N. R.G. 42030/2013
Sentenza n. 9088/2014 pubbl. il 09/07/2014
RG n. 42030/2013
Repert. n. 7690/2014 del 09/07/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
Sezione Specializzata in materia di impresa
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Fernando Ciampi
dott. Claudio Marangoni
dott. Silvia Giani
Presidente Relatore
Giudice
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 42030/2013 promossa da:
NICOLETTA STRADA (C.F. STRNLT68P61F119E), con il patrocinio dell’avv. SERRAO MARIA
FAUSTINA e dell’avv. FANTO' MARIANTONELLA (FNTMNT52M61C285C) VIA GILERA, 96
ARCORE; , elettivamente domiciliato in VIA PERGOLESI, 6 20124 MILANOpresso il difensore avv.
SERRAO MARIA FAUSTINA
ATTORE
contro
HANDLE ITALIA SRL (C.F. 07119380967), con il patrocinio dell’avv. GRATTONI DANILO
GIORGIO e dell’avv. , elettivamente domiciliato in VIA CHIOSSETTO, 2 20122 MILANOpresso il
difensore avv. GRATTONI DANILO GIORGIO
CONVENUTO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
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Sezione A
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Repert. n. 7690/2014 del 09/07/2014
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Ritiene questo Tribunale che le domande della parte attrice siano fondate e meritino,pertanto,di essere
accolte nei termini di cui appresso.
Si discute in giudizio della pretesa attorea di risoluzione,per inadempimento o per eccessiva onerosità
sopravvenuta,di un contratto di affiliazione commerciale ad una catena di negozi ”ComproOro” (con
diritto di utilizzo del marchio “Orocash il Mercatino dell’oro usato”),di assunta concorrenza sleale e di
Vanno,preliminarmente,affrontate e superate le questioni processuali proposte dalle parti.
Infondata risulta,anzitutto,a giudizio del Tribunale,l’eccezione di competenza arbitrale proposta da
parte convenuta:
invero,essendo pacifico che il contratto “inter partes” sia stato stipulato su moduli
prestampati,predisposti dalla convenuta stessa e che esso contenga una clausola vessatoria di
pattuizione della giurisdizione arbitrale,approvata con doppia sottoscrizione,ma con richiamo di tutte le
clausole contrattuali,ritiene questo Giudice che tale pattuizione sia invalida in quanto non effettuata con
la specificità richiesta dal disposto dell’art.1341,2,c.c. (Cass.n.5733/2008),che suppone la
sussistenza,nel contratto,di una parte normale e di una parte vessatoria (laddove,nella specie,vengono
richiamate tutte le clausole contrattuali e persino gli allegati);
ritiene,inoltre,questo Giudice che,”in subjecta materia” le garanzie di cui all’art.4 L.n.129/2004
debbano considerarsi aggiuntive e non sostitutive di- quelle previste dal citato art.1341 c.c.;
consegue a tutto ciò la ritenuta competenza del Giudice Ordinario sulla dedotta materia.
Infondata risulta,poi,sempre a giudizio di questo Tribunale,anche l’eccezione di competenza funzionale
del Giudice del Lavoro proposta da parte convenuta:
invero i rapporti che si instaurano tra le parti di un contratto di “franchising” non possono essere ridotti
ad una relazione di parasubordinazione,ma vanno inquadrati nell’ambito di una collaborazione tra
soggetti,che,per quanto di forza economica diversa,non vulnera,tuttavia,l’autonomia e l’indipendenza
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invalidità della pattuizione di non concorrenza.
giuridica dell’affiliato che,nel complesso,risulta
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ben diversaRepert.
da quella
un prestatoredel
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lavoro
parasubordinato.
Infondata risulta,infine,sempre a giudizio di questo Tribunale,anche la domanda di integrazione del
contraddittorio “iussu judicis”,proposta da parte attrice nei confronti di Handle s.a.:
a parte la considerazione che l’attore,avendo possibilità di scelta del tempo ed dei soggetti del
giudizio,se avesse ritenuto comune la presente causa ad un altro soggetto,ben avrebbe potuto e dovuto
litisconsorzio necessario è il fatto che le domande di risoluzione o di integrazione,svolte da parte
attrice,si riferiscono al contratto tra essa e la parte convenuta ed,in nessun modo,invece,al diverso
contratto che la lega al terzo,che si è chiesto di chiamare in giudizio.
Detto ciò sulle questioni preliminari-processuali proposte dalle parti,va ricordato,poi,che risulta
pacifico,in giudizio:
1°) che,tra le parti,sia stato concluso,in data 10 settembre 2005,un contratto di affiliazione commerciale
ad una catena di negozi ”ComproOro”,con diritti,per l’affiliata,di utilizzo del marchio “Orocash il
Mercatino dell’oro usato” e di esclusiva in una determinata zona,contratto poi rinnovatosi e scadente al
9 settembre 2015;
2°) che,secondo tale contratto,l’attrice-affiliata era obbligata,tra l’altro,a rivendere l’oro acquistato dai
clienti,a speciali e pattuite condizioni,alla società Handle s.a.,facente parte dello stesso gruppo della
convenuta-affiliante;
3°) che,secondo tale contratto,l’attrice-affiliata era obbligata,alla cessazione del rapporto,a non svolgere
attività commerciale dello stesso tipo in tutto il territorio nazionale.
