
15.02.1922 - 04.10.1998
04.08.1904 - 07.10.1998
25.04.1907 - 11.10.1998
09.10.1917 - 28.04.1998
08.08.1915 - 30.04.1998
10.12.1908 - 01.05.1998
20.04.1911 - 05.05.1998
10.01.1920 - 07.05.1998
17.10.1920 - 15.05.1998
23.06.1897 - 15.05.1998
22.01.1910 - 17.05.1998
25.08.1919 - 18.05.1998
22.06.1943 - 26.05.1998
01.03.1909 - 01.06.1998
26.09.1909 - 02.06.1998
09.08.1910 - 08.06.1998
05.08.1930 - 10.06.1998
10.12.1915 - 17.06.1998
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
ciardi Gaetanina - Iannolillo Giovanni - Lo Priore Pasquale.
30.000: Maffucci Vittorio - Del Re Nicola - Ramundo Michelina Vallario Berardino - Stanco Michele - Caruso Salvatore - Zarrilli
Michele, Via Verdi 1 - Maffucci Angelomaria, Contrada Fica 4 Stanco Salvatore - Nicolais Raffaele - Di Milia Maria, Via Manzoni 8 - Electron di Maffucci Antonio - Cianci Maria Angelo Panelli Armando - Gautieri Vincenzo - Paolantonio Vito - Cerreta
Michele - Di Napoli Salvatore Antonio - Di Cecca Angelomaria Zabatta Vincenzo - Metallo Michele, Via Circonvallazione 119 Nivone Michele - Zabatta Lucia, Via Manzoni 10 - Martiniello
Vito, Via Pittoli - Santamaria Francesco - Sansone Lorenzina Mucci Luciano - Cestone Francesco - Di Milia Vito e Angelo Gallucci Vincenzo - Gautieri Leonardo - Lampariello Michele Ricciardi Giuseppe - Cicoira Romualdo - Basile Emma e Aniello Zabatta Vittorio - Sagliocco Rosa - Maffucci Franco - Nicolais
Francesco - Di Carlo Felicetta.
50.000: Di Napoli Fortunata - Salvante Raffaella - Gervasi
Canio - Di Maio Teresa - Di Cecca Grazia - Armiento Giuseppe Lucev Donato - Codella Vito - Cicoira Osvaldo - Maffucci Salvatore - Paolantonio Rosa - Lucrezia Luigina - Girardi Giuseppe - Di
Maio Luigi - RAS Assicurazioni Calitri - CISL, Metallo Antonio N.N. - Toglia Michele - Galgano Giovanni - Metallo Del Re Fiorina - Ferrara Nicolais Dora - Nicolais Angelo Maria - Galgano
Maria - Caputo Vitantonio - CONI SUD - Santeusania Giovanni Guglielmo Filomena - De Nicola Armando - Fastiggi Giuseppe,
Contrada Sambuco - Polestra Vincenzo - Polestra Vito - Maffucci
Giuseppe, Via M. Cicoira 1.
100.000: MIRA di Armiento Vincenzo - N.N. - N.N. - Cicoira
Emilio - Gervasi Canio - Polestra Maria.
DA CALITRI
10.000: Maffucci Giovanna - Sperduto Giovanni - Cerreta Giuseppe - Galgano Pasquale - Leone Giuseppe - Tancredi Giuseppe
- Margotta Michele, Paludi di Pittoli - Cestone Franchino - Russo
Giovanni - Sicuranza Giovanni - Di Roma Giuseppe - Tateo Antonio - Fasulo Sergio - Di Maio Michele - Cestone Michelina - Briuolo Angela - Panelli Peppino - Cerreta Giuseppe - Iannece Antonio
- Fatone M. Concetta - Gervasi Benedetta - Bavosa Flavia - Di
Cecca Giovanna - Ramundo Dante - Metallo Vito - Maffucci
Canio, Via F. Tedesco 163 - Fasulo Vito - Mastrullo Giuseppe Antolino Caterina - Lo Priore Canio - Di Guglielmo Francesco - Di
Napoli Gaetano Via Card. Gesualdo 4 - Giuliano Salvatore - Vallario Lorenzo - Di Cairano Lucia - D’Amelio Pietro - Gervasi Giuseppe - Paolantonio Paolo - Caruso Antonia - Zarrilli Antonio,
Via II° Pittoli 5 - Maffucci Angelomaria, Via Concezione 169 Briuolo Angela.
15.000: Maffucci Eduardo - Russo Antonio - Galgano Donato,
marmista - Gallucci Carmela - Toglia Michelina - Maffucci Vittorio
- Cerreta Rosa Antonia - Metallo Giovanni - Zabatta Vincenzo, Via
Macello 12 - Racioppi Agostino - Di Maio Giuseppe, Vico Cirminiello 13 - Acocella Antonietta - Tornillo Giuseppe Nicola - Cialeo
Iolanda - Metallo Rocco - Caputo Vincenzo - Zarrilli Canio, Via De
Sanctis 33 - Sperduto Angelomaria - Cestone Gaetano - Di Cecca
Antonia e Paola - Caputo Pietro - Maffucci Canio, Via F. Tedesco
163 - Pastore Maria Rosa - Nivone Antonio.
