Close window to return to IVIS Enciclopedia della Nutrizione clinica del c a n e Pascale Pibot Medico Veterinario, Scientific Publishing Manager, Royal Canin Communication Group Vincent Biourge Medico Veterinario, Capo del Nutritional Research Program, Royal Canin Research Center Denise Elliott Medico Veterinario, Direttore del Scientific Communications, Royal Canin USA This book is reproduced in the IVIS website with the permission of Royal Canin. IVIS thanks Royal Canin for their support. Denise ELLIOTT BVSc (Hons), PhD, Dipl ACVIM, Dipl ACVN Hervé LEFEBVRE Reni DVM, PhD, Dipl ECVPT Nefropatia cronica: l’importanza della nutrizione 1 2 3 4 5 6 7 8 - Classificazione ed eziologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fisiopatologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conseguenze cliniche dell’uremia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Presentazione clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Valutazione diagnostica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Trattamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Trattamento nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Strategie nutrizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Domande frequenti: Insufficienza renale cronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esempi di diete fatte in casa adatte al trattamento nutrizionale della nefropatia cronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Informazioni Nutritionali Royal Canin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267 269 270 271 275 275 276 282 288 291 292 294 296 Nefropatia cronica: l’importanza della nutrizione Denise ELLIOTT BVSc (Hons) PhD Dip ACVIM, Dip ACVN Denise Elliott si è laureata presso la University of Melbourne conseguendo un Bachelor in Veterinary Science with Honors nel 1991. Dopo aver portato a termine un periodo di internato in Small Animal Medicine and Surgery presso la University of Pennsylvania, si è trasferita presso la University of California-Davis, dove ha completato un periodo di residenza in Small Animal Medicine, un fellowship in Renal Medicine and Hemodialysis, ed un periodo di residenza in Small Animal Clinical Nutrition. Ha ottenuto la board certification da parte dell’ American College of Veterinary Internal Medicine nel 1996 e dell’American College of Veterinary Nutrition nel 2001. La University of California-Davis le ha assegnato un PhD in Nutrition nel 2001 per il suo lavoro sulla Analisi dell’Impedenza Bioelettrica a Multifrequenza nei cani e nei gatti sani. Attualmente è Director of Scientific Communications della Royal Canin USA. Hervé LEFEBVRE DMV, PhD, Dip ECVPT Reni Il Dottor Hervé Lefebvre si è laureato alla Scuola Veterinaria Nazionale di Tolosa nel 1988. Dopo aver portato a termine la sua tesi di dottorato nel 1994, nel 2000 ha ottenuto il Diploma dell’European College of Veterinary Pharmacology and Toxicology. Attualmente è Professore di Fisiologia e fa parte del dipartimento citotossico della Unità di Fisiopatologia e Tossicologia della scuola Veterinaria Nazionale di Tolosa. Dal 1994, il suo principale interesse nell’ambito della ricerca è stato rappresentato dalle farmacocinetiche nelle nefropatie croniche, dalla tolleranza locale ai farmaci iniettabili e dalla valutazione della filtrazione glomerulare e della correzione dei protocolli di dosaggio nel cane. Dal 2000 sta studiando la biologia della creatinina nel cane e l’interpretazione clinica della sua concentrazione plasmatica nelle differenti razze di questa specie animale per la diagnosi precoce dell’insufficienza renale cronica canina. È autore di oltre 60 pubblicazioni ed articoli L ’insufficienza renale cronica (IRC) deriva dalla perdita irreversibile delle capacità metaboliche, endocrine ed escretorie del rene. Si tratta di un problema clinico comune che colpisce il 2-5% dei cani (Bronson, 1982; Lund et al, 1999). L’insufficienza renale cronica è considerata una delle principali cause di morte nei pazienti anziani (Figura 1). La 1997 Morris Animal Foundation Animal Health Survey condotta su 2.000 proprietari di animali da compagnia ha identificato la nefropatia come la terza principale causa di morte nel cane. L’età media alla diagnosi in questa specie animale è di 6,5 anni, con un 45% di casi oltre i 10 anni di vita (Polzin, 1989; Polzin et al 2000). L’insorgenza dell’insufficienza renale tende ad essere insidiosa, dato che la funzione dell’organo generalmente va incontro ad un declino nell’arco di mesi o anni. La sindrome uremica si manifesta quando la massa renale residua è generalmente inferiore al 25% della norma e le modificazioni compensatorie non riescono più a soddisfare le esigenze metaboliche ed escretorie dell’organismo per mantenere l’omeostasi. 268 1 - Classificazione ed eziologia FIGURA 1 - PREVALENZA DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA NEL CANE IN FUNZIONE DELL’ETA’ 12 9 6 © C. Renner % di popolazione canina colpita da IRC (Adams, 1995) 3 a 0 <1 1a2 2a4 4a7 7 a 10 10 a 15 > 15 anni © A. German Benchè sia un disordine relativamente comune nei cani anziani, l’insufficienza renale cronica può colpire animali di qualsiasi età. b TABELLA 1 - POTENZIALI CAUSE DI INSUFFICIENZA RENALE CRONICA Disordini immunologici Lupus eritematoso sistemico Glomerulonefrite Vasculite Disordini neoplastici - Primari - Metastatici Amiloidosi Agenti nefrotossici Ischemia renale Disordini infiammatori Disordini infettivi Leptospirosi Pielonefrite Calcoli renali Ostruzioni del deflusso urinario Cause ereditarie/Congenite Rene policistico Cause idiopatiche Forme familiari - Lhasa Apso - Shih Tzu - Norwegian Elkhound - Shar Pei - Dobermann - Samoiedo - Wheaten Terrier - Cocker Spaniel - Beagle - Keeshond - Bedlington Terrier - Cairn Terrier - Basenji Figura 2 - Immagini istopatologiche del parenchima renale di un Cocker Spaniel nel quale era stata diagnosticata una nefropatia familiare (a : ingrandimento 100 x) (b : ingrandimento 400 x); colorazione HE. Gli spazi di Bowman sono dilatati e vuoti; alcuni di essi contengono componenti vascolari glomerulari e depositi proteici; anche alcuni tubuli sparsi contengono materiale proteico. Si osserva una calcificazione multifocale delle capsule di Bowman, della membrana basale del tubulo e dei glomeruli. Si possono prendere in considerazione le cause congenite e familiari dell'insufficienza renale cronica sulla base della razza, dell'anamnesi famigliare e della data in cui è iniziata la nefropatia. 269 Reni L’insufficienza renale cronica è causata dalla sostituzione dei nefroni funzionali da parte di tessuto cicatriziale non funzionale e infiltrati infiammatori. L’esatta eziologia è tuttavia multifattoriale: può essere di origine congenita oppure familiare, o insorgere secondariamente ad un processo patologico acquisito che danneggia i glomeruli, i tubuli, l’interstizio o la vascolarizzazione dell’organo (Tabella 1). Tale danneggiamento esita nella distruzione dell’intero nefrone, che in ultima analisi viene rimpiazzato da tessuto cicatriziale fibroso (Figura 2). © A. German 1 - Classificazione ed eziologia 2 - Fisiopatologia 2 - Fisiopatologia La maggior parte dei nefroni del rene colpito rientra in una delle due categorie. Si tratta di nefroni non funzionanti, perché hanno subito la distruzione di una qualsiasi porzione delle loro strutture, oppure di nefroni intatti e funzionalmente normali. Le alterazioni della funzione renale insorgono come conseguenza di una riduzione del numero dei nefroni funzionanti. Man mano che tale numero diminuisce, si verificano degli adattamenti che si sviluppano secondo una sequenza regolare. Quando i nefroni sono danneggiati e resi essenzialmente non funzionali, quelli superstiti, “sani”, aumentano di dimensioni ed accrescono il proprio carico di lavoro per compensare le perdite. Ciò viene indicato come teoria dell’iperfiltrazione (Figura 3). L’ipertrofia dei nefroni e l’iperfiltrazione costituiscono un meccanismo di adattamento per compensare la riduzione del numero di queste strutture. Ciò nonostante, l’aumento cronico della pressione capillare glomerulare e/o della velocità di flusso plasmatico glomerulare danneggia l’endotelio, il mesangio e l’epitelio. La produzione di matrice mesangiale, la deposizione glomerulare di lipidi circolanti e la trombosi capillare promuovono un danno strutturale del glomerulo. Il danneggiamento tubulo-interstiziale, l’incremento dell’ammoniogenesi tubulare e la mineralizzazione dei tessuti molli contribuiscono a danneggiare i nefroni e, in ultima analisi, a portare alla loro sclerosi. La continua distruzione dei nefroni dà inizio ad un’ulteriore compensazione, promuovendo un ciclo autoperpetuantesi di adattamento e lesioni (Figura 4). Reni La progressione dell’insufficienza renale cronica è stata descritta utilizzando un’articolazione in 4 stadi che non sono nettamente demarcati, ma piuttosto rappresentano le fasi di un processo degenerativo continuo con perdita di una quota sempre maggiore di nefroni funzionanti (Tabella 2). FIGURA 3 - RUOLO CENTRALE DELL’IPERTENSIONE GLOMERULARE NELL’AVVIO E NELLA PROGRESSIONE DEL DANNO NEFRONALE FIGURA 4 - ILLUSTRAZIONE DELLE RELAZIONI FRA DANNO RENALE, PERDITA DI NEFRONI, ADATTAMENTI COMPENSATORI RENALI E PROGRESSIONE DEFINITIVA DELL’INSUFFICIENZA RENALE Riduzione cronica della massa renale funzionale Riduzione del numero e della funzione dei nefroni Vasodilatazione renale cronica Aumento della pressione e del flusso a livello glomerulare Insufficienze Danno epiteliale Iperfiltrazione Alterazioni di selettività della permeabilità Aumento del flusso proteico Danno endoteliale Danno mesangiale Rilascio di fattori vasoattivi Proliferazione Deposizione di lipidi vascolari cellulare Trombosi intracapillare Glomerulosclerosi Proteinuria L’aumento della velocità di filtrazione glomerulare del singolo nefrone è principalmente dovuto all’azione di vasocostrizione dell’angiotensina II sull’arteriola efferente, che di conseguenza innalza la pressione di filtrazione. Ciò porta ad un aumento del flusso plasmatico capillare glomerulare e ad un incremento della pressione idraulica transcapillare, per cui ciascun nefrone superstite assicura la filtrazione di una maggior quantità di plasma. 270 Sindrome uremica Segni clinici (ad es. PU/PD) Aumento della produzione di matrice Progressiva riduzione della filtrazione glomerulare Morte Perdita di massa renale funzionale e perdita della capacità di compensare Lesioni glomerulari e tubulointerstiziali Ipertrofia ed iperfiltrazione dei nefroni superstiti Le alterazioni compensatorie mantengono clinicamente stabile la malattia fino a che il danno strutturale e funzionale non supera una soglia oltre la quale si ha la progressione della funzione renale e dei segni clinici dell’uremia. Dopo che si è verificato il danneggiamento di un numero critico di nefroni, la nefropatia cronica evolve tipicamente fino ad una nefropatia in stadio terminale. 