Problematiche
 Clima
 Il
storico e culturale
desiderio di rinnovamento e le
sperimentazioni
 Correnti
e autori più rappresentativi
Il “malessere” di inizio Novecento
Nei cervelli e nelle coscienze regna una straordinaria
confusione …
Crollate le vecchie norme, non ancora sorte e ben stabilite le
nuove, è naturale che il concetto della relatività di ogni cosa si
sia talmente allargato in noi, da farci quasi del tutto perdere
l’estimativa.
L’intelletto ha acquistato una straordinaria mobilità. […]
Nessuno più riesce a stabilirsi un punto di vista fermo e
incrollabile. […]
Non mai, credo, la vita nostra, eticamente ed esteticamente, fu
più disgregata … Da ciò, a parere mio, deriva per la massima
parte il nostro malessere intellettuale.
Luigi Pirandello, Arte e coscienza d’oggi
Nel momento di passaggio tra Ottocento e
Novecento si sviluppa un vivo e costante
interesse
per
il
rinnovamento
della
letteratura e ci si chiede quale ruolo debba
avere l’intellettuale nella società.
Ma per quanto riguarda la
poesia?
Il panorama della poesia italiana del Novecento è
difficile
da
affrontare
in
modo
sistematico,
essendo composto di una miriade di autori
complessi da catalogare e che sperimentano
forme nuove, talvolta contraddittorie, spesso in
evoluzione veloce e profonda.
Può essere utile, servirsi della celebre distinzione
fatta da Pasolini tra linea novecentista (facente
capo a Ungaretti, agli Ermetici e a una concezione
di poesia pura) e linea antinovecentista, legata,
da una parte, all’esperienza di Montale e alla sua
idea di una poesia che si faccia prosa; dall’altra,
alla poetica del “quotidiano” e delle “cose
semplici” tipica di Gozzano e di Saba
Soprattutto
con
Giuseppe
Ungaretti
e
Eugenio Montale la poesia italiana vive
un'importante stagione di rinnovamento, che
la porta a essere autentica, antiretorica,
profondamente emotiva e comunicativa.
Come non ricordarsi ………….
Consideriamo
che
nei
primi
decenni
del
Novecento in Italia la poesia vive un'importante
stagione, grazie ad alcune grandi personalità di
poeti che assumono un ruolo di guida e a
movimenti d'avanguardia.
La poesia del Novecento
Se si volesse indicare una caratteristica comune
delle varie esperienze con cui inizia il nostro
Novecento poetico, dovremmo forse dire che essa
consiste nella diversa consapevolezza che il poeta
ha del suo ruolo, che non è più quello del poetavate e nemmeno quello romantico di colui che ha
il privilegio di esprimere il mondo dell’interiorità e
dei sentimenti
I poeti del Novecento sembrano essere
consapevoli proprio della crisi di questo ruolo e
della
necessità
di
trovare
nuovi
moduli
espressivi.
«Perché
tu
mi
dici:
poeta?»
si
chiede
Corazzini, definendosi invece un «piccolo
fanciullo» che non ha altro che «lagrime da
offrire al Silenzio»
A. Palazzeschi
Chi sono? (1909)
Son forse un poeta?
No certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’ anima mia:
follia.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non à che un colore
la tavolozza dell’ anima mia:
malinconia.
Un musico allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’ anima mia:
nostalgia.
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
dinanzi al mio core,
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’ anima mia
Più tardi anche Montale nega che il poeta possa
essere artefice di un’illuminazione sentimentale od
intellettuale.
Scrive infatti:
«Non chiederci la parola che squadri
l’animo nostro informe...non domandarci la formula che
mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo»
Dunque l’avventura della poesia del Novecento inizia
e prosegue nel segno dell’interrogazione, o in un
frenetico attivismo (futurismo), o in una ricerca
rivolta si verso il mondo interiore ma non più animata
da alcuna delle antiche certezze.
Le “Avanguardie storiche”
Futurismo - Crepuscolarismo
Tentano di demolire il passato nelle sue forme e
nelle sue istituzioni e progettano un nuovo mondo,
con un atteggiamento di rivolta che spesso assume i
toni dello scherno e del cinismo.
Due posizioni
Futuristi: affrontano
nell’esaltazione
la crisi storica e intellettuale
incondizionata
della
civiltà
industriale, nella celebrazione della macchina e
della velocità.
Crepuscolari: cercano una soluzione alla crisi
fuggendo dalla città e tentando di tornare alla
semplicità, all’innocenza, agli affetti sani della vita di
campagna.
Il movimento futurista
Il Futurismo nasce ufficialmente il 20 febbraio 1909
a Parigi, quando sulle colonne del Figaro appare il
Manifesto del Futurismo a firma di Filippo Tommaso
Marinetti.
Seguono Manifesto tecnico della letteratura futurista
(1912) e Distruzione della sintassi – Immaginazione
senza fili – Parole in libertà (1913).

