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PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE DOCUMENTAZIONE:
COMANDO DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI
SM - Ufficio Consulenza Giuridico Legale
VADEMECUM
PER I COMANDANTI
SULLA
DISCIPLINA MILITARE
FEBBRAIO 2006
COMANDO DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI
SM - Ufficio Consulenza Giuridico Legale
VADEMECUM
PER I COMANDANTI
SULLA
DISCIPLINA MILITARE
FEBBRAIO 2006
Il Vademecum per i Comandanti sulla
Disciplina Militare è stato curato dal
Ten. Col. ammcom Francesco ZINNO
Capo Sezione Disciplina presso il
Comando delle Forze Operative Terrestri.
INDICE
pag.
pag.
I Indice.
II Atto di approvazione.
pag.
III Registrazione delle aggiunte e varianti.
pag.
V Elenco di distribuzione.
pag.
VI Presentazione.
pag.
1 Introduzione.
pag.
2 Le funzioni del Comandante di corpo in ambito disciplinare.
pag.
3 Le funzioni di polizia giudiziaria.
pag.
5 La richiesta di procedimento.
pag.
6 Compiti del Comandante di corpo del militare sottoposto a procedimento penale.
pag.
8 L’esercizio della potestà disciplinare:
pag.
10 La riunione di diversi procedimenti disciplinari.
pag.
10 Le sanzioni disciplinari di corpo.
pag.
12 Le sanzioni disciplinari di stato.
pag.
13 La sospensione dal servizio o dall’impiego.
pag.
14 La sospensione a seguito di misure cautelari personali coercitive ed interdittive.
pag.
16 La sospensione precauzionale obbligatoria.
pag.
17 La sospensione precauzionale discrezionale.
pag.
20 Riesame della posizione di stato del personale militare sospeso precauzionalmente.
pag.
20 Rapporto tra le sanzioni di stato e le sanzioni di corpo.
pag.
21 Rapporto tra le sanzioni penali e le sanzioni di corpo.
pag.
21 L’applicazione di pene accessorie alla condanna penale.
pag.
23 Ricorsi, istanze di riesame ed esercizio dell’autotutela.
pag.
24 L’esame del giudicato penale.
pag.
26 Fasi del procedimento disciplinare a seguito dell’esame del giudicato penale.
pag.
29 Termini temporali per la definizione del procedimento disciplinare.
pag.
29 L’accesso agli atti del procedimento disciplinare.
pag.
31 Dispensa dal servizio per inidoneità o scarso rendimento.
pag.
32 Normativa sul rimborso delle spese di patrocinio legale.
ALLEGATI
A Circolari
B Modulistica
I
COMANDO DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI
ATTO DI APPROVAZIONE
Approvo il presente “Vademecum per i Comandanti sulla Disciplina Militare”.
Verona, 14 marzo 2006
IL COMANDANTE
Gen. C.A. Bruno IOB
II
REGISTRAZIONE DELLE VARIANTI
1
2
3
4
5
6
7
8
9
III
10
11
12
13
14
15
16
17
18
IV
ELENCO DI DISTRIBUZIONE
A:
COMANDO DEI SUPPORTI DELLE FORZE OPERATIVE TERRESTRI
TREVISO
1° COMANDO DELLE FORZE DI DIFESA
VITTORIO VENETO
2° COMANDO DELLE FORZE DI DIFESA
S. GIORGIO A CREMANO
COMANDO TRUPPE ALPINE
BOLZANO
COMANDO DELLE TRASMISSIONI ED INFORMAZIONI ESERCITO
COMANDO AVIAZIONE ESERCITO
ANZIO
VITERBO
COMANDO BRIGATA TRASMISSIONI
SOLBIATE OLONA
e, per conoscenza :
MINISTERO DELLA DIFESA
DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE
III° Reparto - 7^ Divisione
ROMA
STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO
Reparto Affari Giuridici ed Economici per il Personale
ROMA
V
PRESENTAZIONE
Il presente vademecum è stato elaborato allo scopo di fornire un supporto
normativo ai Comandanti delle Unità operative dell’Esercito ed in generale agli
addetti alla branca disciplinare, ai vari livelli di Comando.
La pubblicazione comprende la trattazione delle principali materie di intervento
del Comandante di Corpo in ambito disciplinare ed è completata da una raccolta
delle norme che regolano l’amministrazione della disciplina militare.
Trattasi di materia complessa ed in progressivo adeguamento normativo,
funzionale anche alla progressiva professionalizzazione della Forza Armata, che
necessita di continui aggiornamenti da parte dei responsabili e degli addetti alla
branca.
Il vademecum costituisce quindi un contributo informativo finalizzato ad una
corretta impostazione e definizione dei procedimenti disciplinari ed una base di
riferimento per tutti coloro che devono assicurare la tutela dell’ordinamento
disciplinare militare ed il rispetto della Legge nelle Forze Armate.
Ten. Col. ammcom Francesco ZINNO
VI
INTRODUZIONE.
Il diritto disciplinare militare è costituito da un’insieme inscindibile di prescrizioni che
stabiliscono doveri di comportamento e sanzioni finalizzate ad assicurare la realizzazione
di tali doveri.
La definizione di trasgressione disciplinare si rinviene negli artt. 37 e 38 del c.p.m.p., ove
il legislatore pone in rilievo la distinzione tra reato militare (qualunque violazione del
codice penale militare) ed illecito disciplinare (qualunque violazione dei doveri attinenti al
servizio ed alla disciplina, non costituente reato, ma prevista dal Regolamento di
Disciplina Militare).
Reato militare:
- consiste in qualsiasi violazione della legge penale militare (art. 37 c.p.m.p.);
- le pene sono specificamente previste per ogni tipo di reato;
- il soggetto attivo del reato militare può essere anche un soggetto non militare.
Illecito disciplinare:
- consiste in una violazione dei doveri del servizio e della disciplina non costituenti
reato (art. 38 c.p.m.p.) o in una violazione conseguente all’emanazione di un ordine;
- deve essere previsto dalla legge o da regolamenti militari approvati con DPR;
- le sanzioni sono elencate in via generale, senza essere ricondotte a determinati
comportamenti, ad eccezione della consegna di rigore, per la quale sono “tipizzati” i
comportamenti sanzionabili (all. C del R.D.M.);
- il soggetto attivo dell’illecito disciplinare è sempre un militare.
Il potere disciplinare riconosciuto ai Comandanti, ai diversi livelli, costituisce uno
strumento fondamentale per garantire la conservazione dell’ordine e l’attuazione delle
finalità istituzionali della Forza Armata e trova il proprio fondamento costituzionale
nell’art. 97 cost., che tutela il buon andamento e l’imparzialità della pubblica
amministrazione e nell’art. 52 cost., che prevede l’obbligo (in atto “sospeso”) di prestare
servizio militare secondo i modi stabiliti dalla legge.
Il titolare del potere disciplinare ha la facoltà di irrogare sanzioni ai suoi sottoposti, in virtù
della posizione gerarchica che egli vanta nei loro confronti, che gli impone di esercitare
l’azione di comando e di garantire l’osservanza delle leggi e dei doveri di comportamento
connessi al particolare stato di militare.
Altri tipi di sanzione (penale, amministrativa) non escludono l’adozione di sanzioni
disciplinari, in quanto esplicano lo loro azione a tutela di interessi giuridici differenti.
Il provvedimento disciplinare consegue ad un “procedimento amministrativo” che ha per
oggetto la valutazione di un fatto illecito commesso con coscienza e volontarietà, non
riconducibile a mero titolo di responsabilità oggettiva, ma che sia almeno conseguenza di
una colpa (omissione, negligenza, imperizia, inosservanza di norme tecniche o
amministrative, etc.).
1
L’azione disciplinare deve sempre essere ispirata ad alcuni principi fondamentali:
•
proporzionalità: la sanzione deve essere adeguata alla gravità del fatto illecito, alla
sua motivazione ed all’intensità del dolo;
•
gradualità: il sistema sanzionatorio militare prevede una gamma di sanzioni graduate
secondo la gravità ed la tipologia delle infrazioni;
•
tempestività: l’addebito deve essere contestato nel più breve tempo possibile, a
decorrere dalla “piena conoscenza dei fatti”;
•
contraddittorio: ovvero possibilità di esercitare il diritto alla difesa, presentando
eventuali memorie e giustificazioni a discolpa;
•
immodificabilità della contestazione dell’addebito, che deve essere specifico, riferito
a fatti precisi; se in corso di procedimento emergono altri fatti, si deve istruire un
nuovo procedimento, allo scopo di consentire il regolare svolgimento del
contraddittorio;
•
motivazione: il provvedimento finale deve essere adeguatamente motivato in modo da
dare contezza delle valutazioni effettuate e della decisione adottata, con puntuale
riferimento all’addebito contestato;
•
competenza: l’autorità che irroga la sanzione deve essere quella competente a farlo;
•
ne bis in idem: non è ammessa una nuova valutazione disciplinare di un fatto già
sanzionato disciplinarmente.
In sostanza, lo scopo dell’azione disciplinare non è tanto quello di reprimere una
condotta illecita, bensì quello di promuovere, in positivo, l’adempimento dei doveri
finalizzati al perseguimento del pubblico interesse, a cui sono tenuti entrambi i
soggetti del rapporto di subordinazione.
LE FUNZIONI DEL COMANDANTE DI CORPO IN AMBITO DISCIPLINARE.
Il Comandante di corpo è l’Ufficiale preposto al comando o alla direzione di unità, ente o
servizio organicamente costituito e dotato di autonomia nel campo dell’impiego e in quello
logistico, tecnico ed amministrativo.
Egli è direttamente responsabile della disciplina nei confronti del personale dipendente
(art. 22 del R.D.M. approvato con DPR 545/86) ed esercita tale funzione in forme e con
competenze diverse a seconda del tipo di infrazione.
L’esercizio delle proprie funzioni disciplinari, intese nel senso più ampio, riguarda in
modo particolare i seguenti ambiti di attività:
•
ha funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria militare per i reati soggetti a giurisdizione
militare; nell’ambito di questa dipendenza funzionale dall’autorità giudiziaria militare,
il Comandante è soggetto a responsabilità disciplinare e penale per le ipotesi di
mancata o negligente esecuzione delle disposizioni ricevute;
•
ha il potere discrezionale circa la richiesta di procedimento penale davanti al giudice
militare o il perseguimento della via disciplinare, per le fattispecie di reati militari
punibili con un massimo di 6 mesi di reclusione (tra i più comuni, si citano
2
•
•
•
•
•
•
l’allontanamento illecito, l’omessa presentazione in servizio, ubriachezza in servizio,
distruzione o alienazione di effetti di vestiario ed equipaggiamento militare, percosse e
lesioni personali, diffamazione, minaccia). Alcuni reati militari espressamente indicati,
sono perseguibili solo a richiesta del Ministro (artt. 94 e dal 103 al 112 c.p.m.p);
esercita la potestà disciplinare per le infrazioni previste dal Regolamento di disciplina
militare, irrogando le sanzioni di corpo nei casi previsti ovvero adottando i
provvedimenti di riesame, sospensione e condono delle stesse sanzioni (att. 71 e 74
della l. 382/78) (all. A/ 35 - 36);
ha particolari competenze di polizia giudiziaria nell’ambito delle misure di
prevenzione e repressione dei reati previsti dal testo unico delle leggi in materia di
sostanze stupefacenti e psicotrope (art. 109, comma 8 del DPR 9/10/90 n. 309), purchè
commessi da militari in luoghi militari (e limitatamente ai Comandanti di Corpo con
grado minimo di Maggiore) (all. A/ 38);
esprime il proprio parere nell’ambito delle inchieste sommarie disciplinari e dell’esame
del giudicato penale (all. A/ 1- 2 - 24 - 29 – 37 - B1/2);
è competente in ordine alla proposta di sospensione precauzionale facoltativa
dall’impiego o dal servizio, nei casi di gravi trasgressioni che impongano l’immediato
allontanamento dal servizio in quanto gravemente lesive del prestigio delle Forze
Armate o siano incompatibili con lo status di militare in servizio permanente (all. A/1);
redige la relazione tecnico disciplinare per fatti gravi, su richiesta delle superiori
autorità (all. A/9 - 37);
avvia il procedimento per proporre il proscioglimento dalla ferma dei Volontari in
ferma breve per “gravi mancanze disciplinari” o la dispensa dal servizio permanente
del personale non direttivo e non dirigente (Sottufficiali e Volontari in servizio
permanente), per inidoneità a disimpegnare le attribuzioni del proprio grado, per
insufficienza delle qualità necessarie e/o per scarso rendimento, ai sensi della circ.
DGPM/II/5/30001/C42 del 22/5/2000 e della direttiva di COMFOTER diramata con
let. n. 14865/10.DISC. datata 2 febbraio 2005 (all. A/11).
