ForzeArmate.org SIDEWEB è una società di servizi nata dall’entusiasmo e dall’esperienza pluriennale di coloro che hanno operato per anni nelle organizzazioni di tutela individuale e collettiva, contribuendo con la propria professionalità ed il proprio impegno anche alla crescita di importanti portali web quali, ad esempio, www.militari.org. SIDEWEB fornisce informazione, assistenza e consulenza legale al fine di offrire a tutti i cittadini, militari inclusi, un punto di riferimento solido e sicuro in merito a tali attività. In particolare, si occupa di studio e approfondimento della legislazione nazionale e comparata relativa agli appartenenti alle forze armate e forze di polizia. SIDEWEB Via Terraglio, 14 - 31022 Preganziol (TV) Per maggiori informazioni collegati a: www.forzearmate.org – www.sideweb.it – www.militari.org PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE DOCUMENTAZIONE: COMANDO DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI SM - Ufficio Consulenza Giuridico Legale VADEMECUM PER I COMANDANTI SULLA DISCIPLINA MILITARE FEBBRAIO 2006 COMANDO DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI SM - Ufficio Consulenza Giuridico Legale VADEMECUM PER I COMANDANTI SULLA DISCIPLINA MILITARE FEBBRAIO 2006 Il Vademecum per i Comandanti sulla Disciplina Militare è stato curato dal Ten. Col. ammcom Francesco ZINNO Capo Sezione Disciplina presso il Comando delle Forze Operative Terrestri. INDICE pag. pag. I Indice. II Atto di approvazione. pag. III Registrazione delle aggiunte e varianti. pag. V Elenco di distribuzione. pag. VI Presentazione. pag. 1 Introduzione. pag. 2 Le funzioni del Comandante di corpo in ambito disciplinare. pag. 3 Le funzioni di polizia giudiziaria. pag. 5 La richiesta di procedimento. pag. 6 Compiti del Comandante di corpo del militare sottoposto a procedimento penale. pag. 8 L’esercizio della potestà disciplinare: pag. 10 La riunione di diversi procedimenti disciplinari. pag. 10 Le sanzioni disciplinari di corpo. pag. 12 Le sanzioni disciplinari di stato. pag. 13 La sospensione dal servizio o dall’impiego. pag. 14 La sospensione a seguito di misure cautelari personali coercitive ed interdittive. pag. 16 La sospensione precauzionale obbligatoria. pag. 17 La sospensione precauzionale discrezionale. pag. 20 Riesame della posizione di stato del personale militare sospeso precauzionalmente. pag. 20 Rapporto tra le sanzioni di stato e le sanzioni di corpo. pag. 21 Rapporto tra le sanzioni penali e le sanzioni di corpo. pag. 21 L’applicazione di pene accessorie alla condanna penale. pag. 23 Ricorsi, istanze di riesame ed esercizio dell’autotutela. pag. 24 L’esame del giudicato penale. pag. 26 Fasi del procedimento disciplinare a seguito dell’esame del giudicato penale. pag. 29 Termini temporali per la definizione del procedimento disciplinare. pag. 29 L’accesso agli atti del procedimento disciplinare. pag. 31 Dispensa dal servizio per inidoneità o scarso rendimento. pag. 32 Normativa sul rimborso delle spese di patrocinio legale. ALLEGATI A Circolari B Modulistica I COMANDO DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI ATTO DI APPROVAZIONE Approvo il presente “Vademecum per i Comandanti sulla Disciplina Militare”. Verona, 14 marzo 2006 IL COMANDANTE Gen. C.A. Bruno IOB II REGISTRAZIONE DELLE VARIANTI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 III 10 11 12 13 14 15 16 17 18 IV ELENCO DI DISTRIBUZIONE A: COMANDO DEI SUPPORTI DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI TREVISO 1° COMANDO DELLE FORZE DI DIFESA VITTORIO VENETO 2° COMANDO DELLE FORZE DI DIFESA S. GIORGIO A CREMANO COMANDO TRUPPE ALPINE BOLZANO COMANDO DELLE TRASMISSIONI ED INFORMAZIONI ESERCITO COMANDO AVIAZIONE ESERCITO ANZIO VITERBO COMANDO BRIGATA TRASMISSIONI SOLBIATE OLONA e, per conoscenza : MINISTERO DELLA DIFESA DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE III° Reparto - 7^ Divisione ROMA STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO Reparto Affari Giuridici ed Economici per il Personale ROMA V PRESENTAZIONE Il presente vademecum è stato elaborato allo scopo di fornire un supporto normativo ai Comandanti delle Unità operative dell’Esercito ed in generale agli addetti alla branca disciplinare, ai vari livelli di Comando. La pubblicazione comprende la trattazione delle principali materie di intervento del Comandante di Corpo in ambito disciplinare ed è completata da una raccolta delle norme che regolano l’amministrazione della disciplina militare. Trattasi di materia complessa ed in progressivo adeguamento normativo, funzionale anche alla progressiva professionalizzazione della Forza Armata, che necessita di continui aggiornamenti da parte dei responsabili e degli addetti alla branca. Il vademecum costituisce quindi un contributo informativo finalizzato ad una corretta impostazione e definizione dei procedimenti disciplinari ed una base di riferimento per tutti coloro che devono assicurare la tutela dell’ordinamento disciplinare militare ed il rispetto della Legge nelle Forze Armate. Ten. Col. ammcom Francesco ZINNO VI INTRODUZIONE. Il diritto disciplinare militare è costituito da un’insieme inscindibile di prescrizioni che stabiliscono doveri di comportamento e sanzioni finalizzate ad assicurare la realizzazione di tali doveri. La definizione di trasgressione disciplinare si rinviene negli artt. 37 e 38 del c.p.m.p., ove il legislatore pone in rilievo la distinzione tra reato militare (qualunque violazione del codice penale militare) ed illecito disciplinare (qualunque violazione dei doveri attinenti al servizio ed alla disciplina, non costituente reato, ma prevista dal Regolamento di Disciplina Militare). Reato militare: - consiste in qualsiasi violazione della legge penale militare (art. 37 c.p.m.p.); - le pene sono specificamente previste per ogni tipo di reato; - il soggetto attivo del reato militare può essere anche un soggetto non militare. Illecito disciplinare: - consiste in una violazione dei doveri del servizio e della disciplina non costituenti reato (art. 38 c.p.m.p.) o in una violazione conseguente all’emanazione di un ordine; - deve essere previsto dalla legge o da regolamenti militari approvati con DPR; - le sanzioni sono elencate in via generale, senza essere ricondotte a determinati comportamenti, ad eccezione della consegna di rigore, per la quale sono “tipizzati” i comportamenti sanzionabili (all. C del R.D.M.); - il soggetto attivo dell’illecito disciplinare è sempre un militare. Il potere disciplinare riconosciuto ai Comandanti, ai diversi livelli, costituisce uno strumento fondamentale per garantire la conservazione dell’ordine e l’attuazione delle finalità istituzionali della Forza Armata e trova il proprio fondamento costituzionale nell’art. 97 cost., che tutela il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione e nell’art. 52 cost., che prevede l’obbligo (in atto “sospeso”) di prestare servizio militare secondo i modi stabiliti dalla legge. Il titolare del potere disciplinare ha la facoltà di irrogare sanzioni ai suoi sottoposti, in virtù della posizione gerarchica che egli vanta nei loro confronti, che gli impone di esercitare l’azione di comando e di garantire l’osservanza delle leggi e dei doveri di comportamento connessi al particolare stato di militare. Altri tipi di sanzione (penale, amministrativa) non escludono l’adozione di sanzioni disciplinari, in quanto esplicano lo loro azione a tutela di interessi giuridici differenti. Il provvedimento disciplinare consegue ad un “procedimento amministrativo” che ha per oggetto la valutazione di un fatto illecito commesso con coscienza e volontarietà, non riconducibile a mero titolo di responsabilità oggettiva, ma che sia almeno conseguenza di una colpa (omissione, negligenza, imperizia, inosservanza di norme tecniche o amministrative, etc.). 1 L’azione disciplinare deve sempre essere ispirata ad alcuni principi fondamentali: • proporzionalità: la sanzione deve essere adeguata alla gravità del fatto illecito, alla sua motivazione ed all’intensità del dolo; • gradualità: il sistema sanzionatorio militare prevede una gamma di sanzioni graduate secondo la gravità ed la tipologia delle infrazioni; • tempestività: l’addebito deve essere contestato nel più breve tempo possibile, a decorrere dalla “piena conoscenza dei fatti”; • contraddittorio: ovvero possibilità di esercitare il diritto alla difesa, presentando eventuali memorie e giustificazioni a discolpa; • immodificabilità della contestazione dell’addebito, che deve essere specifico, riferito a fatti precisi; se in corso di procedimento emergono altri fatti, si deve istruire un nuovo procedimento, allo scopo di consentire il regolare svolgimento del contraddittorio; • motivazione: il provvedimento finale deve essere adeguatamente motivato in modo da dare contezza delle valutazioni effettuate e della decisione adottata, con puntuale riferimento all’addebito contestato; • competenza: l’autorità che irroga la sanzione deve essere quella competente a farlo; • ne bis in idem: non è ammessa una nuova valutazione disciplinare di un fatto già sanzionato disciplinarmente. In sostanza, lo scopo dell’azione disciplinare non è tanto quello di reprimere una condotta illecita, bensì quello di promuovere, in positivo, l’adempimento dei doveri finalizzati al perseguimento del pubblico interesse, a cui sono tenuti entrambi i soggetti del rapporto di subordinazione. LE FUNZIONI DEL COMANDANTE DI CORPO IN AMBITO DISCIPLINARE. Il Comandante di corpo è l’Ufficiale preposto al comando o alla direzione di unità, ente o servizio organicamente costituito e dotato di autonomia nel campo dell’impiego e in quello logistico, tecnico ed amministrativo. Egli è direttamente responsabile della disciplina nei confronti del personale dipendente (art. 22 del R.D.M. approvato con DPR 545/86) ed esercita tale funzione in forme e con competenze diverse a seconda del tipo di infrazione. L’esercizio delle proprie funzioni disciplinari, intese nel senso più ampio, riguarda in modo particolare i seguenti ambiti di attività: • ha funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria militare per i reati soggetti a giurisdizione militare; nell’ambito di questa dipendenza funzionale dall’autorità giudiziaria militare, il Comandante è soggetto a responsabilità disciplinare e penale per le ipotesi di mancata o negligente esecuzione delle disposizioni ricevute; • ha il potere discrezionale circa la richiesta di procedimento penale davanti al giudice militare o il perseguimento della via disciplinare, per le fattispecie di reati militari punibili con un massimo di 6 mesi di reclusione (tra i più comuni, si citano 2 • • • • • • l’allontanamento illecito, l’omessa presentazione in servizio, ubriachezza in servizio, distruzione o alienazione di effetti di vestiario ed equipaggiamento militare, percosse e lesioni personali, diffamazione, minaccia). Alcuni reati militari espressamente indicati, sono perseguibili solo a richiesta del Ministro (artt. 94 e dal 103 al 112 c.p.m.p); esercita la potestà disciplinare per le infrazioni previste dal Regolamento di disciplina militare, irrogando le sanzioni di corpo nei casi previsti ovvero adottando i provvedimenti di riesame, sospensione e condono delle stesse sanzioni (att. 71 e 74 della l. 382/78) (all. A/ 35 - 36); ha particolari competenze di polizia giudiziaria nell’ambito delle misure di prevenzione e repressione dei reati previsti dal testo unico delle leggi in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope (art. 109, comma 8 del DPR 9/10/90 n. 309), purchè commessi da militari in luoghi militari (e limitatamente ai Comandanti di Corpo con grado minimo di Maggiore) (all. A/ 38); esprime il proprio parere nell’ambito delle inchieste sommarie disciplinari e dell’esame del giudicato penale (all. A/ 1- 2 - 24 - 29 – 37 - B1/2); è competente in ordine alla proposta di sospensione precauzionale facoltativa dall’impiego o dal servizio, nei casi di gravi trasgressioni che impongano l’immediato allontanamento dal servizio in quanto gravemente lesive del prestigio delle Forze Armate o siano incompatibili con lo status di militare in servizio permanente (all. A/1); redige la relazione tecnico disciplinare per fatti gravi, su richiesta delle superiori autorità (all. A/9 - 37); avvia il procedimento per proporre il proscioglimento dalla ferma dei Volontari in ferma breve per “gravi mancanze disciplinari” o la dispensa dal servizio permanente del personale non direttivo e non dirigente (Sottufficiali e Volontari in servizio permanente), per inidoneità a disimpegnare le attribuzioni del proprio grado, per insufficienza delle qualità necessarie e/o per scarso rendimento, ai sensi della circ. DGPM/II/5/30001/C42 del 