20.000: Cianci Maria Antonia - Tuozzolo Donato - Zarrilli
Canio - Armiento Orazio - Di Luzio Antonio - Vallario Canio Cestone Giuseppe, Corso Garibaldi 29 - Miranda Pasquale
Antonio - Del Re Michele - Di Cosmo Canio - Cerreta Alfonso Di Milia Michele - Armiento Maria Giuseppa - Rainone Giuseppe - Gervasi Rosa, Piazza Michelangelo 1 - Maffucci Lorenzo Del Moro Vincenzo - Fastiggi Giuseppe - Metallo Giovanni,
Paludi di Pittoli - Cubelli Iolanda - De Luca Maria - Cerreta
Francesco - Rosania Gaetana - Rubino Antonietta - Zarrilli Canio,
Via Libertà 1 - Gallo Gaetano, Carcatondo - Cesta Maria Irene
- Galgano Giovanni - Zabatta Vito, Via A. Del Re 22 - Stanco
Maria Antonia - Scoca Vincenzo, Via Pittoli 86 - Lettieri Angelomaria - Rinaldi Giovanni - Di Maio Lampariello Concettina - Di
Guglielmo Angela e Michele - Nivone Giuseppe - Nivone Felice
- Codella Francesca - Maffucci Franco Mario - Cianci Alessandro
- Maffucci Giuseppe Mario - Immerso Maria - Nannariello
Migliorina - Di Milia Maria - Buldo Giovanni - Russo Donato Martiniello Michele - Cirminiello Angelomaria - Cestone Canio,
Vico I ° Marconi 16 - Cerreta Antonio, Via Manzoni 32 - Santoro Angiolina - Salvante Michele - Lucrezia Vincenzina - Cianci
Enzo - Metallo Colomba - Immerso Lidia - Di Cecca Giovanni Cirminiello Vittorio - Russo Maria e Canio - Di Napoli Rocco Cubelli Vincenzo - Zarrilli Maria Grazia - Fiordellisi Antonio - Di
Carlo Antonio - Metallo Giovanni Battista - Capossela Giovanni
- Caputo Vittorio - Margotta Angela in Cantarella - Cerreta
Maria - Lettieri Pietro - Tuozzolo Rosamaria e Raffaele - Sacino
Francesco - Tateo Angelo - Cirminiello Francesco - Di Milia Pietro
- Scoca Vincenzo - Lucadamo Vincenzo - Giarla Angelo - Fastiggi Angelo - Acocella Gabriele - Iannella Rodolfo - Cianci Alessandro - Maffucci Antonietta ved. Codella - Rainone Lucia Cubelli Giuseppe Di Cairano Gaetano - Circolo 78 - Di Muro
Leonardo - Margotta Di Maio Francesca - Galgano Umberto Cialeo Vincenzo - Gautieri Vincenzo - Di Roma Antonio, Via De
Chirico - Zabatta Rocco, Via A. Del Re 19 - Margotta Quaranta
Concetta - Melaccio Gerardo - De Nicola Giuseppe, Via F. De
Sanctis 57 - Cestone Benedetto, Ortofrutta - Di Cosmo Antonio Di Milia Vincenzo, Montecaruso - Armiento Marianna - Martiniello Canio - Della Badia Vincenzo – Russo Angelo – Zabatta
Domenico – Maiello Vito – Zarrilli Luigia in Fierravanti.
25.000: Armiento Canio - Di Milia Antonio, Via Circonvallazione
44 - Zarrilli Donato - Don Vincenzo Cubelli - Cubelli Giovanni - Ric-
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
10.000: Codella Michele (Pavona) - Galgano Luigi (Roma) Maffucci Michele (Novate M.se) - Capozi Bruno (Roma) - Cerreta Giuseppe (Cambiano) - Algeri Alba (Retorbido) - Maffucci
Vincenza (Palma Campania).
15.000: Cristiani Michelina (Miradolo Terme) - Zarrilli Lina
(Birone di Giussano) - Lucrezia Raffaele (Bollate) - Cestone Giovanni (Pinerolo) - Cestone Vito (Ponte Tresa) - Cerreta Ciro (Avellino) - Ricciardi Vitale (Portici) - Zabatta Giuseppe (Nova Milanese).
20.000: Algeri Alba (Retorbido) - Cerreta Vincenzo (Torino) Stanco Angela in Forgione (Lentate S.S.) - Caprio Donato (Quarto)
- Farina Simone Antonietta (Monza) - Vallario Giuseppe (Grugliasco) - Fastiggi Canio (Caserta) - Leone Vito (Bologna) - Russo
Michele (Potenza) - Mapelli Elisa (Bergamo) - Mutti Maria Teresa
(Bergamo) - Margotta franchino (Olgiate Comasco) - Cubelli Orazio (Portici) - Nannariello Giuseppe (Pozzo di Gotto) - Russo Eleonora (Ventimiglia) - Ruggiero Angela (Giussano) - Di Napoli Vincenzo (Bologna) - Strollo Giuseppe (S. Miniato Basso) - Fierravanti
Pasquale (Torino) - Pennella Giuseppe (Trani) - Miano Mario
(Napoli) - Di Napoli Gaetano (Latina) - Scoca Giuseppe (Roma) Codella Luigina (Poggibonsi) - Margotta Vincenzo (Salerno).
25.000: Pasqualicchio Vincenzo (Salerno).
30.000: Senerchia Vincenzo (Casalgrande) - Galli Alvaro
(Capoliveri) - Mucci Vito Michele (Sesto S. Giovanni) - Nicolais
Rocco (Como) - Nicolais Luigi (Como) - Del Cogliano Berardino
(Salerno) - Aristico Antonio (Siena) - Rauseo Maria Francesca
(Bologna) - Pastore Franco e Leonardo (Taranto) - Di Cecca Vincenzo (Mariano C.se) - Marra Sigismondo (Milano) - Cerreta
Canio (Forlì) - Ruggiero Canio (Carugo) - Polidoro Berardino
(Ariano Irpino) - Fastiggi Canio (Ponsacco) - Metallo Mauro (Brescia) - Gizzi Nicola (Cambiano) - Cioffari Maria (Novara) - Gallucci Donato (Ancona) - Farese Raffaele (Conza della Campania)
- Di Marco Antonio (Taranto) - Gautieri Antonio (Mariano C.se) Tornillo Lucia (Salerno) - Di Napoli Luigi (Latina) - Di Maio Gio-
18
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
vanna (Roma) - Cioffari Anna (Genova) - Maffucci Donato
(Mariano C.se) - Zarrilli Maria Concetta (Pianopoli).