È
un
movimento
di
avanguardia
che
ha
risonanza europea.

Esprime il bisogno di vivere globalmente e
totalmente la contemporaneità, con una carica
dirompente e di rottura verso il passato, con un
atteggiamento polemico e provocatorio

Vuole dare una risposta al passatismo della
tradizione, coinvolgendo la totalità degli aspetti
della cultura e dell’arte.

Vuole porsi come modo di sentire e di vivere,
sintonizzandosi con le espressioni tipiche della
vita moderna nelle sue
vistose
manifestazioni
più
Al movimento, accompagnato da fenomeni del gusto e
della moda, aderiscono scrittori e artisti di varia natura:

poeti (Marinetti, Palazzeschi)

scrittori (Giuseppe Papini, Ardengo Soffici)

pittori (Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo
Balla, Fortunato Depero)

scrittori di teatro

musicisti
Per mettere in pratica il loro programma, i futuristi
cercarono anche un canale di comunicazione più
diretto e immediato con il pubblico:
o
riviste («Poesia» e «Lacerba»)
o
conferenze
o
opere musicali
o
serate futuriste
Fondazione e manifesto del futurismo
Esaltazione del progresso tecnico e scientifico, e
delle prospettive che esso apre.
Il nuovo valore, la velocità, «corsa» verso il futuro e
bisogno di liberarsi dei limiti, dei retaggi che la
vecchia cultura impone: sono questi gli elementi
base del Manifesto dei futurismo, esasperati in
asserzioni dogmatiche, e dalla letteratura si passa
ad appoggiare l'interventismo, il nazionalismo, la
guerra, come valori, come realizzazione dell'uomo
nuovo.
Dopo una parte introduttiva, Marinetti sintetizza
in 11 punti i principi del nuovo movimento:
Noi vogliamo cantare l'amor del
l'abitudine all'energia e alla temerità.
pericolo,
Il coraggio, l'audacia, la ribellione,
elementi essenziali della nostra poesia.
saranno
La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità
pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare
il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il
passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il
pugno.
Commento
Emerge
chiara
distruggendola
l'intenzione
e
di
rifondandola,
voler
plasmare,
una
nuova
concezione della vita e dell'arte.
La Belle Époque vede un susseguirsi di scoperte
scientifiche ed invenzioni tecniche che mutano
radicalmente ed in modo assai veloce la concezione
della vita
Tutto ciò crea, secondo i futuristi, l'urgenza di
rifondare alcuni modelli estetici e di ripensare a
nuove modalità di linguaggio per le generazioni
future,
destinate
a
vivere
in
un'epoca
caratterizzata da una profonda rottura con i
valori del passato.
Manifesto tecnico della letteratura futurista

Bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a
caso, come nascono.
 Si deve usare il verbo all’infinito per dare il senso della
continuità della vita.
 Si deve abolire l’aggettivo, poiché suppone una sosta, una
meditazione.
 Si deve abolire l’avverbio, in quanto conserva alla frase
una unità di tono.
 Abolire la punteggiatura, per accentuare certi movimenti
ed indicare le loro direzioni, si utilizzeranno segni della
matematica ed i segni musicali.

