Patrizia Guida La traduzione tedesca di La Coscienza di Zeno Oggi abbiamo a disposizione due traduzioni tedesche della Coscienza di Zeno, quella di Piero Rismondo del 1929 (in seconda edizione nel 1959 presso la Rowholt di Amburgo e terza con il Moderner Buch-Club di Darmstadt nel 1961) e la traduzione di Barbara Kleiner del 2000 edita da Zweitausendeins di Francoforte (poi riproposta da Diogenes nel 2010). L’analisi delle due traduzioni mostra differenze significative che dipendono certamente dalla scelta della strategia traduttiva adottata dai due traduttori, ma anche dal contesto storico all’interno del quale ciascuna traduzione nasce. Come afferma Berman (1995), l’analisi di una traduzione non può prescindere dall’esame di elementi collaterali, quali il ruolo dell’editore e dalle teorie traduttive o ideologie traduttive prevalenti all’epoca della traduzione. Una fonte importante per definire tali elementi sono sicuramente i paratesti che accompagnano la traduzione: le prefazioni e/o postfazioni, le introduzioni, le note, la nota del traduttore e la quarta di copertina; qualunque testo, insomma, che agevoli la definizione dell’approccio traduttivo scelto dal traduttore e dall’editore (Berman 1995). Susan Bassnett e André Lefevere (1990) considerano una forma di asservimento al potere economico la manipolazione di un testo per adeguarlo ai gusti della società che dovrà fruirne: La traduzione, naturalmente, è una riscrittura del testo originale. Tutte le riscritture, quali che siano le loro intenzioni, riflettono una certa ideologia e una poetica e perciò manipolano la letteratura per farla funzionare in una certa società e in un certo modo. La riscrittura è una manipolazione compiuta al servizio del potere, e nel suo aspetto positivo può contribuire all’evoluzione di una letteratura e di una società (Bassnett-Lefevere, 1990)1. Anche Venuti (1999) insiste sull’influenza che gli interessi editoriali, ovvero il gusto del pubblico quale fattore che condiziona il mercato, hanno sulle traduzioni dei testi letterari. Il lettore, secondo Venuti, si aspetta un testo che sia originale, scorrevole, e privo delle asperità causate dal passaggio da una lingua all’altra; mentre una buona traduzione – sostiene il critico – deve portare il lettore a riconoscere, proprio attraverso la diversità linguistica, la diversità culturale caratterizzante il testo tradotto: Il fine ultimo di questo libro è quello di costringere i traduttori e i loro lettori a riflettere sulla violenza etnocentrica della traduzione e di conseguenza di stimolarli a scrivere e leggere i testi tradotti secondo 1 Citato da Morini (2007, 27) 1 modalità che cerchino di riconoscere la differenza linguistica e culturale dei testi stranieri (Venuti 1999, 72) Per quanto riguarda le due traduzioni prese in esame, gli interventi paratestuali risultano inesistenti nella prima edizione rismondiana del ’29, mentre sono presenti nella riedizione di Rowohlt, che contiene una Prefazione di François Boudy, un apparato di note a supporto del testo, due saggi, uno di G. Contini (Entstehung und Rezeption) e uno di Silvana de Lugnani (Die Stadt Triest in ‘Zeno Cosini’), una breve biografia dell’autore e la bibliografia. La traduzione di Barbara Kleiner è seguita dalle note esplicative, dalla Nota della traduttrice e da un saggio di Wilhelm Genazino intitolato Die Relativität des Glücks. La quarta di copertina contiene un estratto dall’articolo Eine grandiose Beichte apparso su «Der Spiegel» preceduto dalla frase: “Kein Klassiker, sondern ein Moderner: Zenos Gewissen von Italo Svevo in der Neuübersetzung von Barbara Kleiner” [“Non un classico ma un moderno: Zenos Gewissen di Italo Svevo nella nuova traduzione di Barbara Kleiner”, trad. mia] Il fatto che l’editore Diogenes sottolinei che si tratta di una “Neuübersetzung”, una nuova traduzione, è importante perché segna la distanza che separa il testo della Kleiner da quello di