40.000: Fr. Vincenzo Codella (Napoli).
50.000: Berti Alessandro (Firenze) - Gori Stefano (Firenze) Frucci Angelo (Roma) - Nicolais Giuseppina - Cestone Mario
(Brescia) - Giuliano Canio (Genova) - Stanco Salvatore (Salerno)
- Cianci Michele (Brescia) - Rubino Enza (Mentana) - Buono
Marcello (Avellino) - Cerreta Canio (Firenze) - Di Cairano Enzo
(Francavilla a Mare) - Bozza Elvira (Napoli) - Maiello Savino
(Roma) - Frucci Liliana (Napoli) - Metallo Cesare (S. Giorgio a
Cremano) - Cestone Pasquale (Busto Arsizio) - Mancino Lisa e
Pasquale (Cerignola) - Toglia Sergio (Napoli) - Tornillo Angelomaria (Potenza) - Leone Angelo (Abano Terme) - Di Napoli
Pasquale (Milano) - Cioffari Raffaele (Milano) - Metallo Vincenzo
(Roma) - Di Carlo Alfredo (Avellino) - Bonucchi Alfonso (Roma).
60.000: Frasca Vincenzo (Roma) - Di Napoli Pio (Roma) - Di
Maio Giuseppe (Besano).
100.000: Maffucci Antonio (Poggio a Caiano) - Del Cogliano
Maria Michela (Caserta) - Leone Mario (Bari).
nella Legnaro Maria Rosa 15.000 - Catano Vincenzo 20.000 Dragone Leone 10.000.
FRANCIA: Lucrezia Nicola 50.000.
GERMANIA: Salvante Giovanni 50.000 - Zabatta Giovanni
20.000 - Gautieri Gaetano DM 50 - Vallario Giovanni 10.000.
INGHILTERRA: Galgano Vincenzo 50.000.
SVIZZERA: Vallario Pietro 30.000 - Maffucci Giovannino DM
20 - Altieri Vito 30.000.
U.S.A.: Beardell Yane $ 20 - Nicholas Joseph $ 20 - Fastiggi
Mario 50.000 - Frucci Bruno $ 60 - Zazzarino Antonio $ 25 Monaco Angelina $ 20 - Casimiro Nicolais Maria $ 10 – Lucrezia Giuseppina $ 10 – Pavese Angelina $ 90.
ARGENTINA: Buldo Angelo $ 20.
AUSTRALIA: Di Maio Antonio $ 50 - Di Carlo Filomena $ 40.
BRASILE: Di Napoli Berardino $ 20 - Aristico Canio Vincenzo
30.000.
URUGUAY: Metallo Antonietta 25.000.
VENEZUELA: Galgano Michele 150.000 - Di Cairano Gaetano 100.000 - Simone Giuseppe 100.000 - Cicoira Vincenzo
100.000 - Bozza Vito 100.000.
DALL’ESTERO
Chiediamo scusa e comprensione
per qualsiasi involontaria omissione
BELGIO: Rubino Vincenzo 25.000 - Galgano Antonio 25.000
- Maloteau Charles 25.000 - Mignone Antonio 20.000 - Pan-
R E Q U I E S C A N T
Vito Zarrilli
25.08.1917 - † 05.09.1997
Maria Francesca
Maffucci
16.09.1952 - † 16.12.1997
Sei andata via senza dirci
niente, ma sei sempre nei
nostri cuori con tanto
amore.
Il marito Mario, i figli
Giuseppina, Gennaro,
Lucia, Antonietta, Marco,
i generi, i nipoti e
gli amici tutti.
Non l’abbiamo perduto,
egli dimora prima
di noi nella pace di Dio.
(S. Agostino)
Michele Frucci
3.02.1936 - † 18.06. 1998
Vincenza D’Auria in
Zarrilli
1928 - † 09.11.1995
È tornato alla casa del
Padre, lasciando nella
tristezza e nel dolore
la moglie Liliana i figli
Jole e Gianluca i fratelli
Costantino e Bruno.
Le anime elette godono
la gloria del Paradiso.
Un ricordo da parte dei
familiari, a tutti coloro
che gli vollero bene.
P A C E
Giuseppe Del Cogliano
19.03.1929 - † 15.09.1997
La tua scomparsa ci ha
lasciati nello sgomento
I parenti tutti ti
ricordano con immutato
amore.
Giovanni Abate
25.08.1919 - † 18.05.1998
I N
Nel terzo tristissimo
anniversario della tua
dipartita i parenti tutti
ti ricordano
con l’amore di sempre.
Donato Maffucci
4.07.1912 - † 4.10.1998
È stato rapito all’amore della famiglia z’ R’nat’ lu sahr’stan’
che dal 1935 fino al terremoto del 1980, insieme alla moglie
Lucia Pastore ha svolto il lavoro di sagrista presso la chiesa
dell’Immacolata Concezione.
Lo ricordano commossi e con immutato affetto i figli
Gerardo, Antonio, Rosa, Vincenza, e Giovanni; le nuore
Tullia, Teresa e Assunta, il genero Salvatore i nipoti tutti,
insieme ai parenti.