22/5/2000 e della direttiva di COMFOTER diramata con let. n. 14865/10.DISC. datata 2 febbraio 2005 (all. A/11). LE FUNZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA. Il Comandante di corpo, “distaccamento” (unità minore separata permanentemente o temporaneamente dalla sede del Comando di corpo a cui appartiene) o “posto” (posto di guardia, di blocco ecc..), di qualsiasi grado, esercita le funzioni di polizia giudiziaria per i reati soggetti alla giurisdizione militare (art. 301 c.p.m.p.), in relazione ai quali deve: • prenderne notizia, anche di propria iniziativa (art. 330 c.p.p.); se la notizia gli viene riferita verbalmente, redige un verbale di ricezione di denuncia orale (all. B/3); • riferirne subito al Procuratore della Repubblica, con denuncia per iscritto (all. B/4), indicando gli elementi essenziali del fatto, le fonti di prova, le attività compiute e, se possibile, le generalità delle persone sottoposte ad indagine, delle persone offese e degli eventuali testimoni (art. 347 c.p.p.). Tale denuncia è obbligatoria anche quando si ha solo notizia del reato ma non dell’autore. Nei casi più urgenti dev’essere fatta anche oralmente al P.M.. La violazione dell’obbligo di comunicazione costituisce il reato di omessa denuncia aggravata. Gli atti d’indagine compiuti dall’ufficiale di polizia giudiziaria sono coperti da segreto istruttorio (art. 329 c.p.p.), fin quando durano le 3 indagini preliminari; pertanto le comunicazioni che il C.te di corpo fa sulla linea gerarchica devono essere limitate ai fatti verificatisi (come notizia di evento); • dopo la comunicazione della notizia di reato, continuare a raccogliere prove o elementi utili alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione del colpevole (art. 348 c.p.p.); • assumere dichiarazioni spontanee (gli interrogatori sono di esclusiva competenza del magistrato) e sommarie informazioni utili alle indagini, da parte della persona indagata (assistita da un difensore di fiducia o d’ufficio) e dalle altre persone in grado di riferire circostanze utili all’indagine (art. 350 c.p.p.), redigendo apposito verbale (all. B/5); • in caso di flagranza, procedere a perquisizione personale o locale (in tal caso l’indagato può farsi assistere da un difensore di fiducia o d’ufficio), quando esiste un fondato motivo di ritenere che sulla persona o in un determinato luogo si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato, che possono essere cancellate o disperse (art. 352 c.p.p.), sequestrando il corpo del reato e le cose a questo pertinenti e provvedendo a trasmettere un verbale delle operazioni compiute (all. B/6 - 7 - 8), entro 48 ore, al PM del luogo ove è stata effettuata la perquisizione, per la successiva convalida; in caso di mancata assistenza del difensore, gli elementi raccolti possono servire solo al proseguimento delle indagini, ma non come prove al processo; • eseguire interventi provvisori quali l’arresto (facoltativo od obbligatorio) in flagranza di grave reato militare o il “fermo di indiziato di delitto”, da verbalizzare (all. B/9 - 10) e comunicare tempestivamente al Procuratore Militare, che deve convalidarli entro 96 ore, pena la decadenza dei provvedimenti stessi; - l’arresto obbligatorio si basa sulla necessità di provvedere alle esigenze di difesa sociale (presupposti della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto) ed è stabilito per i reati previsti dall’art. 380 c.p.p. (reato non colposo, tentato o consumato, per il quale è prevista la pena dell’ergastolo o la reclusione non inferiore, nel minimo, a 5 anni); in tale ipotesi, peraltro, ogni persona è autorizzata ad eseguire l’arresto in flagranza (art. 383 c.p.p.); - l’arresto facoltativo in flagranza di reati comuni ricorre nei casi indicati dall’art. 381 c.p.p., per reati per i quali è prevista la reclusione massima superiore a 5 anni; - il fermo di indiziato di delitto è previsto dall’art. 384 c.p.p. per reati per i quali è prevista la reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni, per delitti concernenti le armi da guerra e gli esplosivi ed in caso di pericolo di fuga dell’indiziato; • annotare tutte le attività svolte (art. 357 c.p.p.), redigendo un verbale per ciascun tipo di attività (da inviare al PM), da cui risultino i seguenti atti particolari: - denunce di privati, querele ed istanze di procedimento delle persone offese; - informazioni sommarie e dichiarazioni spontanee ricevute dall’indagato o da altre persone informate dei fatti; - operazioni di identificazione delle persone indagate e di altre persone; - acquisizione di corrispondenza e plichi chiusi, accertamenti urgenti su luoghi, cose e persone. • svolgere ogni indagine e attività disposta dall’autorità giudiziaria (art. 55 c.p.p.). Se il reato militare è commesso all’estero, è competente a procedere il Tribunale Militare di Roma. 4 Riguardo ai reati comuni, l’unico adempimento del Comandante di corpo e di ogni superiore, consiste nella denuncia: in questi casi egli non agisce nell’ambito delle funzioni di polizia giudiziaria. Nel caso che un fatto sia previsto sia dalla legge penale comune che da quella militare (concorso apparente di norme coesistenti) viene applicata la norma compresa nel c.p.m.p., in virtù del principio di specialità (art. 15 del c.p.), per cui nell’applicazione prevale la norma “speciale” (c.p. militare) su quella “comune”. LA RICHIESTA DI PROCEDIMENTO. Il Comandante di corpo ha potere discrezionale, circa il perseguimento della via disciplinare o di quella penale davanti al giudice militare, per le fattispecie di reati militari punibili con un massimo di 6 mesi di reclusione (art. 260 c.p.m.p.), in quanto spetta al suo insindacabile giudizio decidere le modalità con cui punire i reati meno gravi. La mancata richiesta di procedimento, nei casi in fattispecie, determina l’archiviazione dei procedimenti penali avviati dalla Procura Militare in base alla sola segnalazione di reato. La richiesta di procedimento deve essere presentata per iscritto e sottoscritta dal Comandante di corpo (non è valido il fonogramma), entro trenta giorni dalla data del fatto di reato o dalla data in cui il Comandante ne ha avuto conoscenza. Anche nel caso in cui non si ritenga di presentare la richiesta, sussiste comunque l’obbligo della comunicazione di reato, nella quale è opportuno indicare: ”avvalendomi della facoltà prevista dall’art. 260 c.p.m.p., chiedo (o non chiedo) che si proceda penalmente a carico di………. per il reato di……….. e per tutti i reati militari ravvisabili nel fatto e perseguibili a richiesta” (all. B/4). Non è preclusa la richiesta di procedimento penale da parte del Comandante di corpo quando, per lo stesso fatto, sia già stata inflitta la sanzione disciplinare della consegna di rigore (sent. n. 406/2000, Corte Costituzionale). Infatti, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la consegna di rigore non ha un contenuto afflittivo omologo alla sanzione penale in quanto, lungi dal concretare una misura restrittiva della libertà personale, essa si traduce in un mero obbligo giuridico di rimanere, fino a quindici giorni, entro un apposito spazio militare o nel proprio alloggio. La richiesta di procedimento è atto di natura processuale e pertanto è sottratta all’applicazione dell’ art. 3 della l. 241/90 (non è richiesta la “motivazione”) ed è irrevocabile (art 129 c.p). Riguardo alla segnalazione delle notizie di reato, occorre rilevare come taluni Comandanti di corpo (nella veste di Ufficiali di Polizia Giudiziaria) ricorrano frequentemente alla segnalazione di eventi e/o comportamenti, anche non penalmente rilevanti, alle Procure competenti, con un automatismo talvolta rituale. 5 Tale modo di operare, che esclude, di fatto, la valutazione disciplinare dei Comandanti, comporta, tra l’altro, numerosissimi procedimenti giudiziari che, nella gran parte dei casi, si concludono con pronunciamenti di archiviazione. Occorre che ogni Comandante ponga in atto, prioritariamente, tutte le misure che rientrano nelle sue facoltà disciplinari ed amministrative svolgendo l’ineludibile azione di valutazione dei citati eventi e/o comportamenti, volta a verificare e separare gli aspetti di rilevanza disciplinare da quelli di rilevanza penale, sì da non delegare all’Autorità giudiziaria un’attività propria dei Comandanti di corpo e non ricorrere alla surrogazione giudiziaria a scapito della funzione di Comando propriamente detta, che deve essere invece gelosamente garantita quale essenza precipua della nostra professione. Un caso particolare e ricorrente, di segnalazione all’Autorità Giudiziaria riguarda le assenze arbitrarie dal servizio riferite ai militari “ammalati in patria”. L’assenza dal reparto, anche se giustificata da certificazione medica, viene spesso segnalata alle Procure Militari come ipotesi di reato di allontanamento illecito o diserzione, dando luogo al relativo procedimento penale che si conclude generalmente con un decreto di archiviazione. E’ necessario ricordare che le disposizioni vigenti in materia di certificazione medica per il personale militare prevedono che i militari legati all’Amministrazione Militare da un rapporto di servizio di natura volontaria - contrattuale possono giustificare l’assenza dal reparto anche con la semplice presentazione del certificato rilasciato dal proprio medico curante, venendo conseguentemente ed automaticamente posti in licenza straordinaria per gravi motivi (DD.PP.RR. 31/7/1995 n. 394 e 395). Tale certificazione medica, eventualmente sollecitata all’interessato, può anche essere acquisita provvisoriamente a mezzo fax, in modo da regolarizzare la posizione del militare ed evitare la decorrenza dei termini per la commissione del reato di allontanamento illecito o diserzione. COMPITI DEL COMANDANTE DI CORPO DEL MILITARE SOTTOPOSTO A PROCEDIMENTO PENALE. L'Autorità Giudiziaria è obbligata a comunicare all'Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente, soltanto: - l'esercizio dell'azione penale, ai sensi dell'art. 129 delle disposizioni di attuazione del codice procedura penale (D. Lgs. 28/7/89, n. 271); - il rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 133 delle disposizioni di attuazione del codice procedura penale (D. Lgs. 28/7/89, n. 271), come risulta modificato dall'art. 3, co. 5° della legge 27/3/2001, n. 97, per i delitti previsti dagli articoli del c.p. n. 314, co.1 (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto di ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio), 319 ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio). In aggiunta a tali comunicazioni, l’A.G. non è tenuta ad inviare di propria iniziativa altre informative all'Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente. Il Comandante di Corpo, in qualunque modo e momento venga a conoscenza dell'esistenza di un procedimento penale a carico di un militare dipendente deve provvedere: 6 - ad informare con tempestività e, nei casi di particolare gravità, anche a mezzo fax, messaggio, corriere e, comunque, nel rispetto delle modalità di tutela dei dati sensibili, ai sensi della D. Lgs. n. 196/2003 (all. A/9 - 15): · il M.D. - Direzione Generale per il Personale Militare - III Reparto - 7^ Divisione; · il Dipartimento Impiego del Personale dello SME, in relazione a quanto disposto dall'articolo 3 della legge 27/3/2001, n. 97; · l'Alto Comando da cui il militare dipende, tenendo informati i Comandi intermedi; - a chiedere, all'Autorità Giudiziaria che procede, notizie in merito agli sviluppi del procedimento, in particolare quando il termine per la prescrizione dell'azione disciplinare decorre dalla data del deposito in cancelleria (decreti di archiviazione). Il Comandante di corpo del militare indagato o imputato deve pertanto seguire gli sviluppi del procedimento penale chiedendo notizie al Tribunale interessato con cadenza trimestrale, specificando sempre il numero del procedimento penale (RGNR). Ogni atto giudiziario relativo ad un militare in servizio, notificato al Comandante di corpo, deve essere immediatamente portato a conoscenza dell’interessato con il mezzo più celere a disposizione e l’avvenuta notifica deve essere annotata in apposito registro con l’indicazione della data e dell’ora (articoli 150 c.p.p e 60 del D.Lgs. 28/07/1989, n. 271). VERBALE DI RELATA DI NOTIFICA. Il giorno ______ del mese di ______ dell'anno ______ alle ore_____ nell'ufficio______ sede del ________ ubicato in ____________ avanti al sottoscritto è presente il _________________________ al quale viene notificato, mediante consegna a mani dello stesso, il seguente atto: ptot. nr. ____________, emesso da _____________ in data _________________________ avente per oggetto: __________________ Firma del soggetto che ha ricevuto