3 - Conseguenze cliniche dell’uremia TABELLA 2 - CLASSIFICAZIONE DELLA INTERNATIONAL RENAL INTEREST SOCIETY (IRIS) DEGLI STADI DELLA NEFROPATIA E DELL'INSUFFICIENZA RENALE CRONICA NEL CANE Stadi I II III IV < 125 < 1,4 125 a 180 1,4 a 2,0 181 a 440 2,1 a 5,0 > 440 > 5,0 Creatinina plasmatica µmol/l mg/dL Data l’ampia capacità di riserva del rene, prima che l’azotemia aumenti si deve essere verificata la perdita almeno del 60-70% della funzione renale normale, benché si possa avere una certa ipertrofia nefronale durante la prima fase di diminuzione della riserva renale. A questo stadio il paziente non manifesta alcun segno clinico, anche se si può notare una riduzione della capacità di concentrazione dell’urina. Nel deficit renale, si può arrivare a perdere fino al 75% dei nefroni. È presente una lieve iperazotemia, con perdita della capacità di concentrazione dell’urina, ed il paziente diviene maggiormente suscettibile agli effetti degli stress come le imponenti modificazioni dell’assunzione di fluidi, proteine ed elettroliti. Il soggetto può rimanere asintomatico se non si verifica alcuno stress metabolico che superi le capacità di compensazione dell’organismo. Le quattro fasi sono: (1) diminuzione della riserva renale, (2) deficit renale (3) insufficienza renale (4) sindrome uremica. La patogenesi della sindrome uremica è complessa e non del tutto compresa. Sono coinvolte molte sostanze tossiche e non esiste alcun singolo componente capace di spiegare la diversità delle manifestazioni uremiche. Quando la funzione renale viene ridotta, i cataboliti azotati della digestione proteica e del metabolismo (ad es., urea, creatinina, ammoniaca, molecole intermedie, guanidina e suoi derivati) si accumulano ed alcuni contribuiscono a determinare molte delle conseguenze cliniche dell’ intossicazione uremica associata all’insufficienza renale cronica (Tabella 3). Reni Nell’insufficienza renale, la perdita di nefroni può arrivare al 90%. Sono presenti iperazotemia moderata o grave, anemia, ridotta capacità di concentrazione dell’urina e compromissione della capacità di mantenere l’equilibrio elettrolitico e acido-basico. TABELLA 3 - ESEMPI DI TOSSINE IMPLICATE NELLA SINDROME UREMICA Acido ossalico Paratormone b-2 microglobulina Metilguanidina Acido guanidinosuccinico Dimetilarginina Amine Fenoli Indoli Pseudouridina 3 - Conseguenze cliniche dell’uremia Conseguenze gastroenteriche Le manifestazioni tossiche a livello gastroenterico, quali anoressia, nausea, vomito, alito fetido, stomatite, ulcere orali (Figura 5), necrosi della punta della lingua, gastrite, ulcere gastroenteriche, ematemesi, enterocolite, diarrea, intussuscezione ed ileo sono i segni clinici più comuni e pronunciati dell’ uremia. Queste lesioni e disfunzioni agiscono singolarmente oppure di concerto per indurre una patologia gastroenterica. L’eccesso di urea secreto nei succhi salivari e gastrici viene convertito dai batteri ureasiproduttori in ammoniaca, che danneggia direttamente la mucosa. Inoltre, le tossine uremiche provocano lesioni a livello di muco gastrico, mucosa, sottomucosa o vascolarizzazione dello stomaco, riducendo così la protezione offerta dalla barriera mucosa gastrica. La diminuita clearance renale della gastrina porta ad ipergastrinemia e stimolazione della produzione di acido gastrico. Figura 5 - Lesioni orali nella stomatite/gengivite uremica. © DJ Chew L’aumento della diffusione dell’acido nella parete dello stomaco induce infiammazione, ulcerazione ed emorragia, oltre a perpetuare il danno gastrico indotto dalle tossine uremiche. Il vomito, oltre che per l’effetto diretto delle tossine uremiche sulla zona chemiorecettoriale scatenante, si verifica secondariamente alla gastrite. 271 Le due principali complicazioni neurologiche dell’uremia sono l’encefalopatia uremica e la neuropatia. Col primo termine si indicano delle alterazioni diffuse ed aspecifiche della corteccia cerebrale. La gravità e la progressione dei segni neurologici sono generalmente correlati all’entità ed alla progressione dell’iperazotemia. I segni tipici sono rappresentati da progressivo declino dello stato di veglia e di coscienza, ottundimento, letargia, compromissione del sensorio, alterazioni comportamentali, confusione, stupore, tremori, atassia, crampi muscolari, affaticamento, debolezza muscolare, crisi convulsive e coma. I segni neurologici sono dovuti agli effetti delle tossine uremiche, iperparatiroidismo, ipocalcemia, ipokalemia ed ipertensione. © J-C Meauxsoone 3 - Conseguenze cliniche dell’uremia Conseguenze neuromuscolari Reni La tecnica Doppler e quella oscillometrica sono metodi molto comuni per individuare l’ipertensione. Il metodo Doppler è quello raccomandato nel gatto. Le misurazioni oscillometriche nel cane possono essere inaffidabili a causa di differenze di conformazione, obesità o presenza di un mantello spesso (Stepien, 2001). Per l’interpretazione delle misurazioni della pressione arteriosa, risulta di importanza critica l’adattamento dell’animale all’ambiente, dato che lo stress può indurre risultati errati. Si raccomanda di effettuare da 6 a 10 misurazioni. Conseguenze cardiopolmonari Le complicazioni cardiopolmonari sono rappresentate da ipertensione, miocardiopatia uremica, pericardite uremica, edema polmonare e polmonite uremica. Le anomalie dell’equilibrio idrico, elettrolitico ed acido-basico possono contribuire a determinare delle alterazioni della contrattilità e dell’eccitabilità del cuore. L’iperazotemia e l’iperidratazione svolgono un ruolo nella pericardite, nella miocardiopatia uremica e nell’edema polmonare. L’ipertensione insorge secondariamente ad una combinazione di attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, ritenzione di sodio, espansione del volume plasmatico, attivazione del sistema nervoso simpatico, riduzione dell’attività delle sostanze vasodilatatrici, aumento della gittata cardiaca, incremento della resistenza vascolare periferica totale ed iperparatiroidismo secondario. L’ipertensione sistemica è mirata principalmente su reni (glomerulosclerosi), cuore (ipertrofia del ventricolo sinistro, ischemia miocardica), occhi (distacco retinico, ifema, emorragia della retina) ed encefalo (encefalopatia da ipertensione, demenza, emorragia cerebrovascolare). Col termine di polmonite uremica si indica la formazione di edema polmonare ad elevato contenuto proteico che rappresenta presumibilmente una conseguenza del danneggiamento degli alveoli da parte delle tossine uremiche e dell’aumento della permeabilità capillare. Conseguenze oculari Le comuni manifestazioni dell’uremia in fase avanzata sono rappresentate da iniezione sclerale e congiuntivale e da patologie oculari secondarie a ipertensione sistemica. I riscontri oftalmoscopici sono rappresentati da riduzione del riflesso pupillare, edema della papilla, tortuosità delle arterie retiniche, emorragie retiniche, distacco retinico, ifema, uveite anteriore e glaucoma. Ischemia e degenerazione retinica derivano da una prolungata vasocostrizione delle arteriole della retina stessa, che costituisce un tentativo di autoregolare il flusso ematico locale a fronte di un’ipertensione cronica protratta nel tempo. Conseguenze metaboliche ed endocrine Il rene è responsabile della degradazione di molti ormoni peptidici e la perdita di questa funzione catabolica può esitare in alterazioni metaboliche causate da eccesso ormonale. Inoltre, l’alterazione del metabolismo dell’insulina può contribuire all’iperlipemia. Altre alterazioni ormonali sono rappresentate dall’incremento delle concentrazioni di gastrina, glucagone, ormone della crescita, prolattina ed ormone luteinizzante. I livelli sierici di T4 sono bassi ed è presente una compromissione della conversione di T4 in T3 (sindrome dell’eutiroideo malato). Conseguenze idriche, elettrolitiche ed acido-basiche L’acidosi metabolica è un riscontro frequente nella nefropatia e deriva principalmente dall’incapacità del rene di attuare l’escrezione degli ioni idrogeno e di rigenerare il bicarbonato. L’acidosi cronica provoca demineralizzazione ossea progressiva, perdita di calcio urinaria, ipokalemia ed aumento del catabolismo proteico della muscolatura scheletrica con esacerbazione dell’iperazotemia. L’iperfosfatemia è una delle più comuni alterazioni della regolazione dell’insufficienza renale cronica ed insorge secondariamente alla ridotta filtrazione glomerulare del fosforo. L’iperfosfatemia contribuisce a determinare l’iperparatiroidismo secondario renale (vedi oltre), a ridurre i livelli di calcitriolo e indurre calcificazione dei tessuti molli, osteodistrofia renale ed ipocalcemia. La mineralizzazione dei tessuti molli 272 3 - Conseguenze cliniche dell’uremia si sviluppa man mano che il prodotto calcio x fosforo supera il valore di 60 (concentrazioni espresse in mg/dl). I più comuni organi bersaglio sono rappresentati da mucosa gastrica, pareti bronchiali, miocardio, endocardio, interstizio renale, glomeruli, polmoni e muscoli intercostali. La mineralizzazione renale promuove l’infiammazione interstiziale, la fibrosi e la progressione dell’insufficienza dell’ organo. L’ipokalemia è un’anomalia comunemente associata all’insufficienza renale cronica. Il meccanismo è poco chiaro e comprende un’eccessiva perdita di potassio attraverso l’urina, l’inadeguata assunzione dello stesso elemento con la dieta e le diete acidificanti. L’ipokalemia provoca debolezza muscolare generalizzata e dolore che si possono presentare sotto forma di ventroflessione del collo ed andatura rigida ed innaturale. La presenza di bassi livelli ematici di potassio determina anche una compromissione della sintesi proteica, promuove la perdita di peso e il mantello scadente e contribuisce a determinare la poliuria riducendo la reattività renale all’ADH. Oltre a promuovere il danno renale accentuando l’ammoniogenesi, la deplezione cronica di potassio può in effetti compromettere la funzione dell’organo inducendo un declino funzionale reversibile della velocità di filtrazione glomerulare. Iperparatiroidismo secondario renale L’iperparatiroidismo secondario renale è una sindrome clinica caratterizzata da aumento della secrezione di paratormone (PTH). Tale secrezione viene stimolata dall’ipocalcemia e dalla diminuzione delle concentrazioni plasmatiche di calcitriolo. L’ipocalcemia è un’azione di massa (per cui il prodotto calcio x fosforo rimane costante) conseguente alla ritenzione renale di fosfato. SUL Reni La produzione di calcitriolo è regolata a livello dell’enzima 1-a-idrossilasi nel rene. Il fosfato in eccesso e la perdita della massa renale funzionale esitano in una diminuzione dell’attività 1-a-idrossilasica e riducono la conversione della 25-diidrovitamina D3 a 1,25-diidrovitamina D3 (calcitriolo). La carenza di quest’ultimo provoca un calo dell’assorbimento intestinale del calcio, diminuisce il rilascio di calcio e fosforo dall’osso, riduce il riassorbimento renale di calcio e fosforo e aumenta la sintesi ed il rilascio di PTH (Figura 6A e 6B). FIGURA 6A - INFLUENZA DEL PTH METABOLISMO DEL CALCIO E DEL FOSFORO Reni Paratiroide Rilascio di calcio e fosforo Riassorbimento del calcio Riassorbimento del fosforo Secrezione di PTH Assorbimento di calcio e fosforo Attivazione Inibizione Calcitriolo Piccolo intestino Questo schema evidenzia il ruolo della carenza di calcitriolo (dovuta principalmente all’inibizione del fosforo nella sintesi del calcitriolo e alla perdita della massa funzionale renale) nell’avviare e perpetuare la presenza di livelli eccessivi di paratormone (PTH). 273 3 - Conseguenze cliniche dell’uremia FIGURA 6B - MECCANISMI DI SVILUPPO DELL’IPERPARATIROIDISMO SECONDARIO RENALE NELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA Insufficienza renale cronica Ritenzione di fosforo riduzione della produzione di calcitriolo Iperfosfatemia Iperparatiroidismo secondario renale L’aumento del PTH può ripristinare le concentrazioni di calcitriolo e calcio in circolo negli stadi iniziali dell’insufficienza renale, quando restano ancora abbastanza cellule dei tubuli prossimali per la sintesi del calcitriolo. Numero di cellule tubulari Ipocalcemia Secrezione di PTH Reni Inizialmente, l’aumentata concentrazione di PTH attiva l’enzima 1-a-idrossilasi residuo con un incremento compensatorio delle concentrazioni di calcitriolo. Tuttavia, con la progressione della malattia, la stimolazione della 1-a-idrossilasi diviene inefficace e le concentrazioni di calcitriolo restano basse. Le complicazioni dell’iperparatiroidismo secondario renale sono rappresentate da osteodistrofia, calcificazione dei tessuti molli, decalcificazione scheletrica, lesioni ossee cistiche, dolore osseo e ritardo della crescita. Nella maggior parte dei casi, l’osteodistrofia si riscontra in pazienti immaturi e si riconosce come una demineralizzazione delle ossa. I denti diventano mobili e la mandibola può venire piegata o ritorta senza che si fratturi (cosiddetta rubber jaw, mandibola di gomma). Secondariamente alla proliferazione del tessuto connettivo, si può avere una distorsione facciale. Il PTH è stato anche implicato come tossina uremica e può contribuire alla progressione dell’insufficienza renale. Conseguenze ematologiche © J-C Meauxsoone La più comune anomalia in caso di uremia è l’anemia non rigenerativa normocitica e normocromica. La patogenesi è multifattoriale e comprende un’inadeguata produzione di eritropoietina da parte dei reni colpiti, la riduzione della vita media degli eritrociti, le carenze nutrizionali, l’inibizione dell’eritropoiesi indotta dalle tossine uremiche e la perdita di sangue con conseguente carenza di ferro. L’anemia contribuisce a determinare i segni clinici di letargia ed inappetenza. Nell’uremia si ha una compromissione della funzione dei neutrofili e dell’immunità cellulomediata, che predispone il paziente anemico alle infezioni. Le cause specifiche dell’immunocompromissione associata all’insufficienza renale non sono state del tutto comprese, ma è possibile che siano coinvolte malnutrizione, tossine uremiche, PTH e concentrazioni di vitamina D. Conseguenze sull’emostasi Lo stato di idratazione viene valutato mediante esame clinico, misurazione dell’ematocrito e proteine plasmatiche totali. 