19
Mentre eravamo già in stampa ci è giunta, graditissima,
l’ultima pubblicazione dell’amico Pompeo Russoniello:
Storia del Convento di S. Maria della Consolazione dei
Francescani Riformati a S. Andrea di Conza (1607- 1865)
– Edizioni La Ginestra, Avellino 1998.
Un bellissimo volume ricco di interessanti notizie e documenti rari. Complimenti vivissimi al carissimo Pompeo.
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
Erbe di Casa Nostra
L’AGLIO
Albium Sativa è un’erba che si
L’trova in molti orti; il suo vero nome
non è del tutto noto. Alcuni studiosi
sostengono che potrebbe essere collegato al “All” una parola celtica dal significato di bruciato cioè caldo. Infatti quando si ingerisce porta tutte queste manifestazioni di ardore dei sensi che può
suscitare; i Romani lo consideravano un
ortaggio saporito destinato alla classe
povera e piuttosto rustica; al contrario,
lungo le sponde del Nilo era considerato
un simbolo divino e si manifestava in
tutte le sue caratteristiche del potere.
Sembra che il re Enrico IV d’Inghilterra, già in età matura lo consumasse
giornalmente per mantenersi virile ed
arzillo; certo la capacità di stimolare il
vigore è una virtù non trascurabile
L’aglio viene anche considerato una
delicatezza in Egitto, dove anni fa si inse-
CONCORSI
XXXI PREMIO NAZIONALE
LETTERARIO
SILARUS
Associazione Silarus e l’omonima rivista
bandiscono il XXXI concorso letteraio,
L’
che si divide in tre sezioni: narrativa (racconti e novelle), poesia e saggistica (saggi su personaggi, opere o aspetti originali della letteratura contemporanea).
I lavori dovranno essere inediti. Ogni autore
potrà concorrere per le tre sezioni con un solo
racconto (sez. narrativa) con una o due liriche
in lingua italiana (sez. poesia) e con un solo
saggio critico (sez. saggistica). I racconti non
devono superare le sei cartelle dattiloscritte ed
i saggi dieci. Le poesie devono avere una lunghezza massima di trenta versi. Si gradisce
l’invio del curriculum e di una foto.
Non è prevista alcuna tassa di lettura
A ciascun premiato delle tre sezioni verrà
assegnato il “Trofeo Sìlarus”, e medaglie al
2° e 3° classificato; i segnalati riceveranno un
diploma.
Tutti gli elaborati inviati non possono essere
pubblicati dai concorrenti su altre riviste fino
al 31 dicembre 1999; i manoscritti, come pure
ogni altro materiale, non saranno in nessun
caso restituiti.
gnava ai bambini d’Israele a cibarsene;
cibo caro ai soldati romani, era diventato
un simbolo della vita militare, idoneo a
stimolare la resistenza ed il coraggio.
L’aglio appartiene alla famiglia delle
liliacee, con fiori rosa-violacei, le foglie
sono lunghe, piatte e cilindriche. In
Inghilterra veniva coltivato prima del
1540; il nome è di origine anglosassone
(garlir) che è una derivazione delle parole spada ed (lac) era considerata la punta.
Narra una leggenda di Maometto
che, quando Satana uscì fuori dal giardino dell’Eden dopo la caduta dell’uomo,
l’aglio spuntò dopo aver posto il suo
piede sinistro e poggiando il destro uscì
la cipolla.
Questo bulbo aiuta a purificare il
sangue, abbassa la pressione ed è indicato per tutti coloro che soffrono di reumatismi e di artrite. Inoltre, serve come
cataplasma per calli, verruche e frizioni
che rinvigoriscono il corpo.
UN NUOVO
GIORNALE
n segnale di una maturità
che non vive ai margini
U
della realtà, ma con coraggio si
assume la responsabilità delle
situazioni, ci arriva dalla vicina
Monteverde con
COMUNITÀ
un periodico di informazione e
di cultura che certamente porterà – è il nostro più sentito e
sincero augurio – un contributo
notevole al dibattito dei problemi più urgenti.
E con la istituzione della
BIBLIOTECA
COMUNALE
intitolata a “Giuseppe Leonida
Capobianco” eminente figura
di studioso di fama internazionale.
I lavori dovranno essere redatti in quattro
copie, nitidamente dattiloscritte e singolarmente ordinate e firmate; per qualsiasi altra
informazione il recapito è il seguente: Segreteria del Premio Sìlarus – Casella Postale
317 – 84091 Battipaglia (SA).
Termine per l’invio dei lavori è il 31 gennaio
1999.
Gli elaborati vanno inviati al segretario del
concorso : Luciano Nanni Casella Postale
1084 – 35100 Padova.
Per informazioni urgenti tel. 049/61.77.37
XXIX PREMIO DI POESIA
FORMICA NERA
CITTÀ DI PADOVA
a Presidenza Generale Accademica invita
Poeti, Scrittori, Saggisti, Commediografi e
LArtisti
d’Arte figurative, residenti in Italia e
l Gruppo letterario Formica Nera promuove
la ventinovesima edizione del concorso di
Ipoesia
aperto a tutti gli autori di lingua italiana.
all’Estero a partecipare al premio Internazionale “CONTEA DI MODICA”
Il premio è diviso in 4 categorie :
Per il partecipante che non risulta iscritto in
nessun Albo Accademico.
Per il partecipante che è già iscritto in qualità di
Accademico Associato, con tessera e diploma.
Per il partecipante che risulta iscritto nell’Albo
in qualità di Acc. Ass. e Accademico di merito,con tessera e due diploma.
Per il partecipante che risulta iscritto nell’Albo
in qualità di Acc. Ass. Acc. Di Merito e Acc.