la notifica. ________________________________________ Firma del soggetto che ha proceduto alla notifica. _____________________________________ Nel caso che il militare destinatario della notifica si fosse reso irreperibile, il Comandante deve inviare la comunicazione di notifica al Segretario del Comune di residenza dell’interessato, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o consegnata a mano con rilascio di ricevuta, per l’affissione all’albo pretorio comunale. Copia della comunicazione deve essere inviata anche all'ente che ha emesso il provvedimento da notificare, per la custodia agli atti. OGGETTO: richiesta di affissione all’albo del Comune di ___________ della comunicazione inerente al (grado, cognome e nome, dati anagrafici del militare irreperibile) AL SIGNOR SEGRETARIO DEL COMUNE DI e, per conoscenza : ________________________ ___________ ___________ Questa Amministrazione deve provvedere alla notifica al nominato in oggetto, che risulta residente in codesto comune in via ………..n……. del provvedimento n………….in data …… emesso da ……….. Il documento in questione può essere ritirato presso questo Ufficio/Comando nei giorni feriali dalle ore …… alle ore ……. previo accordi diretti (telefono n. ). Tenuto conto che l'interessato risulta irreperibile si chiede alla S.V. di voler disporre l'affissione della presente comunicazione all'albo pretorio di codesto Comune. Si gradirà un cortese cenno di ricevuta della presente, nella quale dovrà essere indicata la data di avvenuta pubblicazione. Si ringrazia per la collaborazione. IL COMANDANTE 7 In caso di cambio di dipendenza dell’indagato o imputato, l'autorità cedente invia gli atti al reparto presso il quale l'interessato è stato trasferito ed informa la Direzione Generale per il Personale Militare - III Reparto - 7^ Divisione. Durante l’iter processuale, l’Autorità militare preposta a seguire gli sviluppi del procedimento deve acquisire, presso l’Autorità Giudiziaria che procede, copia: - dell'eventuale provvedimento restrittivo della libertà personale e, successivamente, dell’eventuale atto di revoca o di annullamento; - della richiesta di rinvio a giudizio emessa dal Pubblico Ministero o dell’informativa che lo stesso Pubblico Ministero invia all’Amministrazione; - del decreto/ordinanza di rinvio a giudizio o di non luogo a procedere; - della citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero nel rito monocratico; - delle sentenze emesse nei vari gradi del giudizio o di altro provvedimento conclusivo emesso dall’Autorità Giudiziaria. I citati atti, muniti del timbro di assunzione a protocollo, devono essere inviati, oltre che alle autorità previste dalle disposizioni interne di Forza Armata, anche al Ministero della Difesa - Direzione Generale del Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione. A conclusione del procedimento penale, il Comandante di Corpo deve provvedere all’acquisizione di una copia integrale della sentenza, munita del visto di conformità all'originale e dell'annotazione della data di irrevocabilità, o di altro provvedimento conclusivo, ed avviare immediatamente il conseguente esame, ai fini disciplinari, del giudicato penale (all. B/1). L’ESERCIZIO DELLA POTESTÀ DISCIPLINARE. La violazione dei doveri della disciplina militare comporta l'applicazione di sanzioni disciplinari di stato o sanzioni disciplinari di corpo. In ossequio al generale principio di gradualità nell'esercizio della potestà disciplinare, quando viene rilevata un’infrazione occorre preliminarmente valutare se essa sia riconducibile nell'ambito della potestà sanzionatoria di corpo, oppure se la sua gravità richieda l'esercizio dell'azione disciplinare di stato, volta all'irrogazione di sanzioni incidenti sul rapporto di impiego o di servizio e sullo status giuridico del militare. In ogni caso, come si dirà in seguito, i Comandanti di corpo (ad eccezione degli Ufficiali indicati nell’art. 75 - 1° e 2° comma - della legge 113/54) non hanno autonoma competenza ad adottare provvedimenti disciplinari conseguenti a giudicati penali (circ. n. 1980/1160 datata 12/6/1989 di UFFESERCITO), ma dovranno attendere l’esito dell’esame del giudicato penale. L'esercizio della potestà disciplinare è soggetta ad alcuni vincoli ineludibili: - principio del né bis in idem: il Consiglio di Stato con sentenza n.3835/2000, ha stabilito che non è possibile esercitare nuovamente il potere sanzionatorio per la valutazione disciplinare di uno stesso fatto per il quale è già stata irrogata una sanzione di corpo; 8 - le sanzioni di corpo devono essere irrogate per infrazioni al Regolamento di Disciplina Militare la cui rilevanza rimanga interna all'Istituzione Militare; - le sanzioni di stato rispondono ad interessi più generali: sono adottate in caso di comportamenti contrari al doveri connessi allo stato giuridico di militare in servizio permanente, che ledono il prestigio dell’Istituzione, della categoria di appartenenza e la dignità del grado rivestito. Talvolta i Comandanti di corpo sanzionano le medesime condotte già denunciate all'Autorità Giudiziaria ordinaria/militare, anche al di fuori dell'ipotesi di cui all'articolo 260, secondo comma del c.p.m.p.. Tale prassi deve essere possibilmente evitata in quanto, ove l'esito del procedimento penale dovesse escludere la sussistenza del fatto e quindi della condotta sanzionata, la sanzione irrogata si renderebbe del tutto illegittima ed imporrebbe all'amministrazione una complessa procedura finalizzata al ritiro dell'atto, sicuramente onerosa e lesiva della credibilità e del prestigio dell'Istituzione. Il Comandante di corpo può sanzionare solo eventuali aspetti disciplinari collaterali al fatto che ha originato il procedimento penale (es. art. 52 del RDM). L’eventuale sanzione di corpo irrogata per il fatto criminoso oggetto del procedimento penale preclude la possibilità di irrogare una sanzione di stato, per lo stesso fatto, a conclusione dell’esame del giudicato penale. Alla luce di tali principi assume un'importanza sostanziale la tempestiva e, soprattutto, corretta valutazione di un fatto da parte del Comandante di corpo/Reparto, al fine di non precludere il successivo esercizio della potestà sanzionatoria di stato che spetta al Vertice d’Area. Riguardo ai termini temporali per l’esercizio della potestà disciplinare, preliminarmente va detto che può essere sanzionato il dipendente che ha commesso un’infrazione anche remota nel tempo. Infatti, a differenza di quanto vige nel sistema penale, non c’è una norma che ponga espressamente un termine alla pretesa punitiva dell'Amministrazione. Tuttavia, anche se è imprescrittibile l’illecito in sé, avuto riguardo al tempo in cui fu commesso, è invece soggetto a prescrizione l'esercizio dell'azione disciplinare quando siano contemplati per legge precipui termini per il suo avvio. In definitiva, ai fini della tempestività dell'azione disciplinare, non rileva il momento in cui fu commessa la mancanza, ma quello a decorrere dal quale l'Amministrazione può, in relazione allo stesso fatto, esercitare la potestà sanzionatoria e cioè la conoscenza del fatto, per gli illeciti disciplinari oppure la data di acquisizione della sentenza irrevocabile (o la data del deposito in cancelleria del decreto di archiviazione) per le condotte sottoposte al preventivo vaglio della magistratura. 9 LA RIUNIONE DI DIVERSI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI. Diversi procedimenti disciplinari possono essere riuniti: - in caso di corresponsabilità di più militari in ordine agli stessi fatti. Cioè in caso di illeciti commessi da più persone in concorso tra loro, anche se con condotte indipendenti che hanno contribuito a determinare lo stesso evento; - se un militare si è reso responsabile di più illeciti commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso. In tali casi è prevista l'irrogazione di un'unica sanzione, in relazione alla più grave delle trasgressioni ed al comportamento contrario alla disciplina rilevato complessivamente dalla condotta del militare; - se, a seguito dello stralcio di alcuni capi di imputazione, la stessa vicenda sia oggetto di più pronunciamenti dell’A.G. che si concludono (e vengono acquisiti dall’A.D.) in tempi diversi. In tal caso, dovendo sanzionare il più grave degli illeciti, il procedimento disciplinare dovrà essere avviato entro i termini prescritti con riferimento all’acquisizione della sentenza relativa ai capi di imputazione più gravi; il giudizio disciplinare sarà quindi sospeso fino ad allora, ove venga acquisita prima la sentenza relativa ai capi d’imputazione meno gravi. Viceversa, ove sia stata già sanzionata l’infrazione più grave, alla successiva acquisizione della sentenza relativa ai capi d’imputazione più lievi, si procederà al relativo esame del giudicato penale concludendolo senza ulteriori sanzioni. La fattispecie, per i procedimenti disciplinari di stato, è prevista dalle rispettive leggi di stato, mentre per quelli di corpo non è possibile operare alcuna riunione, in quanto vige il principio del "giudice naturale" e, quindi, della competenza esclusiva dell'Autorità investita della potestà disciplinare. Quando nel medesimo procedimento penale sono coinvolti più Ufficiali e/o Sottufficiali, la competenza a procedere all’esame del giudicato penale si determina con riferimento alla dipendenza d’impiego del più elevato in grado o più anziano tra i coimputati. Ad esempio, se una sentenza vede coimputati, per gli stessi fatti, un Maggiore in servizio in un reparto delle FOTER ed un Capitano in servizio in un Ente dipendente dall’Ispettorato Logistico, i rispettivi esami del giudicato penale saranno avviati dai competenti Comandanti di corpo ed inoltrati lungo la linea gerarchica, per i pareri di rito, fino al Vertice d’Area da cui dipende il più elevato in grado tra i coimputati, in questo caso, il Comandante delle FOTER, che determinerà la proposta di definizione del procedimento congiunto. LE SANZIONI DISCIPLINARI DI CORPO. Il Comandante di corpo, quale titolare del potere disciplinare nei confronti del personale dipendente, ha facoltà di irrogare sanzioni di corpo per le violazioni della disciplina militare e per i reati militari, punibili fino a sei mesi, per i quali egli abbia deciso di non presentare la richiesta di procedimento. Le sanzioni di corpo incidono sullo status del militare solo all’interno dell’organizzazione stessa, limitando alcune sue facoltà o posizioni giuridiche e si prefiggono uno scopo “educativo”. 10 Nessuna sanzione può essere inflitta senza contestazione degli addebiti (all. B/11 - 18) e senza che siano state vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato. La contestazione dell'addebito vale anche quale comunicazione di avvio del procedimento. All'inquisito deve essere sempre concesso il termine a difesa, a meno che non vi rinunci per iscritto, per consentirgli di produrre memorie scritte e documenti. Tale termine non può superare i 60 giorni, pari a 2/3 del termine massimo a disposizione del Comandante di corpo per concludere il procedimento. Il citato termine di 90 giorni può essere ridotto dall'Autorità che procede quando le esigenze istruttorie non ne richiedono l'intero utilizzo. In tal caso il termine a difesa è commisurato ai 2/3 di quello minore indicato nella comunicazione di contestazione dell'addebito. Quando il termine del procedimento sia uguale o inferiore a 30 giorni, memorie scritte e documenti dovranno essere presentati entro 10 giorni dall'inizio del procedimento, ex art. 6, comma 2, del D.M. n. 690/1996. Per irrogare la consegna di rigore occorre anche sentire il parere di una commissione di tre militari (di cui due di grado superiore ed uno pari grado) e l’interessato dev’essere assistito da un difensore di fiducia o d’ufficio, di grado non superiore al più elevato in grado tra i membri della commissione (art. 15, l. 382/78). Le sanzioni di corpo sono disciplinate dal R.D.M. e consistono in: richiamo: solo verbale, per lievissime mancanze, può essere inflitto da qualsiasi superiore, anche non diretto; rimprovero: è una dichiarazione di biasimo che compete alle autorità elencate nell’all. B del R.D.M.; attiene a lievi violazioni dei doveri di servizio o a recidività in comportamenti soggetti a richiamo; consegna: è la privazione della libera uscita fino al massimo di 7 gg. consecutivi. Si può anche scontare presso il proprio alloggio privato. Va comunicata per iscritto, anche se diventa esecutiva già dal momento della comunicazione verbale all’interessato; consegna di rigore: comporta il vincolo di rimanere, fino al massimo di 15 giorni consecutivi, in apposito spazio dell’ambiente militare o nel proprio alloggio. Diversamente dalle altre sanzioni di corpo, per la consegna di rigore, il legislatore ha previsto le condotte punibili (all. C del R.D.M.), a cui si aggiungono i “reati” per i quali il C.te di corpo abbia deciso di non presentare richiesta di procedimento penale ed i fatti che, a seguito di un giudizio penale, abbiano determinato l’instaurazione di un procedimento disciplinare. La normativa prevede la forma orale per gli atti del procedimento disciplinare, ma è opportuno che almeno tre atti vengano redatti per iscritto, allo scopo di garantire trasparenza all’azione disciplinare ed evitare possibili ricorsi: il rapporto, la contestazione degli addebiti e la comunicazione del provvedimento finale (all. B/15). 