ISSN 1720-5638
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze
ANNO XXIII - NUMERO 24
(nuova serie)
SETTEMBRE-DICEMBRE 2003
VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936
IN
QUESTO NUMERO
IL CALITRANO
ANNO XXIII - N. 24 n.s.
Una ritrovata coscienza
di Raffaele Salvante
3
La XXII Fiera di Calitri
di Il Cronista
4
Fondato nel 1981
Calitri al Festival della
Scienza di Genova
di Pietro Cerreta
5
IN COPERTINA:
Questo dipinto di fine Settecento, conservato nella casa
redentorista di via Merulana in Roma, ritrae il sacerdote
Francesco Maria Margotta (1699-1764). Egli fu vicario
generale dell’arcivescovo Nicolaj e rettore del Seminario
di Conza, ma all’età 48 anni abbandonò ogni carica
per seguire S.Alfonso Maria de’ Liguori ed entrò da novizio nella congregazione del Santissimo Redentore. Francesco Margotta fu per molti anni padre spirituale della
confraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri; fu lui
ad acquistare in Napoli la statua dell’Immacolata che si
porta in processione l’8 settembre.
Calitri scuola estiva di
scienza interattiva
6
Si ringrazia per la gentile collaborazione il P. Giovanni
Vicidomini CSSR.
di Annamaria Maffucci
XI Giornata dell’Emigrante
Sabato 6 settembre
Ha avuto luogo in Calitri una serata danzante presso
il Ristorante “La Villa” di Maffucci Eduardo
che ha visto una partecipazione davvero straordinaria
di persone che fra giuochi, sorteggi, indovinelli
ha trascorso una bellissima serata
protrattasi fino alle ore piccole.
Ad organizzarla, come ogni anno,
è stata l’Associazione Romana dei Calitrani,
che, in anteprima, ha portato e regalato a tutti
il nuovo Calendario per l’anno 2004.
2a
6
Divinità nelle valli del Sele
e del Tanagro
di Damiano Pipino
7
Gruppo folcloristici a Calitri
11
Concorso per nuove
compagnie teatrali
di Lucia Maffucci
11
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Segreteria
Martina Salvante
Direzione, Redazione, Amministrazione
50142 Firenze - Via A. Canova, 78
Tel. 055/78.39.36
Spedizione in abbonamento postale,
art. 2 comma 20/C Legge 662/96, Firenze
Per una biografia di Padre
Francesco Maria Margotta
di Emilio Ricciardi
12
LA NOSTRA BIBLIOTECA
19
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21
MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22
REQUIESCANT IN PACE
Sito Internet: www.ilcalitrano.it
E-mail: [email protected]
Direttore
Raffaella Salvante
Una giornata con Vinicio
Capossela
di Giuseppe Di Guglielmo
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
23
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del Tribunale di Firenze
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Calitri, 1 giugno 2003, foto ricordo della Prima Comunione, da sinistra ultima fila: suor Brunilde
Lamatrice,Antonella Buldo, Rosa Cicoira, Nicoletta Guglielmo,Antonella De Nicola, Marzia Daidone, Sara Mucci, Franca Salvante catechista, Victoria Mediscaia; seconda fila: Alessandra Del
Cogliano, Rosalba Del Moro,Teresa Buonpane,Anna Rita Di Milia, Rosanna Zarrilli,Alessia Fierravanti, Fiammetta Acquaviva, Mariangela Cestone; prima fila: Sonia Francesca Fierravanti,Anna, Chiara Donatiello,Anna Dragone,Antonella Della Badia, Francesca Sacino,Tania Di Carlo, Grazia Gal-
Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure
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2800
Chiuso in stampa il 1° dicembre 2003
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
URGE UN RINNOVAMENTO INTERIORE
UNA RITROVATA COSCIENZA
Le opere della “Pace” nascono dal cuore e si esprimono
particolarmente in coerente stile di vita e nell’acquisizione
di una sempre maggiore capacità di dialogo, di condivisione, di accoglienza del diverso.
siamo testimoni che oggi la pratica dei sacramenti è in crisi e in noTmeutti
della personalità e del carattere insostituibile di ogni persona si contesta
e si mette in discussione il “sacramento” che si presenta come un rito moraleggiante… e privo d’interesse nella
misura in cui pare distaccato dalla vita
e collocato fuori di essa. Questo rifiuto
del sacramento, anche se mette in discussione – per una confusione di termini – soltanto gli aspetti esteriori,
contiene in se il rifiuto per quel tipo di
“Chiesa” nella quale vita di fede e vita
sociale erano strettamente intrecciate
e dove i sacramenti rassomigliavano
assai a riti d’aggregazione sociale.
Così punti di riferimento che, per
secoli, sembravano immutabili ed incrollabili sono scomparsi; come determinare allora, in questo nostro mondo
divenuto incerto ed instabile, la relazione dell’uomo con Dio, e come collocare in essa il posto e il ruolo dei sacramenti?
Tutte problematiche di profondo
spessore che vanno affrontate in modo
diverso da come si affrontano i problemi normali, perché la Chiesa non è una
società ideologica e non è un partito: i
suoi punti di riferimento non sono dichiarazioni programmatiche più o meno idealiste, ma sono i sacramenti, atti
di Dio ancorati all’esperienza umana.
Appare, perciò, necessario ed irrinunciabile che le molteplici istanze (religiose, sociali, finanziarie ecc.) presenti oggi nella nostra società, vengano
affrontate attraverso un costume di
pubblico dibattito improntato ad un
forte spessore etico, le ragioni di una
comune speranza e l’energia creativa
capace di costruire un comune avvenire per tutti in un contesto mondiale so-
cio-politico che suscita preoccupazione
soprattutto per quanto concerne la dignità della persona umana.
Occorrerà fare delle scelte precise
sui temi da trattare, individuando alcune sfide emergenti, augurandoci che
la comunità sociale in se stessa e nelle
sue componenti, prenda più viva coscienza e assuma più esplicito impegno di fronte a queste emergenze.
Purtroppo a guardarsi intorno e a
seguire le polemiche che si svolgono
– in modo non sempre decoroso – si ha
l’impressione che non emergano nè
fatti nuovi capaci di mutare il panorama nebioso ed asfittico che ci deprime, nè persone in grado di condurci
fuori da questo guado stagnante.
I dibattiti sanno di stantìo e soprattutto le persone che a questi dibattiti
si dedicano non hanno di certo la statura che sarebbe necessaria ed indispensabile in momenti come questi, il
merito delle cose viene sopraffatto dal
delirio ideologico e dalla furia di fazione.
Spegnere le inimicizie e gettare le
fondamenta di nuovi patti di pace, sapendo che esiste un rischio che è quello di cadere nell’equivoco di compiere
atti di culto al Signore senza che sia
coinvolto il cuore, senza permettere al
Signore di entrare veramente nella nostra vita e senza compiere poi il cammino di unità, di speranza e di salvaezza; perché ascoltare significa lasciarsi
trasformare, a poco a poco, fino ad essere condotti su strade spesso diverse
da quelle che avremmo potuto immaginare chiudendoci in noi stessi con
una vera e propria eclissi del senso
morale e con la scarsissima trasmissione della memoria storica, non per irrigidirci o ripiegarci sul passato, bensì
3
per trasmetterne lo spirito, pur nel necessario mutare delle forme, perché
nessuno può saggiamente guardare
avanti senza confrontarsi seriamente
col proprio passato.
Ecco perché oggi si avverte più acuta l’esigenza di combattere l’indifferenza, la sfiducia generalizzata nelle
istituzioni, il disimpegno, occorre superare una impostazione statica della
pace e della libertà, per concepirle in
modo dinamico, come conquista che
impegna tutto l’uomo e tutti gli uomini,
in un confronto perenne con la giustizia
e nel rispetto costante della libertà per
sconfiggere quella ragnatela di corruzione in cui risulta prigioniera buona
parte della classe dirigente del paese.
Eroismo quotidiano che è il vincere
se stessi e dedicarsi agli altri, senza
compromessi e cedimenti nel difficilissimo mestiere di essere uomini.
Raffaele Salvante
Vogliamo ricordare
con il dovuto
compianto,
gli eroi di NASSIRYA
che ci hanno fatto
riscoprire
i valori dell’ITALIA,
nazione libera
e democratica
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
LA XXII FIERA DI CALITRI
VETRINA DEL MEZZOGIORNO
XXII Fiera Interregionale di Calitri
Lada(31essere
agosto-7 settembre 2003) continua
vissuta come un appuntamento
importante per le zone interne dell’Irpinia e del Mezzogiorno, come strumento
concreto ed efficace con un ruolo prioritario nel rafforzare e spronare la ripresa
economica dopo un lungo periodo di stasi, dovuta alla congiuntura economica
internazionale.
La sua progressiva ed intelligente
crescita ha sicuramente contribuito ad
esercitare un grande fascino in tutte le
fasce di mercato, per l’attenzione al territorio e la difesa della propria autonomia; un vero e proprio quartiere fioristico, allestito con la collaborazione della
Italcomes di Barile, è certamente uno dei
più moderni ed attrezzati del Mezzogiorno, in attesa del già deciso raddoppio
strutturale dell’attuale polo espositivo
che – come andiamo dicendo da molto
tempo – non può e non deve limitarsi all’evento fieristico dell’estate, ma deve
necessariamente allargarsi a molte altre
attività specializzate durante il corso dell’anno.
Né va sottaciuto l’estro, l’inventiva,
la personalità e le capacità tecniche di
tutti gli operatori e in special modo nel
campo dell’artigianato che sta riprendendo un rilancio effettivo per esprimersi ai maggiori e più alti livelli, nel campo
della meccanica agraria, dei materiali e
delle attrezzature per la lavorazione della
terra, della ceramica antico vanto paesano, e per tutte le altre iniziative.
A proposito degli incentivi per coloro
che intraprendono una attività lavorativa
vogliano portare all’attenzione delle competenti autorità i cosi’ detti “Contratti
d’Area” sorti nel 1999 ma che nel corso
d’opera hanno subito tantissime variazioni che hanno messo in crisi molte Aziende, ma quel che è più grave i finanziamenti non si sono ancora visti con le deleterie conseguenze che si possono immaginare. Di chi e la colpa? Perché? tutti interrogativi che chiedono una risposta
immediata se non si vuole assistere al fallimento di tanti generosi operatori che
hanno avuto il coraggio di iniziare un’attività fidandosi delle promesse.
L’annunziato “varo” del progetto già
finanziato di completamento dell’attuale
quartiere fieristico, impegna l’Ente Eapsaim in modo preciso e categorico a farsi artefice della preparazione di forze
Il senatore Nicola Mancino in visita alla Fiera.
Una panoramica di un angolo della Fiera.
qualificate per la “formazione” di quadri
per lo sviluppo dei settori marketing e
direzione aziendale.
P.S.: Mentre eravamo già in stampa ci è stato comunicato che per il Distretto Industriale di Calitri è stato approvato uno stanziamento di 25 milioni di euro (circa cinquanta miliardi di
lire) per creare infrastrutture, contributi alle Aziende e servizi alle Azienze.
Il Cronista
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La Pasticceria
LE DOLCEZZE
di Emilia Maffucci
ha cambiato indirizzo
Via F. Tedesco, 23 - Calitri (AV)
Tel. 0827 30340
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
PIETRO CERRETA
CALITRI AL FESTIVAL DELLA
SCIENZA DI GENOVA
li exhibit scientifici della Mostra inG
terattiva «Le ruote quadrate», prodotti dall’ingegno di insegnanti e di artigiani di Calitri, sono stati presentati dall’Associazione ScienzaViva nel corso del
primo Festival della Scienza di Genova,
che si è svolto dal 23 ottobre al 3 novembre 2003. Il successo è stato grandissimo. Più di diecimila sono state le
persone che li hanno visitati e apprezzati.
Oltre ai ragazzi delle scuole genovesi, le
cui visite si sono svolte secondo un fitto
programma di prenotazioni, sono stati
migliaia i cittadini comuni a interessarsi
della Mostra, molti dei quali provenienti
da altre città italiane. Ciò è stato reso
possibile anche grazie alla bellissima
ospitalità offerta dagli organizzatori genovesi, perché le apparecchiature scientifiche sono state valorizzate dalla funzionalità espositiva di una sala di circa
600 mq, all’interno della suggestiva cornice del Porto Antico, nei locali del Modulo 5 dei Magazzini del Cotone.
Importante è stato l’apporto dei ragazzi dell’ ISS «Maffucci» di Calitri, ai
quali è stato dato il compito di guidare i
visitatori tra gli exhibit e di spiegarne il
funzionamento. Per imparare a svolgere
questo ruolo, essi hanno seguito in precedenza un corso ad hoc, svolto in orario
pomeridiano proprio nel «Maffucci», tra
la fine di settembre e gli inizi di ottobre.
Insieme ad essi ScienzaViva ha coinvolto
anche un gruppo di studenti del Liceo
Scientifico «Galilei» di Potenza e uno
del Liceo «Imbriani» di Avellino, coordinati rispettivamente dai professori
Franco Biscione e Raffaele Satriano di
Potenza e dal professore Gaetano Abate
di Avellino, ma originario di Calitri.
I ragazzi dell’ISS di Calitri, che nei
tre turni successivi ( dal 23 al 26 ottobre,
dal 27 al 30 ottobre e dal 31 ottobre al 3
novembre) si sono alternati nel servizio
di guide per i visitatori genovesi sono
stati: Mariella Bozza, Francesca Cestone,
Fabrizio Iannella, Anna Lucia Di Laura,
Federica Troiano, Francesco Zarrilli, Michele Fiordellisi, Giuseppina Russomanno, Manuela Merino, Luciana Cerreta,
Maria Guerra, Francesco Laurenziello,
Angela Ragazzo, Simona Iannella, Ros-
Festival della Scienza di Genova 23/10-3/11/03. Una piccola visitatrice alle prese con le
«ruote quadrate». La guidano Cinzia Senerchia di Calitri e Bianca Camarca di Bisaccia due
alunne dell’ISS Maffucci che hanno fatto da guide ai visitatori.
La signorina
Maria Rosa Di MAIO
già diplomata in pianoforte, nella
giornata del 23 ottobre 2003,
si è brillantemente diplomata
in “composizione”
presso il Conservatorio
“Giuseppe Verdi” di Milano.
Oltre all’esame vero e proprio
la signorina Maria Rosa
ha presentato una
sua composizione su Calitri
che ha riscosso l’applauso
della Commissione di esami.
Auguri vivissimi ai genitori Lucia
e Antonio, alle sorelle Michelina
e Marilena, al fratello Luciano
e alla neo dottoressa
tantissimi auguri
per la sua carriera.
5
sella Nicolais, Giuseppina Pacella, Domenico Pinto, Anna Cristiano, Michela
Pinto, Bianca Maria Camarca, Daniele
Cassese, Vito Ammirati, Vito Saverio Cicoira, Marco Previtero, Silvia Litterio,
Salvatore Rubinetti, Alessandro Cesta,
Antonio Ciano, Riccardo Iannella, Giuseppe Maffucci, Francesca Cianci, Cinzia Senerchia, Antonella Gautieri, Luisa
Ciano. Molti di questi alunni non sono
calitrani, ma frequentano l’Istituto Tecnico Commerciale, il Liceo Scientifico
e l’Istituto d’Arte di Calitri provenendo
dai comuni limitrofi.
Si sono fatti carico dei numerosi problemi organizzativi, scientifici, logistici e
didattici della trasferta, i professori Pietro
Cerreta e Canio Lelio Toglia, in collaborazione con i professori Giovanni Melaccio, Maria Rosaria Di Napoli, Rocco
Di Napoli e Fulvio Moscaritolo.
Vanno ricordati, inoltre, i soci di
ScienzaViva e gli altri collaboratori che,
interrompendo in qualche caso le loro
normali attività di lavoro, hanno fornito
le loro esperte competenze per l’allestimento e di disallestimento della Mostra:
Gerardo Del Guercio, Gianni Rauso,
Vincenzo Cerreta, Michele Maffucci,
Antonio Maffucci, Vincenzo Galgano,
Alfonso Cerreta, Vitantonio Leone.