D’Onore, con tre diploma e tessere.
Scadenza per la presentazione delle opere il 15
Febbraio 1999.
Per eventuali informazioni rivolgersi alla
Segreteria 0932 – 94.19.28
Si partecipa con una poesia inedita a tema
libero, da far pervenire entro il 5 aprile 1999
in cinque copie – di cui soltanto una con nome
cognome indirizzo e firma dell’autore. Al
primo classificato verrà assegnata una Targa
d’oro e ai segnalati medaglie d’oro personalizzate; la giuria – il cui operato è insindacabile – sarà resa nota dopo l’assegnazione dei
premi; gli elaborati non si restituiscono.
L’esito del concorso verrà diffuso attraverso i
consueti mezzi di comunicazione; i finalisti
riceveranno lettera raccomandata; la segreteria
si riserva la facoltà di pubblicare le poesie
finaliste.
20
PREMIO CONTEA DI MODICA 1984 - 1999
Per il 15° anniversario della fondazione
dell’Accademia Internazionale
di Lettere, Scienze e Arti
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
✍
Lettere al giornale
Alla redazione de”Il Calitrano”
Bari, 8 - 9 - 1998
icevo il vostro periodico quale docente di Dialettologia Italiana presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università
di Bari. Con particolare attenzione ho letto, sul numero di
luglio-agosto 1998, l’articolo di E. Ricciardi “Contratti matrimoniali secenteschi in Calitri”. Uno dei rami delle ricerche
che porto avanti io e che svolgono gli studenti che si laureano
nella disciplina che io insegno riguarda proprio carte dotali di
archivio o inchieste dialettali sulle consuetudini matrimoniali
nell’Italia meridionale; mi permetto, pertanto, di chiedervi di
passare questo mio breve appunto all’autore della ricerca.
Prima di tutto il ‘tipo’ di lingua si giustifica con la necessità
di alternare la lingua latina della parte iniziale (protocollo) e di
quella finale (escatocollo) con il volgare della disposizione
centrale in cui si elencano i beni mobili e stabili portati in dote,
che devono necessariamente essere chiari ai contraenti per lo
più non colti, se non analfabeti.
Per le voci incerte suggerirei:
Stoyabucchi: “tovaglioli per pulire la bocca”;
sproviero: “padiglione del letto, cortinaggio per creare agli
sposi una certa privacy, oppure come abbellimento del letto”;
tornealetto: “striscia di stoffa, semplice o finemente ricamata,
con cui si contornava il letto per nascondere quanto si riponeva
sotto (masserizie o attrezzi);
stammetto: “tessuto di tela di lana a due stami sia nell’ordito
che nella trama”;
tocca: “fazzoletto per il capo”;
rasola: “radimadia, rascietto per pulire il ripiano della madia da
avanzi di impasto”;
spito: spiedo, arnese da cucina”;
attaccatizze forse è da leggere canatortizze “di canapa ritorta”.
Naturalmente, di tutto ciò posso inviare riferimenti bibliografici
ed anche la diffusione areale nel dialetti meridionali odierni.
Annaluisa Rubano
R
Calitri 2 agosto 1997, hanno coronato il loro sogno d’amore Silvana Cubelli (cacchè) e Mario Maffucci (p’nt’licchj’), nella foto con
Alfonso Cubelli e Jolanda Cubelli.
CALA IL SIPARIO SULLA XVII EDIZIONE
DEL “CITTÀ DEL PELORO”
el salone di Rappresentanza del Comune di Messina, il giorno
N 29 si è tenuta la XVII edizione del premio nazionale artistico-let-
terario “Città del Peloro” organizzato dal periodico IL GALEONE.
La Giuria era così composta: D.ssa Pinuccia Guerrini (MI),
pittrice, critico letterario; d.ssa Fiorenza Alderighi (FI), poetessa, critico letterario; dr. Ennio Simeone, direttore responsabile del giornale “Il Quotidiano” di Cosenza.
Il primo premio è andato a Sandra Cirani (GE) con la lirica “Non
ci saremo noi”; secondo premio ex aequo a Renata Pansera (VA) con
“Abbrunati veli” e a Lia Megna (Sferracavallo-PA) con “Un giorno
qualunque”; terzo premio ex aequo a Emanuele Giudice (VittoriaRG) con “Ebbra di furore” e a Leonora Cecina Leonori (FI) con
“Donna e Mafia”. Premi speciali sono stati assegnati a: Pinella
Musmeci (Acireale) – Iolanda Palmeri (CT) – Martina Veglianzone
(SA) – Piera Ierna (ME) – Maria Gloria Bellatti (PR) – Elvira Alberti Presti (Barcellona ME) – Irene Caterinaki Bruno (ME) – Franca
Fusco (TR) – Franca Franchi (Sesto Fiorentino) – Emma Calì (Giarre). Premi speciali fuori concorso a: Tina Andaloro Giordano (ME)
per la poetica; Gabriella Trovato (ME) per il teatro; Maria Rapisardi
(ME) per la narrativa; Nunzio Villari (ME) ex pugile dilettante.
C’è stato, inoltre, un intermezzo con una scenetta teatrale di
Gianni Ruta “U tennu in siccu”, interpretata da Gabriella Trovato e
Anton Maria Vito Todaro; infine, il poeta di origine napoletana Aristide Casucci, ha mirabilmente recitato “A livella” del compianto
Totò. Il “Città del Peloro” si è inaugurato il 26 con una collettiva di
pittura, madrina la d.ssa Daria Ballo Ragno, con 46 bellissime opere
di 23 artisti messinesi alla presenza degli assessori Luigi Ragno,
Giovanni Cantio e Carmelo Torre.