274 L’uremia è caratterizzata da un’emostasi anormale che si manifesta sotto forma di petecchie, ecchimosi, lividi, sanguinamenti dai margini gengivali o nei siti di puntura venosa, epistassi ed emorragie gastroenteriche. La principale anomalia dell’emostasi è un difetto qualitativo della funzione piastrinica, che si manifesta con un prolungamento del tempo di sanguinamento (che permette di valutare in modo indiretto la contrattilità vascolare, il numero delle piastrine, la loro funzione e quella del complesso del fattore VIII). 4 - Presentazione clinica 4 - Presentazione clinica L’insorgenza e lo spettro degli eventi clinici e patologici che si verificano nei pazienti con insufficienza renale cronica varia in funzione della natura, della gravità, della durata e della velocità di progressione della nefropatia, oltre che della presenza o assenza di una malattia coesistente. I riscontri anamnestici sono rappresentati da anoressia, depressione, debolezza, letargia, perdita di peso, alitosi, nausea, vomito, diarrea, melena, poliuria e polidipsia. Nel corso dell’esame clinico si possono notare pallore delle mucose, disidratazione, ipotermia, stomatite, ulcere orali, mantello secco ed opaco e condizione corporea scadente. La palpazione addominale rivela reni piccoli e irregolari. Sulla base dei dati relativi a razza, anamnesi familiare ed età di insorgenza della nefropatia (Tabella 1), si devono sospettare cause congenite e familiari di insufficienza renale cronica. Alcuni pazienti vengono portati alla visita presentando poliuria e polidipsia come unico segno anamnestico, mentre in altri casi si può riconoscere un’isostenuria rilevata nel corso di uno screening di laboratorio effettuato nell’ambito di un controllo geriatrico di routine o in previsione di un’anestesia. TABELLA 4 - RISCONTRI DI LABORATORIO NELL'INSUFFICIENZA RENALE CRONICA 5 - Valutazione diagnostica • Iperazotemia • Peso specifico urinario anormale • Iperfosfatemia • Anemia non rigenerativa (normocromica, normocitica) • Ipokalemia • Ipocalcemia (talvolta ipercalcemia) • Iperamilasemia • Iperlipasemia Per pianificare la terapia conservativa appropriata è indicata una valutazione iniziale approfondita che comprenda esame emocromocitometrico completo, profilo biochimico, analisi dell’urina, urocoltura e misurazione della pressione sanguigna. Le radiografie e/o ecografie addominali completano gli iniziali dati di laboratorio. Iperazotemia Per identificare l’iperazotemia è necessario riconoscere una serie di condizioni: l’iperazotemia prerenale, l’iperazotemia prerenale complicante l’insufficienza renale cronica, l’insufficienza renale acuta, l’insufficienza renale acuta complicante l’insufficienza renale cronica, l’iperazotemia postrenale, e l’iperazotemia postrenale complicante l’insufficienza renale cronica da nefropatia in stadio terminale cronica e non complicata. Ognuna di queste disparate condizioni iperazotemiche può apparire molto simile alle altre dal punto di vista clinico, ma per formulare un piano terapeutico e stabilire una prognosi è necessaria una rapida identificazione (Figura 7). Reni I riscontri di laboratorio compatibili con l’insufficienza renale sono rappresentati da iperazotemia (aumento dei livelli di azoto ureico e creatinina), iperfosfatemia, acidosi metabolica lieve o grave, iper- o ipokalemia, ipo- o ipercalcemia, anemia, iperlipemia, tendenze emorragiche, isostenuria, proteinuria ed ipertensione (Tabella 4). Questi segni biologici non sono necessariamente presenti FIGURA 7 - CONSEGUENZE DELLA NEFROPATIA in un singolo cane. E DELLA SUA PROGRESSIONE VERSO LA SINDROME UREMICA (Grauer & Allen, 1981) % di perdita della funzione renale 100% Stadio terminale 75% Insufficienza renale iniziale 67% Deficit renale Valore sconosciuto ? Funzione renale normale Funzione escretoria Incapacità di concentrare in modo appropriato l’urina normale normale Stadio I ridotta, ma senza iperazotemia comparsa di iperazotemia uremia Difetto permanente della Non può più concentrare capacità di concentrazione correttamente l’urina dell’urina Stadio II Stadio III Stadio IV Stadi dell’IRC La diagnosi dell’insufficienza renale cronica è relativamente agevole. Tuttavia, è più difficile identificare la nefropatia in fase iniziale prima dello sviluppo dei segni clinici o delle anomalie di laboratorio. 275 5 - Valutazione diagnostica Proteinuria I cani con insufficienza renale cronica possono presentare proteinuria oppure no. Le strisce reattive per lo screening della proteinuria nei campioni di urina rilevano principalmente le albumine (limite inferiore di rilevamento pari a circa 50 mg/l) e non le globuline. Si possono avere risultati falsi positivi se i campioni sono molto alcalini o contaminati da composti di ammonio quaternario. © J-C Meauxsoone Una proteinuria di 2+ rappresenta una perdita di proteine più sostanziale se l’urina è diluita (PS 1.010) rispetto a quando è 4 volte più concentrata (PS 1.040) (Figura 8). Lo stesso principio sta alla base dell’impiego del rapporto proteine : creatinina nell’urina (UPCR, urine protein:creatinine ratio) per valutare la gravità della proteinuria. I risultati semiquantitativi dei test mediante strisce reattive devono essere confrontati anche con la concentrazione dell’urina. Una proteinuria grave e protratta (tipicamente pari a 3+ o 4+) è fortemente indicativa di un danno glomerulare, ma solo se è possibile escludere la presenza di ematuria ed infiammazione urogenitale in base all’assenza di eritrociti e leucociti nel sedimento urinario. Se si sospetta una perdita di proteine glomerulari, la proteinuria va confermata utilizzando il test turbidimetrico semiquantitativo dell’acido solfosalicilico, che è abbastanza semplice da poter essere effettuato in un laboratorio di livello ambulatoriale, oppure la quantificazione delle proteine urinarie attraverso un metodo più preciso in un laboratorio esterno. Non tutte le proteinurie sono patologiche e queste ultime possono prendere origine anche da lesioni non FIGURA 8 - INTERPRETAZIONE DELLA PROTEINURIA renali, per cui è consigliabile procedere con cautela prima di attribuire SULLA BASE DELLA DENSITA’ URINARIA una proteinuria ad una nefropatia. Reni Microalbuminuria 2 © J-C Meauxsoone 1 È stato suggerito che la microalbuminuria (concentrazione di albumina nell’urina < 1 mg/dl) rappresenti un indicatore precoce di malattia renale. Tuttavia, recenti studi hanno suggerito che il 56% dei cani microalbuminurici è colpito da una malattia sistemica infiammatoria, infettiva o neoplastica. Quindi, la specificità della microalbuminuria per la diagnosi della nefropatia precoce non è ancora del tutto compresa. Velocità di filtrazione glomerulare Campione 1 2 PS 1,040 1,010 Proteinuria ++ ++ Conclusione incerto significativo Se il peso specifico dell’urina è basso, la proteinuria è più significativa. Il miglior indicatore della funzione renale è la velocità di filtrazione glomerulare. Questa viene valutata calcolando la clearance di un soluto da parte del rene. La clearance urinaria dell’inulina viene considerata lo standard aureo come metodo di riferimento per la misurazione della velocità di filtrazione glomerulare. Sfortunatamente, questa tecnica risulta molto laboriosa e viene utilizzata preferibilmente in ambito di ricerca. Il test di clearance della creatinina esogena plasmatica (PECCT, plasma exogenous creatinine clearance test) richiede una singola iniezione di creatinina ed il prelievo di campioni di plasma a tempi prestabiliti per determinare la clearance della creatinina (Figura 9). Il test è stato validato nel cane e rappresenta un utile mezzo da impiegare in ambito clinico per la valutazione della funzione renale (Watson & al, 2002). 6 - Trattamento La terapia medica di sostegno adattata alle esigenze del singolo soggetto è stata il caposaldo del trattamento dell’insufficienza renale cronica per decenni. Gli scopi della terapia medica sono: (1) ridurre il carico di lavoro del rene (2) alleviare i segni clinici e le conseguenze biologiche delle intossicazioni uremiche (3) ridurre al minimo i disturbi degli equilibri idrici, elettrolitici, vitaminici, minerali ed acido-basici (4) rallentare la progressione della malattia. 276 Anche se la relazione fra livelli sierici e la clearance della creatinina non è lineare, l’evoluzione della clearance stessa può essere stimata attraverso le modificazioni dei livelli sierici della creatinina misurati in condizioni standardizzate per gli stadi 1 e 2 dell’insufficienza renale cronica. Anemia P P = Concentrazione plasmatica La clearance (Cl) riflette la quantità di sostanza (X) eliminata per unità di tempo (t) in relazione alla concentrazione plasmatica (P) Cl = dX/dt P La clearance plasmatica viene determinata mediante Cl = Dose Area sotto la curva Area sotto la curva Reni Tempo © Lenfant Molti pazienti con insufficienza renale sono particolarmente sensibili agli effetti collaterali di tipo gastroenterico dei farmaci prescritti. Il clinico deve anche tenere conto dei potenziali effetti indesiderati della prescrizione di più farmaci e le interazioni fra i vari principi attivi. Inoltre, molti agenti vanno incontro ad escrezione renale ed è necessario modificarne i dosaggi per tenere conto del ritardo della clearance e del prolungamento dell’emivita del farmaco. L’ideale è effettuare le correzioni del dosaggio in funzione delle modificazioni della clearance del farmaco che possono essere stimate attraverso la misurazione di quella della creatinina. La dose del farmaco viene poi corretta secondo la percentuale di riduzione della clearance della creatinina (cioè il rapporto fra la clearance della creatinina del paziente e quella normale). Ad esempio, se la dose normale è di 10 mg/kg ogni 8 ore, e la clearance della creatinina è il 25% di quella normale, il dosaggio deve essere mutato passando a 2,5 mg/kg ogni 8 ore o 10 mg/kg ogni 32 ore. Ai fini della collaborazione da parte del proprietario, la riduzione del dosaggio viene spesso accettata meglio del prolungamento dell’intervallo fra le somministrazioni (anche se può essere necessario per specifici farmaci, come gli antibiotici che dipendono dalla concentrazione). Il protocollo di dosaggio deve essere corretto per i farmaci che vengono escreti principalmente (> 80%) in forma immutata da parte del rene e per quelli che non sono totalmente escreti dal rene stesso ed hanno un indice terapeutico basso. Ad es.: - Gentamicina: escrezione renale ed indice terapeutico basso; prescrizione non consigliata, ma talvolta necessaria in caso di infezioni multiresistenti. - Carboplatino: agente antineoplastico con un indice terapeutico molto basso ed escrezione renale. FIGURA 9 - PRINCIPIO CLEARANCE PLASMATICA Plasma Concentrazione plasmatica L’insufficienza renale cronica è progressiva e dinamica e, quindi, per il successo della terapia è indispensabile effettuare una serie di valutazioni cliniche e di laboratorio del paziente e modificare la terapia in risposta alle variazioni delle condizioni del soggetto. Nella Tabella 5 sono elencati alcuni agenti terapeutici utilizzati per il trattamento dell’insufficienza renale cronica. DELLA 6 - Trattamento Non ci si deve attendere che la terapia faccia necessariamente regredire o elimini le lesioni renali responsabili dell’insufficienza renale cronica; tuttavia, quando quest’ultima progredisce a causa di una malattia in evoluzione (pielonefrite, ostruzione urinaria cronica, nefrolitiasi, linfoma renale, alcune malattie immunomediate), la rapida identificazione e l’appropriato trattamento del disordine possono arrestare o rallentare l’avanzare della nefropatia. Le raccomandazioni relative alla terapia dietetica ed agli altri componenti del trattamento medico conservativo devono essere stabilite individualmente in funzione delle necessità dei singoli pazienti, sulla base dei riscontri clinici e di laboratorio. Il trattamento dell’anemia comprende la somministrazione di androgeni, la trasfusione di sangue o la terapia sostitutiva con eritropoietina umana ricombinante. Inoltre, si deve fare tutto il possibile per ridurre al minimo la perdita ematica derivante da punture venose, ulcere gastroenteriche, parassiti gastroenterici e sanguinamento uremico. La terapia con androgeni non è particolarmente efficace per aumentare l’ematocrito, anche se sono stati segnalati miglioramenti della massa corporea magra e dell’ atteggiamento (Cowan et al, 1997). Le trasfusioni di sangue correggono temporaneamente l’anemia e sono utili quando è necessario porre rapidamente rimedio alla scarsità di eritrociti prima di effettuare un’anestesia o un intervento chirurgico. Le trasfusioni ripetute sono state utilizzare per sostenere l’anemia da insufficienza renale cronica, ma non sono raccomandate perché incrementano il rischio di reazioni trasfusionali. 