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
CALITRI 2a SCUOLA ESTIVA
DI SCIENZA INTERATTIVA
al 18 al 22 agosto 2003 si è svolta a
D
Calitri la 2 Scuola Estiva di Scienza
Interattiva. Trenta sono stati i docenti di
a
materie scientifiche di Scuola Media Inferiore e Superiore e di Scuola Elementare giunti da ogni parte d’Italia per partecipare ai workshop, alle lezioni e alle
visite sul campo previste dal programma. Scopo della Scuola è stato quello di
evidenziare l’efficacia pedagogica della
interattività, seguendo la didattica informale degli Science Centers e la ricca tradizione della manualità artigianale, ancora viva in Italia. La Scuola è stata inaugurata presso la sala del Consiglio Generale della “Comunità Montana” Alta Irpinia in Calitri con una lezione del Prof.
Antonino Drago sul tema «Scienza e Co-
Calitri, 18-22 agosto 2003. Scuola estiva di
scienza interattiva. Una fase del workshop
creativo, durante il quale i 30 corsisti hanno
realizzato modellini di apparecchiature
scientifiche.
scienza del suo insegnamento», alla presenza delle autorità e del pubblico comune. Organizzatrice di questo evento è
stata ScienzaViva, un’Associazione non
profit con sede a Calitri per la diffusione
della cultura scientifica e tecnologica, attraverso la sperimentazione diretta ed interattiva di fenomeni naturali. L’Associazione è stata fondata dal gruppo di
docenti e studenti che hanno ideato due
iniziative nel campo della divulgazione
scientifica interattiva: ”Le Ruote Quadrate” e “Adotta un Esperimento”.
Le attività didattiche si sono svolte
in parte presso l’ITC «Maffucci», in parte presso l’Azienda Agrituristica «Il Tufiello» e in parte presso la Scuola Media
e il Centro Storico di Calitri.
UNA GIORNATA
CON VINICIO CAPOSSELA
l 18 novembre 2003 a Siena si è inauIdella
gurata una manifestazione, nella chiesa
SS. Annunziata in Santa Maria della Scala, detta “Parole e Musica”: spettacoli, concerti e incontri per gli studenti
universitari, organizzata dall’Università
degli Studi di Siena.
Ad aprire quest’evento è stato il nostro concittadino Vinicio Capossela.
Un appuntamento musicale unico, un
singolare incontro tra il violoncellista
chigiano di fama internazionale Mario
Brunello e Vinicio Capossela, autore e
interprete originalissimo del panorama
musicale contemporaneo. Musica classica e moderna a confronto. La chiesa
era gremita di studenti, e per consentire
la visione ai tanti che erano rimasti fuori
della sala è stato allestito un maxi schermo, nella piazza antistante il famosissimo Duomo di Siena.
Lo spettacolo, durato circa due ore,
ha proposto musiche di Bach e Sollima,
alternate da una decina di pezzi del nostro Capossela, quali Zampanò, Marajà,
Una giornata senza pretese, Le case…
Ad accompagnare questo fantastico e
strano duetto, vi erano i violinisti provenienti dall’Orchestra d’Archi Italiana.
Sono partito direttamente da Calitri
per assistere a questa manifestazione,
quale fan accanito del grande maestro
Capossela, è stata un’esperienza fantastica e surreale. Soddisfatto per aver colloquiato con lui prima dell’evento e dopo avergli portato i saluti dei fan calitrani, ho assistito con trepidazione al con-
certo. Nell’attesa che in un prossimo futuro possa essere invitato a Calitri, affinché porti fra noi la sua grande cultura
musicale.
Giuseppe Di Guglielmo
Andretta luglio 2003 - Fan con il maestro Vinicio Capossela. Da sinistra: Emanuela Di
Guglielmo, Monica Tornillo, Antonella Tornillo, Vinicio Capossela, Massimo Rabasca e
Giuseppe Di Guglielmo.
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IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
DAMIANO PIPINO
DIVINITÀ NELLE VALLI
DEL SELE E DEL TANAGRO
Prima che il Cristianesimo arrivasse a Eboli
Homo religiosus non nasce improvvisamente nel Pleolitico superiore,
L’
quando le espressioni simboliche si fanno più vicine alla nostra mentalità, ma
affonda le sue radici nell’esperienza originaria dell’Homo sapiens. Intorno ai
40mila anni addietro, a partire dalle sepolture dei Naendertalliani, le manifestazioni del simbolismo e del senso religioso si fanno più chiare. Le pratiche funerarie denotano una varietà di rituali
con chiari riferimenti ad una vita ultraterrena. Nell’arte parietale dell’età della
pietra si riscontrano, tra l’altro, raffigurazioni di esseri superiori, di dei, di antenati e di oranti.
In tempi più recenti in diverse grotte
della Francia, della Svizzera e dell’Italia,
nel Salento in particolare, sono state trovate centinaia di ciottoli e cortici di selce
incisi o dipinti, detti di arte mobiliare,
nei quali si consideravano trapassate le
anime dei defunti. Allo stesso periodo risalgono le statuette femminili in steatite
ed in osso, dette Veneri. Si tratta della
rappresentazione naturalistica di una
donna nuda, della quale sono evidenziati
gli organi di significato magico in funzione della fecondità, annoverabile tra le
più alte rappresentazioni artistiche della
preistoria europea.
L’evidente maternità delle Veneri di
Parabita (LE) pone l’interrogativo se non
si sia in presenza di un idolo legato al
vero e proprio culto della Madre, protettrice della fertilità della terra, dei cicli
stagionali, della fecondità degli uomini e
degli animali, diffuso fra le prime comunità di agricoltori e di allevatori del Mediterraneo. Questo il sostrato ideologico
su cui nasce e germoglia la “storia sacra
degli dei” o “mitologia pagana”, considerata un modello ai comportamenti
umani.
ti probabilmente nel corso del V millennio a.C., avvertendo la necessità di una
protezione si affidassero ai propri defunti e fra essi scegliessero lo “Spirito
tutelare” dell’antenato mitico. Di questi ne stilizzavano il volto sulla roccia, in
prossimità del proprio insediamento, ed
in esso concentravano il loro potenziale.
In tal senso di dipendenza quel volto stilizzato rivelava una dimensione religiosa
unificante, pur non essendo un dio, mentre i membri del clan tenevano nei suoi
confronti un atteggiamento riverente,
che si traduceva in comportamenti tradizionali.
La prova di quanto detto è costituita
dal volto umano stilizzato sulla roccia al
lato della Grotta del Rosario di Contursi,
prospiciente il fiume Tanagro. Sino ad
oggi di volti simili ne sono stati individuati altri due: uno ad Albano di Lucania
Lo Spirito Tutelare
Si vuole che i primi abitanti sedentari delle valli del Sele e del Tanagro, dediti all’agricoltura e l’allevamento, giun-
Contursi, grotta del Rosario.
7
(PZ), lungo la sponda sinistra del Basento, l’altro in territorio di Carlentini (SR).
La fede in questa specie di “totem” da
parte degli antichi Neolitici fu tale che
presto lo stilizzarono anche sui vasi funerari, evidentemente allo scopo di proteggersi anche nell’aldilà. Di detti vasi
ne sono stati trovati in gran quantità nelle tombe del Materano, della Puglia e
della Sicilia. Questi ultimi vanno sotto
il nome della cultura di Stentinello, antichissimo centro scomparso a sud di Siracusa, con la quale la Sicilia stessa entrò
nel mondo degli agricoltori.
I Maiores (antenati)
Con l’arrivo in Europa dell’agricoltura l’antico asse danubiano perse importanza ed i Balcani, nel corso del III
IL CALITRANO
millennio a.C., divennero una zona sottosviluppata. Da qui l’emigrazione di
quei gruppi di pastori ed il loro arrivo
nella nostra penisola dove diedero luogo
alla cultura di Rinaldone in Toscana, a
quella di Conelle nelle Marche, a quella
di Ortucchio in Abruzzo ed a quella del
Gaudo alla foce del Sele, in Campania.
Durante la prima età del Ferro si sviluppava in Etruria la civiltà Villanoviana,
caratterizzata dal rito funebre dell’incenerazione, che ben presto si estese nella
valle Padana, nell’Emilia Romagna e
nelle Marche. Agli inizi del IX secolo
a.C. i Villanoviani giunsero in Campania, come dimostrano le loro sepolture
trovate a Capua, Pontecagnano, Arenosola e Capodifiume presso Paestum e Sala Consilina.
Allo stesso tempo altra gente giunse
sulla sponda adriatica, in Daunia; risalì
il corso dell’Ofanto e superato il valico
della Sella di Conza, discese nella valle
del Sele. Era gente di civiltà hallstattiana,
caratterizzata dall’uso di seppellire i morti in tombe a fossa terragna (Fossakultur), che diede luogo alla nota cultura di
“Oliveto-Cairano-Calitri-Bisaccia”. Sia
nel rito funebre dei Villanoviani che in
quello degli Hallstattiani si coglie una
particolare cura pietosa per i defunti, che
attesta un vero e proprio culto praticato in
onore degli stessi, attestato in queste valli dalle urne cinerarie e dalle olle, rispondenti ad un concetto sacrale, e dai corredi
funebri trovati nelle tombe a fossa terragna in territorio di Oliveto Citra.
In età Orientalizzante, fase artistica
culturale dell’VIII-VII sec. a.C., artigiani
corinzi giunsero a Tarquinia portando la
tradizione statuaria del “compianto funebre”, la cui scena rappresentava e perpetuava le onoranze rese ai “Maiores”
(antenati). L’immagine del compianto funebre era data dalla statua di una figura
umana afflitta o visibilmente addolorata,
col braccio destro aderente al corpo e
l’avambraccio piegato verso l’alto e la
mano posata aperta sul petto; il braccio
sinistro pure aderente al corpo e l’avambraccio piegato sul ventre.
Quest’arte statuaria, insieme al culto
dei Maiores, si diffuse in Etruria e nel
Piceno e, attraverso i contati dei Villanoviani e dei Piceni con gli abitanti dell’alta valle del Sele, giunse sin qui come
attesta il tronco di statua fittile acefala,
raffigurante il compianto funebre, trovato in contrada Tavoliere di Contursi.
Hera Argiva
Divinità del Panteon greco, il cui culto, originario della città di Argo, fu porta-
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
to in Italia dai coloni Euboici ed Achei
nel corso della fondazione delle città che
si dissero Magna Grecia. Intorno al 600 a.
C. un gruppo di Achei, provenienti da Sibari, fondarono il santuario dedicato a Hera sulla sinistra del Sele, dove ritennero
che si potesse effettuare un approdo fluviale e tenere facili rapporti con gli Etruschi stanziati sull’altra sponda. Questo
santuario svolse molteplici funzioni per
cui divenne Fano presso gli antichi come
XXXIV Edizione
“PREMIO SAN VALENTINO”
Concorso Internazionale di
Letteratura
Il “Comitato per la Premiazione
di un Messaggio d’Amore”
indice la XXXIV edizione
del “Premio San Valentino”,
concorso internazionale di poesia,
narrativa e saggistica, edita e
inedita, in lingua e in vernacolo.
La cerimonia di premiazione
si svolgerà a Terni,
città di San Valentino,
durante la “primavera ternana”.
Per informazioni rivolgersi
(entro il 31 dicembre 2003)
alla segreteria
del “Premio San Valentino”
(Casella Postale 143 – 05100 Terni
tel. e fax 0744/42.82.33)
http://spazioweb.inwind.it/
amicidellumbria
E-mail:
[email protected]
[email protected]
menzionato da Strabone e da Plinio. Tuttavia dopo non molti secoli scomparve
negli acquitrini del Sele. Fu ritrovato nel
1933 dagli archeologi Paola Zancani
Montuoro e Umberto Zanotti Biseco.
Attraverso gli scavi eseguiti dal 1934
al 1949 vennero portati alla luce gli edifici principali e molto materiale votivo.
In seguito vennero fuori l’edificio quadrato ed altre strutture funzionali con
l’attività del santuario. Nell’edificio quadrato si rinvennero circa trecento pesi da
telaio dove erano situati quattro telai a
8
parete: qui le fanciulle dell’aristocrazia
locale trascorrevano il tempo di preparazione alle nozze tessendo e ricamando
le vesti per la “peplophoria” (cerimonia
annuale della vestizione del simulacro di
Hera).
Dallo stesso edificio quadrato proviene la statuetta marmorea della Dea in
trono con la patera delle offerte in una
mano e la melagrana nell’altra; modello
dell’unica statua che dalla fine del V sec.
a.C. in poi fisserà i canoni dell’Hera pestana, presente in tutte le aree sacre poseidoniate e nei centri dell’entroterra del
versante tirrenico. Una di questa statuette in terracotta è stata rivenuta in una
tomba della località Petrolla di Serra
d’Arce, frazione di Campagna. Una testina di altra medesima statuetta è stata
ritrovata fra i ruderi posti sulla sponda
destra del Tanagro antistante la Grotta
del Rosario di Contursi.
Con l’arrivo del Cristianesimo la devozione si trasforma. Sul colle Calpazio,
che domina la piana pestana, ben presto
comparve un culto ancora oggi fortemente radicato dove numerosi sono i segni della sopravvivenza dell’antico: l’iconografia della Madonnina seduta in
trono con bambino e melagrana, venerata a Capaccio Vecchio, si rifà con
straordinaria evidenza ai tipi della Hera
pestana. Inoltre, il rituale della processione con le devote che recano in dono le
“cende” o “cinte” (costruzioni di cento
ceri su una forma di barca), rimanda ai
doni costituiti da modelli di barche presenti nel santuario di Hera a Samo.
Altro segno di sopravvivenza del culto di Hera Argiva è quello della vestizione del simulacro, ancora oggi praticato in
qualche santuario Mariano, ad esempio,
quello dell’Incoronata di Foggia, che ha
luogo il 24 aprile di ogni anno.
Ercole, il greco Eracle
Ercole nasce a Tebe, capitale della
Beozia, da Alcmena e da Zeus, il quale
per concupire la giovane sposa assunse le
sembianze del marito Anfitrione. L’innata intemperanza gli fece uccidere il
maestro che lo aveva ripreso, per la qual
cosa Anfitrione lo mandò a badare alle
mandrie sulle montagne. Come pastore
assunse la clava e l’arco e ben presto si
distinse in imprese valorose, uccidendo il
leone di Tespio e sconfiggendo gli Orcomeni. Sposò Megara, figlia del re di Tebe, dalla quale ebbe molti figli e visse
tranquillo finché Hera non lo fece impazzire e uccise moglie e figli.
Tormentato dal rimorso si recò a Delfi dove la sacerdotessa Pizia gli ordinò di
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
recarsi a Tirinto e servire per dodici anni
il re Euristeo, per espiare la colpa ed ottenere l’immortalità.Da qui le sue famose “dodici fatiche”, durante le quali si
cimentò in altre azioni eroiche. Il mito di
Ercole era universalmente diffuso in Italia a simboleggiare la fine di una vita
selvaggia e l’inizio della civiltà. Il suo
culto venne praticato un po’ ovunque, in
particolare fra le popolazioni dedite alla
pastorizia, e giunse a Roma per il tramite
della Magna Grecia (Crotone, Metaponto, Poseidonia).
I Romani gli riconobbero la funzione di protettore dei commerci e ne custodirono il ricordo nell’Ara massima.
Al tempo di Adriano (117-138), venne
effigiato sulle monete con il tipo “Hercules Invictus”. Nei templi a lui dedicati fra gli ex-voto ritrovati sono numerosi i bronzetti raffiguranti Ercole con la
clava e la pelle leonina, nonché i “donari”, costituiti da cippi piramidali con
dediche all’eroe o decorati a rilievo da
una clava.
Un suo tempio in queste valli potrebbe essere stato quello della località San
Mauro di Buccino, nel quale si rinvenne
appunto un cippo piramidale. Ipotesi
questa sostenuta dalla presenza di un altro tempietto trovato a Paestum e dalle
metope di età arcaica dell’Heraion di foce Sele. Elemento di connessione fra
queste testimonianze del culto di Ercole
con il tempio di Buccino potrebbe essere
il bronzetto raffigurante Ercole rinvenuto
alla località Montemagno di Palomonte,
datato al IV secolo a.C., che dal 1931 si
conserva presso il Museo Provinciale di
Salerno.
