Corte dei conti
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO
PER L’UMBRIA
INDAGINE SULLA GESTIONE
DEGLI INTERVENTI DI RICOSTRUZIONE DOPO
IL TERREMOTO DEL SETTEMBRE 1997
________________________
Magistrato istruttore
Consigliere Giuseppe Troccoli
Gruppo di lavoro
Dott.ssa Melita di Iorio (Coordinatore)
Giovanni Bacci, Silvana Zuccalà
INDICE
Deliberazione n. 4/2004/G
Capitolo I
Obiettivi e metodo dell’indagine……………………….………………………………..
pag.
1
“
3
Analisi dello stato di attuazione degli interventi………….…………………….
“
8
A
B
C
“
“
“
“
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“
“
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“
8
Considerazioni sui risultati dell’attività istruttoria……….…………………..
“
21
A
B
C
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“
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“
21
22
25
25
25
30
34
“
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“
“
“
34
35
37
39
41
45
Capitolo II
Il quadro normativo..…………………………….…………………………….……………..
Capitolo III
D
E
F
Le fonti………………………………………………………..….….…………………..
L’emergenza……………………………………………………..…………………….
La ricostruzione…………………………………………………..………………….
C.1
Edilizia privata…………………………………..…..… ……………….
C.2
Patrimonio pubblico……………………………….…………………..
C.2.1 Opere pubbliche……………………..………………… ……………….
C.2.2 Infrastrutture rurali………………………………..… ……………….
C.2.3 Dissesti idrogeologici.………………………………..……………….
C.2.4 Beni culturali………………………………….…………. ……………….
Altri interventi………………………………………………….….. ……………….
Le risorse finanziarie………………………………………….… ……………….
Il completamento della ricostruzione.……………….………………….
8
10
10
12
12
13
13
14
15
17
20
Capitolo IV
D
E
F
G
H
Il modello umbro…………………………………………………………………….
La fine dell’emergenza………………………………………..…………………
La ricostruzione: l’edilizia privata …………………………………………
C.1 La ricostruzione leggera……….………………….……………………
C.2 La ricostruzione pesante……….……………………………………….
C.3 La ricostruzione integrata……….……………………………………..
Il patrimonio pubblico….………………………………………………………..
D.1 Opere pubbliche, infrastrutture rurali, dissesti
idrogeologici………………………………………………………………….
D.2 Beni culturali………………….……………………….…………………….
Controlli…………………………………………….…………………………………..
Le risorse finanziarie……………………………………………………………..
Il completamento della ricostruzione……………..……………………
Conclusioni…………………………………………………………………………….
Deliberazione n. 4 /2004/G
Corte dei
Conti
la Sezione Regionale di controllo per l'Umbria
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Emanuele ARCANO
Dott. Mario BUSCEMI
Dott. Giuseppe TROCCOLI
Dott.ssa Maria Luisa ROMANO
Presidente
Consigliere-componente
Consigliere- relatore
Referendario-componente
nell'adunanza del giorno 22 dicembre 2004
Visto l’art. 100, comma 2°, della Costituzione;
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con R.D. 12 luglio
1934, n. 1214 e successive modificazioni ed integrazioni;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20, ed in particolare l’art. 3, commi 4, 5 e 6;
Visto il regolamento adottato dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti con
deliberazione n. 14/DEL/2000 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni
concernente l’organizzazione delle funzioni di controllo e in particolare l’art. 2
relativo all’istituzione e alle competenze delle Sezioni regionali di controllo;
Vista la propria deliberazione n. 4/2003/G del 27 novembre 2003 di
approvazione del programma di controllo con la quale è stata disposta un indagine
sulla gestione degli interventi di ricostruzione nella Regione Umbria dopo la crisi
sismica del settembre 1997, affidandone l’istruttoria al Consigliere Giuseppe
Troccoli;
Vista la relazione concernente le risultanze istruttorie dell’indagine sopra
indicata;
Vista l’ordinanza presidenziale in data 3 dicembre 2004 di convocazione per
l’odierna adunanza;
Udito il relatore Consigliere Giuseppe Troccoli.
DELIBERA
Di approvare l’unito referto in esito all’indagine sulla gestione degli interventi di
ricostruzione dopo il terremoto del settembre 1997.
ORDINA
La trasmissione della presente deliberazione e del suddetto referto che ne
forma parte integrante, al Presidente del Consiglio della Regione dell’Umbria.
Il Relatore
f.to Giuseppe Troccoli
Il Presidente
f.to Emanuele Arcano
Depositata in segreteria il 22 dicembre 2004
Il Direttore della Segreteria
f.to Melita Di Iorio
CAPITOLO I
Obiettivi e metodo dell’indagine
La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Umbria, con
deliberazione n. 4/2003/G del 27 novembre 2003, ha deliberato l’avvio di una
indagine sulla gestione degli interventi di ricostruzione dopo la sequenza sismica
che colpì, con vari eventi protrattisi con diversa intensità per circa nove mesi
a
partire dal 26 settembre 1997, una fascia della catena appenninica tra Umbria e
Marche. L’indagine non si occupa invece degli interventi cha hanno fatto seguito al
sisma del 16 dicembre 2000 in provincia di Terni, che attualmente sono affidati alla
gestione commissariale del Presidente della Regione, nominato Commissario
delegato per la Protezione Civile, e presenta quindi problematiche diverse.
In aderenza alla esigenza di tenere fermi indirizzi e regole già definiti e in
coerenza con il principio dello “scorrimento” della programmazione più volte
ribadito dalle linee guida delle Sezioni riunite della Corte, essa riprende il percorso
già tracciato da una precedente Indagine, avente medesimo oggetto, dei cui
risultati è stato dato conto con apposito Referto del gennaio 2002.
La Sezione ha infatti ritenuto, anche alla luce della legge 131 del 5 giugno
2003, che al comma 7 dell’art. 7 ha rilanciato il ruolo della Corte nel controllo sulla
gestione delle Regioni, già previsto dalla legge 14 gennaio 1994 n. 20, di dover
offrire un contributo, sottolineando la natura collaborativa del proprio intervento, al
processo di ricostruzione ancora in atto, che vede così massicciamente impegnati
da anni, in collaborazione con le diverse Amministrazioni Statali, la Regione e gli
Enti locali delle località colpite, con l’impiego di risorse finanziarie pubbliche,
comunitarie e private molto ingenti ed un grande coinvolgimento delle popolazioni
interessate.
La nuova indagine, basandosi sulla imprescindibile collaborazione della
Regione, si propone di fare un approfondimento, ormai a sette anni dal terremoto
del 1997, sulle caratteristiche del processo di ricostruzione realizzato ed in corso
attraverso
lo
valutazione,
svolgersi
sotto
il
completo
profilo
della
delle
sua
attività
efficacia,
gestionali,
efficienza
per
ed
fornire
una
economicità,
evidenziando eventuali criticità e discordanze rispetto ai traguardi anche temporali
originariamente posti e valutando le caratteristiche ed il funzionamento del sistema
dei controlli.
Il tutto ponendosi come obiettivo finale quello di fornire alla Regione
valutazioni e suggerimenti che possano essere utili a supportare sia l’attività di
controllo del Consiglio regionale, sia eventuali iniziative volte al superamento delle
criticità che si siano potute riscontrare e, comunque, che possano consentire un
approfondimento di fenomeni gestionali che si presentano molto complessi, anche
nella prospettiva della conclusione, in un arco temporale per quanto possibile
definito, dell’intervento di ricostruzione.
L’indagine si è svolta, sin dall’inizio, con un rigoroso rispetto dei principi che
regolano il controllo collaborativo, ed è iniziata quindi con una serie di incontri con i
responsabili, a livello sia politico che amministrativo, della Amministrazione
regionale, ritenuti preliminari a qualsiasi attività di formale acquisizione di elementi
e documentazione.
Di pari passo si è proceduto ad informare della iniziativa i Presidenti delle
Province di Perugia e Terni, ai quali è stata chiesta una informativa sul ruolo svolto
dalle rispettive Amministrazioni nelle attività di ricostruzione post-terremoto, con
specifico riguardo all’attività, delegata dalla Regione, di controllo qualitativo e
quantitativo della riparazione e ricostruzione degli edifici danneggiati.
Sin dall’inizio l’Indagine si è svolta anche con la collaborazione dei Comuni
maggiormente danneggiati e ancora coinvolti nel processo di ricostruzione, anche
attraverso alcune visite (nei Comuni di Foligno, Nocera Umbra e Spoleto) per
acquisire in loco una conoscenza diretta e concreta dell’attività svolta e dei problemi
incontrati. Successivamente si sono tenute audizioni con sei Comuni ritenuti un
campione maggiormente rappresentativo per l’analisi delle problematiche della
ricostruzione ancora in corso: i Sindaci dei Comuni di Assisi, Foligno, Gualdo
Tadino, Nocera Umbra, Sellano e Valtopina sono stati ascoltati presso la sede della
Sezione, in separate audizioni, nel corso dei mesi di settembre e ottobre 2004 e nel
più ampio spirito di collaborazione hanno risposto ai quesiti posti fornendo altresì
delle relazioni scritte.
Per quanto riguarda la Amministrazione regionale, dopo un incontro iniziale
con l’Assessore competente, si è proceduto alla richiesta formale di una serie di
informazioni, alla quale è stata data risposta con un documento consegnato in
occasione di un incontro, l’8 settembre 2004, con il medesimo Assessore. Già in
precedenza per altro, si era acquisita sia per le vie brevi, grazie alla grande
disponibilità degli uffici della Regione, sia attraverso la consultazione degli appositi
siti istituzionali regionali e delle Relazioni semestrali di monitoraggio dell’Accordo di
programma quadro (ex art. 16 c. 1, l. 61 del 1998), nonché dei resoconti del
Consiglio regionale, una cospicua quantità di dati ed informazioni che hanno
consentito
di
predisporre
una
relazione
sui
risultati
dell’attività
istruttoria,
trasmessa alla Regione il 9 novembre 2004 alla quale la Regione non ha ritenuto di
dover fare controdeduzioni scritte.
CAPITOLO II
Il quadro normativo
L’oggetto e le finalità del controllo collaborativo sulla gestione delle Regioni,
così come definito dalle leggi vigenti, impongono di partire in questa indagine dalla
definizione del quadro normativo di riferimento, per individuare gli obiettivi che si
sono posti il legislatore statale e regionale e cercare successivamente di verificare il
livello di perseguimento nel tempo dei medesimi e le motivazioni degli eventuali
scostamenti e delle criticità riscontratesi in sede di attuazione.
Questa attività preliminare presenta un particolare interesse perché, per una
serie di circostanze, il quadro normativo che venne delineandosi nel post-terremoto
si presenta come ben riuscito ed articolato, anche se indubbiamente complesso.
La scelta fondamentale fu quella di porre mano ad un sistema articolato ed
integrato di norme statali e regionali caratterizzato dall’affidamento alle leggi statali
e regionali, nell’ambito delle rispettive competenze, del compito di definire le
opzioni e gli indirizzi generali, ed alle ordinanze ministeriali e commissariali del
compito di regolamentare gli aspetti operativi, garantendo così al sistema nel suo
complesso quel tasso di flessibilità necessario per assicurare la buona riuscita degli
interventi sin dalla fase della prima emergenza.
Altra caratteristica fondamentale dell’intervento del legislatore nazionale e
regionale fu quella che, sin dall’inizio, forse grazie anche alle esperienze maturate
in precedenti esperienze nella stessa Umbria oltre che nel resto del Paese, si ebbe
una percezione sufficientemente chiara della complessità degli interventi ai quali si
doveva
porre
mano
nelle
due
fasi
classiche
del
post-terremoto,
quella
dell’emergenza e quella della ricostruzione. Attività, quest’ultima, di grande
delicatezza perché, oltre alla definizione dei rapporti tra le diverse istituzioni ai vari
livelli ed alla individuazione delle risorse, si è trattato di definire il modello di
ricostruzione al quale attenersi in una zona che presenta caratteristiche tutte
peculiari dal punto di vista del territorio, urbanistico e della tutela di un
ingentissimo patrimonio storico culturale. E su questo punto c’è da rilevare che il
legislatore ha avuto ben chiara la volontà di innovare rispetto al passato, di non
limitarsi ad intervento volto alla semplice riparazione dei singoli danni ed al
ripristino delle condizioni precedenti all’evento sismico, ma si è posto l’ambizioso
obiettivo del miglioramento antisismico (e quindi della prevenzione), nonché
dell’intervento unitario, per mettere in sicurezza un territorio a riconosciuto elevato
rischio sismico, fornendo in questo modo anche le premesse per l’attivazione ed il
rilancio delle condizioni per lo sviluppo (anche se sarebbe improprio vedere negli
interventi di ricostruzione post-terremoto lo strumento per risolvere tutti i problemi
dello sviluppo preesistenti ed indipendenti dal terremoto stesso).
Ritornando alla definizione del quadro normativo, il punto di partenza di
tutto il processo è stato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM
27.9.1997) con il quale, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 veniva
dichiarato lo stato di emergenza nazionale per l’intero territorio delle regioni Marche
ed Umbria; stato di emergenza che è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre
2004 (DPCM del 13.12.2003). Ad esso fece seguito il 28 settembre 1997 l’ordinanza
n. 2668 del Ministro dell’Interno delegato per la protezione civile con la quale
furono adottate le prime misure straordinarie che hanno permesso, attraverso la
nomina dei Presidenti delle Regioni interessate a Commissario delegato per la
protezione civile, di realizzare, con l’adozione di ulteriori ordinanze, una serie di
interventi straordinari tutti preordinati, a partire dal censimento dei danni, ad
assicurare la ripresa delle normali condizioni di vita delle popolazioni, il recupero
degli insediamenti abitativi, il ripristino delle infrastrutture ed il riavvio delle attività
produttive. Nel successivo mese di ottobre fu adottata l’ordinanza n. 2669 del 1997,
con la quale venne istituita la figura del Commissario delegato per gli interventi sui
beni
del
patrimonio
storico-artistico,
provvedimento
che
ha
permesso
la
realizzazione degli interventi più urgenti per risanare le profonde ferite arrecate dal
sisma ad un territorio così ricco di storia e di bellezze culturali.
A parte il d.l. 27.10.1997, n. 364, convertito nella l. n. 434 del 17.12.1997
(recante interventi urgenti a favore delle zone colpite da ripetuti eventi sismici nelle
regioni Marche ed Umbria), l’art. 12 della l. n. 449 del 27 dicembre 1997 (recante
misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), che costituivano i classici
interventi per la prima emergenza, e l’ordinanza commissariale 18 novembre 1997,
n. 61, che rappresenta il fondamento della ricostruzione “leggera”, il primo
provvedimento legislativo di ampio respiro, che sancisce il passaggio definitivo dalla
fase dell’emergenza a quella della ricostruzione, e che costituisce l’architrave di
tutto il modello della ricostruzione ancora in corso, è costituito dalla legge n. 61 del
30 marzo 1998 (che convertì, con modificazioni, il d.l. 30 gennaio 1998 n. 6). In
essa, premesso che si riconosce, innovando rispetto al passato, un vero e proprio
diritto dei cittadini colpiti nei propri beni alle provvidenze per il risanamento o la
ricostruzione delle proprietà danneggiate, viene stabilito il quadro degli interventi
da realizzare e gli strumenti, i principi ed i criteri generali per la loro attuazione,
assegnando i rispettivi ruoli agli Enti locali (in realtà un ruolo rilevante è
riconosciuto ai soli Comuni) ed alla Regione, alla quale in particolare è demandato il
compito di stabilire le norme di dettaglio circa le priorità e le norme tecniche,
amministrative e finanziarie da seguire per la realizzazione delle singole tipologie
previste.
La legge n. 61, alla quale sono state apportate successive modifiche ed
integrazioni (in particolare con le leggi: n. 144 del 17 maggio 1999; n. 266 del 13
luglio 1999; n. 488 del 23 dicembre 1999; n. 365 dell’11 dicembre 2000; n. 448 del
23 dicembre 2001; n. 166 del 1 agosto 2002; n. 289 del 27 dicembre 2002; n. 350
del 24 dicembre 2003) si caratterizza anche per la volontà di garantire, al tempo
stesso, sia ampie forme di partecipazione attraverso il ruolo riconosciuto alle
Regioni ed ai Comuni nonché ai cittadini singoli ed associati, attuando una sorta di
sussidiarietà ante litteram, (e sulla stessa via si collocherà il legislatore regionale
riconoscendo un ruolo amplissimo ai privati); sia la programmazione degli interventi
di ricostruzione in piena collaborazione tra Stato e Regione, attraverso la previsione
della utilizzazione dell’Intesa istituzionale di programma (di cui all’art. 2, c. 203
della l. 23 dicembre 1996 n. 662); sia, infine, una visione integrata degli interventi
di ricostruzione attraverso il ricorso allo strumento del programma integrato di
recupero.