277 6 - Trattamento TABELLA 5 - AGENTI TERAPEUTICI UTILIZZATI NEL TRATTAMENTO DELL'INSUFFICIENZA RENALE CRONICA* Complicazioni uremiche Dosaggio convenzionale Clorexidina (soluzione allo 0,1-0,2%) Cimetidina† Ranitidina† Famotidina† Omeprazolo Sucralfato† Misoprostolo Metoclopramide† Clorpromazina Acepromazina Cisapride Risciacqui orali ogni 6-8 ore 5-10 mg/kg PO, IM, IV ogni 6-8 ore 0,5-2,0 mg/kg PO, IV ogni 8-12 ore 0,5-1,0 mg/kg PO, IM, IV ogni12-24 ore 0,5-1,0 mg/kg PO ogni 24 ore 0,5-1 g PO ogni 6-8 ore 1-5 mg/kg PO ogni 6-12 ore 0,1-0,5 mg/kg PO, IM, SC ogni 6-8 ore 0,2-0,5 mg/kg PO, IM, SC ogni 6-8 ore 0,01-0,05 mg/kg PO IM, SC ogni 8-12 ore 0,1-0,5 mg/kg PO ogni 8-12 ore Eritropoietina Solfato ferroso Stanozololo 100 U/kg SC 1-3 volte alla settimana 100-300 mg/die PO 1-4 mg PO ogni 4 ore Acidosi metabolica Bicarbonato di sodio Citrato di potassio 8-12 mg/kg PO ogni 8-12 ore 40-60 mg/kg PO ogni 8-12 ore Ipokalemia Gluconato di potassio Citrato di potassio 0,5 mEq/kg PO ogni 12-24 ore 40-60 mg/kg PO ogni 8-12 ore Idrossido/carbonato/ossido di alluminio Acetato di calcio Carbonato di calcio 30-90 mg/kg PO ogni 12-24 ore 60-90 mg/kg PO ogni 12-24 ore 90-150 mg/kg PO ogni 12-24 ore Osteodistrofia renale Calcitriolo 1,5-6,0 ng/kg PO ogni 24 ore Ipertensione Amlodipina Benazepril Enalapril Imidapril Ramipril Propranololo 0,05-0,3 mg/kg PO ogni 12-24 ore 0,25-0,50 mg/kg PO ogni 24 ore 0,5 mg/kg PO ogni 12-24 ore 0,25 mg/kg PO ogni 24 ore 0,125-0,250 mg/kg PO ogni 24 ore 0,1-1 mg/kg PO ogni 8-12 ore Gastroenteriche Reni Anemia Iperfosfatemia Si raccomanda di iniziare il trattamento con antipertensivi alla dose più bassa e aumentarla gradualmente Proteinuria Inibitori dell'enzima angiotensina-convertente (Benazepril, Enalapril, Imidapril e Ramipril) Protocollo: vedi Ipertensione * La maggior parte di questi farmaci non è stata approvata per l'impiego nel cane. † Agente sottoposto ad escrezione renale, il cui dosaggio deve essere corretto di conseguenza per prevenire fenomeni di tossicità. 278 6 - Trattamento Si ottiene facilmente un’eritropoiesi efficace con la somministrazione di eritropoietina umana ricombinante (Cowgill et al, 1995; 1998). Entro la prima settimana di terapia si può osservare una risposta dose-dipendente dell’ematocrito, la cui normalizzazione però generalmente richiede da 2 a 8 settimane di trattamento. La terapia con eritropoietina viene iniziata con 100 U/kg per via sottocutanea 3 volte alla settimana, con un monitoraggio settimanale dell’ematocrito. Una volta che quest’ultimo sia arrivato al 35-40%, l’intervallo fra le somministrazioni viene ridotto a due volte alla settimana. È necessario identificare attraverso il monitoraggio dell’ematocrito la dose/frequenza più bassa che consente di mantenere questo parametro entro i limiti normali. Gli effetti collaterali della terapia con eritropoietina sono rappresentati da policitemia, vomito, crisi convulsive, dolore in corrispondenza del punto di iniezione, febbre ed ipertensione. Prima di instaurare un trattamento con eritropoietina umana ricombinante è necessario effettuare una valutazione del rapporto rischio : beneficio. La terapia con eritropoietina viene generalmente raccomandata quando l’ematocrito è inferiore al 25%. A questo stadio, i vantaggi del miglioramento dello status clinico legati all’aumento dell’appetito, del peso corporeo, del livello energetico e della socievolezza sembrano superare il rischio della formazione di anticorpi. L’insufficienza renale cronica è generalmente accompagnata da carenza di ferro secondaria a perdita ematica gastroenterica. È possibile valutare lo status del ferro mediante determinazione dei livelli sierici del ferro stesso, della transferrina, della ferritina o della capacità totale di legare il ferro (TIBC, total iron binding capacity). Si raccomanda l’integrazione con solfato di ferro per os (100-300 mg/die), in particolare nei pazienti che iniziano la terapia sostitutiva con eritropoietina. Si possono utilizzare iniezioni intramuscolari di ferrodestrani, tuttavia il rischio di sovraccarico di ferro è aumentato. Gli effetti collaterali della sideroterapia sono rappresentati da disturbi gastroenterici (diarrea). Reni Alcuni cani sviluppano anticorpi anti-eritropoietina che neutralizzano efficacemente l’eritropoietina endogena ed esogena. Questi pazienti vengono identificati sulla base di un’anemia refrattaria o che insorge a settimane o mesi di distanza dall’instaurazione della terapia. La diagnosi richiede l’eliminazione di altre cause di anemia e la valutazione dei rapporti mieloide : eritroide a livello di midollo osseo (M:E > 10). Il trattamento comporta la cessazione della terapia con eritropoietina ricombinante. Dopo l’interruzione delle somministrazioni, le concentrazioni anticorpali declinano e si arriva ai livelli pretrattamento di eritropoietina endogena ed ematocrito. Fino a che quest’ultimo non si stabilizza, possono essere necessarie le trasfusioni di sangue. La futura disponibilità di eritropoietina canina ricombinante permetterà di eliminare lo sviluppo di anticorpi nei confronti di quella umana (Randolph et al, 2004). Per normalizzare l’ematocrito durante la terapia sostitutiva con eritropoietina sono generalmente necessarie da 2 a 8 settimane. Acidosi La somministrazione di agenti alcalinizzanti (citrato di potassio, bicarbonato di sodio, carbonato di calcio) va iniziata quando il valore di TCO2 o la concentrazione di bicarbonato è inferiore a 18 mmol/l. La terapia alcalinizzante migliora i segni clinici di anoressia, letargia, nausea, vomito, debolezza muscolare e perdita di peso, oltre a prevenire gli effetti catabolici dell’acidosi metabolica sul metabolismo delle proteine. Il bicarbonato di sodio è l’agente alcalinizzante più comunemente utilizzato; tuttavia, contribuisce a determinare il carico di sodio del paziente e può essere necessario evitarlo nei soggetti con ipertensione o insufficienza cardiaca. Il carbonato di calcio va impiegato con cautela nei soggetti iperfosfatemici perché l’aumento del calcio nella dieta può scatenare una mineralizzazione dei tessuti molli. Il citrato di potassio ha il vantaggio aggiuntivo di apportare potassio, il che può essere vantaggioso nei pazienti che presentano sia ipokalemia che acidosi metabolica. La dose dell’agente alcalinizzante deve essere stabilita individualmente per ciascun paziente e richiede il monitoraggio di routine dello status acido-basico. Equilibrio idrico La polidipsia compensatoria bilancia l’eccessiva perdita idrica associata alla poliuria, tuttavia alcuni pazienti non riescono a consumare una quantità di acqua sufficiente a prevenire la deplezione volumetrica. In questi casi, è necessario effettuare con cautela un’integrazione idrica per prevenire la disidratazione e la relativa deplezione vascolare. Si possono somministrare per via sottocutanea dei fluidi di mantenimento (ad es., Plasmalyte 56, Plasmalyte M, Normosol M). La somministrazione cronica di soluzione di Ringer lattato o di cloruro di sodio è causa di ipernatremia dovuta al mancato apporto di 279 6 - Trattamento una quota sufficiente di acqua libera. Al contrario, il destrosio al 5% in acqua è ipotonico e non va impiegato per via sottocutanea. Ipokalemia L’integrazione con potassio è indicata quando i livelli sierici di questo elemento sono inferiori a 4 mmol/l e si può effettuare mediante somministrazione per via orale di potassio gluconato o citrato. La debolezza muscolare si risolve tipicamente entro 5 giorni dall’instaurazione della terapia. Gli effetti collaterali sono rappresentati da irritazione gastroenterica, ulcerazione, nausea e vomito. Il dosaggio del potassio va corretto monitorando i suoi livelli sierici e la risposta all’integrazione. Terapia antipertensiva La terapia antipertensiva è indicata in seguito alla dimostrazione ripetibile dell’esistenza di una ipertensione sistemica. La diagnosi clinica di ipertensione non va mai formulata sulla base di una singola misurazione della pressione sanguigna. Reni L’IRIS (http://www.iris-kidney.com/) ritiene che un animale con insufficienza renale cronica sia iperteso quando la sua pressione sanguigna sistolica è superiore a 180 mm Hg. L’animale viene considerato iperteso anche se tale pressione sistolica risulta compresa fra 150 e 179 mm Hg in associazione con alcuni segni extrarenali di ipertensione (ad es., retinopatia, ipertrofia del ventricolo sinistro). Altrimenti, il caso viene definito “ai limiti” (borderline) e si raccomanda di ripetere la valutazione della pressione sanguigna entro due mesi. Lo scopo della terapia con antipertensivi è quello di diminuire la pressione sanguigna portandola entro i limiti normali. La scelta iniziale dell’agente antipertensivo deve essere guidata dalla presenza o assenza di segni clinici di ipertensione; in altre parole, il riscontro di segni di distacco retinico ed emorragia impone un approccio terapeutico più aggressivo per diminuire la pressione sistemica e ripristinare la visione entro un tempo opportuno. Per modificare e guidare una selezione progressiva di farmaci antipertensivi saranno necessarie ripetute determinazioni della pressione sanguigna. Rapporto proteine : creatinina nell’urina I farmaci antipertensivi sono rappresentati da diuretici, antagonisti adrenergici (propranololo), ACEinibitori, calcio-bloccanti (amlodipina) e vasodilatatori. La scelta dell’agente terapeutico appropriato va effettuata sulla base di un adeguato controllo dell’ipertensione, del costo e degli effetti collaterali. Il trattamento più comunemente raccomandato si basa su un’associazione fra ACE-inibitori ed amlodipina. Con i soli ACE-inibitori, la pressione sanguigna può venire diminuita di 30 mm Hg. FIGURA 10 - PROTEINE: CREATININA NELL’URINA IN CANI TRATTATI La pressione sanguigna deve essere ricontrollata entro due settiCON PLACEBO O ENALAPRIL VALORE MEDIO DEL RAPPORTO mane dopo l’instaurazione della terapia. Se non si è avuta alcuna (Grauer et al, 2000) risposta, bisogna prendere in considerazione: (1) l’aumento del dosaggio del farmaco in uso 40 % 9 prima dell’inizio del (2) il passaggio ad una classe di farmaci differenti 8 trattamento (3) l’aggiunta di un altro farmaco al protocollo terapeutico 7 dopo 6 mesi di trattamento 6 5 57 % 4 3 2 1 0 Placebo Enalapril Nei cani trattati con placebo la proteinuria è aumentata, mentre in quelli che assumevano l’enalapril è diminuita. 