IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abb. postale comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze ANNO XVIII - NUMERO 9 (nuova serie) SETTEMBRE-DICEMBRE 1998 VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 IN QUESTO NUMERO IL CALITRANO ANNO XVIII - N. 9 n. s. Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” La tentazione della disperazione 3 di Raffaele Salvante XVII Fiera Interregionale di Calitri 4 Dalla Svizzera IN COPERTINA: Conducendo il lettore per le vie del centro storico di Calitri, per riscoprire insieme le radici della nostra identità e per non perdere il senso del passato, ci ritroviamo in via Roma, oggi deserta e silenziosa, una volta piena di vita e di attività: c’era infatti il Bar Picchio con i suoi clienti, Giantonio con i suoi altoparlanti a tutto volume, la famiglia Pastore, l’Associazione dei Pensionati, la sede dell’Azione Cattolica con il via vai di giovani, c’era la bottega della signora Angelina r’ Claps dove si andava per comprare un quaderno o il baccalà, più in la c’era la chianca r’ Laurienz’ Vallario, con la farmacia del dott. Ricciardi, subito accanto la m’n’strara; tessere di un appassionato mosaico che nel suo insieme dava la misura di un vissuto ricchissimo. (Foto Giovanni Rinaldi) 5 Dalla Germania, dal Venezuela, dagli USA 6 Famiglia e beneficenza a Calitri fra il ’500 e il ’700 di P. Gerardo Cioffari Dall’Argentina, dall’Australia Le Suore nella storia di Calitri 10 11 14 14 POPOLARE 15 MOVIMENTO DEMOGRAFICO 17 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 18 Fatevi animo e sia saldo il vostro cuore O voi che sperate nel Signore. (Salmo 30-25) AUGURI Segreteria Martina Salvante Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 Spedizione in abbonamento postale 50% C. C. P. n. 11384500 DIALETTO E CULTURA NATALE 1998 Direttore Raffaella Salvante 7 Se lo conosci, lo… rispetti di Domenico Calderone Indirizzo Internet - http://www.dinonet.it E-mail: [email protected] Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante Santi e immagini di Santi in Calitri di Emilio Ricciardi Fondato nel 1981 REQUIESCANT IN PACE 19 ERBE DI CASA NOSTRA 20 CONCORSI 20 LETTERE AL GIORNALE 21 LA NOSTRA BIBLIOTECA 22 La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. Le spese di stampa e postali sono coperte dalla solidarietà dei lettori. Stampa: Polistampa - Firenze RICERCA Il signor ROBERTO L. BONGO cerca i suoi parenti di Calitri, con i quali vorrebbe incontrarsi nella prossima primavera del 1999; i dati che ci ha fornito sono i seguenti: sua nonna era Margotta Mariantonia nata a Calitri il 14.01.1881; i suoi genitori erano Margotta Giuseppe e Del Priore Maria. Mariantonia e Luigi Bongo si sposarono a Calitri il 12.08.1901, hanno avuto tre figli: Pasquale nato il 9.06.1902, Rosa nata il 26.09.1907 e Giuseppe nato il 2.05.1909 e dopo il trremoto del 1910 andarono tutti negli USA. Il signor Bongo è stato a Calitri il 22.09.1998 ma non è riuscito a trovare i suoi parenti, spera di trovarli attraverso il nostro giornale. Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981 del Tribunale di Firenze Il Foro competente per ogni controversia è quello di Firenze. Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160.6 CAB 2800 Chiuso in stampa il 2 dicembre 1998 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 RAFFORZARE LE BASI DELLA FIDUCIA LA TENTAZIONE DELLA DISPERAZIONE Bisogna abbandonare ogni forma di immobilismo e superare l’incapacità di fare scelte, per dare respiro e concretezza alle nostre parole n un tempo come il nostro, acrimonio- I so, frustrato e frustrante si avverte e si respira, un clima di profonda confusione e smarrimento che prima di essere crisi di fede è essenzialmente crisi di ragione e di pensiero; è turbamento che riguarda soprattutto i grandi valori che hanno ispirato per secoli il cammino del nostro popolo e nei quali aveva trovato unità, pur nelle sue metamorfosi, la civiltà di cui siamo eredi. Persuasi, come siamo, che avere una chiara coscienza del proprio tempo non esiga una complicità con lo stesso, prendiamo avvio dal senso di precarietà e di sfiducia, di risentimento e irritazione per l’acclarata carenza delle istituzioni, appesantite da una mediocre burocrazia che costa troppo e non produce nulla; dalle inquietudini e le tensioni di un mondo che cambia velocemente; dalla crescente e sempre più preoccupante disoccupazione, che viene affrontata ancora una volta con provvedimenti tampone incapaci di rimuovere le cause profonde del triste fenomeno; da tutti i furbastri, gli ipocriti, e tutta quella genia di burattini e saltimbanchi di cui è piena la scena della nostra società; per restare letteralmente allibiti di fronte all’allarmente frequenza di fatti che, alle soglie del terzo millennio, ci umiliano, ci frustano, offendono gravemente la dignità umana: ci riferiamo ai due gravi episodi avvenuti – fra l’indifferenza generale – presso due scuole elementari italiane, dove due bambine sono state ritirate, una perché ebrea e l’altra salvadoregna, divenute oggetto di pesante, insopportabile ed incivile scherno da parte degli altri bambini; e all’altra inqualificabile vicenda presso la scuola di Secondigliano, dove persino i bambini hanno atteggiamenti da boss. È evidente che trattandosi di bambini non sono colpevoli, ma sono certamente il frutto di una distorta e spregiudicata educazione, anche indirettamente o inconsapevolmente impartita; è vero che la famiglia è molto cambiata dal secondo dopoguerra, con un modo di vivere i cambiamenti non sempre “consapevole” e dove la costanza del legame, quando l’affetto viene a mancare, è vissuta come una insopportabile ipocrisia; e anche perché non tutti sanno affrontare i mutamenti e farli diventare motivo per rinsaldare l’affetto e affrontare rapporti meno squilibrati, più liberi e autonomi. Ma questo non può essere un alibi per restare indifferenti di fronte ad una sempre più accentuata recrudescenza di fatti che disconoscono alla famiglia quel ruolo di protagonista che le appartiene, con la tutela e la promozione del diritto di ciascuno a vivere in condizioni di reale dignità personale e sociale. Ci sono, inoltre, chiari sintomi preoccupanti e causa non marginale di un grave crollo morale, perché alle antiche piaghe della miseria, della fame, delle malattie endemiche, della violenza, se ne aggiungono altre, dalle modalità inedite e dalle dimensioni inquietanti, come l’inaudita ferocia dei “moderni negrieri” che traghettando – alla stregua di animali, e in condizioni di assoluta inciviltà – migliaia di disperati in cerca di libertà e di lavoro, non ci pensa due volte a buttare a mare i bambini (anche di pochi mesi) per ricattare i grandi, derubandoli di tutto il loro avere. Non possiamo rischiare l’assuefazione colpevole alla ripetizione delle più gravi violazioni dei diritti umani, né possiamo condividere le odierne tendenze di deresponsabilizzazione dell’uomo verso il suo simile, di cui sono sintomi, tra l’altro, il venir meno della solidarietà verso i membri più deboli della società – i bambini, gli ammalati, gli immigrati, gli anziani – e l’indifferenza che spesso si registra nei rapporti con gli altri, anche quando sono in gioco valori fondamentali come la libertà e la pace. Oltre a varie situazioni di violenza, di odi, di contrapposti interessi, che inducono gli uomini ad aggredire altri uomini con omicidi, guerre, stragi e genocidi, esiste una profonda crisi della 3 cultura, che ingenera scetticismo sui fondamenti stessi del sapere e dell’etica e rende sempre più difficile cogliere con chiarezza il senso dell’uomo, dei suoi diritti e dei suoi doveri. È perciò necessario, per affrontare le sempre nuove sfide che incontriamo sul nostro cammino, ricostruire – con l’ausilio fattivo e fecondo dei giovani – quel tessuto morale e sociale che colmi il pericoloso vuoto di valori che si è venuto a creare, sicuri che la vera libertà non è indifferenza o abbandono, nei confronti di chi ci vive accanto, ma al contrario, promuovere momenti di dialogo, di profonda e sincera comunicazione, di costante assunzione di responsabilità, di condivisione, di valorizzazione della persona, divenendo così un dono per l’umanità e una testimonianza cristiana forte che rispetta, perdona, fa verità, non abbandona nel momento della prova, riscatta, redime, salva. Infatti, solo chi ha fede vive tutte le dimensioni della propria vita alla luce della Parola, vigilando attentamente di fronte all’insorgere della cultura dell’odio e della morte, con la cultura della pace che si “costruisce” respingendo sul nascere ogni forma di razzismo e di intolleranza e realizzando la civiltà dell’amore e della verità con l’apertura all’accoglienza dell’altro, estesa ai rapporti tra i popoli, fra le nazioni e le culture. Perciò, bisogna uscire verso tutti gli uomini perché il nostro personale impegno fattivo diventi “presenza” nella massa, e per non rischiare di lasciare fuori della porta i più deboli, i più bisognosi, i più poveri, occorre ridestarlo in coloro nei quali si è spento, rinvigorirlo in coloro che vivono nell’indifferenza, farlo scoprire alle nuove generazioni, e continuamente rinnovarlo in quelli che tiepidamente vogliono impegnarsi, ma senza sufficiente convinzione. Raffaele Salvante IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 XVII FIERA INTERREGIONALE DI CALITRI Calitri, 30 agosto 1998. Fiera Interregionale di Calitri, prima dell’inaugurazione. nche quest’anno la Fiera di Calitri A ha potuto contare su una nutrita partecipazione di espositori che hanno occupato gli stand a disposizione, e su una vastissima massa di visitatori che per una intera settimana hanno setacciato ogni angolo della Fiera, tra questi anche la nostra persona, interessata più Calitri, 30 agosto 1998, opera in ferro battuto di Pietro Lettieri. che altro, agli stend con prodotti locali. Ci ha colpito il fatto che uno degli stend che ha polarizzato l’interesse e la curiosità di moltissimi visitatori era quello dove erano esposti prodotti artigianali in ferro battuto. Dai superbi velieri a vele spiegate, alla maestosità del contadino che ara la terra con la sua materia aggrumata, tormentata, percorsa da rutilanti ed agri bagliori, al serafico volto di Padre Pio dove senti una meditazione più sofferta e chiusa, dove la fragilità del corpo contrasta con la durezza del metallo con le luci fredde che esso promana, coi segni grafici che percorrono la faccia; circola, insomma, in queste opere un’ombra e una luce magnetiche con la sensazione che sembrano strutturati in abbreviazioni essenziali, “tirati fuori” a colpi di luce da un fondo buio, carico di misteriose allusioni. È lo stand dove espone Pietro Lettieri, originario di Rapone (PZ) ma da circa trent’anni residente a Calitri, un artista fatto in casa, perché fin dall’età di cinque anni ha seguito le tecniche paterne che gli hanno trasmesso quel sentire raffinatissimo e preciso, quella passione per il proprio lavoro che trasmette nelle sue opere con un taglio sempre ele4 gante, sobrio e raffinato ma deciso e consolidato nella sua tecnica. Un artista che non ha avuto la vita facile sotto nessun aspetto, ma che ha saputo e voluto credere nella sua arte, raggiungendo un grado di vera finezza e di provata esperienza che lo hanno imposto all’attenzione di tutti coloro che sono venuti a contatto con i suoi pregevoli lavori. Numerose sono state le mostre personali del Lettieri, a Calitri nell’80, a Firenze, Monaco di Baviera, Vieste sul Gargano, a Roma ha partecipato alla mostra il Gladiatore d’oro, classificandosi fra i primi cinque, sempre confortato dall’amicizia di personaggi di fama come Celentano, Rivera, Little Tony, Enzo Tortora (che lo aveva invitato a partecipare alla trasmissione “Portobello”), Mino Reitano, Piotti ex portiere del Milan e dell’Avellino, che è stato anche testimone al matrimonio di Lettieri, Toni Santagata ed altri ai quali Pietro ha reso gentile omaggio delle proprie opere. Uomo ed artista di grande semplicità ed umiltà, ecco, dunque, una personalità artistica unica ed eloquente che si sa dare un messaggio grande e profondo come gli abissi dell’animo umano. Gli uomini, che sanno fare questo sono veramente pochi. Il Cronista Leone Concetta per la gioia dei suoi genitori. IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 Calitri, 6 settembre 1998, sesta Festa dell’Emigrante, organizzata dall’Associazione Romana dei Calitrani, con un vivace e variopinto sfolgorio di costumi e di festa. Calitri, si è svolta tra il 16 ed il 23 agosto la terza edizione del Torneo di calcetto delle Compagnie, che ha visto la vittoria – come ormai di consueto – della squadra sponsorizzata dal Bar Jolly, che l’ha spuntata su dodici squadre partecipanti; in alto da sinistra: pres. Michele Cerreta, Roberto Caposela, Vincenzo Bozza, Canio De Nicola, Michele Maffucci, Giovanni Galgano; in basso da sinistra: Luca Zampaglione, Luca Russo,Vincenzo Di Milia,Antonello Cirminiello. Calitri 1998, una giornata fra vecchi amici che si sono incontrati a distanza di tempo ( qualcuno di loro si è incontrato dopo 47 anni) da sinistra: Giovanni Gautieri (m’naciegghj’) sta in Belgio,Angelo Lettieri (z’mm’ron’), Angelo Lettieri, cugino del primo (z’mm’ron’), Canio Fastiggi (canchion’), Pietro Caputo (cacapatan’). Calitri, agosto 1998, torneo di calcetto di “Compagnie” la squadra di Artigiani, da sinistra:Vito Acocella (faton’), Luciano Del Cogliano (pappanucc’), Canio Galgano (u’ marmista), Giovanni Di Roma (chie, chieppa), e Canio Rainone (u’ f ’rnar’). DALLA SVIZZERA ncora una volta i calitrani in Svizzera hanno voluto strabilia- Are con una festa che, ne siamo convinti, ha sorpreso bene- volmente tutti: iniziata nella tarda serata di sabato 26 settembre, con la cadenza usuale di questi incontri, pian piano si è giunti all’esaurimento dei posti in sala, e dopo una breve fase introduttiva dedicata al rendiconto sull’operato dell’Associazione, si è entrato nel vivo della festa, e accompagnati dall’ottima musica di un ben affiatato complesso è iniziata la cena. Chiamarla “cena” è ingiustamente riduttivo, perché è iniziata una ininterrotta catena di portate annaffiate da ottimo vino della “V’sc’glieta”, ha davvero fatto meraviglia, non tanto per l’abbondanza e la qualità, quanto per l’enorme lavoro che ha richiesto ad uno sparuto gruppo di persone, prevalentemente donne, (Franca, la cuoca – Alfreda – Vito – Antonietta – Maria Teresa – Giuseppe – Maria) alle quali va tutto il merito dell’ottima riuscita e alle quali va il sentito e doveroso ringraziamento di tutti, ma in particolar modo del Comitato del Ticino, che esprime il proprio riconoscimento alle signore, che con il loro lavoro hanno dato un contributo fondamentale alla riuscita della festa, che tra danze, canti e portate si è felicemente protratta fin verso le ore 3 del mattino di domenica. Come sempre, non è la sola musica, non è il solo mangiare che fa la buona riuscita di una festa, ma quello spirito particolare di fraterna comunione, che rinsalda i vincoli di una comune origine. Lugano, 26 settembre 1998. Festa dei Calitrani in Svizzera, da sinistra: Vito De Nicola, vice-sindaco V. Fierravanti, Franco e Antonietta Ricciardi, Raffaele Salvante,Antonio Zarrilli, Leonardo Martiniello; sotto: Giuseppe Russo,V. Fatone, Giuseppe Gautieri e C. Fatone. La domenica seguente il direttore del Calitrano, i coniugi Zarrilli e i coniugi Martiniello, sono stati ospiti della famiglia di Giuseppina e Giovannino Maffucci che in qualità di ormai provetti “anfitrioni” hanno offerto un pranzo con i fiocchi. 