A seconda del ciclo di lavorazione applicato e soprattutto a seconda della materia prima di partenza, si possono distinguere: 1. imprese a ciclo integrale (dall’altoforno, alla acciaieria, al laminatoio) 2. imprese che attuano solo la fase dell’acciaieria e della laminazione 3. imprese che attuano solo la fase della laminazione. Di solito le prime imprese sono quelle di grandi dimensioni dirette alla produzione di acciaio di massa sfrutta al massimo le economie di scala. Vi sono all’interno, come nel caso dell’ILVA di Taranto, impianti di cokizzazione, convertitore ad ossigeno e anche cementifici per l’impiego della loppa d’altoforno. Le grandi imprese tuttavia, per ovviare alle diseconomie dimensionali e alla rigidità produttiva tipiche del ciclo altoforno-convertitore dovute ad un calo della domanda, hanno pensato bene anche loro di fornirsi di impianti di preriduzione – forno elettrico- e colata continua che consentono una migliore elasticità di produzione quali-quantitativa. Le imprese che non attuano i cicli produttivi integrati sono di piccoli dimensioni e impiegano di solito i forni elettrici. I vantaggi dell’industria elettro-siderurgia consistono: 1. nella mancanza di stretti vincoli di localizzazione; 2. ampia elasticità produttiva; bassi investimenti di capitale e possibilità di operare a costi di gestione ridotti; 3. possibilità di ottenere prodotti di alta qualità, come gli acciai speciali. Queste imprese, dette miniacciaierie, che producono essenzialmente tondo per cemento armato, la vergella, le barre, sono caratterizzate da uno stabilimento che impiega rottami o pre-ridotto per alimentare forni elettrici, il cui acciaio è colato in continuo e laminato in due o tre gruppi di prodotti. Acciaio inossidabile Il settore siderurgico ha costituito per molti secoli il settore chiave dell’economia, sia in pace che in guerra, oltre ad essere stato il protagonista della rivoluzione industriale, ma è oggi forse, tra tutti i settori industriali, quello più debole, esposto come è a notevoli rischi per la sovrapproduzione, per le incompatibilità ambientali e per il progressivo spostamento della produzione verso mercati nuovi e più competitivi. E’ perciò che molti impianti hanno chiuso in questi ultimi trenta anni, fin dalle prime crisi siderurgiche ed energetiche della fine degli anni 1970. Negli anni 1920 in Italia, vi erano 12 altiforni, ubicati a Portoferraio, Piombino. Bagnoli, Servola e Cogne. Negli anni 1930 nasceva l’IRI (Istituto di Ricostruzione Industriale) con lo scopo di risanare varie aziende in crisi quali la Terni, l’ILVA, ecc. da cui proveniva la maggiore quantità di acciaio prodotta all’epoca. Durante la Seconda Guerra Mondiale vi fu un arresto della produzione. La ripartenza, nel dopoguerra, fu caratterizzata da una nuova strategia di sviluppo che si basasse sulla costruzione ad elevate economia di scale. Nel 1959 si optò per la realizzazione di un impianto a ciclo integrale ubicato a Taranto. Nel 1975, tale impianto fu ultimato con una capacità produttiva doppia rispetto a quanto prevista 15 anni prima. 10,5 Mt/anno con costo di 2 000 miliardi di lire. Contemporaneamente, iniziò una piccola rivoluzione nella provincia di Brescia: l’impiego della colata continua anche per i piccoli stabilimenti. Grazie a questa idea l’Italia divenne il terzo produttore al mondo di acciaio ottenuto dalla colata continua, dopo Giappone e Sud Africa. Negli anni 1980 arrivò la crisi che già si era verificata nel decennio precedente negli altri paesi occidentali a causa di un eccesso di domanda rispetto alla domanda. Il Giappone ricorse ai ripari chiudendo gli impianti più antiquati, risparmiando maggiore energia, adottando la colata continua e i convertitori L.D. Gli stessi provvedimenti furono intrapresi anche in Europa. In Italia furono dismessi alcuni impianti obsoleti come di ad esempio di Bagnoli in Campania. Il settore siderurgico italiano è stato completamente privatizzato a partire dal 1995 (prima apparteneva per il 40% allo Stato). In seguito a profonde riorganizzazioni la produzione di acciaio si è concentrata su un numero minore di siti di produzione di acciaio: L’Italia è il decimo paese produttore al mondo ed il secondo in Europa. Il balzo