Bisogna introdurre nella letteratura tre elementi che
furono finora trascurati:
1. Il rumore 2. Il peso 3. L’odore

Bisogna abbandonare l’intelligenza per affidarsi
all’intuizione in grado di avvicinarci al nuovo mondo delle
macchine
La nuova letteratura futurista ha dunque come presupposto
la distruzione della sintassi. Vi è l’uso del verbo all’infinito,
per comunicare il senso della durata.
Vi è l’eliminazione dell’aggettivo e dell’avverbio
I segni matematici usati al posto della punteggiatura.
Dalla distruzione della sintassi si giunge alle “parole di libertà”.
All’ordine dell’arte si contrappone disordine, un’estetica del
“brutto”. All’intelligenza viene sostituita l’intuizione.
Il “peso” della materia.
Marinetti intende dare voce alla materia, e non alla psicologia.
Vi è il tentativo di riprodurre il “rumore”, il “peso”, l’”odore”.
Marinetti disse come doveva essere
l’artista futurista.
«Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità,
entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi. Chi odia i
ruderi, i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturismo, il
professoralismo, l’accademismo, l’imitazione del passato, il
purismo, le lungaggini e le meticolosità. Chi vuole svecchiare,
rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle
imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’accademismo
e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani».
POETA E SCRITTORE ITALIANO, MA FRANCESE DI
FORMAZIONE.
NATO IL 22 DICEMBRE 1876 AD ALESSANDRIA
D’EGITTO.
ESORDÌ PRESTO COME POETA E ROMANZIERE.
PUBBLICÒ IN LINGUA FRANCESE LE SUE PRIME
OPERE, NELLE QUALI SI AVVERTE UNA RICERCA
DI MODERNITÀ DEL LINGUAGGIO E DELLA
FORMA POETICA.
LA SUA PRIMA BATTAGLIA ARTISTICA È A
FAVORE DEL VERSO LIBERO.
MORÌ A COMO NEL 1944.
In All’automobile da corsa è interessante notare
l’esplicitazione
dei
temi
cari
ai
Futuristi:
l’automobile (che inizialmente era scritta senza
apostrofo, perché doveva essere considerata
maschile) è il simbolo di una nuova civiltà
imperniata sul culto della velocità; la sua immagine
è
del
tutto
positiva,
e diventa
un
di conquista dello spazio circostante.
simbolo
All’automobile da corsa
Veemente dio d'una razza d'acciaio,
Automobile ebbrrra di spazio!
che scalpiti e frrremi d'angoscia
rodendo il morso con striduli denti...
Formidabile mostro giapponese,
dagli occhi di fucina,
nutrito di fiamma
e d'olì minerali,
avido d'orizzonti e di prede siderali...
io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
per la danza che tu sai danzare
via per le bianche strade di tutto il mondo!..[…]
Commento
Le principali tematiche di questo componimento sono il
brivido della velocità, l’'ebbrezza del pericolo e l’esaltazione
del dio-macchina e sono i motivi conduttori.
Tra I' altro, Marinetti celebra gli spericolati guidatori che
sfidano il rischio in una folle corsa in automobile, aggrappati al
loro volante come all'asse terrestre.
La devozione totale del poeta al moderno e alle sue divinità
rovescia i rapporti tradizionali.
La natura viene disprezzata, al punto che il tema del canto
diviene il trionfo della macchina sopra di essa.
Per rappresentare in modo adeguato la vita
trasformata dalla velocità, ogni cosa e sensazione
vengono rapidamente dette e subito dopo
scivolano via, altrettanto rapidamente.
Sempre per dare I' impressione e I' emozione della
velocità, Marinetti ricorre a un fitto impasto di
similitudini e all'uso delI' onomatopea:
spicca I'allitterazione sulla r (ebbrrra, frrrerrmi,
Prrrendimi, crrrrollanti a prrrrecipizio), un artificio
fonico che vorrebbe tradurre con immediatezza il
rombo tonante del motore.
L' OPERA ZANG TUMB TUMB
Pubblicato nel 1914 nelle Edizioni futuriste di
Poesia, il poemetto in prosa parolibera si divide in
dieci parti; offre un resoconto poetico sulla guerra
turco-bulgara
(nota
come
seconda
guerra
balcanica) del 1912, alla quale Marinetti assistette
come inviato di un giornale.
L’opera obbedisce ai precetti della rivoluzionaria
maniera espressiva del Futurismo.
Interpretazione del testo
II brano celebra il rito “igienico” della guerra, del
quale vuole esprimere sulla pagina scritta tutta la
forza dinamica.
La violenza e la ferocia della guerra sono recepite
da Marinetti come musica, come spettacolo
bellissimo e purificatore.
Lo stile sostiene il messaggio: le parole in libertà
servono a commentare come didascalie I'
avvenimento di guerra.
L'autore vuole rappresentare le sensazioni suggerite
dal bombardamento nella maniera più oggettiva e
fedele possibile.
Non descrive, perciò, ma raccoglie con ossessiva
attenzione le impressioni, le immagini, i suoni di una
giornata di guerra.
Le forme sulla pagina imitano lo sconquasso
provocato dal bombardamento.
Sono ripetuti ed evidenziati i sostantivi chiave, che
esprimono le virtù e i valori che si vogliono
celebrare.
Sul piano linguistico, spiccano tre fenomeni:

la mancanza di punteggiatura;

