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pubblicazioni
Delirium in Terapia Intensiva:
un evento spesso non riconosciuto
di Francesca Praga,
C
Infermiera Ospedale L. Sacco, Milano
rediamo che la crescente consapevolezza
e il monitoraggio del delirium uniti ad una più
opportuna somministrazione di farmaci psicoattivi, inclusi analgesici e sedativi, possano
portare ad una migliore cura dei malati critici
e ad una loro dimissione più celere.
Nella fase di riconoscimento precoce e di trattamento non farmacologico il ruolo dell’infermiere è fondamentale, è questa infatti la figura che rimane più a lungo a contatto con il
malato, che può notarne i cambiamenti e che
può attuare tutti quei
comportamenti atti a
contenere o a evitare
che si manifesti il
delirium. Il fenomeno del delirium assume particolari connotati nell’ambito del
ricovero in Terapia
Intensiva, al quale
sono soggetti soprattutto coloro che vi
restano per più di 72
ore. I pazienti critici
hanno un elevato rischio di sviluppare delirium in Terapia Intensiva.
Più di 8 pazienti ventilati su 10 provano l’esperienza di delirium; questo rimane misconosciuto nel 66-84% dei casi, soprattutto per
quanto riguarda la forma ipoattiva.
Nei pazienti ricoverati per patologie mediche o
coronariche, il delirium è stato riferito come
una variabile indipendente nel prolungamento
della degenza in Terapia Intensiva o in altro
reparto di degenza, così come l’aumento della
mortalità a 6 mesi. È molto importante osservare che è trasversale ad età, sesso, razza e
severità della malattia. Il Delirium inoltre pre44
dispone chi viene dimesso dalla Terapia
Intensiva ad un prolungamento dei deficit neuropsicologici.
Caratteristiche, sintomi e prevenzione
La caratteristica essenziale del delirium è un’alterazione di coscienza accompagnata da una
modificazione cognitiva che non può essere
meglio giustificata da una demenza stabilizzata o in evoluzione. L’alterazione si sviluppa in
un breve periodo di tempo, generalmente ore
o giorni, e tende a
fluttuare durante il
corso del giorno.
L’alterazione
di
coscienza si manifesta con una riduzione
della lucidità della
percezione dell’ambiente. La capacità di
focalizzare, mantenere, o spostare l’attenzione è compromessa. Le domande
devono essere ripetute perché l’attenzione del soggetto è labile,
oppure il soggetto può perseverare nella risposta a una domanda precedente invece di spostare adeguatamente l’attenzione sulla domanda in questione. La persona viene facilmente
distratta da stimoli irrilevanti. A questa sintomatologia si accompagna una modificazione
cognitiva che può comprendere: deficit della
memoria, disorientamento o alterazioni del linguaggio, oppure sviluppo di alterazioni percettive. Il disorientamento è generalmente
manifestato dal fatto che il soggetto non è
orientato nel tempo oppure nello spazio.
Nel delirium lieve, il disorientamento nel tempo
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può essere il primo sintomo a comparire.
Le alterazioni percettive possono includere
false interpretazioni, illusioni o allucinazioni.
Benché le false percezioni sensoriali siano più
comunemente visive, esse possono verificarsi
anche con altre modalità sensoriali: uditive,
tattili, gustative ed olfattive.
Il delirium è spesso associato a un’alterazione
del ciclo sonno-veglia. Quest’alterazione può
comportare sonnolenza diurna o agitazione
notturna e difficoltà di addormentamento o
eccessiva sonnolenza durante il giorno o
veglia durante la notte. Il delirium è frequentemente accompagnato da un’attività psicomotoria alterata. Molti soggetti con delirium sono
irrequieti o iperattivi. L’aumento dell’attività
psicomotoria può manifestarsi con tentativi di
afferrare la coperta o di strappare le lenzuola,
oppure di scendere dal letto in modo rischioso o in momenti non opportuni, e con repentini cambi di posizione. D’altra parte, il soggetto può mostrare una diminuzione dell’attività psicomotoria, con rallentamento e letargia,
che si avvicinano allo stupor.
Nello stato di iperattività l’individuo più verosimilmente presenta allucinazioni, deliri o altre
alterazioni percettive; mentre negli stati di
ipoattività il soggetto difficilmente presenta
allucinazioni, deliri o altre alterazioni percettive. In entrambi gli stati sono stati osservati
livelli simili di compromissione cognitiva.
Il soggetto può presentare turbe emotive,
come ansia, paura, depressione, irritabilità,
rabbia, euforia e apatia.