LE FUNZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA.
Il Comandante di corpo, “distaccamento” (unità minore separata permanentemente o
temporaneamente dalla sede del Comando di corpo a cui appartiene) o “posto” (posto di
guardia, di blocco ecc..), di qualsiasi grado, esercita le funzioni di polizia giudiziaria per i
reati soggetti alla giurisdizione militare (art. 301 c.p.m.p.), in relazione ai quali deve:
•
prenderne notizia, anche di propria iniziativa (art. 330 c.p.p.); se la notizia gli viene
riferita verbalmente, redige un verbale di ricezione di denuncia orale (all. B/3);
•
riferirne subito al Procuratore della Repubblica, con denuncia per iscritto (all. B/4),
indicando gli elementi essenziali del fatto, le fonti di prova, le attività compiute e, se
possibile, le generalità delle persone sottoposte ad indagine, delle persone offese e
degli eventuali testimoni (art. 347 c.p.p.). Tale denuncia è obbligatoria anche quando si
ha solo notizia del reato ma non dell’autore. Nei casi più urgenti dev’essere fatta anche
oralmente al P.M.. La violazione dell’obbligo di comunicazione costituisce il reato di
omessa denuncia aggravata. Gli atti d’indagine compiuti dall’ufficiale di polizia
giudiziaria sono coperti da segreto istruttorio (art. 329 c.p.p.), fin quando durano le
3
indagini preliminari; pertanto le comunicazioni che il C.te di corpo fa sulla linea
gerarchica devono essere limitate ai fatti verificatisi (come notizia di evento);
•
dopo la comunicazione della notizia di reato, continuare a raccogliere prove o elementi
utili alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione del colpevole (art. 348 c.p.p.);
•
assumere dichiarazioni spontanee (gli interrogatori sono di esclusiva competenza del
magistrato) e sommarie informazioni utili alle indagini, da parte della persona indagata
(assistita da un difensore di fiducia o d’ufficio) e dalle altre persone in grado di riferire
circostanze utili all’indagine (art. 350 c.p.p.), redigendo apposito verbale (all. B/5);
•
in caso di flagranza, procedere a perquisizione personale o locale (in tal caso l’indagato
può farsi assistere da un difensore di fiducia o d’ufficio), quando esiste un fondato
motivo di ritenere che sulla persona o in un determinato luogo si trovino occultate cose
o tracce pertinenti al reato, che possono essere cancellate o disperse (art. 352 c.p.p.),
sequestrando il corpo del reato e le cose a questo pertinenti e provvedendo a
trasmettere un verbale delle operazioni compiute (all. B/6 - 7 - 8), entro 48 ore, al PM
del luogo ove è stata effettuata la perquisizione, per la successiva convalida; in caso di
mancata assistenza del difensore, gli elementi raccolti possono servire solo al
proseguimento delle indagini, ma non come prove al processo;
•
eseguire interventi provvisori quali l’arresto (facoltativo od obbligatorio) in flagranza
di grave reato militare o il “fermo di indiziato di delitto”, da verbalizzare (all. B/9 - 10)
e comunicare tempestivamente al Procuratore Militare, che deve convalidarli entro 96
ore, pena la decadenza dei provvedimenti stessi;
- l’arresto obbligatorio si basa sulla necessità di provvedere alle esigenze di difesa
sociale (presupposti della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto) ed è
stabilito per i reati previsti dall’art. 380 c.p.p. (reato non colposo, tentato o
consumato, per il quale è prevista la pena dell’ergastolo o la reclusione non
inferiore, nel minimo, a 5 anni); in tale ipotesi, peraltro, ogni persona è autorizzata
ad eseguire l’arresto in flagranza (art. 383 c.p.p.);
- l’arresto facoltativo in flagranza di reati comuni ricorre nei casi indicati dall’art.
381 c.p.p., per reati per i quali è prevista la reclusione massima superiore a 5 anni;
- il fermo di indiziato di delitto è previsto dall’art. 384 c.p.p. per reati per i quali è
prevista la reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni, per delitti concernenti
le armi da guerra e gli esplosivi ed in caso di pericolo di fuga dell’indiziato;
•
annotare tutte le attività svolte (art. 357 c.p.p.), redigendo un verbale per ciascun tipo
di attività (da inviare al PM), da cui risultino i seguenti atti particolari:
- denunce di privati, querele ed istanze di procedimento delle persone offese;
- informazioni sommarie e dichiarazioni spontanee ricevute dall’indagato o da altre
persone informate dei fatti;
- operazioni di identificazione delle persone indagate e di altre persone;
- acquisizione di corrispondenza e plichi chiusi, accertamenti urgenti su luoghi, cose
e persone.
•
svolgere ogni indagine e attività disposta dall’autorità giudiziaria (art. 55 c.p.p.).
Se il reato militare è commesso all’estero, è competente a procedere il Tribunale Militare
di Roma.
4
Riguardo ai reati comuni, l’unico adempimento del Comandante di corpo e di ogni
superiore, consiste nella denuncia: in questi casi egli non agisce nell’ambito delle funzioni
di polizia giudiziaria.
Nel caso che un fatto sia previsto sia dalla legge penale comune che da quella militare
(concorso apparente di norme coesistenti) viene applicata la norma compresa nel c.p.m.p.,
in virtù del principio di specialità (art. 15 del c.p.), per cui nell’applicazione prevale la
norma “speciale” (c.p. militare) su quella “comune”.
LA RICHIESTA DI PROCEDIMENTO.
Il Comandante di corpo ha potere discrezionale, circa il perseguimento della via
disciplinare o di quella penale davanti al giudice militare, per le fattispecie di reati militari
punibili con un massimo di 6 mesi di reclusione (art. 260 c.p.m.p.), in quanto spetta al suo
insindacabile giudizio decidere le modalità con cui punire i reati meno gravi.
La mancata richiesta di procedimento, nei casi in fattispecie, determina l’archiviazione dei
procedimenti penali avviati dalla Procura Militare in base alla sola segnalazione di reato.
La richiesta di procedimento deve essere presentata per iscritto e sottoscritta dal
Comandante di corpo (non è valido il fonogramma), entro trenta giorni dalla data del
fatto di reato o dalla data in cui il Comandante ne ha avuto conoscenza. Anche nel
caso in cui non si ritenga di presentare la richiesta, sussiste comunque l’obbligo della
comunicazione di reato, nella quale è opportuno indicare: ”avvalendomi della facoltà
prevista dall’art. 260 c.p.m.p., chiedo (o non chiedo) che si proceda penalmente a carico
di………. per il reato di……….. e per tutti i reati militari ravvisabili nel fatto e
perseguibili a richiesta” (all. B/4).
Non è preclusa la richiesta di procedimento penale da parte del Comandante di corpo
quando, per lo stesso fatto, sia già stata inflitta la sanzione disciplinare della consegna di
rigore (sent. n. 406/2000, Corte Costituzionale). Infatti, la Corte Costituzionale ha ritenuto
che la consegna di rigore non ha un contenuto afflittivo omologo alla sanzione penale in
quanto, lungi dal concretare una misura restrittiva della libertà personale, essa si traduce in
un mero obbligo giuridico di rimanere, fino a quindici giorni, entro un apposito spazio
militare o nel proprio alloggio.
La richiesta di procedimento è atto di natura processuale e pertanto è sottratta all’applicazione
dell’ art. 3 della l. 241/90 (non è richiesta la “motivazione”) ed è irrevocabile (art 129 c.p).
Riguardo alla segnalazione delle notizie di reato, occorre rilevare come taluni Comandanti di
corpo (nella veste di Ufficiali di Polizia Giudiziaria) ricorrano frequentemente alla
segnalazione di eventi e/o comportamenti, anche non penalmente rilevanti, alle Procure
competenti, con un automatismo talvolta rituale.
5
Tale modo di operare, che esclude, di fatto, la valutazione disciplinare dei Comandanti,
comporta, tra l’altro, numerosissimi procedimenti giudiziari che, nella gran parte dei casi,
si concludono con pronunciamenti di archiviazione.
Occorre che ogni Comandante ponga in atto, prioritariamente, tutte le misure che rientrano
nelle sue facoltà disciplinari ed amministrative svolgendo l’ineludibile azione di
valutazione dei citati eventi e/o comportamenti, volta a verificare e separare gli aspetti di
rilevanza disciplinare da quelli di rilevanza penale, sì da non delegare all’Autorità
giudiziaria un’attività propria dei Comandanti di corpo e non ricorrere alla surrogazione
giudiziaria a scapito della funzione di Comando propriamente detta, che deve essere
invece gelosamente garantita quale essenza precipua della nostra professione.
Un caso particolare e ricorrente, di segnalazione all’Autorità Giudiziaria riguarda le
assenze arbitrarie dal servizio riferite ai militari “ammalati in patria”.
L’assenza dal reparto, anche se giustificata da certificazione medica, viene spesso
segnalata alle Procure Militari come ipotesi di reato di allontanamento illecito o
diserzione, dando luogo al relativo procedimento penale che si conclude generalmente con
un decreto di archiviazione.
E’ necessario ricordare che le disposizioni vigenti in materia di certificazione medica per il
personale militare prevedono che i militari legati all’Amministrazione Militare da un
rapporto di servizio di natura volontaria - contrattuale possono giustificare l’assenza dal
reparto anche con la semplice presentazione del certificato rilasciato dal proprio medico
curante, venendo conseguentemente ed automaticamente posti in licenza straordinaria per
gravi motivi (DD.PP.RR. 31/7/1995 n. 394 e 395).
Tale certificazione medica, eventualmente sollecitata all’interessato, può anche essere
acquisita provvisoriamente a mezzo fax, in modo da regolarizzare la posizione del militare
ed evitare la decorrenza dei termini per la commissione del reato di allontanamento illecito
o diserzione.
COMPITI DEL COMANDANTE DI CORPO DEL MILITARE SOTTOPOSTO A
PROCEDIMENTO PENALE.
L'Autorità Giudiziaria è obbligata a comunicare all'Amministrazione di appartenenza del
pubblico dipendente, soltanto:
- l'esercizio dell'azione penale, ai sensi dell'art. 129 delle disposizioni di attuazione del
codice procedura penale (D. Lgs. 28/7/89, n. 271);
- il rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 133 delle disposizioni di attuazione del codice
procedura penale (D. Lgs. 28/7/89, n. 271), come risulta modificato dall'art. 3, co. 5°
della legge 27/3/2001, n. 97, per i delitti previsti dagli articoli del c.p. n. 314, co.1
(peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto di ufficio), 319 (corruzione
per un atto contrario ai doveri di ufficio), 319 ter (corruzione in atti giudiziari), 320
(corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio).
In aggiunta a tali comunicazioni, l’A.G. non è tenuta ad inviare di propria iniziativa altre
informative all'Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente.
Il Comandante di Corpo, in qualunque modo e momento venga a conoscenza dell'esistenza
di un procedimento penale a carico di un militare dipendente deve provvedere:
6
-
ad informare con tempestività e, nei casi di particolare gravità, anche a mezzo fax,
messaggio, corriere e, comunque, nel rispetto delle modalità di tutela dei dati sensibili,
ai sensi della D. Lgs. n. 196/2003 (all. A/9 - 15):
·
il M.D. - Direzione Generale per il Personale Militare - III Reparto - 7^ Divisione;
·
il Dipartimento Impiego del Personale dello SME, in relazione a quanto disposto
dall'articolo 3 della legge 27/3/2001, n. 97;
·
l'Alto Comando da cui il militare dipende, tenendo informati i Comandi intermedi;
- a chiedere, all'Autorità Giudiziaria che procede, notizie in merito agli sviluppi del
procedimento, in particolare quando il termine per la prescrizione dell'azione
disciplinare decorre dalla data del deposito in cancelleria (decreti di archiviazione).
Il Comandante di corpo del militare indagato o imputato deve pertanto seguire gli sviluppi
del procedimento penale chiedendo notizie al Tribunale interessato con cadenza
trimestrale, specificando sempre il numero del procedimento penale (RGNR).
Ogni atto giudiziario relativo ad un militare in servizio, notificato al Comandante di corpo,
deve essere immediatamente portato a conoscenza dell’interessato con il mezzo più celere
a disposizione e l’avvenuta notifica deve essere annotata in apposito registro con
l’indicazione della data e dell’ora (articoli 150 c.p.p e 60 del D.Lgs. 28/07/1989, n. 271).
VERBALE DI RELATA DI NOTIFICA.