5 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 DALLA GERMANIA Germania, Freiburg, a Giovanni Zabatta e Elvira Pecci giungano le nostre felicitazioni per i loro 25 anni di matrimonio, festeggiati il 01.09.1998. Germania, Freiburg, ai coniugi Canio Pastore e Monika Klinger che il 14.12.1998 hanno festeggiato le nozze d’argento, giungano i nostri più sinceri auguri. DAL VENEZUELA Venezuela, 1958 da sinistra: Salvatore Ramundo, che ha costruito questo ufficio, Marzial Pereira, Crisalide Linare e Britto. Venezuela 1964, in piedi da sinistra: Vincenzo Cicoira, Francesco Di Guglielmo, Salvatore Ramundo, Concetta Borea, Pasquale Cicoira, Vincenzo Di Napoli, seduti: Antonio Stanco, Lucia Fastiggi, Giuseppe Ramundo, Rosa Tuozzolo, Concetta D’Angola. DAGLI USA Calendario Calitrano 1999 Anche quest’anno l’Associazione Romana dei Calitrani ha provveduto a stampare la terza edizione del Calendario Calitrano; chi è interessato può telefonare al n. 06/69.94.06.52 oppure fare un fax alla cortese attenzione del dott. Antonio Cicoira 06/69.92.31.25 chiedendone la spedizione ed accollandosi le spese postali. La riunione dei Calitrani d’America, dove la famiglia Nicolais è presente fino alla 5ª generazione. 6 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 P. GERARDO CIOFFARI O. P. Famiglia e beneficenza a Calitri fra il ’500 e il ’700 I Cicoira e il loro Monte di Pietà Nome di Gesù, ed è detto esplicitamente quondam (cioè defunto). Il legato, infatti, è curato dagli eredi 2. Molto probabilmente era allora già morto anche Cola Cicoira, anche se nel 1565 si parlava di suoi terreni confinanti con quelli della principessa di Venosa in contrada Piano Selvagio. Altri terreni aveva alla Calcara vecchia, oltre a quelli alla Costa della Fontana. Un indizio che anche questo Cola fosse già deceduto è costituito dal fatto che il suo nome è fatto quasi come intitolazione del terreno, mentre proprietaria appare una sua erede: La herede de Cola de Cicoira possede una terra de tomola circa 25, confine la strata de lo Ponte, la strata de la Fontana e la strata che va alla Calcara et a lo Molino. Forse è lui (ma potrebbe essere anche Ricciardo) il Cicoira menzionato nello stesso documento per un lascito: che se dica una messa cantata per l’anima sua lo anno3. Un altro rampollo della famiglia Cicoira era Donato, che abitava molto probabilmente al Furno de la Pesterola, ed aveva terreni alla Valle de Santa Maria oltre che nei pressi de lo Vallicello 4. Un altro ancora è Giovanni Antonio, possessore di una deserta a la Canneta 5. Ma il Cicoira più autorevole della seconda metà del Cinquecento sembra essere stato Giuseppe. Durante la Visita del Cardinal Gesualdo egli si presentò insieme a un Giovanni Maffucci come “eletto e governatore” sia della cappella che della confraternita del Nome di Gesù. Nello stesso contesto egli è detto nobile e detentore della cappella di S. Maria Incoronata nella chiesa di S. Canio. Infatti tale cappella è detta de iure patronatus nobilis Ioseph Cicoira et fratrum, e lo stesso Giuseppe esibì la bolla di fondazione della cappellania, le cui rendite principali venivano da terre a li Capituli 6. Non vi sono elementi sufficienti per determinare chi fossero i fratelli, ma è probabile che qualcuno degli altri tre noti Cicoira lo fosse: Donato (che però potrebbe essere il figlio), Giovanni Antonio o Salvatore. Dopo una vita abbastanza intensa e produttiva Giuseppe, sentendo avvicinarsi la fine o comunque per mettere ordine nelle questioni di eredità, il 27 settembre 1564 (o 1594) aveva chiamato il notaio e aveva fatto testamento. Dopo aver nominato eredi i suoi tre figli Donato (stesso di sopra?), Francesco e Mercurio diede disposizioni affinché diversi beni fossero fittati in modo da ricavare un migliaio di ducati l’anno, da non toccarsi per dieci anni, dopo di che sarebbe entrato in funzione un Monte di Pietà. La gestione l’avrebbero avuta due esponenti della famiglia scelti dalla Curia arcivescovile di Conza. Questi però sarebbero stati solo amministratori, in quanto i beneficiari erano rigorosamente stabiliti, vale a dire le donne discendenti direttamente dai suddetti figli (e poi quelle dicendenti dai figli dei figli e così via) come pure i figli nascituri dai detti suoi figli et heredi che vorranno studiare in legge o filosofia. In particolare i maritaggi erano costituiti da 300 ducati ciascuno alle figlie femine che nasceranno da suoi figli et heredi, cioè quelle che perverranno a marito. Quando gli eredi morivano senza figli naturali o legittimi, o con figli che morivano prematuramente in pupillare etate, i maritaggi tornavano al Pio Monte. Per gli studenti invece c’era la distinzione fra quelli che studiavano legge (ai quali andavano 40 ducati l’anno per cinque anni) e quelli che studiavano filosofia (40 ducati annui per sette anni)7. 1. La famiglia nella storiografia. ella recente storiografia si sta facendo sempre più strada la sen- N sibilità verso le vicende e la genealogia delle famiglie. Il fatto non nasce soltanto dal desiderio di qualche “discendente” di riandare alla ricerca del suo albero genealogico (fatto di per sé più che encomiabile), ma anche dalla presa di coscienza che una storia completa di una città non è possibile senza gli archivi delle famiglie più rappresentative. Infatti, oggi la storia è sempre meno sensibile alle grandi battaglie e ai grandi eventi, e sempre più vuole avvicinarsi alla vita quotidiana di un popolo. Solitamente, l’indagine sulla propria famiglia è tutt’altro che facile, sia perché non tutti i libri dei battesimi si sono conservati sia perché questi “antenati” non sono spesso originari del paese stesso. Per cui si creano delle interessanti ramificazioni che portano ad allargare la visuale almeno ai paesi limitrofi se non proprio alla Provincia o al capoluogo della regione. In questo studio non voglio procedere all’albero genealogico di una famiglia calitrana, ma studiarne le vicende nella vita del paese. L’idea mi è venuta leggendo un opuscolo che si trova in una miscellanea gentilmente messami a disposizione dall’amico Elio Pastore. Trattasi di un allegato ad un processo dal titolo: Per Angiolantonio, e Reginia Cicoira e suoi fratelli D. Salvatore, e Giuseppe Nicola Cicoira. Consigliere Commessario Signor D. Ippolito Porcinari, scritto da Michele Tozzoli e pubblicato a Napoli nel 1772. Non è facile trovare di questi allegati a stampa tanto dettagliati, e dato che la famiglia Cicoira è solidamente affermata a Calitri sin dai primi del Cinquecento, mi sembra opportuno prenderla come esempio di una famiglia medio-alta e mettere in rilievo le iniziative e il modo di vivere. 2. Il ’500: tra cappellanìe e Monti di pietà. Le notizie principali su questa famiglia per quanto riguarda i tempi più lontani sinora documentati possono trarsi dal mio volume su Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996. Il primo Cicoira che abbia (a mia conoscenza) una documentazione storica è il Salvatore menzionato nei “Capitoli della Bagliva dei danni” del 1558 1. Il 19 giugno di quell’anno firmavano i suddetti Capitoli il sindaco Scipione Gatto e i quattro eletti: Ortensio Zampaglione, Donato Russo, Salvatore Cicoira e Leonardo Cialeo (quest’ultimo col segno di croce perché non sapeva scrivere). Gli eletti, nell’organizzazione comunale del tempo, erano un po’ quello che sono oggi i consiglieri comunali. Il Salvatore in questione era dunque uno degli eletti in un momento di notevole crescita economica del paese, il che sta a dimostrare che almeno dalla prima metà del Cinquecento la sua famiglia si era distinta per spirito d’iniziativa. Documentati sette anni dopo (Sacra Visita di Alfonso Gesualdo del 1565), ma sicuramente più anziani di Salvatore erano un Ricciardo (variante di Riccardo?) Cicoira e un Cola (Nicola). Il primo è menzionato a proposito di un legato a favore della Confraternita del 7 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 “preambolo” spedito alla Curia Arcivescovile di Conza per ottenere, come si è detto, il nulla osta per entrare nell’amministrazione del Monte di Pietà11. La cosa è alquanto curiosa, e fu giustamente messa in rilievo dai Cicoira di Montemilone. Sembra infatti che Salvatore ebbe Marco quando aveva ancora la non più verde età di 69 anni. Purtroppo non abbiamo gli elementi per illustrare la vicenda di questa tarda paternità, ignorando se si fosse sposato tardi, o se la madre di Marco fosse la sua seconda moglie. Certo è che, nello stendere la genealogia, le generazioni sembravano poche per giustificare un intero secolo. Invece, il particolare della tarda paternità di Salvatore, rende ragione del fatto. 4. Il ramo di Venosa e Montemilone Sinora si è incentrata l’attenzione soprattutto su Francesco, figlio del fondatore del Monte di Pietà, e sui suoi discendenti (facili da seguire, avendo avuto egli un solo figlio, e così probabilmente i suoi discendenti fino a tutto il Seicento, e fino a Marco. Ma Francesco era solo uno dei tre figli di Giuseppe. Gli altri due erano Donato e Mercurio. Quest’ultimo si trasferì ben presto a Venosa, ove il padre Giuseppe aveva non poche proprietà. Infatti, nel testamento si distinguevano i beni di Calitri da quelli di Venosa. Mercurio volle dare il suo personale contributo al Monte di Pietà, dotandolo di ulteriori mille ducati. Quindi apportò delle interessanti modifiche, mantenendo lo scopo precipuo dei maritaggi, ma precisando che dovevano preferirsi le fanciulle povere delle famiglia. Le donne benestanti, invece, potevano accedere ai benefici del Monte solo in caso che il benessere dei Cicoira fosse ugualmente diffuso e non ci fossero donne povere. Anzi, volle aggiungere una postilla importante. Prevedendo che potessero esserci degli anni senza donne da maritare nell’ambito della famiglia, dispose che ne beneficiassero le orfane di Calitri, purché siano donne honorate12. A Venosa Mercurio svolse una notevole attività, ma pare che avesse un solo figlio a continuare la sua opera. A questo figlio (come aveva fatto il fratello Francesco a Calitri) diede il nome di Giuseppe13. Sia questo Giuseppe di Mercurio († 1620), che il Giuseppe di Francesco († 1659) ebbero come tutore tale Annibale Zelone di Venosa, il che sta ad indicare che la famiglia continuava a considerarsi unita. Anzi, nel testamento del Giuseppe fondatore del Monte si dice che a Calitri i Cicoira seminavano poco orzo, in quanto quello che si produceva a Venosa bastava sia per questa città che per Calitri. È quest’ultimo un particolare interessante per comprendere che l’interesse per le cappelle e le confraternite non faceva dei Cicoira Calitri, 26 aprile 1998, i coniugi Cestone Francesca e Gallucci Vincenzo hanno felicemente festeggiato i loro 50 anni di matrimonio. Felicitazioni vivissime. 3. I Cicoira nel Seicento I discendenti di Giuseppe Cicoira dovettero aver assimilato bene il suo insegnamento, poiché ai primi del Settecento il suddetto Monte di Pietà andava ancora a gonfie vele, tanto da suscitare l’interesse di un altro ramo dei Cicoira, quelli di Montemilone. Alcuni Cicoira di Montemilone, infatti, presentarono istanza al Sacro Consiglio affinché fossero riconosciuti quali principali beneficiari del Monte di Pietà, essendo i veri discendenti del famoso Giuseppe, mentre i Cicoira di Calitri non erano altro che intrusori nella sudetta Amministrazione. Grazie a questa lunga causa possiamo venire ad una buona conoscenza dell’albero genealogico dei Cicoira. Il Tozzoli, difensore della linea calitrana, fece quindi una ricerca e trovò che nel 1608 si sposò una Angiolella Cicoira la quale, per poter beneficiare del Monte di pietà, dovette produrre tre testimoni dei più prossimi quanto a parentela della famiglia Cicoira. Da tutto il contesto è chiaro che non si trattava di una discendente diretta, ma solo di una discendente ex latere. Dalla stessa carta matrimoniale si evince che Giuseppe aveva un fratello di nome Antonio (il Giovanni Antonio della Visita?), dal cui figlio Giovanni 8 nacque un Francesco che nel 1621 nel suo testamento nominava suoi eredi la moglie Perna Rabasca e il figlio Lorenzo. La confusione nasceva dunque dall’esistenza agli inizi del Seicento di due Francesco Cicoira, il primo (morto prima del 1608) figlio del fondatore, il secondo (sposatosi nel 1621) figlio di Giovanni, a sua volta figlio di un Antonio, fratello del fondatore 9. Restando ancora sul Francesco, figlio di Giuseppe, c’è da dire che dagli stessi atti del 1608 si evince che al figlio diede il nome di Giuseppe, secondo una tradizione ancora oggi non del tutto scomparsa. Questo Giuseppe junior, probabilmente intorno al 1640 ebbe un figlio cui diede il nome di Salvatore. Dico probabilmente, poiché il Tozzoli , pur riferendosi ad una fede di battesimo e ad un pubblico registro, non menziona la data. C’è un indizio che lega questo Giuseppe di Francesco ai Cicoira di un secolo prima e precisamente a Cola Cicoira (il che attesterebbe la fondamentale parentela di tutti i Cicoira sinora menzionati). A proposito di Cola si è detto che aveva delle terre alla Costa della Fontana. Ora, è proprio lì che si trovava un giorno dell’anno 1659 il detto Giuseppe quando fu aggredito da certi malandrini e lasciato morto nella campagna10. Da Salvatore, figlio del defunto Giuseppe, nacque intorno al 1709 Marco Cicoira, come attestava la fede di battesimo, nonché il I nonni Teresa e Vincenzo Metallo annunziano la nascita del loro 1° nipotino, avvenuta a Roma il 19.08.1998, a cui è stato dato il nome di Francesco Maria, nato da Giancarlo Zarrilli e M.Antonietta Metallo. 8 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 dei “clericali”. La loro concezione della vita era impostata piuttosto in termini “aziendali”. Questo dosare la semina in modo razionale, sfruttando l’accordo col ramo dei Cicoira di Venosa, è davvero sintomatico del classico adagio “minimo sforzo, massimo rendimento”. Si può quindi ritenere che i Cicoira non si fossero arricchiti per eredità o per nobiltà, bensì per spirito imprenditoriale. Il Giuseppe di Venosa morì nel 1620, ben 39 anni prima del suo omonimo cugino di Calitri. Dopo di che (al momento) non abbiamo altre notizie di questo ramo di diretti discendenti del Giuseppe “fondatore”. Il Tozzoli, infatti, tira fuori soltanto le notizie che possono rivelarsi utili a vincere la causa contro i Cicoira di Montemilone. Per cui, dei tre figli di Giuseppe “fondatore” (Donato, Francesco e Mercurio), dà tutta la linea di Francesco, riporta solo poche notizie del figlio di Mercurio (Giuseppe, † 1620), e nessuna del ramo di Donato. Il ramo di Montemilone non risaliva invece in linea diretta al Giuseppe “fondatore”, bensì al fratello Antonio. Da Antonio erano nati Giovanni e Donato, e mentre di quest’ultimo non si hanno notizie, del primo si conoscono i nomi almeno di tre figli: Nicola, Francesco e Angiolella. A continuare la linea dei Cicoira di Montemilone fu il secondogenito Francesco, che nel 1621, facendo testamento, nominava suoi eredi la moglie Perna Rabasca e il figlio Lorenzo. Ed anche qui il Tozzoli si ferma, poiché non ha alcun motivo per contestare la discendenza dei suoi oppositori dal suddetto Lorenzo. Da un’annotazione laterale manoscritta, apprendiamo però che questo Francesco fece testamento nel 1621, ma morì soltanto nel 163314. sive multiplico per eum instituto; Et proinde Salvator, et Joseph Cicoira desistant ab amministratione Montis, reddant computa et exhibeant scripturas eidem Monti pertinentes. Salva provisione facienda super futura Montis praedicti administratione, secuta exhibitione eorumdem computorum, firmo interim remanente sequestro ordinato vigore decreti S. C. fol. 104, et salva provisione facienda respectu deductorum contra alios reos conventos 16. I “Montemilone” si presentarono a Calitri con la suddetta sen- Calitri, 2 luglio 1998, da sinistra Elisa Mapelli e Maria Teresa Mutti, siete state per noi una benedizione di Dio; dalla vostra quotidiana testimonianza abbiamo imparato che “ tutti