Chi è il disabile
Dott.ssa Maria Riello
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Alla fine dell’ottocento l’Organizzazione
Mondiale della Sanità classificava le cause di
morte.
Dopo la seconda guerra mondiale nelle
classificazioni la disabilità era associata alle
malattie.
Negli anni ottanta del novecento diventa una
conseguenza delle malattie.
Dal 2001 in avanti, si comincia a parlare di
funzionamento umano, in altre parole della
qualità della vita.
Nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della
sanità (OMS) ha pubblicato una prima
Classificazione Internazionale delle
Menomazioni, delle Disabilità e degli
Handicap (ICIDH).
Tale classificazione distingueva rigorosamente
i seguenti termini: menomazione, disabilità,
handicap.
La menomazione è qualsiasi perdita o
anormalità di una struttura o di una funzione
psicologica, fisiologica o anatomica. Il termine
menomazione è più comprensivo di disturbo,
in quanto si estende anche alle perdite
anatomiche.
Il concetto di disabilità è meno semplice da
definire rispetto a quello di menomazione. La
disabilità è la conseguenza pratica della
menomazione e questo termine indica ciò che
è in grado di fare e ciò che non si riesce a fare:
esso riguarda perciò la sfera delle attività.
L’handicap è innanzitutto un fenomeno
sociale: con questo termine si intende la
condizione di svantaggio, conseguente a una
menomazione o a una disabilità, che in un
determinato soggetto limita o impedisce
l’adempimento di un ruolo sociale considerato
<<normale>> in relazione all’età, al sesso, al
contesto socioculturale di appartenenza alla
persona.
La stessa Organizzazione Mondiale della
Sanità, il 22 maggio 2002, ha approvato una
nuova Classificazione Internazionale del
Funzionamento, della disabilità e della Salute
denominata ICF: i tre termini portanti della
precedente versione, sono stati sostituiti da:
funzioni e strutture corporee, attività,
partecipazione.
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Nel primo ambito, concernente funzioni e strutture
corporee, sono raggruppate le classificazioni relative
alle funzioni fisiologiche dei sistemi corporei e alle
parti anatomiche del corpo.
Nel secondo ambito riguardante le attività sono
raggruppate le classificazioni relative all’esecuzione
di un compito o di un’azione da parte di un individuo.
Nel terzo ambito riguardante la partecipazione sono
raggruppate le classificazioni relative ai livelli di
coinvolgimento in situazioni di vita concrete e
normali.
Nel testo della Legge 104/92 (Legge quadro
per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate) si legge:
Art. 3: E’ persona handicappata colui che
presenta una minorazione fisica, psichica o
sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è
causa di difficoltà di apprendimento, di
relazione o di integrazione lavorativa e tale da
determinare un processo di svantaggio sociale
o di emarginazione.
Chi è il vero disabile?
La moderna concezione della disabilità è il prodotto
di un cambiamento di paradigma: al modello medico
si è sostituito un modello sociale.
Nel modello sociale quello che prima era un
problema personale diventa un problema della
collettività. Alla cura medica e al trattamento
individuale, si affiancano la necessità di integrazione
e, conseguentemente, l’azione sociale e politica. La
modificazione dell’ambiente diventa importante
quanto l’intervento sulla persona.
Non ci si prende più cura del disabile in
un’ottica assistenziale, ma si garantisce un
diritto: il diritto alla qualità della vita.
Il nuovo modello (ICF) propone un continuum
tra salute e disabilità ed è, quindi, un modello
universale e non limitato ad alcune minoranze.
In esso sono integrati fattori biologici,
psicologici e sociali, e la qualità della vita è il
risultato delle interazioni multiple tra le
persone, la loro salute e il loro ambiente.
Così, per esempio, una persona disabile ma con
una forte rete sociale di supporto e un
ambiente favorevole, potrebbe avere una
migliore qualità della vita (un miglior
“funzionamento”) rispetto a una persona
normodotata che presenti caratteristiche
opposte. Il confine netto tra disabilità e
“normalità” con questo modello crolla
miseramente
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