In particolare, per quanto riguarda il primo l’aspetto, viene individuata
l’Intesa istituzionale di programma come lo strumento della collaborazione tra Stato
e Regione per la programmazione degli interventi di ricostruzione e sviluppo dei
territori interessati dalla crisi sismica, sottolineandosi nella legge che essa deve
riguardare in particolare la connessione tra interventi straordinari (strettamente
finalizzati alla ricostruzione) ed interventi ordinari, con specifica attenzione a quelli
riguardanti lo sviluppo delle infrastrutture, le relative risorse, i tempi ed i soggetti
responsabili (v. art. 2).
L’Intesa istituzionale di programma fra Governo e Regione Umbria, stipulata
il 3 marzo 1999, ha un contenuto molto interessante. Innanzitutto, fin dall’inizio si
pone un obiettivo più ampio della semplice ricostruzione, guardandosi in essa anche
al “perseguimento delle azioni di aggiustamento strutturale che consenta la
collocazione graduale del processo di sviluppo della Regione su un sentiero di
crescita in grado di colmare il gap di competitività accumulato nei confronti delle
Regioni del centro nord” (art. 3, comma 1 dell’Intesa): obiettivi, questi, da
conseguire attraverso successivi programmi, interventi ed Accordi di programma
quadro (per la ricostruzione, la viabilità, e per studi di fattibilità) da elaborare sulla
base del lavoro di appositi gruppi misti Regione-Amministrazioni centrali (art. 3,
comma 3)
E’ previsto poi (art. 7) un Comitato istituzionale di gestione, composto in
modo paritetico da rappresentanti del Governo e della Giunta Regionale, per la
gestione “politica” dell’Intesa (iniziative per la realizzazione degli interventi e
possibile riprogrammazione e riallocazione delle risorse) ed un Comitato paritetico
di attuazione (art. 8), organo tecnico anch’esso di sei membri. Sono previsti altresì
poteri sostitutivi in caso di inerzia, ritardi o inadempienze (art. 9), procedure di
conciliazione (art. 10) ed una attività di verifica complessiva e di eventuale
aggiornamento degli obiettivi dell’Intesa (art. 10).
In
attuazione
contemporaneamente
dell’Intesa
un
Accordo
è
di
stato,
in
programma
particolare,
quadro
stipulato
finalizzato
alla
realizzazione degli interventi necessari per la ricostruzione e ripristino delle
strutture danneggiate e per la riparazione dei dissesti idrogeologici conseguenti alle
crisi sismiche. Nell’Accordo è prevista anche (art. 4) la nomina di un soggetto
responsabile dell’attuazione dell’Accordo stesso, individuato in un alto dirigente
della Regione.
L’altro fondamentale strumento di programmazione previsto dalla legge 61 è
il Programma integrato di recupero (art. 3) che, nella logica del legislatore,
costituisce lo strumento operativo “principe” per attuare in modo integrato la
ricostruzione dei centri e nuclei di particolare interesse particolarmente colpiti,
superando
cioè
la
tradizionale
modalità
dell’intervento
edilizio
singolo,
ma
collocandosi invece nella logica di un progetto organico che prevede un complesso
coordinamento di interventi sia sull’edilizia pubblica che su quella privata, sui beni
culturali, sugli eventuali dissesti del terreno nonché sulle infrastrutture a rete.
E’ importante la procedura di formazione di questo che è uno strumento di
natura essenzialmente programmatoria e finanziaria, ma che può avere anche
contenuti urbanistici: la legge assegna ai Comuni un ruolo importante, sin dal primo
atto, cioè la perimetrazione, nel cui interno gli immobili oggetto di ripristino o
ricostruzione sono organizzati in Unità minime di intervento (UMI) che possono
essere private, pubbliche o miste e che sono ordinate in fasce di priorità, e con la
successiva predisposizione del programma e dei relativi piani finanziari, la cui
approvazione compete alla Regione. Sono previsti inoltre il ricorso all’istituto del
Consorzio obbligatorio tra i proprietari per la esecuzione degli interventi unitari che
coinvolgano più proprietà (sia private che miste, pubbliche e private), nonché i
relativi poteri sostitutivi.
Tralasciando di approfondire altri importanti aspetti innovativi introdotti dalla
legge 61 al fine di meglio gestire la complessità degli interventi attraverso
semplificazioni delle procedure e provvidenze volte a facilitare i compiti degli enti
coinvolti nell’emergenza, (v. in particolare le misure in favore dei Comuni previsti
dagli articoli 12 e 14) è importante, per delineare appieno il quadro di riferimento
normativo di quello che si può definire il “modello Umbro” della ricostruzione,
passare ad una breve disamina degli interventi del legislatore regionale.
Sottolineata
l’importanza
dell’ordinanza
commissariale
n.
61
del
18
novembre 1997, il provvedimento legislativo regionale fondamentale per la
ricostruzione è stato la l. r. 30 del 12 agosto 1998 (che era stata preceduta dal
Regolamento Regionale n. 15 del 20 maggio 1998, volto alla determinazione delle
linee guida e dei criteri per la predisposizione dei programmi integrati di recupero)
con le sue successive modificazioni e integrazioni (ll. rr. n. 1 del 3 gennaio 2000 e
n. 10 del 10 aprile 2001). Ad esse sono da affiancare altre due leggi regionali, la 29
e la 32 del 12 agosto 1998 con le quali, rispettivamente, si sono fissati i criteri e le
modalità per agevolare la ripresa produttiva delle aziende sia nel settore agricolo
che extra agricolo, nonché le modalità di attuazione degli interventi sui beni
culturali, sia pubblici che privati, ivi compresi gli archivi, le biblioteche, i musei e le
chiese.
E’ da sottolineare che la l.r.e n. 30 in particolare, ma in genere tutto questo
corpo di legislazione regionale, si caratterizza per aver fissato in linea di massima
gli elementi fondamentali dell’intervento di ricostruzione (ad esempio criteri di
programmazione e di attuazione degli interventi, con la previsione di un Programma
dei dissesti idrogeologici e di un Programma delle infrastrutture, nonché del rinvio
ad apposita legge per la programmazione degli interventi in materia di beni
culturali; regole sugli interventi a favore dei privati, sui Programmi integrati di
recupero, sull’edilizia residenziale pubblica, sulle forme di vigilanza e controllo, ma
anche la previsione di un Fondo a favore dei Comuni per l’esercizio dei poteri
sostitutivi, l’istituzione di un Osservatorio sulla ricostruzione con funzione di
monitoraggio e raccolta di documentazione, la previsione del Documento unico di
regolarità contributiva (DURC) per attestare la regolarità delle imprese in materia di
obblighi contributivi), affidando alle delibere della Giunta Regionale il compito di
programmare e coordinare l’attività di ricostruzione, e demandando infine ai
Comuni le singole fasi attuative, configurando così, un quadro normativo molto
articolato ma ed al tempo stesso anche complesso rispetto ad altre analoghe
esperienze precedenti.
CAPITOLO III
Analisi dello stato di attuazione degli interventi
A - Le fonti
Nel lavoro di analisi dello stato di attuazione degli interventi realizzati dopo il
terremoto, ci è avvalsi fondamentalmente della documentazione disponibile di fonte
regionale, che fornisce un quadro adeguato. Infatti, oltre al Documento, consegnato
l’8 settembre 2004 nel corso di un apposito incontro con l’Assessore competente, su
“La ricostruzione in Umbria post-sisma 1997”, all’ultima (31.12.2003) Relazione di
monitoraggio
dell’Accordo
di
programma
quadro
riguardante
l’azione
di
ricostruzione a seguito degli eventi del 1997 (ai sensi dell’art. 16, 1 c., l. 61 del
1998), ai resoconti delle sedute nelle quali il Consiglio regionale si è occupato in
varie occasioni di tale materia ed agli atti della Commissione di inchiesta consiliare
del 2000, l’accesso al sito istituzionale della Regione consente di fruire del notevole
lavoro
di
monitoraggio
e
di
documentazione
svolto
dall’Osservatorio
sulla
ricostruzione previsto dalla l.r. n. 30 del 1998. Prezioso è stato naturalmente il
rapporto di collaborazione con la Regione, che si è concretizzato in numerosi
incontri, sia a livello politico che burocratico, nel corso delle varie fasi della
istruttoria. Ci si è rivolti anche alle Province di Perugia e Terni per avere
informazioni in particolare sull’attività, loro delegata dalla Regione (art. 12
ordinanza 61 del 1997, e art. 3 l.r. 10 del 2001), di controllo qualitativo e
quantitativo sulla riparazione e ricostruzione degli edifici privati danneggiati. Si è
altresì cercato, nei limiti assai ristretti consentiti dalle possibilità della Sezione, di
acquisire elementi di conoscenza anche dalle Amministrazioni comunali interessate,
sia attraverso alcune visite in loco effettuate in collaborazione con la Regione, sia
attraverso lo svolgimento di audizioni con i Sindaci dei Comuni maggiormente
coinvolti nel processo di ricostruzione ancora in atto.
B - L’emergenza
L’analisi dei dati disponibili, messi in relazione agli obiettivi posti dal
complesso quadro normativo di riferimento esaminato in precedenza e raffrontati
anche con il precedente referto approvato da questa Sezione nel gennaio 2002
consente di suffragare, con ragionevole sicurezza, la scelta di finalizzare la nuova
indagine all’esame delle problematiche della ricostruzione, considerando ormai
sostanzialmente conclusa la fase dell’emergenza, almeno nei suoi aspetti più
drammatici della sistemazione e rientro nelle abitazioni delle popolazioni evacuate,
della ripresa delle attività produttive e del recupero di funzionalità delle principali
strutture pubbliche.
In realtà vi sono alcuni importanti e delicati temi da approfondire, e lo
faremo successivamente, in tema di autonoma sistemazione e di recupero
dell’ingente patrimonio consistente in numerosi containers e casette in legno non
più utilizzate, ma resta il fatto che, a parte talune situazioni particolari, come quella
di Nocera Umbra, che meritano anche esse un approfondimento specifico per la loro
peculiarità e permanente gravità, i dati mostrano nel resto dei territori colpiti un
sostanziale superamento della fase dell’emergenza, in linea, d’altra parte, con la
intenzione che sarebbe stata manifestata, da parte del Governo, di non voler
procedere ad ulteriori proroghe dello stato di emergenza, che verrebbe così a
scadere il 31 dicembre 2004.
Infatti, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2003 risultante
dall’ultima relazione di monitoraggio dell’APQ ricostruzione, dei 9.285 nuclei
familiari evacuati (con il coinvolgimento di 22.604 persone) sono rientrati nelle
proprie abitazioni 6814 nuclei per 16.713 persone (il 73,9%); 1159 nuclei, per
2783 persone (il 12,3%) sono in autonoma sistemazione; 1167 nuclei, per 1764
persone (il 12,2%) sono in alloggi alternativi (con il progetto fuori dai containers),
mentre solo 145 nuclei familiari (l’1,5%), per 344 persone, sono attualmente
alloggiati in containers. Di questi ben 83, (cioè il 57%) sono residenti a Nocera
Umbra.
Pertanto la percentuale complessiva di rilascio dei containers è del 96%, con
una punta del 99% nel Comune di Foligno e del 92% in quello di Nocera Umbra.
Per quanto attiene allo stato di occupazione dei containers, è significativo
notare che dei 145 nuclei familiari in questione, per 52 è stimato un rilascio a tempi
brevi (a seguito della prevista [7] o avvenuta [39] conclusione dei lavori di
ricostruzione leggera, a seguito di revoca in corso dell’assegnazione [3] o per il
prossimo conseguimento di altre soluzioni abitative [3]), e per gli altri 93 si prevede
un rilascio a tempi lunghi (per lavori non ancora avviati [9], o collegati alla
ricostruzione pesante o integrata [51] o, infine, per rinuncia all’alloggio alternativo
[33]).
Diverso è il problema costituito dalla situazione di altri 65 nuclei familiari
che, dai dati forniti dalla Regione, risultano attualmente sistemati in containers
senza collegamento diretto con l’attività di ricostruzione: per 29 di tali nuclei
familiari non è possibile una previsione dei tempi di rilascio perché si tratta di
persone che non intendono o possono rientrare nell’abitazione riparata (24), o che
sono state evacuate da abitazioni per le quali non è stata presentata domanda di
ricostruzione (5); negli altri 36 casi si è di fronte a assegnazioni avvenute su
segnalazione dei servizi sociali (9) o ad occupazioni improprie (27).
C - La ricostruzione
C.1 Edilizia privata
Passando
a
considerare
i
dati
della
ricostruzione
c’è
da
osservare
preliminarmente che, con riferimento in particolare alla edilizia privata, tutti gli
interventi sono ricompresi nei quattro Programmi finanziari 1998, 1999-2001,
2002-2003 e 2004-2005: tutte le risorse comunque concorrono alla ricostruzione
nella sua globalità, in un quadro di unitarietà e continuità e nel rispetto delle finalità
e priorità stabilite. Ciascun Programma, seppur articolato soggettivamente in
relazione alle risorse ed agli interventi finanziati, concorre alla formazione di un
unico Programma, il Programma Finanziario 1998-2005, nel quale sono ricompresi
tutti gli interventi e le priorità relativi ai singoli Programmi.
In relazione alla tipologia di interventi ed alla gravità del danno la normativa
vigente, tanto di origine statale che regionale, prevede tre processi attuativi:
ricostruzione leggera, per la riparazione di edifici lievemente danneggiati nei quali
sia presente almeno una abitazione principale occupata e dichiarata inagibile con
ordinanza sindacale di sgombero totale o parziale, ovvero che sia stata oggetto di
agibilità con provvedimento; ricostruzione pesante, per la riparazione/ricostruzione
di singoli edifici distrutti o gravemente danneggiati ed ubicati al di fuori dei
programmi integrati di recupero, i cui interventi sono ammessi sulla base di priorità
fissate che tengono conto della destinazione d’uso e della agibilità degli edifici
stessi; ricostruzione integrata - che può anche farsi rientrare nello stesso genus di
quella pesante, con la unica differenza che non si riferisce ad edifici isolati - per la
realizzazione, in modo unitario e coordinato, attraverso la predisposizione di
Programmi integrati di recupero (PIR), di interventi nei centri storici, nei centri e
nuclei urbani e rurali gravemente danneggiati, per la ricostruzione ed il recupero di
comparti edilizi e delle opere di urbanizzazione. I vari Programmi finanziari hanno
autorizzato il finanziamento delle Unità minime di intervento (UMI), che possono
essere private, pubbliche o miste, suddivise in fasce di priorità in relazione alla
destinazione d’uso delle unità immobiliari che le compongono ed alla loro
funzionalità in riferimento alla ripresa delle attività socio-economiche.
Per quanto attiene alla ricostruzione leggera i dati mostrano come essa
possa considerarsi sostanzialmente conclusa: infatti su 4336 progetti ammessi, e
tutti previsti nei programmi finanziari 1998 e 1999-2001, sono state concesse tutte
le concessioni contributive e sono stati ultimati 4280 interventi (99%), mentre sono
ancora in corso 52 interventi (1%) e ne restano da iniziare 4.
E’ da notare, per altro, che gli interventi in corso riguardano solo 18 Comuni
e ben 37 (il 60%) sono concentrati nel Comune di Foligno. Inoltre la Regione
dichiara, nell’ultima relazione di monitoraggio dell’APQ ricostruzione, che essi “pur
conclusi nella maggioranza, non possono essere dichiarati tali a causa della
mancata regolarizzazione amministrativa prevista” (in genere le cause sono
l’esistenza di un contenzioso fra le parti, difficoltà nel rilascio della certificazione
contributiva, la mancata emissione di fatture, la ritardata presentazione della
contabilità finale dei lavori).
Dal punto di vista finanziario sono stati concessi, al 31.12.2003, circa 303
Meuro di contributi, per la maggior parte per unità immobiliari di prime abitazioni
(78%) ed il resto per unità immobiliari destinate ad attività produttive (6%) e ad
altro uso (16%).
Diversa la situazione della ricostruzione pesante, in relazione alla quale, se è
vero che l’attuazione ormai procede dando prova del superamento di alcune
difficoltà iniziali, i dati mostrano comunque che, a fronte del tanto che si è fatto, c’è
ancora molto da fare.