Riconoscimenti ai poeti, artisti pittori, attori, all’ex pugile con
targhe personalizzate e con la distribuzione di rose rosse alle signore in sala; la serata è stata condotta da Gianni Ruta.
G. R.
Cattedra di Dialettologia Italiana Facoltà di Lettere e Filosofia
Università degli Studi di Bari
Ringraziamo di cuore la dottoressa per la sua squisita gentilezza,
che ci permette di aggiornare le nostre conoscenze e la preghiamo di seguirci sempre con la stessa identica attenzione.
Calitri 1955, da sinistra:Aniello Stabile, Gerardo Sessa, Pina Stabile,
Fiorina Metallo, madrina, Eugenio De Rosa, padrino, Concetta
D’Angola con la piccola Margherita Ramundo nata il 17.01.1955 e
della quale si festeggia il battesimo, Rocco Sessa si vede appena,
Lucia D’Angola Gaetano Ramundo, Maria Eleonora Ramundo, Giuseppe Ramundo, Michelina Ramundo, Margherita Trofa,Antonietta
D’Angola,Angela Ramundo. Il papà della piccola, Salvatore Ramundo, era appena emigrato in Venezuela.
21
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
LA CAPPELLA DI SAN VITO “EXTRA MOENIA” A
POSTIGLIONE di Adriano Caffaro – Quaderni
Arci Postiglione, Salerno 1997, p 16
LA NOSTRA
BIBLIOTECA
interesse di tale cappella, che il Caffaro introduce con
L’l’immediato apporto di fonti documentarie inedite del-
l’Archivio Diocesano di Teggiano, c’introduce in una sfera di
culto che riflette il diretto rapporto tra il fedele ed il santo da
cui egli si attende un concreto aiuto nei suoi bisogni, fiducioso
di sue particolari virtù che nel caso specifico consistono nella
protezione degli animali, con cui si viveva fino ad alcuni
decenni orsono in simbiosi e la cui esistenza garantiva la
sopravvivenza in una tipica società agropastorale.
Confermando quanto già scritto dallo Ebner (1982) in relazione al documento del 12 luglio 1580, una delle prime visite
pastorali dopo il Concilio di Trento, essa è descritta nel successivo documento del 1623 dal quale apprendiamo anche il
nome dl suo Cappellano e beneficiario, Francesco del Mercato,
dell’illustre famiglia di Laureana. Migliorato lo stato dell’altare, subito dopo, mancandovi l’indispensabile “pietra sacra”,
la cappella aumenta progressivamente d’importanza, annettendosi la cappella di S. Maria Maddalena, non pervenutaci, ed
a metà del 700 rimpinguato con vari beni ed amministrata dal
napoletano Marco Del Duca.Tali dati ricavati da documenti
inediti dell’Archivio di Stato di Napoli, quali il catasto conciario di Postiglione, di recente studiato da Anna Costantino
(Salerno 1997) e dall’”istromento” del 1759 del Ranucci,
notaio della Regia Corte, quanto all’apprezzo di Postiglione,
pubblicato dal Conforti nel fascicolo de “Il Postiglione” (a.
X, n.11, giugno 1998), notiamo non solo l’ubicazione, lungo la
strada che porta ai Molini, oggetto di uno studio della Villanova, apparso sul “Postiglione” (a. III, 4 giugno 1991) ma anche
lo stato sempre più di abbandono, in cui la cappella versa nel
corso dell’800, quando è curata da Giorgio Giorleo, canonico
della diocesi di Umbriatico, in Calabria, e dopo la sua morte,
già avvenuta nel 1835, dal parente Giuseppe, tanto che dopo gli
ultimi ripristini è definitivamente abbandonata, finché di recente, non è stata oggetto di un ultimo restauro interessante, l’olio
su tela sovrastante l’altare e raffigurante S. Maria del Carmine,
S. Vito e la Maddalena (Ranucci 1759, ora Conforti 1998, p.
72), poi solo con S. Vito, accompagnato dal consueto cane e
reggente la palma del martirio ed a sinistra la Maddalena che è
aggrappata alla Croce, cui si appoggiano tre angeli, dipinto
“dal signore Antonio della Bruna” e datato al 1760 (inventari
del sacerdote, poi arciprete Don Nicola Zurlo, anni a811 e
a823).Al di là di errori di proporzione tra le figure, è da rilevare con il Caffaro che la tematica certamente è stata ispirata
dal committente.
L’intervento è da considerare uno degli esempi della ripresa
economica ed artistica del 700, anche se gli stucchi tardobarocchi dell’epoca non piaceranno al vescovo di Capaccio
Michele barone (1837).
Quanto all’artista, anche se non compreso nei repertori ufficiali, gli studi di storia locale possono illuminare sulla sua
provenienza: difatti Giovanni Maiese, trattando delle famiglie
presenti nel luogo in un suo manoscritto, edito a cura di Luigi
Rossi nel 1983, ed intitolato “Storia di Vallo Lucano e dei suoi
dintorni”, si sofferma brevemente sui “Labruna” scrivendo che
“Pietro della Bruna era pittore, dipinse il S. Giuseppe nella
Cappella de Laurentiis nel 1766” (p.381).Tale famiglia, presente in Pattano, frazione di Vallo, se un Giovanni Labruna di
Luigi risulta caduto nella guerra 1915-18, da quella frazione
sembra derivare, se nel 1848 Antonio e Francescantonio Labru-
L’ARCICONFRATERNITA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI CALITRI di AA.VV. a cura di P.Gerardo Cioffari e Vito Alfredo Cerreta – Centro Studi
Nicolaiani, Bari 1997.
n occasione del 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale
Idel Padre Spirituale della Congrega dell’Immacolata Conce-
zione, don Vincenzo Cubelli, il Priore in carica fino al 1997, il
prof. Vito Alfredo Cerreta, ed i Confratelli tutti hanno voluto che
fossero ripubblicate le Regole della Confraternita, approvate con
Real Decreto di Carlo III di Borbone a Napoli nel 1759. Ciò
avviene ad un secolo esatto dalla loro prima pubblicazione del
1887 a cura dell’allora Priore Luigi Cerrata. La redazione dell’opera, in due volumi, è stata curata dal Padre domenicano Gerardo
Gioffari, teologo, storico e filologo di ecccezionale bravura e
competenze.