i credenti in Cristo debbono sentire, come parte integrante della loro fede, la sollecitudine apostolica di trasmettere ad altri la gioia e la luce”. Un affettuoso saluto dai bambini e dalla popolazione di Calitri, che non vi dimenticherà mai. Quanto sono belli i passi di coloro che recano un lieto annunzio di bene. (Rom. X,9-18) 5. Il Settecento: la crisi della beneficenza Il buon Giuseppe Cicoira morto verso il 1594 non avrebbe mai immaginato che il Monte di Pietà da lui fondato avrebbe avuto fortuna resistendo agevolmente per oltre un secolo e mezzo. Durante tutto questo tempo dal fondo da lui istituito poterono attingere quasi tutte le donne di casa Cicoira. Nel 1727 dovettero sorgere dei problemi nell’amministrazione del Monte di Pietà, per cui gli amministratori designati dalla Curia Arcivescovile si recarono dal notaio Virgilio Palmieri e gli fecero copiare ed autenticare il testamento di Giuseppe Cicoira 15. Intorno all’anno 1750 beneficiari di questo Monte erano i figli di quel Marco nato, come si è detto, intorno al primo decennio del XVIII secolo. Questi erano Salvatore e Giuseppe, che erano anche gli amministratori, il loro fratello Angiolantonio e la sorella Reginia. Ma, quando tutto sembrava procedere pacificamente, ecco che la loro amministrazione venne contestata. Verso il 1760, a Napoli dinanzi al Sacro Consiglio si presentarono un Carmine, un Giuseppe ed altri Cicoira, affermando di essere loro i veri discendenti di quel Giuseppe Cicoira di Calitri che aveva fondato il Monte di Pietà nel 1594, mentre i Cicoira calitrani erano degli “intrusi”. Chiedevano pertanto di privare i Cicoira di Calitri del beneficio e dell’amministrazione del Monte, e di riconoscerli a quelli di Montemilone. Presentarono, a sostegno della loro tesi, una documentazione che dimostrava senza ombra di dubbio la loro discendenza da Francesco Cicoira, che aveva fatto testamento nel 1621, ed essendo questi figlio del fondatore, ecco dimostrato il loro diritto sul Monte. Ovviamente la causa non si concluse lì su due piedi. Furono chiamati anche i Cicoira di Calitri, e precisamente i due amministratori. Ma questi si dimostrarono incapaci di documentare la loro discendenza da Giuseppe “fondatore”, per cui dopo una decina d’anni di dibattito processuale, i Cicoira di Montemilone la spuntarono e in data 23 giugno 1772 vinsero la causa con questa sentenza: Xaverium, Paschalem, et Canium, Carminum, et Josephum, Gervasium, et Paschalem, ac Joannam Cicoira esse descendentes a qu(ondam) Josepho Cicoira Terrae Caletri, ac vocatos in Monte, tenza e la Corte locale procedette al sequestro dei beni del Monte tenuti dai Cicoira. Poi, o per ignoranza o per dispetto alla famiglia, si procedette anche al sequestro dei beni della cappella dell’Incoronata (nella chiesa di S. Canio). Si può ben immaginare quanto duro fosse il colpo, sia dal punto di vista finanziario che di umiliazione di fronte ai Calitrani, per questa affermata e influente famiglia. Specialmente per Salvatore, che dovette parlarne a lungo con i confratelli della Confraternita del Purgatorio e Pio Monte dei Morti, cui apparteneva17. Vedendosi estromettere da un fondo così sostanzioso, qual era il Monte di Pietà, nonché dalla cappellania dell’Incoronata, i Cicoira si rivolsero a Michele Tozzoli, probabilmente il migliore avvocato del paese18. Questi studiò la questione e credette di trovare un valido appiglio nel fatto che dei quattro Cicoira di Calitri solo due (Salvatore e Giuseppe Nicola) erano stati ascoltati. Consigliò dunque agli altri due (Angiolantonio e Reginia) di prendere una carrozza e recarsi anch’essi a Napoli. La mattina del 14 agosto 1772 i due si presentarono al Sacro Consiglio ad esporre le loro ragioni. Nel dimostrare la loro discendenza, tuttavia, i due parlarono di Giuseppe il fondatore, del figlio Francesco e del nipote Marco, loro genitore. Gli oppositori non ebbero difficoltà a sottolineare la poca attendibilità di tale albero genealogico, inadatto a coprire 150 anni. Tuttavia il regio Consiglio diede un nuovo termine ai Cicoira di Calitri per documentare le loro ragioni. Fu così che Michele Tozzoli si mise a cercare elementi più concreti al fine di sostanziare la tesi dei suoi assistiti. Nel dicembre del 1772 pubblicò a Napoli l’allegato suddetto il cui centro argomentativo consiste nel dire che il Francesco Cicoira del 1621 (cui si richiamavano i Cicoira di Montemilone) era figlio di Giovanni Cicoira, figlio di Antonio, fratello a sua 9 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 7 Cfr. Michele Tozzoli, Per Angiolantonio, e Reginia Cicoira e suoi fratelli D. Salvadore, e Giuseppe Nicola Cicoira: Consigliere Commessario Signor D. Ippolito Porcinari, Presso lo Scrivano D. Gennaro Villani, Napoli 1772. Vedi l’Introduzione. Vito Acocella, Calitri moderna e contemporanea (1926), pp. 40-42. Anche se con qualche perplessità, relativamente alla datazione del testamento ho adottato la tesi dell’Acocella (1564) piuttosto che del Tozzoli (1594), perché l’autore è decisamente più circostanziato. L’Acocella è anche più preciso sui termini del testamento (Tozzoli non fa menzione degli studenti). Da notare però che l’Acocella cita il titolo dell’allegazione del Tozzoli, ma certamente non l’ha letta. Altrimenti avrebbe tentato una giustificazione per aver scelto una datazione diversa, facendo fare un testamento nel 1564 e facendo morire il testatore nel 1620. 8 Ivi, foglio dell’albero genealogico. Un’annotazione manoscritta laterale (A) precisa che il testamento di questo Giovanni fu redatto nel 1605 dal notaio Giovanni [Lupone ?]. 9 Ivi, cap. 1. 10 Ivi, cap. 3. 11 Ivi, cap. 2. 12 Cfr. Platea delli Corpi Stabili e annue entrade, che possiede il Pio Monte di Pietà della famiglia Cicoira (fondo Michelangelo Cicoira), fol. 1-5. Cfr. Acocella, Calitri moderna e contemporanea, 41. Anche qui c’è una forte discrepanza fra Tozzoli e Acocella. Il Giuseppe Cicoira morto a Venosa nel 1620 secondo il Tozzoli è figlio di Mercurio, secondo l’Acocella è lo stesso che il testatore del 1564 (quindi non figlio, ma padre di Mercurio). Questa seconda tesi, meno plausibile per la distanza che separa il testamento dalla morte del testatore, diverrebbe accettabile laddove il 1564 fosse un errore di stampa per 1594. 13 Tozzoli, cit., cap. 3. Da notare che nei più volte menzionati atti del 1608 un avvocato di Calitri afferma che Mercurio era morto senza figli. Probabilmente quell’avvocato ignorava quanto era accaduto a Venosa, oppure, conoscendo la storia del figlio maschio, con sine filiis intendeva senza figlie (femmine). 14 Ivi, albero genealogico, annotazione manoscritta B. 15 Acocella, Calitri moderna, 41, n. 2. 16 Tozzoli, introduzione. 17 Salvatore Cicoira compare tra i firmatari delle Regole della Laical Confraternita del Purgatorio e Pio Monte dei Morti, che ebbero l’assenso regio nel 1777. Queste furono edite a Napoli nel 1902 e contenute nella miscellanea fornitami da Elio Pastore. 18 Di questo avvocato Michele Tozzoli ci è pervenuto anche l’allegato: Per l’università di Calitri contro l’università di Pescopagano, Napoli 25 agosto 1777. volta di Giuseppe Fondatore (svaniva quindi la linea diretta e quindi ogni diritto sul Monte). I Cicoira di Calitri, invece, discendevano da Francesco, figlio di Giuseppe, morto prima del 1608. Un’approfondita ricerca documentaria aveva permesso anche di colmare la lacuna informativa sull’albero genealogico, inserendo tra Francesco e Marco un Giuseppe ed un Salvatore. Nella conclusione il Tozzoli rilevava il troppo zelo e l’errore della Corte locale che aveva sequestrato i beni anche della cappellanìa. Che si trattasse di due entità diverse era facilmente dimostrabile. La cappellanìa era infatti molto anteriore al Monte, e ad essa Giuseppe, fondatore del Monte, aveva fatto un apposito lascito di 70 ducati (se il Tozzoli avesse conosciuto la Sacra Visita del Gesualdo avrebbe documentato e non soltanto argomentato la preesistenza della cappellanìa). Anche il recente Catasto distingueva chiaramente sotto voci diverse i beni del Monte da quelli della Cappella dell’Incoronata. Come la vicenda andasse a finire non saprei. A giudicare dalla documentazione addotta dal Tozzoli, è congetturabile che i Cicoira di Calitri fossero reintegrati nei loro diritti. L’Acocella, invece, avanza l’ipotesi di un compromesso, nel senso che i Cicoira di Calitri poterono rivendicare solo in parte il precedente patrimonio, il quale del resto cominciò ad essere dilapidato fino a che dopo pochi decenni si estinse. NOTE 1 Testo in G. Cioffari, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996, pp. 105-112. 2 Per Ricciardo Cicoira, vedi Sacra Visita di Mons. Alfonso Gesualdo, carta 54. In Cioffari, Calitri. Uomini.., p. 49. 3 Per i riferimenti a Cola de Cicoira e alla sua “herede”, vedi la, cc. 93v, 95v. Per il Cicoira del lascito a favore della cappella di S. Angelo, c. 76. Il tutto in Cioffari, cit. 4 Ivi, cc. 62 e 95. 5 Ivi, c. 94. Su di lui non vi sono altri riferimenti. 6 Ivi, cc. 51v, 73v, 74. DALL’ARGENTINA DALL’AUSTRALIA Buenos Aires, 11 gennaio 1998, le famiglie Codella – Martellitti, da sinistra in piedi : Emanuel Alfaro, Silvana Codella, Claudia Martellitti,Walter Martinez, Marcella Martellitti, Vincenzo Codella, Angela Maria Codella – Martelletti, Antonio Perroni, Giorgio Martelletti, Elizabeth Tulio, Reinaldo Miery; seduti da sinistra: Filomena Codella, Pierina Martellitti, Humberto Martellitti,Abel O.Alfaro,Angela Codella di Alfaro, Vincenzo Codella; per terra : Adriana Martellitti, Daiana Pedreyra, Daniel Martellitti, Manuel Pedreyra, Matios Codella. Australia, 5 settembre 1971, matrimonio di Rosetta Di Maio e Cosimo Rigoli, da sinistra: Gaetano De Nicola (dall’ e dall’), Carmelina di S. Andrea moglie di Michele Russo, Pompeo Russo, Frank Russo, con la testa girata in su,Antonio Di Maio ( l’urt’lan’ r’ cast’glion’) in camicia e baffi, Michele Russo (lu cegna) con cravatta e con la piccola figlia Maria, Giovanni Nicolais (p’chiuchj’), Maria moglie di Giovanni Nicolais, Giuseppe Di carlo (rasckon’) con il fiasco in mano, Rev. P. Bernardino Zabatta, fratello di Flaminio il postino, Filomena di Bisaccia moglie di Giuseppe Di Carlo, Vincenzo Di Maio, con camicia a quadretti e in alto,Antonietta di Lacedonia, moglie di Rocco Di Milia, alias paparul’, Michele Di Maio, si vede solo la testa,Vitale Di Milia, ragazzino con scarpe bianche, Peppino Di Maio dal pullover con i rombi, Donato Di Carlo con la moglie Maria, Rocco Di Milia (paparul’),Tonino Di Milia, Adriano Nicolais, con pantaloni bianchi. Fanno da sfondo gli eucaliptus, che dominano la vasta proprietà di Antonio Di Maio. 10 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 EMILIO RICCIARDI SANTI E IMMAGINI DI SANTI IN CALITRI hanno venerato nel corso dei Istocalitrani secoli numerosi santi: a loro hanno chieaiuto e protezione, rivolto preghiere, intitolato chiese e cappelle, dedicato statue e processioni. I documenti precedenti al XVI secolo sono scarsissimi, ma è ugualmente possibile farsi un’idea dei culti più antichi e dei motivi della devozione per alcuni santi.1 Il culto mariano Il gran numero di chiese e cappelle intitolate alla Vergine testimonia la profonda devozione dei calitrani per la Vergine Maria, presente sotto i più diversi appellativi: Immacolata Concezione, Madonna delle Grazie, Madonna dei sette dolori, Assunta, S. Maria di Monserrato, S. Maria delle Nevi, Madonna del Rosario, Maria SS. del Carmine, Annunziata, Madonna del Soccorso, S. Maria di Costantinopoli, Incoronata. Tale devozione ha origini antichissime, come testimonia il santuario della Madonna della Foresta, presso l’abbazia di S. Maria in Elce, risalente al periodo iconoclasta (726-834 d.C.). Alcuni culti, come quello della Madonna delle Nevi, nella chiesa del castello, quello dell’Assunta e quello dell’Annunziata, risalgono al medioevo, mentre altri sono tipici dell’età moderna, come la Madonna del Carmine, venerata nell’omonima chiesa di Napoli, il cui culto si affermò con decisione dopo il Giubileo del 1500; la Vergine di Costantinopoli, anch’essa venerata in Napoli e invocata durante le epidemie di peste nel 1526 e nel 1575; infine la Madonna del Rosario, culto affermatosi dopo la vittoria delle armate cristiane contro i turchi a Lepanto (1571) e diffuso soprattutto dai frati domenicani. Particolarmente venerate in Calitri sono l’Immacolata Concezione e la Madonna delle Grazie. L’Immacolata Concezione Già nel XVI secolo esistevano in Calitri alcuni altari intitolati all’Immacolata. Quando, nella seconda metà del XVII secolo, questo culto, per opera dei francescani e dei gesuiti, si affermò in tutto il regno di Napoli, alla Vergine Immacolata furono innalzate chiese e intitolate cappel- le decorate dai più famosi artisti del tempo. La confraternita calitrana dell’Immacolata fu fondata nel 1710 per opera di alcuni sacerdoti di una congregazione napoletana e pochi anni dopo iniziò la costruzione di una chiesa intitolata alla Vergine2. La chiesa attuale, a tre navate, costruita dopo il terremoto del 1910 e rifatta più o meno nella stessa forma dopo il 1980, è molto diversa dalla chiesetta originaria, a navata unica e con due soli altari, innalzata nel 1714 sul sierro di S. Biase. Della fabbrica settecentesca è rimasto solo il portale dell’ingresso centrale, il cui modello sembra essere il portale realizzato nella seconda metà del XVII secolo da Francesco Antonio Picchiatti per la chiesa napoletana di S. Maria della Pace. La statua dell’Immacolata che si venera in Calitri segue un modello iconografico che ebbe grande diffusione in età barocca e fu usato da artisti come Cesare Fracanzano, Bernardo Cavallino (in un disegno in collezione privata a New York), Guido Reni e Jusepe de Ribera (nel quadro dell’altare maggiore nella chiesa delle Augustinianas descalzas di Salamanca, del quale si conservano nel museo di S. Martino in Napoli alcuni suggestivi disegni preparatori). Il dipinto più antico a noi noto fu eseguito da Battistello Caracciolo intorno al 1627 e si conserva nella chiesa di S. Maria Assunta a Roccadaspide, in provincia di Salerno (fig. 1). La Madonna delle Grazie Molto antico è anche il culto della Madonna delle Grazie, o Madonna del latte, della quale esisteva nella chiesa di S. Antuono una imago relevata (forse un bassorilievo, o più probabilmente un dipinto su tavola con le teste e le aureole della Vergine e del Bambino in rilievo) che era oggetto di grande venerazione da parte dei fedeli; una descrizione del 1565 ricorda il quadro circondato di offerte votive: Una corona de argento in testa a detta immagine: et unaltra similmente de argento in testa all’imagine di suo figlio quattro para de occhi de argento: dece campanelle de argento: Otto cinti de seta con le manuglie de stagno, cinque anelle de rame, tralle quale ce è una 11 fede de argento3. Quando, nel 1739, la chiesa fu ricostruita, alla Vergine del latte fu intitolato l’altare maggiore. Intorno al 1820 esisteva una cappella intitolata a S. Maria delle Grazie, sulla quale aveva il giuspatronato la famiglia Tozzoli e nel 1866 fu innalzata nei pressi del castello, a spese del sacerdote Francesco Maffucci, una piccola chiesa con lo stesso titolo4, crollata dopo il terremoto del 1980, nella quale era conservata la statua della Vergine che si portava in processione il 2 luglio. Anche questa statua deriva da un modello napoletano, che si conserva nella chiesa di S. Maria della Grazie a Toledo in Napoli (fig. 2). In via Pasquale Berrilli, nei pressi del numero civico 18, è dipinta sul muro una effigie della Vergine con la scritta Maria Mater Gratiae, ultima piccola testimonianza della grande popolarità che ebbe in Calitri la Madonna delle Grazie. S. Lucia e i primi martiri Il culto di alcuni martiri della prima