Infatti, per quanto attiene agli interventi prioritari - distribuiti in 53 Comuni
ma con una concentrazione del 58% nei Comuni di Nocera Umbra, Assisi, Gualdo
Tadino, Foligno, Sellano e Valtopina - che sono stati previsti con i Programmi
finanziari 1998 e 1999-2001, su 3652 interventi finanziati ne sono stati ultimati
2484 (68%), mentre 568 interventi sono in corso (16%), e 600 sono ancora da
iniziare (16%). Per quanto riguarda poi gli interventi non prioritari, che sono stati
previsti nel Programma finanziario 2002-2003, su 3884 interventi previsti ne sono
stati ultimati 393 (10%), mentre 955 interventi sono in corso (25%) e 2563
interventi sono ancora da iniziare (65%). Per completezza è da sottolineare che vi
sono anche numerosi interventi (priorità g) avviati dai proprietari in attesa del
relativo finanziamento: si tratta di 411 interventi autorizzati all’esecuzione
anticipata dei lavori, dei quali 155 sono iniziati e 54 sono già ultimati.
Ancora
diversa,
per
la
maggiore
difficoltà
delle
procedure
e
degli
adempimenti richiesti, nonché per la difficoltà dei relativi interventi, è la situazione
per la ricostruzione integrata. Dei 185 PIR predisposti ed approvati al dicembre
2003 - relativi a 20 Comuni, con altissima concentrazione (79%) nei Comuni di
Foligno (63), Nocera Umbra (41), Gualdo Tadino (21), Sellano (11) e Valtopina (11)
e che per lo più (176) riguardano insediamenti di piccole dimensioni, centri con
aspetti geomorfologici particolari e agglomerati con bassa intensità abitativa ed
attività economiche in lento declino - 166 PIR ricomprendono le Unità minime di
intervento (UMI) che rientrano nella fascia di priorità 1 (abitazioni principali di
nuclei
familiari
sgomberati)
e
2
(attività
produttive
sgomberate),
il
cui
finanziamento è autorizzato dai Programmi finanziari 1998 e 1999-2001. Delle 1899
UMI finanziate, sono stati conclusi 455 interventi (24%), 830 sono ancora in corso
(44%) e 614 devono ancora iniziare (32%).
Successivamente,
con
il
Programma
finanziario
2002-2003
è
stato
autorizzato il finanziamento delle UMI appartenenti alla fascia di priorità 3
(interventi per il ripristino di strutture pubbliche e patrimonio culturale) e 4 (UMI
comprendenti abitazioni di residenti e interventi sulle infrastrutture strettamente
funzionali), prevedendo 12 nuovi PIR.
Dei 915 interventi finanziati, ne sono stati ultimati 12 (1%), mentre ne
restano in corso 65 (7%) e se ne devono iniziare 838 (92%).
E’ da rilevare poi che esistono 7 ulteriori PIR nei quali sono ricomprese 43
UMI esclusivamente di fascia N (senza priorità), che non sono state avviate in
quanto in attesa di finanziamento.
Per completare l’analisi dei dati relativi alla ricostruzione integrata è da
rilevare che nei PIR vengono realizzate anche le infrastrutture a rete, quali
acquedotti, gasdotti, fognature, rete elettrica e telefonica, illuminazione pubblica,
pavimentazione urbana, ecc. per consentire agli abitanti la fruizione dei normali
servizi.
In relazione alle infrastrutture a rete, dei 168 interventi finanziati con i
Programmi finanziari 1998 e 1999-2001 ne sono stati ultimati 85 (51%), 51 sono in
corso (44%) e 8 sono da iniziare (5%). Quanto agli interventi finanziati con il
Programma finanziario 2002-2003, su 915 interventi ne sono stati ultimati 12
(1%), mentre 65 sono in corso (7%) e 838 sono ancora da iniziare (92%).
C.2
Patrimonio pubblico
C.2.1 Opere pubbliche
Passando a considerare la attività di ricostruzione in relazione al patrimonio
pubblico (anche se va ricordato che nei PIR possono essere ricomprese UMI
pubbliche o miste), occorre innanzi tutto sottolineare, partendo dalle opere
pubbliche, che la loro ricostruzione è realizzata sulla base della predisposizione di
Programmi triennali, che individuano fabbisogni finanziari, priorità, tempi per
l’esecuzione, criteri tecnici, ecc. (sono stati finora approvati il I Programma
triennale 1998-2000 e il II Programma triennale 2002-2004, che ha rimodulato il
precedente), e di Piani attuativi annuali che individuano, invece, i soggetti attuatori
degli interventi, i finanziamenti e le relative modalità di concessione ed erogazione
(sono stati finora approvati 3 Piani per le infrastrutture, quello per il 1998, quello
1999-2001, in attuazione del I Programma triennale nonché il Piano esecutivo per il
2002, relativo al II Programma triennale).
Degli interventi previsti dai due Programmi triennali citati, finanziati
rispettivamente dai Programmi finanziari 1998 e 1999-2001 il primo, e dal
Programma finanziario 2002-2003 il secondo (si tratta di 204 interventi per il primo
Programma e di 123 per il secondo Programma triennale, relativi ad interventi su
municipi, edifici pubblici, scuole, strutture sanitarie, acquedotti, cimiteri, fognature,
viabilità, ecc. per complessivi 289,83 Meuro), lo stato di attuazione fa registrare,
per quanto attiene il primo Programma delle infrastrutture, il completamento di 129
interventi (63%), e l’avvio di altri 67 interventi (33%), mentre restano da iniziare
solo 8 interventi (4%). Praticamente sono conclusi gli interventi previsti dal Piano
1998 e sono in corso di completamento quelli previsti dal Piano 1999-2001.
Meno avanzato è, naturalmente, lo stato di attuazione del II Programma
triennale, finanziato con il Programma finanziario 2002-2003 - e per una minima
parte con il programma finanziario 2004-2005 - per gli interventi non prioritari: qui,
a fronte di 123 interventi finanziati, gli interventi ultimati sono solo 2 (1%) e quelli
in corso sono 50 (41%), mentre sono ancora da iniziare gli altri 71 interventi
(58%).
C.2.2 Infrastrutture rurali
Per quanto concerne le infrastrutture rurali, i dati forniti mostrano una
situazione estremamente positiva: infatti tutti gli interventi, previsti dal Piano delle
Infrastrutture rurali del 1998 (che aveva previsto inizialmente 682 interventi poi
ridotti a 664, per un finanziamento di 63,73 Meuro) si sono conclusi. Si è inoltre
conclusa la fase istruttoria e sono stati concessi i relativi finanziamenti (per 2,29
Meuro) ad ulteriori 24 interventi nel Comune di Gubbio.
C.2.3 Dissesti idrogeologici
Per gli interventi relativi ai dissesti idrogeologici, che presentano in genere
caratteristiche che vengono ad incidere, allungandoli, sui tempi di realizzazione,
esiste un Piano generale degli interventi, predisposto tenendo conto degli eventi
che costituiscono pericolo per i centri abitati, per varie infrastrutture, per i beni
storici ambientali ed edifici vari, che comprende 281 situazione relative per circa
due terzi a centri abitati. Nel tempo sono stati approvati i Piani attuativi 1998, 2000
(entrambi finanziati con le risorse dei Programmi finanziari 1998 e 1999-2001),
2002 e 2003 (con le risorse del Programma finanziario 2002-2003 ed ora, in
minima
parte,
anche
del
Programma
finanziario
2004-2005).
Le
risorse
complessivamente destinate a tali interventi ammontano a 155,42 Meuro.
Lo stato di attuazione degli interventi in questione, che dipende dai tempi di
approvazione dei vari Piani attuativi oltre che dal grado di difficoltà degli interventi
stessi, registra, sui 105 interventi previsti dai Piani 1998 e 2000, la realizzazione di
43 interventi (41%): altri 41 interventi (39%) sono in corso e 21 sono ancora da
iniziare (20%). Per gli 81 interventi previsti con i Piani di attuazione 2002-2003, si
deve notare che solo 48 interventi sono in corso (59%), mentre 33 interventi
(41%) devono ancora iniziare e nessun intervento è stato finora ultimato.
C.2.4 Beni culturali
Particolare attenzione merita il problema della ricostruzione in relazione ai
beni culturali, sia sul piano quantitativo (dal rilevamento analitico dei danni sono
risultati 2297 beni culturali danneggiati, 1827 edifici pubblici ed equiparati e 470 di
proprietà privata) sia per l’importanza che il patrimonio culturale, storico e
architettonico riveste in una Regione come l’Umbria, anche ai fini del suo sviluppo.
La Regione è tempestivamente intervenuta con l’apposita legge n. 32 del
1998, che tra l’altro ha equiparato ai beni culturali pubblici quelli privati ad uso
pubblico, e tutti gli interventi previsti sono stati ricompresi nel Piano generale e nel
Programma triennale approvati nel 1998, nonché in vari Piani attuativi annuali
predisposti in collaborazione con il Ministero dei beni culturali, la Conferenza
episcopale umbra e i Comuni interessati, finanziati con le risorse che man mano si
rendevano disponibili con i successivi Programmi finanziari.
In particolare sono stati finora approvati il Piano giubileo-terremoto,
finanziato con risorse statali, il Piano stralcio per interventi indifferibili ed urgenti
del 1998, finanziato con risorse comunitarie e statali, i Piani 2000 e 2002, finanziati
con le risorse del Programma finanziario 1999-2001 e il Piano 2003 finanziato con
quelle del Programma finanziario 2002-2003. Il Piano giubileo-terremoto, che
comprende 22 interventi, e quello stralcio del 1998 (che comprende altri 97
interventi), sono ormai attuati.
Per completezza occorre tener presente che agli interventi del Piano stralcio
1998, realizzati direttamente dalla Regione, vanno aggiunti 99 interventi realizzati
dalle Soprintendenze competenti con le risorse previste dell’art. 8 della l. n. 61 del
1998, interventi anche essi ormai completati.
Per quanto attiene ai Piani ancora in corso di attuazione, i dati relativi al
Piano 2000 indicano che su 169 interventi ne sono stati iniziati 166 (98%) e ne
sono stati ultimati 105 (62%), restando in corso 61 interventi (36%). Per il Piano
2002, la situazione è naturalmente diversa: su 364 interventi finanziati, ne sono
stati iniziati 200 (55%) e solo 6 (1%) sono stati ultimati, restando in corso 194
interventi (53%). Per il Piano 2003, che prevede 22 interventi, si è potuto avviare
un solo intervento, mentre per i restanti 21 interventi è in corso la fase istruttoria.
I dati complessivi indicano che dei 657 interventi previsti dai vari Piani
risultano in corso di realizzazione 256 interventi (38%) e conclusi 230 interventi
(34%). E’ da rilevare però che, se ci si limita a considerare i dati dei soli Piani
ancora in corso (d’altra parte i Piani ormai conclusi risalgono al 1998, cioè alla
prima fase post-terremoto), la situazione appare meno soddisfacente: infatti su 556
interventi previsti, ne sono stati iniziati 367 (66%), di cui 111 conclusi (20%) e 256
ancora in corso (46%).
Può essere interessante rilevare che, dei 675 interventi complessivamente
programmati, ben 428 (64%) riguardano il ripristino di chiese e santuari e 52 (8%)
riguardano monasteri, conventi o abbazie. Gli altri interventi sono relativi a edifici
vari (62 interventi), castelli (5 interventi), mura, torri, rocche (54 interventi), beni
archivistici e librari (10 interventi) ed interventi vari (64 interventi).
Dal punto di vista finanziario per gli interventi sui beni culturali sono stati
assegnati complessivamente 278,49 Meuro, la maggior parte con il Piano 2002.
D - Altri interventi
Il quadro degli interventi post-terremoto non è completo, però, se non si
tiene
conto
di
tre
ulteriori
“voci”
relative,
rispettivamente,
al
Programma
straordinario di edilizia residenziale pubblica, agli interventi per le attività
produttive, e ad un gruppo di interventi che viene generalmente indicato nei
documenti regionali come “altri interventi”.
Il
Programma
straordinario
di
edilizia
residenziale
pubblica
è
stato
predisposto nel 1998 per rispondere alle esigenze della popolazione evacuata ed al
fabbisogno abitativo conseguente agli eventi sismici. Esso prevede varie tipologie di
intervento e cioè non solo nuove costruzioni ma anche il recupero, sia degli edifici
residenziali pubblici danneggiati, che del tessuto urbano delle località colpite
(Programmi di recupero urbano).
Il programma (per il quale sono state destinate risorse per 137,12 Meuro,
per la gran parte in base all’art. 7 della l. 61 del 1998 e per il resto con fondi
assegnati alla Regione dal Ministero dei lavori pubblici) ha previsto la realizzazione
di 130 interventi per un totale di 1804 alloggi, che risultano ultimati per l’85%.
Sotto la voce “interventi per le attività produttive”, tenuto conto che la
ricostruzione delle strutture aziendali è ricompresa nell’ambito della ricostruzione
dell’edilizia privata, si indica sia la concessione di aiuti riguardanti contributi in
conto capitale e contributi in conto interessi su mutui e prestiti, che il risarcimento
del “danno indiretto”, finalizzato alla ripresa economica delle imprese che hanno
subito una significativa diminuzione del fatturato a seguito degli eventi sismici. Si
tratta comunque di contributi che, se pure hanno riguardato ben 1277 aziende (di
cui ben 1234 per il risarcimento del danno indiretto), sono ammontati a soli 11,51
Meuro.
Molto più interessanti ed anche quantitativamente significativi gli interventi
indicati come “altri interventi”, finanziati dai Piani finanziari 1998 e 1999-2001 e dal
Piano finanziario 2002-2003 rispettivamente con 342,93 e 245,83 Meuro.
Si tratta di una serie di interventi rientranti nelle tipologie più diverse: vi
sono sia interventi definiti “di sostegno” (come agevolazioni, sgravi fiscali, misure a
favore di comuni, aiuti alla emergenza abitativa, supporto tecnico amministrativo,
ecc.), sia specifici interventi finalizzati alla salvaguardia, valorizzazione e sviluppo
ambientale delle aree protette regionali, sia opere infrastrutturali necessarie e
funzionali alla ricostruzione ed allo sviluppo delle aree interessate dal sisma.
L’intervento più importante è quello per il supporto tecnico-amministrativo e
di controllo dell’attività di ricostruzione (ex art. 14, c. 14, l. 61 del 1998) (con un
finanziamento di 122,41 Meuro, di cui 101,77 erogati), ma sembra opportuno
indicare i seguenti altri interventi più significativi, anche per il rapporto tra spesa
complessiva finanziata ed effettivamente erogata (al 31 dicembre 2003, su 588,76
Meuro complessivamente finanziati, sono stati erogati solo 285,30 Meuro, cioè il
48%) che in taluni casi potrebbe essere meritevole di un approfondimento:
a) Fondo per i poteri sostitutivi dei comuni (art. 3, c. 6, l. 61 del 1998),
finanziato per 9,17 Meuro, che non registra alcuna erogazione;
b) Anticipazioni a favore dei comuni (art. 12, c. 4 l. 61 del 1998), finanziate per
58,86 Meuro con erogazioni per 68,71 Meuro;
c) Manutenzione aree e moduli abitativi (art. 6, c. 5, O.M. n. 2497 del 1999),
finanziate per 10,33 Meuro con erogazioni per 6,82 Meuro;
d) Contributi per l’autonoma sistemazione (O.M. n. 2668 del 1997, art. 7, c. 2
e 5 l. 61 del 1998, O.M. n. 2947 del 1999), finanziati per 53,71 Meuro a
fronte di erogazioni per 39,12 Meuro;
e) Centro regionale di protezione civile (O.M. n. 2783 del 1998) finanziato per
26,08 Meuro con erogazioni per 7,24 Meuro;
f)
Contributi per il funzionamento dei consorzi obbligatori (O.M. 2291 del
1991), finanziati per 11,62 meuro con erogazioni per 1,61 Meuro;
g) Erogazioni ai comuni per demolizioni e messa in sicurezza (art. 4 e 7-bis l.
61 del 1998 e O.M. n. 2497 del 1999) finanziate per 40,80 Meuro con
erogazioni per 2,34 Meuro;
h) Progetto “fuori dai container” (O.M. 3028 del 1999 e O.M. 3049 del 2000),
finanziato per 36,10 Meuro con erogazioni per 26,81 Meuro;
i)
Adeguamento della strada statale 77 Val di Chienti (art. 15, c. 6 l. 144 del
1999) finanziato per 103,29 Meuro a fronte di nessuna erogazione;
j)
Riqualificazione e valorizzazione ambientale del centro rurale di Castelluccio
di Norcia (art. 1, c. 2 l. 61 del 1998) finanziato per 10,33 Meuro,
interamente erogati;
k) Accantonamenti per interventi finanziati con fondi comunitari, finanziati con
61,97 Meuro a fronte di erogazioni per 0,09 Meuro;
l)
Acquisto aree villaggi temporanei ed altre finalità pubbliche (O.M. n. 3049
del 2000) finanziati con 12,50 Meuro a fronte di erogazioni per 8,13 Meuro.
E - Le risorse finanziarie
Le risorse complessivamente rese disponibili per gli interventi postterremoto provengono da diverse fonti di finanziamento e, a seconda della loro
origine,
sono
anche
destinate
a
finalità
diverse.