11 Riguardo all’ipotesi di illegittimità costituzionale (art. 13 Cost.) dell’unica sanzione disciplinare detentiva prevista dall’ordinamento italiano, questa è stata superata in virtù del principio che il militare non dev’essere richiuso in una cella, ma ha l’ordine (obbligo giuridico) di rimanere in un apposito spazio e deve ottemperare alle intimazioni di chi deve condurlo in tale spazio e controllare che non ne esca (art. 14, l. 382/78 sulle “norme di principio sulla disciplina militare”); se non ottempera è perseguibile penalmente per disobbedienza o forzata consegna. LE SANZIONI DISCIPLINARI DI STATO. Le sanzioni di stato, previste dalla legge, incidono sullo status del militare e si applicano a fatti inconciliabili con il permanere nell’ambito militare. A differenza delle sanzioni di corpo, possono essere irrogate anche al personale in congedo, in virtù della conservazione del grado e della qualità di militare (in tal caso la competenza è del Distretto Militare che lo ha in forza). Le sanzioni disciplinari di stato sono: a. per gli Ufficiali (artt. 28, 29, 30, 52, 70 n. 4 della l. 10/4/54, n. 113): - sospensione disciplinare dall'impiego da 2 a 12 mesi, per il personale in servizio permanente; - sospensione disciplinare dalle funzioni del grado, da 2 e 12 mesi, per il personale in congedo (escluso il personale in congedo assoluto); - perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, per tutte le categorie. b. per i Sottufficiali (artt. 19, 20, 21, 48, 40 lett. c, 60, n. 6 - l. 31/7/54, n. 599): - sospensione disciplinare dall'impiego, da 2 a 12 mesi, per il personale in servizio permanente; - sospensione disciplinare dalle attribuzioni del grado, da 2 a 12 mesi, per il personale in congedo (escluso il personale in congedo assoluto); - perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, per tutte le categorie. c. per i Volontari in servizio permanente (artt. 48, 60 n. 6 della l. 31/7/54, n. 599; artt. 26, 27 del D. Lgs. 12/5/95, n. 196): - sospensione disciplinare dal servizio da 1 a 6 mesi; - perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari. d. per la truppa in ferma volontaria (VFB e VFP), (art.1, co. 6 l. 2.5.1969, n. 304; art. 8 D.P.R. 2/9/1997, n. 332): - proscioglimento dalla ferma; - perdita del grado per rimozione, per motivi disciplinari. Per quanto concerne in particolare i Volontari in ferma prefissata, il Decreto Legislativo n. 197 del 19/8/2005 prevede la sospensione precauzionale (facoltativa ed obbligatoria), la perdita del grado, previo giudizio della Commissione di Disciplina ed il proscioglimento, su proposta del Comandante di corpo, per protratto insufficiente rendimento o per grave mancanza disciplinare, ma non prevede la sospensione disciplinare dal servizio, come sanzione di stato adottabile a seguito di inchiesta formale, né fa alcun esplicito riferimento alla procedura disciplinare di stato (inchiesta formale) a seguito dell’esame del giudicato penale o per “fatti di notevole gravità”. 12 L’art. 1, co.7 del provvedimento legislativo stabilisce che “per quanto non diversamente disposto dal D.L.vo., ai VFP si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni in materia di stato ed avanzamento relative ai VSP”. Inoltre, l’art. 26, co.7 bis del decreto n. 196/95 prescrive che la sospensione disciplinare si applica, per quanto compatibile, anche ai VFB o in rafferma. Ne discende che, per quanto compatibili, le normative disciplinari dovrebbero diventare omogenee per tutte le categorie di Volontari, pur tenendo conto delle evidenti difficoltà di applicazione delle procedure disciplinari di stato in modo indistinto. In atto sono allo studio dello SME alcune modifiche al citato Decreto Legislativo n. 197 del 19/8/2005, non solo in materia disciplinare, che potranno essere apportate con un decreto integrativo. LA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO O DALL’IMPIEGO. Occorre distinguere tra diversi tipi di sospensione dal servizio o dall’impiego: la sospensione dal servizio o dall’impiego può avere carattere precauzionale (obbligatoria o facoltativa), disciplinare o penale. La sospensione precauzionale è obbligatoria in caso di provvedimento restrittivo della libertà personale. La sospensione disciplinare è inflitta previa inchiesta formale. Nei confronti del militare a carico del quale è emesso e convalidato un ordine di custodia in carcere o gli arresti domiciliari, la sospensione precauzionale (sosp. obbligatoria) è decretata dalla Direzione Generale per il Personale Militare e decorre dalla data in cui l’interessato è stato privato della libertà personale. La sospensione viene revocata se interviene una sentenza definitiva che dichiari che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o se il procedimento disciplinare si conclude senza sanzioni di stato. Il militare imputato per un reato dal quale possa derivare una condanna che comporti la perdita del grado o che sia sottoposto ad un procedimento disciplinare per fatti di notevole gravità, può essere sospeso precauzionalmente (sosp. facoltativa) dal servizio fino all’esito del procedimento penale e/o disciplinare e comunque fino al massimo di 5 anni. La sospensione disciplinare facoltativa dall’impiego può essere inflitta per fatti di notevole gravità (art. 20 l. 599/1954. ed art. 26 D.Lgs. 196/1995), anche se il procedimento disciplinare non scaturisce da un giudicato penale. Nei casi di militari riammessi in servizio per aver superato il termine di sospensione dei 5 anni, l’effetto giuridico è retroattivo (riammissione dalla data di fine periodo di 5 anni), ma agli effetti amministrativi, lo stipendio decorre dalla data di effettiva riammissione in servizio. Fa eccezione il caso (per fatti gravi) in cui prima del superamento dei cinque anni, si apra un procedimento disciplinare vero e proprio, con la notifica della contestazione degli 13 addebiti entro 40 giorni, sospendendolo contestualmente ai sensi dell’art. 117 DPR 3/57 (che preclude la celebrazione contemporanea dei due procedimenti, penale e disciplinare). In tal modo la sospensione facoltativa dal servizio, disposta in pendenza di procedimento penale, viene sostituita da una sospensione facoltativa dal servizio disposta in pendenza di procedimento disciplinare (sent. Corte Costituzionale n. 447 del 24/10/95). La proposta di sospensione costituisce un atto endoprocedimentale ed eteronomo, privo di efficacia autonomamente lesiva degli interessi legittimi del soggetto, in quanto non vincolante per l’Autorità cui compete l’emissione dell’atto definitivo (determinazione ministeriale) e pertanto non è autonomamente impugnabile, ma è buona regola darne comunicazione all’interessato, consentendo un termine di 20 gg. per le eventuali discolpe. In tal modo si assolve anche all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento (art. 7 e segg. l. 241/90). La sospensione disciplinare è inflitta previa inchiesta formale e decorre dalla data di notifica del provvedimento. La condanna a pena detentiva di almeno un mese comporta la sospensione penale durante il periodo di espiazione della pena. Nei casi in cui la condanna a pena detentiva comporti la pena accessoria della sospensione del grado, interviene la cessazione dal servizio. La cessazione dal servizio per perdita del grado è la massima sanzione di stato. Per gli Uff.li (art. 70 l. 113/54), va inflitta previo parere di un Consiglio di Disciplina ed assume la forma di DPR. Per i Sott.li e VSP ( art. 60 l. 599/54) è disposta previo giudizio di una Commissione di Disciplina ed assume la forma di decreto ministeriale. SOSPENSIONE A SEGUITO DI COERCITIVE ED INTERDITTIVE. MISURE CAUTELARI PERSONALI Il personale militare sottoposto a provvedimenti restrittivi della libertà personale (ordinanza di custodia cautelare in carcere o in luogo di cura o arresti domiciliari), convalidati dall’ Autorità Giudiziaria, deve essere obbligatoriamente sospeso a decorrere dalla data d’inizio della misura restrittiva e fino alla sua revoca. In caso di annullamento della misura restrittiva, viene annullato anche il provvedimento di sospensione obbligatoria. Il militare rimesso in libertà dovrà esibire al proprio Comandante di corpo, copia del provvedimento di scarcerazione. Il Comandante, verificata la veridicità ed autenticità del documento, dovrà inviarlo tempestivamente alla DGPM - III Reparto - 7^ Div. per il riesame della posizione di stato e di servizio (entro 180 giorni dalla rimozione della causa impeditiva a prestare servizio), proponendo eventualmente l’adozione di un provvedimento di sospensione cautelare discrezionale, ove ne ricorrano gli estremi di pregiudizio per la funzionalità e regolarità del servizio e per le esigenze di decoro dell’Istituzione. In quest’ultimo caso il Comandante di corpo dovrà dare all’interessato comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, ai sensi degli artt. 7 ed 8 della l. 241/90 e dell’art. 5 del D.M. 16/9/93 n. 603, invitandolo a prendere visione degli atti e presentare 14 memorie difensive entro dieci giorni dalla notifica della comunicazione stessa (vedasi esempio a pag. 18). Copia della suddetta comunicazione e dei pareri della linea gerarchica sovraordinata dovranno essere inviati alla DGPM - III Reparto - 7^ Div., per le decisioni finali circa la reiterazione del provvedimento cautelare a titolo “facoltativo”. Il militare in stato di carcerazione o limitazione della libertà personale, rimane nella forza assente (extraorganica) del proprio reparto e transita nella forza assente del Distretto Militare di appartenenza solo dalla data di remissione in libertà, fino alla determinazione ministeriale sulla posizione di stato (let. nr. 0665/095/N.C.L. datata 6/10/2004, di SME DIP). Tale disposizione, tuttora in vigore, è stata oggetto di una proposta di variante formulata da questo Comando, in aderenza a quanto previsto dagli artt. 65 e 75 del R.A.U., ancora all’esame delle Autorità competenti. Occorre comunque tener presente che la potestà disciplinare nei confronti del personale militare transitato nella forza assente dei DM (e quindi l’esame del giudicato penale) viene trasferita al Comandante del Distretto, al quale devono essere inviati tutti gli atti giudiziari acquisiti. Nel caso che nei confronti del suddetto personale, prima del passaggio nella forza assente del Distretto Militare, sia già stato avviato il procedimento disciplinare di stato (inchiesta formale), mediante notifica della contestazione degli addebiti da parte dell’Ufficiale Inquirente, questi deve concludere l’inchiesta ed inviare gli atti con la proposta finale all’Ispettorato RFC, per le valutazioni di competenza, dandone conoscenza al Comandante delle FOTER. Il militare imputato di reati contro la Pubblica Amministrazione (peculato, corruzione, concussione), deve essere trasferito ad un ufficio diverso da quello in cui era in servizio al momento del fatto (art. 3, l. 97/2001). Appena avuta conoscenza del rinvio a giudizio per uno dei reati in argomento, il Comandante dovrà ottemperare all’obbligo di legge, trasferendo il militare ad un ufficio diverso ma con attribuzione di funzioni corrispondenti per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera a quelle svolte in precedenza, dandone conoscenza alla linea gerarchica, al competente ufficio impiego del Personale presso lo S.M.E. ed alla DGPM III Reparto - 7^ Div. Qualora, in ragione della qualifica rivestita o per motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento ad altro ufficio, il dipendente può essere posto in disponibilità o in aspettativa, ma in tal caso egli conserva per intero il trattamento economico in godimento, con esclusione degli emolumenti strettamente legati alla presenza in servizio. 