Mefite
Dai corredi delle tombe di Paestum e
di quelle sparse nei territori di Eboli,
Campagna, Oliveto Citra, Contursi e Palomonte, connotati dal giavellotto, dal
cinturone in bronzo e dalla corazza bivalve sannita, non è azzardato riconoscere gruppi di guerrieri che, dallo scorcio
del VI sec. a.C. alla prima metà del secolo successivo, giunsero dal Sannio come mercenari chiamati a prestare la loro
opera per Poseidonia, determinando poi
il processo di sannitizzazione della costa
tirrenica e l’assoggettamento di Poseidonia ai Lucani.
In quel contesto delle divinità, sono
venerati i poteri salutari posti in relazione con la presenza delle acque. La relativa documentazione archeologica può essere definita nell’ambito della dea Mefite, divinità primaria del Panteon della
gente sannita.
Mefite divinità polivalente nelle sue
diverse accezioni agrarie, ctone e legate
alle sorgenti; signora che sta nel mezzo
con ruolo di mediatrice fra cielo e terra.
Era patrona degli scambi che avvenivano in occasione di fiere periodiche nell’ambito sacrale, sito presso una fonte
ed al centro di un sistema viario che
univa più insediamenti.
Il culto mefitico, oltre ad Albanella,
Roccagloriosa, Capodifiume e Santa Venere presso Poseidonia, Eboli, Pontecagnano e Fratte, si diffuse in Lucania dove soppiantò quello di Giunone, e fra i
vari santuari quello di Macchia di Rossano di Vaglio Basilicata, divenne il
centro del sistema politico religioso dei
Lucani. Le tracce del culto alla dea Mefite nella valle del Sele sono i pendagli
in ambra, che si portavano appesi al collo per scongiurare il pericolo dei gas, i
vasetti miniaturistici votivi trovati presso le varie sorgenti e le fiere periodiche, che ancora oggi si tengono al Ponte Mefita e ai Bagni di Contursi, nonché
quella della Piceglia presso la sorgente
San Sisto di Oliveto Citra.
Infine si ricorda un’antica usanza per
disfarsi dei cani, che venivano lasciati
vicino alla sorgente con una grossa pietra legata al collo: gli animali sacrificali
che si offrivano alle dea Mefite non venivano sgozzati ma fatti accostare al cratere esalante o gas venefici mortali.
Fauno
I Sanniti, nel corso del processo di
sannitizzazione conclusosi presso Capua intorno al 440 a.C., oltre al culto
mefitico introdussero quello dedicato a
Fauno, divinità della stirpe di Saturno,
dio dei campi e dei boschi, protettore
dei pascoli, delle greggi e dei pastori,
fecondatore degli armenti e simbolo
della forza generatrice. Era detto Fatuo
o Fatuelus per il suo dono profetico.
Dettava i suoi carmi profetici dal
profondo della “Selva Albunea”, dove
le popolazioni italiche e gli Enotri invocavano responsi nei momenti dubbi.
Una delle più antiche testimonianze del
culto al dio Fauno ci è data dall’invocazione di soccorso fatta da Turno, re dei
Rutuli, mentre Enea, che lo inseguiva
per ucciderlo, cercava di svellere la lancia rimasta infissa nel ceppo di un
“oleastro” (ulivo selvatico) sacro a Fauno: “ O Fauno, grida, pietà, se devoto
fui sempre al vostro culto che i Troiani
han profanato, invece, con la guerra”
(Virg. En.XII,1163-67).
Altra testimonianza ci viene dal poeta venosino Q. Orazio Flacco il quale,
9
liberatosi dall’impronta epicurea, fece
ritorno alla religione degli antenati, sentendosi a proprio agio nella sua campagna sabina, protetto dal dio Fauno. Non
diversamente dovevano sentirsi gli altolocati abitanti della Casa del Fauno di
Pompei, ove la presenza del pregevole
simulacro conferma la forte venerazione
per questo dio e non soltanto a Pompei.
Altra statua in marmo del dio Fauno è
stata rinvenuta nel 1841 a Nuceria Alfaterna (l’attuale Nocera Inferiore).
Nel 1929 in territorio di Zuppino,
frazione di Sicignano degli Alburni, fu
rinvenuto del vasellame e statuine exvoto probabilmente appartenenti ad un
tempio del dio Fauno. La prova certa
del culto al dio Fauno, praticato in queste valli in età augustea, è comunque
costituita dall’ara votiva in pietra calcarea rinvenuta nel Forum di Polla nel
1959, sulla quale è riportata la seguente
dedica:”Marco Giulio e Lucio Rufio il
mistico donano a Fauno”.
La flessibile tessitura della teologia
pagana ed il senso simbolico dei Numi
favorì tutte le interpretazioni. Filosofi e
poeti ebbero libero campo di innestare
le nazionali tradizioni alle favole greche, per cui il dio Fauno fu assomigliato
a Pan ed ai Satiri e i Sileni del corteggio
di Dionisio (Ovidio, Metamorfosi IV531), per cui venne talvolta raffigurato
in atteggiamento erotico con le Baccanti oppure con in mano il “tirso”, specifico attributo di Dionisio, come ancora
oggi è effigiato sullo stemma comunale
di Contursi.
Dionisio
È il dio più complesso di tutta la mitologia greca sia per le origini orientali,
sia per i legami con i culti e miti iniziatici, come i misteri Eleusini, legati alla
vegetazione e ai suoi ritmi, o i misteri di
catattere mistico-filosofico. In effetti si
tratta di una divinità dalle valenze misteriche della seduzione, della trasgressione e del disordine sovversivo dovute
alla potenza del vino. Roma accolse il
suo culto considerandolo, come altri
culti greci e orientali, una valvola di
sfogo delle ansie e dei sentimenti religiosi. Ma quando le celebrazioni dei
Bacchanalia introdussero ubriachezza,
delitti e immoralità di ogni sorta lo inibì
col famoso “Senatus consultum de Bacchanalibus” (186 a.C.).
A Paestum il culto di Dionisio affiancò quello di Atena. Numerose sono
le raffigurazioni di Dionisio e del suo
corteggio (Baccanti, Sileni, Satiri, Efebi, Eroti ed Ermafroditi), e degli attri-
IL CALITRANO
buti (il tirso, il flauto e gli otri pieni di
vino) conosciuti in tutta la ceramica figurata dal VI sec. a.C. In tema di valenza funeraria nelle stesse raffigurazioni campaiono le uova, simbolo di nascita e di rinascita, nonché le Nereidi e i
Galli, accompagnatori delle anime dei
defunti ed anelli di congiunzione tra il
mondo dei vivi e quello dei morti.
Le tracce del culto dionisiaco in
queste valli sono rappresentate: da una
matrice fittile con inciso il volto di un
Sileno, rinvenuta presso la villa rustica
romana della località Vittimose di Buccino; un guscio d’uovo trovato in una
tomba di Serra d’Arce, frazione di
Campagna, il cui significato ci rimanda
alle credenze salvifiche e di rinascita;
un pezzo di marmo, rinvenuto alla località Saginara di Contursi, su cui è scolpito il volto di una donna che regge un
doppio flauto (attributo di Dionisio),
potrebbe trattarsi della musa Euterpe
che non disdegnava la compagnia delle
Baccanti; altro pezzo di marmo, forse
pentelico, rinvenuto alla contrada Piana
di Contursi, scolpito su ambedue le facce: sulla faccia anteriore è scolpita la
testa di un Sileno e su quella posteriore
il volto di una Baccante.
Mamerte
Antica divinità italica che presso tutti i popoli di lingua osca riceveva singolari onori sotto il nome di Mamers, di
cui i Romani ne fecero Mavors o Marte.
A Mamerte, durante le pubbliche calamità, si sacrificava tutto ciò che nascesse in primavera compresi i fanciulli, finché in tempi di minori barbarie questi,
sacrati all’Iddio, sciamavano per altre
sedi: “Ver Sacrum”. Il suo culto fu l’unico legame della necessaria concordia
politica fra gli otto popoli Osci, almeno
fino alla guerra sociale (90-89 a.C.).
Anche il culto di Mamerte fu portato
da queste parti dai guerrieri Sanniti, come dimostra il bassorilievo del suo probabile simulacro scolpito sulla roccia in
cima alla Costa Palomba del massiccio
degli Alburni. Simulacro che raffigura
un guerriero sannita, armato di spada,
lancia e scudo, anche se molto danneggiato nel volto e nelle gambe. Poco distante in un grosso spuntone roccioso è
stata ricavata una vasca con gocciolatoio che dà l’idea di un’ara pagana.
Si direbbe un santuario rupestre a
sostegno del quale e della venerazione
del dio Mamerte vi sono due bronzetti,
rinvenuti il secolo scorso il primo alla
località Serra d’Arce di Campagna ed
il secondo al borgo San Rocco di Polla,
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
nei quali si ritrova la medesima visione
essenziale della forma e la stessa solidità struttiva del guerriero di Costa Palomba.
Stando agli avvenimenti storici il
santuario potrebbe essere stato realizzato dai Sanniti tra il 341 e 321 a.C.,
tempo in cui furono presenti nelle fortezze lucane in virtù dell’alleanza stretta con astuzia nell’imminenza della seconda guerra contro Roma. Il modo in
XV EDIZIONE
DEL PREMIO NAZIONALE
BIENNALE DI POESIA
“CITTÀ DI SOLOFRA”
Possono concorrere al Premio
poeti di ogni nazionalità,
ma in lingua italiana con un
massimo di tre poesie per sezione
(spillate per gruppo), in sei copie.
Per la sezione libro edito inviare
sei copie dell’opera.
Le sezioni del concorso sono tre:
* Poesia inedita in lingua italiana:
“Carmine Troisi”
(Scrittore solofrano).
* Poesia edita e inedita in
napoletano:
“Alfredo Grassi”
(Poeta solofrano).
* Libro edito di poesia in lingua
italiana,
pubblicato negli anni 2002-2004:
“Mons. Michele Ricciardelli”
(Critico letterario solofrano)
Non è dovuta nessuna tassa
di partecipazione.
SCADENZA 6 MARZO 2004.
Per ogni altra informazione scrivere
o telefonare alla Segreteria del
Premio “Città di Solofra”
Via Fratta, 13 - 83029 Solofra (AV)
Tel. 0825/58.11.20/59.64.06.
cui il guerriero di Costa Palomba venne
danneggiato, anzi sfregiato, ci induce a
ricercare quei vandali fra gli esecutori
della sincronistica romana, messa in atto al tempo della deduzione della colonia latina di Paestum (273 a.C.).
Nei secoli che seguirono la Chiesa,
forse per rimanere in linea con la politica di Roma, non osò soppiantare questo
santuario italico come, invece, fece con
quello di Hera Hoplosmia nella valle
dell’Esaro in Calabria, didicato alla Madonna delle Armi, e quello di Hera Ar10
giva di Poseidonia, dedicato alla Madonna del granato nella vicina Capaccio
Vecchio. Tuttavia il guerriero di Costa
Palomba è ancora lassù a guardia delle
tracce deprimenti di esistenze scomparse, insensibile all’indifferenza della civile società moderna giacché, beato
lui…è fatto di pietra!
L’arrivo del Cristianesimo a Eboli
Le testimonianze dell’arrivo del
Cristianesimo a Eboli, attraverso la valle del Tanagro e mediante la figura dei
Santi martiri Vito, Modesto e Crescenzia risalgono al tempo delle persecuzioni dei primitivi Cristiani indette da
Diocleziano (303-306 d.C.). La tradizione vuole che Vito era fanciullo di
sette anni ed era nato a Mazara del Vallo in Sicilia. Essendo già cristiano ed
avendo operato alcuni miracoli il preside Valerio lo fece arrestare e torturare.
Ma un Angelo lo liberò ed assieme al
pedagogo Modesto e alla nutrice Crescenzia si recò in Lucania dove sembra che la nuova fede stesse meglio attecchendo, come dimostrano i graffitti
paleocristiani da noi scoperti in questi
ultimi anni.
La fama del giovane Santo giunse a
Roma e l’imperatore Diocleziano lo fece chiamare affinché guarisse il proprio
figlio infermo. Dopo che Vito lo ebbe
guarito, l’imperatore fece ancora una
volta torturare Vito siccome si rifiutava
di sacrificare agli dei. L’Angelo del Signore lo liberò di nuovo e con Modesto
e Crescenzia ritornò presso il fiume Sele, dove tutti e tre furono chiamati al
premio eterno. La pia donna Florentia
seppellì i loro corpi in “loco dicitur
Marianus”. Negli atti raccolti dai Gesuiti Bollandisti si precisa che Vito, Modesto e Crescenzia vengono dalla Sicilia
e “spargono i semi della fede in terrotorio Tanagritano vicino al fiume Sele”.
Ed è in territorio Tanagritano che,
in età costantiniana, fra le prime Diocesi sorse quella di Marcellianum nel vallo di Teggiano, la quale ritiene il nome
da Marcello I, Pontefice negli anni 308309, fra gente preparata ad accogliere
il Cristianesimo, probabilmente anche
sull’effetto del passaggio e dell’esempio
del martire Vito.Il toponimo del “loco
dicitur Marianus” non si è conservato,
ma la tradizione popolare da sempre lo
ha individuato nella contrada Santa Cecilia di Eboli, dove sorge un’antica cappella dedicata a San Vito che, sembra,
fosse stata costruita per accogliere le
spoglie mortali dei Santi Vito, Modesto
e Crescenzia.
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
GRUPPI FOLCLORISTICI A CALITRI
l 24 agosto scorso è stato il giorno più
importante di tutta l’Estate Calitrana,
Iinfatti
si è svolto con molto successo il
1° Raduno dei Gurppi Folcloristici organizzato dall’Associazione Culturale “i
Uagliun’ r’ uaffij” . Hanno partecipato a
questa fortunata manifestazione i gruppi
folk: “La Naninella” di Rapone, “I Castellani” di Lagopesole, “il Gruppo
Folk” di Bisaccia e i “ Virtuosi della Tarantella” di Paternopoli.
Sono stati proprio questi ultimi ad
iniziare la giornata che naturalmente si è
svolta all’insegna di balli e canti popolari in costume tradizionale, mentre un
vivace ed allegro mercatino ha fatto da
cornice all’intera manifestazione. Gli
stands, allestiti apposta per l’occasione,
offrivano ai visitatori prodotti tipici artigianali tra cui: ottime ceramiche, piccanti salami, squisiti vini, nonché biscotti, dolci e ricami. La sfilata pomeridiana dei Gruppi per le strade del paese,
è stata solo una anticipazione di quella
che sarebbe stata il clou serale, il successo preventivato nei giorni precedenti
è stato ampiamente confermato dalla numerosa partecipazione del pubblico calitrano e non.
“I Uagliun’ r’ Uaffij” hanno ballato
prima la quadriglia e poi il laccio dell’a-
Calitri “Quadriglia” davanti a Cola.
more, a conclusione dell’intera giornata, il famoso cantante montellese Aurelio
Fierro ha salutato i campaesani di Calitri
con qualche canzone napoletana non prima di essersi complimentato per l’ottima
ed originale iniziativa. Un gentile ringraziamento va, per l’occasione, al Presidente dell’Associazione, agli ospiti in-
tervenuti, ai Uagliun r’ uaffij, nonché ai
loro genitori che hanno lavorato per la
riuscita della manifestazione con l’augurio e l’impegno che l’anno prossimo la
2° edizione sarà certamente piena di novità e con ospiti importanti.
Annamaria Maffucci
CONCORSO PER
NUOVE COMPAGNIE TEATRALI
l 22 agosto 2003, a S.Andrea di Conza,
Izione
presso il teatro “Episcopio”, l’Associateatrale “IL SIPARIO”
di Calitri, ha partecipato al
concorso per nuove Compagnie Teatrali presentando il
recital “Forza Venite Gente”
conquistando un meritatissimo primo posto.
Il musical in due atti, ispirato alla vita di San Francesco D’Assisi, è stato rappresentato magistralmente da interpreti calitrani. L’esecuzione di grande respiro, ha abbracciato i momenti significativi della vita del santo: lo
spoglio delle ricchezze, la
contemplazione del creato, il
sacrificio e la morte. La rap-
presentazione ha coinvolto numerose persone, la Regia è stata curata da Enzo Gal-
S. Andrea di Conza, 22 agosto 2003,Teatro Episcopio
11
gano, i costumi realizzati dalla Cooperativa Panterga, le coreografie dirette da
Luciana Strollo e Rosanna
Galgano, tecnico del suono
e delle luci Daniele Iannella. Numerosa è stata la partecipazione dei calitrani che
il 28 e 29 agosto presso il
Centro Sociale “Teresa Di
Pietro” hanno avuto modo
di apprezzare la bravura
della giovane Compagnia.