Nel primo volume, “Studi sulla storia e sulla Regola”, Padre
Gerardo ci presenta le Regole della Confraternita oltre che nella
loro versione documentaria integrale, anche inserite nel loro
preciso contesto storico pazientemente ricostruito, insieme alla
storia di Calitri e della Concezione dopo il terremoto del 1910.
Il prof. Vito Alfredo Cerreta invece ci descrive architettonicamente la suddetta chiesa, fornendoci una dettagliata e preziosissima testimonianza di come era il sacro edificio prima di essere
distrutto dal terremoto del 1980. Il culto dell’Immacolata Concezione a Calitri ha radici profondissime, la Madonna Immacolata è un po’ la mamma di tutti i calitrani, “… la vita, la guida, la
forza… l’assistenza…” di coloro che lasciavano e lasciano Calitri con le lacrime agli occhi, invocata nei momenti difficili, tutte
le rendiamo grazie con entusiasmo nei momenti di gioia.Lo spirito di chi accolse la vergine Immacolata nel proprio cuore nel
’700 è rimasto immutato nel corso dei secoli, come testimoniano
le antichissime tradizioni religiose a Calitri nella preparazione al
Natale, alla Pasqua, nelle processioni, nel culto dei defunti, di cui
la Congrega è sempre stata particolare promotrice, insieme con
altre associazioni religiose ancora oggi operanti, ed altre purtroppo non più esistenti, come le “Figlie di Maria”, o la “Congregazione del Pio Monte dei Morti” di san Michele.
Portavoce dei nostri comuni sentimenti presso l’Alitare dell’immacolata Concezione, guida spirituale della Congrega negli
ultimi 51 anni, è don Vincenzo Cubelli, instancabile nel suo
ministero sacerdotale, vicino a tutti, esperto conoscitore dell’animo umano che ha sempre saputo “…come rivolgersi agli
uomini; sapeva come essi andavano presi, adottando un insegnamento che non era mai paludato, ma sempre eminentemente pratico…” facendosi sempre capire da tutti, “dall’anziano che veniva alla Congrega, al letterato professionista”.
Protagonista delle entusiasmanti prediche della Settimana santa,
modello di coloro che a Calitri hanno ricevuto la vocazione religiosa e sacerdotale, è a lui dedicato il secondo volume dell’opera, attraverso le affettuose testimonianze di ex Priori, confratelli,
ex alunni e conoscenti, che con i loro contributi ci aiutano a
conoscerlo meglio e ad apprezzare sempre il suo insegnamento.
Antonio Nicolais
22
IL CALITRANO
N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998
I DOMENICANI A RICIGLIANO di Giovanni Di
Capua – Con il patrocinio del Comune di Ricigliano
– Lancusi (SA) 1998
na “del Comune di Vallo” sono inquisiti dalla Gran Corte Criminale di Salerno per aver arrecato danni a proprietari di fondi
ex demaniali della badia di Pattano, tra cui il signor Nicola
“Mainente” (p. 268).
Antonio Capano
i fronte a un tema di fatto limitato e limitante, il ricercato-
D re corre inevitabilmente il rischio di scadere nella più trita
e scontata storia locale o, al massimo, nel “racconto” esaltante
e agiografico, per quanto nutrito di sincero affetto e di “carità
del natìo loco”. Sentimenti , questi, di cui non difetta certa
Giovanni Di Capua, altrimenti non si sarebbe da tempo cimentato con successo nella ricostruzione delle patrie memorie;
ma, per fortuna sua – e della repubblica degli studiosi – egli è
molto di più che un amante della propria terra, egli è soprattutto un amante della ricerca, della cultura e perfino dell’erudizione, ma con quella grinta in più derivantegli dall’aver sopportato per anni il giogo di un impiego che gli ha tolto tempo
ed energie, destinabili a più gratificanti attività dello spirito.
L’Autore ha svolto un’amorosa, pignolissima azione di ricerca
d’archivio e di calcamento del terreno, esemplata fra l’altro con
testimonianze fotografiche di propria mano, senza le quali si
sarebbe persa per sempre la memoria visiva del manufatto
indagato. Gli fa onore, per di più, l’aver impostato il suo scritto in termini aperti, in modo da consentire a successivi studiosi tutti gli approfondimenti possibili, anche in settori collaterali
del sapere : mi riferisco, tanto per esemplificare, ad alcuni
interessanti spunti interpretativi e alle opportunità che la trascrizione dei documenti offre a chi volesse ricostruire la storia
del paesaggio agrario, del popolamento e dello spopolamento.
Credo che i cultori di storia territoriale – e i Riciglianesi in particolare – debbano essere grati a Giovanni Di Capua per questo
contributo filiale, ma non provinciale, che egli ha dato al recupero conoscitivo di uno spezzone del comune passato: per
quanto gli riguarda, egli ha già vinto la sua personale “guerra
illustre contro il tempo” e, forse, anche un po’ contro i tempi…
Vincenzo Aversano (dell’Università di Salerno)
S. ANDREA DI CONZA Strutture materiali e socio
culturali tra origini e continuità – I° L’antica Chiesa di S. Andrea Apostolo e la Chiesa dell’Immacolata Concezione – di Arcangelo Bellino – Edizioni AssoPromoS “Vincenzo Scalzullo” S.
