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art.1, comma 1, dcb roma
Martedì 10 Giugno 2014
Anno XII • N°113

1,00
PDVOTO
RIFORMASTATALI
CINQUE STELLE
La dirigenza dem ferma le
polemiche sui ballottaggi. Sabato
l’assemblea nazionale A PAGINA 2
Il ministro Madia convoca i
sindacati in vista del varo di
un decreto e un ddl A PAGINA 2
Tre sindaci puntellano
la diarchia ma nel M5S si cerca
A PAGINA 2
il cambio di passo
n n COMUNALI
SECONDO TURNO
EDITORIALE
IL PD CONSOLIDA IL SUO PRIMATO MA CEDE LIVORNO
Che cos’è
questo voto
volatile.
Parisi spiega
Il valore vero
del voto
sui sindaci
STEFANO
MENICHINI
MARIO
LAVIA
S
È
come dice Arturo Parisi: «Non
ci sono più elettori infedeli».
Frase densissima. Che vuol dire che
il consenso è sempre più volatile.
Non va mai dato per acquisito una
volta per tutte. Ormai un elettore si
sente del tutto libero di votare una
svolta a destra e l’altra volta a sinistra, oppure per un premier di sinistra e un sindaco di destra. È la
politica contemporanea. Sentite
Parisi, che da anni studia i comportamenti politici.
SEGUE A PAGINA 3
n n MEDIO ORIENTE
Shimon Peres,
l’anti-Bibi
che somiglia
a Napolitano
GUIDO
MOLTEDO
F
osse eletto direttamente dagli israeliani e non dalla
Knesset, il nuovo presidente della repubblica d’Israele sarebbe
ancora quello vecchio. Il vecchio
Peres. Per consentirgli un secondo mandato, avrebbero perfino
cambiato la Costituzione. 91 anni ad agosto, a luglio darà l’addio
alla carica che ricopre dal 2007,
e da oggi inizieranno le votazioni
in parlamento per eleggere il suo
successore.
SEGUE A PAGINA 4
n n ASIA
Fra corsa
al riarmo
e ritrovato
nazionalismo
ALESSANDRO
MINUTO RIZZO
L
a crisi in Ucraina ha riportato all’attenzione i problemi
della sicurezza, divenuti decisamente secondari dopo la caduta
del muro di Berlino. Ora è venuto
il momento di rientrare nella
complicata storia del mondo, da
cui siamo usciti per un po’. Non
che debba per forza farci piacere,
ma la realtà ci costringe a guardarci intorno con altri occhi. A
dir la verità Crimea ed Ucraina
sono un po’ la guerra di ieri.
SEGUE A PAGINA 4
Anche i ballottaggi aiutano
Renzi. «Ma non ci sono rendite»
I dem passano da 15 a 19 città capoluogo e sfondano in Lombardia e Piemonte. Il M5S
si afferma nella città toscana. FI annaspa sempre più, perde il formattatore Cattaneo
FABRIZIA
BAGOZZI
A
nche nei ballottaggi delle
amministrative il Partito democratico va bene. E ancora una
volta vince (controllava 15 dei
comuni capoluogo, ne gestirà 19),
soprattutto al Nord, dove avanza
e strappa molti comuni al centrodestra: la storica roccaforte di
Pavia, ma anche tutti i principali centri piemontesi (Biella, Verbania, Vercelli), Ventimiglia e
Sassuolo e comuni lombardi come Cremona e Bergamo, dove l’ex
spin doctor di Renzi Giorgio Gori
ha la meglio sullo sfidante di centrodestra.
Un risultato però attenuato
dalla sconfitta in alcune roccaforti storiche come Livorno (che
va a un esultante Movimento
Cinque Stelle rappresentato da
Filippo Nogarin) e Perugia (vince
Andrea Romizi, sostenuto dal
centrodestra). Ma anche in comuni a lungo governati dal centrosinistra negli ultimi anni come
Padova (espugnata dal leghista
Massimo Bitonci).
Una cosa che smuove gli animi nel partito dove c’è chi sussurra che si perde dove prevale la
logica del vecchio. Riflette ad
alta voce Alessandra Moretti:
«Guardando i risultati emerge
molto chiaramente una riflessio-
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ne: laddove il Pd è capace di rinnovamento vince, dove non è
forte il segnale di discontinuità si
perde». E Alessia Morani, responsabile giustizia del Pd: «Fa
bene Renzi a dire che nel nostro
partito non ci deve essere un “noi
“e un “loro”, ma è altrettanto
chiaro che esiste un “prima” e un
“dopo”».
