PEIRCE Dal libro di testo Il pragmatismo come teoria del significato Il significato di un concetto è costituito da tutte le conseguenze pratiche a cui esso può dar luogo. «Consideriamo quali effetti, che possono avere concepibilmente conseguenze pratiche, noi pensiamo che abbia l'oggetto del nostro concetto. Allora il concetto che noi abbiamo di questi effetti è tutto il nostro concetto dell'oggetto». Per esempio, per capire il significato del concetto "oro" non basta darne una definizione puramente verbale, né fare esperienza diretta di un esemplare di oro, ma bisogna anche conoscere tutte le operazioni che con questo metallo si possono svolgere; tante più operazioni riusciremo a fare con l'oro, tanto più chiara e sicura sarà l'idea che di esso potremo farci. Peirce ritiene che la chiarezza delle nostre idee — e dunque la determinazione del loro preciso significato — non derivi dalla loro evidenza intuitiva e dalla loro capacità di resistere a ogni dubbio, ma sia in funzione delle loro conseguenze pratiche. Tuttavia, il pragmatismo, secondo Peirce, a differenza di altri filosofi che si rifaranno alla sua dottrina, tra cui lo stesso James, non è una teoria della verità. Considerare il pragmatismo una teoria della verità vuol dire infatti ritenere che la verità di una credenza sia determinata dai risultati pratici che essa è in grado di provocare e, in ultima analisi, dai vantaggi che tali risultati possono produrre. In sostanza per una concezione del genere la verità di una credenza corrisponde alla sua utilità, ma ciò comporta il rischio di ridurre il problema della verità a una questione di potere sulle cose e sugli uomini. La credenza come risposta al dubbio pratico Peirce ritiene che l'uomo elabori credenze sul mondo che lo circonda a partire da situazioni di dubbio che investono non solo la sfera intellettuale, ma anche e soprattutto quella pratica. La credenza (belief), infatti, non solo placa l'irritazione psicologica prodotta dal dubbio, ma produce anche un abito (habit), o abitudine, cioè una regola in grado di guidarci nelle nostre azioni future. Vale dunque anche per la credenza la massima pragmatista prima riferita alle idee e ai concetti: il significato di una credenza consiste nelle azioni che è in grado di originare. D'altro canto, una credenza non può non produrre nuovi dubbi, poiché ogni azione inevitabilmente produce tra le sue conseguenze anche situazioni problematiche. La critica dell'intuizionismo Secondo Peirce ogni dato della nostra coscienza è frutto di un'inferenza: cioè non è stato acquisito in modo intuitivo ma è il prodotto di un ragionamento. La stessa consapevolezza dell'esistenza del proprio io non è affatto una verità autoevidente — come secondo l'impostazione intuizionista — ma è, al contrario, frutto di un'inferenza. Infatti, come si può osservare nei bambini piccoli, l'autocoscienza si sviluppa progressivamente attraverso la comunicazione linguistica e, in particolare, attraverso l'attribuzione al bambino di un nome; inoltre, il bambino si abitua a riflettere su di sé e a ipotizzare di essere un'entità separata dal mondo circostante solo in seguito al fallimento di alcune delle proprie azioni. Il carattere inferenziale della conoscenza Secondo Peirce, noi possiamo percepire qualcosa, attribuendole una qualità specifica, solo se possediamo il termine corrispondente; per esempio possiamo percepire un oggetto rosso solo se conosciamo il termine "rosso". Inoltre, per applicare correttamente un termine a un dato sensoriale dobbiamo fare un'opera di classificazione; per tornare al nostro esempio, nel momento in cui percepisco un oggetto rosso, implicitamente ipotizzo che esso sia simile ad altri oggetti da me classificati come rossi nel passato La centralità del ragionamento abduttivo Le inferenze che guidano la nostra esperienza sono di tipo ipotetico. Per Peirce l'ipotesi, o ragionamento abduttivo, costituisce una forma di inferenza distinta dalla deduzione e dall'induzione. Deduzione – Induzione – Abduzione Mentre la deduzione inferisce da principi o leggi generali ("tutti gli uomini sono mortali") conclusioni particolari ("Socrate è mortale"); e l'induzione da proposizioni particolari ("Socrate, Platone, Aristotele ecc. sono mortali") conclusioni universali ("tutti gli uomini sono mortali"), l'abduzione opera in modo diverso: dall'effetto deriva la causa probabile. L'abduzione è quindi un ragionamento che muove dalle conseguenze e formula l'ipotesi in grado di spiegarle. Un esempio di abduzione è il seguente: "se qui vi è della cenere, vi deve essere stato anche del fuoco". In questo ragionamento da una proposizione particolare ("qui vi è della cenere") si deriva, mediante un principio generale implicito ("il fuoco produce sempre della cenere"), un'altra proposizione particolare ("qui vi è stato del fuoco") che costituisce la spiegazione probabile della prima proposizione. ABDUZIONE La semiotica: segno, significato e interpretante Peirce ritiene che ogni segno, cioè ogni atto di natura comunicativa, implichi sempre il riferimento a un oggetto, che ne costituisce il significato, e a un interpretante, che sia in grado di comprenderlo. Per esempio il termine "cane" è in grado di indicare un oggetto, l'animale in questione, se vi è un individuo, cioè un interpretante, che sia in grado, in quanto conoscitore della lingua italiana, di comprendere correttamente il segno "cane". Dunque secondo Peirce un segno non si limita a riferirsi esclusivamente a un oggetto, o significato, ma costituisce sempre una relazione triadica, riferendosi anche a un interpretante. Va però precisato che Peirce definisce l'interpretante non come una mente che interpreta dei segni, ma come un segno il cui oggetto è costituito dal segno interpretato e che rimanda a sua volta a un altro interpretante. Infatti non vi è atto interpretativo che non si manifesti attraverso segni verbali e non verbali. Per esempio, se ho compreso nel corso di un dialogo la parola "cane" manifesterò la mia comprensione in modo verbale dicendo espressamente quello che ho capito, o in modo non verbale, cioè con dei gesti o con dei comportamenti che renderanno noto agli altri l'avvenuta comunicazione. «tutto il pensiero è un segno e partecipa essenzialmente della natura del linguaggio»