Il giorno ______ del mese di ______ dell'anno ______ alle ore_____ nell'ufficio______ sede del ________
ubicato in ____________ avanti al sottoscritto è presente il _________________________ al quale viene
notificato, mediante consegna a mani dello stesso, il seguente atto: ptot. nr. ____________, emesso da
_____________ in data _________________________ avente per oggetto: __________________
Firma del soggetto che ha ricevuto la notifica. ________________________________________
Firma del soggetto che ha proceduto alla notifica. _____________________________________
Nel caso che il militare destinatario della notifica si fosse reso irreperibile, il Comandante
deve inviare la comunicazione di notifica al Segretario del Comune di residenza
dell’interessato, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o consegnata a mano con
rilascio di ricevuta, per l’affissione all’albo pretorio comunale.
Copia della comunicazione deve essere inviata anche all'ente che ha emesso il
provvedimento da notificare, per la custodia agli atti.
OGGETTO: richiesta di affissione all’albo del Comune di ___________ della comunicazione inerente al
(grado, cognome e nome, dati anagrafici del militare irreperibile)
AL SIGNOR SEGRETARIO DEL COMUNE DI
e, per conoscenza : ________________________
___________
___________
Questa Amministrazione deve provvedere alla notifica al nominato in oggetto, che risulta residente in codesto
comune in via ………..n……. del provvedimento n………….in data …… emesso da ………..
Il documento in questione può essere ritirato presso questo Ufficio/Comando nei giorni feriali dalle ore …… alle
ore ……. previo accordi diretti (telefono n. ).
Tenuto conto che l'interessato risulta irreperibile si chiede alla S.V. di voler disporre l'affissione della presente
comunicazione all'albo pretorio di codesto Comune.
Si gradirà un cortese cenno di ricevuta della presente, nella quale dovrà essere indicata la data di avvenuta
pubblicazione.
Si ringrazia per la collaborazione.
IL COMANDANTE
7
In caso di cambio di dipendenza dell’indagato o imputato, l'autorità cedente invia gli atti al
reparto presso il quale l'interessato è stato trasferito ed informa la Direzione Generale per
il Personale Militare - III Reparto - 7^ Divisione.
Durante l’iter processuale, l’Autorità militare preposta a seguire gli sviluppi del
procedimento deve acquisire, presso l’Autorità Giudiziaria che procede, copia:
- dell'eventuale provvedimento restrittivo della libertà personale e, successivamente,
dell’eventuale atto di revoca o di annullamento;
- della richiesta di rinvio a giudizio emessa dal Pubblico Ministero o dell’informativa
che lo stesso Pubblico Ministero invia all’Amministrazione;
- del decreto/ordinanza di rinvio a giudizio o di non luogo a procedere;
- della citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero nel rito monocratico;
- delle sentenze emesse nei vari gradi del giudizio o di altro provvedimento
conclusivo emesso dall’Autorità Giudiziaria.
I citati atti, muniti del timbro di assunzione a protocollo, devono essere inviati, oltre che
alle autorità previste dalle disposizioni interne di Forza Armata, anche al Ministero della
Difesa - Direzione Generale del Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione.
A conclusione del procedimento penale, il Comandante di Corpo deve provvedere
all’acquisizione di una copia integrale della sentenza, munita del visto di conformità
all'originale e dell'annotazione della data di irrevocabilità, o di altro provvedimento
conclusivo, ed avviare immediatamente il conseguente esame, ai fini disciplinari, del
giudicato penale (all. B/1).
L’ESERCIZIO DELLA POTESTÀ DISCIPLINARE.
La violazione dei doveri della disciplina militare comporta l'applicazione di sanzioni
disciplinari di stato o sanzioni disciplinari di corpo.
In ossequio al generale principio di gradualità nell'esercizio della potestà disciplinare,
quando viene rilevata un’infrazione occorre preliminarmente valutare se essa sia
riconducibile nell'ambito della potestà sanzionatoria di corpo, oppure se la sua gravità
richieda l'esercizio dell'azione disciplinare di stato, volta all'irrogazione di sanzioni
incidenti sul rapporto di impiego o di servizio e sullo status giuridico del militare.
In ogni caso, come si dirà in seguito, i Comandanti di corpo (ad eccezione degli Ufficiali
indicati nell’art. 75 - 1° e 2° comma - della legge 113/54) non hanno autonoma
competenza ad adottare provvedimenti disciplinari conseguenti a giudicati penali
(circ. n. 1980/1160 datata 12/6/1989 di UFFESERCITO), ma dovranno attendere l’esito
dell’esame del giudicato penale.
L'esercizio della potestà disciplinare è soggetta ad alcuni vincoli ineludibili:
- principio del né bis in idem: il Consiglio di Stato con sentenza n.3835/2000, ha
stabilito che non è possibile esercitare nuovamente il potere sanzionatorio per la
valutazione disciplinare di uno stesso fatto per il quale è già stata irrogata una sanzione
di corpo;
8
-
le sanzioni di corpo devono essere irrogate per infrazioni al Regolamento di Disciplina
Militare la cui rilevanza rimanga interna all'Istituzione Militare;
- le sanzioni di stato rispondono ad interessi più generali: sono adottate in caso di
comportamenti contrari al doveri connessi allo stato giuridico di militare in servizio
permanente, che ledono il prestigio dell’Istituzione, della categoria di appartenenza e la
dignità del grado rivestito.
Talvolta i Comandanti di corpo sanzionano le medesime condotte già denunciate
all'Autorità Giudiziaria ordinaria/militare, anche al di fuori dell'ipotesi di cui all'articolo
260, secondo comma del c.p.m.p..
Tale prassi deve essere possibilmente evitata in quanto, ove l'esito del procedimento
penale dovesse escludere la sussistenza del fatto e quindi della condotta sanzionata, la
sanzione irrogata si renderebbe del tutto illegittima ed imporrebbe all'amministrazione una
complessa procedura finalizzata al ritiro dell'atto, sicuramente onerosa e lesiva della
credibilità e del prestigio dell'Istituzione.
Il Comandante di corpo può sanzionare solo eventuali aspetti disciplinari collaterali
al fatto che ha originato il procedimento penale (es. art. 52 del RDM).
L’eventuale sanzione di corpo irrogata per il fatto criminoso oggetto del
procedimento penale preclude la possibilità di irrogare una sanzione di stato, per lo
stesso fatto, a conclusione dell’esame del giudicato penale.
Alla luce di tali principi assume un'importanza sostanziale la tempestiva e, soprattutto,
corretta valutazione di un fatto da parte del Comandante di corpo/Reparto, al fine di non
precludere il successivo esercizio della potestà sanzionatoria di stato che spetta al Vertice
d’Area.
Riguardo ai termini temporali per l’esercizio della potestà disciplinare, preliminarmente va
detto che può essere sanzionato il dipendente che ha commesso un’infrazione anche
remota nel tempo.
Infatti, a differenza di quanto vige nel sistema penale, non c’è una norma che ponga
espressamente un termine alla pretesa punitiva dell'Amministrazione.
Tuttavia, anche se è imprescrittibile l’illecito in sé, avuto riguardo al tempo in cui fu
commesso, è invece soggetto a prescrizione l'esercizio dell'azione disciplinare quando
siano contemplati per legge precipui termini per il suo avvio. In definitiva, ai fini della
tempestività dell'azione disciplinare, non rileva il momento in cui fu commessa la
mancanza, ma quello a decorrere dal quale l'Amministrazione può, in relazione allo stesso
fatto, esercitare la potestà sanzionatoria e cioè la conoscenza del fatto, per gli illeciti
disciplinari oppure la data di acquisizione della sentenza irrevocabile (o la data del
deposito in cancelleria del decreto di archiviazione) per le condotte sottoposte al
preventivo vaglio della magistratura.
9
LA RIUNIONE DI DIVERSI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI.
Diversi procedimenti disciplinari possono essere riuniti:
- in caso di corresponsabilità di più militari in ordine agli stessi fatti. Cioè in caso di
illeciti commessi da più persone in concorso tra loro, anche se con condotte
indipendenti che hanno contribuito a determinare lo stesso evento;
- se un militare si è reso responsabile di più illeciti commessi con una sola azione od
omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso. In tali casi è prevista l'irrogazione di un'unica sanzione, in relazione alla più
grave delle trasgressioni ed al comportamento contrario alla disciplina rilevato
complessivamente dalla condotta del militare;
- se, a seguito dello stralcio di alcuni capi di imputazione, la stessa vicenda sia oggetto di
più pronunciamenti dell’A.G. che si concludono (e vengono acquisiti dall’A.D.) in
tempi diversi. In tal caso, dovendo sanzionare il più grave degli illeciti, il procedimento
disciplinare dovrà essere avviato entro i termini prescritti con riferimento
all’acquisizione della sentenza relativa ai capi di imputazione più gravi; il giudizio
disciplinare sarà quindi sospeso fino ad allora, ove venga acquisita prima la sentenza
relativa ai capi d’imputazione meno gravi. Viceversa, ove sia stata già sanzionata
l’infrazione più grave, alla successiva acquisizione della sentenza relativa ai capi
d’imputazione più lievi, si procederà al relativo esame del giudicato penale
concludendolo senza ulteriori sanzioni.
La fattispecie, per i procedimenti disciplinari di stato, è prevista dalle rispettive leggi di
stato, mentre per quelli di corpo non è possibile operare alcuna riunione, in quanto vige il
principio del "giudice naturale" e, quindi, della competenza esclusiva dell'Autorità
investita della potestà disciplinare.
Quando nel medesimo procedimento penale sono coinvolti più Ufficiali e/o Sottufficiali, la
competenza a procedere all’esame del giudicato penale si determina con riferimento alla
dipendenza d’impiego del più elevato in grado o più anziano tra i coimputati.
Ad esempio, se una sentenza vede coimputati, per gli stessi fatti, un Maggiore in servizio
in un reparto delle FOTER ed un Capitano in servizio in un Ente dipendente
dall’Ispettorato Logistico, i rispettivi esami del giudicato penale saranno avviati dai
competenti Comandanti di corpo ed inoltrati lungo la linea gerarchica, per i pareri di rito,
fino al Vertice d’Area da cui dipende il più elevato in grado tra i coimputati, in questo
caso, il Comandante delle FOTER, che determinerà la proposta di definizione del
procedimento congiunto.
LE SANZIONI DISCIPLINARI DI CORPO.
Il Comandante di corpo, quale titolare del potere disciplinare nei confronti del personale
dipendente, ha facoltà di irrogare sanzioni di corpo per le violazioni della disciplina
militare e per i reati militari, punibili fino a sei mesi, per i quali egli abbia deciso di non
presentare la richiesta di procedimento.
Le sanzioni di corpo incidono sullo status del militare solo all’interno dell’organizzazione
stessa, limitando alcune sue facoltà o posizioni giuridiche e si prefiggono uno scopo
“educativo”.
10
Nessuna sanzione può essere inflitta senza contestazione degli addebiti (all. B/11 - 18)
e senza che siano state vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato.
La contestazione dell'addebito vale anche quale comunicazione di avvio del
procedimento.
All'inquisito deve essere sempre concesso il termine a difesa, a meno che non vi rinunci
per iscritto, per consentirgli di produrre memorie scritte e documenti. Tale termine non
può superare i 60 giorni, pari a 2/3 del termine massimo a disposizione del Comandante di
corpo per concludere il procedimento. Il citato termine di 90 giorni può essere ridotto
dall'Autorità che procede quando le esigenze istruttorie non ne richiedono l'intero utilizzo.
In tal caso il termine a difesa è commisurato ai 2/3 di quello minore indicato nella
comunicazione di contestazione dell'addebito. Quando il termine del procedimento sia
uguale o inferiore a 30 giorni, memorie scritte e documenti dovranno essere presentati
entro 10 giorni dall'inizio del procedimento, ex art. 6, comma 2, del D.M. n. 690/1996.
Per irrogare la consegna di rigore occorre anche sentire il parere di una commissione di tre
militari (di cui due di grado superiore ed uno pari grado) e l’interessato dev’essere assistito
da un difensore di fiducia o d’ufficio, di grado non superiore al più elevato in grado tra i
membri della commissione (art. 15, l. 382/78).
Le sanzioni di corpo sono disciplinate dal R.D.M. e consistono in:
richiamo: solo verbale, per lievissime mancanze, può essere inflitto da qualsiasi
superiore, anche non diretto;
rimprovero: è una dichiarazione di biasimo che compete alle autorità elencate
nell’all. B del R.D.M.; attiene a lievi violazioni dei doveri di servizio o a recidività in
comportamenti soggetti a richiamo;
consegna: è la privazione della libera uscita fino al massimo di 7 gg. consecutivi. Si
può anche scontare presso il proprio alloggio privato. Va comunicata per iscritto,
anche se diventa esecutiva già dal momento della comunicazione verbale
all’interessato;
consegna di rigore: comporta il vincolo di rimanere, fino al massimo di 15 giorni
consecutivi, in apposito spazio dell’ambiente militare o nel proprio alloggio.