Ma la minoranza democratica
controbatte, con Gianni Cuperlo:
«Difficile dire che abbiamo perso. Certo, alcune ferite pesano e
bendarsi gli occhi è ingiusto. Ma
al di là del voto mi colpiscono
alcuni commenti di casa nostra».
E aggiunge: «Mi sento parte di
una comunità politica e quando
n n ROBIN
Vietnam
Renzi è andato a lezione, in
vista delle votazioni sulla
riforma del senato.
da qualche parte si perde sento
che la prima cosa da fare non è
preoccuparsi di dire che ha perso
“uno degli altri”, ma capire che
cosa è successo e magari sentire
un moto di vicinanza e solidarietà con chi si sente responsabile
di ciò che è accaduto».
Evita le polemiche Matteo
Renzi, in visita ufficiale in Vietnam, per il quale questo secondo
turno che marca un esito «straordinario» per il Pd, indica anche
«la fine delle posizioni di rendita
elettorale, è finito il tempo in cui
qualcuno sa che in quel posto si
vince di sicuro». Uno scenario
che, secondo il premier e segretario dem, non va ricondotto alla
contrapposizione fra vecchio e
nuovo ma chiede di consolidare i
risultati. Così anche il vicesegretario dem Lorenzo Guerini: «È
una vittoria netta, merito di tutto il Pd».
Nel frattempo canta vittoria
il Movimento Cinque Stelle, che
conquista Livorno, Bagheria e
Civitavecchia e prova a cavalcare
queste vittorie per far dimenticare il mancato successo alle europee.
Si dispera invece il centrodestra a partire di Forza Italia, che
perde ben 46 comuni. Una débacle che colpisce soprattutto al
Nord (dove a Pavia Alessandro
Cattaneo perde), tanto da spingere il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti a parlare
di «questione settentrionale».
@gozzip011
olo in un paese seriamente
stressato può capitare che il
risultato del voto amministrativo in una sola città di provincia
possa pesare, politicamente e
mediaticamente, più del medesimo voto espresso in decine di
altri comuni e perfino più del
voto nazionale alle elezioni europee di appena due settimane
prima. Ma tant’è, si vede che
era davvero forte l’ansia – partigiana o professionale – di ridurre appena possibile la portata e
la forza della vittoria del Pd di
Renzi del 25 maggio. Di qui le
aperture di giornali, siti, talk
show politici: “La sconfitta di
Livorno”.
Del resto accadde già, due
anni fa: quando i democratici
conquistarono decine di amministrazioni, rovesciando i rapporti di forza col Pdl allora ancora forte, ma quel turno rimane
nella memoria per un solo evento, cioè la conquista di Parma
da parte del grillino Pizzarotti.
Il Pd può evitare di affannarsi nella replica. Intanto perché appunto il precedente di
Pizzarotti segnala quanto sia
incontrollabile per M5S l’effetto
delle sue stesse vittorie. E poi
perché – astuzia della storia – è
stato proprio lo sciame sismico
grillino di questi anni a forzare
il cambiamento nel Pd, imporre
Renzi come leadership in qualche modo obbligata, dare al Pd
connotati talmente nuovi da
spingerlo in termini di consensi
là dove non era mai arrivato.
Infine, infilarsi nella polemica interna su quale Pd abbia
vinto domenica e quale abbia
perso è un autolesionismo inutile. Banalmente, vale per il Pd
quello che vale per chiunque altro a qualsiasi livello in Occidente: per vincere devi corrispondere a una domanda radicale di novità, se in qualsiasi
modo gli elettori ti avvertono in
continuità con gestioni di governo precedenti, la speranza di
resistere è poca, con qualunque
sigla. Tanto più per i sindaci, in
una stagione di risorse tagliate,
tasse locali aumentate, servizi
ridotti. Livorno, Perugia, Civitavecchia, senza disturbare la
storia, si spiegano sostanzialmente così.
L’esito dei ballottaggi si presta ad alte analisi più razionali e
utili.
Innanzi tutto la conferma
dell’estrema mobilità del mercato elettorale, di cui la scelta
dell’astensionismo è parte a
pieno titolo.
SEGUE A PAGINA 4
Chiuso in redazione alle 20,30
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Anche i ballottaggi aiutano Renzi. «Ma non ci sono rendite