15 Nel caso di condanna, anche non definitiva, per i reati di peculato, corruzione o concussione, l’art. 4 della l. 97/2001 prescrive la sospensione dal servizio (il provvedimento è adottato dalla DGPM/III/7^). Tale norma non si applica agli analoghi reati previsti dal codice penale militare. In caso di successiva assoluzione, anche non definitiva o di proscioglimento o decorsi cinque anni dall’inizio della sospensione, questa perde efficacia. Nel caso di emissione da parte dell’ Autorità Giudiziaria, di un’ordinanza di sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.), il Comandante di corpo del militare sottoposto a misura interdittiva, dopo aver rimosso con immediatezza l’interessato dall’incarico ricoperto, deve: • informare, per le vie gerarchiche, il competente ufficio impiego del personale dello S.M.E., per il reimpiego; • inviare a mezzo fax, alla DGPM - III Reparto - 7^ Div., copia dell’ordinanza ed il parere circa eventuali esigenze di sospensione cautelare obbligatoria (se la misura interdittiva concerne tutte le attività inerenti il rapporto d’impiego o di servizio) o facoltativa (se l’interdizione è limitata solo ad alcune attività). LA SOSPENSIONE PRECAUZIONALE OBBLIGATORIA. La durata della sospensione precauzionale obbligatoria è legata alla durata della misura restrittiva della libertà personale, che priva il militare dalla possibilità di prestare servizio, ovvero alla conclusione del procedimento penale nei casi previsti dalla legge 27 marzo 2001, n. 97. La sua estinzione non è però automatica. La sospensione obbligatoria continua a produrre l'effetto di tenere l'interessato sospeso dal servizio, fino a quando il relativo provvedimento non viene rimosso, con la conseguenza che, intervenuta la scarcerazione o il passaggio in giudicato della sentenza nei casi previsti dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, la sospensione non cessa, ma sorge in capo al militare sospeso una posizione di interesse legittimo alla riammissione in servizio ed in capo all'Amministrazione l'obbligo di valutare la relativa posizione disciplinare di stato, eventualmente adottando un provvedimento di sospensione precauzionale discrezionale (anche su proposta della linea di Comando) ovvero di sospensione disciplinare dall’impiego nei casi previsti dalla legge 27 marzo 2001, n. 97. E’ quindi necessario un procedimento amministrativo che: - in caso di intervenuta scarcerazione prenderà la forma sopradescritta; - per quanto riguarda le sentenze irrevocabili nei casi previsti dalla legge 27 marzo 2001, n. 97 prenderà la forma di esame del giudicato penale ed eventualmente quello di procedimento disciplinare di stato. 16 LA SOSPENSIONE PRECAUZIONALE DISCREZIONALE. Si tratta di un “procedimento complesso”, cioè distinto in più “fasi”, il cui responsabile complessivo, per il coordinamento ed il controllo, è il Capo dell’unità organizzativa a cui compete la preparazione dell’atto finale, che nella fattispecie è il Direttore della 7^ Divisione della Direzione Generale per il Personale Militare, mentre sono responsabili delle singole fasi istruttorie i Comandanti ai vari livelli sulla linea gerarchica del militare interessato. Qualora il Comandante di corpo riceva dall’Autorità Giudiziaria o acquisisca in altro modo (anche per effetto delle comunicazioni che il militare ha l’obbligo di fare in applicazione dell’articolo 52 del Regolamento di Disciplina Militare, ovvero da altro Comando/Reparto) notizie circa fatti che possono portare all’emanazione di un provvedimento di sospensione precauzionale discrezionale deve provvedere a: a) comunicare all’interessato (vedasi esempio a pag. 18), e per conoscenza al Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione (inviando a quest’ultima anche i documenti in relazione al quale si avvia il procedimento), l’avvio del procedimento amministrativo di esame della posizione disciplinare di stato in relazione ai fatti a lui contestati ed in applicazione della legge di stato della categoria/ruolo corrispondente. In tale comunicazione personale, redatta ai sensi degli articoli 7, 8 (integrato dal 3° comma dell’articolo 5) e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 6 del Decreto Ministeriale 16 settembre 1993, n. 603, dovrà obbligatoriamente riportare le seguenti indicazioni: - l’ufficio dove si può prendere visione degli atti e presentare memorie scritte e documenti relativi al procedimento, sia nell’ambito della fase di sua pertinenza, sia nell’ambito del procedimento complessivo: Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Div., che coincide con l’unità organizzativa competente alla predisposizione dell’atto finale; - il nominativo del responsabile della singola fase del procedimento di sua competenza; - il nominativo del responsabile del procedimento complesso: Direttore della 7^ Divisione della Direzione Generale per il Personale Militare del Min. della Difesa; - i termini massimi entro i quali l’inquisito ha il diritto di presentare memorie scritte e documenti, nell’ambito della propria fase: due terzi di quello stabilito per la durata della fase; - i termini massimi entro i quali l’inquisito ha il diritto di presentare memorie scritte e documenti presso il responsabile del procedimento complessivo: due terzi (140 giorni) di quello stabilito per la durata del procedimento (quest’ultimo fissato dalla tabella F, n. 3, del Decreto Ministeriale 16 settembre 1993, n. 603 in 210 giorni); 17 esempio di comunicazione di avvio del procedimento: OGGETTO: 1° C.le Magg. _______________ effettivo al ____________. Proposta di sospensione precauzionale facoltativa dal servizio. Al 1° C.le Magg. _______________ SEDE e, per conoscenza: MINISTERO DELLA DIFESA DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE III REPARTO - 7^ DIVISIONE ROMA COMANDO BRIGATA ___________ ______ ^^^^ 1. Ai sensi degli art. 7, 7 e 10 della l. 241/90 e degli artt. 5 e 6 del D.M. 16/9/1993 n. 603, Le comunico di aver avviato un procedimento amministrativo di esame della posizione disciplinare di stato della S.V. in relazione ai fatti che hanno originato il procedimento penale a suo carico, registrato presso il Tribunale di __________ col n. ________/RGNR . 2. Il responsabile dell’attuale fase del procedimento è il ______________, presso il cui ufficio potrà prendere visione degli atti e presentare memorie scritte entro il _______. 3. Il responsabile del procedimento complessivo è il Direttore della 7^ Divisione della Direzione Generale per il Personale Militare presso il Ministero della Difesa, in Roma. 4. Per la Dir. Gen,. per il Personale Militare si allegano i seguenti documenti, inerenti ai fatti in argomento: __________ __________ IL COMANDANTE b) dopo aver valutato le memorie ed i documenti eventualmente presentati dal militare interessato il Comandante di corpo deve: - predisporre ed inviare al livello gerarchico superiore, e per conoscenza al M.D. Direzione Generale per il Personale Militare - III Reparto - 7^ Divisione, un motivato parere/proposta corredato della documentazione a base della stessa; - notificare contestualmente al militare interessato l’invio degli atti che lo riguardano al Comandante sovraordinato, responsabile della fase successiva ed al responsabile del procedimento complessivo. I Comandanti gerarchici intermedi fino al Comandante del Vertice d’Area competente, ciascuno tempestivamente dalla ricezione degli atti del procedimento, sulla base della documentazione acquisita e del parere/proposta del livello gerarchico inferiore e valutate le memorie ed i documenti eventualmente presentati dal militare interessato, dovranno: - predisporre ed inviare al livello gerarchico superiore, e per conoscenza al Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione, il proprio parere/proposta, motivando anche l’eventuale discostamento dai pareri/proposta dei livelli gerarchici inferiori; - notificare, contestualmente, al militare interessato che gli atti che lo riguardano sono stati inviati al Comandante superiore nella linea gerarchica, responsabile della fase successiva ed al responsabile del procedimento complessivo. I pareri/proposta devono essere corredati da una circostanziata motivazione, sia in termini tecnico-giuridici che in termini di “opportunità”, riguardo alla: 18 - gravità degli illeciti penali o dei gravi fatti contestati al militare in relazione ai valori che contraddistinguono lo status di militare ed ai requisiti di rettitudine morale richiesti allo stesso militare; - effettiva sussistenza delle esigenze cautelari di non turbare il regolare e corretto svolgimento della funzione istituzionale del militare, non consentendogli di operare con la dovuta credibilità ed in armonia con i superiori ed il personale dipendente; - esistenza, eccetto che per gli Ufficiali, di una imputazione dalla quale possa derivare la perdita del grado. Il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione, unità organizzativa responsabile della preparazione dell’atto finale che conclude il procedimento, valutate le memorie scritte presentate dall’interessato, predisporrà gli atti necessari all’emanazione del provvedimento finale che dovrà intervenire entro 210 giorni (termine perentorio fissato dal D.M. 16/9/93, n. 603) dalla comunicazione di avvio del procedimento effettuata dal Comandante di Corpo. esempio di parere – proposta di sospensione precauzionale facoltativa: COMANDO _____________________________________ IL COMANDANTE VISTO il Decreto Legislativo del 12 maggio 1995, n. 196; PRESO ATTO che il 1° C.le Magg. _______________, con sentenza n. ____________ R.G.G.N. del _________, contro la quale l’imputato ha proposto appello, è stato condannato dal Tribunale Ordinario di ________, per i reati previsti e puniti dagli artt. 110, 605, 61 n.2, 609 octies e 609 bis c.p., alla pena di due anni, otto mesi e venti giorni anni di reclusione ed all’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici; RILEVATO che a seguito della revoca degli arresti domiciliari, disposta dall’ A.G. in data 7/2/05, in relazione ai fatti ascritti, è venuto meno il presupposto normativo della sospensione precauzionale obbligatoria; TENUTO CONTO che la condanna definitiva per i fatti che hanno originato il procedimento penale ed il conseguente procedimento disciplinare potrebbero comportare la perdita del grado; VALUTATO che il comportamento del Volontario configuri un fatto di notevole gravità, incompatibile con i doveri connessi allo stato di militare rivestito di un grado, che ha avuto notevole risonanza sulla stampa nazionale, arrecando un grave danno all’immagine della Forza Armata; RITENUTO che la permanenza in servizio del Volontario non assicurerebbe le esigenze di decoro dell’Istituzione e la funzionalità e regolarità del servizio; CONSIDERATO che la parte offesa è tuttora in servizio effettivo nello stesso Reggimento, di cui fa parte una significativa componente femminile e tenuto conto della personalità del Volontario e del concreto turbamento che, con la sua riammissione in servizio, si rifletterebbe sull’attività d’istituto, PROPONE che nei confronti del 1° C.le Magg. ____________ sia disposta la sospensione precauzionale facoltativa dal servizio, ai sensi dell’art. 26 del Decreto Legislativo del 12 maggio 1995, n. 196. IL COMANDANTE 19 RIESAME DELLA POSIZIONE DI STATO DEL PERSONALE MILITARE SOSPESO PRECAUZIONALMENTE. Il riesame della posizione di stato del personale militare sospeso precauzionalmente può essere effettuato a seguito della cessazione della causa ostativa alla prestazione del servizio (detenzione), oppure a seguito di istanza di revoca dell’interessato, prima della conclusione del procedimento penale che lo riguarda e per il quale fu sospeso. Le procedure da seguire, in ciascun caso, sono le seguenti: a. riesame a seguito della cessazione della causa ostativa alla prestazione del servizio; - il procedimento si deve sviluppare entro il termine di 180 giorni a decorrere dalla cessazione dello stato di detenzione. Qualora questo termine fosse superato il militare deve essere riammesso in servizio, con decreto ministeriale, dalla data di cessazione della causa ostativa alla prestazione del servizio; - la documentazione dell’Alto Comando deve pervenire al Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione non oltre il centocinquantesimo giorno dalla cessazione dello stato di detenzione. Il procedimento si conclude con un decreto ministeriale che riammette in servizio il militare, decorrente dal giorno successivo alla cessazione della causa ostativa al servizio, ovvero, con un decreto ministeriale di commutazione della sospensione precauzionale obbligatoria in sospensione precauzionale discrezionale. b. riesame a seguito di istanza dell’interessato; - il procedimento è analogo e si deve concludere, entro 210 giorni dalla presentazione dell’istanza (termine fissato dalla tabella F del Decreto Ministeriale 16 settembre 1993, n. 603), con un decreto ministeriale di riammissione in servizio del militare, decorrente dalla data di notifica del decreto, ovvero, con un atto confermativo della vigente sospensione precauzionale. - la documentazione dell’Alto Comando deve pervenire alla Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione non oltre il centottantesimo giorno dalla data di presentazione dell’istanza. RAPPORTO TRA LE SANZIONI DI STATO E LE SANZIONI DI CORPO. A differenza delle sanzioni di corpo, le sanzioni di stato incidono sullo status del militare, anche se solo temporaneamente, come nel caso della sospensione. Tali sanzioni si applicano a fatti inconciliabili con il permanere nell’ambito militare e si irrogano a seguito di inchiesta formale disciplinare. Ad un medesimo fatto non possono applicarsi entrambe le sanzioni disciplinari, di corpo e di stato: di volta in volta deve essere attentamente valutata la gravità dei fatti e deciso quale dei due tipi di sanzione disciplinare adottare, considerando che l’irrogazione della sanzione di corpo preclude l’eventuale irrogazione di sanzioni di stato per lo stesso fatto (Cons. Stato, sez. IV, 7/7/2000 n. 3835). 