età cristiana era diffuso in tutta l’Italia meridionale: tra questi S. Lucia, S. Donato e i SS. medici Cosma e Damiano. In Calitri la devozione per la vergine siracusana Lucia, martirizzata sotto Diocleziano, risale a prima del XVI secolo: nel Cinquecento un altare dell’antichissima chiesa di S. Pietro era intitolato a S. Lucia e S. Donato. Intorno al 1580 fu costruita alla santa una cappella, nella quale oggi si conserva la statua che si porta in processione il 31 agosto.5 In età remota furono venerati anche i santi Cosma e Damiano, due gemelli uccisi al tempo della persecuzione di Diocleziano, i quali forse furono i primi patroni di Calitri. Vito Acocella ricorda che nell’antica chiesa madre, nel coro ligneo situato alle spalle dell’altare maggiore, esisteva una statuetta in noce di S. Canio con ai lati due altre statuette raffiguranti i due santi medici. S. Cosma è ricordato anche in una epigrafe settecentesca murata all’esterno della canonica della chiesa madre di Calitri, nella quale stranamente è associato non a S. IL CALITRANO Damiano, bensì a S. Desiderio, uno dei tradizionali compagni di martirio di S. Gennaro.6 Tra i culti più antichi vanno ricordati quelli per alcuni personaggi biblici vissuti prima di Cristo, come S. Giovanni Battista e suo padre S. Zaccaria. A S. Giovanni Battista, molto venerato in Calitri, furono intitolati diversi altari nelle chiese cittadine, mentre S. Zaccaria era il nome di un antico casale nei pressi di Castiglione, raccolto intorno a una piccola chiesa intitolata al santo. I santi benedettini In età altomedievale nei dintorni di Calitri esistevano numerosi insediamenti monastici, tutti osservanti la regola di S. Benedetto. Il più antico era l’abbazia di S. Maria in Elce, fondata agli inizi del IX secolo, verso la fine del periodo iconoclasta. Nell’XI secolo fu fondata la badia di S. Ippolito in Monticchio, mentre nel XII secolo vi fu una grande fioritura di monasteri: al di là dell’Ofanto, verso Rapone, sorse S. Maria dei Santi, costruita nel 1131 da S. Guglielmo da Vercelli, il fondatore delle abbazie di Montevergine (1119) e del SS.mo Salvatore al Goleto (1133); presso Pescopagano fu fondata l’abbazia di S. Lorenzo in Tufara (1100), con una piccola grancia rurale intitolata a S. Nicola; in direzione di Ruvo fu innalzato il monastero di S. Tommaso al Cerrutolo; a tutti questi vanno aggiunti S. Angelo di Castiglione e S. Pietro in Insula, citati nella Cronica conzana. I benedettini introdussero la devozione per S. Benedetto, per S. Egidio, al quale fu intitolata una chiesa di Castiglione, e per S. Desiderio, compagno di martirio di S. Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli. S. Desiderio è sepolto nell’abbazia di Montevergine, dove per alcuni secoli furono conservate anche le spoglie di S. Gennaro, ritrovate nel 1480 e riportate a Napoli nel 1497. Seguì la regola benedettina, per volontà dell’arcivescovo Scipione Gesualdo, anche il monastero femminile dell’Annunziata, sorto nel XVI secolo per volontà della nobile Drusiana di Landolfo7. Al di sotto della cappella rurale di S. Lucia, i versanti della collina in direzione dell’Ofanto mantengono ancora oggi il nome di coste di S. Benedetto, forse per essere appartenuti in passato a qualche monastero di quell’ordine. S. Michele, S. Antonio abate e altri culti del medioevo All’età altomedievale risale il culto dell’arcangelo Michele, introdotto dai Longobardi, che riconobbero nell’angelo con la spada l’equivalente cristiano delle loro divinità guerriere. Nel VII secolo, sorse sul promontorio N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 del Gargano, presso la città di Siponto, il santuario di S. Michele, uno dei più antichi della cristianità, e ben presto il culto dell’arcangelo si diffuse in tutta l’Italia meridionale, anche nei territori bizantini. All’arcangelo Michele furono intitolati numerosi luoghi sacri della Campania, tra i quali il famoso monastero di S. Angelo in Formis e la grotta di S. Michele, presso Olevano sul Tusciano (Sa), che accoglieva alcuni monasteri basiliani. Il santuario di S. Michele sul Gargano, così come la chiesa di S. Michele in Monticchio e la cappella di S. Michele al Bosco presso Rapone, furono meta di frequenti pellegrinaggi da parte dei calitrani. All’arcangelo erano intitolati un casale presso Castiglione e la più antica chiesa conosciuta di Calitri, fondata nel 1333. Alla chiesa afferiva la Laical Confraternita del AD ANGELINA PAVESE- Nata Simone A te, carissima amica, che il 12 ottobre 1998 hai celebrato – negli USA dove arrivasti giovinetta – il tuo novantesimo anno, giungano vivissimi gli auguri più sinceri e sentiti dai tuoi nipoti Christopher e Patricia, dai parenti, dagli amici tutti e dalla redazione del Giornale. Il Signore ti protegga e ti benedica. Purgatorio o Pio Monte dei Morti ... eretta sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, poiché S. Michele era considerato il protettore degli uomini nel momento della morte e l’accompagnatore delle anime nell’aldilà. La devozione per S. Antonio abate, vissuto tra il III e il IV secolo d. C., fu promossa nel regno di Napoli dall’ordine degli Ospitalieri, originari della città francese di Vienne e giunti in Italia al seguito dei sovrani di casa d’Angiò. Al santo, chiamato dai calitrani S. Antuono, fu innalzata una chiesa con numerosi altari nelle vicinanze della “Porta del Buccolo”. S. Antonio abate era considerato, insieme a S. Vito, protettore degli animali domestici. I religiosi dell’ordine di Vienne curavano, con il lardo dei maiali, gli ammalati di herpes (Fuoco di S. Antonio). Un altro culto molto diffuso in Calitri fu quello per i santi apostoli, mantenutosi vivo fino all’età moderna: a S. Bartolomeo era intitolato un altare nella chiesa madre, ai SS. Filippo e Giacomo era dedicata una piccola chiesa nella Terra, a S. Tommaso era intitolata un’abbazia benedettina nelle campagne verso Ruvo, mentre S. Pietro, S. Andrea e S. Marco davano il nome a tre piccoli casali. Inoltre nel Seicento, il 25 aprile, si svolgeva una processione in onore di S. Marco, invocato contro le gelate notturne che nella primavera inoltrata spesso compromettevano i raccolti. Alla fine del 12 XV secolo, dopo una grave epidemia di peste, le nuove fabbriche religiose furono intitolate ai santi invocati contro il morbo: S. Sebastiano e S. Rocco. Quest’ultimo, originario di Montpellier e vissuto tra il XIV e il XV secolo, secondo una leggenda sarebbe venuto in Irpinia per assistere gli appestati; per questo motivo fu eletto protettore di molti paesi, tra i quali Lioni, dove gli fu dedicato un santuario. S. Vito e i santi ausiliatori La vita difficile dei secoli passati, costellata di guerre, pestilenze e carestie, favorì in Calitri il culto dei santi ausiliatori, affermatosi a partire dalla fine del medioevo. I santi ausiliatori erano quelli ai quali i fedeli ricorrevano affinché intercedessero nelle loro necessità o contro qualche male: ad esempio S. Vito era invocato contro la corea (una malattia nervosa meglio conosciuta col nome popolare di ballo di S. Vito), S. Biagio contro il mal di gola, S. Egidio contro la pazzia, S. Rocco contro la peste, S. Nicola di Bari contro la carestia e così via. A S. Vito era intitolato l’altare maggiore della chiesa dell’Immacolata Concezione, costruita nel 1714 per conto di una confraternita laicale che commissionò anche le statue della Vergine e del santo che tuttora si portano in processione8. Altre volte S. Vito era venerato come patrono degli animali domestici e invocato insieme a S. Leonardo, patrono degli agricoltori. Ai santi ausiliatori appartiene anche S. Caterina d’Alessandria la cui festa, nel mese di novembre, segnava la fine del periodo della transumanza e il ritorno delle mucche dall’Appennino verso la Puglia. I santi francescani I francescani del convento di S. Sebastiano, fondato nel 1489 ai piedi dell’abitato di Calitri, introdussero la devozione per i santi dell’ordine. A S. Bernardino da Siena (a Calitri S. Berardino) nel Cinquecento fu innalzata una cappella fuori delle mura, ampliata nel 1747, mentre a S. Francesco d’Assisi furono dedicati alcuni altari, tra cui uno nella chiesa di S. Antuono. A S. Bernardino, fondatore degli Osservanti, dovrebbe essere collegata anche la cappella laicale intitolata al Nome di Gesù, tema ricorrente nelle sue predicazioni. Tuttavia il santo francescano più popolare era S. Antonio di Padova, al quale furono intitolati una piccola chiesa, costruita nel 1638, e numerosi altari9. La devozione per il santo era diffusa in modo uniforme in tutte le classi sociali, dai braccianti fino al feudatario; nel 1695, nella chiesa napoletana di S. Lorenzo Maggiore, il marchese di Calitri, scampato al terremoto che l’anno precedente aveva stermi- IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 nato la sua famiglia, offriva a S. Antonio una lampada d’argento e 100 ducati10. Alla presenza francescana, oltre che alle missioni gesuitiche, si deve la grande devozione dei Calitrani per l’Immacolata Concezione. S. Canio Commentando alcune visite pastorali cinquecentesche p. Gerardo Cioffari osserva che nel XVI secolo il nome Canio era molto poco diffuso in Calitri e conclude che per questo motivo «è difficile porre il patronato di questo Santo in un periodo anteriore al XV secolo11.» La moderna critica storica conferma l’intuizione di p. Cioffari: secondo la tradizione, S. Canio fu eletto patrono di Calitri durante il trasporto del corpo del santo da Atella, dove morì e fu sepolto alla fine del V secolo, ad Acerenza, la città lucana che lo elesse protettore; tuttavia tale traslazione non avvenne, come fino a pochi anni fa si pensava, nell’VIII secolo, ma trecento anni dopo, nell’XI secolo12. È possibile che la devozione per S. Canio si affermasse in Calitri più tardi, sviluppandosi lentamente e che forse solo nel XVI secolo egli venisse eletto patrono della città. I documenti più antichi disponibili sulla chiesa madre di Calitri, intitolata a S. Canio, sono posteriori alla ricostruzione avvenuta tra il 1547 e il 1563, e nulla si sa sulla chiesa precedente e sulla sua intitolazione. È stato ipotizzato che i primi protettori di Calitri siano stati i SS. Cosma e Damiano, ricordati in un’epigrafe settecentesca. La Cronica conzana, scritta nel 1691, ricorda la presenza nella chiesa madre di Calitri di una statua con le reliquie del protettore13, raffigurata anche nel manoscritto. Non essendo conosciuta alcuna immagine antica di S. Canio14, in età moderna egli venne rappresentato come un anziano vescovo con la mitria, il pastorale e con la palma del martirio in mano, come appare nella statua che oggi si porta in processione. Con le stesse sembianze il santo era raffigurato nella statua lignea conservata nella chiesa dell’Annunziata e in un busto argenteo, perduto, esistente fino al secolo scorso e probabilmente simile alla statua in argento di S. Erberto conservata fino a pochi anni fa nella cattedrale di Conza15 (fig. 3). S. Gerardo e i padri redentoristi Tra i santi venerati in Calitri si nota l’assenza di personaggi dell’età della Controriforma, assenza dovuta probabilmente alla scarsa penetrazione dei nuovi istituti religiosi (barnabiti, scolopi, teatini, vincenziani etc.) istituiti all’epoca della Riforma. Fa eccezione S. Gerardo Maiella, il giovane religioso appartenente alla Con- gregazione del Redentore che visse e morì consumato dalle privazioni nella casa di Materdomini di Caposele, dove è sepolto. La congregazione dei redentoristi fu fondata nel 1732 da S. Alfonso Maria de Liguori (1696-1787) con lo scopo di compiere missioni nei centri rurali, attività praticata in età controriformistica da numerosi istituti religiosi, come i gesuiti, i pii operai, i missionari di S. Vincenzo de’ Paoli, la Congregazione delle Apostoliche missioni e quella dei padri passionisti, fondata nel 1728 da S. Paolo della Croce. Fu il sacerdote calitrano Francesco Margotta (1699-1764), vicario del card. Giuseppe Nicolai, arcivescovo di Conza, a suggerire ad Alfonso de Liguori di aprire una casa per i suoi religiosi nelle vicinanze del santuario di S. Maria di Materdomini, presso Caposele, donando per la nuova costruzione 100 ducati annui. In seguito il p. Margotta aderì alla congregazione redentorista. Sia S. Alfonso (nel 1747) che S. Gerardo vennero a predicare a Calitri durante le loro periodiche missioni, nel corso delle quali, oltre ad evangelizzare il popolo, componevano le liti e incitavano i peccatori alla penitenza e alla comunione. Per la sua umiltà e per i miracoli compiuti S. Gerardo fu oggetto di grandissima devozione in Campania e in tutto il Meridione già prima della morte, e anche in Calitri il suo culto conobbe una grande diffusione. *** Una comunità ha bisogno di conoscere il proprio passato e le proprie tradizioni, affinché la sua identita non si perda. La devozione per i santi ha contribuito a formare e rafforzare questa identità e pian piano i loro nomi, con i quali i nostri cittadini per secoli hanno battezzato figli e nipoti, ci sono divenuti familiari. Oggi, con la scelta dei nomi di battesimo condizionata dalle mode e dalla televisione, possiamo solo augurarci che i nomi tradizionali si conservino ancora per lungo tempo. NOTE 1 Per una panoramica generale sui santi e sulle loro vite cfr. la Bibliotheca Sanctorum, 13 voll., Roma 1961-70. Sulla Vergine Maria si veda F.S. MONTORIO, Zodiaco di Maria ovvero le dodici provincie del Regno di Napoli, Napoli 1715. Sulla storia della Chiesa nell’Italia meridionale cfr. G. GALASSO - C. RUSSO, Per la storia sociale e religiosa del Mezzogiorno d’Italia, voll. I, Napoli 1980, e II, Napoli 1982. Sulle chiese di Calitri cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946], r.a., Calitri 1984; A. CESTARO, Le diocesi di Conza e di Campagna nell’età della Restaurazione, Roma 1971; G. ACOCELLA, Calitri. Vita di un grosso borgo rurale dell’alta Irpinia dal 1861 al 1971, Calitri 1977; G. CHIUSANO, La Cronista conzana, Conza 1983; G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996; C. DE ROSA, 13 Calitri negli ultimi tre secoli (Da alcune incisioni, disegni e manoscritti inediti), in «Samnium», 69 (1996), pp. 315-332; E. RICCIARDI, Antiche chiese di Calitri, in «Il Calitrano», n.s., 7 (1998), pp. 13-15. Sulle ricorrenze e le tradizioni religiose dei calitrani cfr. T. DI MAIO, Calitri. Usi, costumi, racconti e canti, Calitri 1978, e A. BASILE, Vecchio mondo calitrano. Alla riscoperta della civiltà contadina, Calitri-Avellino 1984, in part. i capp. V e VII. 2 Sulla chiesa dell’Immacolata Concezione di Calitri cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri... cit., pp. 100 ss.; G. ACOCELLA, Calitri. Vita di un grosso borgo rurale dell’alta Irpinia dal 1861 al 1971, Calitri 1977, pp. 120-121; V.A. CERRETA - G. CIOFFARI (a cura di) L’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri, 2 voll., Bari 1997. Sulla statua cfr. E. RICCIARDI, La statua dell’ Immacolata di Calitri. Modelli e confronti nel Regno di Napoli, in L’Arciconfraternita... cit., I, Studi sulla storia e la regola, Bari 1997, pp. 113-118. 3 Riportato in G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e terre... cit., p. 93. 4 Sulla facciata della chiesa vi è la seguente iscrizione: HOC SACELLUM / BEATISSIME COELORUM REGINAE DICATUM / SUB TITULO GRATIARUM / FRANCISCUS MAFFUCCI PRESBYTER / AD EXERCITIUM SUAE CIVIUMQUE PIETATIS / AERE PROPRIO A FUNDAMENTIS EREXIT / ANNO DOMINI MDCCCLXVI. 5 Sulla processione di S. Lucia, istituita nel 1955, cfr. A. BASILE, cit., p. 372. 