Poste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. d.l. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004, n.46) art.1, comma 1, dcb roma Martedì 10 Giugno 2014 Anno XII • N°113 1,00 PDVOTO RIFORMASTATALI CINQUE STELLE La dirigenza dem ferma le polemiche sui ballottaggi. Sabato l’assemblea nazionale A PAGINA 2 Il ministro Madia convoca i sindacati in vista del varo di un decreto e un ddl A PAGINA 2 Tre sindaci puntellano la diarchia ma nel M5S si cerca A PAGINA 2 il cambio di passo n n COMUNALI SECONDO TURNO EDITORIALE IL PD CONSOLIDA IL SUO PRIMATO MA CEDE LIVORNO Che cos’è questo voto volatile. Parisi spiega Il valore vero del voto sui sindaci STEFANO MENICHINI MARIO LAVIA S È come dice Arturo Parisi: «Non ci sono più elettori infedeli». Frase densissima. Che vuol dire che il consenso è sempre più volatile. Non va mai dato per acquisito una volta per tutte. Ormai un elettore si sente del tutto libero di votare una svolta a destra e l’altra volta a sinistra, oppure per un premier di sinistra e un sindaco di destra. È la politica contemporanea. Sentite Parisi, che da anni studia i comportamenti politici. SEGUE A PAGINA 3 n n MEDIO ORIENTE Shimon Peres, l’anti-Bibi che somiglia a Napolitano GUIDO MOLTEDO F osse eletto direttamente dagli israeliani e non dalla Knesset, il nuovo presidente della repubblica d’Israele sarebbe ancora quello vecchio. Il vecchio Peres. Per consentirgli un secondo mandato, avrebbero perfino cambiato la Costituzione. 91 anni ad agosto, a luglio darà l’addio alla carica che ricopre dal 2007, e da oggi inizieranno le votazioni in parlamento per eleggere il suo successore. SEGUE A PAGINA 4 n n ASIA Fra corsa al riarmo e ritrovato nazionalismo ALESSANDRO MINUTO RIZZO L a crisi in Ucraina ha riportato all’attenzione i problemi della sicurezza, divenuti decisamente secondari dopo la caduta del muro di Berlino. Ora è venuto il momento di rientrare nella complicata storia del mondo, da cui siamo usciti per un po’. Non che debba per forza farci piacere, ma la realtà ci costringe a guardarci intorno con altri occhi. A dir la verità Crimea ed Ucraina sono un po’ la guerra di ieri. SEGUE A PAGINA 4 Anche i ballottaggi aiutano Renzi. «Ma non ci sono rendite» I dem passano da 15 a 19 città capoluogo e sfondano in Lombardia e Piemonte. Il M5S si afferma nella città toscana. FI annaspa sempre più, perde il formattatore Cattaneo FABRIZIA BAGOZZI A nche nei ballottaggi delle amministrative il Partito democratico va bene. E ancora una volta vince (controllava 15 dei comuni capoluogo, ne gestirà 19), soprattutto al Nord, dove avanza e strappa molti comuni al centrodestra: la storica roccaforte di Pavia, ma anche tutti i principali centri piemontesi (Biella, Verbania, Vercelli), Ventimiglia e Sassuolo e comuni lombardi come Cremona e Bergamo, dove l’ex spin doctor di Renzi Giorgio Gori ha la meglio sullo sfidante di centrodestra. Un risultato però attenuato dalla sconfitta in alcune roccaforti storiche come Livorno (che va a un esultante Movimento Cinque Stelle rappresentato da Filippo Nogarin) e Perugia (vince Andrea Romizi, sostenuto dal centrodestra). Ma anche in comuni a lungo governati dal centrosinistra negli ultimi anni come Padova (espugnata dal leghista Massimo Bitonci). Una cosa che smuove gli animi nel partito dove c’è chi sussurra che si perde dove prevale la logica del vecchio. Riflette ad alta voce Alessandra Moretti: «Guardando i risultati emerge molto chiaramente una riflessio- SCARICA L’EBOOK SU WWW.EUROPAQUOTIDIANO.IT ne: laddove il Pd è capace di rinnovamento vince, dove non è forte il segnale di discontinuità si perde». E Alessia Morani, responsabile giustizia del Pd: «Fa bene Renzi a dire che nel nostro partito non ci deve essere un “noi “e un “loro”, ma è altrettanto chiaro che esiste un “prima” e un “dopo”». Ma la minoranza