Diversamente dalle altre sanzioni di corpo, per la consegna di rigore, il legislatore ha
previsto le condotte punibili (all. C del R.D.M.), a cui si aggiungono i “reati” per i quali il
C.te di corpo abbia deciso di non presentare richiesta di procedimento penale ed i fatti che,
a seguito di un giudizio penale, abbiano determinato l’instaurazione di un procedimento
disciplinare.
La normativa prevede la forma orale per gli atti del procedimento disciplinare, ma è
opportuno che almeno tre atti vengano redatti per iscritto, allo scopo di garantire
trasparenza all’azione disciplinare ed evitare possibili ricorsi: il rapporto, la
contestazione degli addebiti e la comunicazione del provvedimento finale (all. B/15).
11
Riguardo all’ipotesi di illegittimità costituzionale (art. 13 Cost.) dell’unica sanzione
disciplinare detentiva prevista dall’ordinamento italiano, questa è stata superata in virtù del
principio che il militare non dev’essere richiuso in una cella, ma ha l’ordine (obbligo
giuridico) di rimanere in un apposito spazio e deve ottemperare alle intimazioni di chi
deve condurlo in tale spazio e controllare che non ne esca (art. 14, l. 382/78 sulle “norme
di principio sulla disciplina militare”); se non ottempera è perseguibile penalmente per
disobbedienza o forzata consegna.
LE SANZIONI DISCIPLINARI DI STATO.
Le sanzioni di stato, previste dalla legge, incidono sullo status del militare e si applicano a
fatti inconciliabili con il permanere nell’ambito militare.
A differenza delle sanzioni di corpo, possono essere irrogate anche al personale in
congedo, in virtù della conservazione del grado e della qualità di militare (in tal caso la
competenza è del Distretto Militare che lo ha in forza).
Le sanzioni disciplinari di stato sono:
a. per gli Ufficiali (artt. 28, 29, 30, 52, 70 n. 4 della l. 10/4/54, n. 113):
- sospensione disciplinare dall'impiego da 2 a 12 mesi, per il personale in servizio
permanente;
- sospensione disciplinare dalle funzioni del grado, da 2 e 12 mesi, per il personale in
congedo (escluso il personale in congedo assoluto);
- perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, per tutte le categorie.
b. per i Sottufficiali (artt. 19, 20, 21, 48, 40 lett. c, 60, n. 6 - l. 31/7/54, n. 599):
- sospensione disciplinare dall'impiego, da 2 a 12 mesi, per il personale in servizio
permanente;
- sospensione disciplinare dalle attribuzioni del grado, da 2 a 12 mesi, per il
personale in congedo (escluso il personale in congedo assoluto);
- perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, per tutte le categorie.
c. per i Volontari in servizio permanente (artt. 48, 60 n. 6 della l. 31/7/54, n. 599;
artt. 26, 27 del D. Lgs. 12/5/95, n. 196):
- sospensione disciplinare dal servizio da 1 a 6 mesi;
- perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
d. per la truppa in ferma volontaria (VFB e VFP), (art.1, co. 6 l. 2.5.1969, n. 304;
art. 8 D.P.R. 2/9/1997, n. 332):
- proscioglimento dalla ferma;
- perdita del grado per rimozione, per motivi disciplinari.
Per quanto concerne in particolare i Volontari in ferma prefissata, il Decreto Legislativo
n. 197 del 19/8/2005 prevede la sospensione precauzionale (facoltativa ed obbligatoria), la
perdita del grado, previo giudizio della Commissione di Disciplina ed il proscioglimento,
su proposta del Comandante di corpo, per protratto insufficiente rendimento o per grave
mancanza disciplinare, ma non prevede la sospensione disciplinare dal servizio, come
sanzione di stato adottabile a seguito di inchiesta formale, né fa alcun esplicito riferimento
alla procedura disciplinare di stato (inchiesta formale) a seguito dell’esame del giudicato
penale o per “fatti di notevole gravità”.
12
L’art. 1, co.7 del provvedimento legislativo stabilisce che “per quanto non diversamente
disposto dal D.L.vo., ai VFP si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni in
materia di stato ed avanzamento relative ai VSP”.
Inoltre, l’art. 26, co.7 bis del decreto n. 196/95 prescrive che la sospensione disciplinare si
applica, per quanto compatibile, anche ai VFB o in rafferma.
Ne discende che, per quanto compatibili, le normative disciplinari dovrebbero diventare
omogenee per tutte le categorie di Volontari, pur tenendo conto delle evidenti difficoltà di
applicazione delle procedure disciplinari di stato in modo indistinto.
In atto sono allo studio dello SME alcune modifiche al citato Decreto Legislativo n. 197 del
19/8/2005, non solo in materia disciplinare, che potranno essere apportate con un decreto
integrativo.
LA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO O DALL’IMPIEGO.
Occorre distinguere tra diversi tipi di sospensione dal servizio o dall’impiego:
la sospensione dal servizio o dall’impiego può avere carattere precauzionale
(obbligatoria o facoltativa), disciplinare o penale.
La sospensione precauzionale è obbligatoria in caso di provvedimento restrittivo della
libertà personale.
La sospensione disciplinare è inflitta previa inchiesta formale.
Nei confronti del militare a carico del quale è emesso e convalidato un ordine di custodia
in carcere o gli arresti domiciliari, la sospensione precauzionale (sosp. obbligatoria) è
decretata dalla Direzione Generale per il Personale Militare e decorre dalla data in cui
l’interessato è stato privato della libertà personale.
La sospensione viene revocata se interviene una sentenza definitiva che dichiari che il fatto
non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o se il procedimento disciplinare si
conclude senza sanzioni di stato.
Il militare imputato per un reato dal quale possa derivare una condanna che comporti la
perdita del grado o che sia sottoposto ad un procedimento disciplinare per fatti di notevole
gravità, può essere sospeso precauzionalmente (sosp. facoltativa) dal servizio fino
all’esito del procedimento penale e/o disciplinare e comunque fino al massimo di 5 anni.
La sospensione disciplinare facoltativa dall’impiego può essere inflitta per fatti di notevole
gravità (art. 20 l. 599/1954. ed art. 26 D.Lgs. 196/1995), anche se il procedimento
disciplinare non scaturisce da un giudicato penale.
Nei casi di militari riammessi in servizio per aver superato il termine di sospensione dei 5
anni, l’effetto giuridico è retroattivo (riammissione dalla data di fine periodo di 5 anni), ma
agli effetti amministrativi, lo stipendio decorre dalla data di effettiva riammissione in
servizio.
Fa eccezione il caso (per fatti gravi) in cui prima del superamento dei cinque anni, si apra
un procedimento disciplinare vero e proprio, con la notifica della contestazione degli
13
addebiti entro 40 giorni, sospendendolo contestualmente ai sensi dell’art. 117 DPR 3/57
(che preclude la celebrazione contemporanea dei due procedimenti, penale e disciplinare).
In tal modo la sospensione facoltativa dal servizio, disposta in pendenza di procedimento
penale, viene sostituita da una sospensione facoltativa dal servizio disposta in pendenza di
procedimento disciplinare (sent. Corte Costituzionale n. 447 del 24/10/95).
La proposta di sospensione costituisce un atto endoprocedimentale ed eteronomo, privo di
efficacia autonomamente lesiva degli interessi legittimi del soggetto, in quanto non
vincolante per l’Autorità cui compete l’emissione dell’atto definitivo (determinazione
ministeriale) e pertanto non è autonomamente impugnabile, ma è buona regola darne
comunicazione all’interessato, consentendo un termine di 20 gg. per le eventuali discolpe.
In tal modo si assolve anche all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento
(art. 7 e segg. l. 241/90).
La sospensione disciplinare è inflitta previa inchiesta formale e decorre dalla data di
notifica del provvedimento.
La condanna a pena detentiva di almeno un mese comporta la sospensione penale durante
il periodo di espiazione della pena.
Nei casi in cui la condanna a pena detentiva comporti la pena accessoria della sospensione
del grado, interviene la cessazione dal servizio.
La cessazione dal servizio per perdita del grado è la massima sanzione di stato.
Per gli Uff.li (art. 70 l. 113/54), va inflitta previo parere di un Consiglio di Disciplina ed
assume la forma di DPR.
Per i Sott.li e VSP ( art. 60 l. 599/54) è disposta previo giudizio di una Commissione di
Disciplina ed assume la forma di decreto ministeriale.
SOSPENSIONE A SEGUITO DI
COERCITIVE ED INTERDITTIVE.
MISURE
CAUTELARI
PERSONALI
Il personale militare sottoposto a provvedimenti restrittivi della libertà personale
(ordinanza di custodia cautelare in carcere o in luogo di cura o arresti domiciliari),
convalidati dall’ Autorità Giudiziaria, deve essere obbligatoriamente sospeso a decorrere
dalla data d’inizio della misura restrittiva e fino alla sua revoca.
In caso di annullamento della misura restrittiva, viene annullato anche il provvedimento di
sospensione obbligatoria.
Il militare rimesso in libertà dovrà esibire al proprio Comandante di corpo, copia del
provvedimento di scarcerazione. Il Comandante, verificata la veridicità ed autenticità del
documento, dovrà inviarlo tempestivamente alla DGPM - III Reparto - 7^ Div. per il
riesame della posizione di stato e di servizio (entro 180 giorni dalla rimozione della causa
impeditiva a prestare servizio), proponendo eventualmente l’adozione di un
provvedimento di sospensione cautelare discrezionale, ove ne ricorrano gli estremi di
pregiudizio per la funzionalità e regolarità del servizio e per le esigenze di decoro
dell’Istituzione.
In quest’ultimo caso il Comandante di corpo dovrà dare all’interessato comunicazione di
avvio del procedimento amministrativo, ai sensi degli artt. 7 ed 8 della l. 241/90 e
dell’art. 5 del D.M. 16/9/93 n. 603, invitandolo a prendere visione degli atti e presentare
14
memorie difensive entro dieci giorni dalla notifica della comunicazione stessa (vedasi
esempio a pag. 18).
Copia della suddetta comunicazione e dei pareri della linea gerarchica sovraordinata
dovranno essere inviati alla DGPM - III Reparto - 7^ Div., per le decisioni finali circa la
reiterazione del provvedimento cautelare a titolo “facoltativo”.
Il militare in stato di carcerazione o limitazione della libertà personale, rimane nella
forza assente (extraorganica) del proprio reparto e transita nella forza assente del
Distretto Militare di appartenenza solo dalla data di remissione in libertà, fino alla
determinazione ministeriale sulla posizione di stato (let. nr. 0665/095/N.C.L. datata
6/10/2004, di SME DIP).
Tale disposizione, tuttora in vigore, è stata oggetto di una proposta di variante formulata
da questo Comando, in aderenza a quanto previsto dagli artt. 65 e 75 del R.A.U., ancora
all’esame delle Autorità competenti.
Occorre comunque tener presente che la potestà disciplinare nei confronti del personale
militare transitato nella forza assente dei DM (e quindi l’esame del giudicato penale) viene
trasferita al Comandante del Distretto, al quale devono essere inviati tutti gli atti giudiziari
acquisiti.
Nel caso che nei confronti del suddetto personale, prima del passaggio nella forza assente
del Distretto Militare, sia già stato avviato il procedimento disciplinare di stato (inchiesta
formale), mediante notifica della contestazione degli addebiti da parte dell’Ufficiale
Inquirente, questi deve concludere l’inchiesta ed inviare gli atti con la proposta finale
all’Ispettorato RFC, per le valutazioni di competenza, dandone conoscenza al Comandante
delle FOTER.
Il militare imputato di reati contro la Pubblica Amministrazione (peculato,
corruzione, concussione), deve essere trasferito ad un ufficio diverso da quello in cui
era in servizio al momento del fatto (art. 3, l. 97/2001).
Appena avuta conoscenza del rinvio a giudizio per uno dei reati in argomento, il
Comandante dovrà ottemperare all’obbligo di legge, trasferendo il militare ad un ufficio
diverso ma con attribuzione di funzioni corrispondenti per inquadramento, mansioni e
prospettive di carriera a quelle svolte in precedenza, dandone conoscenza alla linea
gerarchica, al competente ufficio impiego del Personale presso lo S.M.E. ed alla DGPM III Reparto - 7^ Div.
Qualora, in ragione della qualifica rivestita o per motivi organizzativi, non sia possibile
attuare il trasferimento ad altro ufficio, il dipendente può essere posto in disponibilità o in
aspettativa, ma in tal caso egli conserva per intero il trattamento economico in godimento,
con esclusione degli emolumenti strettamente legati alla presenza in servizio.
15
Nel caso di condanna, anche non definitiva, per i reati di peculato, corruzione o
concussione, l’art. 4 della l. 97/2001 prescrive la sospensione dal servizio (il
provvedimento è adottato dalla DGPM/III/7^).