6 Il testo dell’epigrafe è il seguente: D.O.M. / TEMPLUM HOC SUB S. CANIONIS TUTELA / ET NOMINE / FRANCISCUS NICOLAI / ARCHIPRAESUL METROPOLITA COMPSANUS / IN SANCTOR(UM) MARTYROR(UM) COSMAE ET DESIDERII / HONOREM / AD CLERI POPULIQUE ITERATAS PRECES / SOLEMNI RITU/ DICAVIT / AC ILLUD IN AN(N)IVERSARII DIE VISITANTIBUS / INDULGENTIAE XXXX DIES IMPERTITIIS EST / ANNO D(OMI)NI MDCCXXVIII DIE XXV APRILIS 7 «Nella terra di Calitri esiste un monastero di monache sotto il titolo dell’Annunciazione della beata Maria, le quali finora non hanno seguito alcun ordine o religione, e adesso affermano di vivere secondo la regola di S. Bernardo; ma non hanno e non osservano alcuna regola; l’Arcivescovo vorrebbe portarle ad osservare la regola di S. Benedetto; in questo monastero si osserva la clausura e vi sono 12 monache, che dispongono di proventi adeguati.» (riportato in N. DI GUGLIELMO, L’archidiocesi di Conza alla fine del XVI secolo nelle “Relazioni ad limina” dell’arcivescovo Scipione Gesualdo, in ´Rassegna Storica Irpinaª 7 - 10 (1995/II), pp. 457 - 477). Sul monastero dell’Annunziata cfr. C. DE ROSA, Ricerche storiche su Calitri, Lioni 1975. 8 Sulla ricorrenza del 7 settembre, istituita nel 1947, cfr. V.A. CERRETA - G. CIOFFARI (a cura di) L’Arciconfraternita dell’Immacolata..., cit., II, fig. 94. 9 La processione di S. Antonio, che si svolge il 13 giugno, fu istituita negli anni Venti di questo secolo per volontà dei reduci della grande guerra. 10 Napoli, Archivio di Stato, Monasteri soppressi, vol. 1275, ff. non numerati. 11 G. CIOFFARI, Calitri..., cit., p. 27. 12 Cfr. A. VUOLO, Tradizione letteraria e sviluppo cultuale. Il dossier agiografico di Canione di Atella (secc. X-XV), Napoli 1995; si veda anche G. CIOFFARI, S. Canio nelle fonti e nella critica storica, in «Il Calitrano», n.s., 5 (1997), pp. 5-10 e in «Il Calitrano», n.s., 7 (1998), pp. 5-7. 13 Alcuni brani della Cronica conzana, riguardanti Calitri, sono riportati in C. DE ROSA, Calitri negli ultimi tre secoli ... cit., pp. 315-332. 14 Un’immagine del santo, perduta, si trovava in un ciclo di mosaici del VI secolo d.C. che decorava la basilica di s. Prisco a Capua. Cfr. V. ACOCELLA, Storia IL CALITRANO SE LO CONOSCI, LO… RISPETTI ì, è vero, viviamo proprio in un’epo- Sca neroniana; non c’è che dire. La cronaca quotidiana è, purtroppo, ricca di episodi raccapriccianti: uxoricidi, infanticidi, uccisioni di genitori, stupri di massa, incesti, ecc. Non manca, poi, la solita violenza razzista esercitata su qualche malcapitato “reo” di non essere “comunitario”, quasi a voler affermare la nostra presunta superiorità… etnica! Insomma, gira e rigira, ci ritroviamo a fare i conti con fenomeni che sembravano appartenere al passato remoto. Dunque, aveva ragione il grande G.B.Vico, quando parlava di corsi e ricorsi storici! Non è ceto per portare una nota di pessimismo, se si cerca di illustrare la situazione attuale, così com’è oggi, drammaticamente voltata al peggio. I mass media, per aggettivare la società contemporanea, parlano di “società complessa”, anche se poi fanno poco, o niente, per renderla “semplice”. Anzi, fanno di tutto per alimentare gli aspetti deteriori che la caratterizzano: individualismo, rampantismo, qualunquismo, consumismo ecc., ai quali andremo ad aggiungere due nostri neologismi: crudelismo e arraffismo. Lo sappiamo: c’è N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 poco da stare allegri, ma tant’è. “Ogni Stato ha il governo che si merita” diceva un vecchio filosofo e noi, Italiani, ce ne siamo meritati proprio tanti, se siamo ridotti in questo… stato. Le Ferrovie dello Stato funzionano sempre peggio, nonostante Celentano…; la Sanità conviene chiamarla Malasanità; la Giustizia diventa sempre più Ingiustizia; la Scuola produce tanti somari. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma per non tediare i lettori è preferibile stendere un velo pietoso sul seguito. Siamo un popolo di blateranti, non ci sono dubbi. Parliamo troppo, ma realizziamo poco, molto poco, anche se siamo molto creativi, ricchi di inventiva e capacità multiple, che ci hanno resi (almeno in passato) simpatici all’estero. Forse meno retorica e meno demagogia, a tutti i livelli, farebbero bene all’attuale contingenza. Per cominciare, buttiamo nel cestino la cosiddetta “politica spettacolo”, che è l’ultima trovata degli occupanti vecchi e nuovi del nostro Parlamento, per distogliere l’attenzione generale dai problemi reali che si trovano ad affrontare gli Italiani senza “blasone”: disoccupazione, miseria, incertezza per il futuro, tenuta democratica del Paese, unità nazionale ecc. Riprendendo il tema del razzismo, che si dice che aumenti in proporzione alla crisi economica, occorre ammettere che è vera questa tesi, ma ciò non basta LE SUORE NELLA STORIA DI CALITRI ell’ultima Festa della Famiglia svol- N tasi a Calitri il 23.05.1998 si è manifestato un corale, generoso e doveroso rimpianto per il lavoro svolto dalle Suore, in modo particolare con la Scuola Materna che recentemente ha smesso di essere gestita dalle suore, che da oltre un secolo sono presenti operosamente nel nostro paese. È, infatti, fin dal lontano 1891 che la presenza delle suore del Patrocinio di San Giuseppe ha animato ed attuato pregevoli iniziative di assistenza ai fanciulli, alle giovani, alle persone anziane. La scelta di questa Congregazione la si deve certamente al sacerdote calitrano don Luigi Capossela canonico in Roma, che di concerto col sindaco del paese don Gaetano Margotta e col cav. Giuseppe Nicola Berrilli, allora presidente della Congrega di Carità, progettarono l’istituzione di un “giardino d’infanzia” come allora si chiamavano gli asili infantili, e usufruendo di un vecchio lascito della N.D. signora Maria Rosa Di Cosmo, fecero venire da Roma una superiora, suor Pia del Nazzareno, con altre tre suore, che furono ospitate nei locali attigui alla Cappella di S. Antonio Abate, di proprietà della famiglia Berrilli, che in un secondo momento acquistò la Cappella di S. Antonio Abate che divenne l’oratorio delle suore. Ben presto, e con il consenso dell’arcivescovo Buglione, nel gennaio 1896 fu istituito un Pio Sodalizio delle “Figlie di Maria” per le giovani, che con la partecipazione delle suore e sotto la guida del direttore spirituale don Giuseppe Cestone, con numerose lodevoli e meritevoli iniziative è rimasto in attività fino al 1962. Si può ben pensare quale benedizione del cielo fu l’arrivo delle suore nel nostro paese prevalentemente agricolo, dove le 14 a spiegare tutto il fenomeno. Ci sono, sicuramente, altre componenti, che concorrono ad alimentare questo odio verso il diverso da noi. Esse sono: scarsa conoscenza della geografia, della storia, dell’antropologia nel suo senso più ampio; il mancato studio di una seconda lingua, partendo dalle scuole elementari, rappresenta un’altra tessera di questo mosaico negativo. Va detto, infatti, che in genere, nelle nazioni dove lo studio di una lingua straniera in età congrua (già dai 7 anni) è ormai un fatto acquisito, la discriminazione razziale è molto minore che altrove. Se ne deve essere accorto anche il nostro Ministro della Pubblica Istruzione, visto che, con proprio decreto (D.M. 26/06/1991) ha reso obbligatoria l’introduzione di una lingua straniera a partire dalla 3a elementare. Con questo provvedimento, la tanto bistrattata scuola italiana, dà finalmente un grosso contributo alla sprovincializzazione del nostro Bel Paese, fornendo così una ulteriore possibilità di allargare l’orizzonte delle conoscenze interculturali e di educare alla tolleranza interetnica. La guerra nella ex Yugoslavia dovrebbe insegnarci qualcosa, o no? In conclusione: se lo conosci… lo rispetti; parliamo del cittadino straniero, naturalmente! Domenico Calderone (da Ruvo del Monte) famiglie erano costentemente impegnate nel lavoro dei campi, avere un asilo nido, che già allora era dedicato alla “Regina Margherita”, dove poter lasciare i figli, sapendo che non solo venivano accuditi con amore, ma anche venivano iniziati allo studio, alla preghiera, alla vita civile con recite e laboratori vari. Le ragazze, invece, sempre più numerose, trovarono nel Pio Sodalizio Calitri 1998, la superiora mentre ringrazia il pubblico dei genitori. Il CALITRANO “Figlie di Maria” una sicura guida pratica e spirituale per riempire con impegno personale lo squallore di un paese che non aveva nessuna specifica iniziativa per le donne; e questo fu anche l’inizio e la sorgente per tante nuove vocazioni, infatti circa una quarantina di giovani le ritroveremo suore nella medesima Congregazione delle suore, presso le quali oltre ad imparare a ricamare, a cucire, a sbrigare le faccende di casa, avevano la possibilità di frequentare i sacramenti, di pregare di imparare a meditare. Nel 1910 un terremoto di estrema violenza si abbattè su Calitri provocando ben quaranta morti e numerosi feriti, e le suore, con la superiora suor Maria Scolastica di Gesù, riuscirono a lenire il dolore di tantissime famiglie con la preghiera e l’insegnamento evangelico, ma soprattutto col servizio del prossimo più bisognoso e debole; nel 1915 dirette da suor Maria Irene, suor Eufrasia e suor Benedetta le figlie di Maria formarono N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1998 una notissima Schola Cantorum, una novità assoluta per il paese Nel 1932, finalmente, vengono assegnati alle suore nuovi locali nel Largo San Berardino, con l’adattamento, ad opera degli ingegneri Della Badia e Toglia, di un immobile di proprietà Del Franco e Carola che aveva ospitato un molino pastificio, e l’attività delle suore si allarga anche alla mendicità col ricovero di persone povere e senza alcuna assistenza. Nel 1940 viene affidata alle suore anche la direzione del refettorio della nuova Casa dell’ECA e l’apertura dell’asilo nido programmato dall’ONMI e l’affidamento dei figli delle mietitrici che erano ospitate appunto nella casa dell’ECA. Negli anni ’50, con l’apertura di scuole medie e superiori, le suore estesero la loro attività anche alle ragazze che venivano a studiare in paese, iniziando un lavoro di vero e proprio convitto. Dopo il trasferimento delle suore con l’Asilo nel palazzo Zampaglione in piazza, si giunge alla cessione, da parte della Curia, della Chiesa di S. Michele alle suore, e dopo il lavoro di abbattimento dell’antica e bella chiesa si arriva alla inaugurazione dei nuovi locali il 9 settembre 1971 con l’intervento dell’Arcivescovo Gastone Mojaschi Perrelli, finalmente una dimora stabile, nella quale vengono ospitate, seguite e curate le persone anziane. È una storia lodevole quella delle suore e del loro lavoro semplice, silenzioso, ma decisivo, che è entrato, come linfa vitale, nel tessuto sociale del paese; alla Superiora, a Suor Valentina, Suor Donata e Suor Maria Teresa e a tutte le Suore di Calitri un grazie di cuore da tutti i cittadini riconoscenti per il lavoro svolto e più ancora per quello che svolgeranno. Il Cronista P.S. Tutte le notizie storiche sono state tratte dalle ricerche del prof. Carlo DIALETTO E CULTURA POPOLARE A CURA DI RAFFAELE SALVANTE LA NOTT’ R’ SANT’ ANTONIJ iggh’ ngera zi Vardin’ “’u pilota” cu la m’letta, na mula femm’na n’ picca maluasa. Man’ man’ chi camm’navam’ ndo la vianova s’ v’rienn’ semp’ cchiù cr’stian’ cu ciucc’ e mul’; arr’varm’ a lu pont’ r’ Sant’ Antonij n’ stia asp’ttann’ Pasckal’ r’ c’cchett’ cu lu ciucc’, la caravana s’ facìa semp’ cchiù longa, arr’varm’ v’cin’ a r’ pign’ nn’ret’ a lu tuf’ ng’era na luna chiar’ juorn’, s’ v’rìa quas’ fin’ a Curtin’, s’ s’ntìa nu r’mor’ r’ ciancianeggh’ e campanieggh’ quanta cr’stian’ quegghia nott’ sciemm’ a leun’ a M’nticch’, aviemm’ fatt’ tutt’ la stessa p’nzata, chi cantava, chi chiacchiariava cu li cumpagn’, quegghia nott’ p’ la via r’ M’nticch’ era cum’ si foss’m’ stat’ nda na fera. Ra Calitr’ p’ arr’và a M’nticch’ ng’ v’lìenn’ cchiù o men’ tre or’, ma quegghia nott’ quant’ n’ v’rerm’ arr’vat’; appena passata l’Aimara n’ f’ccarm’ ndo lu vosch’ e ognun’ piglià la via soia, nuj camm’narm’ viers’ li Cap’ r’ l’acqua p’ na bona mezz’ora, r’ fogl’ r’ l’alber’ nn’ facienn’ passà la luc’ r’ la luna, ma p’ camm’nà s’ v’rìa bbuon’; arr’varm’ ndov’ Zapp’licch’ avìa aucchiat’ ra paricch’ juorn’ nu v’sc’glit’ aut’ dritt’ cum’ na cannela. Sc’nnerm’ ra cavaggh’, amment’ chi ij attaccava r’ v’ttur’, frat’ma cucin’ facìa r’ fr’cceggh’ p’ carr’cà, zi Vardin e Pasckal’ un’ ra nu lat’ e un’ ra l’aut’ cu l’accetta accumm’nzarn’ a taglià lu v’scigl’; abb’lavan’ r’ taccul’ chi era nu piacer’, ropp’ poch’ m’nut’ lu v’scigl’ era nterra; tutt’ e quatt’ chi tagliava l’ancun’, chi tr’pp’gghiava e chi spaccava, subb’t’ fec’m’ r’ sarm’, nuj n’ p’gliarm’ r’ megl’ ca era cchiù queggh’ chi r’mas’ nterra, Era la sera r’ li rurr’c’ r’ giugn’ r’ lu 1950, ngimma cort’ s’nava la banda ra lu ntav’lat’ p’ la festa r’ sant’ Antonij , p’ lu cors’ s’ facìa lu strusc’, uagliun’ e f’gliol’ passiavan’ ammont’ e abbagghj’ ra la chiazza a lu m’n’ment’, chi la t’nia na cient’ lira s’ f’ccava ndo lu cafè r’ Toglia o r’ lu Riav’l’ e chi s’accattava nu gg’lat’, chi na birra, chi na gassosa, chi s’accattava r’ n’cegghj’ o la cupeta ngimma a r’ bancaregghj’ e chi n’ t’nìa sold’ passiava ammont’ e rabbagghj’. Viers’ mezzanott’ f’rnì r’ s’nà la banda e ment’ chi n’ stiemm’ r’trann’ frat’ma cucin’ “Zapp’licch’” - accussì s’ chiamava r’ stuort’ nom’, (lu possan’ li cumpagn’) ca t’nìa nu mul’ aut’ quas’ ruj metr’ e igghj’ era si e no nu metr’ e miezz’, e li cumpagn’ ‘u r’cienn’ cum faj a carr’cà lu mul’ ca tu sì quant’ nu zapp’licch’- m’ riss’, fratì, vo v’nì a M’nticch’ ? ‘u r’ciett’ sin’ , mò vagh’ a casa m’ cambj’ e n’ sciam’. Sciett’ a casa, mamma e tata s’eran’ curquat’, ogn’ bota chi m’ r’trava tard’ la nott’, cum’ apria la porta mamma auzava la cap’ ra cimma a lu cuscin’, appena trasiett’ ‘u r’ciett’ : ma’ aggia sci a leun’ cu C’nzin’ r’ zi Cicc’ ; ij a leun’ scia semp’ e mamma m’ riss’ va buon’, acchianaj ngimma a l’anat’, ghià t’nìa ‘u liett’, m’ cambiaj r’ scarp’, la cammisa e li cauzun’, m’ttiett’ la varda a la ciuccia, m’ p’gliaj l’accetta, e ment’ chi stia assenn’ ra la porta arr’và Zapplicch’ cu Martin’ a capezza – accussì sì chiamava lu mul’ r’ frat’ma cucin’- nzemm’r’ cu 15 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 mentre uscivo di casa arrivava Zapp’licch’ con Martino così si chiamava il suo mulo, insieme a lui c’era zio Berardino detto “il pilota” con la sua muletta un po’ selvaggia. Man mano che camminavamo nella strada si vedevano sempre più persone con l’asino o il mulo, arrivammo al ponte di Sant’Antonio, dove ci aspettava Pasquale r’ c’cchett’ con l’asino, la carovana si faceva sempre più lunga, arrivammo vicino ai pini dietro il tufo c’era una luna chiara che si vedeva quasi fino a Cortino, si sentiva uno scampanio rumoroso, quanta gente quella notte che andava a legna a Monticchio, avevamo avuto tutti lo stesso pensiero, e quella notte per la via di Monticchio era come essere in una fiera. Da Calitri per arrivare a Monticchio ci volevano più o meno tre ore, ma quella notte ci sembrò niente, appena superata l’Aimara ci inoltrarmo nel bosco ed ognuno prese la sua strada, noi andammo verso la località Capo dell’acqua per una buona mezz’ora, le foglie degli alberi non facevano passare i raggi della luna, ma per camminare si vedeva bene, arrivammo dove Zapp’li’ch’ aveva adocchiato da parecchi giorni un grosso cerro diritto come una candela. Scendemmo da cavallo, e mentre io legavo gli animali mio cugino faceva due paletti a forca per caricare gli animali, mentre zio Berardino e Pasquale uno da un lato e uno dall’altro con le scuri cominciarono ad abbattere il cerro, volavano schegge che era un piacere, dopo pochi minuti il cerro era atterrato, tutti e quattro al lavoro chi tagliava i rami, chi spaccava la legna e così via. Poi ognuno cominciò a caricave il proprio animale prendendo la legna migliore, ma era più quella restata a terra; nel caricare l’animale si doveva avere un occhio molto attento perché il carico non pendesse da qualche lato, altrimenti i mulattieri di professione ci avrebbero sbeffeggiato. Per ultimo si trasportarono anche i paletti a forca, perché se per disavventura cascava un animale, bisognava scaricare e poi ricaricare la legna; appena terminato di caricare ci avviammo verso Calitri; usciti dal bosco cominciava a fare giorno e più si vedeva la lunga carovana di asini e muli, il sole spuntò quando arrivammo al Ponte delle cinque luci. Dopo Rifezza a Votar’ng’negghia al lato sopra il carraro c’era un ciliegio bianco e chiunque passava tirava un ramo e prendeva le ciliegie, e appena terminate noi giovani salivamo sopra e prima ci riempivamo le tasche e dopo le mettevamo dentro la maglia e così il povero ciliegio restò saccheggiato, sotto avevano seminato la car’segghia che era pronta per essere mietuta, l’avevamo tutta pesticciata, sembrava di aver fatto n’aria, quando il padrone andrà in campagna resterà sbalordito. Quando arrivammo a Cortino, il sole cominciava ad alzarsi, per tutta la costa della Taverna si vedeva una vera processione di asini e muli carichi di legna, mentre salivamo la costa, dietro gli animali restò zio Berardino e Pasquale, mentre io e mio cugino andammo a cogliere fichi grossi quanto un pugno, e per farli assaggiare a zio Berardino e Pasquale li mettemmo nella maglia che avevamo ed avendo ancora il latte, una volta schiacciate ci provocò un prurito che ci costrinse a grattare continuamente la pancia. Arrivammo a Calitri che il sole era alto e cominciava a far caldo, arrivai a casa scaricai l’asina, le tolsi il basto le misi una abbondante misura di avena, misi a posto la legna, due secchi d’acqua nella caldaia di rame rosso, mi detti una lavata e andai a letto sul ballatoio. All’ora del pranzo mia madre mi chiamò, aveva cucinato le orecchie di preti, mi alzai, ne mangiai mezza spasetta e me ne tornai a letto. La sera eravamo di nuovo tutti ad ascoltare la banda e a fare lo struscio in piazza. La notte di Sant’Antonio aveva fatto la grandine ad aria serena nel bosco di Monticchio!