Rismondo. La traduzione della Kleiner, infatti, non è – come spesso accade – una versione rivista dell’edizione rismondiana attraverso un processo di svecchiamento che la adegua alla lingua contemporanea. Barbara Kleiner, al contrario, propone una rappresentazione del romanzo sveviano, che non possiamo definire, in termini qualitativi, migliore o più corretta, ma semplicemente “diversa” perché aderente a un’altra teoria traduttiva. Questa distanza tra le due traduzioni e le ragioni che la motivano sono chiarite dalla stessa traduttrice nella sua Nota a fine volume, in cui, dopo aver brevemente menzionato la familiarità di Svevo con l’ambiente tedesco e l’atipicità del suo stile, le anomalie linguistiche quali elementi costitutivi della sua scrittura, si sofferma sulla traduzione di Rismondo, al quale attribuisce una grande libertà nella trattazione del testo originale sia sul piano semantico che sintattico. La Kleiner, tuttavia, è consapevole del fatto che gli interventi di semplificazione di Rismondo dei passi più problematici del romanzo sono da imputare al desiderio di migliorare la leggibilità del testo per un pubblico tedesco, con il risultato di un “vero e proprio adattamento” dell’originale. Al contrario, la sua “traduzione si preoccupa di riprodurre in tedesco la semantica e la sintassi dell’originale laddove possibile”. La sua traduzione non è, dunque, né “audace” né “elegante” come quella di Rismondo ma riproduce il “Witz” del testo originale (Svevo 2010, 599). Sul piano teorico, infatti, le due traduzioni rappresentano, rispettivamente, due posizioni di ordine ideologico, che rimandano all’adesione a due diverse teorie traduttive. Rismondo adotta l’opzione della “domesticating translation”, secondo la definizione di Schleiermacher (1993) poi ripresa da Berman (1995), che si basa sulla semplificazione, l’omologazione e la riduzione etnocentrica del testo di partenza per adeguarlo ai gusti del lettore straniero. Barbara Kleiner adotta, invece, la “foreignizing translation” che restituisce al lettore straniero la cultura altrui per ciò che è evitando le deformazioni traduttive tendono a mitigare lo choc culturale, e gli scarti tra le due lingue che il lettore straniero potrebbe percepire. In entrambi i casi, comunque, la traduzione si pone come forma di 2 mediazione linguistica e culturale attraverso il lavoro del traduttore, il quale figura nella doppia veste di lettore empirico del prototesto e autore empirico del metatesto, secondo le definizioni del semiologo cecoslovacco Anton Popovič (2005). Tuttavia, nel primo caso, la distanza tra il prototesto, ovvero il testo di origine, e il metatesto, il testo di arrivo, è alta, nel secondo caso è minima. Possiamo affermare che la traduzione di Rismondo tende a ricomporre l’ordine del discorso secondo criteri di struttura sintattica tedesca redendolo più logico di quanto non fosse nella versione italiana. Inoltre, nella traduzione di Rismondo, come si è già accennato, non vi sono note esplicative né riferimenti all’originale (persino nel caso di espressioni in tedesco nell’originale) poiché il testo riformulato dal traduttore accoglierebbe in sé le chiarificazioni. Nella traduzione della Kleiner, invece, la traduttrice rimanda alle note a fine testo per spiegare toponimi, espressioni dialettali o neologismi, e usa il corsivo per informare il lettore delle espressioni in lingua tedesca nell’originale. Il rimando non è, dunque, diretto come nel caso delle note del traduttore che solitamente compaiono a piè pagina, ma il lettore è informato della loro esistenza. L’unico elemento paratestuale comune a entrambe le traduzioni è la scelta del titolo, che è indicativa dei due modi di concepire la traduzione2: Rismondo traduce Zeno Cosini, Kleiner opta per Zenos Gewissen. La rielaborazione da parte di Rismondo comincia proprio dal titolo: Zeno Cosini. In una lettera del 3 giugno 1927 Rismondo chiede a Svevo di conoscere il titolo