La metrica nel primo Novecento
Lezioni d'Autore
La poesia, e la metrica in particolare, all’inizio
del secolo sono oggetto di innovazioni
profonde, significative e talvolta addirittura,
per l’epoca, scandalose.
I poeti sperimentano soluzioni nuove, che
vanno dalla “poesia che si fa prosa” alla scelta
estrema della parola-verso.
Lo sperimentalismo di D’Annunzio e Pascoli
Autori legati alla tradizione letteraria e,
contemporaneamente, innovatori della
verseggiatura.
D’Annunzio grande sperimentatore, ma
ben saldo nel suo ruolo di vate illuminato dalla
superiore luce dell’arte;
Pascoli classicista raffinatissimo, laureato sui
frammenti di Alceo e insegnante di
grammatica greca e latina, compositore in
metrica latina per moltissimi anni.
Le innovazioni
Pascoli innova profondamente la
punteggiatura, semantizza lo spazio
bianco, si fa maestro della sinestesia e
dell’onomatopea.
D’Annunzio sperimenta il verso libero, il
versicolo, l’assenza di uno schema
metrico, l’assenza di un sistema di rime e
di strofe.
Il 1903, per entrambi, è l’anno di una
pubblicazione fondamentale: I canti di
Castelvecchio e Alcyone.
Pascoli, Temporale
Un bubbolìo lontano...
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.
D’Annunzio, La pioggia nel pineto
[…]
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
[…]
Futuristi e Crepuscolari
Marinetti enuncia attraverso il Manifesto
tecnico della letteratura futurista (1912)
una sorta di decalogo della nuova poesia.
I Crepuscolari giocano con la misura dei
versi, passando con disinvoltura attraverso
esperienze metriche piuttosto variegate.
I testi di Marinetti e Corazzini
Marinetti, Bombardamento di Adrianopoli
Non esiste alcun tipo di scansione
metrica.
Corazzini, Desolazione del povero poeta
sentimentale
I versi compongono strofe di diversa
misura, sono settenari o addirittura di
ventuno sillabe, che si alternano senza
alcuna regolarità all’interno della lirica.
Marinetti, Bombardamento di Adrianopoli
ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare
spazio con un accordo tam-tuuumb
ammutinamento di 500 echi per azzannarlo
sminuzzarlo sparpagliarlo all´infinito
nel centro di quei tam-tuuumb
spiaccicati (ampiezza 50 chilometri quadrati)
balzare scoppi tagli
pugni
batterie tiro
rapido violenza
ferocia
regolarità questo
basso grave scandire gli strani folli agitatissimi
acuti della
battaglia
furia affann
o
orecchie
occhi
narici
aperti
atte
nti
Corazzini, Desolazione del povero poeta
sentimentale
I
Perché tu mi dici: poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.
Perché tu mi dici: poeta?
II
Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
Le mie gioie furono semplici,
semplici così, che se io dovessi confessarle a te
arrossirei.
Oggi io penso a morire.
Guido Gozzano
In Gozzano troviamo spesso un sistema
metrico e di rime piuttosto regolare,
anche se non sempre la misura del verso
è quella consacrata dalla tradizione.
Nel primo testo, La Signorina Felicita, si
susseguono regolari strofe di endecasillabi con
schema metrico ABBAAB (posto che si voglia
considerare regolare la celebre rima
camice/Nietzsche); nel secondo, L’amica di
nonna Speranza, i versi sono ben più lunghi
(un novenario + un ottonario e viceversa) e
caratterizzati da un sistema di rime al mezzo.
La signorina Felicita
Signorina Felicita, a quest’ora
scende la sera nel giardino antico
della tua casa. Nel mio cuore amico
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
e quel dolce paese che non dico.
L’amica di nonna Speranza (1/2)
Loreto impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto),
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti col monito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherrottipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il cùcu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco
chèrmisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!
Palazzeschi e Govoni
Palazzeschi e Govoni hanno fatto parte sia del
movimento Futurista sia di quello
Crepuscolare.
Palazzeschi usa versicoli talvolta
completamente onomatopeici,
Govoni arriva a una sorta di calligramma,
una poesia visiva.