… Metallo Vincenzo (da Roma) ognun’ s’ carr’cava la v’ttura soia, la sarma avìa ess’ azz’mata azz’mata, nun avìa penn’ ne a nu lat’ e ne a l’aut’. La v’ttura r’ carr’cava cu l’occh’, avìa parè bona s’nò li m’lattier’ n’ sf’ttienn’ a nuj chi t’niemm’ lu ciucc’, a l’ut’m’ s’ carr’cavan’ pur’ r’ fr’cceggh’, ca si nun sia maj carìa na v’ttura, s’avìa prima scarr’cà, n’aviemma sacrer’ ca nun s’era fatta mal’ e carr’cà nata vota. Appena f’rnut’ r’ carr’cà n’abbiarm’ viers’ Calitr’, quann’ asserm’ ra lu vosch’ accumm’nzava a fa juorn’, cchiù s’ facìa juorn’ e cchiù s’ v’rìa la caravana r’ ciucc’ e mul’ ca s’allunguava, ‘u sol’ n’ luà a lu pont’ r cinch’ luc’. Ropp’ R’fezza a Vota r’ng’negghia a lu lat’ r’ cimma lu carrar’ ng’era nu c’ras’ ianch’, ognun’ chi passava t’rava na rama e s’ facìa r’ c’ras’, quann’ eran’ f’rnut’ queggh’ r’ sotta nuj uagliun’ acchianavam’ ngimma e prima n’anghiemm’ r’ sacch’ e ropp’ n’ r’ m’ttiemm’ mbiett’, a l’ut’m’ lu pov’r’ c’ras’ era r’mast’ tutt’ sckancarat’ e ram’ nterra, sotta avienn’ s’mm’nat’ la car’segghia chi era pronta p’ ess’ m’tuta, l’aviemma totta stamp’sciata, parìa ca aviemm’ fatt’ l’aria, quann’ scia lu patron’ s’ l’avìa p’glià bbuon’ lu r’frisck!… Quann’ arr’varm’ a Curtin’, lu sol’ s’accumm’nzava auzà, p’ totta la costa r’ la Taverna s’ v’rìa na pr’gg’ssion’ r’ ciucc’ e mul’ carr’ch’ r’ leun’, a ment’ chi acchianavam’ la costa, appriess’ a r’ v’ttur’ r’mas’ zi Vardin’ e Pasckal’, ij e frat’ma cucin’ scerm’ a fich’, cert’ ulommar’ eran’ quant’ nu p’con’, p’ r’ fa pr’và a zi Vardin’ e Pasckal’ n’ r’ m’tterm’ mbiett’, ind’ a la cammisa ropp’ chi s’era scafazzata ca t’nìa ancora r’ latt’ s’ s’mm’vì nu p’rrit’ e m’ hrattava semp’ la panza. Arr’varm’ a Calitr’, lu sol’ era aut’ e accumm’nzava a fa call’, arr’vaj a casa, scarr’caj la ciuccia, ‘u luaj la varda, ‘u m’ttiett’ na bona m’sura r’ vena e fav’, m’ttiett’ a post’ r’ leun’, m’ttiett’ ruj s’cchiett’ r’acqua ndo la callara r’ rama rossa, m’ riett’ na lavata e m’ sciett’ a curquà ngimma a l’anat’. Quann’ era ora r’ mangià, mamma m’ chiamà, avìa fatt’ r’aurecch’ r’ prieut’, m’auzaj, m’ ch’caj na mezza spasetta r’aurecch’ e m’ cruqquaj n’ata vota; la sera jerm’ tutt’ quanta nata vota a sent’ la banda e a fa lu strusc’ ngimma cort’. La nott’ r’ Sant’Antonij avìa fatt’ la hrannaneta a arij s’ren’ nda lu vosch’ r’ M’nticch’!... LA NOTTE DI SANT’ANTONIO Era la sera del 12 giugno 1950 in piazza suonava la banda sul palco, per la festa di Sant’Antonio, giovanotti e signorine passeggiavano su e giù dalla piazza al monumento, chi aveva una cento lire andava al bar Toglia o al Bar Diavolo per comprarsi un gelato, una birra, una gassosa, chi si comprava le nocelline americane o il torrone sulle bancarelle e chi non aveva soldi passeggiava su e giù. Verso la mezzanotte la banda in piazza terminò di suonare, e mentre stavamo andando via, mio cugino “Zapp’licch’” – così lo avevano soprannominato i compagni, che si meravigliavano come facesse a caricare il suo mulo che era alto quasi due metri, mentre lui era soltanto un metro e mezzo – mi disse vuoi venire a Monticchio? Gli dissi di si, vado a casa a cambiarmi e ce ne andiamo; andai a casa mia madre e mio padre erano a letto, ogni volta che rientravo tardi la notte, come aprivo la porta, mia madre alzava la testa dal cuscino, appena entrato le dissi che dovevo andare a fare la legna con Vincenzo di zio Ciccio, andavo abitualmente a legna e mia madre disse che potevo andare. Salii sul ballatoio, dove avevo il letto, mi cambiai le scarpe, la camicia e i pantaloni, misi il basto all’asina, presi la scure e 16 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 MOVIMENTO DEMOGRAFICO Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo dal 24.06.1998 al 16.10.1998, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. NATI Laurentini Lorenzo di Fabio e di Di Palumbo Emmanuela Zarrilli Gerardo di Giuseppe e di Metallo Francesca Lucrezia Mariachiara di Antonio e di Nivone Lucia Messana Monica di Vito e di Caruso Antonietta Di Muro Noemi di Giuseppe Canio Claudio e di Zarrilli Maria Gaetana Tornillo Emidio di Luigi e di Carafa Vincenza Cerreta Antonietta di Giuseppe e di Di Milia Patrizia Stanco Enzo di Giovanni e di Rosania Giovanna Margotta Mario di Giuseppe e di Di Vito Dina Michela Cestone Lorenzo di Benedetto e di Luongo Margherita Sansone Salvatore di Michele e di Araneo Rosanna Maffucci Canio di Michele e di Zarrilli Pierina Marino Gabriele di Bruno e di Vulcano Adele Zarrilli Silvia di Giuseppe e di Tancredi Giuseppina Antonicelli Leonardo di Marco e di Tozzi Lucia Basile Renato di Francesco e di Di Milia Graziella Zabatta Yuri di Vincenzo e di Belculfine’ Antonietta Zabatta Mirko di Vincenzo e di Belculfine’ Antonietta Zabatta Luca di Canio e di Di Cecca Vincenzina Zarrilli Federica di Pasquale e di Lucrezia Enza Maria Lucrezia Daniele di Luigi e di Caruso Maria Iannece Chiara di Carmine e di Errico Rosa Caruso Alessia di Angelo e di Pannisco Armida Lettieri Daniele di Antonio e di Daniele Nicolina Maffucci Antonio di Pietro e di Rossi Cecilia Maffucci Miriam di Vito Antonio e di Zarrilli Grazia Zarrilli Manuela di Giuseppe e di Buldo Lucia Di Roma Gianluigi di Antonio e di Rosania Gerardina D’Emilia Maurizio di Pasqualino e di Russo Maria 25.04.1998 23.06.1998 27.06.1998 29.06.1998 29.06.1998 30.06.1998 04.07.1998 15.07.1998 22.07.1998 22.07.1998 31.07.1998 12.08.1998 14.08.1998 17.08.1998 19.08.1998 24.08.1998 01.09.1998 01.09.1998 04.09.1998 07.09.1998 16.09.1998 18.09.1998 20.09.1998 23.09.1998 26.09.1998 27.09.1998 30.09.1998 06.10.1998 12.10.1998 MATRIMONI Barletta Angelo e Fastiggi Luciana Acocella Michele e Di Cairano Antonella Rainone Michele e Cesta Teresa Russo Giovanni e Sperduto Enza Di Milia Michele e Cianci Giovanna Stanco Salvatore e Morano M. Antonietta Angelillo Michele e Stanco M. Concetta De Nicola Luigi e Galgano Irma Loredana Pennimpede Gerardo e Margotta Francesca Zabatta Michele e Kaca Dhorika Solazzo Antonio e M. Anna Maria Buldo Vincenzo e Karcini Etleva Zarra Michele e Cialeo M. Antonietta Maffucci Franco Mario e Fierravanti Maria Creddo Walter e Scoca Franca Cirasella Antonio e Metallo Paola Zarrilli Luigi Franco e Di Guglielmo Angela Cestone Antonio e Caruso Antonella Astone Giosuè e Wegrzyn Elzbieta De Gianni Michele e Cucciniello Lucia Rainone Canio e Sibilia Mirella Cianci Benito e Caruso Giuseppina Cicoira Antonio e Galgano Luciana Visilli Silvio e Metallo Rosetta 27.06.1998 11.07.1998 18.07.1998 01.08.1998 05.08.1998 05.08.1998 08.08.1998 08.08.1998 13.08.1998 13.08.1998 19.08.1998 20.08.1998 22.08.1998 27.08.1998 29.08.1998 02.09.1998 05.09.1998 05.09.1998 09.09.1998 09.09.1998 10.09.1998 12.09.1998 26.09.1998 03.10.1998 MORTI Zampaglione Biagio Di Napoli Lucia Tita Antonio (Ruvo) Russo Umberto Gerardo Lucrezia M. Anna Ungherese Vito Del Cogliano M. Benedetta Nicolais Luigi Immerso Pasquale Ricciardi Lucia Gaetana De Nicola Rosetta Codella Michele Cestone Donato Cardaci Vita Strollo Orazio Gambardella Ida Galgano Vito Armiento Vito Zarrilli M. Giuseppa Stanco Vincenzo Cubelli Maria Di Cairano Antonio Vallario M. Giuseppa Fatone Vincenza Di Maio Leonardo Maffucci Angela Maffucci Donato Fastiggi M. Michela Santoro Francesco Cestone Maria Cestone Giovanni Germano Vincenza Di Cairano Lucia Corazzelli M. Giuseppa Di Milia M. Filomena Cubelli Concetta Nicolais Antonio Cicoira Angela Abate Giovanni Maffucci Giovanni Ungherese Nicola Cestone Vito Di Guglielmo Angela Corazzelli Giuseppe Tateo Cherubina 08.08.1908 – 13.06.1998 16.06.1907 - 24.06.1998 08.10.1907 - 30.06.1998 12.08.1939 - 30.06.1998 27.10.1904 - 01.07.1998 25.07.1913 - 02.07.1998 28.05.1914 - 03.07.1998 18.10.1936 - 08.09.1998 13.04.1914 - 08.07.1998 27.10.1910 - 09.07.1998 04.05.1951 - 21.07.1998 16.07.1911 - 23.07.1998 17.04.1929 - 24.07.1998 09.07.1917 - 27.07.1998 15.04.1933 - 02.08.1998 11.08.1907 - 05.08.1998 12.09.1919 - 06.08.1998 01.01.1926 - 14.08.1998 22.04.1920 - 22.08.1998 27.08.1903 - 28.08.1998 05.03.1916 - 06.09.1998 08.09.1940 - 19.09.1998 19.10.1920 - 20.09.1998 17 12.02.1918 - 24.09.1998 26.07.1909 - 28.09.1998 10.03.1912 - 29.09.1998 04.07.1912 - 04.10.1998 15.02.1922 - 04.10.1998 04.08.1904 - 07.10.1998 25.04.1907 - 11.10.1998 09.10.1917 - 28.04.1998 08.08.1915 - 30.04.1998 10.12.1908 - 01.05.1998 20.04.1911 - 05.05.1998 10.01.1920 - 07.05.1998 17.10.1920 - 15.05.1998 23.06.1897 - 15.05.1998 22.01.1910 - 17.05.1998 25.08.1919 - 18.05.1998 22.06.1943 - 26.05.1998 01.03.1909 - 01.06.1998 26.09.1909 - 02.06.1998 09.08.1910 - 08.06.1998 05.08.1930 - 10.06.1998 10.12.1915 - 17.06.1998 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE ciardi Gaetanina - Iannolillo Giovanni - Lo Priore Pasquale. 30.000: Maffucci Vittorio - Del Re Nicola - Ramundo Michelina Vallario Berardino - Stanco Michele - Caruso Salvatore - Zarrilli Michele, Via Verdi 1 - Maffucci Angelomaria, Contrada Fica 4 Stanco Salvatore - Nicolais Raffaele - Di Milia Maria, Via Manzoni 8 - Electron di Maffucci Antonio - Cianci Maria Angelo Panelli Armando - Gautieri Vincenzo - Paolantonio Vito - Cerreta Michele - Di Napoli Salvatore Antonio - Di Cecca Angelomaria Zabatta Vincenzo - Metallo Michele, Via Circonvallazione 119 Nivone Michele - Zabatta Lucia, Via Manzoni 10 - Martiniello Vito, Via Pittoli - Santamaria Francesco - Sansone Lorenzina Mucci Luciano - Cestone Francesco - Di Milia Vito e Angelo Gallucci Vincenzo - Gautieri Leonardo - Lampariello Michele Ricciardi Giuseppe - Cicoira Romualdo - Basile Emma e Aniello Zabatta Vittorio - Sagliocco Rosa - Maffucci Franco - Nicolais Francesco - Di Carlo Felicetta. 50.000: Di Napoli Fortunata - Salvante Raffaella - Gervasi Canio - Di Maio Teresa - Di Cecca Grazia - Armiento Giuseppe Lucev Donato - Codella Vito - Cicoira Osvaldo - Maffucci Salvatore - Paolantonio Rosa - Lucrezia Luigina - Girardi Giuseppe - Di Maio Luigi - RAS Assicurazioni Calitri - CISL, Metallo Antonio N.N. - Toglia Michele - Galgano Giovanni - Metallo Del Re Fiorina - Ferrara Nicolais Dora - Nicolais Angelo Maria - Galgano Maria - Caputo Vitantonio - CONI SUD - Santeusania Giovanni Guglielmo Filomena - De Nicola Armando - Fastiggi Giuseppe, Contrada Sambuco - Polestra Vincenzo - Polestra Vito - Maffucci Giuseppe, Via M. Cicoira 1. 100.000: MIRA di Armiento Vincenzo - N.N. - N.N. - Cicoira Emilio - Gervasi Canio - Polestra Maria. DA CALITRI 10.000: Maffucci Giovanna - Sperduto Giovanni - Cerreta Giuseppe - Galgano Pasquale - Leone Giuseppe - Tancredi Giuseppe - Margotta Michele, Paludi di Pittoli - Cestone Franchino - Russo Giovanni - Sicuranza Giovanni - Di Roma Giuseppe - Tateo Antonio - Fasulo Sergio - Di Maio Michele - Cestone Michelina - Briuolo Angela - Panelli Peppino - Cerreta Giuseppe - Iannece Antonio - Fatone M. Concetta - Gervasi Benedetta - Bavosa Flavia - Di Cecca Giovanna - Ramundo Dante - Metallo Vito - Maffucci Canio, Via F. Tedesco 163 - Fasulo Vito - Mastrullo Giuseppe Antolino Caterina - Lo Priore Canio - Di Guglielmo Francesco - Di Napoli Gaetano Via Card. Gesualdo 4 - Giuliano Salvatore - Vallario Lorenzo - Di Cairano Lucia - D’Amelio Pietro - Gervasi Giuseppe - Paolantonio Paolo - Caruso Antonia - Zarrilli Antonio, Via II° Pittoli 5 - Maffucci Angelomaria, Via Concezione 169 Briuolo Angela. 15.000: Maffucci Eduardo - Russo Antonio - Galgano Donato, marmista - Gallucci Carmela - Toglia Michelina - Maffucci Vittorio - Cerreta Rosa Antonia - Metallo Giovanni - Zabatta Vincenzo, Via Macello 12 - Racioppi Agostino - Di Maio Giuseppe, Vico Cirminiello 13 - Acocella Antonietta - Tornillo Giuseppe Nicola - Cialeo Iolanda - Metallo Rocco - Caputo Vincenzo - Zarrilli Canio, Via De Sanctis 33 - Sperduto Angelomaria - Cestone Gaetano - Di Cecca Antonia e Paola - Caputo Pietro - Maffucci Canio, Via F. Tedesco 163 - Pastore Maria Rosa - Nivone Antonio. 20.000: Cianci Maria Antonia - Tuozzolo Donato - Zarrilli Canio - Armiento Orazio - Di Luzio Antonio - Vallario Canio Cestone Giuseppe, Corso Garibaldi 29 - Miranda Pasquale Antonio - Del Re Michele - Di Cosmo Canio - Cerreta Alfonso Di Milia Michele - Armiento Maria Giuseppa - Rainone Giuseppe - Gervasi Rosa, Piazza Michelangelo 1 - Maffucci Lorenzo Del Moro Vincenzo - Fastiggi Giuseppe - Metallo Giovanni, Paludi di Pittoli - Cubelli Iolanda - De Luca Maria - Cerreta Francesco - Rosania Gaetana - Rubino Antonietta - Zarrilli Canio, Via Libertà 1 - Gallo Gaetano, Carcatondo - Cesta Maria Irene - Galgano Giovanni - Zabatta Vito, Via A. Del Re 22 - Stanco Maria Antonia - Scoca Vincenzo, Via Pittoli 86 - Lettieri Angelomaria - Rinaldi Giovanni - Di Maio Lampariello Concettina - Di Guglielmo Angela e Michele - Nivone Giuseppe - Nivone Felice - Codella Francesca - Maffucci Franco Mario - Cianci Alessandro - Maffucci Giuseppe Mario - Immerso Maria - Nannariello Migliorina - Di Milia Maria - Buldo Giovanni - Russo Donato Martiniello Michele - Cirminiello Angelomaria - Cestone Canio, Vico I ° Marconi 16 - Cerreta Antonio, Via Manzoni 32 - Santoro Angiolina - Salvante Michele - Lucrezia Vincenzina - Cianci Enzo - Metallo Colomba - Immerso Lidia - Di Cecca Giovanni Cirminiello Vittorio - Russo Maria e Canio - Di Napoli Rocco Cubelli Vincenzo - Zarrilli Maria Grazia - Fiordellisi Antonio - Di Carlo Antonio - Metallo Giovanni Battista - Capossela Giovanni - Caputo Vittorio - Margotta Angela in Cantarella - Cerreta Maria - Lettieri Pietro - Tuozzolo Rosamaria e Raffaele - Sacino Francesco - Tateo Angelo - Cirminiello Francesco - Di Milia Pietro - Scoca Vincenzo - Lucadamo Vincenzo - Giarla Angelo - Fastiggi Angelo - Acocella Gabriele - Iannella Rodolfo - Cianci Alessandro - Maffucci Antonietta ved. Codella - Rainone Lucia Cubelli Giuseppe Di Cairano Gaetano - Circolo 78 - Di Muro Leonardo - Margotta Di Maio Francesca - Galgano Umberto Cialeo Vincenzo - Gautieri Vincenzo - Di Roma Antonio, Via De Chirico - Zabatta Rocco, Via A. Del Re 19 - Margotta Quaranta Concetta - Melaccio Gerardo - De Nicola Giuseppe, Via F. De Sanctis 57 - Cestone Benedetto, Ortofrutta - Di Cosmo Antonio Di Milia Vincenzo, Montecaruso - Armiento Marianna - Martiniello Canio - Della Badia Vincenzo – Russo Angelo – Zabatta Domenico – Maiello Vito – Zarrilli Luigia in Fierravanti. 