I' uso dell'onomatopea, che diviene pienamente
comprensibile solo se il brano viene letto ad alta
voce e recitato;

infine I' uso dell'accumulo verbale: incontriamo
serie di verbi all'infinito (sventrare, balzare, ecc.),
sequenze di vocaboli che si richiamano per
analogia (azzannarlo, sminuzzarlo, sparpagliarlo;
oppure alture, palchi).
Malgrado tutto però Marinetti non riesce a ricorrere
in maniera esclusiva alle parole in libertà.
Nel testo incontriamo infatti frasi tradizionali (non
sento più i miei piedi gelati),
L 'autore vorrebbe eliminare gli avverbi, e invece si
lascia sfuggire un «comunica telefonicamente».
La stessa caduta della punteggiatura è compensata
daIl' uso degli spazi bianchi, che hanno, in fondo, la
medesima funzione dl scandire i tempi della lettura
A. Palazzeschi
Aldo Palazzeschi (1885-1974)
Pseudonimo di Aldo Giurlani.
La sua produzione abbraccia un arco
vastissimo toccando esperienze lontane fra
loro.
Periodo crepuscolare: I cavalli bianchi (1905),
Lanterna (1907), Poemi (1909)
Periodo futurista: L’incendiario (1910), il romanzo Il codice di
Perelà (1911), il manifesto Il Controdolore (1914).
La prima guerra mondiale chiude tutto un periodo della
produzione di Palazzeschi.
Del 1934 è il romanzo Sorelle Materassi, del 1948 I fratelli
Cuccoli.
La fontana malata
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch...
È giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo!
Sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace...
di nuovo.
Tossisce.
Mia povera
fontana,
il male
che hai
il cuore
mi preme.
Si tace,
non getta
più nulla.
Si tace,
non s'ode
rumore
di sorta
che forse...
che forse
sia morta?
Orrore
Ah! No.
Rieccola,
Ancora
tossisce,
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
chchch...
La tisi
l'uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto...
Che lagno!
Ma Habel!
Vittoria!
Andate,
correte,
chiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari...
magari
morire.
Madonna!
Gesù!
Non più!
Non più.
Mia povera
fontana,
col male
che hai,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch...
Aldo Palazzeschi, Poemi
Aldo Palazzeschi
Letterato dalla personalità originale, Palazzeschi
sfugge a una precisa identificazione con un
movimento.
Nella prima produzione poetica ritorna il mondo caro
ai crepuscolari, ma il poeta toglie a quei temi la
tenerezza e la malinconia, per sostituirvi la
vocazione al riso.
La funzione del poeta, ridotto a un saltimbanco
dell’anima, viene ribaltata nel grottesco e nel
ridicolo e il poetare non è altro che un divertimento.
Del Futurismo Palazzeschi rifiuta l’esaltazione
della velocità e della macchina, la celebrazione
della guerra sola igiene del mondo.
Accoglie invece lo sperimentalismo delle
onomatopee, delle immagini e delle parole in
libertà,
l’avversione
al
romanticismo
sentimentale, all’estetismo.
La sua produzione è tutta intrisa del tono ironico
e burlesco.
Bisogna abituarsi a ridere di tutto quello di cui
abitualmente si piange… l’uomo non può
essere considerato seriamente che quando
ride… Bisogna educare al riso i nostri figli, al
riso smodato, più insolente, al coraggio di
ridere rumorosamente… Sviluppare […]
quell’istinto utile e sano che ci fa ridere di un
uomo che cade per terra e lasciarlo rialzare
da sé comunicandogli la nostra allegria.
Aldo Palazzeschi
A. Palazzeschi
Questi versi sono un esempio eloquente
dell’atteggiamento dei futuristi nei confronti della
poesia tradizionale. In modo polemico e
provocatorio il poeta prende in giro chi, in
passato, ha composto poesie serie, rispettando
ogni regola.
Palazzeschi rivendica la libertà di trasgredire
tutte le norme. La poesia, dice, non ha più nulla
da offrire agli uomini; i tempi sono cambiati, la
vecchia poesia è morta: lasciatemi divertire!
Lasciatemi divertire
Tri tri tri,
fru fru fru,
ihu ihu ihu,
uhi uhi uhi!
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Ma se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
Farafarafarafa,
tarataratarata,
paraparaparapa,
laralaralarala!
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie
Bubububu,
fufufufu.
Friu!
Friu!
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno
si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee!
Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovanotto,
ditemi un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
un sì gran foco?
Huisc…Huiusc…
Sciu sciu sciu,
koku koku koku.
Ma come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in
giapponese.
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro,