Palazzeschi, Lasciatemi divertire (1/2)
Tri, tri tri
Fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu, ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Palazzeschi, Lasciatemi divertire (2/2)
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche,
Sono la mia passione. […]
Govoni,
Il poeta
Ungaretti, la brevitas fino alla parola-verso
La brevitas di Ungaretti.
La sua poesia dal fronte, che attraversa
l’esperienza della guerra raccolta nel Porto
sepolto (1916) per poi confluire nell’Allegria
(1919).
L’autore attribuisce alla difficile
situazione contingente sia pratica sia
emotiva le scelte metriche e stilistiche,
che lo portano a una poesia essenziale, in
cui assume particolare rilevanza la parolaverso (in neretto gli esempi nella lirica
Veglia).
Ungaretti, Veglia
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Ungaretti, L’isola
A una proda ove sera era perenne
Di anziane selve assorte, scese,
E s’inoltrò
E lo richiamò rumore di penne
Ch’erasi sciolto dallo stridulo
Batticuore dell’acqua torrida,
E una larva (languiva
E rifioriva) vide;
Ritornato a salire vide
Ch’era una ninfa e dormiva
Ritta abbracciata a un olmo.
Gli anni ’20 e il ritorno all’ordine
Il primo dopoguerra e il successivo avvento
del regime fascista coincidono con un
desiderio di “ritorno all’ordine” che
caratterizza ampi strati della società e che, dal
punto di vista poetico, viene portato avanti
dalla rivista “La Ronda”, pubblicata a Roma
dal 1919 al 1922 con la finalità dichiarata di
restaurare l’ordine nelle lettere patrie,
cancellando con un colpo di spugna tutto
quello che le avanguardie e gli sperimentalismi
di tutti i tipi avevano prodotto. I modelli
sono, anche a livello metrico-retorico, i
grandi padri della poesia italiana, da
Petrarca a Leopardi.
Cardarelli, Illusa gioventù (1/2)
Come si avverte nella lirica seguente, di là dai
temi, evidentemente leopardiani, anche la
metrica è tornata, pur nell’assenza di rima,
alla esclusiva presenza di endecasillabi e
settenari
O gioventù, innocenza, illusioni,
tempo senza peccato, secol d’oro!
Poi che trascorsi siete
si costuma rimpiangervi
quale un perduto bene.
Io so che foste un male.
[… segue]
Cardarelli, Illusa gioventù (2/2)
[…] So che non foco, ma ghiaccio eravate,
o mie candide fedi giovanili,
sotto il cui manto vissi
come un tronco sepolto nella neve:
tronco verde, muscoso,
ricco di linfa e sterile.
Ora che, esausto e roso,
sciolto da voi percorsi in un baleno
le mie fiorenti stagioni
e sparso a terra vedo
il poco frutto che han dato,
ora che la mia sorte ho conosciuta,
qual essa sia non chiedo. Così rapida
fugge la vita che ogni sorte è buona
per tanto breve giornata.
Solo di voi mi dolgo, primi inganni.
Ungaretti, Non gridate più
Il ritorno alle forme metriche della tradizione
(strofe, sistema delle rime, uso
dell’endecasillabo, del settenario, di versi
tipici della letteratura italiana).
Cessate d’uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.
Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.
Montale, Meriggiare pallido e assorto (1/2)
(3 quartine e 1 strofa di 5 versi, tutte
composte di endecasillabi, decasillabi,
novenari)
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Montale, Meriggiare pallido e assorto (2/2)
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Saba: tradizione formale e innovazione nei
contenuti
Saba persegue la poesia onesta.
 Nella sua produzione, presenza di metri,
rime, impostazione generale (basti pensare
al titolo della raccolta poetica che
comprende l’intera produzione: Canzoniere)
molto vicini alla tradizione, anche dal
punto di vista retorico e stilistico;
accanto a profonde innovazioni nei
contenuti, nella direzione della linea
antinovecentista.
Saba, Amai
Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Lo sperimentalismo degli anni Sessanta
Sarà nei decenni del boom economico, tra
gli anni Cinquanta e Sessanta del
Novecento, che il mondo culturale
tornerà alla sperimentazione metrica,
spesso estrema, a testimonianza di un
mutamento talmente profondo nella società da
richiedere forme espressive mai tentate.
Paradigmatica in questo senso, l’esperienza
del Gruppo 63 e di Sanguineti in particolare.
FINE
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