Per la buona riuscita
della rappresentazione un
ringraziamento speciale va
a Maria Di Milia, Mariantonietta Pasqualicchio e Filomena Senerchia.
Lucia Maffucci
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
EMILIO RICCIARDI
PER UNA BIOGRAFIA DI
PADRE FRANCESCO MARIA
MARGOTTA (1699-1764)*
congregazione del Santissimo Redenfu fondata nel 1731 da Sant’AlfonLso atore
Maria de Liguori e nel giro di pochi
anni, grazie al suo messaggio semplice e
schietto, incontrò un notevole successo
tra gli strati più umili della popolazione e
si diffuse in tutto il Regno di Napoli1.
Tra le figure di spicco dell’istituto redentorista va annoverato il sacerdote calitrano Francesco Maria Margotta, che fu
compagno della prima ora di Sant’Alfonso e che, per la sua condotta esemplare e
per la sua dottrina (era laureato in diritto
civile ed ecclesiastico e in gioventù aveva
esercitato l’avvocatura) venne destinato a
ricoprire incarichi importanti all’interno
della congregazione. Padre Margotta ebbe
fama di piissimo religioso e morì in concetto di santità; così, per celebrarne la memoria (e forse anche in previsione di una
eventuale causa di beatificazione)
Sant’Alfonso ordinò di mettere insieme
tutte le testimonianze disponibili sul confratello, che furono trascritte nelle cronache redentoriste2.
Nel ricostruire in questo breve saggio
la vita del religioso calitrano, si è scelto di
dare ampio spazio alle deposizioni raccolte negli antichi manoscritti, anche
quando queste sconfinano nell’apologia,
perché, sebbene a volte i fatti riferiti appaiano troppo caricati, i racconti dei biografi e le testimonianze di quanti lo conobbero di persona permettono di delineare con sufficiente chiarezza la personalità di p. Margotta e di aggiungere alla
sua biografia particolari finora sconosciuti.
***
La giovinezza
Fu don Angelo Gervasi, arciprete di
Calitri dal 1765 al 1783, a fornire ai Redentoristi i dati anagrafici del loro confratello, ritrovando nel registro parrocchiale la
fede di battesimo del religioso: “A dì 12
febbraro 1699, Francesco Maria Nicola,
figlio del dottore Sig. Donato Margotta e
della Sig.ra Grazia Urso moglie. L’ha bat-
tezzato l’arciprete di Simone, l’ha levato la
Sig.ra Lucia Lupone; nacque a 10 di detto
mese e battezzato a 123”.
Francesco Margotta era di famiglia benestante; i suoi genitori appartenevano a
quel ceto di galantuomini che nel corso
dell’Età Moderna, pur senza essere nobili,
avevano raggiunto un discreto status economico e sociale. Il padre, Donato Margotta, era in buoni rapporti con i principi
Mirelli, feudatari di Calitri, ed era imparentato con alcune tra le principali famiglie
del paese, come i Berrilli e i Rinaldi; un
suo zio, don Francesco Margotta, era stato
arciprete di Calitri dal 1688 al 1692; la
madre di Francesco, Grazia d’Urso, di diversi anni più giovane del marito, proveniva da una ricca famiglia di Nusco.
Poco dopo la nascita del piccolo Francesco il padre morì a Montepeloso (oggi
Irsina, in provincia di Matera) “mentre
esercitava la carica di agente in detta
città4”; così il bimbo fu affidato alle cure
dello zio paterno, il sacerdote don Giuseppe Margotta.
Francesco crebbe nella casa di famiglia, in via Sant’Antuono, una costruzione
di due piani sormontata da una loggia
aperta sul panorama dalla quale il giovane, devoto a Sant’Antonio di Padova,
“dalle prime vespere di questo santo faceva fare artifici e li faceva sparare5”; le
testimonianze concordano nel descriverlo
come un ragazzo mite e ubbidiente, che
“nello studio era la consolazione de’ suoi
maestri6”.
Ecco la testimonianza del parroco Gervasi, riportata da Kuntz: “Il P. D. Francesco Margotta (…) finì il corso della scuola
nel 1712. Il maestro, che fu D. Giuseppe
d’Alifi, se ne servì per due anni a farsi
aiutare in detta scuola, mentre teneva molti scolari e non poteva arrivare, ed anche
se ne servì a dire l’officio divino assai
mattina; e poi in questi due anni non faceva altro che un altarino in sua camera del
glorioso S. Antonio di Padova; tanto che
invitava scolari e altri suoi compagni a
cantare responsori e litanie (…) Dopo
questi due anni fu mandato dal suo zio in
S. Menna a studiare filosofia sotto la di12
sciplina del dottor D. Giacomo Figurelli,
mentre non lo potevan mandare in Napoli
per essere stato troppo piccolo. Indi ritirato da S. Menna per essere giunto alli
sedici anni fu mandato in Napoli a studiare anche filosofia e legge. Dimorò in
detta cittade sei anni continui; e perché
era d’età di venti due anni, non poteva
(…) dottorarsi, ma s’ottenne con la licenza. Venuto nel 1722 in Calitri con applauso di tutta la terra, il suo zio e sua madre
fecero per otto giorni canti, balli e suoni7”. Tuttavia il giovane, di carattere schivo
e riservato, preferì non partecipare alle feste, e non è improbabile che già allora meditasse di abbracciare la vita consacrata.
Ritornato in casa e abbandonata la carriera forense per sovvenire alle necessità
familiari, Francesco fu nominato consultore della terra di Calitri “ed esercitò tale
officio da nove anni in circa (…); ma fra
questi nove anni non faceva altro che pacificare le discordie ed aiutare li pupilli e
le vedove, e tutto lo faceva per carità8”. La
madre e lo zio confidavano su di lui per
curare il patrimonio della famiglia, per cui
fu loro costante preoccupazione, fin dall’inizio, trovargli un lavoro adeguato al
suo rango e una moglie “per perpetuare la
casa; tanto più ch’era unico, facoltoso e
per le sue rare qualità veniva da molte
bramato per isposo9”. Tuttavia il giovane
non mostrava alcun desiderio di ammogliarsi e cercava piuttosto di evitare le occasioni, anche se in modo cauto e discreto,
per non amareggiare i familiari: “Belle e
vantaggiose occasioni gli erano presentate. Fra le altre lo zio gli fece cadere sotto
gli occhi quella di una parente dell’arciprete Cappuccio di Cedogna [Lacedonia],
e dopo qualche tempo il povero Francesco
fu costretto dallo zio di andare insieme
con molti galantuomini a conoscere di
soppiatto la sposa. Vi andò e giunto sotto
la finestra, ove per caso era la signora,
per non guardarla e deludere lo zio, finse
di cadere, e passò innanzi10”. Grazie ai
buoni uffici dello zio, il principe Imperiali
lo nominò governatore di Andretta, ma il
giovane esercitò il suo nuovo incarico badando più alla pietà verso i poveri che agli
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
interessi del principe, procurandosi in questo modo molte inimicizie; e se i critici
più benevoli si limitavano a considerare
che “quest’anno abbiamo un cappuccino
per governatore11”, qualcun altro gli fece
osservare senza troppi complimenti che il
principe voleva essere soddisfatto “non
con rosari, ma con doble e zecchini”. Più
volte per aiutare i poveri non esitò a offrire
denaro di tasca sua e così, “vedendo il zio
che non solo non lucrava e che rifonder
dovevaci il mantenimento, lo richiamò in
casa12”.
Nel frattempo il giovane aveva conosciuto e scelto come suo direttore spirituale un santo sacerdote di Bisaccia, don
Gaetano Giuliani, e, avendo deciso di
prendere gli ordini sacri, “non volle mai
dare consenso ad accasarsi; tanto che la
madre sempre sparlava contro il P. D.
Gaetano e diceva che per l’amor del figlio non era passata alle seconde nozze
ed aveva perso la sua gioventù, lo trattava
con una mala ciera e sempre sdegnosa
contro suo figlio e non si poteva contenere13”. Tuttavia l’atteggiamento della donna
non riuscì a smuovere il figlio dal proposito di abbracciare la vita consacrata, come
riferiva un altro testimone, Cesare Pelosi,
amico di Margotta fin dalla giovinezza:
“Fu così ubbidiente alla madre, la quale
di continuo si doleva di lui, perché tardi si
ritirava dalla chiesa in casa, che per placarla, quando pubblicamente gli faceva
invettive, se l’inginocchiava davanti, le
chiedeva perdono per averle dato motivo
d’inquietarsi, e poi le baciava la mano; e
così la rasserenava. A tutto sforzo pretese
sua madre di dargli moglie e si raccomandava a me acciò l’avessi indotto ad
abbracciare tale stato; ma conoscendo
aliena da ciò la sua inclinazione, non ebbi
mai animo di parlargliene14”.
Nel 1724 morì lo zio, che fino a quel
momento aveva curato gli affari della famiglia. Allora la madre raddoppiò le insistenze per convincere Francesco a sposarsi e si accordò per dargli in moglie
donna Anna Maria Berrilli; ma anche questa volta il tentativo non ebbe esito, anzi il
giovane, vistosi alle strette, trovò finalmente il coraggio per confessare alla costernatissima donna che egli era pronto
per diventare sacerdote. Fu allora che accadde, secondo quanto riportato nelle cronache della congregazione, un fatto miracoloso: Francesco si trovò all’improvviso in fin di vita e la madre, per assicurargli almeno l’estremo conforto, mandò a
chiamare a Bisaccia don Gaetano Giuliani; il vecchio sacerdote corse subito a Calitri, dove però trovò Francesco già morto;
allora si fece promettere dalla madre di
Francesco che se il figlio fosse ritornato in
vita ella avrebbe acconsentito a fargli
prendere i sacri ordini e, ottenuta la promessa, si mise a pregare e a invocare il Signore finché il giovane non si riprese. Ecco come p. Alessandro De Risio, uno dei
primi biografi di p. Margotta, racconta il
miracolo: “Sorpreso da grave infermità,
la misera genitrice vedendone il caso disperato, e volendo dare al figlio un qualche sollievo, mandò a prendere da Bisaccia il direttore di lui d. Gaetano Giuliani.
Questi, benché vecchio, e nonostante la
molta neve caduta, che rendeva difficili
le vie: eamus, disse, et moriamur cum illo.
In seguito alle precarie
condizioni di salute
dell’arciprete don Siro
Colombo, al quale vanno i
pensieri e le preghiere di tutti i
parrocchiani, l’arcivescovo
padre Salvatore Nunnari di
intesa col vescovo di Aversa
mons. Mario Milano, già
arcivescovo della nostra
Diocesi, ho proceduto alla
nomina
di un Amministratore
Parrocchiale nella persona di
don Maurizio Palmieri
di anni 33 della diocesi di
Aversa che, grazie a Dio, ha
un numero di sacerdoti
superiore alle necessità.
Al nuovo amministratore
parrocchiale va il nostro
sincero augurio di buon lavoro
nella vigna di Cristo.
Andò il santo uomo, ma trovò il buon
Francesco morto, e vestito per trasportarsi in chiesa. Allora pieno di confidenza
in Dio e rivolto alla dolente madre, le disse: se G. C. ve lo ridona, voi lo donerete a
Gesù Cristo? L’afflitta genitrice sospese
per poco il suo dolore e rispose: ch’essa
era pronta a farne qualunque sacrifizio.
Quindi il santo vecchio qual novello Eliseo buttato sul cadavere, non finiva di ripetere: Gesù Cristo mio, io lo voglio per
la gloria tua, io lo voglio; questa grazia te
la cerca Giuliani, me la devi fare. Ed ecco
che a ripetute preghiere fece ritorno d.
Francesco a novella vita. Tanto fu attestato dal nostro padre d. Girolamo Ferrara, da monsignor Volpe di Nocera, e qual13
che altro ne fece fede come di testimonio
oculare15”.
Tuttavia la guarigione miracolosa di
Francesco Margotta è messa in dubbio da
altri storici della congregazione; nei suoi
Commentaria Kuntz mette in dubbio la
veridicità dell’episodio, sottolineando che
Landi, l’unico cronista che conobbe di
persona p. Margotta, nel suo manoscritto
non parla mai di questo avvenimento, che
pure avrebbe permesso di intraprendere
una causa di beatificazione per il confratello calitrano16.
Gli anni del sacerdozio
L’ultimo incarico da civile Francesco
Margotta lo svolse nell’amministrazione
cittadina di Calitri in qualità di capo eletto
(oggi si direbbe assessore). “Compiuto
l’ufficio di capo eletto, s’ordinò in sacris
nel 1731 e monsignor arcivescovo Francesco Nicolai li diede la porzione intiera
d’una parte vacata della chiesa della b.
a. di D. Francesco (sic, ma Giuseppe)
d’Alifi, indi lo fece subito confessore e sino
al 1748, che si partì alla Congregazione
del SS. Redentore, non fece altro che essere stato Padre spirituale dell’Immacolata
Concezione, congregazione di laici extra
moenia. Lui predicava ogni festa, faceva
l’esercizii spirituali a’ detti Fratelli per otto giorni continui in detta Congregazione
nelle feste del S. Natale, faceva la coronella tutti li sabbati e ci predicava (…)
Lui non mancava in ogni anno, nella novena di S. Michele arcangelo, a settembre, fare gli esercizii e si contentava stare
rinserrato nella chiesa della Concezione e
si cibava solamente la sera17”.
Tutte le fonti mettono in evidenza la
sua morigeratezza di vita e la severità con
cui si infliggeva ogni genere di mortificazioni fisiche e psicologiche. Le prove di
disciplina e di umiltà alle quali si sottoponeva di continuo non gli sembravano
mai abbastanza severe; ecco ad esempio la
testimonianza della badessa del monastero
di Atella: “Fu sì esatto (…) nella mortificazione esterna, che in tutto il tempo che
conversò con noi, non lo viddimo mai
prendere caffè, né rosolio o rinfreschi. Non
volle mai fuoco; non dormiva mai in letto,
ma sempre su la nuda terra, flagellandosi
ogni notte crudelmente a sangue (…) Nel
mangiare era tanto parco che sembrava
impossibile che si mantenesse in vita18”. I
religiosi della congregazione redentorista
che furono in Calitri per le missioni ricordavano di avere visto, nell’antica casa di
Margotta, “un banco di fabbrica in cucina
ove dormir solea, ed un vuoto di fabbrica
ove in tempo d’inverno intrometteva il capo per ripararsi dal freddo19”. I due ritrat-
IL CALITRANO
ti che di lui si conoscono mostrano un uomo calvo, con il volto scarno e gli occhi rivolti al cielo, che stringe il crocifisso al
petto; di fianco, poggiati sul tavolo insieme ai libri, un teschio e la “disciplina”,
cioè l’attrezzo con cui i religiosi dell’epoca usavano flagellarsi per penitenza.
I cronisti inoltre parlano delle tante
opere di carità, per compiere le quali utilizzava il suo patrimonio: “In Calitri, sua
patria, stimato veniva come il padre di
tutti i miserabili (…) tutti facevano capo
da lui, né niuno partivane sconsolato.
Nell’inverno ch’ivi è rigido, provvedendosi di panno grossolano, riparava la nudità di tanti pezzenti”; molto spesso faceva beneficenza in segreto, per provvedere
ai bisogni di famiglie che egli sapeva essere in difficoltà, e qualcuno, conoscendolo, approfittava della carità che egli
effondeva a piene mani: “In Napoli, essendosi incontrato con un povero nudo e
senza camicia in un rigido inverno (…)
svestendosi della camicia, giubbone e calzoni, ne rivestì il poveretto. Il fatto fu che
quello facendo trafico della nudità, incontrollo anche nudo il dì seguente20 ”.