Esse
ammontano
complessivamente a 5.137,11 Meuro e si ripartono come segue:
1) Risorse commissariali: 129,46 Meuro (3%)
2) Risorse regionali: 4.108,94 Meuro (80%)
3) Risorse comunitarie: 534,67 Meuro (10%)
4) Altre risorse: 364,04 Meuro (7%).
1)
Risorse commissariali. Sono quelle che sono state messe a disposizione del
Presidente della Regione, nominato Commissario delegato per la Protezione Civile
ed incaricato della realizzazione degli interventi di prima emergenza avvalendosi
della apertura di una apposita contabilità speciale.
Si è trattato complessivamente di 129,46 Meuro provenienti in parte da
erogazioni statali (39,29 Meuro), in parte da un mutuo contratto dalla Regione
(84,49 Meuro) e in parte da risorse comunitarie relative al DOCUP 1994/1999 ob.
5b (5,68 Meuro).
Tali risorse al 31.12.2003 risultavano tutte impegnate ed erogate al 96%.
2)
Risorse regionali. È la voce più consistente: si tratta di 4.108.94 Meuro
derivanti da operazioni finanziarie effettuate dalla Regione con oneri a carico dello
Stato autorizzati dalla l. n. 61 del 1998, dalle finanziarie per gli anni 1999, 2000,
2002 e 2004 e dalle ll. 289 del 2002 e 62 del 2003. La ripartizione è la seguente:
- legge 61 del 1998
508,97
Meuro (12%)
- finanziaria 1999
1897,49
“
(46%)
- finanziaria 2000
68,05
“
( 2%)
- finanziaria 2001
1014,84
“
(25%)
- finanziaria 2002
451,37
“
(11%)
67,02
“
( 2%)
101,20
“
( 2%)
- leggi 289 del 2002 e 62 del 2003
- finanziaria 2004
3)
Risorse comunitarie. Si tratta delle risorse, per complessivi 534.67 Meuro,
destinate dall’Unione Europea alla ricostruzione attraverso la riprogrammazione del
DOCUP 1994/1999 ob. 5b, che hanno consentito di finanziare in tutto o in parte,
nell’area operativa di tale Obiettivo, la stragrande maggioranza delle tipologie e
numerosi interventi previsti dalla normativa nazionale e regionale nonché specifiche
azioni di formazione, aiuti all’occupazione e sostegno alle popolazioni colpite. In
particolare tali risorse hanno riguardato la misura 3.5 (ricostruzione nei territori
rurali colpiti) per 341,64 Meuro, la misura 4.3 (ricostruzione e recupero del tessuto
infrastrutturale e urbano nei territori colpiti) per 166,35 Meuro, e la misura 5.7
(ricostruzione delle strutture per attività economiche extragricole) per 26,68 Meuro.
Le risorse comunitarie sono state tutte impegnate e rendicontate e
registrano un tasso di erogazione del 78,29%.
4)
Altre risorse. Sotto questa voce i documenti regionali raggruppano le risorse
previste per il Programma Straordinario di Edilizia Pubblica (137,12 Meuro); quelle
derivanti
da
un
mutuo
per
gli
interventi
sui
beni
culturali
contratto
dal
Soprintendente per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell’Umbria
(57,68 Meuro); i riversamenti ed altre entrate in contabilità speciale (61,94 Meuro)
e rimborsi dal DOCUP ob. 5b (107,30 Meuro), per un totale di 364,04 Meuro (il 7%
delle risorse complessive).
La ripartizione delle risorse complessivamente disponibili tra i vari interventi,
che ha avuto luogo attraverso i quattro Programmi finanziari finora approvati, fa
registrare la situazione seguente, tenendo conto dei diversi settori di intervento:
(Milioni di Euro)
Settore
Edifici isolati
Programmi Integrati di Recupero
Opere pubbliche
Dissesti idrogeologici
Beni culturali
Attività Produttive
Altri interventi
Totale
E.R.P.
Mutuo BBCC
TOTALE GENERALE
Mutui
Risorse
Risorse
regionali comunitarie commissariali
8,26
1.359,95
178,20
1.630,47
157,00
33,57
169,19
87,07
15,34
109,84
30,24
234,72
43,77
26,40
16,01
10,47
45,89
588,76
27,92
4.108,94
534,67
129,46
4.108,94
534,67
129,46
Altre
risorse
169,24
169,24
137,12
57,68
364,04
Totale
1.715,65
1.787,47
289,83
155,42
278,49
52,88
662,57
4.942,31
137,12
57,68
5.137,11
FONTE: Regione Umbria, Documento settembre 2004.
Senza tener conto degli interventi per 878,34 Meuro previsti dall’ultimo
Piano finanziario, quello 2004-2005 approvato nel luglio 2004, i dati forniti indicano
che al 30 dicembre 2003, su un totale di 4258,77 Meuro di risorse stanziate, ne
sono stati impegnati 4.255,91 (99,93).
A tale andamento degli impegni corrisponde una spesa complessiva di
2.300,19 Meuro, pari al 50,79% del totale delle risorse impegnate.
Appare
interessante
riportare
la
seguente
tabella,
che
dà
conto
sinteticamente della situazione degli impegni e della spesa, dalla quale emerge con
chiarezza come l’andamento di quest’ultima, oltre che dipendere naturalmente dai
tempi di approvazione dei vari Programmi finanziari, è anche direttamente
influenzato sia dalle caratteristiche e dalle difficoltà di ciascun tipo di intervento, sia
dalle stesse modalità delle relative procedure tecnico-amministrative:
Stanziamenti, impegni, pagamenti al 31.12.2003
(Milioni di Euro)
Settore
Edifici isolati
Programmi Integrati di Recupero
Opere pubbliche
Dissesti idrogeologici
Beni culturali
Attività Produttive
Altri interventi
Totale
E.R.P.
Mutuo BBCC
TOTALE GENERALE
Risorse
Impegni
1.202,33 1.202,33
1.449,69 1.449,69
275,58
275,58
155,07
152,21
265,85
265,85
52,88
52,88
662,57
662,57
4.063,97 4.061,11
137,12
137,12
57,68
57,68
4.258,77 4.255,91
%
Impegno
100
100
100
98,16
100
100
100
99,93
100
100
99,93
Erogazioni
944,24
434,99
152,73
77,34
122,34
50,6
352,63
2.134,87
107,64
57,68
2.300,19
%
Spesa
78,53
30,01
55,42
49,87
46,02
95,69
53,22
52,53
78,50
100,00
54,01
FONTE: Regione Umbria, Relazione di monitoraggio dell’APQ ricostruzione, dicembre 2003.
F - Il completamento della ricostruzione
Per concludere l’analisi della situazione attuale della ricostruzione occorre
confrontare i programmi iniziali con l’andamento della loro realizzazione, al fine di
pervenire ad un quadro degli interventi che ancora mancano per il conseguimento
degli obiettivi iniziali.
Premesso che la Regione, pur sottolineando il permanere di margini di
incertezza, sia per quanto riguarda gli interventi che per quanto riguarda il
fabbisogno finanziario residuo, ritiene comunque opportuno confermare le originarie
previsioni, e con l’avvertenza che ormai gli interventi che restano da autorizzare
concernono interventi non prioritari, (priorità G per la ricostruzione pesante e UMI
di fascia N per quella integrata, cioè edifici non destinati a residenza principale o ad
attività produttive per quanto attiene la ricostruzione privata, ed interventi sul
patrimonio pubblico non prioritari ricompresi nei Programmi triennali già approvati)
il fabbisogno finanziario residuo ammonta a 3.305 Meuro – che rappresenta il 39%
della spesa complessiva originariamente prevista – ripartiti fra i vari settori di
intervento come risulta dalla seguente tabella:
N° Interventi
Edifici isolati
Programmi Integrati di Recupero
Opere pubbliche
Beni culturali
Attività Produttive
Altri interventi
Totale
8.065
2.649
1.612
1.645
13.971
MEuro
967
537
687
1.061
19
34
3.305
FONTE: Regione Umbria, Documento settembre 2004.
CAPITOLO IV
Considerazioni sui risultati dell’attività istruttoria
A - Il modello umbro
Da quanto finora detto sul quadro normativo e sullo stato di attuazione degli
interventi emerge con chiarezza che a seguito degli eventi sismici del 1997, che per
quanto riguarda in particolare l’Umbria presentano aspetti peculiari rispetto ad altri
analoghi episodi verificatisi in precedenza nel nostro Paese, sia per le caratteristiche
e gli effetti delle scosse, protrattesi nel tempo per molti mesi senza peraltro
procurare danni particolarmente gravi alle persone, sia per le caratteristiche fisiche
e socio-economiche dei territori colpiti, caratterizzati tra l’altro dalla presenza
diffusa di un ingentissimo patrimonio storico, artistico e culturale, si è venuto
progressivamente configurando quello che è stato definito “il modello umbro”: cioè
un modello di ricostruzione basato su un insieme articolato ed armonico di norme
statali e regionali che ha indirizzato e regolato tutti gli interventi post terremoto allo
scopo di governare un processo estremamente complesso verso la realizzazione
degli obiettivi prefissati.
Un modello, quello umbro, molto peculiare perché determinato non solo
sulla base di alcune scelte di fondo fatte sin dall’inizio: come quelle in favore della
ricostruzione “come era, dove era”; quella di non puntare solo al ripristino ma
anche al recupero ed allo sviluppo basandosi sui PIR per il coordinamento degli
interventi; quella del riconoscimento ai cittadini di un vero e proprio diritto al
contributo per gli immobili distrutti e gravemente danneggiati; quella sul ruolo
reciproco dei soggetti della ricostruzione, e quindi da un lato sulle rispettive
attribuzioni di Stato, Regioni ed Enti locali e dall’altro sull’enfasi data all’intervento
dei privati rispetto a quello dei pubblici poteri; quella di fondare la ricostruzione su
una forte collaborazione fra Stato e Regione, testimoniata anche dal ricorso ad una
specifica Intesa istituzionale; quella, infine, per una ricostruzione trasparente e di
qualità, con controlli volti sia a garantirne la prima, attraverso ad esempio sistemi
di qualificazione delle imprese e i DURC, sia la seconda, con compiti di controllo
assegnati a Regione, Province e Comuni. Ma un modello caratterizzato anche dalla
diffusione degli interventi su un territorio esteso senza la previsione di specifiche
misure per le aree maggiormente colpite e dalla ingente entità delle risorse messe a
disposizione con rapidità dallo Stato (ma anche dalla Unione Europea, senza
dimenticare il ruolo delle donazioni private), e nel quale la adozione della
fondamentale scelta sul ruolo dei privati nella ricostruzione è stata determinata, ma
anche resa possibile, dalle caratteristiche socio-economiche delle popolazioni colpite
(e infatti i risultati conseguiti sono anche stati differenti in relazione alle diverse
realtà).
E’ certo, pertanto, che ogni valutazione sui risultati della attività posta in
essere ai vari livelli dai soggetti che hanno partecipato alla ricostruzione non può
che partire dalle caratteristiche del modello umbro, e dalle scelte di base che
consapevolmente lo hanno caratterizzato, determinando una serie di conseguenze
che si possono registrare passando all’analisi dei risultati finora conseguiti.
B - La fine dell’emergenza
Prima di iniziare a considerare in particolare l’attività di ricostruzione sin qui
svolta e tuttora in corso, è opportuno ritornare brevemente alle considerazioni
svolte nel capitolo precedente in ordine alla fase dell’emergenza, confermando
come i dati relativi al rientro delle popolazioni colpite nelle proprie abitazioni e alla
loro collocazione in alloggi alternativi o in autonoma sistemazione consentano,
facendo un passo avanti rispetto a quanto affermato nella precedente indagine di
questa Sezione, di parlare di sostanziale superamento della fase dell’emergenza,
anche grazie all’adozione di idonei interventi normativi ed amministrativi da parte
dello Stato e soprattutto della Regione, accogliendo anche taluni suggerimenti fatti
a conclusione dell’indagine stessa.
Certo, la constatazione che a tanti anni dal sisma vi siano ancora 145 nuclei
familiari alloggiati in containers, così come la circostanza che tale numero resti
sostanzialmente invariato nei dati forniti nel settembre 2004 rispetto ai dati
contenuti nella relazione di monitoraggio dell’APQ ricostruzione del dicembre 2003,
può destare dubbi e perplessità. Va però considerato sia che per 52 nuclei familiari
la Regione prevede un rilascio a tempi definiti genericamente “brevi”, sia che per i
93 casi per i quali si prevedono tempi lunghi ben 33 sono i nuclei familiari che
hanno rinunciato all’alloggio alternativo, sia, infine, la altissima concentrazione dei
casi nel comune di Nocera Umbra (57%) che, come si è rilevato più volte,
rappresenta
una
situazione
del
tutto
particolare
che
richiede
apposite
considerazioni.
Inoltre, nel corso delle audizioni dei Sindaci dei Comuni maggiormente
colpiti e nei quali si concentra la stragrande maggioranza (circa 85%) dei nuclei
familiari ancora ospitati in containers, è emersa l’alta incidenza dei cosiddetti “casi
sociali”, di situazioni cioè non direttamente riferibili alle vicende del terremoto.
Per concludere sul tema dei containers, occorre fare un accenno al problema
della riconsegna e rimozione di quelli ormai inutilizzati e che giacciono ancora nei
campi attrezzati per la prima emergenza o nelle località ove furono originariamente
collocati. Si tratta di numeri consistenti perché i dati della Regione riferiscono, oltre
ai 3.150 containers già riconsegnati, alla Protezione Civile o agli altri proprietari, di
una consistenza attuale di 1.315 containers:di essi ben 621 sono liberi in attesa di
rimozione o riassegnazione e 90 sono predisposti per la rimozione. C’è dunque un
problema, che riguarda la Protezione Civile, gli Enti locali e la Regione, di scelte
sulla collocazione e l’eventuale riutilizzo dei containers non più utilizzati e non
danneggiati e, naturalmente, un problema di relativi costi: è da sottolineare,
comunque, che il prolungarsi di una situazione di incertezza comporta anche
conseguenze negative sia per il progressivo deterioramento delle strutture, sia
perché il mantenere in vita i campi creati sin dal 1997 provoca comunque oneri
diretti ed indiretti a carico soprattutto degli Enti locali.
Il problema si collega con quello, più generale, del futuro delle strutture di
emergenza predisposte per la prima accoglienza della popolazione colpita e della
utilizzazione delle relative aree nelle quali sono state fatte opere ed attrezzature
significative per consentire la vita di tanti nuclei familiari. In questo contesto molto
importante è il problema dell’utilizzo degli alloggi alternativi prefabbricati in legno e
dei capannoni prefabbricati man mano che si rendono disponibili da parte degli
originari assegnatari e che, come le stesse aree ove insistono, in genere acquisite
dagli Enti locali, sono suscettibili di essere utilizzati per diverse finalità, anche se
spesso si pongono problemi di compatibilità con gli strumenti urbanistici esistenti.
Si è a conoscenza di diverse iniziative in corso per la soluzione dei citati
problemi; ma data la loro delicatezza e complessità, sembra opportuno suggerire di
valutare la opportunità della istituzione di una sede comune di confronto tra i vari
soggetti comunque coinvolti in una problematica così importante anche per la
ripresa economica, ma anche sociale, delle località colpite, per giungere in tempi
rapidi a programmare in modo condiviso una serie di scelte non più prorogabili per i
costi di vario genere che discendono dalle attuali incertezze. Anche perché dati che
evidenziano l’utilizzo di 68 containers da parte di nuclei familiari estranei alla
ricostruzione e di 252 containers occupati per uso commerciale, pubblico e sociale a
tanti anni dal sisma, se considerati insieme agli altri dati sopra riferiti, sulla
situazione complessiva dell’utilizzo del parco containers, fanno pensare all’esistenza
di rilevanti problemi sociali ed economici in qualche modo, anche se non sempre,
collegati all’emergenza ed ancora da risolvere.
Una
ulteriore
precisazione
merita
la
situazione
delle
“autonome
sistemazioni”, anche per chiarire le cause del protrarsi nel tempo della vigenza
dell’istituto. E’ da sottolineare, infatti, che la normativa che regola la autonoma
sistemazione è stata più volte modificata negli anni, così che il ruolo dell’istituto
stesso
è
mutato
e
si
è
ampliato:
ricordiamo,
in
particolare,
l’ordinanza
commissariale n. 78 del 2002 con la quale si estese l’accesso al contributo anche ai
nuclei familiari ospitati presso parenti, per l’acquisto di strutture mobili temporanee
e a chi avesse scelto la sistemazione in strutture alberghiere. Oggi, pertanto, la
concessione del relativo contributo è prevista non solo per l’originario caso dei
nuclei familiari evacuati, ma anche per i nuclei familiari, le comunità ed i gestori di
attività commerciali e artigianali che devono liberare un immobile per consentire i
lavori di ristrutturazione e per le comunità aventi sede in immobili inagibili.