francese del romanzo, perché afferma “Non sono ancora riuscito di trovare un adatto in tedesco”3, mentre nella successiva del 19 giugno dello stesso anno ammette la difficoltà di riportare nel titolo tedesco la stessa ambiguità del titolo italiano. Il titolo La coscienza di Zeno racchiude, infatti, le due tematiche-chiave del romanzo. Il termine “coscienza” può essere inteso sia come consapevolezza dei propri comportamenti e delle loro motivazioni, sia anche come “cattiva coscienza” (per tutto il romanzo, infatti, Zeno attua un gigantesco tentativo di autogiustificazione delle proprie azioni). Rismondo teme che la parola “Gewissen” possa essere ricordare al lettore l’espressione quotidiana “Gewissensbiss”, ovvero ‘rimorso’, evidenziando, dunque, solo il secondo aspetto del significato del titolo: La difficoltà della traduzione del titolo consiste in quello che per la parola Coscienza in tedesco non esiste un equivalente. Ci sono due parole: Bewusstsein e Gewisse. Filologicamente Gewisse darebbe il senso, ma nella lingua comune si è confusa un poco con Gewissensbiss (rimorso) ciò che in Zenos Gewissen risalterebbe ancora di più che nel da me originalmente stabilito Das Gewissen des Zeno. È vero che l’accento di Gewissensbiss lo ha acquistato soltanto 2 Sui problemi della traduzione del titolo del romanzo si sofferma Eduardo Saccone (1973), il quale. Saccone rileva che il titolo non è stato fedelmente tradotto nelle varie lingue con il risultato di aver dato adito ad una “interpretazione scorretta che ha favorito molti equivoci e seri fraintendimenti di lettura, spostando l’attenzione, ad esempio, dal genere romanzo, cui dichiaratamente il sottotitolo richiame, a quello delle confessioni e dell’autobiografia (Saccone 1973, 46-52). 3 Lettera inedita. 3 nella lingua comune, ma non abbiamo davanti a noi un’opera scritta in lingua classica4. La parola “Coscienza” può essere tradotta in tedesco con “Bewußtsein”, “Gewissen”, “Erkenntnis” e “Bekenntnis”. Tra queste possibilità, “Gewissen” è la parola che più si avvicina all’italiano; “Bewußtsein” traduce la parola “coscienza” ma intesa più come “consapevolezza”, “Erkenntnis” è più una “conoscenza”, “riconoscere”, mentre “Bekenntnis” traduce “confessione”. Anche la proposta di tradurre il titolo con Zeno’s Seele è rifiutata da Rismondo, il quale, nella missiva del 9 luglio 1927, sostiene che le due ‘s’ possano produrre cacofonia: Quanto al titolo proposto dalla signora io lo avevo già stabilito mesi fa, però “Die Seele des Zeno” (i due s in Zeno’s Seele non suonano bene) perché mi sembrava l’unica traduzione letterale. Non posso però contentarmene, perché gli manca una carta leggerezza e perché da una falsa visione del colorito del romanzo. Si deve ancora vedere, se non si troverò di meglio! P.S. io avevo già stabilito una quantità di altri titoli, come p.e. Bekentniss, Berichte, Gewissenserforschung, ecc. ecc. senza trovare quello che mi piaceva. Il 27 agosto Rismondo comunica a Svevo di aver deciso come titolo “Zeno Cosini” accogliendo il consiglio di Polak: Infine mi propone (Polak) di chiamare il suo romanzo semplicemente “Zeno Cosini”. Del titolo però non avevo ancora molto parlato con lui. Gli scrivo subito in questo proposito. La scelta di eliminare la parola “coscienza”, chiave di lettura di tutto il romanzo, appare azzardata perché non restituisce al romanzo la dominante narrativa, ovvero la componente attorno alla quale si focalizza l’intera opera; l’elemento che, secondo Jakobson, “governa, determina e trasforma le restanti componente del testo” (1987, 41). Una scelta, dunque, significativa dal momento che non è dovuta a difficoltà traduttive e che contraddice la posizione di Rismondo, il quale si dichara sempre preoccupato di restituire il senso del romanzo. Il consiglio di Polak rimanda probabilmente a ragioni di ordine di mercato, ritendo il neutro Zeno Cosini più accattivante e meno problematico per il pubblico