Se poi vedeva qualcuno bestemmiare
“li correva sopra e li metteva la mano in
bocca, ed alcune volte pagava lui per non
farli bestemmiare; e certi per strappare
denari, lo facevano con arte (…) Accaduta la morte della madre, si portò al
convento di S. Maria degli Angioli in Atella per far fare i funerali (…) Al far ritorno, in un certo luogo, un vaticale, per essergli caduto un mulo in mezzo a profondi
fanghi, perché solo e non poteva far alzare il mulo, bestemmiava”. Il sacerdote,
sentendo le imprecazioni del mulattiere,
scese immediatamente da cavallo per offrire il suo aiuto, senza badare né al pericolo né al fango; una volta tratto in salvo
l’animale, p. Margotta “più pieno del mulo di fango se ne ritornò e lasciò consolato il vaticale, ma dovette alla taverna del
passo di Calitri asciuttare li panni21”.
Altrettanto notevoli erano le umiliazioni che si infliggeva, come quando, entrato nella congregazione da novizio (lui
che era stato vicario episcopale e rettore
di un seminario), accettò senza mai protestare le mansioni riservate ai nuovi entrati, ai quali toccava svolgere i lavori domestici e servire i confratelli22; o come
quando, durante una messa, finse di dimenticare la predica che aveva preparato,
poiché riteneva di commettere peccato di
vanità sfoggiando davanti ad altri la sua
eloquenza e la sua cultura23.
Nei primi anni del sacerdozio p. Margotta svolse il suo apostolato sia in Calitri,
sia nei paesi vicini, come missionario della congregazione del p. Pavone (si trattava
degli stessi religiosi che avevano incorag-
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
giato la fondazione della confraternita dell’Immacolata in Calitri). La sua carriera
di ecclesiastico fu rapida e brillante; pochi
anni dopo l’ordinazione sacerdotale l’arcivescovo Giuseppe Nicolaj lo nominò rettore del Seminario di Conza e poi suo vicario generale. Durante la visita pastorale
dell’arcivescovo Nicolaj in Calabritto, nel
1746, P. Margotta conobbe Sant’Alfonso
Maria de’ Liguori e lo sollecitò, insieme
con altri religiosi, a compiere una missione
nella diocesi di Conza, che ebbe luogo nel
gennaio 1747; il 7 dicembre dello stesso
anno p. Margotta, dopo aver devoluto gran
parte dei suoi beni per la costruzione della
nuova casa dei redentoristi in Materdomini di Caposele, abbandonò ogni carica ed
Tutto ciò che è nato da Dio
vince il mondo.
(1 Gv. 5, 1-6)
entrò da semplice novizio, a 48 anni, nella
congregazione del Redentore24.
Nel 1749, nel capitolo generale tenutosi nella casa redentorista di Ciorani,
Margotta fu eletto procuratore generale
della congregazione; nello stesso anno fu
nominato rettore della casa di Materdomini, con l’inarico di occuparsi della costruzione del nuovo collegio. Nel 1750 si
recò ad Atella per predicare e per discutere della fondazione di una nuova casa in
Rionero, ma il progetto, nonostante l’impegno di Sant’ Alfonso e dei suoi confratelli, che tra il 1750 e il 1753 compirono
numerose missioni nei paesi della diocesi
di Melfi, non andò in porto; il re infatti,
sentito il parere negativo espresso dalla
Regia Camera sulla nuova fondazione,
non concesse ai religiosi il permesso di
aprire la casa25.
Per i suoi incarichi P. Margotta si recava spesso a Napoli, dove aveva una fitta
rete di conoscenze nell’ambiente intellettuale e religioso del tempo; anche nella
capitale diede prova della sua virtù, e in
un caso rivelò capacità profetiche, secondo la testimonianza resa da p. Tannoia:
“Passando in Napoli per una strada non
solita, spinto s’intese nel cuore per salire
sulla casa di un cavaliere ed ammonirlo.
Non potendo resistere all’impulso vi sale
e, cercando udienza, si scusa dell’ardire e
fagli presente il lume ricevuto. Ritrovavasi quello colla coscienza in un grave
imbarazzo: si confuse e (…) vedendosi
scoperta la piaga (…), mutato sistema, si
diede a Dio. Il fatto fu che né il cavaliere
conosceva il P. Margotta, né D. Francesco il cavaliere. Emendato, egli stesso fé
noto il fatto26.”
14
Nell’estate del 1754 p. Margotta portò
con sé nella capitale anche il giovane San
Gerardo Maiella, che vi operò molti miracoli; finito il soggiorno in Napoli, i due
religiosi ritornarono a Materdomini27 e da
qui si recarono a Calitri, dove San Gerardo si fece presto conoscere per le profezie
e per i miracoli operati28.
Gli ultimi anni
Più volte, nell’arco della sua vita,
p. Margotta patì per una grave forma di
depressione, descritta da tutti i suoi biografi: “Era uomo di gran santità, ma siccome il Signore purifica quelli che ama,
soffriva da parecchi anni un vero martirio.
Un fitto velo gli sottraeva gli splendori di
sopra, mentre una luce penetrante gli mostrava tutte le miserie dell’anima sua: e da
questo derivavano aridità senza fine, scrupoli senza numero, angosce da spezzare
il cuore. Quindi era sempre triste, abbattuto, desolato come un’anima del Purgatorio, e faceva compassione a tutti29”. Le
crisi depressive erano profonde e duravano
a lungo, tra la costernazione dei confratelli che assistevano impotenti alla sua sofferenza; in una di queste occasioni, secondo il racconto di p. Nigro, sarebbe stato il
clavicembalo di Sant’Alfonso ad alleviare
la sua malinconia: “Stava adunque il p.
Margotta talmente oppresso dalla sua ippocondria ed afflizione di spirito che per
giorni stava mutilo, senza dir parola, anche in tempo di ricreazione. Se n’affliggeva il P. D. Alfonso; e vedendolo in tale
stato, che cosa è, gli disse un giorno, non
dici una parola. E quello: se mi volete sollevare, cantate, disse, una canzoncina della Madonna. E Don Alfonso per consolarlo in risposta prese a cantare - Quanto
è dolce, o Madre Mia / il tuo nome di Maria - ma cantò con tale unzione di spirito
che si uscì dalla ricreazione quella mattina come se si fosse uscito dalla più
profonda contemplatione30”.
Dalla testimonianza di p. Mazzini si
sa che fino al 1756 p. Margotta ebbe almeno quattro lunghe crisi: “la prima, essendo ecclesiastico nel secolo, e gli durò
circa sei mesi; la seconda in Caposele,
durogli circa due anni e mezzo (…) La
terza durò poco, mentre fratello Gerardo
con le sue preghiere la trasferì in sé stesso
(…) La quarta nel collegio de’ Pagani31”,
che durò circa due anni. Quest’ultima fu
forse la prova più dura, ma alla fine
p. Margotta riuscì a venirne fuori, come
racconta il suo biografo De Risio: “Il Signore, che sembrava a Francesco molto
lontano, gli era pur troppo vicino. Dopo
due anni tornò a mostrare la sua bella
faccia, e a riempirlo tutto di consolazione.
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
Ricorreva il giorno della Natività della
nostra Madre Maria SS., quando egli
stando ne’ Pagani, si vide allontanato dalla tempesta. Correva allora per ogni dove
D. Francesco fuori di sé, ripieno dello
spirito di Dio. Si portò nel Coro per farsi
abbracciare da’ Padri, e congratularsi
con essi della pace riacquistata col Signore. Tanto fece, e i buoni Padri, vedendolo in una allegria quasi celeste, non poterono non preconizzare la sua prossima
morte, come infatti avvenne32”.
Era da poco stato nominato rettore della casa di Sant’Angelo a Cupolo, in provincia di Benevento, quando, nell’estate
del 1764, trovandosi a Napoli per il suo ufficio di procuratore della congregazione, p.
Margotta si ammalò di colera; l’epidemia
era stata provocata da una grave carestia
che aveva colpito il Regno, uccidendo in
pochi mesi migliaia di persone. Venuto a
conoscenza della malattia e delle gravi
condizioni in cui versava p. Margotta,
Sant’Alfonso inviò subito in Napoli alcuni
religiosi per assistere il confratello ammalato e si rivolse a un famoso medico napoletano, il dottor Tommaso Ventapane. Ma
ogni cura si rivelò inutile; dopo una breve
agonia, il religioso si spense l’11 agosto e
pochi giorni dopo i confratelli riuscirono a
riportare la salma a Pagani. Ecco la testimonianza di p. Landi sul seppellimento di
p. Margotta:
“Morto che fu il P. Margotta (…) si
stimò non farlo sepelire in Napoli per non
perdere un sì gran tesoro; ma, perché colà
ci erano ordini rigorosissimi di non trasportare fuori di città i cadaveri, onde tutti temevano d’azzardarsi a dare questo
passo, ma ci fu un nostro fratello, chiamato Mattia Fazzano, che anche l’aveva assistito, questo risolutamente disse che si fidava di trasportarlo al collegio nostro de
Pagani. Infatti se l’intese con un gabelliere
avendolo ben regalato, s’affittò un buon
carrozzino chiuso con cristalli avanti, lo
fece venire in tempo di notte, e così lo pose
dentro assieme con sé ed uscì da Napoli il
P. Margotta già morto. Fu domandato fuori la porta, ma lui animosamente si seppe
risolvere e così passò libero per tutte le
guardie fino a Nocera; e giunto al nostro
collegio, quando lo videro i padri, tutti si
consolarono; mentre se l’avevano perduto
vivo almeno l’avevano acquistato morto.
Onde subito l’esposero con un gran cataletto al pubblico, se li fecero tutte l’esequie con ufficio e messa cantata, e nel mezzo di detta messa il P. Ferrara (…) li fece
una celebre orazione funebre, dove ci fu
un gran concorso di popolo a vedere morto questo gran servo di Dio; e tutti dicevano: è morto un Santo, è morto un Santo; e
così dopo le funzioni fu sepolto con tutta
venerazione nella nostra sepoltura comune
nel collegio di Pagani. E speriamo che il
Signore, per sua misericordia, voglia ancora con prodigi far conoscere in appresso
i meriti di questo gran servo di Dio33”.
Le parole di p. Landi fanno intuire che
i redentoristi prevedevano per il loro confratello una causa di beatificazione. Nel
1858 Alessandro De Risio riportava, nella
sua Vita di P. Margotta, alcuni fatti miracolosi, come quando a Foggia il sacerdote
calitrano “nel meglio della predica a Maria SS. si vide uscito fuori di sé, e quasi
trasformato levarsi in aria34”; tuttavia sulla santità di p. Margotta il biografo manteneva un atteggiamento prudente e concludeva affermando che anche se “più volte si
vide in diversi luoghi come Iddio lo favoriva con doni soprannaturali (…) con dolore siam forzati a passarli sotto silenzio
per mancanza di documenti35”.
Francesco Margotta dunque non fu un
santo; ma di certo egli fu un ottimo religioso, che mise a disposizione del prossimo la sua cultura, la sua integrità morale e
la sua profonda umanità.
NOTE
* Questo lavoro, come i due precedenti, non sarebbe stato possibile senza la competenza e la cortesia
di p. Giovanni Vicidomini CSSR, che qui ringrazio.
1 Sulla diffusione della congregazione redentorista cfr. G. GALASSO, Santi e santità, in L’altra Europa. Per un’antropologia storica del Mezzogiorno
d’Italia [1982], II ed., Lecce 1997, pp. 79-143.
2 Su p. Francesco Maria Margotta cfr. F. LANDI,
Istoria della Congregazione del SS. Redentore, 2 tomi mss. [1782]; A. M. TANNOIA, Della vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori vescovo di S. Agata dei Goti e fondatore della Congregazione del
SS. Redentore libri quattro [1797], ed. cons. Torino
1860, lib. II, capp. XXIV-XXV, pp. 130-136; A. DE
RISIO, Vita del P. Margotta, in Croniche della congregazione del Santissimo redentore fondata da
S. Alfonso Liguori, I, Palermo 1858, capp. LV-LX,
pp. 329-355; F. KUNTZ, Annales Congregationis
SS. Redemptoris, 3 volumi mss. [notizie dal 1696 al
1737]; ID., Commentaria de vita D. Alphonsi et de
rebus Congregationis SS. Redemptoris, 11 volumi
mss. in folio, della fine del XIX secolo, conservati
nell’Archivio Generale dei Redentoristi in Roma
(copia in Archivio Provincia Napoletana dei PP. Redentoristi - Pagani); Lettere di S. Alfonso Maria de’
Liguori (…) pubblicate nel primo centenario della
sua beata morte, I, Corrispondenza generale, Roma
1897, lettera 92, pp. 140-142; A. BERTHE, S. Alfonso
Maria de Liguori, I, Firenze 1903, pp. 312-313;
S. SCHIAVONE, 12 volumi ms. della prima metà del
XIX secolo, Biografie. Materdomini, pp. 182-187
(una parte delle Biografie è stata raccolta in un’edizione a stampa curata nel 1933 dallo stesso p. Schiavone). Cfr. anche E. RICCIARDI, La Congregazione
del SS. Redentore a Calitri (I) - P. Francesco Margotta e il culto dell’Immacolata Concezione, in “Il
Calitrano”, n.s., 22 (2003), pp. 8-13.
3 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 195.
“L’arciprete di Simone” era don Giuseppe De Simone, parroco di Calitri dal 1692 al 1702. Nei registri parrocchiali di Calitri, oltre alla fede di battesimo
di Francesco Margotta (Archivio parrocchiale di Calitri, Registri antichi, IV [1677-1707], f. 30), sono
annotati anche l’atto di matrimonio (31 maggio
15
1694) e gli atti di morte dei genitori (8 agosto 1699 e
9 gennaio 1739).
4 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, p. 98.
5 Ivi.
6 Ivi.
7 Ivi.
8 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, p. 196.
9 Ivi, p. 199.
10 A. DE RISIO, op. cit., p. 333.
11 Ivi, pp. 333-334.
12 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, p. 202.
13 Ivi, p. 196.
14 Ivi, p. 198.
15 A. DE RISIO, op. cit., pp. 336-337.
16 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., III, p. 209.
17 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 195.
18 Ivi, f. 207.
19 Ivi, f. 205. Cfr. Anche A. DE RISIO, op. cit.,
p. 339.
20 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 207.
21 Ivi, f. 211
22 Cfr. A. DE RISIO, op. cit., p. 342.
23 Ivi, p. 347.
24 A.M. TANNOIA , Della vita ed istituto di
S. Alfonso Maria de Liguori…, cit., lib. II, cap. XXV,
p. 134-135.
25 A. SAMPERS, Progetto di fondazione dei Redentoristi a Rionero in Vulture c. 1750, in Società e
Religione in Basilicata nell’età moderna, Atti del
convegno di Potenza - Matera (25-28 settembre
1975), II, Salerno 1977, pp. 703-720.
26 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 205
27 “Tanti accidenti, e così portentosi, divulgati
per la Città, [Gerardo] passo non poteva dare fuori
di casa, senza essere mostrato a dito. Ponderando
un tanto applauso il P. Margotta, e temendo che aura di vanità non entrasse a titillargli il cuore, risolvette disfarsene. Ottenne in grazia bensì dal nostro
B. Padre Alfonso vederlo situato nell’altra nostra
casa in Caposele: casa prediletta di esso Margotta,
perché stabilita coll’opera sua.”(A.M. TANNOIA, Vita del servo di Dio Fr. Gerardo Maiella laico della
Congregazione del SS. Redentore, IV ed., Napoli
1824, p. 114).
28 Sul soggiorno di S. Gerardo in Calitri cfr.
E. RICCIARDI, La Congregazione del SS. Redentore a
Calitri (II) - P. Francesco Margotta e S. Gerardo
Maiella, in “Il Calitrano”, n.s., 23 (2003), pp. 12-15.
29 S. SCHIAVONE, Biografie. Materdomini, ff.
185-186.
30 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VI, f. 43. La
canzone citata nel brano non è stata ritrovata; cfr. in
proposito P. SATURNO, La tradizione musicale alfonsiana, in Alfonso M. de Liguori e la società civile del
suo tempo, atti del Convegno internazionale per il bicentenario della morte del santo (1787-1987) Napoli, S, Agata dei Goti, Salerno, Pagani 15-19 maggio 1988, a cura di P. GIANNANTONIO, 2 voll., Firenze 1990, pp. 623-639.
31 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VI, 44-45.