Tale norma non si applica agli analoghi reati previsti dal codice penale militare.
In caso di successiva assoluzione, anche non definitiva o di proscioglimento o decorsi
cinque anni dall’inizio della sospensione, questa perde efficacia.
Nel caso di emissione da parte dell’ Autorità Giudiziaria, di un’ordinanza di sospensione
dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.), il Comandante di corpo del
militare sottoposto a misura interdittiva, dopo aver rimosso con immediatezza l’interessato
dall’incarico ricoperto, deve:
•
informare, per le vie gerarchiche, il competente ufficio impiego del personale dello
S.M.E., per il reimpiego;
•
inviare a mezzo fax, alla DGPM - III Reparto - 7^ Div., copia dell’ordinanza ed il
parere circa eventuali esigenze di sospensione cautelare obbligatoria (se la misura
interdittiva concerne tutte le attività inerenti il rapporto d’impiego o di servizio) o
facoltativa (se l’interdizione è limitata solo ad alcune attività).
LA SOSPENSIONE PRECAUZIONALE OBBLIGATORIA.
La durata della sospensione precauzionale obbligatoria è legata alla durata della misura
restrittiva della libertà personale, che priva il militare dalla possibilità di prestare servizio,
ovvero alla conclusione del procedimento penale nei casi previsti dalla legge 27 marzo
2001, n. 97. La sua estinzione non è però automatica.
La sospensione obbligatoria continua a produrre l'effetto di tenere l'interessato sospeso dal
servizio, fino a quando il relativo provvedimento non viene rimosso, con la conseguenza
che, intervenuta la scarcerazione o il passaggio in giudicato della sentenza nei casi previsti
dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, la sospensione non cessa, ma sorge in capo al militare
sospeso una posizione di interesse legittimo alla riammissione in servizio ed in capo
all'Amministrazione l'obbligo di valutare la relativa posizione disciplinare di stato,
eventualmente adottando un provvedimento di sospensione precauzionale discrezionale
(anche su proposta della linea di Comando) ovvero di sospensione disciplinare
dall’impiego nei casi previsti dalla legge 27 marzo 2001, n. 97.
E’ quindi necessario un procedimento amministrativo che:
- in caso di intervenuta scarcerazione prenderà la forma sopradescritta;
- per quanto riguarda le sentenze irrevocabili nei casi previsti dalla legge 27 marzo 2001,
n. 97 prenderà la forma di esame del giudicato penale ed eventualmente quello di
procedimento disciplinare di stato.
16
LA SOSPENSIONE PRECAUZIONALE DISCREZIONALE.
Si tratta di un “procedimento complesso”, cioè distinto in più “fasi”, il cui responsabile
complessivo, per il coordinamento ed il controllo, è il Capo dell’unità organizzativa a cui
compete la preparazione dell’atto finale, che nella fattispecie è il Direttore della 7^
Divisione della Direzione Generale per il Personale Militare, mentre sono responsabili
delle singole fasi istruttorie i Comandanti ai vari livelli sulla linea gerarchica del militare
interessato.
Qualora il Comandante di corpo riceva dall’Autorità Giudiziaria o acquisisca in altro
modo (anche per effetto delle comunicazioni che il militare ha l’obbligo di fare in
applicazione dell’articolo 52 del Regolamento di Disciplina Militare, ovvero da altro
Comando/Reparto) notizie circa fatti che possono portare all’emanazione di un
provvedimento di sospensione precauzionale discrezionale deve provvedere a:
a) comunicare all’interessato (vedasi esempio a pag. 18), e per conoscenza al Ministero
della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione
(inviando a quest’ultima anche i documenti in relazione al quale si avvia il
procedimento), l’avvio del procedimento amministrativo di esame della posizione
disciplinare di stato in relazione ai fatti a lui contestati ed in applicazione della legge di
stato della categoria/ruolo corrispondente. In tale comunicazione personale, redatta ai
sensi degli articoli 7, 8 (integrato dal 3° comma dell’articolo 5) e 10 della legge 7
agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 6 del Decreto Ministeriale 16 settembre 1993,
n. 603, dovrà obbligatoriamente riportare le seguenti indicazioni:
- l’ufficio dove si può prendere visione degli atti e presentare memorie scritte e
documenti relativi al procedimento, sia nell’ambito della fase di sua pertinenza, sia
nell’ambito del procedimento complessivo: Ministero della Difesa – Direzione
Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Div., che coincide con l’unità
organizzativa competente alla predisposizione dell’atto finale;
- il nominativo del responsabile della singola fase del procedimento di sua
competenza;
- il nominativo del responsabile del procedimento complesso: Direttore della 7^
Divisione della Direzione Generale per il Personale Militare del Min. della Difesa;
- i termini massimi entro i quali l’inquisito ha il diritto di presentare memorie scritte
e documenti, nell’ambito della propria fase: due terzi di quello stabilito per la
durata della fase;
- i termini massimi entro i quali l’inquisito ha il diritto di presentare memorie scritte
e documenti presso il responsabile del procedimento complessivo: due terzi (140
giorni) di quello stabilito per la durata del procedimento (quest’ultimo fissato dalla
tabella F, n. 3, del Decreto Ministeriale 16 settembre 1993, n. 603 in 210 giorni);
17
esempio di comunicazione di avvio del procedimento:
OGGETTO: 1° C.le Magg. _______________ effettivo al ____________.
Proposta di sospensione precauzionale facoltativa dal servizio.
Al
1° C.le Magg. _______________
SEDE
e, per conoscenza:
MINISTERO DELLA DIFESA
DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE
III REPARTO - 7^ DIVISIONE
ROMA
COMANDO BRIGATA ___________
______
^^^^
1. Ai sensi degli art. 7, 7 e 10 della l. 241/90 e degli artt. 5 e 6 del D.M. 16/9/1993 n. 603, Le
comunico di aver avviato un procedimento amministrativo di esame della posizione
disciplinare di stato della S.V. in relazione ai fatti che hanno originato il procedimento penale a
suo carico, registrato presso il Tribunale di __________ col n. ________/RGNR .
2. Il responsabile dell’attuale fase del procedimento è il ______________, presso il cui ufficio
potrà prendere visione degli atti e presentare memorie scritte entro il _______.
3. Il responsabile del procedimento complessivo è il Direttore della 7^ Divisione della Direzione
Generale per il Personale Militare presso il Ministero della Difesa, in Roma.
4. Per la Dir. Gen,. per il Personale Militare si allegano i seguenti documenti, inerenti ai fatti in
argomento:
__________
__________
IL COMANDANTE
b)
dopo aver valutato le memorie ed i documenti eventualmente presentati dal militare
interessato il Comandante di corpo deve:
- predisporre ed inviare al livello gerarchico superiore, e per conoscenza al M.D. Direzione Generale per il Personale Militare - III Reparto - 7^ Divisione, un
motivato parere/proposta corredato della documentazione a base della stessa;
- notificare contestualmente al militare interessato l’invio degli atti che lo
riguardano al Comandante sovraordinato, responsabile della fase successiva ed al
responsabile del procedimento complessivo.
I Comandanti gerarchici intermedi fino al Comandante del Vertice d’Area competente,
ciascuno tempestivamente dalla ricezione degli atti del procedimento, sulla base della
documentazione acquisita e del parere/proposta del livello gerarchico inferiore e valutate
le memorie ed i documenti eventualmente presentati dal militare interessato, dovranno:
- predisporre ed inviare al livello gerarchico superiore, e per conoscenza al Ministero
della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^
Divisione, il proprio parere/proposta, motivando anche l’eventuale discostamento dai
pareri/proposta dei livelli gerarchici inferiori;
- notificare, contestualmente, al militare interessato che gli atti che lo riguardano sono
stati inviati al Comandante superiore nella linea gerarchica, responsabile della fase
successiva ed al responsabile del procedimento complessivo.
I pareri/proposta devono essere corredati da una circostanziata motivazione, sia in termini
tecnico-giuridici che in termini di “opportunità”, riguardo alla:
18
-
gravità degli illeciti penali o dei gravi fatti contestati al militare in relazione ai valori che
contraddistinguono lo status di militare ed ai requisiti di rettitudine morale richiesti allo
stesso militare;
- effettiva sussistenza delle esigenze cautelari di non turbare il regolare e corretto
svolgimento della funzione istituzionale del militare, non consentendogli di operare
con la dovuta credibilità ed in armonia con i superiori ed il personale dipendente;
- esistenza, eccetto che per gli Ufficiali, di una imputazione dalla quale possa derivare la
perdita del grado.
Il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^
Divisione, unità organizzativa responsabile della preparazione dell’atto finale che conclude il
procedimento, valutate le memorie scritte presentate dall’interessato, predisporrà gli atti
necessari all’emanazione del provvedimento finale che dovrà intervenire entro 210 giorni
(termine perentorio fissato dal D.M. 16/9/93, n. 603) dalla comunicazione di avvio del
procedimento effettuata dal Comandante di Corpo.
esempio di parere – proposta di sospensione precauzionale facoltativa:
COMANDO _____________________________________
IL COMANDANTE
VISTO
il Decreto Legislativo del 12 maggio 1995, n. 196;
PRESO ATTO
che il 1° C.le Magg. _______________, con sentenza n. ____________ R.G.G.N. del
_________, contro la quale l’imputato ha proposto appello, è stato condannato dal
Tribunale Ordinario di ________, per i reati previsti e puniti dagli artt. 110, 605, 61
n.2, 609 octies e 609 bis c.p., alla pena di due anni, otto mesi e venti giorni anni di
reclusione ed all’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici;
RILEVATO
che a seguito della revoca degli arresti domiciliari, disposta dall’ A.G. in data 7/2/05,
in relazione ai fatti ascritti, è venuto meno il presupposto normativo della
sospensione precauzionale obbligatoria;
TENUTO CONTO
che la condanna definitiva per i fatti che hanno originato il procedimento penale ed il
conseguente procedimento disciplinare potrebbero comportare la perdita del grado;
VALUTATO
che il comportamento del Volontario configuri un fatto di notevole gravità,
incompatibile con i doveri connessi allo stato di militare rivestito di un grado, che ha
avuto notevole risonanza sulla stampa nazionale, arrecando un grave danno
all’immagine della Forza Armata;
RITENUTO
che la permanenza in servizio del Volontario non assicurerebbe le esigenze di decoro
dell’Istituzione e la funzionalità e regolarità del servizio;
CONSIDERATO
che la parte offesa è tuttora in servizio effettivo nello stesso Reggimento, di cui fa
parte una significativa componente femminile e tenuto conto della personalità del
Volontario e del concreto turbamento che, con la sua riammissione in servizio, si
rifletterebbe sull’attività d’istituto,
PROPONE
che nei confronti del 1° C.le Magg. ____________ sia disposta la sospensione precauzionale facoltativa dal
servizio, ai sensi dell’art. 26 del Decreto Legislativo del 12 maggio 1995, n. 196.
IL COMANDANTE
19
RIESAME DELLA POSIZIONE DI STATO DEL PERSONALE MILITARE
SOSPESO PRECAUZIONALMENTE.
Il riesame della posizione di stato del personale militare sospeso precauzionalmente può
essere effettuato a seguito della cessazione della causa ostativa alla prestazione del
servizio (detenzione), oppure a seguito di istanza di revoca dell’interessato, prima della
conclusione del procedimento penale che lo riguarda e per il quale fu sospeso.
Le procedure da seguire, in ciascun caso, sono le seguenti:
a. riesame a seguito della cessazione della causa ostativa alla prestazione del servizio;
- il procedimento si deve sviluppare entro il termine di 180 giorni a decorrere dalla
cessazione dello stato di detenzione. Qualora questo termine fosse superato il
militare deve essere riammesso in servizio, con decreto ministeriale, dalla data di
cessazione della causa ostativa alla prestazione del servizio;
- la documentazione dell’Alto Comando deve pervenire al Ministero della Difesa –
Direzione Generale per il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione non oltre
il centocinquantesimo giorno dalla cessazione dello stato di detenzione.
Il procedimento si conclude con un decreto ministeriale che riammette in servizio il
militare, decorrente dal giorno successivo alla cessazione della causa ostativa al
servizio, ovvero, con un decreto ministeriale di commutazione della sospensione
precauzionale obbligatoria in sospensione precauzionale discrezionale.
b. riesame a seguito di istanza dell’interessato;
- il procedimento è analogo e si deve concludere, entro 210 giorni dalla
presentazione dell’istanza (termine fissato dalla tabella F del Decreto Ministeriale
16 settembre 1993, n. 603), con un decreto ministeriale di riammissione in servizio
del militare, decorrente dalla data di notifica del decreto, ovvero, con un atto
confermativo della vigente sospensione precauzionale.