280 È necessario un monitoraggio a lungo termine della pressione sanguigna, perché può darsi che si debbano effettuare frequenti correzioni del dosaggio ed alcuni pazienti diventano refrattari alla terapia iniziale, il che impone una modificazione del trattamento. Gli ACE-inibitori sono stati utilizzati in cani normotesi con glomerulopatia. L’enalapril si è dimostrato in grado di ridurre significativamente la proteinuria e migliorare i segni clinici nei cani con glomerulonefrite ad insorgenza spontanea (Figura 10) (Grauer & al, 2000). La proteinuria non è soltanto un segno biologico di danno renale, ma anche un fattore aggravante dell’insufficienza renale cronica. La sua riduzione è quindi uno degli scopi della terapia. Solo gli ACEinibitori sono dotati di un effetto antiproteinurico dimostrabile nel cane. Questi farmaci possono anche rallentare la progressione dell’insufficienza renale cronica (Lefebre & Toutain, 2004). 6 - Trattamento Iperfosfatemia Ridurre al minimo l’iperfosfatemia limita l’iperparatiroidismo secondario renale, l’osteodistrofia renale, la calcificazione dei tessuti molli e la progressione dell’insufficienza renale. La restrizione dell’assunzione con la dieta e della somministrazione per via orale di agenti capaci di legare il fosforo a livello intestinale (Tabella 6) consente di normalizzare i livelli sierici dei fosfati. I composti che legano il fosforo nell’ intestino si combinano con i fosfati contenuti nella dieta e nelle secrezioni digestive per formare complessi insolubili che vengono escreti con le feci. Per garantire la massima efficacia devono essere miscelati al cibo prima che questo venga offerto all’animale. TABELLA 6 - RIASSUNTO DELLA CLASSIFICAZIONE DEI LEGANTI DEL FOSFORO Prodotti contenenti alluminio: - idrossido di alluminio - carbonato di alluminio - ossido di alluminio L'impiego prolungato dei prodotti che contengono alluminio può predisporre alla relativa tossicità (anche se non è stata segnalata nel cane). Prodotti a base di calcio: - acetato - carbonato - citrato* Polimero usato nell'uomo come legante dei fosfati a livello intestinale. Non viene assorbito e non predispone all'ipercalcemia. Ciò nonostante, non ci sono dati relativi al suo impiego nel cane. Reni Sevelamer I prodotti a base di calcio possono favorire l'ipercalcemia ed essere controindicati nei cani con concentrazioni sieriche superiori ai limiti di riferimento. * Il citrato di calcio aumenta l'assorbimento dell'alluminio nell'intestino e non va usato in associazione con i leganti dei fosfati che contengono questo elemento. Terapia sostitutiva con calcitriolo La terapia sostitutiva con calcitriolo può limitare l’iperparatiroidismo secondario renale. Tuttavia, l’integrazione deve continuare per tutta la vita dell’animale (Nagode et al, 1996). La terapia impone una misurazione seriale dei livelli sierici di calcio e fosforo per evitare l’ipercalcemia e la mineralizzazione dei tessuti molli. Il rischio di ipercalcemia viene innalzato dalla concomitante somministrazione di leganti del fosforo intestinali a base di calcio. Il calcitriolo non va somministrato con i pasti perché accentua l’assorbimento intestinale di calcio e fosfati. Inoltre, prima di iniziare la terapia i livelli sierici del fosforo devono essere entro i limiti normali per ridurre al minimo il rischio di calcificazione dei tessuti molli. La concentrazione sierica di PTH deve tornare alla normalità o quasi entro 1-2 settimane dall’inizio del trattamento. Una recente indagine (Gerber et al, 2003) ha indicato che nella maggior parte dei cani con insufficienza renale le concentrazioni di calcitriolo erano all’interno dei valori di riferimento. Questi risultati suggeriscono che in questi pazienti non sia necessario ricorrere alla terapia sostitutiva con calcitriolo. Disordini gastroenterici Per sopprimere i centri del vomito a livello centrale si possono utilizzare antiemetici come la metoclopramide o i derivati fenotiazinici. Per prevenire l’ulcerazione gastroenterica si possono impiegare i farmaci che bloccano i recettori istaminici (cimetidina, ranitidina, famotidina) o la pompa protonica (omeprazolo) in associazione con protettori gastroenterici come il sucralfato o il misoprostolo. 281 7 - Trattamento nutrizionale 7 - Trattamento nutrizionale La terapia dietetica è rimasta il caposaldo del trattamento dell’insufficienza renale cronica per decenni. Gli scopi della modificazione della dieta sono (1) soddisfare i fabbisogni di principi nutritivi e di energia del paziente, (2) alleviare i segni clinici e le conseguenze dell’intossicazione uremica, (3) minimizzare i disturbi degli equilibri idrici, elettrolitici, vitaminici, minerali ed acido-basici e (4) rallentare la progressione dell’insufficienza renale (Figura 11). FIGURA 11 - IL TRATTAMENTO DIETETICO DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA: 4 SCOPI PRINCIPALI 2. Mantenere una velocità di filtrazione glomerulare adeguata 1. Prevenire l’anoressia e la perdita di peso Attuare il trattamento nutrizionale dell’insufficienza renale cronica Reni 3. Prevenire lo sviluppo dell’iperparatiroidismo secondario 4. Limitare la produzione di tossine uremiche Energia È necessario apportare energia sufficiente a prevenire il catabolismo endogeno delle proteine che esita in malnutrizione ed esacerbazione dell’iperazotemia. Benché i fabbisogni energetici dei cani con insufficienza renale cronica siano sconosciuti, si presume che siano simili a quelli dei cani sani. Agli animali di questa specie si devono somministrare 132 kcal per peso vivo in (kg)0,75 al giorno. La determinazione dei fabbisogni calorici può variare anche del 25%. Di conseguenza, l’assunzione di energia deve essere stabilita su base individuale in funzione delle esigenze del paziente facendo riferimento a determinazioni seriali del peso corporeo e del punteggio di condizione corporea. Carboidrati e grassi costituiscono le fonti non proteiche di energia presenti nella dieta. Le formulazioni studiate per il trattamento dell’ insufficienza renale cronica sono tipicamente realizzate con un elevato contenuto di grassi perché questi apportano circa il doppio dell’energia per grammo rispetto ai carboidrati. Di conseguenza, i grassi aumentano la densità energetica della dieta che permette al paziente di riuscire a coprire i propri fabbisogni nutrizionali impiegando un volume di cibo minore. La riduzione del volume di cibo minimizza la distensione gastrica, il che riduce le probabilità che compaiano nausea e vomito. Proteine Iperazotemia ed uremia sono dovute all’accumulo di metaboliti proteici derivati da eccessivo contenuto di proteine nella dieta e degradazione di proteine endogene. L’elevata assunzione proteica determina l’esacerbazione dell’iperazotemia e della morbilità dell’insufficienza renale cronica (Polzin et al, 1983), mentre la malnutrizione proteica è fortemente correlata a morbilità e mortalità. I presupposti teorici su cui si basa la formulazione di una dieta che contenga una ridotta quantità di proteine di elevata qualità si fondano sulla premessa che la riduzione controllata di aminoacidi non essenziali esiti in un calo della produzione di cataboliti azotati con conseguente miglioramento o eliminazione dei segni clinici, anche se la funzione renale resta essenzialmente immutata. In effetti, gli studi condotti hanno dimostrato che modificare l’assunzione di proteine con la dieta può ridurre il livello dell’azotemia ed apportare dei benefici clinici ai cani con insufficienza renale cronica (Polzin et al, 1983; Finco et al, 1985; Polzin & Osborne, 1988; Polzin et al, 1983; Leibetseder & Neufeld, 1991; Jacob et al, 2002). Le diete sottoposte a modificazione dei livelli proteici moderano anche l’entità della poliuria e 282 7 - Trattamento nutrizionale polidipsia perché si ha una riduzione dell’apporto dei soluti che giungono ai reni sotto forma di cataboliti azotati. Si può anche avere un calo dell’entità dell’anemia, dato che i cataboliti azotati sono ritenuti coinvolti nei processi di emolisi, accorciamento della sopravvivenza degli eritrociti, perdita ematica attraverso le ulcere gastroenteriche e compromissione della funzione piastrinica. È stato dimostrato che la restrizione delle proteine rallenta la velocità di progressione della nefropatia nel ratto e nell’uomo. È meno certo se la restrizione proteica alteri la progressione dell’insufficienza renale nel cane (Finco et al, 1985; 1992a; 1992b; 1994; 1999; Robertson et al, 1986; Polzin et al, 1988). La maggior parte delle indagini è stata condotta utilizzando il modello del rene residuo, che non riflette necessariamente la malattia ad insorgenza spontanea. Inoltre, alcuni degli studi sono stati confusi da alterazioni nell’assunzione di energia e/o fosfati in aggiunta alla restrizione delle proteine. Brown et al. hanno riferito che la restrizione proteica non alleviava l’ipertensione glomerulare, l’ipertrofia, l’iperfiltrazione o la progressione nei cani con insufficienza renale indotta (Brown & al, 1990; 1991a). Benché sia stato chiaramente dimostrato che la moderazione proteica migliora lo status clinico del paziente uremico, è meno chiaro quale effetto abbia la moderazione proteica sulla progressione della nefropatia. Lo scopo della restrizione delle proteine nella dieta è quello di ridurre il più possibile l’urea plasmatica evitando al tempo stesso la malnutrizione proteica. Anche se non è una delle principali tossine uremiche, l’urea è considerata un indicatore di tutti i cataboliti azotati, per cui si presume che le terapie studiate per ridurre la concentrazione dell’urea diminuiscano anche quella delle altre tossine uremiche e siano solitamente correlate ad un miglioramento clinico (Leibetseder & Neufeld, 1991; Hansen et al, 1992; Jacob et al, 2002). La concentrazione dell’urea può essere influenzata dall’assunzione di proteine con la dieta, disidratazione, catabolismo, sanguinamento gastroenterico, sepsi e somministrazione di farmaci (glucocorticoidi, tetracicline). La maggior parte degli animali da compagnia presenta segni clinici minimi quando l’urea è inferiore a 28 mmol/l o 1,7 g/l (azotemia < 80 mg/dl) (Tabella 7). Azotemia* (mg/dl) Urea plasmatica (mmol/l) Urea plasmatica (g/l) 10 20 30 40 50 60 80 100 120 140 3,6 7,1 10,7 14,2 17,8 21,4 28,5 35,6 42,7 65,1 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1,7 2,1 2,5 3,9 Reni TABELLA 7 - TABELLA DI CONVERSIONE FRA AZOTEMIA ED UREA PLASMATICA * L'azotemia (BUN; blood urea nitrogen) viene ampiamente utilizzata negli USA, mentre in Europa si impiega generalmente l'urea. BUN x 0,356 = urea plasmatica (mmol/l) e 1 mmol di urea = 60 mg di urea. I fabbisogni minimi di proteine nella dieta per i cani con insufficienza renale cronica non sono noti, ma si presume che siano simili a quelli dei cani normali, cioè 1,33 g/kg/die (2,62 g/kg PV0,75 o 20g/1000kcal EM secondo il NRC 2006, in corso di stampa). Tuttavia, una limitazione di questa entità è necessaria soltanto negli animali con un’insufficienza renale pronunciata, mentre i cani con una funzione renale maggiore possono essere alimentati con prescrizioni meno restrittive. Tutti i pazienti che risultano sintomatici per un’insufficienza renale cronica dovrebbero trarre vantaggio da una dieta a ridotto tenore proteico. La maggior parte delle diete secche per pazienti nefropatici contiene dal 12 al 18% di proteine, cioè 30-45 g/1000 kcal). Le proteine della dieta devono essere modulate in modo da ridurre al minimo gli eccessi dell’azotemia ed al tempo stesso evitare una loro restrizione esagerata perché esiste il rischio di malnutrizione proteica. Se si riscontrano segni riferibili a quest’ultima condizione (ipoalbuminemia, anemia, perdita di peso o di massa di tessuto corporeo), il tenore proteico della dieta deve essere gradualmente aumentato fino a che queste anomalie non vengono corrette. Nella formulazione delle diete a ridotto tenore proteico si devono utilizzare fonti di elevata qualità, per ridurre al minimo il rischio di carenza di aminoacidi essenziali. La collaborazione da parte del proprietario può essere controllata calcolando il rapporto azotemia : creatinina (entrambe espresse in mg/dl). In una dieta normale questo valore deve essere intorno a 25, mentre in una a ridotto tenore proteico è prossimo a 10. Un rapporto azotemia : creatinina superiore a 30 di solito è associato a sanguinamento gastroenterico, disidratazione o sepsi. 