32 A. DE RISIO, op. cit., p. 346. Salvatore Schiavone riporta nelle sue Biografie anche il ritratto di
P. Margotta e il testo dell’epigrafe tombale, che è il
seguente: FRANCISCO MARIA MARGOTTA /
DOMO CALETRI / QUI LAUREA UTRIUSQ. IURIS INSIGNITUS / FORI HONORES CUM SACERDOTII DIGNITATE / COMMUTAVIT / DEIN
COMPSANI SEMINARII RECTOR / ET ANTISTIT VICARIUS GENERALIS / AD CAPITIS SILARI COENOBIUM AEDIFICANDUM / CONSILIA ET PECUNIAM CONTULIT / TANDEM
CONGREG. SS. REDEMPT. NOMINE DATO /
NASCENTIS ORDINIS DECORI PROXPEXIT /
VIXIT ANN. LXV M. VI / OBIIT III ID. AUG.
MDCCLXIV (D. Santorelli).
33 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, pp. 91192.
34 A. DE RISIO, op. cit., p. 350.
35 Ivi, p, 353.
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
CHI LI RICONOSCE?
Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti Voi per riconoscere i personaggi di queste foto eseguite dallo
studio Angelo Maria Leone di Calitri, portano sul retro la data del 7 maggio 1911, la seconda del 20
maggio 1911. Chi le riconosce è pregato di farci una telefonata. Grazie!
ANNIVERSARI DI MATRIMONIO
Firenze, 04.09.2002, Michele Cianci nato
da Giovanni e da Carolina Di Muro il
16.04.1925 e la consorte signora Gigliola La
Posta nata a Capua da Armando e da Giuseppa Lionetti il 03.08.1926 festeggiano, circondati dall’affetto dei figli e dei nipoti, i
loro cinquant’anni di matrimonio. Sinceri e
sentiti auguri dalla Redazione.
Mariano Comense, 27.12.2003 Vincenzo
Coppola nato da Giuseppe e da Vincenza
Zarrilli il 22.07.1956 e Antonietta Lamanna
nata a S. Andrea di Conza da Leone e da
Giuseppina Vigorito il 02.09.1960 festeggiano i loro 27 anni di matrimonio. Auguri
dai figli Giuseppe e Leo, dai familiari e dalla
Redazione.
16
CANADA - Giuseppe Sacino e Antonietta
Cianci festeggiano il loro quarantesimo anno
di matrimonio; auguri vivissimi dai figli, dai familiari, dagli amici e dalla Redazione.
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
Calitri 10.02.1954, gli sposi Maria Teresa
Zarrilli (zarrigghj’) e Attilio Acocella (andr’ttes’) hanno felicemente festeggiato i 50 anni
di matrimonio. Auguri vivissimi dai parenti,
dagli amici e dalla Redazione.
Calitri 27/10/2002. Ristorante Gagliano in occasione del festeggiamento delle nozze d’oro
dei coniugi Salvatore Zabatta (haland’) nato da Giovanni e da Maria Antonia Del Cogliano e
coniugato il 26.10.1952 con Maria Antonia Rubino nata da Canio e da Grazia Margotta, da
sinistra in piedi: Marcella Zabatta, Marina Zabatta, Vito Metallo, Alfonso Russomanno
(giachess’), Giuseppe Di Maio (palusc’), Canio Russomanno (giachess’), Angela Cerreta (ricca
recca), Anna Maria Di Roma (a’ tripolina), Marco Snaider, Luigi Rubino, Rosetta Fierravanti
(la marnesa), Maria Francesca Russomanno (giachess’), Maria Grazia Sorrentino, Graziella
Zabatta, Lucia Margotta di Vincenzo (stingh’), Rocco Zabatta (March’), dietro: signor
Giuseppe di Nocera Inferiore con baffi e barba, Salvatore Zabatta, Canio Metallo
(tart’liegghj’); seduti: Maria Antonietta Zabatta, Daniela Cangemi, Mariella Cangemi,
Giuseppe Cangemi (il bambino), Michele Gallucci – i festeggiati – Emma Cioffari (pasciut’),
Antonella Metallo (la bambina), Michelina Acocella (paloscia), Giuseppina o Giusi Cioffari
(la bambina), Salvatore Metallo, Domenico Russomanno (giachess’). Foto Nicolais
RICORRENZE VARIE
Calitri 6 luglio 2003, foto scattata da Canio
Zarrilli (Foto Flash) in occasione del 75°
compleanno di Salvatore Ramundo (detto El
Pelon) nato da Giuseppe e da Margherita
Trofa il 06.07.1928 in Vico Sotto Concezione
n. 20 (oggi 12) alle ore 15 e 20.Auguri vivissimi dalla Redazione e ad maiora semper.
Calitri 22 maggio 2003, sulla terrazza della
signora Serafina Lampariello in via Alfonso
De Carlo, nel classico costume calitrano la
piccola Pamela Dragone nata in Belgio da
Leone e da Serafina Pompeo il 22.08.1997
ed ivi residente.
17
Calitri, 02.12.1936, nel corso Vittorio Emanuele III gli sposi Mariangela Cioffari nata da
Canio e da Maria Giuseppa Abate
l’01.04.1916 e Ferdinando Cella nato da
Luigi e da Angela Metallo il 27.01.1913, emigrati a Montevideo l’01.10.1959.
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
Cantù, 13 ottobre 2003, due anni di matrimonio di Michele Maffucci nato a Mariano Comense da Donato e Giovanna Araneo il
30.08.1977 e Rosi Ciurleo, da sinistra: Umberto Maffucci, Lorenzo
Maffucci, Grazia e il piccolo Giuseppe, Maria Maffucci – gli sposi –
Donato Maffucci da Savona, Giovanni Maffucci con la moglie Rosa
Ilario napoletana, Michelina Maffucci, Dario Rabagliati, Donato Maffucci e Giovanna Araneo genitori dello sposo che compiono, felicemente, 31 anni di matrimonio.
Isole Tremiti (FG), 10 agosto 2003, gita turistica da Calitri, da sinistra in piedi: Nunzia Cozzolino nata ad Ercolano, Enzo Soricelli,
Giovanna Di Maio (br’zzill’), Maria Di Napoli (pagghion’/sc’mm’rott’),
Michele Tornillo, si vede solo la testa, Michele Codella (temba tosta)
con baffi ed occhiali da sole, Michelina Vallario, Patrizia Di Milia,
Giuseppe Maffucci (p’ciff ’), con occhiali da sole, Giovanni Saldutti, a
dorso nudo; fila intermedia: Giovanna Maffucci (p’ciff ’), Canio
Scoca (u’ fratiell’) con baffi,Valentina Saldutti, Chiara Codella, Genny
Soricelli, Alessia Maffucci; in prima fila: Remo Scoca, Maria Pia
Zollo, Riccardo Maffucci,Vittorio Saldutti.
Coppola Giuseppe nato da Vincenzo e da Antonietta Lamanna, festeggia insieme al fratello Leo classe 1983, il suo diciottesimo anno.
Cantù, il piccolo Donato Maffucci, nato da Antonio e da Cristina Licata il 15.06.1999, con il cavallo e l’asino del nonno Donato (patr’nett’), con i vecchi tini che 50 anni fa a Calitri servivano per trasportare le pietre.
Calitri dicembre 1997, cernita delle ulive,Vito Russo (ciucc’ carr’ch’ r’
sold’) e la moglie Gaetanina Zarrilli (tauron’).
30 agosto 1952.
Gli sposi Rosa Di Muro,
nata da Giuseppe e da
Maria Gaetana Cestone il
07/09/1930 e deceduta il
14/03/2003 e Giuseppe
Cerreta, nato da Antonio
e da Marianna Galgano il
21/07/1927 e deceduto il
09/01/1986.
La figlia Mariannina
vorrebbe che i suoi
genitori venissero
ricordati così.
18
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
MONSIGNOR MICHELE RICCIARDELLI DA SOLOFRA (Testimonianze inedite) a cura di Vincenzo D’Alessio
– Solofra 2001.
LA NOSTRA
BIBLIOTECA
l 15 maggio 2000 nella cittadina americana di Sommerville
che l’aveva visto stimatissimo professore universitario e
Isacerdote
torna al Padre la candida anima di mons. Michele
Ricciardelli, arricchita dalle tante iniziative a favore dei giovani e di coloro che vengono considerati gli ultimi.
Era nato a Solofra (AV) il 9 agosto 1923 da Michele e da
Maria Teresa Nocera, la sua infanzia è passata attraverso
una vita di sacrifici, aiutava uno zio nell’attività di calzolaio,
ma gia da allora il suo posto era accanto ai lavoratori delle
concerie contro lo strapotere dei ricchi borghesi.
Spesso ricordava con estrema attenzione il primicerio canonico Carmine Troisi che fu suo primo maestro e cristallino
esempio di santità e di cultura mentre lui faceva il suo percorso di chierichetto nella Collegiata di San Michele Arcangelo dove riuscì a recuperare le tavole appartenenti ad un
organo del XV secolo, rappresentanti San Giovanni e
Sant’Antonio da Padova e che oggi sonos esposte accanto all’altare dell’Addolorata.
Intanto intraprende gli studi per divenire sacerdote, studiando a Nocera Inferiore, a Cava dei Tirreni e a Roma dove
finalmente il giorno dell’Immacolata, 8 dicembre 1952, viene consacrato dal vescovo americano Claudio Colling, in seguito completerà gli studi superiori universitari a Roma e il
dottorato nell’università dell’Oregon (USA). Fonda nel 1967
la rivista di studi italianistici all’estero “Forum Italicum”
ancora oggi in piena attività.
Credeva fermamente nei giovani, nel riscatto della loro
esistenza attraverso la consapevolezza dei ruoli, lo studio, la
perseveranza; ha amato grandemente la sua terra d’origine e
l’ha illustrata con molteplici pubblicazioniha sempre partecipato alle attività culturali realizzate dal 1980 dal Gruppo
Culturale “F. Guarini” e dal Centro Culturale “Orizzonte
2000”, ha aiutato, consigliato, spronato molti autori con prefazioni, suggerimenti, correzioni, presentazioni, viaggi.
Fu professore emerito in molte università, professore di
portoghese, sempre bene accolto ed insignito di molteplici riconoscimenti, dopo il terremoto del 1980 è stato il patrocinatore della risistemazione della Biblioteca Comunale “Renato Serra”, promotore di corsi di inglese gratuiti e tantissime
altre iniziative.
Un uomo, un sacerdote che si è dato tutto a tutti e ha lasciato un’eredità di affetti e di amore a favore di tutti i giovani della zona.
LA GIOSTRA DELLA VITA di Michelangelo Armiento –
Libroitaliano Editrice Letteraria Internazionale - Ragusa
2003
titolo rivela il proposito di cantare una molteplicità
Lcialiodistesso
argomenti sostanzialmente fedele ai consueti temi soe polemici da un lato e lirici e privati dall’altro pur
dentro un silenzio denso di cose non dette. Una solitudine ed
un silenzio che lasciano qualche rammarico per un riserbo
che sembra impedire una più adeguata valutazione dell’uomo
e della sua opera.
Armiento ha forse voluto offrirci una serie di arguti e
garbati, spesso eccentrici e talvolta elegiaci giuochi della vita in chiave a volte di paradossi; il tutto è detto con non comune discrezione senza puntigliosità, quasi con noncuranza,
ma in realtà nel segno e sotto il premere di una persuasione
acuta, che adombra anche una pena recondita, una mestizia
scavata del vivere.
La ricchezza interiore, il verso prosciugato, l’incontro
con l’elemento emotivo che facilmente attecchisce e trascina
i lettori su un piano di completo allineamento e condivisione.
Il libro, nato dall’esperienza di contatti quotidiani, con un
andamento sciolto e quasi colloquiale, offre numerosi interrogativi senza offrire proposte concrete, ma il lettore che
mediti su ciò che l’autore dice, non tarderà ad entrare in familiarità con la sua terminologia, e aprirsi aunomaticamente
alla sua comprensione.
UN’ALBA SENZA MEMORIA di Vitale Ricciardi by Pagine S.R.L. – Roma 1999
l nostro concittadino poeta non è nuovo a questo tipo di
letteratura, ha già pubblicato altre poesie e qui si conferma
Ipoeta
di intensa interiorità, narratore personalissimo, schivo,
di eccezionale spiritualità che gli conferisce un’aura di antica saggezza. Il tormento di vivere per gli altri, nel bisogno di
uscire dalle strettoie del proprio io individuale; l’oscillante
bivalenza, con voluta sottile “ambiguità” tra corpo e anima
qui è il nucleo dell’ispirazione di questo libro di poesie che
vuol dare un senso all’inutilità del vivere, oggi, ricercandone
le ragioni o nella storia dell’individuo oppure nel sangue
che continua a spargersi nel mondo.
Il Sud d’Italia e del mondo in genere si fa metafora di una
condizione esistenziale tenace quanto amara, disperata ma
non disposta alla resa; il dramma del dolore e della fatica della sua gente e della sua terra è quello dell’uomo che soffre e
lotta sotto ogni cielo e in ogni tempo; la crisi è di per se
stessa una realtà permanente nella storia umana, è un fatto
dell’esistenza ed al medesimo tempo una costante della Storia. L’autore abbraccia l’angoscia della vita e l’angoscia della morte, il dubbio, il dolore della solitudine e il piacere dei
sensi, l’odio irragionevole e la inconcepibile malvagità, la
malizia e la tenerezza di un istante, il mistero della sofferenza, dei sogni e delle speranze: un mondo di sentimenti e di
passioni fluttuanti, mutevoli, misteriose.
IL MONUMENTALE CARCERE BORBONICO NELLA CITTÀ DI MONTEFUSCO presentato dal Comune
di Montefusco in collaborazione con il Gruppo Culturale
“F. Guarini” il 13 settembre 2003.
gni essere umano nasce libero e la condizione di libertà
si ama ancora di più quando si visitano luoghi come il
O
carcere . Questo che andiamo visitando è un carcere realizzato nelle viscere della montagna di Montefusco, nella pianta quadrangolare dell’antica fortificazione longobardo/normanna, poi ampliata dalle dominazioni successive. La vicinanza al Ducato di Benevento dovette influire molto sulla
fortificazione della sommità montana che oggi forma l’abitato ed il luogo destinato al carcere.
Raggiunta la piazza monumentale accanto alla chiesa madre di S. Giovanni del Vaglio, sul lato sinistro si nota l’in19
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
nell’altro vano più cupo che costituiva la parte remota del
complesso di pena.
La corsia inferiore è conposta da un’ampia sala a volte a
vela che scaricano su pilastri in opera mista contornata da
mattoni e da pietre squadrate ed archi a tutto sesto lungo i
corridoi di movimento. Dopo vari interventi oggi sono visibili le murature nel loro corpus. Anche ai lati sono state
aperte delle nicchie che mostrano come la parte settentrionale
è completamente scavata nella roccia viva. In questa vasta sala si aprono delle finestre alte dal suolo e chiuse con robuste
e triple sbarre di ferro. Il pavimento in ciottoli, le pesanti porte e gli elementi in ferro, compreso “il puntale” (grosso anello in ferro infisso nel suolo o nel muro, al quale veniva immobilizzato il prigioniero con una catena) sono stati accuratamente conservati.
Il monumento è stato utilizzato come luogo di pena già
dal XVI secolo ma soltanto con i moti per l’Unità d’Italia diviene celebre ed identificato con il sinonimo di “Spielberg
dell’Irpinia”. Il primo martire imprigionato tra queste mura
fu proprio un eccellente Montefuscano: Pirro Giovanni De
Luca (1761-1800) che, per avere parteggiato per la breve
Repubblica Partenopea del 1799, fu incarcerato e ivi morì di
tifo il 10.gennaio 1800. Pochi anni dopo il 2 febbraio 1852
giunsero nel carcere i “ribelli” barone Nicola Nisco di San
Giorgio la Montagna; duca Sigismondo Castromediano duca
di Caballino (Lecce); Carlo Poerio già ministro di Ferdinando II e il conte Michele Pironti da Montoro. La famiglia di
quest’ultimo acquistò un’abitazione sulla piazza di Montefusco per seguire le vicende del congiunto. Dei cinquanta
detenuti politici molti perirono all’interno del carcere, altri
furono spediti al confino. Le condizioni disagevoli perdurarono tanto che il duca Castromediano di Lecce scrive: “Rimasti soli con la nostra desolazione non vi era altro cui appigliarsi se non coricarsi su quel suolo a ciottoli. Così facemmo. La notte era diaccia e ventosa, la neve fioccava fitta
sulle circostanti montagne ed il rovaio impetuoso entrava
libero dalle imposte delle finiestre, le quali chi sa da quanti
anni non erano state curate. Ci corichiamo adunque rimanendo vestiti e avvoltolati nei mantelli e per non perire indirizziti dal freddo e per crearci intorno un’atmosfera tiepida,
ci accosttammo ed abbracciammo l’un l’altro da parere una
soloa massa”.