democratica controbatte, con Gianni Cuperlo: «Difficile dire che abbiamo perso. Certo, alcune ferite pesano e bendarsi gli occhi è ingiusto. Ma al di là del voto mi colpiscono alcuni commenti di casa nostra». E aggiunge: «Mi sento parte di una comunità politica e quando n n ROBIN Vietnam Renzi è andato a lezione, in vista delle votazioni sulla riforma del senato. da qualche parte si perde sento che la prima cosa da fare non è preoccuparsi di dire che ha perso “uno degli altri”, ma capire che cosa è successo e magari sentire un moto di vicinanza e solidarietà con chi si sente responsabile di ciò che è accaduto». Evita le polemiche Matteo Renzi, in visita ufficiale in Vietnam, per il quale questo secondo turno che marca un esito «straordinario» per il Pd, indica anche «la fine delle posizioni di rendita elettorale, è finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di sicuro». Uno scenario che, secondo il premier e segretario dem, non va ricondotto alla contrapposizione fra vecchio e nuovo ma chiede di consolidare i risultati. Così anche il vicesegretario dem Lorenzo Guerini: «È una vittoria netta, merito di tutto il Pd». Nel frattempo canta vittoria il Movimento Cinque Stelle, che conquista Livorno, Bagheria e Civitavecchia e prova a cavalcare queste vittorie per far dimenticare il mancato successo alle europee. Si dispera invece il centrodestra a partire di Forza Italia, che perde ben 46 comuni. Una débacle che colpisce soprattutto al Nord (dove a Pavia Alessandro Cattaneo perde), tanto da spingere il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti a parlare di «questione settentrionale». @gozzip011 olo in un paese seriamente stressato può capitare che il risultato del voto amministrativo in una sola città di provincia possa pesare, politicamente e mediaticamente, più del medesimo voto espresso in decine di altri comuni e perfino più del voto nazionale alle elezioni europee di appena due settimane prima. Ma tant’è, si vede che era davvero forte l’ansia – partigiana o professionale – di ridurre appena possibile la portata e la forza della vittoria del Pd di Renzi del 25 maggio. Di qui le aperture di giornali, siti, talk show politici: “La sconfitta di Livorno”. Del resto accadde già, due anni fa: quando i democratici conquistarono decine di amministrazioni, rovesciando i rapporti di forza col Pdl allora ancora forte, ma quel turno rimane nella memoria per un solo evento, cioè la conquista di Parma da parte del grillino Pizzarotti. Il Pd può evitare di affannarsi nella replica. Intanto perché appunto il precedente di Pizzarotti segnala quanto sia incontrollabile per M5S l’effetto delle sue stesse vittorie. E poi perché – astuzia della storia – è stato proprio lo sciame sismico grillino di questi anni a forzare il cambiamento nel Pd, imporre Renzi come leadership in qualche modo obbligata, dare al Pd connotati talmente nuovi da spingerlo in termini di consensi là dove non era mai arrivato. Infine, infilarsi nella polemica interna su quale Pd abbia vinto domenica e quale abbia perso è un autolesionismo inutile. Banalmente, vale per il Pd quello che vale per chiunque altro a qualsiasi livello in Occidente: per vincere devi corrispondere a una domanda radicale di novità, se in qualsiasi modo gli elettori ti avvertono in continuità con gestioni di governo precedenti, la speranza di resistere è poca, con qualunque sigla. Tanto più per i sindaci, in una stagione di risorse tagliate, tasse locali aumentate, servizi ridotti. Livorno, Perugia, Civitavecchia, senza disturbare la storia, si spiegano sostanzialmente così. L’esito dei ballottaggi si presta ad alte analisi più razionali e utili. Innanzi tutto la conferma dell’estrema mobilità del mercato elettorale, di cui la scelta dell’astensionismo è parte a pieno titolo. SEGUE A PAGINA 4 Chiuso in redazione alle 20,30