gli daranno del somaro.
Labala
falala
falala
eppoi lala.
Lalala lalala.
Certo è un azzardo un po’ forte,
scrivere delle cose così,
che ci son professori oggidì
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine io ò pienamente ragione,
i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non dimandano
più nulla dai poeti,
e lasciatemi divertire!
Commento al testo
II componimento è costruito come un dialogo di stampo
teatrale, quasi una pantomima.
Un veloce scambio di battute oppone il poeta a un
immaginario pubblico, che liberamente interloquisce con
lui.
AII‘ inizio di ogni strofa compaiono suoni senza significato,
oppure onomatopee.
Seguono, nei versi successivi, le voci del poeta (che
difende il proprio divertimento) e dei suoi interlocutori
anonimi (che glielo contestano).
Queste voci sono a volte isolate, a volte mescolate tra
loro: ruoli e punti di vista s'intrecciano bizzarramente.
In sottofondo, una divertita girandola di fonemi propone
una specie di commento «canoro» e «musicale a queste
battute di dialogo
Lo scopo dichiarato dall'autore è divertirsi. Tale motivo
chiave viene enunciate fin dal v. 5, il primo del testo ad
avere un significato (il poeta si diverte); sarà ripreso più
volte nel corso del componimento (v. 9, v. 78, e con
varianti lessicali ai w. 51 e 76); lo ritroviamo infine nella
chiusa (e lasciatemi divertire!, v. 96).
«Divertirsi», per Palazzeschi, significa giocare con le forme
della tradizione letteraria e con le stesse parole, ridotte a
suono elementare, a sberleffo
Al pubblico borghese, che protesta contro le indecenze e le
strofe bisbetiche delta sua poesia, il poeta oppone la libertà
di fare ciò che più gli aggrada, persino la libertà di
riutilizzare la roba avanzata, la spazzatura delle altre
poesie.
La filastrocca prende di mira i benpensanti, i professori, chi
ancora identifica la poesia in un gran foco divino, o la ritiene
portatrice di valori e di significati.
Le idee
Una rivoluzione estetica di massa:
Il futurismo precede il fascismo, che nella
sua fase "rivoluzionaria", ne utilizza idee ed
energie.
Il futurismo è il primo movimento del secolo
ad aspirare a un seguito di massa.
• La città alla quale pensano i futuristi è il risultato di una progressiva
urbanizzazione, dell’industrializzazione e della società delle macchine
• Essa è popolata da masse che si muovono convulsamente, seguendo i
ritmi frenetici della fabbrica e della moderna civiltà.
Umberto
Boccioni
La città che sale,
1910
Umberto Boccioni
Dinamismo di un
giocatore di football
Giacomo
Balla
Dinamismo di
un cane al
guinzaglio
1912
Movimenti e poeti
Un posto di tutto rilievo nella storia della
poesia novecentesca, e più precisamente del
primo Novecento, lo occupano i crepuscolari:
Corazzini, Moretti ed in particolare
Gozzano.
Guido
Crepuscolarismo
Il termine “Crepuscolarismo” fu coniato da Giuseppe Antonio
Borgese per identificare il tramonto della “gloriosa poesia”
italiana:
Si direbbe che dopo le Laudi e i Poemetti la poesia
italiana si sia spenta. Si spegne, infatti, ma in un mite e
lunghissimo crepuscolo.
Il Crepuscolarismo è un clima culturale, un modo di
atteggiarsi di fronte alla realtà e alla letteratura che esprime
una raffinata nostalgia per un mondo perduto per sempre.
Con i crepuscolari, dunque, incomincia la nuova
poesia del '900 con caratteristiche opposte a quella
precedente
Infatti, i crepuscolari (insieme con i futuristi) si
pongono ormai in piena rottura con la tradizione e,
investiti
dalla
complessa
spiritualità
del
Decadentismo, operano nella poesia un profondo
cambiamento di contenuto e di forme.
L’universo poetico dei crepuscolari è malinconico,
dimesso, umile; anche gli elementi più tipici di
esso: i giardini e le ville abbondonate, gli organetti
di Barberia e le «buone cose di pessimo gusto»
tanto care a Guido Gozzano, assumono un valore
eminentemente simbolico, dato che in essi si
rispecchia una condizione interiore.
La personalità di maggiore rilievo è proprio quella di
Guido Gozzano, torinese, morto molto giovane di tisi.
I temi e soprattutto gli scenari scelti e le immagini
dell’antico non vengono celebrate da Gozzano come
immagini di bellezza o verità, ma esprimono invece la
profonda malinconia di un animo rassegnato (pur se a
volte ironicamente) alla consapevolezza della caducità
delle cose, della fragilità della vita stessa.
G. Gozzano
Biografia
Nato a Torino nel 1883 da famiglia benestante,
egli si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza
senza tuttavia mai conseguire la laurea.