283 7 - Trattamento nutrizionale Vitamine, minerali ed elettroliti > Fosforo La ritenzione dei fosfati e l’iperfosfatemia si verificano nelle fasi iniziali del decorso della nefropatia e svolgono un ruolo primario nella genesi e nella progressione di iperparatiroidismo secondario renale, osteodistrofia renale, carenza relativa o assoluta di 1,25-diidrossivitamina D e calcificazione dei tessuti molli. Riducendo al minimo l’iperfosfatemia, è possibile prevenire l’iperparatiroidismo secondario e le sue sequele. Inoltre, è stato dimostrato che la restrizione del fosforo nella dieta rallenta la proFIGURA 12- INFLUENZA DELLA RESTRIZIONE DEL FOSFORO NELLA DIETA SULLA gressione dell’insufficienza renale nel cane (Brown SPERANZA DI VITA IN CANI CON INSUFFICIENZA RENALE CRONICA et al, 1991b). (Finco et al, 1992a) In uno studio su cani con riduzione indotta chirurgicamente della funzionalità renale, gli animali alimentati con una dieta a basso tenore di fosforo (0,44 % sulla S.S.) presentavano una sopravvivenza del 75%, contro un valore del 33% in quelli che consumavano una dieta ricca di fosforo (1,44 sulla S.S.) (Finco et al, 1991b). Inoltre, nel gruppo ad elevata assunzione di fosforo la funzione renale si è deteriorata più rapidamente (Figura 12). 100 % di cani sopravvissuti 80 60 40 Reni 20 0 T 0 4 8 12 16 20 24 mesi Il meccanismo con cui la restrizione dei fosfati rallenta la progressione della nefropatia non è del tutto compreso. Può essere correlato ad una riduzione della ritenzione di fosfati, un calo della mineralizzazione dei tessuti molli o una prevenzione dell’ iperparatiroidismo secondario. 0,4% fosforo (n = 12) 1,4 % fosforo (n = 12) Dopo 2 anni, il 75% dei cani alimentati con la dieta a basso tenore di fosforo era ancora vivo, mentre solo il 33% dei soggetti del gruppo che consumava una dieta ricca di questo elemento era sopravvissuto. Lo scopo della terapia è quello di normalizzare la concentrazione sierica del fosforo. Questo risultato si può ottenere limitando l’assunzione dei fosfati con la dieta. Se non si riesce a raggiungere una normofosfatemia entro 2-4 settimane dall’attivazione di una dieta caratterizzata da restrizione del fosforo, si devono aggiungere al piano terapeutico i leganti dei fosfati a livello intestinale. Questi agenti devono essere somministrati con la dieta. > Calcio Nell’insufficienza renale cronica, il calcio della dieta è meno importante dei fosfati e si possono osservare ipo -, normo- o ipercalcemia. È stato raccomandato che il prodotto totale di calcio x fosforo (espresso in mg/dl) non sia superiore a 60. Ciò può promuovere ulteriormente la calcificazione dei tessuti molli e portare ad una progressione del danno renale. Ad esempio, se la concentrazione del calcio è di 12 mg/dl e quella dei fosfati è di 8 mg/dl, il prodotto calcio x fosfati è di 12 x 8 = 96, che supera 60. Di conseguenza, l’integrazione con calcio deve essere stabilita su base individuale e corretta in funzione della risposta in termini di calcemia totale. > Sodio Nei cani con insufficienza renale cronica è comune l’ipertensione (Jacob et al, 2003). Inoltre, quest’ ultima è stata implicata come uno dei fattori che contribuiscono alla progressione dell’insufficienza renale. Rispetto a quelli che presentavano una pressione sistolica normale, i cani con nefropatia cronica ad insorgenza spontanea e con pressione sistolica superiore a 180 mm Hg avevano maggiori probabilità di sviluppare una crisi uremica e venire a morte (Jacob et al, 2003). Inoltre, il rischio di sviluppo di crisi uremica e di morte aumentava significativamente al crescere della pressione sistolica. 284 Quando si prescrive un ACE-inibitore a un cane alimentato con una dieta povera di sodio, si raccomanda di controllare la pressione arteriosa e la funzione renale durante i primi giorni di trattamento. 7 - Trattamento nutrizionale È stata raccomandata la restrizione del sodio per alleviare l’ipertensione associata all’incapacità dei reni di attuare l’escrezione di questo elemento. Tuttavia, modificare l’assunzione di sodio da 0,5 a 3,25 g Na/1000 kcal non ha influito sullo sviluppo dell’ipertensione o sulla velocità di filtrazione glomerulare in cani con riduzione renale chirurgicamente indotta (Greco et al, 1994a; 1994b). Quindi, le concentrazioni ideali di sodio nella dieta in cani con insufficienza renale cronica non sono ancora state chiaramente definite. Le attuali raccomandazioni sono di utilizzare diete con livelli di sodio normali o sottoposti a lieve restrizione. La capacità di correggere rapidamente l’escrezione del sodio in risposta alle modificazioni dell’assunzione viene gravemente compromessa man mano che l’insufficienza renale progredisce. Se l’assunzione del sodio viene rapidamente ridotta, possono insorgere disidratazione e contrazione volumetrica con il potenziale rischio di scatenare una crisi renale. Quindi, si raccomanda di passare gradualmente dalla precedente dieta dell’animale a quella a ridotto tenore di sale. > Potassio La carenza di potassio è stata identificata in alcuni cani con insufficienza renale cronica. Bisogna quindi monitorare lo status di questo elemento e correggerne di conseguenza l’assunzione mediante somministrazione per via orale di potassio gluconato su base individuale. > Vitamine Reni Poiché le vitamine idrosolubili vengono escrete attraverso l’urina, la poliuria associata all’insufficienza renale cronica può portare ad una loro carenza. Queste perdite possono essere una delle cause che contribuiscono a determinare l’anoressia, per correggere o prevenire la quale può essere utile ripianare le perdite. Le diete disponibili in commercio per il trattamento dell’insufficienza renale contengono quantità aggiuntive di vitamine idrosolubili e non necessitano di ulteriori integrazioni. L’escrezione renale della vitamina A risulta ridotta nei pazienti umani con insufficienza renale cronica. Uno studio recente ha riferito che i cani con nefropatia ad insorgenza spontanea presentavano concentrazioni plasmatiche di retinolo più elevate di quelli sani (Raila et al, 2003). Quindi, sembra prudente evitare gli integratori contenenti vitamina A. Equilibrio acido-basico I reni svolgono un ruolo centrale nel mantenimento dell’equilibrio acido-basico. Man mano che la funzione renale declina, la capacità di attuare l’escrezione renale di ioni idrogeno e riassorbire ioni bicarbonato viene ridotta e insorge un’acidosi metabolica. Quest’ultima aumenta l’ammoniogenesi renale, che induce infiammazione tubulare e lesioni dovute ad attivazione del complemento, contribuendo alla progressione dell’insufficienza renale. Inoltre, l’acidosi metabolica aumenta il catabolismo e la degradazione delle proteine della muscolatura scheletrica, distrugge il metabolismo intracellulare e promuove la dissoluzione della componente minerale dell’osso esacerbando l’iperazotemia, la perdita di massa corporea magra e l’osteodistrofia renale. La restrizione delle proteine nella dieta esita nel consumo di ridotte quantità di precursori acidi di derivazione proteica, tuttavia può essere necessaria l’integrazione con agenti alcalinizzanti aggiuntivi come il bicarbonato di sodio, il carbonato di calcio o il citrato di potassio. Acidi grassi omega-3 e 6 Gli acidi grassi a lunga catena v-3 (EPA-DHA) competono con l’acido arachidonico ed alterano la produzione di eicosanoidi, trombossani e leucotrieni (Bauer et al, 1999). Gli studi sul rene residuo nel cane hanno riferito che l’integrazione con acidi grassi v-3 a lunga catena (olio di pesce Menhaden) riduce l’infiammazione, abbassa la pressione arteriosa sistemica, altera le concentrazioni plasmatiche dei lipidi e preserva la funzione renale (Figura 13) (Brown et al, 1996; 1998a; 1998b; 2000). L’efficacia degli acidi grassi v-3 a catena più corta, come quelli presenti nell’olio di semi di lino, non è ancora nota. 285 7 - Trattamento nutrizionale FIGURA 13 - INFLUENZA DELL’ASSUNZIONE DI DIFFERENTI ACIDI GRASSI DELLA DIETA NELL’ARCO DI 20 MESI SULLA VELOCITA’ DI FILTRAZIONE (Brown et al, 1996) 1,6 DFG (ml/min/kg peso corporeo) 1,4 1,2 1 0,8 0,6 0,4 0,2 0 Olio di pesce (acidi grassi polinsaturi omega 3) Sego (acidi grassi saturi) Olio di cartamo (acidi grassi polinsaturi omega-6) Reni In confronto ad una dieta costituita principalmente da acidi grassi omega-6, una dieta con un elevato contenuto di olio di pesce sembra migliorare la velocità di filtrazione glomerulare a lungo termine ed al tempo stesso minimizzare lo sviluppo della glomerulosclerosi. Gli acidi grassi omega-6 (olio di cartamo) sembrano essere dannosi nei cani con nefropatia ad insorgenza spontanea, determinando un aumento acuto della velocità di filtrazione glomerulare (Bauer et al 1997). Alcune diete disponibili in commercio hanno un rapporto omega-6 : omega-3 corretto, tuttavia, piuttosto che focalizzarsi sui rapporti, sarebbe più appropriato tenere conto delle concentrazioni assolute degli specifici acidi grassi omega-3. Alcuni studi non sono ancora stati pubblicati. Fibra La fibra fermentescibile è una recente aggiunta al trattamento nutrizionale dell’insufficienza renale cronica. Si ipotizza che costituisca una fonte di carboidrati per i batteri gastroenterici che, di conseguenza, utilizzano l’urea del sangue come fonte di azoto per la crescita. L’aumento della massa cellulare batterica provoca un incremento dell’escrezione fecale di azoto ed è stato suggerito che diminuisca l’azotemia e riduca la necessità di ricorrere alla restrizione proteica. Tuttavia, la principale preoccupazione riguardo a questo concetto è che, a differenza dell’azoto ureico, le classiche tossine uremiche (molecole intermedie) sono troppo grandi per dimensioni molecolari per attraversare facilmente le barriere di membrana. Di conseguenza, è altamente improbabile che queste sostanze tossiche vengano ridotte dall’utilizzazione dell’ammoniaca da parte dei batteri. Inoltre, non sono ancora stati pubblicati studi che documentino queste modificazioni. Di conseguenza, al momento attuale non è possibile raccomandare l’applicazione diffusa della fibra fermentescibile come trappola per azoto. Tuttavia, anche la nefropatia moderata altera la motilità duodenodigiunale e, nel cane, diminuisce il tempo di transito nel colon (Lefebvre et al, 2001). Quindi, la fibra alimentare può essere utile per migliorare la salute e la motilità gastroenteriche. 286 8 - Trattamento nutrizionale Antiossidanti Si ritiene che il danno ossidativo endogeno a carico di proteine, lipidi e DNA svolga un ruolo importante nella progressione della nefropatia nell’uomo (Locatelli et al, 2003; Cochrane et al, 2003). I principi nutritivi come la vitamina E, la vitamina C, la taurina, i carotenoidi ed i flavanoli sono efficaci antiossidanti che intrappolano le varie specie di radicali liberi. È stato dimostrato che i pazienti umani con nefropatia cronica presentano concentrazioni più basse di vitamina E e vitamina C e concentrazioni elevate dei marcatori della perossidazione lipidica (Jackson et al, 1995). Questi studi suggeriscono che i pazienti umani con nefropatia cronica sono colpiti da stress ossidativo. Le indagini condotte nei ratti hanno suggerito che l’integrazione con vitamina E possa modulare il danno tubulointerstiziale e la glomerulosclerosi, ipotizzando che questa vitamina possa rallentare la progressione del danno renale (Hahn et al, 1998; 1999). Uno studio in bambini con glomerulosclerosi segmentale focale ha riferito che l’integrazione con vitamina E diminuiva la proteinuria (Tahzib et al, 1999). Non è stato condotta alcuna indagine per valutare lo stress ossidativo o lo status antiossidante nei cani con nefropatia. I flavanoli, una sottoclasse dei flavonoidi, sono antiossidanti polifenolici che si trovano in una varietà di vegetali (Figura 14). L’epigallocatechina gallato è riconosciuto come uno dei flavanoli più attivi nella protezione contro l’ossidazione (Figura 15). All’interno dei vegetali, questi composti sono potenti antiossidanti che proteggono l’integrità della membrana cellulare e del materiale genetico. Inoltre, i flavanoli chelano gli ioni metallici come il ferro ed il rame, il che può contribuire a determinare la loro attività antiossidante impedendo che i metalli di transizione redox-attivi catalizzino la formazione di radicali liberi. Inoltre, i flavanoli sembrano anche modulare i sistemi enzimatici antiossidanti Reni FIGURA 14 MOLECOLA DELLA CATECHINA La struttura di base dei flavanoli è costituita da due anelli aromatici connessi con tre atomi di carbonio per formare un anello eterociclico a sei componenti. FIGURA 15 - I FLAVANOLI ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA DEI POLIFENOLI Polifenoli Flavonoidi Flavonoli Flavanoli Non-Flavonoidi Flavanoni Antociani Monomeri : catechina, epicatechina, epigallocatechina gallato Oligomeri : procianidina Polimeri : tannini I vegetali che possiedono elevate concentrazioni di flavanoli sono rappresentati da cacao, uva e tè verde. 