tedesco. La Kleiner opta, invece, per la traduzione letterale del titolo: Zenos Gewissen, che aderisce perfettamente al titolo originario senza condizionare o orientare il lettore verso una determinata dimensione interpretativa. Gli interventi di razionalizzazione di Rismondo riguardano principalmente le strutture sintattiche e la punteggiatura (che è sempre normalizzata) del testo sveviano attraverso il riordinamento della sintassi che finisce per trasformare lo stile originale della Coscienza pur preservandone il senso. È lo stesso Rismondo ad informare l’autore della necessità di alterare lo stile, con la conseguente perdita della “letterarietà” della traduzione, assicurandogli che il senso non ne avrebbe 4 Lettera inedita. 4 sofferto: Quanto alla traduzione essa è esatta. Naturalmente ha perduto un po’ della sua letteralità, ma è sempre esatta. Certe cose dovevano essere un po cambiate, p.e., si doveva parecchie volte tagliare in due una frase. Le frasi lunghe in tedesco esprimono una cosa ben differente dell’italiano. Cioè hanno un accento classico: il verbo tedesco sta alla fine della frase e perciò una frase troppo lunga assume un aspetto costruito, architettonico-classico. Ma dove era possibile abbiamo naturalmente lasciato anche delle frasi molto lunghe. Poi i “che” in italiano pesano poco, in tedesco i “dass” enormemente. Si doveva anche qui qualche volta spostare. Cambiato o tagliato non è stato nulla. Anche i congiuntivi in tedesco fanno un chiasso terribile – si doveva evitarli quanto possibile. Tutto questo fu fatto per evitare l’impressione di una prosa misurata, costruita, classica, ma per dare l’impressione di una prosa leggera e comoda. Spero che questo ci sia riuscito, che la originalità della sua prosa dia riprodotta5. In un’altra lettera, datata 15 giugno 1928, commentando le correzioni del RheinVerlag alle prime bozze, Rismondo notifica a Svevo l’aumentare degli “sbagli di senso”, pur ammettendo che la traduzione sia migliorata molto dopo gli interventi della casa editrice. Il giovane traduttore è convinto che la traduzione si “bellissima” e che soprattutto non alteri il “carattere originale” dell’opera: Poi la traduzione migliora di molto, anzi la trovo bellissima, però aumentano d’altra parte gli sbagli di senso. Sono del parere che il carattere dell’originale sia assolutamente riprodotto ciò che è la cosa principale. Gli sbagli avrebbero più importanza se lo spirito dell’opera fosse da loro compromesso. Ma questo, per quanto mi pare, non è il caso. Fatte le correzioni (tanto per il senso quanto alcune per lo stile) il testo va in ordine 6. In particolare Rismondo interviene economizzando l’uso di frasi relative e participi, riducendo le ripetizioni sintattiche e riformulando le frasi lunghe e le nominali. Altro intervento costante da parte di Rismondo riguarda la chiarificazione o esplicitazione del testo nei punti in cui l’originale risulta indeterminato o volutamente allusivo. La rielaborazione di Rismondo, quasi una riscrittura dell’originale, tende alla ricerca di un alto livello di leggibilità del testo, che appare così depurato delle irregolarità sintattico-semantiche dell’originale, che subisce, così, un processo di normalizzazione che fece esclamare al Caprin, nell’articolo Una proposta di celebrità, apparso l’11 febbraio 1926 sul “Corriere della Sera”: A leggerlo ora tradotto in francese dal Crémieuz e dal Larbaud, che nell’ultimo fascicolo del “Navire d’Argent” lo presentano ai lettori francesi, lo Svevo pare un altro. Se questo disconosciuto italiano è 5 Lettera di Piero Rismondo a Italo Svevo in data 5 dicembre 1927, inedita, Coll. FS Corr. A96.21-1 e FS Corr. A96.21-2. 6 Lettera pubblicata da Stasi (2008). 