La sua inclinazione per la poesia si manifestò
proprio durante gli anni universitari quand'egli
preferiva andare a sentire le lezioni di letteratura
italiana tenute da A. Graf, un poeta allora tenuto
in grande considerazione, piuttosto che quelle di
Giurisprudenza. Incominciò così a frequentare i
circoli letterari
Cominciò quindi a scrivere poesie delle quali
fondamentale è la raccolta intitolata Colloqui,
apparsa nel 1911.
Nella sua breve esistenza sono importanti i
soggiorni estivi ad Aglié (TO), città natia, dove
colloca la Villa Amarena della Signorina Felicita - e
la relazione iniziata dal 1907 con la poetessa
Amalia Guglielminetti.
Già in questo periodo cominciarono a manifestarsi
i primi sintomi di tisi, malattia “di moda” all’epoca.
Nel
1909
con
la
morte
della
madre
e
successivamente anche del padre, Gozzano
comincia a scoprire le preoccupazioni per la vita
economica, è costretto, infatti, a vendere la sua
amata casa ad Agliè.
Nel 1912-1913 compì un viaggio in India, molto
breve, della durata di un solo mese, di cui scrisse
un resoconto per «La Stampa»
Nel 1915 la sua malattia, la tisi, si aggrava fino ad
esplodere in una crisi decisiva.
Trasportato in condizioni ormai disperate a Torino
muore nel 1916.
Opere
Fra le sue raccolte poetiche le più importanti
sono: La via del rifugio (1907), che ottenne uno
straordinario successo di critica e pubblico lo
stesso anno, e I colloqui (1911), che rimangono il
suo capolavoro.
Lavorò anche ad un poemetto, Le farfalle, e
scrisse racconti e fiabe.
I colloqui
La signorina Felicita ovvero la felicità
1 Signorina Felicita, a quest’ora
Vill’Amarena a sommo dell’ascesa
scende la sera nel giardino antico
coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa
della tua casa. Nel mio cuore amico
dannata, e l’orto dal profumo tetro
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
di busso e i cocci innumeri di vetro
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
sulla cinta vetusta, alla difesa...
e quel dolce paese che non dico.
Vill’Amarena! Dolce la tua casa
Signorina Felicita, è il tuo giorno!
in quella grande pace settembrina!
A quest’ora che fai? Tosti il caffè,
La tua casa che veste una cortina
e il buon aroma si diffonde intorno?
di granoturco fino alla cimasa:
O cuci i lini e canti e pensi a me,
come una dama secentista, invasa
all’avvocato che non fa ritorno?
dal Tempo, che vestì da contadina.
E l’avvocato è qui: che pensa a te.
Bell’edificio triste inabitato!
Pensa i bei giorni d’un autunno
addietro,
Grate panciute, logore, contorte!
Antica suppellettile forbita!
Silenzio! Fuga delle stanze morte!
Armadi immensi pieni di lenzuola
Odore d’ombra! Odore di passato!
che tu rammendi pazïente... Avita
Odore d’abbandono desolato!
semplicità che l’anima consola,
Fiabe defunte delle sovrapporte!
semplicità dove tu vivi sola
[…]
con tuo padre la tua semplice vita!
Penso l’arredo – che malinconia! –
penso l’arredo squallido e severo,
Quel tuo buon padre – in fama d’usuraio
antico e nuovo: la pirografia
quasi bifolco, m’accoglieva senza
sui divani corinzi dell’Impero,
inquietarsi della mia frequenza,
la cartolina della Bella Otero
mi parlava dell’uve e del massaio,
alle specchiere... Che malinconia!
mi confidava certo antico guaio
notarile, con somma deferenza.
Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga...
E rivedo la tua bocca vermiglia
così larga nel ridere e nel bere,
e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d’efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l’iridi sincere
azzurre d’un azzurro di stoviglia...
[…]
Oh! questa vita sterile, di sogno!
Meglio la vita ruvida concreta
del buon mercante inteso alla moneta,
meglio andare sferzati dal bisogno,
ma vivere di vita! Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d’essere un poeta!
Tu non fai versi. Tagli le camicie
per tuo padre. Hai fatta la seconda
classe, t’han detto che la Terra è tonda,
ma tu non credi... E non mediti
Nietzsche...
Mi piaci. Mi faresti più felice
d’un’intellettuale gemebonda...
Tu ignori questo male che s’apprende
in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti,
tutta beata nelle tue faccende.
Mi piace. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.
Ed io non voglio più essere io!
Non più l’esteta gelido, il sofista,
ma vivere nel tuo borgo natio,
ma vivere alla piccola conquista
mercanteggiando placido, in oblio
come tuo padre, come il farmacista...
Ed io non voglio più essere io!
I temi
Il Crepuscolarismo dunque racconta un mondo di piccole
cose, di dimessa quotidianità.

