Registrazione file sonori: Tatà Lo Jacono, Lucio Vranca Voci recitanti: Enzo Romano, Tatà Lo Jacono, Lucio Oresti Produzione multimediale: Lucio Vranca Le immagini storiche sono state tratte dai libri di Enzo Romano: Jàui tièmpi Premessa La gran parte delle 40 storie che propongo, negli anni compresi tra il 2001 e il 2005, sono state pubblicate da “Il Centro Storico, foglio informativo per i soci di Progetto Mistretta”. 15 di esse sono state poi riprese dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Palemo e da questo pubblicate, nel 2005, col libro “Enzo Romano, Cuntari pi nun scurdari”. Ciascuna di esse rievoca vissuti reali, fatti veri liberamente elaborati e riferiti. Tutte insieme, queste storie rappresentano una testimonianza culturale del passato prossimo nel quale affondano le nostre radici. La scelta di questo mezzo di divulgazione è voluta. Desidero, infatti, dialogare ancora e sempre con la mia gente. E’ vero, oggi, la lettura e l’ascolto di questo messaggio devono essere supportati dal computer sufficientemente attrezzato, ma la fedeltà dell’esito è assicurata. Alcuni, hanno rivelato la difficoltà di lettura dei testi dialettali espressi in grafia fonetica. Altri, specialmente i giovani, dichiarano di non riuscire a cogliere il significato di certe espressioni ora in disuso. Altri ancora, pure cogliendo nel contesto il significato di certe parole ne alterano il suono. Questo disco non è e non sarà messo in vendita. Non sarà condizionato da diritti d’editore. Chiunque, volendo, potrà averne la copia (un dvd vergine costa meno di 1€ e il parente o l’amico che possa duplicarlo c’è sempre). Per quanto mi riguarda, considero quest’opera un doveroso omaggio alla mia gente. Della lunga serie dei miei interlocutori devo principalmente ricordare e ringraziare: mio padre, (relativamente a Setti jaini nìviri, A carrozza senza cavai, U figghju reppròricu), mia sorella Enza (Pigghju unu e-ppàju rui), Sebastiano Caspio (Quannu Nnatali veni ri luni), Giuseppina Catania (A jaina si pinna quann’è-mmorta), Sebastiano Conti (M-pararisu n carrozza), Pietro Di Salvo (Gginueffa ri Bbrabanti), Enrichetta Fanara ex badessa del convento di Palma di Montechiaro (Cu cci u purtau), Angelo Labbate (U scunciùru), Vincenzo Lo Menzo (E-ttu cci criri), Peppino Lupo (U catalett’i Sam-Miciènzu), Nino Macaluso (Papacchji), Nino Manerchia (Jàui tièmpi), Lucio Oresti (Pani salivàggiu, A rriprùbbica ri Castiuzzu, Lignati e-ccorna), Vincenza e Nino Siribuòno (I jaini cumunista, U jau râ gna Sara) Sebastiano Spinnato (I ddisirtura, Ddilittu r’onori, Quau facci cuòm’i cascavai, Spugghjava i vivi e-ppuru i muòrti, Chista è stòria), Maricchia Zito (Ària ri frustièri). Di molti altri non ricordo o non conosco il nome. Mi sono tutti cari. Li ho incontrati occasionalmente, singolarmente o in gruppo, in campagna, nell’ex oleificio di mio padre dove io stesso lavoravo, nelle loro case, nei sodalizi, nei giardini pubblici di Mistretta. Il loro volto avvizzito dagli anni, il gesto espressivo, il tono suadente, sono indelebilmente impressi nella mia mente. Tanti di loro non sono più con noi, ma la loro testimonianza sopravvive in questi testi e la loro oralità si riflette nella mia, in quella di Tatà Lo Jacono e in quella di Lucio Oresti. E. Romano INDICE