Andrea di Conza - 1998
uesto libro vede la luce, dopo tanti anni di ricerca pazien-
Qte, minuziosa, e, se permettete, ispirata; infatti, ci troviamo
di fronte alla prima parte di un lungo lavoro complesso, articolato e approfondito, ricco di “prove”, di notizie, di intuizioni
che fanno luce sul passato e, al tempo stesso, compongono un
quadro organico delle vicende, degli uomini, dei monumenti
che affollarono la nostra realtà antica.
Il lavoro è dedicato all’antica chiesa di S. Andrea, patrono della
comunità; nessuno ne ha mai messo in dubbio l’esistenza, nessuno ha mai negato che fosse la chiesa delle origini, l’identità
stessa del paese; spesso, però, si è genericamente ritenuto che la
prima chiesa dell’Apostolo sorgesse nel luogo dove attualmente si
trova la parrocchiale (sotto il titolo di S. Domenico) e si è accreditata la convinzione di una continuità diretta e cronologica tra i
due edifici di culto. Invece, le notizie raccolte inducono a ben
altra conclusione: la chiesa di S. Andrea, un tempo anche chiesa
madre, va identificata con quella che ancora oggi ricordiamo
come “ chiesa della Congrega dell’Immacolata Concezione; per
secoli simbolo della rinascita, puntualmente ricostruita dalla cittadinanza dopo ogni calamità naturale, è stata demolita in seguito al sisma del 23 novembre 1980 e… forse cancellata per sempre. Di Arcangelo Bellino apprezziamo, inoltre, la scorrevole
esposizione, la chiarezza, la impostazione generale dell’opera,
destinata a lasciare un segno di vero arricchimento culturale.
Vita Calitrana
(dalla Presentazione)
VIAGGIO NEL FUTURO e Questione Meridionale
a cura di Gabriele Giorgio e Antonio TenoreTipolitografia F.lli Pannisco Calitri – Marzo 1998
N
ei tre anni di vita dell’attuale Amministrazione Comunale, e
con precisione fino al 30 settembre 1998, sono stati distribuiti 5 miliardi di nuovi contributi, più 2 miliardi per stati di avanzamento ed adeguamenti. Il Piano Finanziario comunale, già approvato dal Consiglio
Comunale prevede di spendere altri 3 miliardi, che erano già in cassa
nella precedente amministrazione, previa autorizzazione del Ministero,
e con questi miliardi si pensa di ricoprire l’intera ricostruzione.
pubblicazione contiene una raccolta di articoli e docuLre laamenti
– a più voci – che vogliono contribuire a far conoscestoria della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio della quale è stato celebrato il primo centenario della sofferta nascita, e a non disperdere la testimonianza di speranze e
di proposte, di lotte e di impegni delle nostre popolazioni:
impegni di ieri e di oggi, che hanno dato prestigio alla provincia per il riscatto del meridione, per l’unificazione politica del
Paese, prima, ed economico-sociale dopo; per il riequilibrio,
ancora oggi impellente, fra aree più deboli ed aree più progredite, zone interne e fascia costiera.
Il treno, strenuamente difeso, resta un simbolo nella nostra
area di un avvenire migliore e meno incerto, anche se deve correre più speditamente per tenere il passo di altri mezzi di trasporto, e sviluppare intermodalità sinergiche per un servizio
veramente competitivo nel trasporto dei lavoratori, turisti, studenti e prodotti finiti o semilavorati.
(Dalla presentazione)
N el mese di settembre il prof. Michele Cicoira, Preside
dell’istituto Tecnico Commerciale “A. M. Maffucci”, del Liceo
Scientifico e dell’Istituto d’Arte di Calitri, dopo lunghi anni di
servizio, profusi con generoso, profondo e disinteressato impegno a
favore di tanti giovani, ma in particolare, negli ultimi anni a pro della
gioventù calitrana, ha lasciato la scuola per raggiunti limiti di servizio.
A lui, profondamente riconoscenti e grati, vogliamo tributare –
anche a nome dell’intera cittadinanza – il nostro doveroso, sincero e
sentito ringraziamento. Al nuovo preside prof. Antonio Moccia di
Avellino, proveniente dall’istituto Tecnico Commerciale di Ariano Irpino,
con un ricco bagaglio di esperienze pedagogiche e direttive all’interno
dell’Amministarazione del Ministero della Pubblica istruzione, vada il
nostro più sincero benvenuto, con l’augurio di buon lavoro.
23
In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali.
Calitri 1907 circa, da sinistra seduti : Francesco Ricciardi (19.12.1866 – 18.09.1929) – Filomena Frasca Ricciardi (23.06.1840 – 12.06.1918) – Vitale Ricciardi, di circa 7 anni (19.01.1900 – 15.03.1954) – Vitale Ricciardi (25.01.1825 – 18.04.1914) – Filomena Cerreta Fastiggi (01.08.1836 – 05.08.1919) in piedi, da sinistra: Maria Michela Ricciardi Fastiggi (22.10.1858 – 22.03.1942) – Concetta Iannolillo Ricciardi (1885 – 1911)
prima moglie di Giovanni – Giovanni Ricciardi (16.05.1876 – 25.04.1946) – Angelarosa Ricciardi Abate (22.09.1869 – 10.1960). (Per gentile concessione del signor Frank Ricciardi da Dobbs Ferry U.S.A.)
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9 - Il Calitrano