Alla mondanità delle città, delle ville, dei salotti
alto-borghesi, i crepuscolari contrappongono gli
orti, i giardini, i conventi, le chiesette, i cimiteri di
campagna, le stazioncine di provincia, il salotto
buono piccolo-borghese.

Di contro alle donne fatali e raffinate, propongono
le signore che scelgon le paste nelle confetterie, la
cuoca diciottenne, le fantesche.
La volontà di potenza si rovescia in un diffuso
senso di malinconia e di nostalgia, di morte, di
stanchezza
di
vivere,
di
disadattamento
esistenziale.
Il poeta non aspira più ad essere guida e
interprete delle esigenze della nazione, adesso
chiede solo che lo si lasci sognare (Gozzano) o
divertire (Palazzeschi) o morire (Corazzini).
Lo stile
Alla
poesia
dal
tono
magniloquente,
crepuscolari
oppongono
quotidiano,
colloquiale,
un
con
alto,
i
tono
dimesso,
un
periodare
discorsivo, prosaicizzato e un lessico comune,
impoetico, preso dalla lingua d’uso
Alla ricerca degli effetti musicali contrappongono un
uso della parola che indica gli oggetti, della
filastrocca, della ripetizione.
Le rime vengono usate non in funzione di
elevazione musicale, ma in funzione ironica e
dissacratoria, con l’accostamento di parole di
livello stilistico diverso:
divino/intestino, malinconia/radioscopia,
fuggitivi/legumi improduttivi.
L’ironia
La sua polemica è rivolta non solo alla tradizione
letteraria, ma investe anche i temi della sua
poesia e se stesso come poeta.
Il costante atteggiamento autoironico consente al
poeta di prendere le dalla sua rappresentazione,
che a volte colloca lontano nel tempo e nello
spazio.
Lo stile
Il contrasto creato dall’ironia, fra un mondo di cose
evocate e ripudiate, amate e derise, è reso nel
linguaggio con l’uso frequente dell’aggettivo
antitetico: buone cose di pessimo gusto, dolci
bruttissimi versi.
Frequente il contrasto fra lessico banale,
quotidiano, tipico del crepuscolarismo (stoviglie,
biciclette, rotaie del tram, ecc.) e un lessico aulico
(peplo, rabescare, cornucopia, ecc.).
La rima è spesso usata contrapponendo parole di
diverso livello linguistico e con funzione di
dissacrante ironia: divino/intestino.
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Futurismo e Crepuscolarismo