Attualmente si trovano in autonoma sistemazione circa 1.400 soggetti: di
questi circa 1.100 fanno parte di nuclei evacuati nel 1997 e circa 300 sono soggetti
che hanno dovuto lasciare l’immobile per consentire l’esecuzione dei lavori. In
questa situazione non può non rilevarsi che questi dati, specie se sommati a quelli
relativi alle persone sistemate in alloggi alternativi, indicano che, a parte il caso di
coloro che, di volta in volta, devono lasciare un immobile per l’inizio dei lavori,
ancora un consistente numero di persone comunque non è rientrato nelle proprie
case, anche se magari si trovano in sistemazioni più apprezzate di quelle originarie.
Resta il problema del futuro di questo istituto che è richiesto, oltre che per
motivi di equità, anche, come si è visto, per consentire la normale prosecuzione
dell’attività di ricostruzione. Essendo stato originariamente previsto nella ordinanza
ministeriale 2668 del 28 settembre 1997 esso è infatti legato alla disciplina
dell’emergenza: siamo di fronte perciò ad uno dei punti più delicati del problema
delle conseguenze di una eventuale mancata proroga dello stato di emergenza, sul
quale ci soffermeremo in seguito. Resta comunque il fatto che a fronte degli attuali
(al 30 dicembre 2003) 266 nuclei familiari che beneficiano del contributo mensile
previsto si potrebbe, per il futuro, anche tenuto conto dell’andamento della
ricostruzione e del livello di priorità degli interventi ancora in corso, pensare ad una
limitazione del ricorso all’istituto per casi più limitati, collegandolo eventualmente
anche alla situazione reddituale degli interessati. Si potrebbe forse anche pensare
ad una riduzione della sua durata temporale, per coinvolgere più direttamente gli
interessati in un rapido andamento dei lavori di ricostruzione.
C - La ricostruzione: l’edilizia privata
C.1 La ricostruzione leggera
La ricostruzione cosiddetta leggera, quella cioè che, come si è visto in
precedenza,
riguarda
gli
edifici
con
danni
lievi
ma
con
unità
immobiliari
parzialmente o totalmente sgombrate ai sensi della ordinanza del Commissario
delegato n. 61 del 1997, è quella che ha interessato la grande maggioranza delle
popolazioni
colpite
e
buona
parte
del
territorio
regionale,
anche
se
complessivamente per la riparazione delle 11.964 unità immobiliari interessate (il
68% di prime abitazioni) i contributi ammontano a 309 Meuro, a conferma del ruolo
relativo nel complesso degli interventi per la ricostruzione.
I dati riportati nel capitolo precedente evidenziano come la ricostruzione
leggera possa considerarsi ormai sostanzialmente conclusa: ciò anche alla luce delle
dichiarazioni della Regione che gli interventi non ancora conclusi nella maggioranza
dei casi non lo sono esclusivamente per difficoltà legate all’esistenza di contenzioso
tra le parti o a ritardi di varia natura, che non consentono di formalizzare in sede
amministrativa l’avvenuta conclusione degli interventi stessi.
Tali spiegazioni sui ritardi che si registrano negli ultimi interventi di
ricostruzione leggera, tutti previsti nei programmi 1998-2001, appaiono convincenti
(anche se resta una certa curiosità per i quattro interventi ancora da iniziare) e
possono in qualche modo fornire una giustificazione del fatto che il raffronto tra i
dati del 31 dicembre 2003 e del settembre 2004 sugli interventi da ultimare indica
che in tale periodo sono stati conclusi solo altri 7 interventi (mentre ne restano
ancora 52 da completare e 4 da iniziare).
C.2 La ricostruzione pesante
Con la ricostruzione pesante di edifici isolati (e, ancor più, in seguito, con
quella integrata) si entra nel vivo della ricostruzione tuttora in corso e dei suoi
problemi, in parte risolti, in parte ancora attuali.
L’analisi dei dati, aggiornati al Documento del settembre 2004 e già visti nel
precedente capitolo, evidenzia che degli interventi previsti nei programmi finanziari
1998 e 1999-2001, ne sono stati realizzati il 68%, iniziati il 16% mentre il restante
16% è ancora da iniziare e che tali percentuali, per gli interventi - non prioritari previsti dal successivo programma finanziario 2002-2003, sono rispettivamente del
10,25% per gli interventi ultimati e del 65% per quelli da iniziare. Ciò pone
l’esigenza di affrontare il tema dei tempi di realizzazione degli interventi stessi, per
valutare i motivi del protrarsi nel tempo della ricostruzione e la congruità di tali
tempi, anche al fine di fare alcune valutazioni e suggerimenti .
Si tratta di un tema di estrema complessità e delicatezza che si può
affrontare solo partendo dalle considerazioni già svolte sul “modello umbro” e sulle
sue peculiarità, così come si è venuto delineando nel tempo in base alle scelte
compiute dal legislatore nazionale e regionale ed alle decisioni assunte dalla
Regione per darvi attuazione.
Indubbiamente sui tempi della ricostruzione hanno inciso delle cause
obiettive, come le caratteristiche degli eventi sismici che, iniziatisi nel settembre
1997 si sono protratti fino all’aprile 1998, con la conseguenza che il prolungarsi
delle scosse nel tempo ha portato a reiterazioni di attività per aggiornare gli elenchi
dei danni e per una serie di altre attività connesse alla prima emergenza. Anche le
caratteristiche e la vastità dell’area colpita dal sisma, che con successivi interventi,
partendo dai pochi comuni di fascia A indicati nelle prime ordinanze ministeriali del
1997, ha portato al riconoscimento dell’intero territorio regionale come area
danneggiata, hanno oggettivamente inciso sui tempi della ricostruzione, così come
l’elevato numero di interventi previsto, la loro diversa tipologia, le diverse fonti di
finanziamento, statali e comunitarie, disponibili, con la conseguenza, evidenziata
dalla Regione, della necessità di intervenire per rendere compatibili procedure e
tempi di intervento.
Ma le caratteristiche del modello umbro sono determinate anche, come
abbiamo visto, da una serie di scelte operate dal legislatore statale e regionale.
Basti pensare alla scelta di prevedere una disciplina uniforme per tutte le
aree colpite indipendentemente dalla concentrazione dei danni in alcune località o
all’altra scelta, fondamentale, a favore della particolare valorizzazione del ruolo dei
privati nella ricostruzione, che ha conseguentemente ridotto i poteri delle pubbliche
amministrazioni rispetto, ad esempio, al modello che guidò la ricostruzione dopo il
terremoto del Friuli o dell’Irpinia, e che ha portato, tra le varie conseguenze, anche
quella di accentuare l’inconveniente del limitato numero dei professionisti privati in
grado di redigere i numerosi progetti necessari. Ci si riferisce al problema del vero e
proprio imbuto che è stato rappresentato dal fatto che i singoli proprietari di
immobili, lasciati liberi di scegliere, si sono inevitabilmente rivolti ai pochi tecnici
operanti in loco, con una concentrazione degli incarichi di progettazione che ha
costituito un freno al processo di ricostruzione (anche perché i medesimi tecnici
molto spesso erano coinvolti nelle fasi successive dell’esecuzione dei lavori).
Analogamente, l’affidamento ai privati della scelta dell’impresa alla quale
affidare i lavori di ricostruzione, ha portato ad accentuare l’elemento di criticità
rappresentato dalle caratteristiche e dalle limitate potenzialità delle imprese
operanti sul territorio regionale, alle quali naturalmente si sono rivolti i proprietari
degli immobili per gli interventi di riparazione, messa in sicurezza e ricostruzione.
La medesima scelta a favore del ruolo dei soggetti privati ha portato
probabilmente anche ad una configurazione dei poteri sostitutivi dei soggetti
pubblici, Regione e Comuni non particolarmente soddisfacente, il che non ha certo
aiutato gli amministratori locali in decisioni che comunque presentano aspetti di
particolare delicatezza nei rapporti con i loro amministrati. Le difficoltà incontrate
nell’esercizio, in pratica, dei poteri sostitutivi sono confermate dal fatto che, a
fronte di un finanziamento, a favore di Comuni, nei piani finanziari 1998 e 19992000, di 22,21 Meuro per il fondo per l’esercizio dei poteri sostitutivi dei Comuni nei
confronti dei proprietari inadempienti per gli interventi sulle strutture e sulle parti
comuni degli edifici, si registra una riduzione dello stanziamento a 9.17 Meuro nel
successivo piano finanziario 2002-2003 e comunque nessuna erogazione al 31
dicembre 2003.
Al tema dei poteri sostitutivi – in merito al quale si era sottolineata
l’opportunità di un intervento per renderli più incisivi, anche nel precedente referto
di questa Sezione - torneremo successivamente quando ci occuperemo della
ricostruzione integrata, nella quale rivestono un ruolo ancora più rilevante, è
strettamente collegato quello delle conseguenze, sui tempi della ricostruzione,
dell’ampio contenzioso insorto tra i soggetti privati (proprietari, progettisti,
imprese), che ha provocato e provoca vere e proprie situazioni di stallo nelle quali
l’intervento pubblico si rivela molto difficile, se non praticamente impossibile.
Anche le scelte operate inizialmente dal legislatore, nell’ambito del ruolo pur
limitato riconosciuto ai pubblici poteri, affidando praticamente tutte le competenze
amministrative, relative alla ricostruzione, alla Regione ed ai Comuni, ma lasciando
in particolare a questi ultimi la maggior parte del peso della gestione tecnica,
amministrativa e finanziaria della ricostruzione stessa, hanno avuto conseguenze
notevoli sui tempi della ricostruzione.
Infatti limitandoci a considerare i problemi connessi alla ricostruzione (e
tralasciando quindi le specifiche tematiche collegate alla emergenza), la Regione,
anche grazie al potenziamento degli uffici esistenti con la creazione di quattro uffici
temporanei con competenze in materia di ricostruzione, di un servizio per
l’assistenza giuridico-amministrativo e dell’Osservatorio sulla ricostruzione, nonché
grazie alla creazione di un efficace sistema informativo di supporto, ha mostrato di
sapere reagire molto meglio dei singoli Comuni all’esigenza di far fronte alla
notevole mole di nuovi compiti assegnati.
Né probabilmente poteva essere diversamente considerata la tipologia dei
Comuni coinvolti nella ricostruzione, per lo più piccoli Comuni naturalmente
sprovvisti di strutture amministrative e tecniche adeguate ai compiti sopravvenuti,
e malgrado la legge 61 del 1998 avesse molto opportunamente previsto (art. 14, c.
14 e succ. mod.) la destinazione di una significativa quota (fino al 4%) delle risorse
assegnate per la ricostruzione al potenziamento degli uffici della Regione e degli
altri Enti locali attraverso la dotazione di strumenti ed attrezzature, nonché
attraverso l’assunzione a tempo determinato di personale tecnico e amministrativo,
il pagamento di compenso per il lavoro straordinario al personale dipendente e la
possibilità di avvalersi di liberi professionisti, università, enti di ricerca e
cooperative.
Evidentemente, malgrado l’entità delle risorse finora impiegate (circa 152
Meuro), che hanno consentito tra l’altro di assumere 615 unità di diversi livelli e
professionalità, di cui 151 da parte della Regione, 27 da parte della Provincia di
Perugia e 440 da parte dei Comuni, (Foligno 88, Nocera Umbra 87, Gualdo Tadino
63, Assisi 42) con una concentrazione nei Comuni più colpiti, (che hanno però
adottato scelte talvolta diverse in tema di assunzioni, sulla base anche di un
maggiore o minore ricorso a forme di collaborazione con soggetti esterni),
l’impegno da affrontare è stato tale, anche per la specificità delle prestazioni
richieste, da mettere spesso in difficoltà, specie nelle fasi iniziali - come evidenziato
anche nel referto del 2002 di questa Sezione - i singoli Comuni chiamati a gestire
tutto il flusso operativo generato dall’attività della ricostruzione.
I tempi della ricostruzione sono stati determinati anche da una serie di
ulteriori scelte operate dalla Regione e dagli Enti locali. Per esempio la opzione a
favore di una ricostruzione “come era, dove era”, cioè la scelta di non operare, per
quanto possibile, delocalizzazioni (anche qui Nocera Umbra costituisce un caso a
parte con le sue due importanti delocalizzazioni) e quella di intervenire cercando di
salvaguardare le originarie caratteristiche ambientali, storiche, architettoniche e
culturali delle località colpite, guardando anche alla “qualità” complessiva della
ricostruzione ed al rilancio socio-economico, sono state scelte consapevoli e
significative che non possono però non avere inciso sulla durata complessiva di
esecuzione degli interventi della ricostruzione.
Sui tempi della ricostruzione ha inciso senz’altro anche la scelta di
intervenire più volte, nel corso degli anni, con modifiche delle normative tecniche
che disciplinano i vari tipi di intervento, il che se da un lato ha portato al
superamento di difficoltà e criticità registrate nelle procedure, ha comportato anche
l’ovvia conseguenza, lamentata da diversi Sindaci, di difficoltà interpretative e,
soprattutto, di dover spesso ripetere adempimenti e di dover recepire nuove
procedure.
Un caso esemplare di ritardo dovuto alla modificazione delle normative
vigenti è quello causato dalla previsione delle tre importantissime delibere di Giunta
n. 691, 485 e 1111 del 2002, rese possibili dalla legge finanziaria per quell’anno,
con le quali si è consentito, rispettivamente, la concessione di mutui straordinari
subordinati al reddito e per particolari complessità degli interventi, di contributi
aggiuntivi per edifici sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 490 del 1999, e la
revisione del prezzario regionale. E’ da sottolineare che si tratta del tipico caso di
interventi migliorativi generalmente auspicati, opportuni per risolvere criticità
riconosciute anche nel precedente referto di questa Sezione, ma che comunque
hanno comportato e stanno comportando, per le inevitabili conseguenze sul piano
dell’attuazione amministrativa, ritardi nei tempi della ricostruzione.
Certo, questi tempi sono dipesi anche dalle scelte operate in materia di
procedure, regole tecniche e adempimenti richiesti e, indubbiamente, il sistema
posto in essere è complesso ed ha le sue complicazioni e rigidità. Ma se da un lato
non vi sono procedure che non possano essere semplificate e rese più efficienti, è
da dire però che in taluni casi, come nella previsione del DURC (documento unico di
regolarità contributiva, indispensabile per l’erogazione dei finanziamenti), pure
criticato da più parti e da taluni Sindaci come causa di ritardi e di difficoltà, appare
opportuna, data la importanza dell’obiettivo della affidabilità delle imprese che
partecipano alla ricostruzione, la scelta operata dalla Regione, con soddisfacenti
risultati sul piano del controllo della attività delle imprese, non solo attraverso
sistemi di qualificazione prima dell’aggiudicazione degli appalti, ma anche nella fase
della esecuzione dei lavori.
Ancora, è da rilevare come sul prolungarsi dei tempi della ricostruzione abbia
notevolmente inciso, a fronte delle diverse difficoltà incontrate sia sotto il profilo
tecnico-amministrativo che sotto quelli realizzativi, la scelta della Regione di
prorogare, più volte e con una certa ampiezza, i tempi fissati per gli adempimenti
relativi alle varie fasi degli interventi.
Nel complesso, tenendo conto anche della sensazione che nella concreta
pratica amministrativa le singole Amministrazioni abbiano avuto un atteggiamento
che ha generalmente inteso privilegiare l’elemento del diritto dell’interessato al
contributo rispetto a quello della certezza dei tempi dell’esecuzione dei vari
adempimenti, sembra che, una volta superata la fase della prima emergenza, si sia
avuta la tendenza a considerare prioritaria, anche tenuto conto delle risorse
disponibili, l’ampiezza e la qualità della ricostruzione anche a rischio di qualche
prolungamento nei tempi della sua realizzazione.
Per concludere sulla ricostruzione pesante isolata e sui tempi della sua piena
realizzazione, non si può sfuggire alla osservazione che se indubbiamente si è fatto
molto, ancora molto resta da fare e che la prospettiva del completamento degli
interventi sembra dovere impegnare ancora alcuni anni. E’ da rilevare, tra l’altro,
che il protrarsi nel tempo del processo di ricostruzione comporta di per sé ulteriori
conseguenze, che incidono negativamente sull’andamento del processo stesso:
basti pensare al problema del variare nel tempo dei costi per gli interventi, ed a
quello degli aggravamenti o dei nuovi danni agli immobili in attesa di intervento.