25.000: Armiento Canio - Di Milia Antonio, Via Circonvallazione 44 - Zarrilli Donato - Don Vincenzo Cubelli - Cubelli Giovanni - Ric- DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE 10.000: Codella Michele (Pavona) - Galgano Luigi (Roma) Maffucci Michele (Novate M.se) - Capozi Bruno (Roma) - Cerreta Giuseppe (Cambiano) - Algeri Alba (Retorbido) - Maffucci Vincenza (Palma Campania). 15.000: Cristiani Michelina (Miradolo Terme) - Zarrilli Lina (Birone di Giussano) - Lucrezia Raffaele (Bollate) - Cestone Giovanni (Pinerolo) - Cestone Vito (Ponte Tresa) - Cerreta Ciro (Avellino) - Ricciardi Vitale (Portici) - Zabatta Giuseppe (Nova Milanese). 20.000: Algeri Alba (Retorbido) - Cerreta Vincenzo (Torino) Stanco Angela in Forgione (Lentate S.S.) - Caprio Donato (Quarto) - Farina Simone Antonietta (Monza) - Vallario Giuseppe (Grugliasco) - Fastiggi Canio (Caserta) - Leone Vito (Bologna) - Russo Michele (Potenza) - Mapelli Elisa (Bergamo) - Mutti Maria Teresa (Bergamo) - Margotta franchino (Olgiate Comasco) - Cubelli Orazio (Portici) - Nannariello Giuseppe (Pozzo di Gotto) - Russo Eleonora (Ventimiglia) - Ruggiero Angela (Giussano) - Di Napoli Vincenzo (Bologna) - Strollo Giuseppe (S. Miniato Basso) - Fierravanti Pasquale (Torino) - Pennella Giuseppe (Trani) - Miano Mario (Napoli) - Di Napoli Gaetano (Latina) - Scoca Giuseppe (Roma) Codella Luigina (Poggibonsi) - Margotta Vincenzo (Salerno). 25.000: Pasqualicchio Vincenzo (Salerno). 30.000: Senerchia Vincenzo (Casalgrande) - Galli Alvaro (Capoliveri) - Mucci Vito Michele (Sesto S. Giovanni) - Nicolais Rocco (Como) - Nicolais Luigi (Como) - Del Cogliano Berardino (Salerno) - Aristico Antonio (Siena) - Rauseo Maria Francesca (Bologna) - Pastore Franco e Leonardo (Taranto) - Di Cecca Vincenzo (Mariano C.se) - Marra Sigismondo (Milano) - Cerreta Canio (Forlì) - Ruggiero Canio (Carugo) - Polidoro Berardino (Ariano Irpino) - Fastiggi Canio (Ponsacco) - Metallo Mauro (Brescia) - Gizzi Nicola (Cambiano) - Cioffari Maria (Novara) - Gallucci Donato (Ancona) - Farese Raffaele (Conza della Campania) - Di Marco Antonio (Taranto) - Gautieri Antonio (Mariano C.se) Tornillo Lucia (Salerno) - Di Napoli Luigi (Latina) - Di Maio Gio- 18 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 vanna (Roma) - Cioffari Anna (Genova) - Maffucci Donato (Mariano C.se) - Zarrilli Maria Concetta (Pianopoli). 40.000: Fr. Vincenzo Codella (Napoli). 50.000: Berti Alessandro (Firenze) - Gori Stefano (Firenze) Frucci Angelo (Roma) - Nicolais Giuseppina - Cestone Mario (Brescia) - Giuliano Canio (Genova) - Stanco Salvatore (Salerno) - Cianci Michele (Brescia) - Rubino Enza (Mentana) - Buono Marcello (Avellino) - Cerreta Canio (Firenze) - Di Cairano Enzo (Francavilla a Mare) - Bozza Elvira (Napoli) - Maiello Savino (Roma) - Frucci Liliana (Napoli) - Metallo Cesare (S. Giorgio a Cremano) - Cestone Pasquale (Busto Arsizio) - Mancino Lisa e Pasquale (Cerignola) - Toglia Sergio (Napoli) - Tornillo Angelomaria (Potenza) - Leone Angelo (Abano Terme) - Di Napoli Pasquale (Milano) - Cioffari Raffaele (Milano) - Metallo Vincenzo (Roma) - Di Carlo Alfredo (Avellino) - Bonucchi Alfonso (Roma). 60.000: Frasca Vincenzo (Roma) - Di Napoli Pio (Roma) - Di Maio Giuseppe (Besano). 100.000: Maffucci Antonio (Poggio a Caiano) - Del Cogliano Maria Michela (Caserta) - Leone Mario (Bari). nella Legnaro Maria Rosa 15.000 - Catano Vincenzo 20.000 Dragone Leone 10.000. FRANCIA: Lucrezia Nicola 50.000. GERMANIA: Salvante Giovanni 50.000 - Zabatta Giovanni 20.000 - Gautieri Gaetano DM 50 - Vallario Giovanni 10.000. INGHILTERRA: Galgano Vincenzo 50.000. SVIZZERA: Vallario Pietro 30.000 - Maffucci Giovannino DM 20 - Altieri Vito 30.000. U.S.A.: Beardell Yane $ 20 - Nicholas Joseph $ 20 - Fastiggi Mario 50.000 - Frucci Bruno $ 60 - Zazzarino Antonio $ 25 Monaco Angelina $ 20 - Casimiro Nicolais Maria $ 10 – Lucrezia Giuseppina $ 10 – Pavese Angelina $ 90. ARGENTINA: Buldo Angelo $ 20. AUSTRALIA: Di Maio Antonio $ 50 - Di Carlo Filomena $ 40. BRASILE: Di Napoli Berardino $ 20 - Aristico Canio Vincenzo 30.000. URUGUAY: Metallo Antonietta 25.000. VENEZUELA: Galgano Michele 150.000 - Di Cairano Gaetano 100.000 - Simone Giuseppe 100.000 - Cicoira Vincenzo 100.000 - Bozza Vito 100.000. DALL’ESTERO Chiediamo scusa e comprensione per qualsiasi involontaria omissione BELGIO: Rubino Vincenzo 25.000 - Galgano Antonio 25.000 - Maloteau Charles 25.000 - Mignone Antonio 20.000 - Pan- R E Q U I E S C A N T Vito Zarrilli 25.08.1917 - † 05.09.1997 Maria Francesca Maffucci 16.09.1952 - † 16.12.1997 Sei andata via senza dirci niente, ma sei sempre nei nostri cuori con tanto amore. Il marito Mario, i figli Giuseppina, Gennaro, Lucia, Antonietta, Marco, i generi, i nipoti e gli amici tutti. Non l’abbiamo perduto, egli dimora prima di noi nella pace di Dio. (S. Agostino) Michele Frucci 3.02.1936 - † 18.06. 1998 Vincenza D’Auria in Zarrilli 1928 - † 09.11.1995 È tornato alla casa del Padre, lasciando nella tristezza e nel dolore la moglie Liliana i figli Jole e Gianluca i fratelli Costantino e Bruno. Le anime elette godono la gloria del Paradiso. Un ricordo da parte dei familiari, a tutti coloro che gli vollero bene. P A C E Giuseppe Del Cogliano 19.03.1929 - † 15.09.1997 La tua scomparsa ci ha lasciati nello sgomento I parenti tutti ti ricordano con immutato amore. Giovanni Abate 25.08.1919 - † 18.05.1998 I N Nel terzo tristissimo anniversario della tua dipartita i parenti tutti ti ricordano con l’amore di sempre. Donato Maffucci 4.07.1912 - † 4.10.1998 È stato rapito all’amore della famiglia z’ R’nat’ lu sahr’stan’ che dal 1935 fino al terremoto del 1980, insieme alla moglie Lucia Pastore ha svolto il lavoro di sagrista presso la chiesa dell’Immacolata Concezione. Lo ricordano commossi e con immutato affetto i figli Gerardo, Antonio, Rosa, Vincenza, e Giovanni; le nuore Tullia, Teresa e Assunta, il genero Salvatore i nipoti tutti, insieme ai parenti. 19 Mentre eravamo già in stampa ci è giunta, graditissima, l’ultima pubblicazione dell’amico Pompeo Russoniello: Storia del Convento di S. Maria della Consolazione dei Francescani Riformati a S. Andrea di Conza (1607- 1865) – Edizioni La Ginestra, Avellino 1998. Un bellissimo volume ricco di interessanti notizie e documenti rari. Complimenti vivissimi al carissimo Pompeo. IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 Erbe di Casa Nostra L’AGLIO Albium Sativa è un’erba che si L’trova in molti orti; il suo vero nome non è del tutto noto. Alcuni studiosi sostengono che potrebbe essere collegato al “All” una parola celtica dal significato di bruciato cioè caldo. Infatti quando si ingerisce porta tutte queste manifestazioni di ardore dei sensi che può suscitare; i Romani lo consideravano un ortaggio saporito destinato alla classe povera e piuttosto rustica; al contrario, lungo le sponde del Nilo era considerato un simbolo divino e si manifestava in tutte le sue caratteristiche del potere. Sembra che il re Enrico IV d’Inghilterra, già in età matura lo consumasse giornalmente per mantenersi virile ed arzillo; certo la capacità di stimolare il vigore è una virtù non trascurabile L’aglio viene anche considerato una delicatezza in Egitto, dove anni fa si inse- CONCORSI XXXI PREMIO NAZIONALE LETTERARIO SILARUS Associazione Silarus e l’omonima rivista bandiscono il XXXI concorso letteraio, L’ che si divide in tre sezioni: narrativa (racconti e novelle), poesia e saggistica (saggi su personaggi, opere o aspetti originali della letteratura contemporanea). I lavori dovranno essere inediti. Ogni autore potrà concorrere per le tre sezioni con un solo racconto (sez. narrativa) con una o due liriche in lingua italiana (sez. poesia) e con un solo saggio critico (sez. saggistica). I racconti non devono superare le sei cartelle dattiloscritte ed i saggi dieci. Le poesie devono avere una lunghezza massima di trenta versi. Si gradisce l’invio del curriculum e di una foto. Non è prevista alcuna tassa di lettura A ciascun premiato delle tre sezioni verrà assegnato il “Trofeo Sìlarus”, e medaglie al 2° e 3° classificato; i segnalati riceveranno un diploma. Tutti gli elaborati inviati non possono essere pubblicati dai concorrenti su altre riviste fino al 31 dicembre 1999; i manoscritti, come pure ogni altro materiale, non saranno in nessun caso restituiti. gnava ai bambini d’Israele a cibarsene; cibo caro ai soldati romani, era diventato un simbolo della vita militare, idoneo a stimolare la resistenza ed il coraggio. L’aglio appartiene alla famiglia delle liliacee, con fiori rosa-violacei, le foglie sono lunghe, piatte e cilindriche. In Inghilterra veniva coltivato prima del 1540; il nome è di origine anglosassone (garlir) che è una derivazione delle parole spada ed (lac) era considerata la punta. Narra una leggenda di Maometto che, quando Satana uscì fuori dal giardino dell’Eden dopo la caduta dell’uomo, l’aglio spuntò dopo aver posto il suo piede sinistro e poggiando il destro uscì la cipolla. Questo bulbo aiuta a purificare il sangue, abbassa la pressione ed è indicato per tutti coloro che soffrono di reumatismi e di artrite. Inoltre, serve come cataplasma per calli, verruche e frizioni che rinvigoriscono il corpo. UN NUOVO GIORNALE n segnale di una maturità che non vive ai margini U della realtà, ma con coraggio si assume la responsabilità delle situazioni, ci arriva dalla vicina Monteverde con COMUNITÀ un periodico di informazione e di cultura che certamente porterà – è il nostro più sentito e sincero augurio – un contributo notevole al dibattito dei problemi più urgenti. E con la istituzione della BIBLIOTECA COMUNALE intitolata a “Giuseppe Leonida Capobianco” eminente figura di studioso di fama internazionale. I lavori dovranno essere redatti in quattro copie, nitidamente dattiloscritte e singolarmente ordinate e firmate; per qualsiasi altra informazione il recapito è il seguente: Segreteria del Premio Sìlarus – Casella Postale 317 – 84091 Battipaglia (SA). Termine per l’invio dei lavori è il 31 gennaio 1999. Gli elaborati vanno inviati al segretario del concorso : Luciano Nanni Casella Postale 1084 – 35100 Padova. Per informazioni urgenti tel. 049/61.77.37 XXIX PREMIO DI POESIA FORMICA NERA CITTÀ DI PADOVA a Presidenza Generale Accademica invita Poeti, Scrittori, Saggisti, Commediografi e LArtisti d’Arte figurative, residenti in Italia e l Gruppo letterario Formica Nera promuove la ventinovesima edizione del concorso di Ipoesia aperto a tutti gli autori di lingua italiana. all’Estero a partecipare al premio Internazionale “CONTEA DI MODICA” Il premio è diviso in 4 categorie : Per il partecipante che non risulta iscritto in nessun Albo Accademico. Per il partecipante che è già iscritto in qualità di Accademico Associato, con tessera e diploma. Per il partecipante che risulta iscritto nell’Albo in qualità di Acc. Ass. e Accademico di merito,con tessera e due diploma. Per il partecipante che risulta iscritto nell’Albo in qualità di Acc. Ass. Acc. Di Merito e Acc. D’Onore, con tre diploma e tessere. Scadenza per la presentazione delle opere il 15 Febbraio 1999. Per eventuali informazioni rivolgersi alla Segreteria 0932 – 94.19.28 Si partecipa con una poesia inedita a tema libero, da far pervenire entro il 5 aprile 1999 in cinque copie – di cui soltanto una con nome cognome indirizzo e firma dell’autore. Al primo classificato verrà assegnata una Targa d’oro e ai segnalati medaglie d’oro personalizzate; la giuria – il cui operato è insindacabile – sarà resa nota dopo l’assegnazione dei premi; gli elaborati non si restituiscono. L’esito del concorso verrà diffuso attraverso i consueti mezzi di comunicazione; i finalisti riceveranno lettera raccomandata; la segreteria si riserva la facoltà di pubblicare le poesie finaliste. 20 PREMIO CONTEA DI MODICA 1984 - 1999 Per il 15° anniversario della fondazione dell’Accademia Internazionale di Lettere, Scienze e Arti IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 ✍ Lettere al giornale Alla redazione de”Il Calitrano” Bari, 8 - 9 - 1998 icevo il vostro periodico quale docente di Dialettologia Italiana presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bari. Con particolare attenzione ho letto, sul numero di luglio-agosto 1998, l’articolo di E. Ricciardi “Contratti matrimoniali secenteschi in Calitri”. Uno dei rami delle ricerche che porto avanti io e che svolgono gli studenti che si laureano nella disciplina che io insegno riguarda proprio carte dotali di archivio o inchieste dialettali sulle consuetudini matrimoniali nell’Italia meridionale; mi permetto, pertanto, di chiedervi di passare questo mio breve appunto all’autore della ricerca. Prima di tutto il ‘tipo’ di lingua si giustifica con la necessità di alternare la lingua latina della parte iniziale (protocollo) e di quella finale (escatocollo) con il volgare della disposizione centrale in cui si elencano i beni mobili e stabili portati in dote, che devono necessariamente essere chiari ai contraenti per lo più non colti, se non analfabeti. Per le voci incerte suggerirei: Stoyabucchi: “tovaglioli per pulire la bocca”; sproviero: “padiglione del letto, cortinaggio per creare agli sposi una certa privacy, oppure come abbellimento del letto”; tornealetto: “striscia di stoffa, semplice o finemente ricamata, con cui si contornava il letto per nascondere quanto si riponeva sotto (masserizie o attrezzi); stammetto: “tessuto di tela di lana a due stami sia nell’ordito che nella trama”; tocca: “fazzoletto per il capo”; rasola: “radimadia, rascietto per pulire il ripiano della madia da avanzi di impasto”; spito: spiedo, arnese da cucina”; attaccatizze forse è da leggere canatortizze “di canapa ritorta”. Naturalmente, di tutto ciò posso inviare riferimenti bibliografici ed anche la diffusione areale nel dialetti meridionali odierni. Annaluisa Rubano R Calitri 2 agosto 1997, hanno coronato il loro sogno d’amore Silvana Cubelli (cacchè) e Mario Maffucci (p’nt’licchj’), nella foto con Alfonso Cubelli e Jolanda Cubelli. CALA IL SIPARIO SULLA XVII EDIZIONE DEL “CITTÀ DEL PELORO” el salone di Rappresentanza del Comune di Messina, il giorno N 29 si è tenuta la XVII edizione del premio nazionale artistico-let- terario “Città del Peloro” organizzato dal periodico IL GALEONE. La Giuria era così composta: D.ssa Pinuccia Guerrini (MI), pittrice, critico letterario; d.ssa Fiorenza Alderighi (FI), poetessa, critico letterario; dr. Ennio Simeone, direttore responsabile del giornale “Il Quotidiano” di Cosenza. Il primo premio è andato a Sandra Cirani (GE) con la lirica “Non ci saremo noi”; secondo premio ex aequo a Renata Pansera (VA) con “Abbrunati veli” e a Lia Megna (Sferracavallo-PA) con “Un giorno qualunque”; terzo premio ex aequo a Emanuele Giudice (VittoriaRG) con “Ebbra di furore” e a Leonora Cecina Leonori (FI) con “Donna e Mafia”. Premi speciali sono stati assegnati a: Pinella Musmeci (Acireale) – Iolanda Palmeri (CT) – Martina Veglianzone (SA) – Piera Ierna (ME) – Maria Gloria Bellatti (PR) – Elvira Alberti Presti (Barcellona ME) – Irene Caterinaki Bruno (ME) – Franca Fusco (TR) – Franca Franchi (Sesto Fiorentino) – Emma Calì (Giarre). Premi speciali fuori concorso a: Tina Andaloro Giordano (ME) per la poetica; Gabriella Trovato (ME) per il teatro; Maria Rapisardi (ME) per la narrativa; Nunzio Villari (ME) ex pugile dilettante. C’è stato, inoltre, un intermezzo con una scenetta teatrale di Gianni Ruta “U tennu in siccu”, interpretata da Gabriella Trovato e Anton Maria Vito Todaro; infine, il poeta di origine napoletana Aristide Casucci, ha mirabilmente recitato “A livella” del compianto Totò. Il “Città del Peloro” si è inaugurato il 26 con una collettiva di pittura, madrina la d.ssa Daria Ballo Ragno, con 46 bellissime opere di 23 artisti messinesi alla presenza degli assessori Luigi Ragno, Giovanni Cantio e Carmelo Torre. Riconoscimenti ai poeti, artisti pittori, attori, all’ex pugile con targhe personalizzate e con la distribuzione di rose rosse alle signore in sala; la serata è stata condotta da Gianni Ruta. G. R. Cattedra di Dialettologia Italiana Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Bari Ringraziamo di cuore la dottoressa per la sua squisita gentilezza, che ci permette di aggiornare le nostre conoscenze e la preghiamo di seguirci sempre con la stessa identica attenzione. Calitri 1955, da sinistra:Aniello Stabile, Gerardo Sessa, Pina Stabile, Fiorina Metallo, madrina, Eugenio De Rosa, padrino, Concetta D’Angola con la piccola Margherita Ramundo nata il 17.01.1955 e della quale si festeggia il battesimo, Rocco Sessa si vede appena, Lucia D’Angola Gaetano Ramundo, Maria Eleonora Ramundo, Giuseppe Ramundo, Michelina Ramundo, Margherita Trofa,Antonietta D’Angola,Angela Ramundo. Il papà della piccola, Salvatore Ramundo, era appena emigrato in Venezuela. 