20 Nel contesto delineato conserva piena validità la direttiva del Capo di SME (lettera n. 2322/094/5010/IV datata 15/9/97) inerente alla immediata sanzione delle responsabilità per fatti “collaterali” a quelli di valenza penale, che non costituiscono reati ma possono avere riflessi sul servizio (lo stato di ebbrezza, un contegno non rispettoso delle norme di civile convivenza, la mancata o ritardata comunicazione al Comando di appartenenza degli eventi previsti dall’art. 52 del R.D.M., come ad esempio l’avvio di un procedimento penale a proprio carico). RAPPORTO TRA LE SANZIONI PENALI E LE SANZIONI DI CORPO. La sanzione penale e la consegna di rigore non sono da ritenersi pene alternative. I due tipi di sanzione possono cumularsi; l’unica condizione è che i due procedimenti (penale e disciplinare) non possono essere celebrati contemporaneamente: quello disciplinare deve essere sospeso quando inizia il procedimento penale (art. 117 del DPR n. 3/1957), che avviene con il rinvio a giudizio (art. 405 c.p.p.), con cui il soggetto acquisisce la qualità di imputato. Una volta concluso il procedimento penale, quello disciplinare deve proseguire. Con la circ. n. MDGMIL_040040746/III/7/1 datata 25/5/2005, diramata dalla D.G.P.M è stata abrogata la disposizione prevista dalla circ. 90091/85-d datata 21/10/1985 di SOTTUFFESERCITO che prevedeva, tra l’altro, che in caso di condanna inflitta dal giudice militare per reati contro la “disciplina ed il servizio”, non potevano infliggersi, per lo stesso fatto, sanzioni disciplinari di corpo,bensì solo sanzioni di stato. Pertanto ora, in presenza di una condanna del giudice militare per reati attinenti il servizio o la disciplina, è possibile irrogare sia sanzioni disciplinari di corpo che di stato. L’APPLICAZIONE DELLE PENE ACCESSORIE ALLE CONDANNE PENALI. Occorre distinguere tra i diversi casi di applicazione ed esecuzione delle pene accessorie che possono essere irrogate dall’Autorità Giudiziaria: a) Sentenze con pene militari accessorie e pena principale non sospesa. L’applicazione della pena accessoria militare è compito esclusivo del giudice penale e la legge riserva all’Amministrazione solo l’esecuzione ai fini amministrativi della sentenza di condanna. Le pene accessorie militari posso essere: - la degradazione (28 cpmp) è una pena militare accessoria e consegue alla condanna all'ergastolo, alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni, alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere pronunciata contro militari in servizio alle armi o in congedo per reati militari, nonché per condanna alla reclusione che, a norma della legge penale comune, importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. 21 b) La degradazione è perpetua e priva il condannato della qualità di prestare qualunque servizio incarico od opera per le Forze Armate dello Stato e comporta la rimozione dal grado e la risoluzione del rapporto di impiego o di servizio, se trattasi di militare in servizio. La stessa decorre dal giorno in cui la sentenza è divenuta esecutiva. Tale pena si applica, anche nella posizione di congedo assoluto, ai militari appartenenti alle categorie degli ufficiali, dei sottufficiali, e dei militari di truppa graduati già vincolati a obblighi speciali. La citata pena accessoria non trova invece applicazione nei confronti dei militari in congedo assoluto appartenenti alle categorie dei caporal maggiori e caporali e per la marina ai comuni di classe superiore all'ultima. L’esecuzione di una degradazione si traduce nella mera cancellazione dal ruolo di appartenenza del militare condannato e nella conseguente perdita dello status di militare, attività vincolata, perché disposta direttamente dal giudice. Allorquando la sentenza di condanna comporta la pena militare accessoria della degradazione e la stessa non è applicata in sentenza, il Comandante di corpo dell’interessato comunica alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello dove è stata emessa la sentenza di secondo grado o alla Procura della Repubblica, se il procedimento si è concluso in primo grado, lo status di militare del condannato per l’applicazione degli articoli 28 e 33 del c.p.m.p.. Il Pubblico Ministero chiederà al giudice dell’esecuzione il provvedimento di applicazione della pena militare accessoria della degradazione e l’emanazione dell’ordine di esecuzione della pena accessoria. - la rimozione (29 cpmp) si applica a tutti i militari rivestiti di un grado o appartenenti ad una classe superiore all'ultima. Tale pena, consegue nei casi previsti dagli articoli 29 e 33 n. 2 del c.p.m.p., è perpetua e consiste nella privazione del militare condannato del grado facendolo discendere alla condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe. In particolare, con riferimento alla rimozione, si precisa che essa è applicabile in via amministrativa (d’ufficio) solo se al condannato non è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena principale (artt. 28, 29 e 33 c.p.m.p.). La rimozione non comporta "ope legis" la risoluzione del rapporto di impiego per risolvere il quale il militare deve essere sottoposto ad inchiesta formale e successivo consiglio o commissione di disciplina, secondo le rispettive leggi sullo stato e deve essere ritenuto non meritevole di conservare il grado (Corte Costituzionale sentenza n. 363 del 17-30 ottobre 1996 -g.u. n. 45 del 1996). La legge anche in questo caso riserva all’amministrazione solo l’esecuzione e non l’applicazione della pena accessoria che si concretizza nella cancellazione dal ruolo di appartenenza del militare condannato. Se il militare è stato condannato per un reato che comporta anche la pena accessoria della rimozione, ma la stessa non è stata applicata in sentenza, il Comandante di corpo del militare condannato segue la procedura di cui al precedente alinea. Sentenze con pene militari accessorie e pena principale sospesa. Qualora sia irrogata in sentenza una pena militare accessoria ma vengono concessi i benefici di legge, tra i quali la sospensione della pena principale, la sospensione si estende anche alla pena accessoria della rimozione. In tale caso occorre porre in essere gli accertamenti preliminari finalizzati all'eventuale instaurazione di un 22 c) d) procedimento disciplinare di stato per la valutazione della condotta dell'interessato (c.d. Esame del Giudicato Penale ai fini disciplinari). Sentenze pene accessorie non militari e pena principale sospesa. Qualora sia irrogata una interdizione dai pubblici uffici o altra pena accessoria con pena principale sospesa, occorre porre in essere gli accertamenti preliminari finalizzati all'eventuale instaurazione di un procedimento disciplinare di stato per la valutazione della condotta dell'interessato (c.d. Esame del Giudicato Penale ai fini disciplinari). Nel caso di sentenze di condanna per reati che non prevedono né la rimozione né l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o altra pena accessoria, alla pronuncia dell'Autorità Giudiziaria deve seguire la valutazione, sotto il profilo disciplinare, della condotta dell'interessato (c.d. Esame del Giudicato Penale ai fini disciplinari). Durante l'espiazione della pena, si procede ugualmente all'esame del giudicato penale ai fini disciplinari, pur in vigenza della sospensione penale dall'impiego o dalle funzioni del grado. RICORSI, ISTANZE DI RIESAME ED ESERCIZIO DELL’AUTOTUTELA. La sanzione disciplinare di Corpo può essere annullata in seguito ad: accoglimento del ricorso gerarchico, nell'ambito del quale possono essere fatti valere anche vizi di merito; esercizio del potere di riesame in autotutela o ad istanza di parte; accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o del ricorso al TAR con sentenza passata in giudicato. La sanzione disciplinare di stato può essere annullata in seguito ad: accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o del ricorso al TAR, con sentenza passata in giudicato; esercizio del potere di riesame in autotutela o ad istanza di parte. Avverso la sanzione di Corpo è consentito proporre ricorso gerarchico, entro 30 giorni, all’autorità immediatamente superiore a quella che ha adottato il provvedimento, la quale ha 90 giorni di tempo dalla ricezione del ricorso per decidere in merito. Il ricorrente, può proporre ricorso giurisdizionale al T.A.R o ricorso al Presidente della Repubblica (art. 16, 2° co. l. 382/78), contro la decisione sul ricorso gerarchico ovvero contro la sanzione impugnata, in caso di mancata risposta nel termine prescritto. L’onere di adire il giudice amministrativo solo dopo aver esperito il ricorso gerarchico riguarda solo l’ordinamento militare, ma non investe la legittimità del ricorso amministrativo; in questo caso il ricorrente agirebbe correttamente da un punto di vista processuale, ma violerebbe un dovere di disciplina militare. L’istanza di riesame (art. 71 R.D.M.) di una sanzione di Corpo può essere proposta in qualsiasi tempo, solo in presenza di “nuove prove” in grado di escludere o ridurre la responsabilità dell’incolpato. In tal caso, l’onere della prova incombe sull’interessato. La decisione sull’istanza di riesame deve essere adottata entro 30 giorni, prorogabili con atto formale motivato e notificato all’interessato. Essa può essere impugnata con ricorso gerarchico, giurisdizionale o straordinario, analogamente al provvedimento disciplinare pregresso. 23 L’Autorità competente alla trattazione dell’istanza di riesame o del ricorso gerarchico si identifica rispettivamente con l’organo della P.A. (non con la persona fisica) che ha irrogato la sanzione o ad essa sovraordinato. In caso di soppressione dell’organo che irrogò la sanzione o in caso di cambio di dipendenza, l’Autorità compente si identifica con l’organo che subentra nei rapporti giuridici ed amministrativi delle corrispondenti Autorità originarie, secondo le disposizioni ordinative emanate dal Vertice competente. Nell’ambito dell’esercizio dell’autotutela, l’Autorità competente (quella che ha irrogato la sanzione o quella ad essa gerarchicamente sovraordinata), può annullare o modificare una sanzione di Corpo, con provvedimento che dovrà essere inviato alla D.G.P.M. – 7^ Divisione Disciplina, per il prescritto controllo di opportunità e legittimità. L’adozione di un provvedimento di modifica o annullamento di una sanzione di Corpo risulta applicabile a casi molto limitati. In particolare, bisogna tener presenti i seguenti criteri di base: - i presupposti per l’annullamento di una sanzione disciplinare consistono essenzialmente nell’esistenza di un vizio di legittimità e/o di merito, originario o sopravvenuto, nonché dalla presenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale, all’eliminazione dell’atto e non dalla semplice reintegrazione dell’ordine giuridico violato; - costituiscono vizi di legittimità, tra gli altri, il mancato rispetto delle procedure, un’inadeguata istruttoria, l’omessa o generica motivazione del provvedimento disciplinare; - il potere di annullamento d’ufficio delle sanzioni di corpo è espressione del più generale potere di autotutela della P.A. e pertanto non è soggetto a limiti temporali; - l’atto di annullamento ha efficacia retroattiva e può essere adottato sia dalla stessa Autorità che ha irrogato la sanzione, sia dall’Autorità sovraordinata, nell’ambito dell’attività di vigilanza che le compete, fatta salva l’attività di controllo di legittimità ministeriale, sempre dovuta sugli atti di annullamento. L’ESAME DEL GIUDICATO PENALE. L’esame degli esiti del giudicato penale ai fini disciplinari (trattato nella pubblicazione n. 598-UFE-G-001 – ed. 1988 “Norme e procedure disciplinari”) consiste in una fase del procedimento disciplinare, successiva all’esito del procedimento penale (sentenza irrevocabile), rivolta all’accertamento delle eventuali responsabilità disciplinari a carico del personale militare, direttamente o indirettamente connesse con il fatto penalmente rilevante. Il Comandante di corpo, acquisita la sentenza irrevocabile, redige un parere proposta e lo invia al Comando sovraordinato per le valutazioni di competenza. La differente valutazione penale e disciplinare di uno stesso fatto illecito comporta che taluni aspetti che possono essere irrilevanti penalmente siano rilevanti disciplinarmente. I fatti accertati irrevocabilmente in sede penale, quali risultano dalla sentenza “passata in giudicato” vincolano il giudizio disciplinare e non possono formare oggetto di una nuova indagine disciplinare. 