Una ultima considerazione, infine, su eventuali iniziative per migliorare la
situazione della ricostruzione pesante di edifici isolati. E’ senz’altro vero che, come
si diceva in precedenza, ogni procedura ed ogni regola tecnica è sempre suscettibile
di miglioramento. L’analisi dello stato della ricostruzione pesante però, tenuto conto
che il processo ha superato molte delle difficoltà iniziali e sembra quindi procedere
ormai lungo binari definiti, induce a ritenere che, al di là di singoli specifici
aggiustamenti migliorativi, che fossero ritenuti necessari in materia di procedure,
regole tecniche e di poteri sostitutivi, nonché di eventuali interventi ad hoc, che
riguardino però specifiche situazioni di più evidente criticità, sulle quali ci
soffermeremo in seguito, sia preferibile consentire al modello umbro, con i suoi
pregi e gli inevitabili limiti, di procedere alla sua attuazione dispiegando tutte le
proprie potenzialità, senza dover subire gli inevitabili contraccolpi negativi di
ulteriori aggiustamenti effettuati in corso d’opera.
C.3 La ricostruzione integrata
Passando a considerare la ricostruzione integrata si può innanzitutto
osservare che, in linea di massima, tutte le considerazioni in precedenza svolte in
ordine all’andamento della ricostruzione pesante di edifici isolati (che d’altra parte
rientra anch’essa, con quella integrata, nella più ampia categoria generale della
ricostruzione pesante) sono anche ad essa riferibili. Ci si riferisce naturalmente a
quanto detto su taluni elementi obiettivi, quali le caratteristiche degli eventi sismici
e dei territori colpiti, la tipologia e le modalità di finanziamento degli interventi, ma
anche alle osservazioni sulle caratteristiche assunte dal modello umbro in
conseguenza delle scelte sull’uniformità della disciplina legislativa degli interventi su
tutto il territorio colpito, sul ruolo dei privati e sulla ripartizione dell’intervento
pubblico tra Regione e Comuni, nonché alle considerazioni sul tipo di ricostruzione
che si è voluto realizzare, sul succedersi nel tempo di modifiche normative, sulle
normative tecniche e sulle procedure adottate.
Ma da un lato l’importanza che assumono nel modello umbro la ricostruzione
integrata ed il programma integrato di recupero, strumento principe per garantire
nei centri storici e nei centri e nuclei urbani e rurali la programmazione ed il
coordinamento (anche finanziario) degli interventi di una ricostruzione che si pone
anche l’obiettivo del rilancio socio-economico, dall’altro la particolare criticità, che si
registra proprio in tale tipo di ricostruzione, con una altissima concentrazione delle
difficoltà
in
alcune
località,
rendono
opportuno
ulteriori
approfondimenti
e
specificazioni.
L’esistenza di criticità nella ricostruzione integrata, sulle quali ci si era
soffermati anche nel precedente referto di questa Sezione, è generalmente
riconosciuta, e d’altra parte i dati, già riportati più diffusamente nel capitolo
precedente, sono espliciti: al settembre 2004 su 1899 interventi finanziati nei
programmi finanziari 1998 e 1999- 2001 solo 455 si sono conclusi (24%), mentre
830 sono in corso (44%) e 614 sono ancora da iniziare (con indicazione
preoccupante per il futuro derivante dallo scorso numero di concessioni finora
rilasciate, specie in alcune località come Nocera Umbra e Sellano). Per i 915
interventi finanziati dal programma finanziario 2002-2003 la situazione fa registrare
l’ultimazione di 12 interventi (1%), l’inizio di 65 (7%), mentre i rimanenti 838
interventi (92%) sono ancora da iniziare.
Il fatto è che la molteplicità e la eterogeneità delle problematiche da
affrontare e degli obiettivi da conseguire attraverso i PIR, la molteplicità dei relativi
interventi e dei soggetti attuatori, hanno richiesto un apparato normativo
complesso e più volte modificato nel tempo che ha definito percorsi tecnici,
amministrativi e realizzativi articolati, oggettivamente difficili e talvolta macchinosi,
che hanno ulteriormente stressato il ruolo dei privati e dei Comuni, accentuandone
le difficoltà con le ovvie conseguenze sui tempi di realizzazione del processo di
ricostruzione. Complicazioni ulteriori si sono avute nella realizzazione delle
infrastrutture a rete realizzate dai Comuni insieme ai PIR per garantire tutti quei
servizi che sono necessari per la ripresa della vita normale di una collettività,
perché numerosissimi sono stati i casi in cui la contemporanea esistenza di lavori in
corso per la ricostruzione privata e di interventi sulle infrastrutture ha provocato
difficoltà di coordinamento dei diversi interventi e ritardi nella esecuzione degli
stessi.
Per quanto attiene ai Comuni, dal momento che alla Regione compete solo
l’approvazione dei PIR e la vigilanza sulla loro attuazione, le loro strutture sono
state chiamate ad assolvere un ruolo determinante ed assai impegnativo, al limite,
se non al di sopra, delle loro possibilità: dalla perimetrazione delle aree
danneggiate alla redazione dei PIR, con la stima dei costi, ed alla individuazione
delle UMI e delle relative priorità, dai compiti nella fase della progettazione
esecutiva e dell’esecuzione dei lavori agli adempimenti in materia di finanziamenti resa più difficile dall’esistenza di diverse fonti di finanziamento – e di costituzione
dei consorzi e di vigilanza sulla loro attività, il tutto complicato dalla caratteristica,
tipica dell’intervento integrato e sulla quale ci siamo già soffermati, della
contemporaneità degli interventi infrastrutturali e dei cantieri aperti per gli
interventi di ricostruzione degli edifici.
Per quanto riguarda il ruolo dei privati il legislatore ha ritenuto di risolvere il
problema prevedendo il consorzio obbligatorio, (art.7 l.r. 30 del 1998) al quale
partecipano tutti i soggetti, pubblici e privati appartenenti alle diverse UMI, che
agisce sulla base del diritto privato anche se poi in realtà nelle sue finalità c’è una
certa commistione di fini pubblici e privati.
Ma è proprio il consorzio, così come delineato e organizzato, anche per la
tipologia delle UMI che ne fanno parte, spesso criticate per la dimensione
considerata in taluni casi eccessiva, che si è rilevato uno dei punti di maggiore
criticità. La compresenza in esso di soggetti con interessi a volte molto diversi
(proprietari e non, residenti e non residenti, soggetti in differenti situazioni socioeconomiche), la definizione dei compiti assegnati al consorzio ed al suo presidente
in particolare, le già viste carenze nella definizione dei poteri sostitutivi e, più in
generale, il limitato ruolo della “mano” pubblica, sono stati i principali punti critici,
che i diversi interventi normativi della Regione non sono riusciti a superare se non
parzialmente.
E allora, nel caso della ricostruzione integrata, l’opportunità di qualche
intervento di carattere generale, anche a processo di ricostruzione in corso, si pone
con maggiore evidenza, anche nella consapevolezza degli inconvenienti connessi
alle eventuali modifiche in itinere, al di là di quelli che potranno essere interventi
particolari ad hoc per sbloccare le situazioni di particolare difficoltà che si registrano
in aree specifiche e limitate.
Riprendendo anche una osservazione contenuta nel precedente referto di
questa Sezione, si potrebbe innanzitutto intervenire per aiutare i Comuni, ma anche
i Consorzi, offrendo loro uno specifico sostegno tecnico-amministrativo nelle varie
fasi di progettazione ed attuazione dei PIR. Ugualmente utile potrebbe essere anche
qualche norma di semplificazione delle procedure e degli adempimenti tecnici
richiesti e per assicurare un migliore coordinamento nella esecuzione dei lavori,
anche alla luce della ormai pluriennale esperienza maturata.
Collegato ed estremamente importante potrebbe pure essere un intervento
in tema di estensione e rafforzamento del potere sostitutivo (ex art. 3 l. 61/98),
anche perché una rivalutazione del ruolo pubblico nei casi di inceppamento del
sistema non sembra in contrasto con la scelta di fondo operata con il modello
umbro di una ricostruzione affidata principalmente ai privati. D’altra parte, la
protesta per le troppo limitate possibilità di intervento nei confronti di questi ultimi
è stata costantemente presente nelle audizioni dei Sindaci dei Comuni più colpiti,
insieme
alla
sottolineatura
della
estrema
gravosità
dei
compiti
tecnico-
amministrativi ricadente sulle proprie strutture, in particolare per la ricostruzione
integrata. Una rivalutazione, da più parti auspicata, del ruolo pubblico nella
ricostruzione potrebbe estendersi, al di là del mero potenziamento dei poteri
sostitutivi, per prevedere la possibilità di intervento anche in altri casi nei quali
l’esperienza abbia evidenziato carenze delle normative vigenti. A titolo di esempio ci
si riferisce al caso nel quale, a fronte della volontà di un soggetto del consorzio di
rinunciare alla ricostruzione ed al relativo contributo, occorrerebbe non tanto
sostituirsi al soggetto stesso, quanto poter procedere alla revoca del contributo ed
alla utilizzazione alternativa dei relativi fondi.
Diverso
e
più
delicato
è
il
problema
della
eventuale
adozione
di
provvedimenti legislativi ad hoc per intervenire a sbloccare le poche situazioni,
come quella di Nocera Umbra in particolare, - ma anche in altre realtà, come ad
esempio a Sellano, potrebbero essere opportuni siffatti interventi mirati – nelle
quali il livello di criticità che si riscontra è tale da far dubitare che il processo di
ricostruzione possa concludersi in modo soddisfacente in tempi ragionevolmente
brevi e certi.
Si tratta di realtà nelle quali il sommarsi di una serie di elementi, quali la
gravità delle scosse sismiche e quindi dei danni, nonché la natura dei luoghi e del
patrimonio
abitativo,
oltre
alle
particolari
condizioni
socio-economiche
delle
popolazioni colpite, hanno contribuito a rendere particolarmente difficili le scelte
delle amministrazioni locali, oggettivamente non attrezzate ad affrontare una
emergenza come quella del terremoto. D’altra parte è da notare che un modello
come quello umbro, basato principalmente sulla iniziativa dei privati, funziona
meglio dove la società civile è più forte ed attiva e poteva forse essere prevedibile
che potesse incontrare delle difficoltà in realtà caratterizzate da una popolazione
residente
scarsa
e
particolarmente debole.
fortemente
invecchiata,
e
da
una
economia
locale
Certo non è facile configurare interventi, che non dovrebbero comunque
avere le caratteristiche di semplici interventi sostitutivi regionali, né quelle di un
commissariamento delle autorità locali, ma che dovrebbero essere aggiuntivi
rispetto alle misure che si sono suggerite per la ricostruzione integrata in genere. Si
potrebbe pensare, forse, dal momento che la via di un semplice aiuto alle strutture
comunali con risorse regionali e statali sembra, anche alla luce di talune esperienze
fatte, da un lato difficilmente praticabile e dall’altro comunque da sola non
sufficiente, all’affidamento alla Regione (o eventualmente anche allo Stato), di
compiti particolari individuati con precisione, ad esempio per l’esecuzione di
specifici interventi su edifici privati e pubblici o infrastrutture: in tal modo si
potrebbe ottenere il risultato di sgravare i Comuni interessati di taluni determinati
compiti, che spesso sono oggettivamente al di sopra delle proprie effettive
possibilità.
D - La ricostruzione: il patrimonio pubblico
D.1 Opere pubbliche, infrastrutture rurali, dissesti idrogeologici
Per quanto riguarda l’attività di ricostruzione relativa al patrimonio pubblico,
al di fuori degli interventi ricompresi nei PIR, i dati già visti nel precedente capitolo
consentono di limitarci a poche considerazioni in tema di opere pubbliche,
infrastrutture rurali e dissesti idrogeologici, per soffermarci poi maggiormente sul
tema dei beni culturali.
La ricostruzione delle opere pubbliche, realizzata sulla base di Programmi
triennali e di Piani attuativi, si è svolta in modo generalmente soddisfacente,
almeno per gli interventi prioritari previsti nel primo Programma delle infrastrutture
(1999-2001) e nei relativi piani attuativi, finanziati con i Programmi finanziari 1998
e 1999-2001 (63% degli interventi conclusi e 33% in corso). Per gli interventi
previsti nel secondo Programma delle infrastrutture (2002-2004), che costituisce
una rimodulazione del precedente per tener conto di aggiornamenti e di nuove
segnalazioni di Comuni ed enti interessati, i dati mostrano, naturalmente, uno stato
di attuazione meno avanzato (ben il 58% degli interventi è ancora da iniziare), il
che, sulla base della esperienza, dovrebbe far presumere una prospettiva di alcuni
anni per la conclusione.
In generale è però da rilevare che, al di là di qualche situazione particolare
nelle aree dove si sono registrate le maggiori criticità anche per la ricostruzione
privata (grave è, ad esempio, il ritardo nei lavori per le scuole di Sellano ancora
ospitate in containers), le stesse audizioni dei Sindaci dei Comuni maggiormente
colpiti non hanno evidenziato situazioni di particolari carenze nel settore delle opere
pubbliche.
Passando al tema delle infrastrutture rurali, (viabilità, acquedotti rurali e
fognature) c’è da registrare con soddisfazione che tutti gli interventi previsti dal
relativo Piano approvato nel 1998 sono stati conclusi ed alcuni ulteriori limitati
interventi,
previsti
successivamente,
sono
ormai
finanziati
e
avviati.
Conseguentemente il Programma finanziario 2002-2003 non ha previsto nulla per la
ricostruzione delle infrastrutture rurali.
Più delicata è la situazione degli interventi relativi ai dissesti idrogeologici,
che avvengono sulla base delle previsioni del Piano generale dei dissesti
idrogeologici e dei successivi Piani attuativi 1998, 2000 e 2003, finanziati con i
diversi Programmi finanziari finora approvati. E’ vero che, come sottolineato dalla
Regione nell’ultima relazione di monitoraggio dell’APQ per la ricostruzione del
dicembre 2003, la particolarità e complessità degli interventi in questione
comportano tempi di realizzazione piuttosto lunghi e che, inoltre, una parte degli
interventi è stata finanziata solo con il Programma 2002-2003. Ma l’analisi dei dati
sull’attuazione dei singoli Piani attuativi non è però rassicurante sui tempi di
realizzazione complessiva degli interventi previsti, tanto che potrebbe essere
opportuno prevedere uno specifico intervento della Regione. Infatti, sulla base dei
dati al 31 dicembre 2003, mentre è soddisfacente lo stato di attuazione del Piano
1998 (tutti i 58 interventi previsti sono stati iniziati e 43 già conclusi), desta
qualche preoccupazione lo stato di attuazione del Piano 2000 (su 47 interventi
previsti, solo 26 sono stati iniziati, cioè il 55%, e nessuno concluso), con la
consueta particolare criticità della situazione di Nocera Umbra (nessuno dei 18
interventi previsti risulta ancora iniziato). Migliore appare lo stato di avanzamento
del Piano attuativo 2002, che fa registrare l’inizio di 48 dei 63 interventi previsti (il
76%).
D.2 Beni culturali
In materia di intervento sui beni culturali, nella quale la Regione emanò
l’apposita l. n. 32 del 1998, e che è caratterizzata da una collaborazione molto
stretta e proficua tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali, è stato
fondamentale il ruolo svolto dal Commissario delegato per i beni culturali per
l’Umbria (istituito con O.M. 2669 del 1997) che ha operato, tramite l’Ufficio del Vice
Commissario con sede a Foligno, il rilevamento analitico di tutti i danni sopportati
dal patrimonio culturale, censendo 2297 edifici danneggiati, di cui 1827 pubblici ed
equiparati e 470 privati.
Dall’esame
dei
dati
sembra
emergere
che,
per
quanto
attiene
la
ricostruzione relativa ai beni culturali, il problema principale non è tanto quello dei
tempi e delle modalità della ricostruzione, quanto quello delle risorse disponibili in
relazione ad un numero molto elevato di edifici censiti, data la ricchezza del
patrimonio della Regione, ma anche probabilmente alla difficoltà di operare
distinzioni tra i danni causati dall’evento sismico e quelli eventualmente preesistenti
e risalenti nel tempo.
Infatti, per quanto attiene lo stato di attuazione degli interventi, si deve
sottolineare che i 22 interventi del Piano Giubileo-terremoto (deciso nel 1998 per
integrare i finanziamenti della l. n. 270 del 1997 allo scopo di evitare ritardi
nell’ultimazione dei lavori per il Giubileo del 2000) ed i 97 interventi indifferibili ed
urgenti del Piano 1998 sono tutti conclusi.
Volendo considerare in modo aggregato tutti gli interventi finanziati fino al
Programma finanziario 1999-2001, e quindi anche quelli relativi al Piano 2000 (169
interventi), i dati al settembre 2004 mostrano un sufficiente livello di realizzazione:
il 78% degli interventi è concluso, il 21% degli interventi è in corso e solo l’1% è
ancora da iniziare.