287 8 - Strategie nutrizionali È stato riferito che i flavanoli sono utili nella nefropatia. Questi composti stimolano la produzione di ossido nitrico, che determina il rilasciamento del sistema vascolare. La somministrazione giornaliera dei flavanoli ai ratti è stata associata ad una significativa riduzione sia della pressione sistolica che di quella diastolica (Jouad et al, 2001). I flavanoli sembrano ridurre la pressione capillare glomerulare nei ratti con insufficienza renale cronica mediante: 1) stimolazione della produzione di ossido nitrico 2) rilasciamento delle fibre muscolari lisce 3) inibizione dell’enzima angiotensina convertente. 8 - Strategie nutrizionali La terapia dietetica è efficace per migliorare i segni clinici dell’uremia soltanto se viene somministrata in modo appropriato. I pazienti con insufficienza renale cronica presentano spesso una riduzione dell’appetito. Inoltre, nell’uomo è stata riferita un’alterazione del senso del gusto e dell’olfatto. Questi fattori possono essere aggravati dall’handicap della ridotta assunzione con la dieta dovuta ad una diminuzione dell’appetibilità delle formulazioni realizzate con proteine modificate per i cani con insufficienza renale cronica. Tuttavia, non è l’appetibilità delle diete di per sé, ma l’effetto dell’uremia sul senso del gusto e dell’olfatto e lo sviluppo dell’avversione nei confronti del cibo che contribuiscono a determinare l’inappetenza. Da questo punto di vista, non è consigliabile instaurare delle modificazioni della dieta quando i pazienti sono ospedalizzati, dato che esiste un elevato rischio che sviluppino un’avversione alimentare. Piuttosto, la somministrazione delle diete di supporto renale deve essere iniziata quando l’animale si trova in condizioni stabili nell’ambiente della propria casa. Reni La ridotta assunzione di cibo porta a malnutrizione e consunzione, che contribuiscono a determinare molti aspetti dell’uremia, come la compromissione della funzione immunitaria, la ritardata guarigione delle ferite, il calo della forza e del vigore e l’aumento della morbilità e mortalità. In effetti, la malnutrizione è stata implicata come uno dei fattori che influenzano l’esito finale nei pazienti umani con insufficienza renale. Quindi, prevenirla assicurando un’adeguata assunzione dei principi nutritivi è di importanza cruciale per il trattamento dell’insufficienza renale. Si deve ricorrere al supporto nutrizionale mediante sonde da alimentazione enterale quando viene documentata una perdita del 10-15% del peso vivo in associazione con un declino del punteggio di condizione corporea ed un’anamnesi di scarsa assunzione di cibo. Le sonde da alimentazione enterale hanno anche il vantaggio che consentono di evitare la necessità di ricorrere alla fluidoterapia per via sottocutanea e facilitano la somministrazione dei farmaci da assumere per os. (Per maggiori dettagli sulle sonde da alimentazione enterale, si rimanda al Capitolo 14: nutrizione del paziente in condizioni critiche) Studi clinici sull’influenza della dieta sull’insufficienza renale cronica ad insorgenza spontanea Gli effetti del consumo di diete con un basso tenore di fosforo e una moderata restrizione proteica sono stati studiati in cani con insufficienza renale cronica lieve o moderata (Leibetseder & Neufeld, 1991). A 32 animali di questa specie con insufficienza renale cronica in fase iniziale è stata offerta una dieta commerciale a basso tenore di fosforo e medio contenuto proteico per 28 giorni, mentre altri 28 cani sono stati alimentati con una dieta fatta in casa per simulare la dieta commerciale. Durante il decorso dello studio, 14 cani sono stati soppressi eutanasicamente a causa della progressione dell’insufficienza renale. Entro 4 settimane di alimentazione, sia con la dieta commerciale che con quella fatta in casa, i valori dell’azotemia e della fosforemia si erano quasi normalizzati. Entrambe le diete sono risultate appetibili, il peso corporeo e le concentrazioni sieriche di albumina sono rimaste stabili e la condizione fisica del cane è stata considerata migliore. I risultati di questo studio suggeriscono che i cani con insufficienza renale cronica lieve o moderata traggono vantaggio da un trattamento precoce con una dieta sottoposta a restrizione di fosfati e proteine. 288 8 - Strategie nutrizionali L’effetto di una dieta con contenuto proteico modificato e povera di fosfati sull’esito finale nei cani con insufficienza renale cronica ad insorgenza spontanea stabile è stato descritto recentemente (Jacob et al, 2002). I cani con insufficienza renale cronica lieve o moderata che sono stati alimentati con una dieta per soggetti nefropatici hanno presentato una riduzione del 70% del rischio relativo di sviluppo di una crisi uremica, sono rimasti esenti da segni di uremia per un periodo di tempo quasi 2,5 volte più lungo ed hanno fatto riscontrare una sopravvivenza mediana che era 3,5 volte maggiore di quella dei cani con insufficienza renale cronica che consumavano una dieta di mantenimento. Dal punto di vista pratico, per migliorare La funzione renale è declinata più lentamente l’assunzione del cibo è possibile impiegare nei cani che consumavano la dieta per nefroalimenti con odore intenso, riscaldandoli prima patici. La causa primaria di morte nei cani alidi offrirli agli animali, e stimolare il consumo mentati con la dieta di mantenimento era cormediante un rinforzo positivo con carezze relata alla patologia renale. e complimenti. Monitoraggio Quando sono presenti ulcere orali, l’applicazione locale di xilocaina in gel circa 10 minuti prima del pasto può ridurre il dolore associato all’assunzione di cibo. Reni Per il benessere e il successo a lungo termine del trattamento dei soggetti con insufficienza renale cronica è di importanza cruciale il regolare monitoraggio, volto a garantire che il trattamento dietetico e medico resti ottimale per le necessità del paziente. La frequente valutazione dell’animale può anche migliorare la collaborazione da parte del proprietario. Questi pazienti devono essere riesaminati entro due settimane dall’inizio della terapia e poi 3-4 volte all’anno. Le visite di controllo devono sempre essere effettuate due settimane dopo una modificazione della terapia o della dieta. I trattamenti con eritropoietina ed antipertensivi inizialmente necessitano di una valutazione settimanale fino a che non si raggiunge l’appropriato dosaggio di mantenimento. Si può effettuare un impiego oculato di stimolatori dell’appetito come i derivati benzodiazepinici o gli antagonisti serotoninici, tuttavia in questi casi spesso è più efficace una terapia maggiormente aggressiva come il ricorso all’alimentazione mediante sonde da esofagostomia o gastrotomia (Elliott et al, 2000). È indicata una valutazione completa mediante indagine anamnestica, esame clinico, peso corporeo, punteggio di condizione corporea ed esami di laboratorio che comprendano esame emocromocitometrico completo, profilo biochimico, analisi dell’urina, urocoltura e valutazione della pressione sanguigna. L’urocoltura deve diventare una componente di routine delle indagini di follow-up, dato che i pazienti con insufficienza renale cronica sono predisposti all’infezione del tratto urinario, che spesso è clinicamente “silente”. È necessario stilare un elenco completo di tutti i farmaci che il cliente sta somministrando al momento all’animale e dei relativi dosaggi, per verificare il rispetto delle prescrizioni. Inoltre, alcuni proprietari tendono ad automodificare i trattamenti o, semplicemente, a lasciarsi confondere da istruzioni precedenti. Si deve anche effettuare una valutazione completa dell’anamnesi dietetica, che comprenda il tipo di dieta (secca oppure umida), la quantità consumata quotidianamente (la quota ingerita è più importante di quella offerta), il metodo di alimentazione e tutti gli eventuali bocconcini, snack ed integratori. Questa informazione è di valore inestimabile per il monitoraggio della risposta alla terapia dietetica. Esito previsto e prognosi L’insufficienza renale cronica è una malattia progressiva che in definitiva conduce alla morte. Lo scopo della terapia medica e nutrizionale è quello di assicurare la massima qualità della vita al paziente, per il maggior periodo di tempo possibile. Il successo dipende dal fatto che il proprietario accetti la situazione e sia disposto a collaborare e dall’adozione di un approccio medico coordinato. 289 Conclusioni Benché la terapia sia stata opportunamente modulata in funzione delle condizioni del paziente, l’insufficienza renale cronica è tipicamente dinamica e progressiva ed infine conduce ad un’insufficienza renale in stadio terminale. Per determinare la prognosi risultano utili la gravità dei segni clinici e delle complicazioni uremiche e la probabilità di migliorare la funzione renale (eliminando i contributi prerenali, controllando le infezioni, ecc…). La gravità della funzione renale e della prognosi a lungo termine viene determinata preferibilmente sulla base della concentrazione sierica di creatinina. La prognosi e l’esito risultano pesantemente influenzati dalla risposta alla terapia medica conservativa e dalla velocità di progressione della disfunzione renale. La terapia dietetica e quella medica convenzionale generalmente diventano mal accettate o inefficaci nello stadio IV dell’insufficienza renale cronica secondo la definizione dell’IRIS (quando la creatinina plasmatica supera il valore di 5 mg/dl o 400 Ìmol/l). A questo punto i proprietari vengono frustrati dalla cattiva qualità della vita dei loro animali e spesso l’esito finale è l’eutanasia. Le uniche opzioni valide in alternativa sono allora il trapianto renale o l’emodialisi intermittente cronica (2 o 3 volte alla settimana). Conclusioni Reni L’insufficienza renale cronica è la sindrome clinica che deriva dalla perdita irreversibile delle capacità metaboliche, endocrine ed escretorie del rene. La condizione è al terzo posto fra le principali cause di morte in questa specie animale. La nutrizione è stata il caposaldo del trattamento per decenni. Gli scopi della modificazione della dieta sono quelli di soddisfare i fabbisogni di principi nutritivi e di energia del paziente, alleviare i segni clinici e le conseguenze dell’uremia, minimizzare i disturbi dell’equilibrio idrico, elettrolitico, vitaminico, minerale ed acido-basico e rallentare la progressione dell’insufficienza renale. Per il benessere ed il successo a lungo termine del trattamento dei pazienti con insufficienza renale cronica risulta di importanza cruciale un regolare monitoraggio volto a garantire che la dieta e la terapia medica restino ottimali per le esigenze del paziente. DEFINIZIONI Iperazotemia: Aumento delle concentrazioni dell’azoto ureico e/o della creatinina e degli altri cataboliti azotati nel sangue. Iperazotemia renale: Indica un’iperazotemia causata da lesioni del parenchima renale. Nefropatia: Implica la presenza di lesioni renali, ma non ne qualifica l’eziologia, la gravità e la distribuzione. Insufficienza renale: Stato di ridotta funzione renale che permette l’esistenza di anomalie persistenti (iperazotemia, incapacità di concentrare l’urina). Deficit renale: Inizia quando va perduta la riserva renale. Gli animali si presentano apparentemente normali, ma hanno subito una riduzione della capacità di compensare gli stress come le infezioni o la disidratazione. Riserva renale: La percentuale di nefroni non necessari al mantenimento della normale funzione dell’organo. La riserva renale è generalmente superiore al 50%. Sindrome uremica: Costellazione di segni clinici quali anemia, gastroenterite ed acidosi che si riscontrano nello stadio definitivo dell’insufficienza renale. 