della produzione di acciaio in Italia è stato registrato dopo la seconda guerra mondiale. Il dodicesimo produttore di acciaio al mondo è un’azienda italiana (la RIVA ex ILVA di Taranto). Si pensa tuttavia che nel prossimo futuro sarà difficile raggiungere i consumi registratesi negli anni 1950-70, soprattutto nei paesi industrializzati, a causa della mancanza di incremento demografico e della concorrenzialità delle materie plastiche. Nel 2003 fu deciso che la Società Bagnoli Futura si occupasse di bonificare l’area e trasformare l’ex-impianto in un grande albergo, un parco e in un acquario per le tartarughe. Ma ad oggi la situazione non è mutata. Anzi, non sarà più il 2009 l’anno della consegna dei suoli bonificati, ma l’intera operazione verrà conclusa entro il 2013, anno del Forum delle Culture che si svolgerà a Napoli. Il motivo di questo slittamento è la gravità della condizione dell’inquinamento del terreno, che non è risultata dai carotaggi che sono stati fatti in precedenza. Per decenni sono stati sepolti nel terreno di Bagnoli: amianto, scorie di fusione, cadmio e metalli inquinanti. Ogni fase della filiera produttiva inquina. approvvigionamento delle materie prime (minerali ferrosi e calcare) produzione di coke produzione della ghisa (altoforno) conversione della ghisa lavorazione dell’acciaio approvvigionamento delle materie prime (minerali ferrosi e calcare) La frantumazione, la separazione, la miscelazione e lo stoccaggio delle materie prime generano polveri. Una parte di queste sono abbattute con dei depolverizzatori. L’altra, poiché inquinata da metalli pesante (piombo, cromo, rame), deve essere allontanata e smaltita. La parte restante è riciclata dopo un processo di agglomerazione. produzione di coke Anche nell’impianto di cokeria si sviluppano le polveri che spesso sono captate e riciclate. Inoltre vi è l’emissione di gas di scarico: 0,7-7,5 kg di particolato; 0,2-6,5 kg di SOx; 1,4 kg di NOx; 0,1 kg di NH3; 3 kg di VOC Si producono anche 0.3-0.4 m3 di acque di scarico (ammoniaca, idrogeno solforato) per ciascuna tonnellata di coke Ai fini dell’inquinamento atmosferico molto importante è come sono caricati i forni ovvero dedicare particolare attenzione a che polvere di coke sia sversato all’esterno degli stessi. È rilevante anche che durante la distillazione secca non si verifichi l’uscita dei gas medesimi. Questo può accadere comunque per motivi tecnici per cui si possono liberare composti quali il catrame, lo zolfo, l’ammoniaca e il benzolo. produzione della ghisa (altoforno) Durante il travaso della ghisa e delle loppa d’altoforno (silicati di calcio) si generano dei fumi che sono captati e dei fanghi ricchi di metalli pesanti che invece devono essere smaltiti. Una parte della loppa d’altoforno spesso non viene utilizzata per la produzione del cemento per cui deve essere smaltita, spesso in cave esaurite di calcare. Infine, le acque di lavaggio dei gas d’altoforno sono lasciate decantare per separare i fanghi contenuti che naturalmente devono essere smaltiti. In generale in questa fase produttiva si generano la quantità maggiore di scorie (reflui, residui e rifiuti) che devono essere smaltite in quanto costituiscono un grave problema ambientale. Gli ossidi metallici che li compongono possono infatti reagire con altri composti tossici impiegati in altre fasi di produzione (ammoniaca, acidi e solventi) Si producono complessivamente per l’intero ciclo di produzione in media 255 kg di scorie per t di acciaio prodotto. conversione della ghisa Il processo di conversione della ghisa in acciaio, nei convertitori ad ossigeno, genera altri fumi e gas che sono captati e separati attraverso processi di lavaggio con conseguente produzione di fanghi da smaltire. L’industria siderurgica, ha bisogno di grosse quantità di energia ed utilizza, come fonte energetica, in larga misura, proprio l’ossidazione del carbonio. Il carbonio, in siderurgia è usato, oltre che per l’energia, anche per rimuovere l’ossigeno dal minerale di ferro che, come noto,non esiste in natura in forma metallica, ma essenzialmente in forma di ossidi In siderurgia quindi il carbonio svolge la duplice funzione di “fornire energia” e di “ridurre” a metallo i minerali di ferro