La situazione appare diversa se si considerano i soli interventi finanziati con
il Programma finanziario 2002-2004: infatti, dei 387 interventi complessivamente
previsti dal Piano 2002 (originariamente erano 364) e dalle successive delibere
integrative, solo il 6% degli interventi è concluso, mentre il 50% è in corso ed il
48% è ancora da iniziare. Tenuto peraltro conto della situazione di vera e propria
criticità che si è dovuta registrare sul fronte delle progettazioni, complicata anche
dalla esistenza di un ingente patrimonio ecclesiastico che ha fatto gravare sulle
strutture tecniche delle Diocesi un compito gravosissimo, nonché delle difficoltà nel
reperire imprese specializzate nelle lavorazioni richieste, si può ritenere che
l’andamento dell’attuazione dei Piani finora approvati sia comunque giustificato da
tali circostanze e pertanto, nel complesso, soddisfacente.
A fronte però della notevolissima quantità di edifici censiti dal Commissario
Delegato per i beni culturali nel 1998 e non ricompresi ancora in alcun Piano
annuale (si tratta di circa 1645 interventi), e della strategicità del recupero del
patrimonio culturale specie in una Regione come l’Umbria, nella quale la
connessione tra sviluppo economico, industria turistica e valorizzazione del
patrimonio artistico e culturale è particolarmente stretto, il problema delle risorse
necessarie si pone con assoluta priorità, tenuto conto anche di due ulteriori
circostanze. La prima, che le stesse modalità di finanziamento di molti degli
interventi in questione per stralci funzionali, anche per consentire, al fine di una
migliore salvaguardia del bene, la tempestività degli interventi sulle parti degli
edifici maggiormente danneggiate, pone con particolare evidenza il problema del
completamento degli interventi iniziati (ed infatti già parte dei finanziamenti previsti
dal Programma finanziario 2002-2003 e, da ultimo, dal Programma 2004-2005 è
finalizzata ad interventi di completamento). La seconda, che i lavori eseguiti con i
fondi per la ricostruzione hanno riguardato, in base alla normativa vigente, solo la
parte strutturale degli edifici, le rifiniture interne, l’adeguamento degli impianti e
l’abbattimento delle barriere architettoniche e non anche, come forse sarebbe
auspicabile per la complessiva fruibilità finale del bene, interventi interni quali il
restauro di affreschi e di beni mobili collocati negli edifici stessi, per cui si pone il
problema, evidenziato da tempo dallo stesso Commissario Delegato per i beni
culturali, di finanziamenti aggiuntivi rispetto alle risorse per il terremoto, per queste
finalità.
In questa situazione sembra prospettabile, a fronte di una facilmente
prevedibile difficoltà di reperimento nei prossimi anni di un consistente flusso di
nuove risorse finanziarie a carico del bilancio statale, un aggiornamento realistico
del Programma di interventi di cui proporre l’attuazione di un arco temporale
limitato e definito. Si dovrebbe giungere ad un nuovo Programma che, tenendo
conto da un lato di quanto sinora fatto, e dall’altro rinunciando agli interventi meno
significativi, sia dal punto di vista artistico che da quello della fruibilità dei beni a
fini turistici, e dando anche la necessaria precedenza ai completamenti funzionali,
individui una scala di priorità certa negli interventi: su un siffatto nuovo Programma
potrebbe essere indubbiamente più agevole chiedere un sostegno finanziario dello
Stato.
E - Controlli
Nell’affrontare il tema dei controlli occorre preliminarmente rilevare che, per
quanto attiene ai controlli interni, ed a quelli di gestione in particolare, la Regione,
nell’ambito dell’autonomia ad essa riconosciuta (v. d.lgs. 286 del 1999, art. 1, II
c.), ha disciplinato la materia con la l.r. 13 del 2000 (v. art. 95 e segg.) e con la
conseguente dGR 181 del 2000.
E’ da sottolineare, peraltro, che nella materia specifica dei controlli sulla
ricostruzione, data la particolare struttura organizzativa che si è data la Regione
con la istituzione dei quattro uffici temporanei con competenza esclusiva in materia
di ricostruzione, l’attività di controllo di gestione appare essere stata affidata
all’ultimo di questi uffici, quello denominato “Ufficio temporaneo completamento
della ricostruzione: gestione finanziaria degli interventi”, nel cui ambito è stato
costituito l’Osservatorio sulla ricostruzione, previsto dalla l.r. 30 del 1998 e dotato
di un ottimo sito internet continuamente aggiornato.
E’ opportuno notare che l’Osservatorio non solo rappresenta un prezioso
strumento di monitoraggio di tutto il processo di ricostruzione (utile anche ai fini
della gestione dello stesso), ma anche uno strumento di diffusione immediata di
tutto il flusso di informazioni sul processo di ricostruzione, nelle sue varie fasi, a
favore sia delle istituzioni pubbliche che dei privati interessati, contribuendo così
alla trasparenza complessiva delle molteplici attività poste in essere da tutti i
soggetti che vi partecipano.
Si può pertanto affermare che, anche se non risultano specifici documenti
espressamente riconducibili all’esercizio del controllo di gestione (diversa è infatti la
finalità delle relazioni semestrali di monitoraggio dell’APQ ricostruzione), la Regione
si é comunque organizzata per assicurare alla propria dirigenza politica ed
amministrativa, in vista dell’adozione delle decisioni di rispettiva competenza, un
supporto idoneo a fornire un quadro completo e documentato delle attività svolte in
materia di ricostruzione.
Per quanto concerne poi gli Enti locali, alla cui autonomia normativa e
organizzativa l’art. 147 del nuovo T.U.E.L. affida l’individuazione degli strumenti e
delle metodologie per assicurare i controlli interni, non risulta che i Comuni
interessati alla ricostruzione si siano dotati di apposite strutture dedicate per il
controllo di gestione.
In generale si può comunque affermare che il modello umbro è stato attento
all’esigenza di garantire la trasparenza e la qualità degli interventi, con il concorso,
nelle rispettive competenze, di Comuni, Province e Regione. Abbiamo, ad esempio,
già visto in precedenza come si sia previsto un controllo sulle imprese sia prima
della aggiudicazione dei lavori, attraverso i sistemi di qualificazione, che durante
l’esecuzione dei lavori stessi, attraverso la previsione del rilascio del documento
unico di regolarità contributiva.
Quanto ai controlli specifici sulle varie fasi e sulla qualità della ricostruzione,
ci si è già soffermati sull’importante ruolo svolto dai Comuni e dalla Regione: gli
uffici regionali, in particolare, vigilano sulla corretta applicazione, da parte delle
strutture comunali, delle procedure tecniche ed amministrative nonché delle
normative che regolano la concessione e la erogazione dei contributi.
Una considerazione particolare meritano i controlli qualitativi e quantitativi
effettuati dalle Province, su delega della Regione, sia nella progettazione che sulla
esecuzione dei lavori. Infatti, l’esito di tali controlli eseguiti a campione sul 20%
degli interventi finanziati ha evidenziato, in base alla documentazione fornita dalle
Province di Perugia e di Terni, che nella quasi totalità dei casi è stato necessario
richiedere ai progettisti – che si sono sempre successivamente adeguati alle
richieste – documentazioni integrative o varianti, con ovvie conseguenze sui tempi
di esecuzione degli interventi, ma anche sulla qualità degli stessi.
Anzi, da questo punto di vista, non si può evitare di esprimere la
considerazione che forse sarebbe utile, a fronte dell’esito di tali controlli,
estenderne la portata almeno ad un campione più ampio, se non a tutti gli
interventi della ricostruzione privata, al fine di garantirne ulteriormente la qualità.
F - Le risorse finanziarie
I dati sulle risorse finanziarie utilizzate per la ricostruzione, indicati nel
precedente capitolo, inducono innanzitutto a due riflessioni in qualche modo
preliminari, che contribuiscono anche a delineare ulteriormente la peculiarità del
modello umbro di ricostruzione.
La prima attiene alla entità complessiva delle risorse che, attraverso le varie
fonti di finanziamento sono state finora destinate alle varie finalità previste. Si
tratta di 5.137,11 Meuro, che rappresentano indubbiamente un ammontare
complessivo di tutto rispetto, anche in relazione alle caratteristiche del sisma, alla
tipologia ed all’estensione dell’area interessata ed alle sue conseguenze sulle
persone e sulle cose.
La seconda attiene ai tempi, davvero celeri, anche in relazione ad analoghe
esperienze, nei quali le risorse stanziate sono state messe a disposizione: basti
pensare che per quanto attiene il flusso più rilevante, quello derivante dalle
operazioni finanziarie poste in essere dalla Regione con l’emissione di titoli
obbligazionari (il che ha consentito di ottenere risorse maggiori di quelle che si
sarebbero potute reperire con la contrazione di mutui), già a fine 1998 erano state
emanate le leggi che autorizzavano il 58% della spesa, e che le successive
finanziarie per il 2000 e 2001 ne avevano autorizzato un altro 27%.
Una considerazione particolare merita il tema della utilizzazione, per la
ricostruzione, delle risorse comunitarie attraverso la riprogrammazione del DOCUP
1994-1999 0b.5b. Si è visto che si è trattato di un flusso finanziario significativo
che ha consentito di finanziare 7.373 interventi anche ricompresi all’interno di PIR,
con tutte le complicazioni conseguenti. Merita perciò un particolare riconoscimento
l’importante risultato conseguito, anche grazie alla priorità assegnata a tutti gli
interventi finanziati con risorse comunitarie, del totale utilizzo delle risorse messe a
disposizione, superando le difficoltà derivanti dalle differenze tra normative
comunitarie e nazionali per l’ammissibilità ai contributi e le modalità ed i tempi –
molto stretti – degli interventi e di rendicontazione delle spese. Anzi è da rilevare
che poiché alcuni interventi finanziati inizialmente con risorse nazionali sono stati
opportunamente ricondotti successivamente, in sede di rendicontazione, al DOCUP,
si sono potuti rendicontare pagamenti per una cifra superiore a quanto stanziato
dall’Unione Europea (è il fenomeno noto come overbooking: sono stati rendicontati
pagamenti per 538,047 Meuro, a fronte di uno stanziamento di 522,887 Meuro).
Una ulteriore considerazione merita il raffronto dei dati relativi agli
stanziamenti, agli impegni ed alla spesa effettiva che, come si è visto nel
precedente capitolo, evidenzia da un lato una notevole capacità di impegno delle
risorse (dai dati della relazione di monitoraggio dell’APQ ricostruzione del dicembre
2003 emerge che il 99,93 delle risorse erano state impegnate), e dall’altro lato
qualche criticità nelle erogazioni: infatti, a fronte di un dato medio del 54,05% di
erogato rispetto all’impegnato, è significativo che per i PIR tale percentuale scende
al 30,01%. Ma si tratta, probabilmente, di una conferma delle criticità riscontrate
proprio in sede di esame della ricostruzione integrata: dalle difficoltà incontrate dai
privati nell’attivare procedure e adempimenti per lo più molto complessi, alla
inadeguatezza delle strutture comunali, alle conseguenze sul piano dei tempi di
scelte volte a garantire la trasparenza oltre che la qualità complessiva del processo
di ricostruzione.
Un’ultima considerazione sul Programma finanziario 2004-2005, approvato
nel luglio 2004, che ripartisce le ultime risorse disponibili, per un ammontare di
878,342 Meuro derivanti prevalentemente dai limiti di impegno della finanziaria del
2002 (421 Meuro) e, per il resto, dalle operazioni finanziarie che si potranno fare in
base alle autorizzazioni della legge finanziaria 2004, nonché da ulteriori risorse
derivanti dalle leggi n. 288 del 2002 e 62 del 2003, da rimborsi dall’Unione
Europea, da maggiori entrate per le operazioni finanziarie concluse dalla Regione
tra il 1998 e il 2001 ed altri riversamenti ed entrate in contabilità speciale.
E’
da
sottolineare
come
il
Programma
in
questione,
salvo
qualche
completamento, non prevede il finanziamento di nuovi interventi, ma è rivolto ad
assicurare la integrazione della copertura finanziaria di interventi già previsti dai
precedenti Programmi finanziari a seguito di già citate leggi statali e conseguenti
provvedimenti regionali che hanno variato il contesto finanziario originario (si fa
riferimento per questi ultimi alla DGR 691 del 2002, che ha previsto contributi
straordinari in base al reddito ed alla particolarità di alcuni interventi; alla DGR 485
del 2002, che ha previsto contributi aggiuntivi per gli edifici sottoposti a tutela; ed
alla DGR 1111 del 2002, che ha aggiornato il prezzario regionale).
Quanto finora detto è strettamente collegato con il tema successivo delle
necessità per il
completamento della ricostruzione: infatti la constatazione
dell’avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, anche alla luce della doverosa
prudenza mostrata dalla Regione sulla possibilità che le previsioni sui costi
dell’adeguamento dei contributi alle nuove normative si rivelino, in corso di
attuazione amministrativa, insufficienti, rendono ancora più delicato e non
prorogabile il problema del reperimento di ulteriori risorse finanziarie per la
ricostruzione.
G - Il completamento della ricostruzione
A parte le considerazioni già svolte in precedenza sull’opportunità, da un
lato, di singoli limitati interventi in particolare nella ricostruzione integrata, e
dall’altro di uno specifico intervento da attuare nelle poche zone nelle quali la
ricostruzione appare in grave difficoltà, per sbloccare un processo le cui prospettive
appaiono ancora molto incerte, il vero problema che resta da risolvere è quello di
come giungere in tempi ragionevolmente brevi e certi al completamento della
ricostruzione.
Tenuto conto della circostanza che la Regione, anche a conferma della bontà
del lavoro di ricognizione dei danni svolto sin dal momento dell’emergenza, non ha
ritenuto finora di modificare le originarie previsioni sul numero degli interventi e sui
relativi
costi,
i
dati
aggiornati
al
settembre
2004,
che
scontano
quindi
l’approvazione del Programma finanziario 2004-2005, indicano che rispetto alla
previsione iniziale resta da finanziare ancora un fabbisogno di 3.305 Meuro, da
destinare a 13.971 interventi (si tratta del 39% della spesa originariamente
prevista).
La semplice constatazione dell’entità delle risorse ancora da reperire, anche
alla luce della considerevole riduzione avutasi negli ultimi anni nei flussi finanziari
provenienti dallo Stato e delle prospettive generali della finanza pubblica quale
emerge dal dibattito politico sulla finanziaria per il 2005, non induce certo ad un
facile ottimismo sulle prospettive future.
In particolare è da tenere presente che, dai dati contenuti nella relazione di
monitoraggio dell’APQ ricostruzione del dicembre 2003, la situazione si presenta
molto delicata per quanto attiene gli interventi sul patrimonio pubblico. Infatti,
mentre per l’edilizia privata resterebbero da autorizzare il 38,5% degli interventi
previsti, tale percentuale sale, negli interventi a favore del patrimonio pubblico, al
63,5%, con un significativo 81,7% per le opere pubbliche e un 70,6% per i beni
culturali. Né d’altra parte questi dati possono stupire, dal momento che quasi il
70% delle risorse complessive sono state finora utilizzate per finanziare la
ricostruzione privata.
D’altra parte, occorre tener presente, che gli interventi che resterebbero da
finanziare concernono, per l’edilizia privata, solo le priorità G della ricostruzione
pesante e le UMI di fascia N della ricostruzione integrata (cioè interventi per le
seconde case e per attività non produttive, anche se si è sempre, comunque, di
fronte ad un diritto riconosciuto della legge al proprietario danneggiato) e, che, per
il patrimonio pubblico, gli interventi che resterebbero da finanziare sono interventi
comunque definiti non prioritari.
Il problema allora, è quello di individuare un percorso, da concertare con il
Governo, per giungere alla definizione di un quadro certo di risorse disponibili nel
tempo,
per
poter
programmare
una
effettiva
conclusione
del
processo
di
ricostruzione, dando le necessarie certezze a tutti i suoi soggetti, sia privati che
pubblici.
Ma se questa è l’esigenza che risulta essere avvertita dagli stessi
responsabili politici della Regione che, nel Documento del settembre 2004, dichiara
non essere “certamente realistica la prospettiva di avere disponibili, per l’immediato
futuro, tutte le risorse necessarie”, potrebbe essere preso in considerazione il
suggerimento di valutare la possibilità di riprendere la strada percorsa all’inizio, ma
che negli ultimi anni sembra essere stata di fatto abbandonata, del ricorso agli
istituti della Programmazione negoziata: ed in particolare a quello, fondamentale,
della Intesa istituzionale di programma, previsto dalla legge 61 del 1998 e stipulata
nell’anno successivo con il relativo Accordo di Programma-quadro finalizzato
espressamente alla ricostruzione. Nel sottolineare infatti come non sembra che i
sottoscrittori dell’Intesa, sia Governo che Regione, abbiano mostrato di avere
particolarmente fiducia nelle procedure e negli strumenti previsti dall’Intesa stessa
per la sua attuazione e verifica, come è dimostrato anche dal ritardo nei tempi di
trasmissione della relazione semestrale di monitoraggio dell’ APQ ricostruzione al
Governo e al Parlamento (l’ultima relazione trasmessa dal Governo al Parlamento
risulta essere quella relativa al secondo semestre 2001), sembra invece di poter
indicare proprio nella rivitalizzazione di quanto previsto nell’Intesa per la sua
“gestione” una possibile via per la soluzione del problema del completamento della
ricostruzione.