Tale essendo il quadro dei fatti pacifici in giudizio si discute,poi,tra le parti,anzitutto,circa la richiesta
attorea di risoluzione contrattuale per assunta violazione dell’obbligo di non concorrenza.
Tale assunto risulta,a giudizio del Collegio,ben fondato:
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evocarlo direttamente in giudizio,ciò che appare decisivo,per l’esclusione,nella specie,di un rapporto di
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delgruppo
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invero,essendo incontestato che la convenuta e la Gens Aurea Repert.
s.p.a. appartengano
allo stesso
ed
abbiano il medesimo campo di attività economica,è risultato anche provato (doc.att.8) che Gens Aurea
abbia svolto pubblicità per attività concorrenziale rispetto a quella attorea,nella zona di competenza
contrattualmente riservata (circostanza che la convenuta non ha contestato,eccependo solo l'irrilevante
fatto che tale pubblicità sarebbe anche comune ad altri soggetti).
Giudica,in proposito,il Tribunale che risponda a principi di correttezza e buonafede contrattuale che
vantaggi),onde ben si determina un inadempimento negoziale quando,come nella specie,gli obblighi di
una parte contrattuale risultino violati tramite comportamenti di altro soggetto giuridico
che,tuttavia,risulti collegato al soggetto obbligato:
ne consegue che la concorrenza suddetta ben possa essere riferita alla convenuta e che essa,costituendo
grave violazione degli assunti obblighi,comporti la risoluzione contrattuale richiesta.
Va,poi,detto che,nella specie,non si concretizzano anche i presupposti di una risoluzione del contratto
per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Occorre precisare preventivamente,a conferma delle sopramotivate decisioni circa il difetto di un
litisconsorzio necessario di Handle s.a.,che l’oggetto del presente contendere è il contenuto del
contratto “inter partes” e non quello del contratto intercorrente tra l’attrice ed Handle s.a.;
tuttavia,posto che,secondo tale contratto “inter partes”,l’attrice-affiliata è obbligata,tra l’altro,a
rivendere l’oro acquistato dai clienti,a speciali e pattuite condizioni,alla società Handle s.a.,appare
evidente che,qualora tali condizioni risultassero divenute eccessivamente onerose,esse inciderebbero
non solo sul contratto intercorrente tra l’attrice ed il terzo Handle s.a. (qui non in discussione),ma anche
sul contratto “inter partes”.
In proposito parte attrice ha prodotto (doc.17) una propria consulenza,i cui dati non sono stati
specificamente contestati,dalla quale risulta che il costo per parte attrice del suddetto obbligo di
rivendita,che all’inizio del rapporto,nel 2005,era pari allo 0,79%,è lievitato,nel 2013,al 3,12%:
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ogni parte rispetti non solo direttamente,ma anche indirettamente gli impegni assunti (con indiretti
giudica,tuttavia,in proposito,il Collegio
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che,essendo,evidentemente,tale
variazione connessa
al
mutamento del prezzo dell'oro,essa fosse contrattualmente prevista ed accettata e non
possa,quindi,rendere le suddette pattuizioni eccessivamente onerose.
Tutte le suddette ragioni militano,pertanto,per l’accoglimento dell’attorea domanda di risoluzione del
contratto “inter partes” per inadempimento.
L’attrice ha chiesto,poi,il risarcimento dei danni connessi alla subìta concorrenza vietata.
comportamento contrattualmente vietato e non necessitando di alcuna specifica prova e che,per altro
verso,poi,tate danno possa essere equitativamente liquidato in €50.000,00 ,avuto riguardo alla penale
prevista dal nuovo contratto di affliliazione della stessa parte convenuta per tale vietato comportamento
(doc.16 att.).
Va detto,infine,che la statuizione di risoluzione contrattuale esime,naturalmente,questo Giudice da ogni
pronunzia relativamente alla prevista clausola di non concorrenza alla scadenza del rapporto.
Queste considerazioni hanno convinto il Tribunale della fondatezza delle domande attoree e ne
giustificano l’accoglimento nei suddetti termini.
La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza (art. 91 c.p.c.): si ritiene equo
liquidare tali spese,a favore di parte attrice,in €1.328,00 per esborsi ed
€ 10.000,00
per compensi.
P.Q.M.
Il Tribunale,
definitivamente pronunciando sulle domande,respinta ogni altra richiesta ed eccezione;
dichiara
risolto il contratto di affiliazione commerciale “inter partes” per fatto e colpa della parte convenuta;
condanna
la parte convenuta stessa a risarcire il provocato danno alla parte attrice nell’importo di €50.000,00;
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Giudica il Collegio in proposito che,per un verso,il danno sia “in re ipsa”,collegandosi ad un
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condanna
la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese del presente giudizio complessivamente
liquidate in €11.328,00,oltre iva e cpa.
IL PRES.EST.
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Cosi' deciso in Milano il 26 giugno 2014.
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