290 D R Posso aggiungere brodo e sughi di carne alla dieta per migliorarne l’appetibilità? No, non raccomandiamo di aggiungere alcuna integrazione alla dieta. Questa operazione può squilibrare le caratteristiche chiave che stiamo cercando di controllare con la modificazione dell’ alimentazione. Per il mio animale con nefropatia sono meglio gli alimenti secchi o quelli umidi? Per la maggior parte degli animali con nefropatia, non ha importanza il consumo di alimenti secchi oppure umidi, a condizione che entrambi siano formulati in modo da favorire il trattamento della malattia. Per alcuni soggetti che non bevono acqua in quantità adeguata a mantenere l’idratazione, gli alimenti umidi possono servire a favorire l’ingestione di liquidi. Quando devo iniziare ad alimentare l’animale con una dieta per nefropatici? Le diete per animali nefropatici devono essere utilizzate subito dopo la formulazione della diagnosi di nefropatia. Tuttavia, non si devono offrire queste diete agli animali malati ed ospedalizzati. Piuttosto, bisogna iniziare ad utilizzarle nel normale ambiente domestico. L’ospedalizzazione è un evento molto stressante per gli animali da compagnia. Il cambiamento del cibo in questo momento può portare allo sviluppo di una specifica avversione. Con quale frequenza devo effettuare i controlli periodici del mio animale? La frequenza con cui un animale viene controllato dipende dai trattamenti concomitanti ai quali viene sottoposto al momento. Per i soggetti colpiti da una malattia in fase iniziale, i controlli periodici vanno effettuati ogni 3-4 mesi. Se si attua un trattamento con agenti ipertensivi, o una terapia con eritropoietina, può essere necessario effettuare delle visite ogni due settimane fino a che non sia stato identificato il dosaggio ideale del farmaco per stabilizzare l’animale. Cosa devo fare se l’animale non mangia abbastanza e perde peso? Se l’animale non mangia una quantità di cibo adeguata a garantire il mantenimento del peso corporeo, si deve prendere in considerazione il ricorso all’alimentazione assistita mediante l’inserimento di sonde da esofagostomia o gastrostomia. Di conseguenza, nei giorni in cui l’animale non mangia abbastanza cibo, quest’ultimo può essere frullato e somministrato ugualmente. 291 Reni Domande frequenti Domande frequenti: insufficienza renale cronica Bibliografia Bibliografia Adams LG - Phosphorus, protein and kidney disease. Proceedings of the Petfood Forum 1995; S. 13-26. renal failure. J Am Vet Med Assoc 1997; 211: 719722. Bauer JE, Markwell PJ, Rawlings JM et al. - Effects of dietary fat and polyunsaturated fatty acids in dogs with naturally developing chronic renal failure. J Am Vet Med Assoc 1999; 215: 1588-1591. Cowgill L - Medical management of the anemia of chronic renal failure. In: Osborne C, Finco D, eds. Canine and Feline Nephrology and Urology. 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ANALISI RAZIONAMENTO INDICATIVO La dieta preparata in questo modo contiene il 30% di sostanza secca ed il 70% di acqua Valore energetico (energia metabolizzabile) 1550 kcal/1000 g di dieta preparata (5110 kcal/1000 g sulla S.S.) % sulla S.S. g/1000 kcal Peso del cane (kg) Quantità giornaliera (g) * Peso del cane (kg) Quantità giornaliera (g) * Proteine 19 37 2 140 45 1460 Grassi 34 66 4 240 50 1580 Carboidrati disponibili 36 70 6 320 55 1690 Fibra 4 8 10 470 60 1810 15 640 65 1920 20 790 70 2030 25 940 75 2140 30 1080 80 2240 35 1210 85 2350 40 1330 90 2450 Punti chiave - Ridurre il contenuto di fosforo: per mitigare l'escrezione non ottimale di questo elemento da parte dei reni durante la nefropatia cronica e prevenire il richio di iperparatiroidismo, che aggrava l'insufficienza renale. - Aumentare la concentrazione energetica: per contribuire a limitare il volume dei pasti e al tempo stesso coprire i fabbisogni energetici. Lo scopo è quello di compensare la caduta dell'appetito. - Moderare il contenuto proteico: per compensare la caduta della velocità di filtrazione glomerulare. *La dieta viene offerta tenendo conto del peso del cane sano. Nei soggetti obesi, deve essere prescritta in funzione del peso ideale e non di quello reale dell'animale. **Si raccomanda di suddividere la quantità giornaliera in due o tre pasti per promuovere una buona digestione. 294 Diete fatte in casa ADATTE AL TRATTAMENTO NEFROPATIA CRONICA Esempio 2 COMPOSIZIONE (1000 g di dieta) Spalla di suino con la pelle . . . . . . . . . . . . . . . . 125 g Uova intere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 g Riso cotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 730 g Olio di semi di colza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 g RAZIONAMENTO INDICATIVO ANALISI Valore energetico (energia metabolizzabile) 1520 kcal/1000 g di dieta preparata (5050 kcal/1000 g sulla S.S.) La dieta preparata in questo modo contiene il 30% di sostanza secca ed il 70% di acqua Peso del cane (kg) Quantità giornaliera (g) * Peso del cane (kg) Quantità giornaliera (g) * 2 140 45 1490 4 240 50 6 330 10 Reni Aggiungere un'integrazione minerale e vitaminica ben bilanciata. % sulla S.S. g/1000 kcal Proteine 18 36 1610 Grassi 18 37 55 1730 Carboidrati disponibili 62 127 480 60 1840 Fibra 1 2 15 650 65 1960 20 810 70 2070 25 960 75 2180 30 1100 80 2290 Controindicazioni 35 1230 85 2390 40 1360 90 2500 Gestazione Allattamento Crescita Gli esempi di diete fatte in casa sono proposti dal Pr Patrick Nguyen (Unita di Nutrizione ed Endocrinologia; Dipartimento di Biologia e Patologia, Scuola Nazionale Veterinaria di Nantes) 295 Informazioni Nutrizionali Royal Canin © Lanceau Una dieta adatta contribuisce a triplicare il tempo di sopravvivenza mediano dei cani con nefropatia cronica. Punti chiave da ricordare: Reni Il ruolo della nutrizione nel trattamento e nella prevenzione della nefropatia cronica La nefropatia cronica nel cane è spesso associata ad un appetito altalenante. Di conseguenza, l’appetibilità del cibo è un criterio chiave per il trattamento della condizione. Quando il rene perde la propria capacità funzionale, il fosforo non viene più escreto in misura adeguata e la sua concentrazione plasmatica aumenta. In ultima analisi, l’iperfosfatemia provoca un iperparatiroidismo che aggrava la nefropatia cronica. Uno degli scopi del trattamento è quello di normalizzare la concentrazione ematica dei fosfati. È stato chiaramente dimostrato che la restrizione del fosforo nella dieta rallenta la progressione della nefropatia nel cane. quindi inutile ridurre sistematicamente questa componente nella dieta di un cane che invecchia. Al contrario, nei cani con nefropatia cronica lo scopo della riduzione proteica è quello di ridurre l’entità dell’uremia. Per prevenire la malnutrizione proteica, è preferibile una restrizione moderata dell’ ordine di 35-40 g di proteine/1000 kcal. Una riduzione proteica troppo drastica potrebbe in realtà avere effetti negativi, costringendo il cane a catabolizzare le proprie proteine corporee per soddisfare le sue necessità. L’assunzione di energia deve essere sufficiente a prevenire il catabolismo delle proteine endogene che conduce a malnutrizione ed aggrava l’iperazotemia. L’integrazione con agenti alcalinizzanti come il bicarbonato di sodio, il carbonato di calcio o il citrato di potassio può risultare necessaria per contrastare l’acidosi metabolica. Un aumento dell’assunzione di acidi grassi omega 3 (EPA e DHA) contribuisce a limitare la riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. Contrariamente ad una errata convinzione molto comune, il contenuto di proteine nel cibo non ha alcun impatto sulla progressione della nefropatia. È L’ipokalemia si osserva comunemente nei cani con nefropatia, tranne che nello stadio terminale, quando si può riscontrare un’iperkalemia. Ristabilire 296 una normale concentrazione sierica di potassio è essenziale per la qualità della vita del cane. È stato a lungo raccomandato di ridurre il contenuto di sodio della dieta dei pazienti con nefropatia cronica. Tuttavia, un recente lavoro (si veda il Capitolo 7) sembrerebbe dimostrare che un tenore troppo basso di questo elemento (0,4-0,5 mg/1000 kcal) potrebbe avere un effetto deleterio sulla funzione renale. Una bassa assunzione di sodio può contribuire all’ ipertensione glomerulare aumentando la secrezione di aldosterone ed attivando il sistema renina-angiotensina. Questi risultati devono ancora essere confermati, ma mettono in guardia nei confronti di una restrizione di sodio troppo drastica nella dieta dei pazienti con nefropatia cronica. I cani che invecchiano generalmente sono colpiti da una nefropatia e quindi è necessario arricchire il cibo con antiossidanti per contribuire a contrastare la produzione di radicali liberi. Informazioni Nutrizionali Royal Canin L’attenzione su: FOSFORO Dal punto di vista etimologico, la parola fosforo significa “portatore di luce”. È stato scoperto nel 1669 da un alchimista tedesco, Hennig Brandt. Attraverso l’evoporazione dell’urina e la calcificazione del residuo, questi ottenne il fosforo sotto forma di gas, che brillava nel buio. In forma di fosfati, il fosforo entra nella composizione dell’osso. L’86% di questo elemento nell’organismo è immagazzinato nella struttura dello scheletro. Il fosforo è anche incorporato in grandi molecole come il DNA, l’RNA ed i fosfolipidi di membrana. Inoltre, è un costituente attivo della molecola dell’adenosintrifosfato (ATP) che immagazzina l’energia di cui gli organismi viventi hanno bisogno per funzionare in modo appropriato. Le ragioni per cui il fosforo porta alla progressione della nefropatia cronica devono ancora essere determinate con certezza. In seguito alla riduzione della funzione renale, questo elemento si accumula nel sangue. L’organismo risponde fisiologicamente aumentando la secrezione del paratormone (PTH). Questa risposta inizialmente contribuisce a mantenere il fosforo entro la soglia normale, ma PRINCIPALI RUOLI BIOLOGICI DEL FOSFORO costruzione delle membrane cellulari ATP Reni P costruzione ossea energia cellulare porta anche al rilascio di fosfati e calcio dalle riserve ossee. Col tempo, anche questa risposta compensatoria non è sufficiente a ristabilire l’omeostasi. Il fosforo ed il calcio si accumulano, portando alla mineralizzazione dei tessuti molli. Nel rene, questo fenomeno accelera la perdita dei nefroni funzionali. Inoltre, il PTH può agire da tossina uremica, aggravando ulteriormente i segni clinici e la progressione della nefropatia cronica. Nei pazienti colpiti da malattie renali croniche, lo scopo è quello di limitare il contenuto di fosforo del cibo a 0,40-0,80g/1000kcal. Nello stesso tempo, l’incremento del contenuto di calcio contribuisce anche a ridurre l’assorbimento digestivo del fosforo. Se questo livello non concorre a normalizzare la concentrazione sierica dei fosfati, si deve prendere in considerazione l’impiego di agenti capaci di legarli a livello intestinale (idrossido di alluminio, carbonato di calcio, ecc..). È di vitale importanza limitare il contenuto di fosforo nel cibo, ma la difficoltà sta nella necessità di trovare ingredienti crudi che ne siano poveri. Le fonti di proteine animali tradizionalmente utilizzate nel cibo per cani sono abbastanza ricche di fosforo. Ad esempio, questo è presente in misura pari all’1,6-2,5% sulla sostanza secca nelle proteine di pollame disidratate. Questo livello dipende dal contenuto complessivo della componente minerale che rimane dopo il passaggio al setaccio. Le fonti proteiche vegetali, che hanno concentrazioni di fosfati inferiori (glutine di frumento o di mais, idrolisati di proteine isolate dalla soia) costituiscono un’alternativa interessante. 297 (g/100 g proteine) CONTENUTO DI FOSFORO IN DIVERSE FONTI PROTEICHE UTILIZZATE NEGLI ALIMENTI PER CANI Reni Contenuto di fosforo in diverse fonti proteiche utilizzate negli alimenti per cani Informazioni Nutrizionali Royal Canin 298 5 Proteine standard del pollame 4 Proteine “a basso contenuto di ceneri” del pollame 3 Polvere d’uovo Idrolisato di soia 2 Glutine di mais 1 Glutine di frumento 0 Il glutine di frumento o di mais contribuisce ad apportare proteine di elevata qualità e, simultaneamente, a ridurre l’ingestione del fosforo.