Si potrebbe procedere ad una sollecita ripresa del confronto tra Stato e
Regione
negli
organi
previsti
espressamente
dall’Intesa,
cioè
il
Comitato
istituzionale di gestione ed il Comitato paritetico di attuazione, che non risultano
essersi riuniti da tempo - eppure l’Intesa prevede (art.11) che il Comitato
istituzionale debba procedere ogni anno alla verifica degli obiettivi dell’Intesa stessa
e dei suoi strumenti attuativi sulla base delle relazioni predisposte dal Comitato
paritetico di attuazione - per verificare lo stato di attuazione dello specifico Accordo
di programma quadro, e successivamente individuare un percorso concordato e
certo
per
giungere,
anche
attraverso
l’eventuale
adozione
degli
opportuni
provvedimenti legislativi e amministrativi statali e regionali, alla conclusione del
processo di ricostruzione, magari con le modifiche che si riterrà di introdurre a
taluni istituti e procedure.
Nella sede del confronto tra Stato e Regione, quella appena proposta,
dell’Intesa istituzionale di Programma, o altra che si riterrà più opportuna, data la
necessità di interventi molto solleciti, - d’altra parte risulta che sia a livello di
Regione che di Dipartimento per la Protezione Civile della Presidenza del Consiglio si
stia lavorando su questi temi - dovrà essere affrontato anche un delicato problema
ancora aperto, quello della proroga o meno dello stato di emergenza, che verrebbe
a scadere il 31 dicembre 2004, con alcuni temi collegati, come in particolare quello
della sopravvivenza dell’istituto della autonoma sistemazione e delle diverse misure
oggi esistenti in materia fiscale a favore dei Comuni colpiti.
E’ da tener presente, infatti, che nel processo di ricostruzione si sta tuttora
procedendo anche in base ad alcune norme, istituti e procedure che trovano il loro
presupposto nella esistenza dello stato di emergenza: pertanto ove, come sembra
pure condivisibile decorsi ormai molti anni dal terremoto, il Governo dovesse
decidere di non procedere ad ulteriori proroghe, sarebbe necessario porre mano ad
alcuni interventi volti ad evitare troppo bruschi contraccolpi nel processo di
ricostruzione ancora in atto, pur prevedendo un preciso termine finale di vigenza
degli interventi stessi, anche al fine di rendere evidente e credibile la volontà di
concludere rapidamente la ricostruzione.
Ci si è già soffermati in precedenza sulla autonoma sistemazione, sul ruolo
che ha svolto e continua a svolgere tale istituto, che trova il suo fondamento
giuridico nello stato di emergenza, e pertanto si rinvia su questo punto alle
considerazioni già svolte al punto 2) di questo capitolo.
Quanto al problema del futuro delle misure a favore dei Comuni previste
dall’art. 12 della legge 61 del 1998 più volte prorogate, che dispongono il rimborso
a favore dei 36 Comuni interessati delle minori entrate relative all’ICI, alla tassa sui
rifiuti urbani, alle imposte sulla pubblicità nonché di altri contributi ordinari per un
ammontare complessivo di 12,5 Meuro circa (a carico delle risorse per la
ricostruzione), si può affermare che la richiesta di una loro riconferma sembra
rispondere ad esigenze reali. Ma va sottolineato con forza, però, non solo l’ulteriore
esigenza di una rigorosa verifica, in sede di attuazione, dell’esistenza effettiva dei
presupposti per usufruire di tali misure, ma anche la necessità di fissare dei precisi
termini di vigenza finale dei rimborsi, per coinvolgere sempre di più i Comuni nella
conclusione della ricostruzione e nella tematica del cosiddetto “rientro” nella
gestione ordinaria in tempi certi e sufficientemente brevi.
Alla tematica del “rientro” in un regime ordinario, fondamentale in
prospettiva e che richiederà ai Comuni una grande attenzione nella predisposizione
dei prossimi bilanci, è strettamente collegato un altro problema molto importante e
delicato, sia per i suoi riflessi sul buon andamento del proseguimento della
ricostruzione, sia sul piano più strettamente sociale. Si fa riferimento al problema
del permanere nel tempo del supporto tecnico amministrativo previsto dalla legge
61 del 1998 (all’art. 14 c. 14), che destina una percentuale delle risorse per la
ricostruzione (fino al 4%) al potenziamento degli uffici della Regione e degli Enti
locali attraverso la dotazione di strumenti ed attrezzature, l’assunzione di personale
tecnico ed amministrativo a tempo determinato, il pagamento di compensi per il
lavoro straordinario del personale dipendente degli enti stessi, nonché attraverso la
possibilità di avvalersi di liberi professionisti, enti di ricerca, società e cooperativa di
produzione e lavoro. Con tali risorse è possibile finanziare anche una serie di altre
spese: quelle per le verifiche di conformità degli interventi relativi agli immobili
privati, per il deposito dei beni mobili sgombrati a seguito dei lavori della
ricostruzione e per la locazione dei locali ove vengono trasferiti provvisoriamente i
pubblici servizi.
Si tratta, come si vede, del finanziamento di interventi che hanno giocato e
sono chiamati a svolgere ancora un ruolo strategico nel processo di ricostruzione,
garantendo un considerevole flusso di risorse finanziarie (finora sono stati destinati
circa 152 Meuro) che però, in base alle previsioni della Regione, sono destinati ad
esaurirsi nel corso del 2005.
E’ ben vero che è prevedibile che nel corso del prossimo anno in molti
Comuni il processo di ricostruzione potrà essere completato, venendo così meno
l’esigenza di un potenziamento delle loro strutture, ma è vero anche che i dati già
visti sul numero degli interventi ancora da concludere e spesso ancora da iniziare,
specie nella ricostruzione integrata, fanno
facilmente intendere
quali
gravi
ripercussioni potrebbero derivare, in particolare nei Comuni maggiormente colpiti
nei quali si concentra tale tipo di interventi, dal venire meno della possibilità di
avvalersi, anche in parte, di tali supporti.
Appare, pertanto, senz’altro ragionevole la richiesta della Regione di un
intervento legislativo che consenta ai Comuni di potere continuare ad avvalersi di
quei supporti tecnico-amministrativi ancora necessari per il completamento della
ricostruzione: va sottolineato, però, che l’eventuale intervento legislativo dovrebbe
essere finalizzato al solo finanziamento delle spese per il personale e per
l’avvalimento di professionisti ed altri soggetti esterni e, naturalmente, dovrebbe
essere rigorosamente contenuto entro i limiti strettamente necessari agli interventi
ancora da completare ed in una ottica attenta elle esigenze dei futuri bilanci di
rientro, che non potranno certo sopportare spese di personale in eccesso rispetto
alle esigenze ordinarie delle singole amministrazioni locali.
E’ necessario sottolineare questo punto perché, a fronte di una situazione
che ha visto negli anni la complessiva assunzione di 615 unità di personale (di cui
151 da parte della Regione, 89 del Comune di Foligno, 87 di quello di Nocera
Umbra, 63 di quello di Gualdo Tadino, 42 di quello di Assisi, 27 della provincia di
Perugia, con dati difficilmente comparabili anche per le diverse politiche adottate
dai vari enti, più o meno favorevoli all’avvalimento di professionisti e soggetti
esterni) non si può pensare che con le risorse del completamento del terremoto ci si
possa far carico del pur delicatissimo problema sociale rappresentato dal futuro di
tante persone che, dopo anni di lavoro spesso anche molto qualificato, si trovano
nella necessità di cercare una nuova occupazione.
Le notevoli implicazioni, anche politiche, del problema hanno finora indotto
la Regione e gli Enti locali interessati ad impegnarsi per trovare una occupazione
almeno a parte di questo personale a contratto, talvolta con risultati positivi, ma
comunque sempre con qualche controindicazione sul piano di un conseguente
blocco delle ordinarie politiche di assunzione. I dati indicano che è da tempo in atto
una vera e propria politica di “stabilizzazione” che ha portato appunto a stabilizzare,
per lo più grazie a concorsi riservati, 276 unità (il 44,88%), con percentuali molto
variabili nei vari enti. La Regione Umbria, ad esempio, ha stabilizzato il 100% del
personale, parte con assunzioni in ruolo, parte con la collocazione in un ruolo
transitorio. Analoga la situazione di alcuni piccoli comuni e della provincia di Perugia
(stabilizzazione al 97%). Ma molti sono i Comuni dove questa operazione non ha
conseguito risultati e i Comuni più colpiti, che hanno effettuato il maggior numero
di assunzioni, registrano, a parte l’eccezione di Foligno con l’89% e di Valtopina con
il 50%, percentuali molto basse di stabilizzazioni: vedi ad esempio la situazione di
Nocera Umbra (3,45%), Assisi (0%), Gualdo Tadino (14,29%).
H - Conclusioni
Volendo tentare di operare una sintesi del lavoro istruttorio svolto, si può
dire che la ricostruzione post-terremoto ha finora conseguito notevoli risultati e sta
procedendo lungo linee ormai ben definite, pur dovendosi registrare alcune criticità
nella ricostruzione pesante e soprattutto in quella integrata, nonché situazioni
particolari, ciascuna con proprie caratteristiche nelle quali il processo non ha dato i
risultati attesi e le prospettive non inducono a particolare ottimismo in ordine alla
conclusione degli interventi previsti.
Il processo di ricostruzione si è svolto secondo quello che è stato definito il
“modello umbro”, un insieme articolato di norme, di provvedimenti amministrativi
statali e regionali e di scelte politiche che hanno portato a configurare istituti,
regole tecniche e procedure spesso complesse o di difficile applicazione, ma
comunque in linea con gli obiettivi originari di una ricostruzione caratterizzata da
interventi diffusi su un territorio vasto e senza la previsione di specifiche misure per
le aree maggiormente colpite; attenta ai problemi della programmazione e
dell’integrazione degli interventi; trasparente e basata sulla partecipazione di tutti i
suoi soggetti, sia pubblici che privati; di qualità e sensibile alle esigenze della
conservazione dell’ambiente e del patrimonio storico e culturale; rivolta non solo
alla ricostruzione dell’esistente ma anche al miglioramento sismico degli edifici,
nonché, come espressamente previsto dall’Intesa istituzionale, rivolta anche al
“recupero del deficit della crescita economica dovuto dagli effetti del sisma stesso
nel sistema economico e sociale regionale”.
Un
modello,
dunque,
che
è
stato
chiamato
a
gestire
un
ruolo
consapevolmente difficile, complesso ed ambizioso, determinato nel suo modo di
essere e di operare in concreto da elementi di carattere oggettivo, quali la tipologia
del fenomeno sismico, le caratteristiche fisiche dei territori colpiti, la presenza di un
patrimonio storico-culturale particolarmente importante, ma quali anche le stesse
peculiarità socio-economiche della società umbra e, infine, l’ingente quantità di
risorse finanziarie affluite, in tempi rapidi, per la ricostruzione.
Le stesse caratteristiche del modello e delle scelte che hanno contribuito a
definirlo in concreto avevano in sé la causa dei successi ma anche delle criticità
registrate e delle difficoltà che, specie in talune realtà come Nocera Umbra in
particolare, ma anche Sellano, ha incontrato il processo di ricostruzione, anche per
carenze delle strutture tecniche ed amministrative dei Comuni colpiti, che d’altra
parte non possono destare meraviglia a fronte di un evento come il terremoto del
1997.
In questo contesto generale, alla luce dei dati resi disponibili con grande
spirito di collaborazione della Regione ma anche, per la parte di competenza, delle
Province di Perugia e di Terni, e degli approfondimenti effettuati con i Sindaci dei
Comuni più colpiti, si può esprimere la considerazione finale che, al di là di singoli
interventi specifici che potrebbero essere utili in tema di ricostruzione pesante o di
ricostruzione integrata in particolare, e di un intervento, che sembra senz’altro
opportuno, volto a superare le criticità esistenti in quelle situazioni particolari nelle
quali la ricostruzione non appare, allo stato, né avere conseguito i risultati sperati
ne avere ragionevoli prospettive di successo a tempi sufficientemente brevi, il
principale
problema
sembra
essere
quello
di
dare
prospettive
certe
al
completamento della ricostruzione stessa, sia dal punto di vista dei tempi che da
quello, fondamentale, delle risorse finanziarie ancora necessarie. Ciò al fine non
solo di dare ai soggetti privati le indispensabili certezze sul loro avvenire, ma anche
per consentire alla Regione ed agli Enti locali di programmare i propri interventi
nella consapevolezza che occorre puntare ormai con decisione al “rientro” dalla
ricostruzione, affidando le ulteriori azioni di sviluppo e rilancio economico e sociale
delle aree terremotate ad altri strumenti, quali ad esempio il PIAT (Programma
Integrato per le Aree Terremotate), anche esso previsto nell’Intesa istituzionale di
Programma che, finanziato con risorse diverse da quelle della ricostruzione, è
chiamato a svolgere un fondamentale ruolo complementare, integrandosi con gli
strumenti della ricostruzione.
In conclusione si sintetizzano, infine, nell’ordine con il quale sono già stati
ampliamente svolti precedentemente in questo stesso capitolo, alcuni suggerimenti
che si sottopongono, nello spirito e con le finalità del controllo collaborativo, agli
Organi della Regione, per le decisioni di loro esclusiva spettanza (con l’avvertenza
che in realtà, in alcuni casi, si è di fronte a decisioni di competenza statale, ma in
ordine alle quali la Regione potrebbe comunque svolgere un importante ruolo
attivo) e che riguardano:
1. l’adozione di una iniziativa comune, di tutti i soggetti pubblici e privati
interessati, per giungere alla soluzione definitiva, in un contesto di programmazione
delle scelte complessive, dei collegati problemi della restituzione dei containers non
più utilizzati, dell’utilizzo delle casette in legno man mano che vengono restituite e
del futuro dei campi allestiti per l’emergenza, anche al fine del loro eventuale
riutilizzo;
2. un intervento volto a contenere nel tempo il ricorso all’autonoma
sistemazione ed eventualmente a ridurre il numero dei potenziali aventi diritto,
anche in base a criteri basati sul reddito, ciò anche al fine di coinvolgere al massimo
i beneficiari nell’accelerazione dei tempi della ricostruzione;
3. alcuni interventi specifici, per superare talune criticità della ricostruzione
pesante e di quella integrata in particolare, in materia di: sostegno tecnicoamministrativo per i Comuni, ma anche per i Consorzi; eventuali semplificazioni ed
alleggerimenti di procedure e di adempimenti tecnici; estensione e rafforzamento
del potere sostitutivo;
4. interventi ad hoc, aggiuntivi rispetto a quelli già indicati, in quelle
situazioni, come Nocera Umbra ma anche eventualmente Sellano ed altre, nelle
quali si sono riscontrate le maggiori difficoltà nel processo di ricostruzione ed ove le
prospettive di completamento appaiono ancora particolarmente problematiche e
lontane nel tempo;
5. la valutazione dell’opportunità di un eventuale intervento per accelerare
l’attuazione dei Piani attuativi per i dissesti idrogeologici, con particolare riferimento
al Piano 2000;
6.
la riconsiderazione complessiva del quadro degli interventi in materia di
beni culturali, al fine di giungere ad un realistico aggiornamento del relativo
Programma di interventi con l’individuazione di precise priorità;
7. il
rilancio
degli
strumenti
della
Programmazione
negoziata,
ed
in
particolare dell’Intesa istituzionale di programma, al fine di individuare con lo Stato
un percorso concordato e certo per la conclusione del processo di ricostruzione e la
definizione dei relativi finanziamenti;
8. un eventuale ampliamento del campione dei controlli quantitativi e
qualitativi svolti dalle Province su delega della Regione;
9. un intervento, ove non venga prorogato lo stato di emergenza, volto alla
proroga, strettamente limitata nel tempo ed attenta alle esigenze del “rientro” nel
regime ordinario al termine della ricostruzione, oltre che del contributo per
l’autonoma sistemazione (nei limiti di cui al precedente punto 2), anche delle
misure a favore dei Comuni in materia di rimborsi per mancati introiti derivanti da
imposte e tasse;
10. un intervento, anch’esso limitato nel tempo ed attento alle esigenze del
“rientro”, volto a consentire ai Comuni di continuare ad avvalersi del supporto
tecnico-amministrativo per le esigenze strettamente necessarie al completamento
della ricostruzione.
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22 dicembre 2004 - Sezione regionale di controllo