- la documentazione dell’Alto Comando deve pervenire alla Direzione Generale per
il Personale Militare – III Reparto – 7^ Divisione non oltre il centottantesimo
giorno dalla data di presentazione dell’istanza.
RAPPORTO TRA LE SANZIONI DI STATO E LE SANZIONI DI CORPO.
A differenza delle sanzioni di corpo, le sanzioni di stato incidono sullo status del militare,
anche se solo temporaneamente, come nel caso della sospensione.
Tali sanzioni si applicano a fatti inconciliabili con il permanere nell’ambito militare e si
irrogano a seguito di inchiesta formale disciplinare.
Ad un medesimo fatto non possono applicarsi entrambe le sanzioni disciplinari, di corpo e
di stato: di volta in volta deve essere attentamente valutata la gravità dei fatti e deciso
quale dei due tipi di sanzione disciplinare adottare, considerando che l’irrogazione della
sanzione di corpo preclude l’eventuale irrogazione di sanzioni di stato per lo stesso fatto
(Cons. Stato, sez. IV, 7/7/2000 n. 3835).
20
Nel contesto delineato conserva piena validità la direttiva del Capo di SME
(lettera n. 2322/094/5010/IV datata 15/9/97) inerente alla immediata sanzione delle
responsabilità per fatti “collaterali” a quelli di valenza penale, che non costituiscono reati
ma possono avere riflessi sul servizio (lo stato di ebbrezza, un contegno non rispettoso
delle norme di civile convivenza, la mancata o ritardata comunicazione al Comando di
appartenenza degli eventi previsti dall’art. 52 del R.D.M., come ad esempio l’avvio di un
procedimento penale a proprio carico).
RAPPORTO TRA LE SANZIONI PENALI E LE SANZIONI DI CORPO.
La sanzione penale e la consegna di rigore non sono da ritenersi pene alternative.
I due tipi di sanzione possono cumularsi; l’unica condizione è che i due procedimenti
(penale e disciplinare) non possono essere celebrati contemporaneamente: quello
disciplinare deve essere sospeso quando inizia il procedimento penale (art. 117 del DPR n.
3/1957), che avviene con il rinvio a giudizio (art. 405 c.p.p.), con cui il soggetto acquisisce
la qualità di imputato.
Una volta concluso il procedimento penale, quello disciplinare deve proseguire.
Con la circ. n. MDGMIL_040040746/III/7/1 datata 25/5/2005, diramata dalla D.G.P.M è
stata abrogata la disposizione prevista dalla circ. 90091/85-d datata 21/10/1985 di
SOTTUFFESERCITO che prevedeva, tra l’altro, che in caso di condanna inflitta dal
giudice militare per reati contro la “disciplina ed il servizio”, non potevano infliggersi, per
lo stesso fatto, sanzioni disciplinari di corpo,bensì solo sanzioni di stato.
Pertanto ora, in presenza di una condanna del giudice militare per reati attinenti il servizio
o la disciplina, è possibile irrogare sia sanzioni disciplinari di corpo che di stato.
L’APPLICAZIONE DELLE PENE ACCESSORIE ALLE CONDANNE PENALI.
Occorre distinguere tra i diversi casi di applicazione ed esecuzione delle pene accessorie
che possono essere irrogate dall’Autorità Giudiziaria:
a)
Sentenze con pene militari accessorie e pena principale non sospesa.
L’applicazione della pena accessoria militare è compito esclusivo del giudice penale
e la legge riserva all’Amministrazione solo l’esecuzione ai fini amministrativi della
sentenza di condanna. Le pene accessorie militari posso essere:
- la degradazione (28 cpmp) è una pena militare accessoria e consegue alla
condanna all'ergastolo, alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni, alla
dichiarazione di abitualità o professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a
delinquere pronunciata contro militari in servizio alle armi o in congedo per reati
militari, nonché per condanna alla reclusione che, a norma della legge penale
comune, importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
21
b)
La degradazione è perpetua e priva il condannato della qualità di prestare
qualunque servizio incarico od opera per le Forze Armate dello Stato e comporta
la rimozione dal grado e la risoluzione del rapporto di impiego o di servizio, se
trattasi di militare in servizio. La stessa decorre dal giorno in cui la sentenza è
divenuta esecutiva. Tale pena si applica, anche nella posizione di congedo
assoluto, ai militari appartenenti alle categorie degli ufficiali, dei sottufficiali, e
dei militari di truppa graduati già vincolati a obblighi speciali. La citata pena
accessoria non trova invece applicazione nei confronti dei militari in congedo
assoluto appartenenti alle categorie dei caporal maggiori e caporali e per la marina
ai comuni di classe superiore all'ultima.
L’esecuzione di una degradazione si traduce nella mera cancellazione dal ruolo di
appartenenza del militare condannato e nella conseguente perdita dello status di
militare, attività vincolata, perché disposta direttamente dal giudice.
Allorquando la sentenza di condanna comporta la pena militare accessoria della
degradazione e la stessa non è applicata in sentenza, il Comandante di corpo
dell’interessato comunica alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte
di Appello dove è stata emessa la sentenza di secondo grado o alla Procura della
Repubblica, se il procedimento si è concluso in primo grado, lo status di militare
del condannato per l’applicazione degli articoli 28 e 33 del c.p.m.p..
Il Pubblico Ministero chiederà al giudice dell’esecuzione il provvedimento di
applicazione della pena militare accessoria della degradazione e l’emanazione
dell’ordine di esecuzione della pena accessoria.
- la rimozione (29 cpmp) si applica a tutti i militari rivestiti di un grado o
appartenenti ad una classe superiore all'ultima. Tale pena, consegue nei casi
previsti dagli articoli 29 e 33 n. 2 del c.p.m.p., è perpetua e consiste nella
privazione del militare condannato del grado facendolo discendere alla condizione
di semplice soldato o di militare di ultima classe.
In particolare, con riferimento alla rimozione, si precisa che essa è applicabile in
via amministrativa (d’ufficio) solo se al condannato non è stato concesso il
beneficio della sospensione condizionale della pena principale (artt. 28, 29 e 33
c.p.m.p.).
La rimozione non comporta "ope legis" la risoluzione del rapporto di impiego per
risolvere il quale il militare deve essere sottoposto ad inchiesta formale e
successivo consiglio o commissione di disciplina, secondo le rispettive leggi sullo
stato e deve essere ritenuto non meritevole di conservare il grado (Corte
Costituzionale sentenza n. 363 del 17-30 ottobre 1996 -g.u. n. 45 del 1996).
La legge anche in questo caso riserva all’amministrazione solo l’esecuzione e non
l’applicazione della pena accessoria che si concretizza nella cancellazione dal
ruolo di appartenenza del militare condannato. Se il militare è stato condannato
per un reato che comporta anche la pena accessoria della rimozione, ma la stessa
non è stata applicata in sentenza, il Comandante di corpo del militare condannato
segue la procedura di cui al precedente alinea.
Sentenze con pene militari accessorie e pena principale sospesa.
Qualora sia irrogata in sentenza una pena militare accessoria ma vengono concessi i
benefici di legge, tra i quali la sospensione della pena principale, la sospensione si
estende anche alla pena accessoria della rimozione. In tale caso occorre porre in
essere gli accertamenti preliminari finalizzati all'eventuale instaurazione di un
22
c)
d)
procedimento disciplinare di stato per la valutazione della condotta dell'interessato
(c.d. Esame del Giudicato Penale ai fini disciplinari).
Sentenze pene accessorie non militari e pena principale sospesa.
Qualora sia irrogata una interdizione dai pubblici uffici o altra pena accessoria con
pena principale sospesa, occorre porre in essere gli accertamenti preliminari
finalizzati all'eventuale instaurazione di un procedimento disciplinare di stato per la
valutazione della condotta dell'interessato (c.d. Esame del Giudicato Penale ai fini
disciplinari).
Nel caso di sentenze di condanna per reati che non prevedono né la rimozione né
l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o altra pena accessoria, alla pronuncia
dell'Autorità Giudiziaria deve seguire la valutazione, sotto il profilo disciplinare, della
condotta dell'interessato (c.d. Esame del Giudicato Penale ai fini disciplinari).
Durante l'espiazione della pena, si procede ugualmente all'esame del giudicato penale
ai fini disciplinari, pur in vigenza della sospensione penale dall'impiego o dalle
funzioni del grado.
RICORSI, ISTANZE DI RIESAME ED ESERCIZIO DELL’AUTOTUTELA.
La sanzione disciplinare di Corpo può essere annullata in seguito ad:
accoglimento del ricorso gerarchico, nell'ambito del quale possono essere fatti valere
anche vizi di merito;
esercizio del potere di riesame in autotutela o ad istanza di parte;
accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o del ricorso al
TAR con sentenza passata in giudicato.
La sanzione disciplinare di stato può essere annullata in seguito ad:
accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o del ricorso al
TAR, con sentenza passata in giudicato;
esercizio del potere di riesame in autotutela o ad istanza di parte.
Avverso la sanzione di Corpo è consentito proporre ricorso gerarchico, entro 30 giorni,
all’autorità immediatamente superiore a quella che ha adottato il provvedimento, la quale
ha 90 giorni di tempo dalla ricezione del ricorso per decidere in merito.
Il ricorrente, può proporre ricorso giurisdizionale al T.A.R o ricorso al Presidente della
Repubblica (art. 16, 2° co. l. 382/78), contro la decisione sul ricorso gerarchico ovvero
contro la sanzione impugnata, in caso di mancata risposta nel termine prescritto.
L’onere di adire il giudice amministrativo solo dopo aver esperito il ricorso gerarchico
riguarda solo l’ordinamento militare, ma non investe la legittimità del ricorso
amministrativo; in questo caso il ricorrente agirebbe correttamente da un punto di vista
processuale, ma violerebbe un dovere di disciplina militare.
L’istanza di riesame (art. 71 R.D.M.) di una sanzione di Corpo può essere proposta in
qualsiasi tempo, solo in presenza di “nuove prove” in grado di escludere o ridurre la
responsabilità dell’incolpato. In tal caso, l’onere della prova incombe sull’interessato.
La decisione sull’istanza di riesame deve essere adottata entro 30 giorni, prorogabili con
atto formale motivato e notificato all’interessato. Essa può essere impugnata con ricorso
gerarchico, giurisdizionale o straordinario, analogamente al provvedimento disciplinare
pregresso.
23
L’Autorità competente alla trattazione dell’istanza di riesame o del ricorso gerarchico si
identifica rispettivamente con l’organo della P.A. (non con la persona fisica) che ha
irrogato la sanzione o ad essa sovraordinato.
In caso di soppressione dell’organo che irrogò la sanzione o in caso di cambio di
dipendenza, l’Autorità compente si identifica con l’organo che subentra nei rapporti
giuridici ed amministrativi delle corrispondenti Autorità originarie, secondo le disposizioni
ordinative emanate dal Vertice competente.
Nell’ambito dell’esercizio dell’autotutela, l’Autorità competente (quella che ha irrogato la
sanzione o quella ad essa gerarchicamente sovraordinata), può annullare o modificare una
sanzione di Corpo, con provvedimento che dovrà essere inviato alla D.G.P.M. – 7^
Divisione Disciplina, per il prescritto controllo di opportunità e legittimità.
L’adozione di un provvedimento di modifica o annullamento di una sanzione di Corpo
risulta applicabile a casi molto limitati.
In particolare, bisogna tener presenti i seguenti criteri di base:
- i presupposti per l’annullamento di una sanzione disciplinare consistono
essenzialmente nell’esistenza di un vizio di legittimità e/o di merito, originario o
sopravvenuto, nonché dalla presenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale,
all’eliminazione dell’atto e non dalla semplice reintegrazione dell’ordine giuridico
violato;
- costituiscono vizi di legittimità, tra gli altri, il mancato rispetto delle procedure,
un’inadeguata istruttoria, l’omessa o generica motivazione del provvedimento
disciplinare;
- il potere di annullamento d’ufficio delle sanzioni di corpo è espressione del più
generale potere di autotutela della P.A. e pertanto non è soggetto a limiti temporali;
- l’atto di annullamento ha efficacia retroattiva e può essere adottato sia dalla stessa
Autorità che ha irrogato la sanzione, sia dall’Autorità sovraordinata, nell’ambito
dell’attività di vigilanza che le compete, fatta salva l’attività di controllo di legittimità
ministeriale, sempre dovuta sugli atti di annullamento.
L’ESAME DEL GIUDICATO PENALE.
L’esame degli esiti del giudicato penale ai fini disciplinari (trattato nella pubblicazione n.
598-UFE-G-001 – ed. 1988 “Norme e procedure disciplinari”) consiste in una fase del
procedimento disciplinare, successiva all’esito del procedimento penale (sentenza
irrevocabile), rivolta all’accertamento delle eventuali responsabilità disciplinari a carico
del personale militare, direttamente o indirettamente connesse con il fatto penalmente
rilevante.