Ma per questi malcapitati le pene non finirono lì. Tutto
fu fatto per rendere impossibile la loro permanenza nelle
mura del carcere. Molti perirono ed altri ne uscirono in condizioni pietose. Così scrive Nicola Nisco di quella vicenda:
“Al Poerio sopravvenne affanno pettorale, al Castromediano
bronchite ricorrente, al Pironti spinite, a Stagliano artrite, a
Schiavone la perdita di un occhio, a diciassette rilassamento dell’anello inguinale; De Gennaro smarrì la ragione; furono emottoici Tuzzo, Serafino, Sticco: finirono per etisia
Antonio Ferraro, Alfonso Zeuli e Vincenzo Cavallo; Morirono di colera Mellucci, Cimmino, Pannunzio, Gatto e Torquato”.
Oggi visitando questo luogo eletto a monumento nazionale viene veramente voglia di apprezzare quell’Unità Nazionale che è costata l’esistenza di tanta bella gioventù, dei
loro ideali e delle loro famiglie. La visita al Carcere Borbonico di Montefusco deve suggerire a ciascuno di noi la
giouia di convivere con un così grande passato. Ma anche di
comprendere appieno l’insegnamento che trapela dall’immane silenzio che si leva da questo monumento dove per secoli è stata costretta la vita e la Libertà di tanti esseri umani.
Il monumento è utilizzato attualmente come Sede Municipale, luogo di manifestazioni ed è visitabile ogni giorno.
gresso all’attuale Sede Municipale che corrisponde anche
all’ingresso del carcere Borbonico. A venirci incontro è l’area definita “vaglio”: luogo deputato all’ora d’aria dei detenuti, dove secondo il cronista storico sac. Palmerino Savoia
“giungeva benissimo il vocio della vicina piazza, gli echi
delle feste, processioni, cortei e soprattutto l’armonioso suono delle campane della chiesa di S.Giovanni che quasi sovrasta tutto l’insieme del castello”. Sul lato sinistro c’è una
piccola e stretta scala di accesso in pietra squadrata che consente l’ingresso alla pianta superiore del monumento.
È questa una lunga corsia rettangolare divisa in camere di
diversa ampiezza e diverse condizioni. Alcune di esse, adibite a celle di segregazione, sono anguste e completamente
prive di luce. Altre, meno afflittive, pure nell’atmosfera tenebrosa del complesso, lasciavano ai prigionieri la consolazione della luce solare che debole filtrava dalle potenti inferriate. Proprio da queste l’unica nota pietosa nell’orrore
del carcere: lo stupendo scenario naturale della verde campagna e dei monti lontani. Sulle robuste imposte di legno
ancora restano incisi i nomi, date e segni della triste pena di
quegli infelici. Per accedere al vano sottostante c’è una piccola scaletta in muratura che, dopo una breve curva, immette
Calitri 1941,Vincenza Gautieri ( m’nacegghia), Lucia Inverso (a’ fr’stera) moglie a licch’ licch’, deceduta nel corso di quest’anno,Angela Zarrilli (a’ crapara).
20
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
DA CALITRI
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
Euro 5: Buscemi Natale – Russo Vincenzo – Siconolfi Anna – Cerreta Ercole – Miele Giovanni
– De Nicola Michele – Maffucci Vincenzo Nicola – Germano Michele Antonio – Russo
Giovanni, Contrada Cerone – Margotta Mario e Giarla Vincenza – Margotta Donato via
Circonvallazione 97 – Antolino Caterina – Gervasi Giovanna – Lettieri Angelica – Panelli
Peppino – Zarrilli Vito – Cerreta Lucia – Galgano Pasquale – Lucrezia Raffaele – Petito Rosa –
Galgano Vincenzo – Fierravanti Giovanni.
Euro 6: Aristico Lorenzo.
Euro 10: Ungherese Lucia – Nappo Antonio – Nannariello Rosanna – Cerreta Mariannina –
Acocella Irma – Paolantonio Paolo – Maffucci Emilia – Santoro Angiolina – Zabatta Michele –
Gautieri Canio – Calà Pasquale – Galgano Erberto – Cialeo Vincenzo – Di Cosimo Antonio –
Iannella Rodolfo – Savanella Concettina - Di Maio Giuseppe, vico Cirminiello 13 – Di Maio
Vincenzo, via Circonvallazione 69 – Cerreta Alfonso – Cestone Franchino – Basile Aniello –
Cestone Giuseppe, via Leonardo Codella 1 – Margotta Quaranta Concetta – Lucrezia
Antonio, Paludi di Pittoli – Cerreta Antonio, via Manzoni 5 – Bavosa Carmine, via
Circonvallazione 92 – Bavosa Antonio, via De Chirico 8 – Sperduto Angelomaria – Maffucci
Vincenzo, via Cerrata 2 – Zabatta Rocco – Fiordellisi Michele Antonio - Tancredi Giuseppe –
Cubelli Giovanni – Briuolo Rocco – Cubelli Vincenzo, via Cicoira 25 – De Nicola Giuseppe –
Di Maio Antonio, Contrada dei Monti – Tornillo Giuseppe Nicola – Zabatta Vito,Contrada
Gagliano – Cardinale Raffaele – Nivone Felice – Maffucci Vincenzo, via Pittoli 105 – Vallario
Canio Antonio – Zabatta Rosina vedova Galgano – Fierravanti Gaetana – Armiento Canio e
Rosa – Russo Lucia – Rauseo Angela, via F. Tedesco 98 – Leone Giuseppe – Pastore Antonio
Raffaele – Balascio Gerardo – Lettieri Enzo – Maffucci Vittorio, via A. Del Re 19 – Zabatta
Rocco, via A. Del Re 19 – Cicoira Nicola – Rabasca Vitantonio, via Sottopittoli 26 – Cestone
Leonardo, Contrada Fontana della Noce – Maffucci Giovanni – De Luca Maria – Rubino
Antonietta – Cestone Filomena, via A.De Carlo 30 – Metallo Giovanni, Paludi di Pittoli –
Scoca Vincenzo, Contrada Sambuco – Maffucci Edoardo – Pastore Agnese, Contrada
Crocepenta – Fastiggi Lucietta – Nicolais Toglia Gaetanina – Di Cairano Canio – Strollo
Salvatore, III° Vico Pittoli 26 – Zarrilli Maria Grazia – Di Cairano Gaetano – Altieri Alessandro
– De Nicola Lucia vedova Cianci – Zampaglione Donato – Zampaglione Vincenzo – Toglia
Giuseppa vedova Fastiggi, Piazza Michelangelo 10 – Caputo Vitantonio – Martiniello Michele
– Iannece Antonio – Zabatta Domenico – Bozza Vincenzo – Di Cosmo Michele – Nicolais
Canio – Stanco Giuseppe Nicola, via De Sanctis 62 – Maffucci Michele, Corso garibaldi 162
– Del Re Michele – Stanco Maria Antonia – Armiento Rocco – Gautieri Vincenzo – Lucrezia
Antonia – Polestra Vincenzo, via F. Tedesco 161 – Di Guglielmo Luigi – Mastrullo Giuseppe –
Codella Giuseppe, via Torre 11 – Ziccardi Giuseppe – Colucci Giuseppe – Nivone Antonio –
Zabatta Vincenzo, via Macello 12 – Zarrilli Antonio, via G. Verdi 31 – Nivone Salvatore – Di
Guglielmo Francesco – Metallo Giovanni – Metallo Giovanni Battista – Di Maio Maria
Francesca Vico I° Largo Croce 2 – Nivone Giuseppe – Rainone Lucia – Cerreta Giovanni –
Lucadamo Vincenzo – Fastiggi Giuseppe Via Frucci 85 – Maffucci Vittorio – Zarrilli Donato,
Corso Garibaldi 132 – Di Roma Peppino – Di Milia Vincenzo – Zarrilli Canio – Cianci
Gaetano – Armiento Marianna – Zarrilli Michele – Zarrilli Salvatore – Armiento Michelangelo
– Della Badia Pietro – Rosania Antonietta – Germano Michele, via Sottomacello 2 – Fatone
Canio – De Rosa Canio – Codella Rosa – Fasano Giovanni – Caputo Anna – Di Maio
Giovanni via Sotto Concezione – Tuozzolo Vittorio.
Euro 15: Musano Antonietta – Tuozzolo Rosa Maria e Raffaele – Zarrilli Francesco, via Verdi
35 - Nicolais Cristina – Scoca Michele, via Sottopittoli 32 – Di Milia Giovanni, via Dante 21 –
Iannolillo Giovanni – Cubelli Alessandro – Sicuranza Giovanni – Di Milia Maria – Merola
Giuseppina, via G. Tozzoli 100 – Caputo Giuseppe – Di Milia Pasquale – Bar Zabatta –
Maffucci Maria – Calabrese Minichino Lucia – De Rosa Enzo – Armiento Maria Giuseppa – Di
Maio Franco – Gervasi Lucia in Caruso – Cestone Gallucci Vincenza – Contino Vito Antonio –
Di Guglielmo Michele e Vallario Angela – Cialeo Iolanda – Lucrezia Vincenzina – Cestone
Ricciardi Gaetanina – Fastiggi Giuseppe – Cetta Rosetta – Lampariello Michele – Di Maio
Vincenzo, via Pittoli 55 – Nesta Vincenzo – Simone Pasquale, via Torre 27 – Di Milia Antonio
– Pastore Raffaele, via Sottoconcezione 21 – Galgano Michele, via Circonvallazione 34 –
Corazzelli Francesco – Panelli Armando – Melaccio Gerardo – Di Cairano Francesco e
Lamorte Gessica – Di Napoli P. Salvatore – Zabatta Salvatore, via F.lli Carola 16 – Di Napoli
Canio – Bovio Cosimo – Cerreta Michele
Euro 16: Zarrilli Vittorio e Michelina
Euro 20: Suore di Gesù Redentore – Zabatta Lucia – Delli Liuni Giulio – Russo Maria in
Cianci – Cianci Maria Antonia – Tornillo Salvatore – Cicoira Romualdo – Di Muro Leonardo –
Di Napoli Antonietta in Del Re – Cirminiello Francesco – Gautieri Cantore Vincenza – Lettieri
Canio – Russo Canio via S. Lucia – Martiniello Canio FERCAL – Codella Vito Corso Garibaldi
44 – Paolantonio Vito – Cestone Pasquale, Contrada Carcatondo – Di Roma Canio –
Ortofrutticolo Cestone Benedetto – Galgano Giovanni, via F. Tedesco 5 – Galgano Francesco,
via Ferrovia 3 – Zarrilli Giuseppe, via Sottomacello 12 – Rubino Maria Celeste – Di Cecca
Raffaele – Zampaglione Rosa – Tornillo Rosa, via Dante 26 – Capossela Mario – Petito Maria
vedova Sena – Gervasi Rosa – Metallo Fiorina – Di Carlo Michele – Maffucci Angelomaria,
Contrada Fico – Cerreta Francesco – Minichino Gerardo – Di Carlo Francesca Campana –
Sanacore Salvatore – Metallo Colomba – Cicoira Mario Angelo, via VI° Pittoli 5 – Vallario
Leonardo – Metallo Michele – Di Roma Antonio – Di Maio Michele – Cirminiello Vittorio –
Marchitto Vito – Zarrilli Salvatore – Salvante Michele – Gautieri Vito e Franca – Lettieri Angelo
– Coppola Vincenzo – Di Cecca Giovanni, Corso Garibaldi 142 – Maffucci Michele,
Contrada Fontana Della Noce 9 – Vodola Giuseppe – Pinto Orazio – Armiento Assunta –
Zabatta Vittorio – Di Carlo Antonio – Cestone Maria Antonietta, via VI° Pittoli – Di Cosmo
Michele, via A. Manzoni 9 – Altieri Alessandro – Ferrara Dora – Di Napoli Francesca – Zarrilli
Crescenzo Euro 25: N.N. – Borea Esterina – Miranda Antonio Pasquale – Zabatta Franca – Immerso
Maria, via Circonvallazione 145 – Piumelli Attilio – Polestra Maria Antonietta – Di Napoli
Canio via Angelo Cerrata 12
Euro 30: Ricciardi Vitale - Maffucci Annamaria – Maffucci Salvatore – Di Cecca
Angelomaria – Lucev Donato – Polestra Giovanni – Nigro Giuseppe – Sacino Francesco –
Stanco Michele – Russo Center Auto-Moto – Toglia Luigi
Euro 50: Armiento Vincenzo MIRA snc – Armiento Giuseppe – Foto Flash - Di Cecca
Graziella – Lina Romano in Cerreta – Caruso Salvatore – Girardi Giuseppe – Di Maio Teresa –
Lucadamo Ottavio – Maffucci Maria Giuseppina – Pontillo Gaetano
Euro 5: Russo Michele (Roma) – Briuolo Luigi (Alessandria) – Di Lisi Giuseppe (Taranto) – Grippa
Fiorello (Cesano Maderno) – Malevolti Giancarlo (Firenze) – Piccirillo Angelo (Serre) – Cianci
Francesca (Roma).
Euro 6: Cerreta Giuseppe (Cambiano).
Euro 10: Pastore Maria (Fornaci di Barga) – Cerreta Alfonso (Sesto F.no) – Ricciardi Fernando
(Conegliano) – Zabatta Canio (Lentate S.S.) – Pignataro Rosa (Contursi Terme) – Cubelli Lucia
(Bologna) – Manzoli Ascanio e Flavia (Genova) – Mollica Antonio (Novara) – Margotta Vincenzo
(Roma) – Bozza Mario (Genova) – Di Maio Antonio (Rho) – Polestra Pasqualino (Milano) – Codella
Pasqualina (Asti) – Di Napoli Alfonso (Bollate) – Cestone Canio (Roma) – Maffucci Edoardo
(Moncalieri) – Maffucci Michele (Milano) – Cianci Antonietta (Milano) – Gautieri Giuseppe
(Bologna) – Di Milia Canio (Bollate) – Di Napoli Gaetano (Latina) – De Luca Donato (Rapone) – De
Nicola Antonio (Grugliasco T.se) – Cubelli Orazio (Portici) – Vallario Giuseppina (Desio) – Zabatta
Gerardina (Torino) – Caporale Vincenzo (Carpi) – Galgano Canio (Cantù) – Vallario Francesca
(Bologna) – Di Cairano Antonio (Guidonia) – Russo Donato (Torino) – Di Cecca Canio (Rimini) –
Famiglietti Antonio (Aquilonia) – Maffucci Mario (Lari) – Don Pasquale Rosamilia (Teora) – Maffucci
Vincenzo (Roma) – Di Guglielmo Emanuela (Parma) – Gargano Oreste (Roma) – Borea Vincenzo
(Morrovalle) – Casarin Dirce in Russo (Mestre) – Cestone Canio, via dei Colli Albani – Di Napoli
Dino (Mariano C.se) – Savanella Nicola (Pontedera) – Di Maio Gaetano (Salerno) – Panelli De
Sanctis Lucia (Prato) – Milano Antonia (Torino) – Piccirillo Angelo (Serre) – Toglia Canio
(Poggibonsi) – Acocella Ada (Castelfranci) – Della Badia Mariantonia (Montaione) – Rabasca
Barbara Corcione (Caserta) – Panico Fiorentino e Teresa (Pomigliano D’Arco) – Rabasca Italo
(Avellino) – Pignone Michele (Trani) – Di Maio Anna (Quercegrossa) – Dascoli Berardino (Genova)
– Della Badia Angelina (Marano) – Cerreta Vincenzo (Carrara)
Euro 14: Metallo Rosa Borea (Scandiano)
Euro 15: Mucci Vito Michele (Sesto S. Giovanni) – Galli Alvaro Immacolata (Capoliveri) –
Palmisano Vincenzo (Ostuni) – Metallo Giuseppe (Bagnoli) - Vallario Annamaria (Staggia Senese)
– Messina Mario (Ozzano Dell’Emilia) – Lantella Salvatore (Torino) – Cestone Canio (Brescia) –
Rossi Rosa (Canino) – Di Cairano Domenico (S.Mauro T.se) – Lucrezia Raffaele (Bollate) – Codella
Michele (Roma) – Di Napoli Rosanna (Bollate) – Germano Giuseppina (Torino) – Rauseo Maria
Francesca (Bologna) – Racioppi Agostino (Castelfiorentino) – Scoca Mauro (Chieti) – Acocella
Marilena (Reggio Emilia) – Nannariello Giuseppe (Milazzo) – Codella Michele (Tirano) –
Fierravanti Angela (Melfi) – Fierravanti Nicola (Ponte Tresa) – Fierravanti Pina (Velletri) – Gautieri
Antonio (Mariano C.se) – Codella Donato (Cermenate) – Scarano Consolato (Lucrezia).