21 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 LA CAPPELLA DI SAN VITO “EXTRA MOENIA” A POSTIGLIONE di Adriano Caffaro – Quaderni Arci Postiglione, Salerno 1997, p 16 LA NOSTRA BIBLIOTECA interesse di tale cappella, che il Caffaro introduce con L’l’immediato apporto di fonti documentarie inedite del- l’Archivio Diocesano di Teggiano, c’introduce in una sfera di culto che riflette il diretto rapporto tra il fedele ed il santo da cui egli si attende un concreto aiuto nei suoi bisogni, fiducioso di sue particolari virtù che nel caso specifico consistono nella protezione degli animali, con cui si viveva fino ad alcuni decenni orsono in simbiosi e la cui esistenza garantiva la sopravvivenza in una tipica società agropastorale. Confermando quanto già scritto dallo Ebner (1982) in relazione al documento del 12 luglio 1580, una delle prime visite pastorali dopo il Concilio di Trento, essa è descritta nel successivo documento del 1623 dal quale apprendiamo anche il nome dl suo Cappellano e beneficiario, Francesco del Mercato, dell’illustre famiglia di Laureana. Migliorato lo stato dell’altare, subito dopo, mancandovi l’indispensabile “pietra sacra”, la cappella aumenta progressivamente d’importanza, annettendosi la cappella di S. Maria Maddalena, non pervenutaci, ed a metà del 700 rimpinguato con vari beni ed amministrata dal napoletano Marco Del Duca.Tali dati ricavati da documenti inediti dell’Archivio di Stato di Napoli, quali il catasto conciario di Postiglione, di recente studiato da Anna Costantino (Salerno 1997) e dall’”istromento” del 1759 del Ranucci, notaio della Regia Corte, quanto all’apprezzo di Postiglione, pubblicato dal Conforti nel fascicolo de “Il Postiglione” (a. X, n.11, giugno 1998), notiamo non solo l’ubicazione, lungo la strada che porta ai Molini, oggetto di uno studio della Villanova, apparso sul “Postiglione” (a. III, 4 giugno 1991) ma anche lo stato sempre più di abbandono, in cui la cappella versa nel corso dell’800, quando è curata da Giorgio Giorleo, canonico della diocesi di Umbriatico, in Calabria, e dopo la sua morte, già avvenuta nel 1835, dal parente Giuseppe, tanto che dopo gli ultimi ripristini è definitivamente abbandonata, finché di recente, non è stata oggetto di un ultimo restauro interessante, l’olio su tela sovrastante l’altare e raffigurante S. Maria del Carmine, S. Vito e la Maddalena (Ranucci 1759, ora Conforti 1998, p. 72), poi solo con S. Vito, accompagnato dal consueto cane e reggente la palma del martirio ed a sinistra la Maddalena che è aggrappata alla Croce, cui si appoggiano tre angeli, dipinto “dal signore Antonio della Bruna” e datato al 1760 (inventari del sacerdote, poi arciprete Don Nicola Zurlo, anni a811 e a823).Al di là di errori di proporzione tra le figure, è da rilevare con il Caffaro che la tematica certamente è stata ispirata dal committente. L’intervento è da considerare uno degli esempi della ripresa economica ed artistica del 700, anche se gli stucchi tardobarocchi dell’epoca non piaceranno al vescovo di Capaccio Michele barone (1837). Quanto all’artista, anche se non compreso nei repertori ufficiali, gli studi di storia locale possono illuminare sulla sua provenienza: difatti Giovanni Maiese, trattando delle famiglie presenti nel luogo in un suo manoscritto, edito a cura di Luigi Rossi nel 1983, ed intitolato “Storia di Vallo Lucano e dei suoi dintorni”, si sofferma brevemente sui “Labruna” scrivendo che “Pietro della Bruna era pittore, dipinse il S. Giuseppe nella Cappella de Laurentiis nel 1766” (p.381).Tale famiglia, presente in Pattano, frazione di Vallo, se un Giovanni Labruna di Luigi risulta caduto nella guerra 1915-18, da quella frazione sembra derivare, se nel 1848 Antonio e Francescantonio Labru- L’ARCICONFRATERNITA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI CALITRI di AA.VV. a cura di P.Gerardo Cioffari e Vito Alfredo Cerreta – Centro Studi Nicolaiani, Bari 1997. n occasione del 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale Idel Padre Spirituale della Congrega dell’Immacolata Conce- zione, don Vincenzo Cubelli, il Priore in carica fino al 1997, il prof. Vito Alfredo Cerreta, ed i Confratelli tutti hanno voluto che fossero ripubblicate le Regole della Confraternita, approvate con Real Decreto di Carlo III di Borbone a Napoli nel 1759. Ciò avviene ad un secolo esatto dalla loro prima pubblicazione del 1887 a cura dell’allora Priore Luigi Cerrata. La redazione dell’opera, in due volumi, è stata curata dal Padre domenicano Gerardo Gioffari, teologo, storico e filologo di ecccezionale bravura e competenze. Nel primo volume, “Studi sulla storia e sulla Regola”, Padre Gerardo ci presenta le Regole della Confraternita oltre che nella loro versione documentaria integrale, anche inserite nel loro preciso contesto storico pazientemente ricostruito, insieme alla storia di Calitri e della Concezione dopo il terremoto del 1910. Il prof. Vito Alfredo Cerreta invece ci descrive architettonicamente la suddetta chiesa, fornendoci una dettagliata e preziosissima testimonianza di come era il sacro edificio prima di essere distrutto dal terremoto del 1980. Il culto dell’Immacolata Concezione a Calitri ha radici profondissime, la Madonna Immacolata è un po’ la mamma di tutti i calitrani, “… la vita, la guida, la forza… l’assistenza…” di coloro che lasciavano e lasciano Calitri con le lacrime agli occhi, invocata nei momenti difficili, tutte le rendiamo grazie con entusiasmo nei momenti di gioia.Lo spirito di chi accolse la vergine Immacolata nel proprio cuore nel ’700 è rimasto immutato nel corso dei secoli, come testimoniano le antichissime tradizioni religiose a Calitri nella preparazione al Natale, alla Pasqua, nelle processioni, nel culto dei defunti, di cui la Congrega è sempre stata particolare promotrice, insieme con altre associazioni religiose ancora oggi operanti, ed altre purtroppo non più esistenti, come le “Figlie di Maria”, o la “Congregazione del Pio Monte dei Morti” di san Michele. Portavoce dei nostri comuni sentimenti presso l’Alitare dell’immacolata Concezione, guida spirituale della Congrega negli ultimi 51 anni, è don Vincenzo Cubelli, instancabile nel suo ministero sacerdotale, vicino a tutti, esperto conoscitore dell’animo umano che ha sempre saputo “…come rivolgersi agli uomini; sapeva come essi andavano presi, adottando un insegnamento che non era mai paludato, ma sempre eminentemente pratico…” facendosi sempre capire da tutti, “dall’anziano che veniva alla Congrega, al letterato professionista”. Protagonista delle entusiasmanti prediche della Settimana santa, modello di coloro che a Calitri hanno ricevuto la vocazione religiosa e sacerdotale, è a lui dedicato il secondo volume dell’opera, attraverso le affettuose testimonianze di ex Priori, confratelli, ex alunni e conoscenti, che con i loro contributi ci aiutano a conoscerlo meglio e ad apprezzare sempre il suo insegnamento. Antonio Nicolais 22 IL CALITRANO N. 9 n. s. - Settembre-Dicembre 1998 I DOMENICANI A RICIGLIANO di Giovanni Di Capua – Con il patrocinio del Comune di Ricigliano – Lancusi (SA) 1998 na “del Comune di Vallo” sono inquisiti dalla Gran Corte Criminale di Salerno per aver arrecato danni a proprietari di fondi ex demaniali della badia di Pattano, tra cui il signor Nicola “Mainente” (p. 268). Antonio Capano i fronte a un tema di fatto limitato e limitante, il ricercato- D re corre inevitabilmente il rischio di scadere nella più trita e scontata storia locale o, al massimo, nel “racconto” esaltante e agiografico, per quanto nutrito di sincero affetto e di “carità del natìo loco”. Sentimenti , questi, di cui non difetta certa Giovanni Di Capua, altrimenti non si sarebbe da tempo cimentato con successo nella ricostruzione delle patrie memorie; ma, per fortuna sua – e della repubblica degli studiosi – egli è molto di più che un amante della propria terra, egli è soprattutto un amante della ricerca, della cultura e perfino dell’erudizione, ma con quella grinta in più derivantegli dall’aver sopportato per anni il giogo di un impiego che gli ha tolto tempo ed energie, destinabili a più gratificanti attività dello spirito. L’Autore ha svolto un’amorosa, pignolissima azione di ricerca d’archivio e di calcamento del terreno, esemplata fra l’altro con testimonianze fotografiche di propria mano, senza le quali si sarebbe persa per sempre la memoria visiva del manufatto indagato. Gli fa onore, per di più, l’aver impostato il suo scritto in termini aperti, in modo da consentire a successivi studiosi tutti gli approfondimenti possibili, anche in settori collaterali del sapere : mi riferisco, tanto per esemplificare, ad alcuni interessanti spunti interpretativi e alle opportunità che la trascrizione dei documenti offre a chi volesse ricostruire la storia del paesaggio agrario, del popolamento e dello spopolamento. Credo che i cultori di storia territoriale – e i Riciglianesi in particolare – debbano essere grati a Giovanni Di Capua per questo contributo filiale, ma non provinciale, che egli ha dato al recupero conoscitivo di uno spezzone del comune passato: per quanto gli riguarda, egli ha già vinto la sua personale “guerra illustre contro il tempo” e, forse, anche un po’ contro i tempi… Vincenzo Aversano (dell’Università di Salerno) S. ANDREA DI CONZA Strutture materiali e socio culturali tra origini e continuità – I° L’antica Chiesa di S. Andrea Apostolo e la Chiesa dell’Immacolata Concezione – di Arcangelo Bellino – Edizioni AssoPromoS “Vincenzo Scalzullo” S. Andrea di Conza - 1998 uesto libro vede la luce, dopo tanti anni di ricerca pazien- Qte, minuziosa, e, se permettete, ispirata; infatti, ci troviamo di fronte alla prima parte di un lungo lavoro complesso, articolato e approfondito, ricco di “prove”, di notizie, di intuizioni che fanno luce sul passato e, al tempo stesso, compongono un quadro organico delle vicende, degli uomini, dei monumenti che affollarono la nostra realtà antica. Il lavoro è dedicato all’antica chiesa di S. Andrea, patrono della comunità; nessuno ne ha mai messo in dubbio l’esistenza, nessuno ha mai negato che fosse la chiesa delle origini, l’identità stessa del paese; spesso, però, si è genericamente ritenuto che la prima chiesa dell’Apostolo sorgesse nel luogo dove attualmente si trova la parrocchiale (sotto il titolo di S. Domenico) e si è accreditata la convinzione di una continuità diretta e cronologica tra i due edifici di culto. Invece, le notizie raccolte inducono a ben altra conclusione: la chiesa di S. Andrea, un tempo anche chiesa madre, va identificata con quella che ancora oggi ricordiamo come “ chiesa della Congrega dell’Immacolata Concezione; per secoli simbolo della rinascita, puntualmente ricostruita dalla cittadinanza dopo ogni calamità naturale, è stata demolita in seguito al sisma del 23 novembre 1980 e… forse cancellata per sempre. Di Arcangelo Bellino apprezziamo, inoltre, la scorrevole esposizione, la chiarezza, la impostazione generale dell’opera, destinata a lasciare un segno di vero arricchimento culturale. Vita Calitrana (dalla Presentazione) VIAGGIO NEL FUTURO e Questione Meridionale a cura di Gabriele Giorgio e Antonio TenoreTipolitografia F.lli Pannisco Calitri – Marzo 1998 N ei tre anni di vita dell’attuale Amministrazione Comunale, e con precisione fino al 30 settembre 1998, sono stati distribuiti 5 miliardi di nuovi contributi, più 2 miliardi per stati di avanzamento ed adeguamenti. Il Piano Finanziario comunale, già approvato dal Consiglio Comunale prevede di spendere altri 3 miliardi, che erano già in cassa nella precedente amministrazione, previa autorizzazione del Ministero, e con questi miliardi si pensa di ricoprire l’intera ricostruzione. pubblicazione contiene una raccolta di articoli e docuLre laamenti – a più voci – che vogliono contribuire a far conoscestoria della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio della quale è stato celebrato il primo centenario della sofferta nascita, e a non disperdere la testimonianza di speranze e di proposte, di lotte e di impegni delle nostre popolazioni: impegni di ieri e di oggi, che hanno dato prestigio alla provincia per il riscatto del meridione, per l’unificazione politica del Paese, prima, ed economico-sociale dopo; per il riequilibrio, ancora oggi impellente, fra aree più deboli ed aree più progredite, zone interne e fascia costiera. Il treno, strenuamente difeso, resta un simbolo nella nostra area di un avvenire migliore e meno incerto, anche se deve correre più speditamente per tenere il passo di altri mezzi di trasporto, e sviluppare intermodalità sinergiche per un servizio veramente competitivo nel trasporto dei lavoratori, turisti, studenti e prodotti finiti o semilavorati. (Dalla presentazione) N el mese di settembre il prof. Michele Cicoira, Preside dell’istituto Tecnico Commerciale “A. M. Maffucci”, del Liceo Scientifico e dell’Istituto d’Arte di Calitri, dopo lunghi anni di servizio, profusi con generoso, profondo e disinteressato impegno a favore di tanti giovani, ma in particolare, negli ultimi anni a pro della gioventù calitrana, ha lasciato la scuola per raggiunti limiti di servizio. A lui, profondamente riconoscenti e grati, vogliamo tributare – anche a nome dell’intera cittadinanza – il nostro doveroso, sincero e sentito ringraziamento. Al nuovo preside prof. Antonio Moccia di Avellino, proveniente dall’istituto Tecnico Commerciale di Ariano Irpino, con un ricco bagaglio di esperienze pedagogiche e direttive all’interno dell’Amministarazione del Ministero della Pubblica istruzione, vada il nostro più sincero benvenuto, con l’augurio di buon lavoro. 23 In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali. Calitri 1907 circa, da sinistra seduti : Francesco Ricciardi (19.12.1866 – 18.09.1929) – Filomena Frasca Ricciardi (23.06.1840 – 12.06.1918) – Vitale Ricciardi, di circa 7 anni (19.01.1900 – 15.03.1954) – Vitale Ricciardi (25.01.1825 – 18.04.1914) – Filomena Cerreta Fastiggi (01.08.1836 – 05.08.1919) in piedi, da sinistra: Maria Michela Ricciardi Fastiggi (22.10.1858 – 22.03.1942) – Concetta Iannolillo Ricciardi (1885 – 1911) prima moglie di Giovanni – Giovanni Ricciardi (16.05.1876 – 25.04.1946) – Angelarosa Ricciardi Abate (22.09.1869 – 10.1960). (Per gentile concessione del signor Frank Ricciardi da Dobbs Ferry U.S.A.)