5 destinato al compenso di una conoscenza europea, sarà provvidenziale che questa cominci in un’altra lingua ma in una lingua. Nel processo di normalizzazione dal prototesto al metatesto, sia nella traduzione di Rismondo che in quella della Kleiner, si perdono alcune peculiarità della lingua sveviana, soprattutto quelle relative ai fenomeni grafico-fonetici (i casi di separazione di parole come “a canto”, “sopra tutto”, pur troppo”; l’uso delle scempie e delle doppie come in “inescare”, “ubbriaco”, “obbiezioni”, “labbiale”, “abbominate”, “inoltrata”; l’uso della “i” in cie e gie preceduti sia da vocale che da consonante; il plurale delle parole terminanti in –io dove prevale l’uso di –ii); agli elementi morfologici (l’uso di forme letterarie del verbo: debbo, sieno, e l’uso della 1° persona dell’imperfetto: io poteva, io aveva, io v’era, caratterizzate, tuttavia, dall’alternanza di uso, che si perde nella traduzione); agli elementi morfo-sintattici che riguardano l’uso dell’articolo (omesso davanti a tale, a altro, a certo, davanti ai possessivi, mentre è presente davanti ai nomi di persona: “né dall’Augusta che mi prese”; “le veniva offerto dal Lali”). Si veda l’esempio seguente per la normalizzazione dell’uso delle preposizioni (Baldini 1991): “mi piaceva di vederlo felice nella sua illusione” (Svevo 1982, 62) “Es machte mir Vergnügen, ihm die Illusion zu lassen,” (Svevo 1929, 64) “Ich war froh, ihn in der Illusion seiner Stärke glücklich zu sehen” (Svevo 2010, 59) “M’è difficile di raccontare …” (Svevo 1982,103) “Es ist für mich nicht leicht…” (Svevo 1929, 125) “Es fällt mir schwer, von meiner Werbung um Ada zu erzählen.” (Svevo 2010, 112) “corsi alla camera da pranzo” (Svevo 1982,58) “Ich eilte […] ins Speisezimmer.” (Svevo 1929, 59) “… lief ich ins Eβzimmer.” (Svevo 2010, 56) “Andammo alla casa di salute” (Svevo 1982, 39) “Wir fuhrer an jenem Tag ins Sanatorium” (Svevo 1929, 31) “wir gingen an dem Tag ins Sanatorium” (Svevo 2010, 29) La tendenza di Rismondo, come si è già detto, è quella di ristrutturare la frase per conferirle maggiore leggibilità. Per sua stessa ammissione sono soprattutto le frasi lunghe e complesse a subire i maggiori rimaneggiamenti. Gli esempi che seguono mostrano la diversità di approccio dei due traduttore, laddove Rismondo tende a dividere le frasi lunghe in proposizioni brevi, mentre la Kleiner tenta di mantenere la struttura sintattica del testo italiano: “Di psico-analisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità” (Svevo 1982, 3) 6 “Auf die Psychoanalyse will ich hier nicht näher eingehen. Es wird sich im folgenden oft genug ergeben. Ich war es, der den Patienten veranlasst hat, seine Lebensgeschichte niederzuschreiben. Psychoanalytiker werden über diese Neueinführung die Nase rümpfe. Bitte um Verzeihung.” (Svevo 1929, 6) “Über Psychoanalyse will ich nichts sagen, weil hier drin schon genug davon die Rede ist. Ich muβ mich entschuldigen, daβ ich meinen Patienten dazu veranlaβt habe, seine Autobiographie zu schreiben; Psychoanalytiker werden über eine derartige Neuerung die Nase rümpfe.” (Svevo 2010, 7) “Il dottore aveva una grande pancia e la sua respirazione asmatica accompagnava il picchio della macchina elettrica messi in opera subito alla prima seduta, che mi disilluse, perché m’ero aspettato che il dottore studiandomi scoprisse il veleno che inquinava il mio sangue.” (Svevo 1982, 33) “Der Arzt hatte einen dicken Bauch. Sein asthmatischer Atem begleitete das Geräusch der Elektrisiermaschine. Sie wurde gleich bei meinem ersten Besuch in Tätigkeit gesetzt. Ich hatte erwatet, dass der Arzt durch das Studium meines Körpers das Gift entdecken werde, das main Blut verdarb. Ich war enttäucht.” (Svevo 1929, 23) “Der Arzt hatte einen dicken Bauch und sein asthmatischer Atem begleitete das Ticken der elektrischen Maschine, die gleich bei der ersten Sitzung eingeschaltet wurde, was mich enttäucht, weil ich erwatet hatte, der Doktor würde mich untersuchen und das Gift entdecken, das main Blut verunreignigte.” (Svevo 2010, 22) Il processo di normalizzazione intrapreso da Rismondo riguarda interventi di chiarificazione del testo, come nel caso