Euro 17: Scoca Giuseppe (Bologna)
Euro 20: Codella Pasqualino (Cermenate) – Tornillo Filomena (Fogliano di RE) – Nicolais
Giuseppe (Carimate) – Melaccio Vito (Giussano) – Nicolais Vincenzo (Asti) – Fastiggi Michele
(Salerno) – Cubelli Vito (Foggia) – Piccolo Giuseppe (Gugliate Fabiasco) – Margotta Di Milia
Teresa (Poggibonsi) – Sabato Cataldo (Bella) – Abate Maria Giuseppa (Varapodio) – Galgano
Vincenzo (Riccione) – Di Guglielmo Giuseppe (Cascina) – Di Napoli Teresa (Calco) – Acocella
Filippo (Gugliate F.) - Di Napoli Antonio (Rho) – Nannariello Giuseppe (Milano) – Ricigliano
Peppino (Giussano) – Del Cogliano Berardino (Salerno) – Di Napoli Teresa ved. Di Maio
(Nerviano) – Russo Lucia (Grugliasco) – Bozza Canio (Robecco sul Naviglio) – Nicolais Luigi
(Manfredonia) – Toglia Lidia (Roma) – Bifronte Giuseppe (Roma) – Mancino Pasquale (Cerignola) –
Galgano Franca (Bergamo) - Acocella Vincenzo (Bologna) – Santoro Domenico (Mariano C.se) –
Cestone Antonio (Pavia) – Scoca Donato (Roma) – Rinaldi Canio (Ponte Tresa) – Vallario Angela
(Pescopagano) – Russo Roberta (Roma) – Maffucci Giuseppina (Roma) – Maffucci Pietro (Roma) –
Farese Raffaele (Conza) - Cestone Gina (Roma) – Zarrilli Vincenza (Cadorago) – Galgano
Amedeo (Melfi) – Capozi Bruno (Roma) – Pasqualicchio Angelo (Ponzano Veneto) – Caruso
Michele (Cadorago) – Tornillo Lucia (Salerno) – Tetta Antonio (Napoli) – Conte Anna (Villaricca) –
Di Maio Franca Maria (Milano) – Della Badia Angelo (Napoli).
Euro 25: Cianci Michele (Firenze) – Gnazzo Raffaele (Sala Consilina) – Maffucci Michele
(Cassino) – Tornillo Gaetano (Roma) – Zarrilli Angela (Pavia) – Di Maio Michele (Napoli) – Metallo
Vincenzo (Roma) – Bonucchi Alfonso (Roma) – Rabasca Angelomaria (Cervinara) – Aristico
Antonio (Siena) – Buono Marcello (Avellino) – Trofa Enrico (Avellino) – Losasso Rocco (Avellino) –
Polestra Vincenzo (Bolzano) – Castagna Maria Teresa (Roma) – Cerreta Giovanna (Prato).
Euro 30: Cicoira Ettore (Napoli) – Di Maio Vito (Nova M.se) – Messina Giuseppe (Roma) –
Galgano Antonio (Poggibonsi) – Metallo Cesare (S. Giorgio a Cremano) – Cestone Mario
(Brescia) – Frucci Angelo (Roma) – Vallario Giuseppe (Firenze) – Di Maio Vito (Colle V.D’Elsa) –
Cianci Michele (Brescia) – Codella Gerardo (Brescia) – Ferrero Cicoira Gina (Roma) – Tellone
Antonio (Avellino) – Messina Giuseppe (Roma) – Di Milia Maurizio (Brescia) – Pasolini Italo
(Napoli) – Maffucci Michelina (Pisa)
Euro 40: Michielon Rodolfo (Casale sul Sile) – Stanco Salvatore (Salerno).
Euro 50: Elide Maffucci (Padova) - Tozzoli Elisa (Napoli) – Ungherese Natale (Paderno Dugnano)
– Metallo Salvatore (Paderno Dugnano) – Toglia Sergio (Napoli) – Ricciardi Michele (Napoli) –
Galgano Antonio (Milano) – Donato Maffucci (Mariano C.se) – Nappi Gaetana (Bergamasco) –
Della Valva Francesco (Bollate) – Marra Raffaele (Caserta) – Montagnani Roberto (Figline V.no)
DALL’ESTERO
BELGIO: Euro 30 Rubino Vincenzo – Euro 20 Scoca Vittorio – Euro 15 Galgano Antonio – Di
Cairano Antonio – Euro 25 Melaccio Vito
FRANCIA: Euro 25 Cestone Canio
GERMANIA: Euro 50 Zarrilli Canio - Euro 20 Nicolais Alfredo – Galgano Canio Vincenzo –
Di Carlo Vittorio – Euro 10 Della Valva Vito
SVIZZERA: Euro 20 Maffucci Canio (Banberga) – Lampariello Ettorina – Euro 15 Vallario
Pietro – Euro 5 Zarrilli Lucia
SVEZIA: Euro 20 Armiento Michelangelo
CANADA: Euro 45 Lampariello Michele – Lampariello Pietro – Euro 10 Sacino Giuseppe
U.S.A.: $ 100 Frucci Costantino – Euro 40 Frucci Bruno - $ 25 Bongo Robert e Lisabeth –
Basile Mary - Fischietti Luise e Gennaro -– Euro 20 Margotta Acocella Antonietta – Raso Margaret
– $ 10 Casimiro Mary – Lucrezia Josephine
ARGENTINA: $ 25 Angelo Buldo e Cioffari Giuseppina - $ 20 Gallucci Antonio
BRASILE: Euro 100 Di Napoli Berardino - Euro 25 Aristico Senerchia
VENEZUELA: Euro 150: Zazzarino Antonio – Euro 100 Di Napoli Vito –Euro 70 Melaccio
Vittorio – Euro 50 Di Cairano Gaetano – Euro 25 Codella Antonio – Euro 20 Maffucci
Berardino – Petito Antonio – Tuozzolo Rosetta
21
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Ciro Cerreta
19.09.1912 † 19.07.2003
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo dal 4 marzo 2003 al 26 ottobre 2003,
sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
NATI
Di Maio Giorgio di Antonio e di De Nicola Angela
Metallo Gaetano di Canio e di Di Milia Rosa
Di Cecca Angelo di Luigi e di Cestone Mariella
Tamoudi Omar di Brahim e di Mahdaoui Samira
Gautieri Cinzia di Francesco e di Frieri Antonella
Lucrezia Antonio di Angelo Canio e di Cialeo Angela
Cappiello Giovanna di Vito e di Margotta Rosa
Tamoudi Abderrahmare di Alì e di Bouchakour Amina
03.07.2003
22.07.2003
08.08.2003
23.08.2003
29.08.2003
07.10.2003
14.10.2003
15.10.2003
MATRIMONI
Di Roma Agostino e Salvo Susanna
Maffucci Canio Rosario e Fortunato Margherita
Rainone Giuseppe e Gautieri Lucia
Riviello Vito e Fastiggi Franca
Di Roma Giovanni e Karliashchuk Anastasìya
Zarrilli Vito e Tornillo Maria Rosaria
Sperduto Massimo e Maffucci Vanessa
Mastrodomenico Massimo e Buldo Patrizia
Di Milia Vincenzo e Sapio M. Pia
Zarrilli Paolo e Pentrelli Roberta
Buldo Vito e Fortunato Concetta
Pasqualicchio Giuseppe e Frara Maddalena
Sperduto Pasquale Roberto e Galgano Teresa
Lanatà Bruno e Caputo Maddalena
Di Carlo Giuseppe e D’Andrea Giuseppina
26.04.2003
21.06.2003
02.07.2003
05.07.2003
10.07.2003
19.07.2003
14.08.2003
23.08.2003
29.08.2003
30.08.2003
04.09.2003
06.09.2003
06.09.2003
27.09.2003
30.09.2003
MORTI
Marchitto Giuseppe
Cioffari Maria Francesca
Stanco Vincenzo
Nappo Raffaele
Maffucci Giovanna
Ganzi M. Giuseppa
Abate Vincenzo
Rinaldi Donato
Lampariello Michela
Pinto Antonia
Salvante Antonia Raffaella
Maffucci Giuseppe
Giorgio Nicola
Zarrilli Rosa
Cioffari Michela
De Nicola Angela
Calogero Michelina
Bozza Canio
Tuozzolo Rosetta
Acocella Incoronata
Aru Valentina
Di Luzio Domenico
Petito Antonio
Di Donato Fortunata
03.05.1918 - † 04.03.2003
14.04.1912 - † 25.03.2003
28.01.1955 - † 08.06.2003
10.10.1942 - † 08.06.2003
10.04.1917 - † 23.06.2003
22.08.1913 - † 01.07.2003
05.05.1909 - † 02.07.2003
22.07.1930 - † 05.07.2003
09.12.1921 - † 17.07.2003
11.06.1932 - † 23.07.2003
28.09.1906 - † 25.07.2003
08.02.1924 - † 04.08.2003
17.02.1925 - † 15.08.2003
04.08.1923 - † 18.08.2003
18.01.1921 - † 18.08.2003
27.08.1940 - † 07.09.2003
21.01.1927 - † 17.09.2003
03.10.1913 - † 12.09.2003
14.01.1944 - † 16.09.2003
21.01.1927 - † 17.09.2003
03.12.1936 - † 19.09.2003
01.01.1934 - † 23.09.2003
04.05.1926 - † 02.10.2003
03.07.1909 - † 26.10.2003
A PAPÀ
Negli occhi azzurri
La forza per affrontare le avventure di tutta
una vita,
Onestà, dignità
Amore per la Famiglia.
Nei Racconti,
la nostalgia del tempo Antico.
Le parole d’Amore per la tua Terra,
per la tua Gente,
per Calitri: la creta, l’Ofanto, a’ Maronna,u’
Calavarij, u’ puzz’ salit’.
Nella sofferenza,
I tempi della miseria delle genti nei primi del
’900,
l’emigrazione di quasi tutta la famiglia,
il Cimitero, riposo eterno del caro figliolo,
dei cari genitori e sorella, di tanti amici.
Nel Ricordo,
con mani abili impastavi ancora creta
e, con le dita incrostate e tinte di rosso,
affidavi
pastori, asinelli, otri
alle mani emozionate dei tuoi nipotini.
Con semplicità compivi il travaso della
Tradizione, del Ricordo:
la Storia che fummo, che siamo e che solo
così Saremo.
E quelle piccole e minuziose statuine
ammantavano ogni Natale di dolcezza.
Natale,
l’ultimo con te non più tardi di pochi mesi fa.
Ho ancora nel cuore il tuo sorriso, stanco, ma
sornione e soddisfatto.
Con il sorriso mascheravi la conoscenza che
ogni giorno,
ogni ricorrenza, era un altro Dono di Dio.
Ora che l’ultimo Natale insieme è stato
consumato,
nelle lacrime annego la rabbia di non poterti
piu
toccare, di non poterti dire il mio amore.
Ah! Il pudore, troppe volte mi ha privato
delle tue forti braccia,
delle confidenze mai veramente fatte.
Ora, forse uomo anch’io, so quanto tempo ho
sprecato.
Remo Cerreta
22
IL CALITRANO
N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003
R E Q U I E S C A N T
Antonia Raffaella
Salvante
28.09.1906 † 25.07.2003
Magnificate il Signore
con me, e insieme
esaltiamo il suo nome.
(Salmo 34)
Fortunata Di Donato
Oliveto Citra - Calitri
03.07.1909 † 26.10.2003
I giusti vivono per sempre,
la loro ricompensa è
presso il Signore.
Canio Gautieri
10.03.1934 † 07.06.2003
Salvaci o Signore
e concedici le gioie
della vita eterna.
Maria Michela Maglione
30.03.1918 † 03.10.2001
L’anima mia proteggi e
fammi salva, nè io sia
confusa, perchè in te fidai.
(Salmo 25)
P A C E
Vincenzo Stanco
28.01.1955 † 06.06.2003
La moglie Assunta,
i genitori, i parenti tutti
ne piangono la
immatura scomparsa
Nicola Milano
10.09.1929 † 22.09.2002
La tua famiglia conserva
nel cuore, sempre con
amore, il ricordo di te.
Salvatore Di Maio
01.02.1915 † 16.05.2003
Il tuo ricordo resterà vivo,
per sempre, in noi.
Giuseppe Di Cosmo
11.08.1922 † 17.09.2002
Angela, Lucia, Michele,
Giovanna, Maria,
Giuseppina, Antonio,
nipoti, nuore e generi
perchè rimanga vivo il
loro ricordo
Maria Teresa Di Cecca
23.10.1929 † 06.06.1973
Antonietta Giuliano
In Iannella
23.10.1952 † 15.11.1992
Il marito Vinicio, i figli
Giuseppina e Daniele,
le sorelle Angela e Lucia
e il fratello Salvatore la
ricordano con immutato
amore.
Emilio Zarrilli
03.04.1913 † 15.08.1985
Quelli che cercano Dio lo
loderanno e avranno vita
in eterno i loro cuori.
(Salmo 22)
Maria Flavia Zarrilli
14.11.1919 † 19.12.2001
Mariantonia Tetta
12.07.1924 † 30.10.1994
I N
Angela Tetta
08.07.1930 † 29.01.1980
23
Francesca Tetta
28.02.1926 † 01.10.1983
I figli delle sorelle Tetta,
ricordano le loro mamme a
quanti le conobbero
e le amarono.
In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze
per la riconsegna al mittente, che si impegna ad accollarsi le spese postali.
I MIEI PRIMI...ANTA da sinistra ultima fila: Michele Cerreta (benfigliuol’), Mario Maffucci (v’lat’), Leonardo Cianci (a’ paccìa), Giuseppe Ziccardi (samuel’), Giovanni Polestra (cap’rutt’), Giuseppe
Geremia Vallario (b’llin’), Canio Cestone (u’ musc’), Vito, Gerardo, Eugenio Cestone (m’calon’), Giovanni Di Carlo (cap’janch’); terza fila: Concetta Margotta (b’zzeffa), Agnese Diasparra (catald’),
Angela Metallo (u’ cuot’ch’), Franca Germano (zemmar’), Canio Lopriore (sepp’ giust’), Savino Lombardi (m’ngucc’), Pasquale Rosamilia (sant’andrian’), Luciano Cala’ (bammin’), Salvatore Caruso
(gg’lorm’), Francesco Galgano (tottacreta),Antonio Galgano (mbaccator’),Vitantonio Leone (pista pista), Michele A. Zarrilli (scatozza), Michele Di Carlo (pr’nas’); seconda fila : Maria Bavosa (b’stiuccia),
Anna Sena (catarina), Concetta Di Milia (paglier’), Lucia F. Rubino (cap’zappa), Marianna Galgano (sciascion’/ghianna), Anna Maria Vallario (salva salva), Graziella Galgano (bbosch’), Angela Cicoira
(c’c’ron’), Angela Gervasi (m’chel’fessa), Giuseppina Tuozzolo (tuozz’l’), Mariantonietta Galgano (mariasaluta); prima fila : Canio Di Guglielmo (m’ron’), Canio Caputo (m’nt’v’rdes’), Rocco Maffucci
(cuccion’), G. Gioacchino Nicolais (p’chiuochj’), Michele Galgano (ghianna), Canio Cialeo (nzacca), Pasquale Vigorito (caligrafia),Antonio Zabatta (mart’lana).
N.B.: Non compare nella foto, ma ha partecipato alla festa,Vito Cestone (tutto musica).
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IL CALITRANO N. 24