Vi possono essere rapidi e imprevedibili passaggi da uno stato emotivo all’altro. Lo stato
emotivo disturbato può anche manifestarsi in
chiamate, strilli, imprecazioni, brontolii, gemiti
o altri suoni. La prognosi del paziente con delirio è associata ad una maggiore mortalità (2533%) e determina un aumento della durata
della degenza (+7/8 giorni), una intensificazione dell’assistenza infermieristica, maggiore istituzionalizzazione e maggiori costi sanitari,
oltre a portare una riduzione delle abilità funzionali del paziente. L’impoverimento delle
funzioni cognitive, come la facile distraibilità, il
disorientamento e l’indebolimento della
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memoria, possono perdurare fino ad un anno
dall’evento incidente.
I sintomi del delirium generalmente si sviluppano in un arco di tempo varabile da ore a
giorni, sebbene in alcuni soggetti possano iniziare all’improvviso. Più tipicamente i sintomi
prodromici, quali irrequietezza, ansia, irritabilità, disorientamento, distraibilità o alterazioni
del sonno progrediscono fino ad un delirium
pieno entro un periodo da uno a tre giorni.
Il delirium può risolversi in poche ore o giorni, oppure i sintomi possono persistere per
settimane o mesi, in particolare in soggetti
anziani e in soggetti che presentano contemporaneamente una demenza. Se il fattore eziologico sottostante viene prontamente corretto
o limitato, vi sono maggiori possibilità che il
recupero sia completo e più rapido.
Mentre la maggioranza degli individui ha un
recupero completo, il delirium può progredire
fino allo stupor, coma, crisi epilettiche o morte,
in particolare se la causa sottostante non viene
curata. I pazienti ricoverati in Terapia Intensiva
possono sviluppare tutti e tre gli stati di delirio: iperattivo, ipoattivo e misto. Spesso lo
stato ipoattivo rimane misconosciuto.
Nello stato delirante, soprattutto in quello iperattivo, il paziente può spesso rimuoversi le
linee infisionali, il catetere o il tubo endotracheale ed è per questo che spesso viene contenuto o che gli vengono somministrati dosi
maggiori di sedativi ritardando così lo svezzamento dal ventilatore e aumentando il rischio
di peggiorare le condizioni cognitive.
Le strategie di prevenzione del delirium vertono sul riconoscimento precoce dei pazienti a
rischio e sull’utilizzo di scale di screening e
valutazione globale di questo, col fine di prevedere un rapido intervento.
Esistono molte categorie di fattori che pongono
il paziente a rischio di delirio
Caratteristiche epidemiologiche: età avanzata; deficit uditivi o visivi; disturbi del sonno;
immobilità.
Malattie del sistema nervoso centrale: traumi cranici; crisi convulsive; stato post-ictale;
malattie vascolari (ipertensione, encefalopatie
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ecc); malattie degenerative; demenza o deficit
cognitivi preesistenti.
Disordini metabolici: insufficienza renale;
insufficienza epatica; anemia; ipossia; ipoglicemia; deficienza di Vitamina B1 (Tiamina);
endocrinopatia; squilibrio idro-elettrolitico e
disidratazione; squilibrio acido-base.
Malattie cardiopolmonari: infarto del miocardio; scompenso cardiaco congestizio; aritmia;
shock; insufficienza respiratoria; malattie sistemiche; infezioni; tumori; trauma severo; deprivazione sensoriale; alterazione della termoregolazione; stato postoperatorio.
Vi sono inoltre diverse sostanze che possono
causare delirio attraverso l’intossicazione o l’astinenza
Sostanze: abuso di alcool, anfetamine, cannabis, cocaina, allucinogeni, oppioidi, fenciclidina, sedativi e ipnotici.
Farmaci: anestetici, analgesici, farmaci antiasma, anticonvulsivanti, antistaminici, antipertensivi e per l’apparato cardiovascolare, antimicrobici, antiparkinsoniani, corticosteroidi, per
l’apparato gastrointestinale, miorilassanti, agenti immunosoppressivi, litio e farmaci psicotropi
con proprietà anticolinergiche.
Agenti tossici: anticolinesterasici, insetticidi
contenenti organofosfati, monossido di carbonio, anidride carbonica, sostanze volatili come
combustibili o solventi organici.
Altri fattori di rischio includono: isolamento
sociale, contenzione fisica, uso di cateteri urinari, l’impossibilità di comunicare a causa di
presidi (come tubi naso endo-tracheali), eventi
iatrogeni avversi, la deprivazione del sonno
causata dai ritmi di lavoro, dalle luci (che spesso restano accese per molte ore anche di notte)
e dai rumori/allarmi di monitor e ventilatori
automatici, terapia multifarmacologica, uso di
farmaci psicoattivi, comorbilità, malattie gravi
(specialmente infezioni, fratture o ictus), impoverimento cognitivo, temperatura corporea
anomala (febbre o ipotermia), disidratazione,
malnutrizione e livelli di albumina sierica troppo bassi.