24 L’azione disciplinare è preclusa in caso di giudicato penale che riguardi fatti verificatisi prima dell’arruolamento, a meno che non si tratti di condanna che comporti di diritto, la perdita del grado. I pareri gerarchici e le deduzioni difensive dell’inquisito vengono richiesti ed inoltrati per via gerarchica (circ.UFFESERCITO n. 1980/1160 del 12/6/1989). esempio di parere – proposta a seguito dell’esame del giudicato penale COMANDO _________________________________________ OGGETTO: definizione del procedimento disciplinare relativo al Mar. Ord. ____________________, effettivo presso il ___________________. Esame del giudicato penale. IL COMANDANTE PRESO ATTO che il G.U.P. presso il Tribunale Militare di ________, con sentenza n. ____, emessa in data _________ e acquisita dall’A.D. il __________, seguendo il rito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, ha condannato il Mar. Ord. __________ alla pena di ________, concedendo il beneficio della sospensione condizionale, per il reato di “furto militare”; CONSIDERATO che dalla vicenda in esame emergono profili di responsabilità disciplinare che appaiono in contrasto con i doveri attinenti al grado, allo spirito di Corpo, ai doveri dei superiori ed al contegno del militare, risultando incompatibili con lo status di Sottufficiale; VALUTATO che si impone il vaglio disciplinare della condanna per il reato di “furto” in quanto la sanzione disciplinare irrogata al tempo dei fatti si riferisce ad una infrazione erroneamente individuata dal C.te di Corpo nella mancata consegna ai superiori della refurtiva, come se si fosse trattato di un occasionale ritrovamento; TENUTO CONTO che l’inchiesta formale tende a raccogliere tutti gli elementi utili per il completo accertamento dei fatti che costituiscono violazione disciplinare, punibile con un provvedimento di stato; PROPONE che il Mar. Ord. _____________ sia sottoposto ad inchiesta formale disciplinare, ai sensi degli artt. 64, 65 e 66 della legge 31 luglio 1954 n. 599. IL COMANDANTE L’attività istruttoria che l’A.D. deve svolgere in sede disciplinare può variare in base all’esito del procedimento penale ed in relazione al fatto che sia stata pronunciata una sentenza a seguito di dibattimento o meno. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, a prescindere che sia pronunciata o meno a seguito di dibattimento, ha efficacia nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento che “il fatto non sussiste”, o che “il fatto non costituisce illecito penale” ovvero “che l’imputato non lo ha commesso” (art. 653 c.c.p. modificato dalla legge 97/2001). Ma la formula assolutoria “perché i fatti non costituiscono illecito penale” non preclude all’A.D. di procedere in sede disciplinare per gli stessi fatti, se questi assumono rilievo disciplinare. 25 La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia nel procedimento disciplinare in quanto all’accertamento che “il fatto sussiste”, che “costituisce illecito penale” e che “è stato commesso dall’imputato”. L’A.D., alla luce degli elementi di fatto accertati in sede dibattimentale penale, deve procedere ad una loro autonoma valutazione sotto il profilo disciplinare: il giudizio non è sindacabile se non per evidenti ragioni di contraddittorietà, illogicità o travisamento dei fatti e per evidente sproporzione tra i fatti e la sanzione inflitta. L’art. 1 della legge n. 97/2001, che ha modificato l’art. 445 c.p.p. , richiamandosi espressamente all’art. 653 c.p.p., comporta che alla sentenza di patteggiamento debba riconoscersi il valore di sentenza di condanna ai soli fini disciplinari, anche se non è legata ad un giudizio di colpevolezza, non essendo presente nel procedimento un accertamento pieno sui fatti e sulle prove, come invece accade nel rito ordinario. Pertanto l’Amministrazione non è più tenuta a svolgere un autonomo accertamento dei fatti poichè, ai sensi dell’ art. 653, la sentenza ex art. 444 c.p.p., fa stato quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Le sentenze di non doversi procedere (per condizioni di improcedibilità per depenalizzazione dei fatti, per prescrizione del reato, ecc…), non impediscono l’avvio di un procedimento disciplinare, attraverso un’autonoma e completa ricostruzione dei fatti, anche diversa da quella emersa dal procedimento penale. I Comandanti di corpo (ad eccezione degli Ufficiali indicati nell’art. 75 - 1° e 2° comma della legge 113/54) non hanno autonoma competenza ad adottare provvedimenti disciplinari conseguenti a giudicati penali (circ. n. 1980/1160 datata 12/6/1989 di UFFESERCITO), fatta eccezione per la immediata sanzione delle responsabilità per fatti “collaterali” a quelli di valenza penale che possono avere riflessi sul servizio (ad esempio, la mancata o ritardata comunicazione al Comando di appartenenza degli eventi previsti dall’art. 52 del R.D.M., come l’avvio di un procedimento penale a proprio carico). FASI DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A SEGUITO DELL’ESAME DEL GIUDICATO PENALE. Le fasi e l’iter del procedimento disciplinare avviato a seguito dell’esame del giudicato penale sono sintetizzate nel diagramma in (all. B/1 ). L’avvio del procedimento coincide con la contestazione degli addebiti da parte dell’Ufficiale Inquirente (nei casi di inchiesta formale disciplinare) o del Comandante di corpo cui vengano rinviati gli atti per l’irrogazione della sanzioni di Corpo dopo il visto di legittimità della D.G.P.M.. Tale atto è conseguente alla fase di accertamenti preliminari da parte dell’Amministrazione e presuppone che l’autorità competente abbia acquisito il proprio convincimento in ordine sia alla sussistenza che alla gravità dei fatti ascritti al militare. L’inchiesta formale (all. B/16 - 23) viene disposta dal Vertice d’Area per accertare la sussistenza dei presupposti per l’irrogazione di una sanzione di stato, in relazione a comportamenti illeciti che evidenziano gravi responsabilità sotto il profilo disciplinare, quali ad esempio la violazione dei doveri attinenti al giuramento, al grado ed ai principi morali propri dello status di militare in servizio permanente. 26 Analoga inchiesta può essere anche disposta, su proposta della linea di Comando del militare incolpato, per valutare “fatti di notevole gravità”, a prescindere dalla loro valenza penale (ad esempio un reiterato consumo personale di sostanze stupefacenti). L’ Ufficiale inquirente, a cui viene affidata l’esecuzione dell’inchiesta, viene nominato dal Vertice d’Area competente. Egli deve rivestire il grado di maggiore o tenente colonnello e non deve essere superiore diretto dell’inquisito. La legge non prevede altri casi di incompatibilità alle funzioni di inquirente. Sulla base dei principi generali del diritto, oltre che etici, è, peraltro, da ritenere che tale incompatibilità si verifichi quando ricorrano circostanze che facciano fondatamente presumere l’esercizio non obiettivo e non sereno di delicata funzione. In caso di trasferimento dell’inquisito, l’inchiesta è condotta a termine dall’inquirente che l’ha iniziata. In caso di trasferimento dell’inquirente alle dipendenze di un’autorità diversa da quella dalla quale è stato nominato oppure quando sopravvenga alcuna delle cause di incompatibilità suaccennate o quando ricorrano motivi di forza maggiore (ad. es. collocamento in aspettativa per ragioni di salute), viene nominato un nuovo inquirente. Ricevuto l’ordine di inizio dell’inchiesta formale, l’inquirente : - dà comunicazione scritta dell’ordine stesso all’inquisito, contestandogli gli addebiti specifici che hanno originato l’inchiesta (all. B/18) e lo invita a prendere visione degli atti eventualmente già esistenti. La contestazione degli addebiti non deve essere generica o implicita, ma specifica e formale, deve cioè precisare l’addebito disciplinare di cui l’inquisito è chiamato a rispondere ed i fatti che lo hanno determinato; - ad avvenuta presentazione e presa visione degli atti, avverte l’inquisito per iscritto che, entro il termine all’uopo fissato, comunque non inferiore a dieci giorni, egli potrà presentare giustificazioni, documenti o chiederne la produzione o fare istanza per indagini o per esame di persone, indicando i punti sui quali desidera indagini o testimonianze e lo avverte che, ad inchiesta ultimata, gli sarà data ancora visione di tutti gli atti e che potrà produrre per iscritto le proprie discolpe definitive. - esegue quegli accertamenti che egli giudica necessari ed opportuni ai fini della più completa chiarificazione dei fatti che sono oggetto dell’inchiesta. Egli non è tenuto ad escutere tutte le testimonianze a discarico, ma occorre che dia ragione della eventuale mancata escussione; - aggiunge agli atti già raccolti, che devono essere numerati progressivamente, gli atti relativi ai nuovi accertamenti esperiti, elencandoli di seguito e sullo stesso indice degli atti; - compila poi una relazione riepilogativa di tutta l’inchiesta formale (all. B/21), nella quale illustra, senza esprimere alcun apprezzamento o giudizio, gli atti raccolti. L’inquirente, in foglio a parte da allegare alla relazione riepilogativa, deve anche specificare i motivi che lo hanno indotto a non accogliere, eventualmente, alcune, o tutte, le richieste avanzate dall’inquisito. La relazione riepilogativa deve anch’essa elencata e numerata nell’indice, dopo l’ultimo degli atti dell’inchiesta; - invita nuovamente l’inquisito a prendere visione degli atti e della relazione riepilogativa ed a presentare poi, per iscritto, entro un congruo termine all’uopo fissato, comunque non inferiore a dieci giorni, le proprie discolpe definitive; - al termine di ogni incontro con l’inquisito, l’inquirente sottoscrive, insieme all’inquisito, apponendovi la data, tutti gli atti visionati e l’indice degli atti dell’inchiesta (all. B/23) . 27 L’inquirente riassume in un rapporto finale (all. B/22) le proprie conclusioni e formula le sue proposte, trasmettendo il tutto all’Ufficio Consulenza Giuridico Legale del Comando che ha disposto l’inchiesta. Il rapporto finale non deve essere reso noto all’inquisito. Tutte le domande o richieste dell’inquisito all’inquirente devono essere fatte per iscritto, così come le comunicazioni dell’inquirente all’inquisito o ad altre persone eventualmente escusse. Le predette comunicazioni costituiscono altrettanti atti dell’inchiesta e vanno perciò numerate ed elencate nell’indice di essi. L’inquisito ha diritto di prendere visione di tutti gli atti dell’inchiesta. Nel prendere visione degli atti dell’inchiesta, l’inquisito può trarne gli appunti che crede; non può però asportare nessuno dei documenti né ottenerne copia. Ogni visione avuta degli atti dell’inchiesta deve essere attestata dall’inquisito in una esplicita dichiarazione, datata e firmata, apposta sull’indice degli atti, subito dopo la elencazione dell’ultimo degli atti avuti in visione. Nell’ultima di queste dichiarazioni l’inquisito può eventualmente fare esplicita rinunzia a presentare per iscritto le proprie discolpe. Se l’inquisito non aderisce alle richieste dell’inquirente o tergiversa oppure non presenta le sue discolpe entro i termini fissati o si sottrae alle ricerche, l’inquirente, dopo almeno due diffide, di cui sia accertata la consegna, inviate a distanza di dieci giorni l’una dall’altra e rimaste senza esito, chiude senz’altro l’inchiesta formale. Qualora, dopo la chiusura dell’inchiesta formale e prima che siano stati adottati provvedimenti in conseguenza dell’inchiesta stessa, le autorità gerarchiche vengano in possesso o a conoscenza, sia per istanza dell’inquisito che per altro tramite, di nuove notizie o documenti, li trasmettono all’Autorità che ha ordinato l’inchiesta formale. Questa, dopo averli esaminati decide,a sua discrezione, se acquisirli o meno agli atti dell’inchiesta; in caso affermativo, fa riaprire l’inchiesta stessa. In caso di riapertura dell’inchiesta, l’inquirente deve dare visione degli atti non conosciuti all’inquisito, il quale può chiedere,entro 48 ore, altri accertamenti e presentare, entro un termine che verrà stabilito dall’inquirente, di durata comunque non inferiore ai dieci giorni, ulteriori giustificazioni. Questi nuovi atti devono essere elencati e numerati nell’indice, e fatti seguire da un proseguimento della relazione riepilogativa. L’Autorità che ha disposto l’inchiesta formale, invia gli atti alla Direzione Generale per il Personale Militare corredati della proposta di definire il procedimento, secondo le risultanze dell’inchiesta, alternativamente: - “senza sanzioni di stato”, nel caso che l’addebito risulti infondato; - “con il rinvio degli atti al Comandante di corpo per le valutazioni di competenza”; - “con la sanzione di stato della sospensione dal servizio o dall’impiego per mesi…”; se invece ritiene che l’inquisito sia passibile della perdita del grado ordina il deferimento al Consiglio di disciplina (se Ufficiale) o alla Commissione di disciplina (altre categorie) . In tal caso l’organo collegiale invia alla D.G.P.M. tutti gli atti dell’inchiesta e della propria attività, esprimendo il giudizio che l’inquisito è / non è meritevole di mantenere il grado (all. B/25 - 31). Il procedimento disciplinare viene definito con un decreto ministeriale. 