Il Comandante di corpo, acquisita la sentenza irrevocabile, redige un parere proposta e lo
invia al Comando sovraordinato per le valutazioni di competenza.
La differente valutazione penale e disciplinare di uno stesso fatto illecito comporta che
taluni aspetti che possono essere irrilevanti penalmente siano rilevanti disciplinarmente.
I fatti accertati irrevocabilmente in sede penale, quali risultano dalla sentenza “passata in
giudicato” vincolano il giudizio disciplinare e non possono formare oggetto di una nuova
indagine disciplinare.
24
L’azione disciplinare è preclusa in caso di giudicato penale che riguardi fatti verificatisi
prima dell’arruolamento, a meno che non si tratti di condanna che comporti di diritto, la
perdita del grado.
I pareri gerarchici e le deduzioni difensive dell’inquisito vengono richiesti ed inoltrati per via
gerarchica (circ.UFFESERCITO n. 1980/1160 del 12/6/1989).
esempio di parere – proposta a seguito dell’esame del giudicato penale
COMANDO _________________________________________
OGGETTO:
definizione del procedimento disciplinare relativo al Mar. Ord. ____________________,
effettivo presso il ___________________. Esame del giudicato penale.
IL COMANDANTE
PRESO ATTO
che il G.U.P. presso il Tribunale Militare di ________, con sentenza n. ____, emessa in
data _________ e acquisita dall’A.D. il __________, seguendo il rito dell’applicazione
della pena su richiesta delle parti, ha condannato il Mar. Ord. __________ alla pena di
________, concedendo il beneficio della sospensione condizionale, per il reato di “furto
militare”;
CONSIDERATO
che dalla vicenda in esame emergono profili di responsabilità disciplinare che appaiono in
contrasto con i doveri attinenti al grado, allo spirito di Corpo, ai doveri dei superiori ed al
contegno del militare, risultando incompatibili con lo status di Sottufficiale;
VALUTATO
che si impone il vaglio disciplinare della condanna per il reato di “furto” in quanto la
sanzione disciplinare irrogata al tempo dei fatti si riferisce ad una infrazione erroneamente
individuata dal C.te di Corpo nella mancata consegna ai superiori della refurtiva, come se
si fosse trattato di un occasionale ritrovamento;
TENUTO CONTO che l’inchiesta formale tende a raccogliere tutti gli elementi utili per il completo
accertamento dei fatti che costituiscono violazione disciplinare, punibile con un
provvedimento di stato;
PROPONE
che il Mar. Ord. _____________ sia sottoposto ad inchiesta formale disciplinare, ai sensi degli artt. 64, 65 e 66
della legge 31 luglio 1954 n. 599.
IL COMANDANTE
L’attività istruttoria che l’A.D. deve svolgere in sede disciplinare può variare in base
all’esito del procedimento penale ed in relazione al fatto che sia stata pronunciata una
sentenza a seguito di dibattimento o meno.
La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, a prescindere che sia pronunciata o meno a
seguito di dibattimento, ha efficacia nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento che
“il fatto non sussiste”, o che “il fatto non costituisce illecito penale” ovvero “che
l’imputato non lo ha commesso” (art. 653 c.c.p. modificato dalla legge 97/2001).
Ma la formula assolutoria “perché i fatti non costituiscono illecito penale” non preclude
all’A.D. di procedere in sede disciplinare per gli stessi fatti, se questi assumono rilievo
disciplinare.
25
La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia nel procedimento disciplinare in
quanto all’accertamento che “il fatto sussiste”, che “costituisce illecito penale” e che “è
stato commesso dall’imputato”.
L’A.D., alla luce degli elementi di fatto accertati in sede dibattimentale penale, deve
procedere ad una loro autonoma valutazione sotto il profilo disciplinare: il giudizio non è
sindacabile se non per evidenti ragioni di contraddittorietà, illogicità o travisamento dei
fatti e per evidente sproporzione tra i fatti e la sanzione inflitta.
L’art. 1 della legge n. 97/2001, che ha modificato l’art. 445 c.p.p. , richiamandosi
espressamente all’art. 653 c.p.p., comporta che alla sentenza di patteggiamento debba
riconoscersi il valore di sentenza di condanna ai soli fini disciplinari, anche se non è legata
ad un giudizio di colpevolezza, non essendo presente nel procedimento un accertamento
pieno sui fatti e sulle prove, come invece accade nel rito ordinario.
Pertanto l’Amministrazione non è più tenuta a svolgere un autonomo accertamento dei
fatti poichè, ai sensi dell’ art. 653, la sentenza ex art. 444 c.p.p., fa stato quanto
all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha
commesso.
Le sentenze di non doversi procedere (per condizioni di improcedibilità per
depenalizzazione dei fatti, per prescrizione del reato, ecc…), non impediscono l’avvio di
un procedimento disciplinare, attraverso un’autonoma e completa ricostruzione dei fatti,
anche diversa da quella emersa dal procedimento penale.
I Comandanti di corpo (ad eccezione degli Ufficiali indicati nell’art. 75 - 1° e 2° comma della legge 113/54) non hanno autonoma competenza ad adottare provvedimenti
disciplinari conseguenti a giudicati penali (circ. n. 1980/1160 datata 12/6/1989 di
UFFESERCITO), fatta eccezione per la immediata sanzione delle responsabilità per fatti
“collaterali” a quelli di valenza penale che possono avere riflessi sul servizio (ad esempio,
la mancata o ritardata comunicazione al Comando di appartenenza degli eventi previsti
dall’art. 52 del R.D.M., come l’avvio di un procedimento penale a proprio carico).
FASI DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A SEGUITO DELL’ESAME DEL
GIUDICATO PENALE.
Le fasi e l’iter del procedimento disciplinare avviato a seguito dell’esame del giudicato
penale sono sintetizzate nel diagramma in (all. B/1 ).
L’avvio del procedimento coincide con la contestazione degli addebiti da parte
dell’Ufficiale Inquirente (nei casi di inchiesta formale disciplinare) o del Comandante di
corpo cui vengano rinviati gli atti per l’irrogazione della sanzioni di Corpo dopo il visto di
legittimità della D.G.P.M..
Tale atto è conseguente alla fase di accertamenti preliminari da parte
dell’Amministrazione e presuppone che l’autorità competente abbia acquisito il proprio
convincimento in ordine sia alla sussistenza che alla gravità dei fatti ascritti al militare.
L’inchiesta formale (all. B/16 - 23) viene disposta dal Vertice d’Area per accertare la
sussistenza dei presupposti per l’irrogazione di una sanzione di stato, in relazione a
comportamenti illeciti che evidenziano gravi responsabilità sotto il profilo disciplinare,
quali ad esempio la violazione dei doveri attinenti al giuramento, al grado ed ai principi
morali propri dello status di militare in servizio permanente.
26
Analoga inchiesta può essere anche disposta, su proposta della linea di Comando del
militare incolpato, per valutare “fatti di notevole gravità”, a prescindere dalla loro valenza
penale (ad esempio un reiterato consumo personale di sostanze stupefacenti).
L’ Ufficiale inquirente, a cui viene affidata l’esecuzione dell’inchiesta, viene nominato dal
Vertice d’Area competente.
Egli deve rivestire il grado di maggiore o tenente colonnello e non deve essere superiore
diretto dell’inquisito.
La legge non prevede altri casi di incompatibilità alle funzioni di inquirente.
Sulla base dei principi generali del diritto, oltre che etici, è, peraltro, da ritenere che tale
incompatibilità si verifichi quando ricorrano circostanze che facciano fondatamente
presumere l’esercizio non obiettivo e non sereno di delicata funzione.
In caso di trasferimento dell’inquisito, l’inchiesta è condotta a termine dall’inquirente che
l’ha iniziata. In caso di trasferimento dell’inquirente alle dipendenze di un’autorità diversa
da quella dalla quale è stato nominato oppure quando sopravvenga alcuna delle cause di
incompatibilità suaccennate o quando ricorrano motivi di forza maggiore (ad. es.
collocamento in aspettativa per ragioni di salute), viene nominato un nuovo inquirente.
Ricevuto l’ordine di inizio dell’inchiesta formale, l’inquirente :
- dà comunicazione scritta dell’ordine stesso all’inquisito, contestandogli gli addebiti
specifici che hanno originato l’inchiesta (all. B/18) e lo invita a prendere visione degli
atti eventualmente già esistenti. La contestazione degli addebiti non deve essere
generica o implicita, ma specifica e formale, deve cioè precisare l’addebito disciplinare
di cui l’inquisito è chiamato a rispondere ed i fatti che lo hanno determinato;
- ad avvenuta presentazione e presa visione degli atti, avverte l’inquisito per iscritto che,
entro il termine all’uopo fissato, comunque non inferiore a dieci giorni, egli potrà
presentare giustificazioni, documenti o chiederne la produzione o fare istanza per
indagini o per esame di persone, indicando i punti sui quali desidera indagini o
testimonianze e lo avverte che, ad inchiesta ultimata, gli sarà data ancora visione di
tutti gli atti e che potrà produrre per iscritto le proprie discolpe definitive.
- esegue quegli accertamenti che egli giudica necessari ed opportuni ai fini della più
completa chiarificazione dei fatti che sono oggetto dell’inchiesta. Egli non è tenuto ad
escutere tutte le testimonianze a discarico, ma occorre che dia ragione della eventuale
mancata escussione;
- aggiunge agli atti già raccolti, che devono essere numerati progressivamente, gli atti
relativi ai nuovi accertamenti esperiti, elencandoli di seguito e sullo stesso indice degli
atti;
- compila poi una relazione riepilogativa di tutta l’inchiesta formale (all. B/21), nella
quale illustra, senza esprimere alcun apprezzamento o giudizio, gli atti raccolti.
L’inquirente, in foglio a parte da allegare alla relazione riepilogativa, deve anche
specificare i motivi che lo hanno indotto a non accogliere, eventualmente, alcune, o
tutte, le richieste avanzate dall’inquisito. La relazione riepilogativa deve anch’essa
elencata e numerata nell’indice, dopo l’ultimo degli atti dell’inchiesta;
- invita nuovamente l’inquisito a prendere visione degli atti e della relazione
riepilogativa ed a presentare poi, per iscritto, entro un congruo termine all’uopo fissato,
comunque non inferiore a dieci giorni, le proprie discolpe definitive;
- al termine di ogni incontro con l’inquisito, l’inquirente sottoscrive, insieme
all’inquisito, apponendovi la data, tutti gli atti visionati e l’indice degli atti
dell’inchiesta (all. B/23) .
27
L’inquirente riassume in un rapporto finale (all. B/22) le proprie conclusioni e formula le
sue proposte, trasmettendo il tutto all’Ufficio Consulenza Giuridico Legale del Comando
che ha disposto l’inchiesta. Il rapporto finale non deve essere reso noto all’inquisito.
Tutte le domande o richieste dell’inquisito all’inquirente devono essere fatte per iscritto,
così come le comunicazioni dell’inquirente all’inquisito o ad altre persone eventualmente
escusse. Le predette comunicazioni costituiscono altrettanti atti dell’inchiesta e vanno
perciò numerate ed elencate nell’indice di essi.
L’inquisito ha diritto di prendere visione di tutti gli atti dell’inchiesta.
Nel prendere visione degli atti dell’inchiesta, l’inquisito può trarne gli appunti che crede;
non può però asportare nessuno dei documenti né ottenerne copia.
Ogni visione avuta degli atti dell’inchiesta deve essere attestata dall’inquisito in una
esplicita dichiarazione, datata e firmata, apposta sull’indice degli atti, subito dopo la
elencazione dell’ultimo degli atti avuti in visione.
Nell’ultima di queste dichiarazioni l’inquisito può eventualmente fare esplicita rinunzia a
presentare per iscritto le proprie discolpe.
Se l’inquisito non aderisce alle richieste dell’inquirente o tergiversa oppure non presenta le
sue discolpe entro i termini fissati o si sottrae alle ricerche, l’inquirente, dopo almeno due
diffide, di cui sia accertata la consegna, inviate a distanza di dieci giorni l’una dall’altra e
rimaste senza esito, chiude senz’altro l’inchiesta formale.
Qualora, dopo la chiusura dell’inchiesta formale e prima che siano stati adottati
provvedimenti in conseguenza dell’inchiesta stessa, le autorità gerarchiche vengano in
possesso o a conoscenza, sia per istanza dell’inquisito che per altro tramite, di nuove
notizie o documenti, li trasmettono all’Autorità che ha ordinato l’inchiesta formale.
Questa, dopo averli esaminati decide,a sua discrezione, se acquisirli o meno agli atti
dell’inchiesta; in caso affermativo, fa riaprire l’inchiesta stessa.