Alcuni di questi fattori di rischio possono essere visti come metro di misura della qualità delle
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cure ospedaliere. Il manifestarsi di un delirium
può perciò essere visto come un criterio di
valutazione della qualità delle cure dei pazienti. Prevenire il delirio è auspicabile sia per i
pazienti che per il personale sanitario, ma
anche per ridurre i costi della degenza.
Uno studio recente ha scoperto che la spesa
per la cura di un paziente che ha sviluppato un
delirium durante la degenza in Terapia
Intensiva è del 31% maggiore.
Trattamento
Il passo più importante nella gestione del delirium è il riconoscimento precoce. Se il delirium
non viene diagnosticato, non si farà alcuno
sforzo per trattarlo. Una volta che il delirium è
stato individuato, gli sforzi si dovranno concentrare sul comprendere la causa che lo ha
generato. Spesso questo lo si può fare attraverso il riconoscimento della presenza di uno o
più fattori di rischio già noti. Sia il trattamento
che la prevenzione si focalizzano sul minimizzare o sull’eliminare fattori predisponenti o precipitanti. L’obiettivo teorico è quello di migliorare lo stato cognitivo del paziente e di ridurre
le conseguenze avverse come la prolungata
immobilità, l’aumento della durata della cure
intensive, l’ospedalizzazione cronica e la morte.
Trattamento non farmacologico
La prevenzione primaria è il trattamento di
prima scelta, nonostante ciò alcuni livelli di
delirio sono inevitabili in Terapia Intensiva.
La prevenzione è centrata sulla minimalizzazione dei fattori di rischio.
La strategia include i seguenti interventi:
1. ripetere continuamente al paziente dove si
trova;
2. prevedere attività di stimolazione cognitiva
per il paziente più volte al giorno;
3. un protocollo di trattamento del sonno non
farmacologico;
4. attività di mobilizzazione precoce;
5. esercizi motori;
6. rimozione precoce di cateteri o contenzioni
fisiche;
7. correzione dei deficit sensoriali con occhiali
e protesi acustiche appropriati;
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8. fornire adeguata idratazione e regolare
apporto nutritivo, anche per via parenterale;
esso deve comprendere, oltre ai liquidi, proteine, sali minerali e vitamine, importanti se si
sospetta una sindrome di astinenza da alcool;
9. uso di un protocollo di trattamento del dolore, minimalizzazione dei suoni e degli stimoli
rumorosi;
10. supporto con ossigeno (utile quando il delirium è associato a broncopneumopatia cronica
o enfisema), in quanto l’ipossia riduce le prestazioni cerebrali;
11. staff costante; favorire le relazioni sociali
del paziente con familiari e amici, che vanno
costantemente informati sul motivo dell’agitazione, sulle condizioni cliniche del paziente e
sulle caratteristiche degli accertamenti a cui è
sottoposto.
Trattamento farmacologico
Il primo passo nel trattamento farmacologico
del delirio è la valutazione dell’attuale terapia
del paziente per individuare un eventuale
agente dannoso che può causare o esacerbare
il delirio. L’uso erroneo di sedativi o analgesici
può inasprire i sintomi del delirio.
I pazienti affetti da delirio possono diventare
più confusi o obnubilati se trattati con sedativi,
sviluppando poi un aumento paradosso dell’agitazione quando l’effetto della sedazione è terminato. Attualmente viene raccomandato l’uso
di aloperidolo per il trattamento del delirio.
L’aloperidolo è un antagonista dei recettori
dopaminergici che agisce inibendo la neurotrasmissione dopaminergica portando così ad una
diminuzione della sintomatologia (allucinazione, agitazione, comportamento combattivo) e
ad una azione sedativa.
Si sottolinea il fatto che, attualmente, sia l’aloperidolo che altre molecole simili (es. droperidolo) non sono stati studiati in modo approfondito nell’ambito della Terapia Intensiva. In
aggiunta all’aloperidolo, si possono usare altri
farmaci antipsicotici o neurolettici (ad es. rispeditolo, ziprasidone, quetiapina e olanzapina)
che agiscono sia sul deliro iperattivo che su
quello ipoattivo, in quanto presentano un
ampia affinità recettoriale.
I pazienti trattati con questi farmaci vanno
attentamente monitorati specialmente per quello che riguarda gli effetti indesiderati, come l’allungamento del tratto QT, le aritmie e gli effetti extrapiramidali.
La bibliografia è presente sul sito internet
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Collegio
IP.AS.VI.
2008
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Bibliografia:
- Ely, E.W., Inouye, S., Bernard G., Gordon, S., Francis, J.,
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- Cividini Tundra. Il problema del delirio nelle tre terapie
intensive generali di udine: la percezione dell’infermiere di
area critica. Master universitario di I livello in infermieristica di area critica in anestesia e terapia intensiva.
Università degli studi di udine. Facoltà di medicina e chirurgia A/A 2003/2004
o
I.
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