28 In caso di “rinvio degli atti al Comandante di corpo per le valutazioni di competenza”, questi è tenuto ad instaurare un procedimento disciplinare ed a comunicare, lungo la linea di comando, i provvedimenti disciplinari eventualmente adottati. In caso di definizione “senza sanzioni di stato” resta salva la facoltà del Comandante di corpo di esercitare il potere disciplinare. TERMINI TEMPORALI PER LA DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI. I termini temporali previsti per l’inizio dei procedimenti disciplinari, fatta eccezione per i reati di peculato, corruzione e concussione commessi prima del 6/4/2001, decorrono dalla data in cui l’Amministrazione ha acquisito ed assunto a protocollo la sentenza divenuta irrevocabile, pertanto tale data dovrà essere comunicata contestualmente all’invio dell’esame del giudicato penale. Il termine di avvio del procedimento disciplinare (180 giorni dalla data di acquisizione della sentenza irrevocabile o dalla data di deposito del decreto di archiviazione) è da intendersi perentorio, mentre il termine per la sua conclusione (90 giorni dalla data di contestazione degli addebiti) è da considerarsi indicativo, nel senso che se il procedimento è stato avviato prima dei 180 giorni, l’intero procedimento può essere concluso nel termine unitario di 270 giorni (sent. Corte Costituzionale n. 197 del 24-28/5/1999). Fa eccezione il caso in cui debba irrogarsi una misura espulsiva, per la quale i termini previsti dall’ art. 9, co.2, l. 7/2/90 n. 19 sono da considerarsi perentori: inizio del procedimento entro 180 giorni dalla data di acquisizione della sentenza irrevocabile (o di deposito del decreto di archiviazione) e conclusione entro 90 giorni dalla data di contestazione degli addebiti. L’ACCESSO AGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE. E’ possibile che durante lo svolgimento di un procedimento disciplinare l’inquisito faccia pervenire all’Autorità procedente, talvolta tramite un proprio legale, un’istanza di accesso agli atti del procedimento in itinere. In questo contesto appare opportuno una disamina della normativa che presiede all’istituto dell’accesso, per una corretta gestione di tali istanze. Il diritto di accesso agli atti amministrativi compresi naturalmente quelli attinenti ai procedimenti disciplinari, introdotto per la prima volta con la legge 241/90 e riformulato con la legge n. 15 dell’11/2/2005, è attualmente regolamentato dal Regolamento governativo approvato con DPR 352/1992 e, per l’Amministrazione della Difesa, dal D.M. n. 519 del 14 giugno 1995 e successive modificazioni (per quanto concerne gli atti sottratti all’accesso). L’ambito di applicazione della legge è rappresentato dai “procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali” (art. 19, l. 15/2005). 29 L’istituto in argomento consente agli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, pertanto costituisce un principio generale dell’attività amministrativa finalizzato a favorire la trasparenza del procedimento amministrativo e la partecipazione dell’interessato, cioè di ogni soggetto che abbia un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. La nuova formulazione della norma, che definisce il diritto di accesso come “il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi”, conferisce al diritto di accesso la natura di “diritto soggettivo all’informazione”, superando così la precedente concezione di “interesse legittimo”. Tale qualificazione si basa sul fatto che l’esercizio del diritto, disciplinato dettagliatamente da una legge di settore, nell’esclusivo interesse del richiedente, trova un limite solo in specifiche esigenze di riservatezza previste dalla legge ma non anche in mere valutazioni di opportunità di chi detiene l’atto. Sono dunque accessibili tutti i documenti amministrativi e tutte le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che abbiano forma di documento amministrativo, per tutto il periodo di tempo durante il quale l’amministrazione ha l’obbligo di detenere l’atto al quale si chiede di accedere. E’ considerato documento amministrativo qualsiasi atto, sia pubblico che privato, anche di natura endoprocedimentale, purchè oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo (es. pareri, consulenze legali), comunque detenuto dal soggetto pubblico e concernente attività di pubblico interesse. In sostanza, ricorrendo queste condizioni, tutti i tipi di atti sono accessibili, salvo quanto previsto dal D. l.vo 196/2003, in materia di accesso ai dati personali. E’ comunque accessibile il documento amministrativo ma non anche i dati personali (riferiti a terzi) in esso contenuti, specie quelli inerenti allo stato di salute ed alla vita sessuale, a meno che non occorra tutelare un diritto di rango almeno pari ai diritti di privacy dell’interessato (sulla parità di rango si esprime l’amministrazione interessata). La nuova legge prevede che “nel caso di documenti contenenti dati sensibili o giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile, e nei termini previsti dall’art. 60 del D. l.vo 196/2003, in caso di documenti idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”. Pertanto l’accesso potrà essere consentito in forma parziale (ad esempio “mascherando” una parte del contenuto del documento), ove si tratti di documenti contenenti dati giudiziari o sensibili (purchè il rango degli interessi in conflitto sia almeno pari, nel caso di dati sulla salute e la vita sessuale), mentre sarà integrale ove il richiedente dichiari che tali dati sono indispensabili per curare o difendere i propri interessi giuridici. Gli atti di cui si richiede l’accesso devono comunque essere individuati o, quanto meno, l’istanza deve fornire gli elementi utili alla loro individuazione. Inoltre rimane confermato il potere dell’Amministrazione di differire il richiesto accesso ai documenti, quando occorre assicurare il buon andamento dell’attività amministrativa, nel quadro del contemperamento dell’interesse alla conoscenza con quello della speditezza dell’azione amministrativa (Tar Lazio, sez. I, decis. 14/10/2000 n. 8168). 30 DISPENSA DAL SERVIZIO PER INIDONEITA’ O SCARSO RENDIMENTO. La dispensa dal servizio permanente del personale non direttivo e non dirigente (Sott.li e VSP), per inidoneità a disimpegnare le attribuzioni del proprio grado, per insufficienza delle qualità necessarie e/o per scarso rendimento, è regolata dalla circ. DGPM/II/5/30001/C42 del 22/5/2000 (all. A/11). Il procedimento trova fondamento nell’insufficienza delle qualità necessarie a disimpegnare le attribuzioni del proprio grado o nello scarso rendimento, così come risulta dalla documentazione caratteristica e dalle sanzioni disciplinari trascritte nel foglio matricolare, con riferimento all’effettivo servizio prestato nei periodi immediatamente precedenti. Il procedimento di dispensa, di cui deve essere data comunicazione all’interessato (art. 10 l. 241), inizia con la proposta di dispensa da inviare a PERSOMIL, corredata dalle copie autenticate del foglio matricolare, documentazione caratteristica e degli “ammonimenti” . Ad integrazione della citata circolare ministeriale, COMFOTER, di concerto con la competente D.G.P.M., ha diramato una direttiva (all. A/11) con la quale è stata sancita la possibilità di: • irrogare l’ammonimento in ogni momento, a prescindere dalla redazione della documentazione caratteristica, purchè esso sia relazionabile a periodi di scadente prestazione del servizio; • avviare la procedura nei casi in cui lo scarso rendimento sia riferito ad un periodo di almeno dodici mesi di servizio effettivamente prestato, successivo all’ammonimento, anche se discontinuo e documentato da rapporti informativi, in quanto questi concorrono al raggiungimento di un anno di valutazione del servizio con caratteristiche di insufficienza, unitamente ad altri documenti valutativi immediatamente precedenti o seguenti. Nel caso di rapporto informativo, mancando la qualifica finale, un indice cui fare riferimento per desumere lo scarso rendimento, sufficiente ad avviare la procedura di dispensa, si concretizza qualora sia barrata la casella con la dicitura “insufficiente” nella parte III, alla specifica voce n. 29 del mod. C4, per i marescialli, n. 19 del mod. D, per i sergenti e n. 16 del mod. E, per i Volontari in s.p., in coerenza con i giudizi negativi espressi in corrispondenza delle altre voci delle parti I, II e III del documento caratteristico. Ulteriori elementi di caratterizzazione della pessima qualità del servizio prestato dall’interessato potranno essere inseriti nello spazio delle “eventuali note aggiuntive del compilatore” e nei pareri dei revisori. La proposta viene fatta dal Comando da cui dipende l’interessato e va inoltrata alla D.G.P.M. la quale, dopo averne esaminata la legittimità, la invia alla Commissione Permanente di Avanzamento, dove l’interessato potrà chiedere audizione (entro 60 gg. dalla proposta) o inviare memorie (entro 120 gg). La Commissione si riunisce, eventualmente sentendo l’interessato, e formula il proprio parere definitivo, inviando gli atti alla D.G.P.M., per l’esame e la conseguente emanazione del provvedimento di dispensa. 31 NORMATIVA SUL RIMBORSO DELLE SPESE DI PATROCINIO LEGALE. La legge 20/12/96 n. 693, di conversione del D.L. 23/10/96 n. 543, prevede che “in caso di definitivo proscioglimento ...... le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti a giudizio della Corte dei Conti sono rimborsate dall’ Amministrazione di competenza”. Inoltre, l’art. 18 del D.L 25/3/97 n. 67, convertito con la legge 23/5/97 n. 135, estende il rimborso delle spese legali ai “giudizi per responsabilità civile, penale ed amministrativa promossi nei confronti dei dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità…” cioè con la formula di assoluzione piena “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto” o con provvedimenti di archiviazione che escludano la loro responsabilità. Nell’istruzione delle pratiche inerenti al rimborso delle spese legali, occorre ricordare che: a) l’istanza di rimborso, completa dei dati anagrafici e del codice fiscale del richiedente, deve essere corredata dalla copia conforme all’originale della sentenza passata in giudicato e dalle fatture e relative parcelle analitiche, in originale, rilasciate dallo studio legale; b) il parere del Comandante di corpo deve contenere una sintetica relazione dei fatti o atti che hanno originato il procedimento penale; c) tutti i pareri, sia del Comandante di corpo che dei superiori gerarchici, devono concludersi con un giudizio concernente: - l’esistenza di una connessione diretta tra i fatti o atti oggetto del procedimento, e l’adempimento dei doveri inerenti all’espletamento delle attribuzioni del militare, nell’ambito dell’attività istituzionale; - l’esclusione di qualsiasi responsabilità, anche disciplinare o amministrativa, da parte del militare nella vicenda che ha originato il procedimento. In ogni caso il rimborso delle spese legali non compete nei casi di estinzione del reato per prescrizione e nei casi in cui l’Amministrazione si sia costituita parte civile nel processo penale. In tali fattispecie l’istanza, eventualmente presentata dall’interessato, deve comunque essere inoltrata, per dovere di ufficio, per le decisioni degli Organi competenti. Il rimborso, ove ammesso, viene concesso a seguito del parere di congruità sull’importo delle spese legali sostenute, di competenza dell’Avvocatura distrettuale dello Stato. 32