In caso di riapertura dell’inchiesta, l’inquirente deve dare visione degli atti non conosciuti
all’inquisito, il quale può chiedere,entro 48 ore, altri accertamenti e presentare, entro un
termine che verrà stabilito dall’inquirente, di durata comunque non inferiore ai dieci
giorni, ulteriori giustificazioni.
Questi nuovi atti devono essere elencati e numerati nell’indice, e fatti seguire da un
proseguimento della relazione riepilogativa.
L’Autorità che ha disposto l’inchiesta formale, invia gli atti alla Direzione Generale per il
Personale Militare corredati della proposta di definire il procedimento, secondo le
risultanze dell’inchiesta, alternativamente:
- “senza sanzioni di stato”, nel caso che l’addebito risulti infondato;
- “con il rinvio degli atti al Comandante di corpo per le valutazioni di competenza”;
- “con la sanzione di stato della sospensione dal servizio o dall’impiego per mesi…”;
se invece ritiene che l’inquisito sia passibile della perdita del grado ordina il deferimento
al Consiglio di disciplina (se Ufficiale) o alla Commissione di disciplina (altre categorie) .
In tal caso l’organo collegiale invia alla D.G.P.M. tutti gli atti dell’inchiesta e della propria
attività, esprimendo il giudizio che l’inquisito è / non è meritevole di mantenere il grado
(all. B/25 - 31).
Il procedimento disciplinare viene definito con un decreto ministeriale.
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In caso di “rinvio degli atti al Comandante di corpo per le valutazioni di competenza”,
questi è tenuto ad instaurare un procedimento disciplinare ed a comunicare, lungo la
linea di comando, i provvedimenti disciplinari eventualmente adottati.
In caso di definizione “senza sanzioni di stato” resta salva la facoltà del Comandante
di corpo di esercitare il potere disciplinare.
TERMINI TEMPORALI PER LA DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI
DISCIPLINARI.
I termini temporali previsti per l’inizio dei procedimenti disciplinari, fatta eccezione per i
reati di peculato, corruzione e concussione commessi prima del 6/4/2001, decorrono dalla
data in cui l’Amministrazione ha acquisito ed assunto a protocollo la sentenza divenuta
irrevocabile, pertanto tale data dovrà essere comunicata contestualmente all’invio
dell’esame del giudicato penale.
Il termine di avvio del procedimento disciplinare (180 giorni dalla data di acquisizione
della sentenza irrevocabile o dalla data di deposito del decreto di archiviazione) è da
intendersi perentorio, mentre il termine per la sua conclusione (90 giorni dalla data di
contestazione degli addebiti) è da considerarsi indicativo, nel senso che se il procedimento
è stato avviato prima dei 180 giorni, l’intero procedimento può essere concluso nel termine
unitario di 270 giorni (sent. Corte Costituzionale n. 197 del 24-28/5/1999). Fa eccezione il
caso in cui debba irrogarsi una misura espulsiva, per la quale i termini previsti dall’ art. 9,
co.2, l. 7/2/90 n. 19 sono da considerarsi perentori: inizio del procedimento entro 180
giorni dalla data di acquisizione della sentenza irrevocabile (o di deposito del decreto di
archiviazione) e conclusione entro 90 giorni dalla data di contestazione degli addebiti.
L’ACCESSO AGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE.
E’ possibile che durante lo svolgimento di un procedimento disciplinare l’inquisito faccia
pervenire all’Autorità procedente, talvolta tramite un proprio legale, un’istanza di accesso
agli atti del procedimento in itinere.
In questo contesto appare opportuno una disamina della normativa che presiede all’istituto
dell’accesso, per una corretta gestione di tali istanze.
Il diritto di accesso agli atti amministrativi compresi naturalmente quelli attinenti ai
procedimenti disciplinari, introdotto per la prima volta con la legge 241/90 e riformulato
con la legge n. 15 dell’11/2/2005, è attualmente regolamentato dal Regolamento
governativo approvato con DPR 352/1992 e, per l’Amministrazione della Difesa, dal D.M.
n. 519 del 14 giugno 1995 e successive modificazioni (per quanto concerne gli atti sottratti
all’accesso).
L’ambito di applicazione della legge è rappresentato dai “procedimenti amministrativi che
si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali” (art.
19, l. 15/2005).
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L’istituto in argomento consente agli interessati di prendere visione e di estrarre
copia di documenti amministrativi, pertanto costituisce un principio generale
dell’attività amministrativa finalizzato a favorire la trasparenza del procedimento
amministrativo e la partecipazione dell’interessato, cioè di ogni soggetto che abbia un
interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
La nuova formulazione della norma, che definisce il diritto di accesso come “il diritto
degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi”,
conferisce al diritto di accesso la natura di “diritto soggettivo all’informazione”, superando
così la precedente concezione di “interesse legittimo”.
Tale qualificazione si basa sul fatto che l’esercizio del diritto, disciplinato dettagliatamente
da una legge di settore, nell’esclusivo interesse del richiedente, trova un limite solo in
specifiche esigenze di riservatezza previste dalla legge ma non anche in mere valutazioni
di opportunità di chi detiene l’atto.
Sono dunque accessibili tutti i documenti amministrativi e tutte le informazioni in
possesso di una pubblica amministrazione che abbiano forma di documento
amministrativo, per tutto il periodo di tempo durante il quale l’amministrazione ha
l’obbligo di detenere l’atto al quale si chiede di accedere.
E’ considerato documento amministrativo qualsiasi atto, sia pubblico che privato, anche di
natura endoprocedimentale, purchè oggettivamente correlato ad un procedimento
amministrativo (es. pareri, consulenze legali), comunque detenuto dal soggetto pubblico e
concernente attività di pubblico interesse.
In sostanza, ricorrendo queste condizioni, tutti i tipi di atti sono accessibili, salvo quanto
previsto dal D. l.vo 196/2003, in materia di accesso ai dati personali.
E’ comunque accessibile il documento amministrativo ma non anche i dati personali
(riferiti a terzi) in esso contenuti, specie quelli inerenti allo stato di salute ed alla vita
sessuale, a meno che non occorra tutelare un diritto di rango almeno pari ai diritti di
privacy dell’interessato (sulla parità di rango si esprime l’amministrazione interessata).
La nuova legge prevede che “nel caso di documenti contenenti dati sensibili o giudiziari,
l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile, e nei termini
previsti dall’art. 60 del D. l.vo 196/2003, in caso di documenti idonei a rivelare lo stato di
salute e la vita sessuale”.
Pertanto l’accesso potrà essere consentito in forma parziale (ad esempio “mascherando”
una parte del contenuto del documento), ove si tratti di documenti contenenti dati
giudiziari o sensibili (purchè il rango degli interessi in conflitto sia almeno pari, nel caso di
dati sulla salute e la vita sessuale), mentre sarà integrale ove il richiedente dichiari che tali
dati sono indispensabili per curare o difendere i propri interessi giuridici.
Gli atti di cui si richiede l’accesso devono comunque essere individuati o, quanto meno,
l’istanza deve fornire gli elementi utili alla loro individuazione.
Inoltre rimane confermato il potere dell’Amministrazione di differire il richiesto accesso ai
documenti, quando occorre assicurare il buon andamento dell’attività amministrativa, nel
quadro del contemperamento dell’interesse alla conoscenza con quello della speditezza
dell’azione amministrativa (Tar Lazio, sez. I, decis. 14/10/2000 n. 8168).
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DISPENSA DAL SERVIZIO PER INIDONEITA’ O SCARSO RENDIMENTO.
La dispensa dal servizio permanente del personale non direttivo e non dirigente (Sott.li e
VSP), per inidoneità a disimpegnare le attribuzioni del proprio grado, per insufficienza
delle qualità necessarie e/o per scarso rendimento, è regolata dalla circ.
DGPM/II/5/30001/C42 del 22/5/2000 (all. A/11).
Il procedimento trova fondamento nell’insufficienza delle qualità necessarie a
disimpegnare le attribuzioni del proprio grado o nello scarso rendimento, così come risulta
dalla documentazione caratteristica e dalle sanzioni disciplinari trascritte nel foglio
matricolare, con riferimento all’effettivo servizio prestato nei periodi immediatamente
precedenti.
Il procedimento di dispensa, di cui deve essere data comunicazione all’interessato (art. 10 l. 241), inizia con la proposta di dispensa da inviare a PERSOMIL, corredata dalle copie
autenticate del foglio matricolare, documentazione caratteristica e degli “ammonimenti” .
Ad integrazione della citata circolare ministeriale, COMFOTER, di concerto con la
competente D.G.P.M., ha diramato una direttiva (all. A/11) con la quale è stata sancita la
possibilità di:
•
irrogare l’ammonimento in ogni momento, a prescindere dalla redazione della
documentazione caratteristica, purchè esso sia relazionabile a periodi di scadente
prestazione del servizio;
•
avviare la procedura nei casi in cui lo scarso rendimento sia riferito ad un
periodo di almeno dodici mesi di servizio effettivamente prestato, successivo
all’ammonimento, anche se discontinuo e documentato da rapporti informativi,
in quanto questi concorrono al raggiungimento di un anno di valutazione del
servizio con caratteristiche di insufficienza, unitamente ad altri documenti
valutativi immediatamente precedenti o seguenti.
Nel caso di rapporto informativo, mancando la qualifica finale, un indice cui fare
riferimento per desumere lo scarso rendimento, sufficiente ad avviare la procedura di
dispensa, si concretizza qualora sia barrata la casella con la dicitura “insufficiente” nella
parte III, alla specifica voce n. 29 del mod. C4, per i marescialli, n. 19 del mod. D, per i
sergenti e n. 16 del mod. E, per i Volontari in s.p., in coerenza con i giudizi negativi
espressi in corrispondenza delle altre voci delle parti I, II e III del documento
caratteristico.
Ulteriori elementi di caratterizzazione della pessima qualità del servizio prestato
dall’interessato potranno essere inseriti nello spazio delle “eventuali note aggiuntive del
compilatore” e nei pareri dei revisori.
La proposta viene fatta dal Comando da cui dipende l’interessato e va inoltrata alla
D.G.P.M. la quale, dopo averne esaminata la legittimità, la invia alla Commissione
Permanente di Avanzamento, dove l’interessato potrà chiedere audizione (entro 60 gg.
dalla proposta) o inviare memorie (entro 120 gg).
La Commissione si riunisce, eventualmente sentendo l’interessato, e formula il proprio parere
definitivo, inviando gli atti alla D.G.P.M., per l’esame e la conseguente emanazione del
provvedimento di dispensa.
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NORMATIVA SUL RIMBORSO DELLE SPESE DI PATROCINIO LEGALE.
La legge 20/12/96 n. 693, di conversione del D.L. 23/10/96 n. 543, prevede che “in caso di
definitivo proscioglimento ...... le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti a giudizio
della Corte dei Conti sono rimborsate dall’ Amministrazione di competenza”.
Inoltre, l’art. 18 del D.L 25/3/97 n. 67, convertito con la legge 23/5/97 n. 135, estende il
rimborso delle spese legali ai “giudizi per responsabilità civile, penale ed amministrativa
promossi nei confronti dei dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed
atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali
conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità…” cioè con la
formula di assoluzione piena “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il
fatto” o con provvedimenti di archiviazione che escludano la loro responsabilità.
Nell’istruzione delle pratiche inerenti al rimborso delle spese legali, occorre ricordare che:
a) l’istanza di rimborso, completa dei dati anagrafici e del codice fiscale del richiedente,
deve essere corredata dalla copia conforme all’originale della sentenza passata in
giudicato e dalle fatture e relative parcelle analitiche, in originale, rilasciate dallo
studio legale;
b) il parere del Comandante di corpo deve contenere una sintetica relazione dei
fatti o atti che hanno originato il procedimento penale;
c) tutti i pareri, sia del Comandante di corpo che dei superiori gerarchici, devono
concludersi con un giudizio concernente:
- l’esistenza di una connessione diretta tra i fatti o atti oggetto del procedimento,
e l’adempimento dei doveri inerenti all’espletamento delle attribuzioni del
militare, nell’ambito dell’attività istituzionale;
- l’esclusione di qualsiasi responsabilità, anche disciplinare o amministrativa, da
parte del militare nella vicenda che ha originato il procedimento.
In ogni caso il rimborso delle spese legali non compete nei casi di estinzione del reato per
prescrizione e nei casi in cui l’Amministrazione si sia costituita parte civile nel processo
penale. In tali fattispecie l’istanza, eventualmente presentata dall’interessato, deve
comunque essere inoltrata, per dovere di ufficio, per le decisioni degli Organi competenti.
Il rimborso, ove ammesso, viene concesso a seguito del parere di congruità sull’importo
delle spese legali sostenute, di competenza dell’Avvocatura distrettuale dello Stato.
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Scarica

comando delle forze operative terrestri