seguente, in cui si assiste ad una alterazione del senso della frase: “ – Io credo che sopravviva il piacere, perché il dolore non è più necessario.” (Svevo 1982, 56) “Ich glaube, dass die Freude bleibt und der Schmerz all seine Macht verliert.” (Svevo 1929, 55) “Ich glaube, daß die Lust überlebt, wiel der Schmerz nich mehr nötig ist.” (Svevo 2010, 50) In questo caso la congiunzione “und” utilizzata da Rismondo tradisce il senso della frase originaria. Svevo intende che il piacere sopravvive perché il dolore non è necessario, dunque, piacere e dolore sono in un rapporto di causa effetto, mentre nella traduzione si legge che “il piacere rimane e il dolore perde tutto il suo potere”. Kleiner traduce letteralemente “perché il dolore non è più necessario.” “Augusta, rossa dal dispiacere, si alzò […] “Vedrai che ti legheranno!” (Svevo 1982, 99) “Augusta erhob sich, rot vor Änger, und […] “Pass auf, sie werden dich festbinden!” (Svevo 1929, 120) 7 “Rot vor Änger, stand Augusta aud und brachte sie hinaus, wobei sie ermahnte und sich gleichzeitig bei mir entschuldigte. “Du wirst sehen, sue fesseln dich” (Svevo 2010, 108) Qui entrambi i traduttori optano per l’espressione “rossa di rabbia” e non “dal dispiacere” ma mentre Rismondo traduce il “vedrai” sveviano con “Pass auf!” – “stai attento”, modificando il tono profetico della bambina in un avvertimento. La Kleiner traduce letteralmente. Altri casi in cui Rismondo riformula il testo sveviano possono essere spiegati come tentativi di rendere più comprensibile, delucidare, chiarire meglio il pensiero. Sono esemplificativi di questo modo di procedere i due esempi che seguono: nel primo Rismondo esplicita che lo sposo non è lui (“lo sposo non ero certamente io”) e nel secondo caso inserisce una interrogativa – “Che accadde?” – che nella versione italiana è solo sottointesa. “e ciò fu alle nozze di sua figlia Ada (non con me) dopo …” (Svevo 1982, 85) “und zwar gelegentlich der Hochzeit seiner Tochter Ada (der Bräutigam war allerdings nich ich), als …” (Svevo 1929, 99) “das war bei der Hochzeit seiner Tochter Ada (nich mit mir)” (Svevo 2010, 89) “Stavo preparandomi a Graz per il primo esame di stato e accuratamente avevo notati tutti i testi di cui abbisognavo fino all’ultimo esame. Finì che pochi giorni prima dell’esame…” (Svevo 1982, 35) “Als ich mich in Graz auf meine erste Staatsprüfung vorbereitete, notierte ich mir sorgsam alles, was ich bis zur letzten dieser Prüfungen brauchte. Was geschah? Kurz vor der ersten Prüfung …” (Svevo 1929, 25) “Ich war in Graz und bereitete mich gerade auf das erste Staatsexamen vor, ich hatte mir sorgfältig sämtliche Texte notierte, die ich bis zum letzten Examen brauchen würde. Es endete damit, daβ…” (Svevo 2010, 24) Ancora negli esempi seguenti, Rismondo interviene per chiarire situazioni che Svevo lascia inespresse ma intuibili dal contesto. Nel primo caso, il traduttore aggiunge alla frase “alla mia prima visita”, nel secondo traduce la parola “squilibrato” con la frase “devo essere apparso come uno che sta al di fuori di ogni norma”. La Kleiner, invece, nel primo caso lascia la parola italiana “Signora” e nel secondo caso, traduce squilibrato più fedelmente con “disturbato”, che da più l’idea di mancanza di equilibrio psichico: “La signora mi accolse con grande gentilezza.” (Svevo 1982, 94) “Damals, bei meinem ersten Besuch, empfing sie mich mit grosser Höflichkeit.” (Svevo 1929, 112) “Die Signora empfing mich sehr freundlich.” (Svevo 2010, 101) Un altro esempio della libertà traduttiva di Rismondo è la trasformazone dal discorso indiretto a discorso diretto: 8 Gli dissi che m’era venuta la curiosità di contarne i bottoni. (Svevo 1982, 27) Sagte ich: “Ich wollte einmal wissen, wieviel Knöpfe so eine Weste hat (Svevo 1929, 13) “sagte ich ihm, ich sei plötzlich neugierig geworden und zähle gerade die Knopfe an seiner Weste.” (Svevo 2010, 13) “Poi io, per difendermi, un giorno in cui m’accusavano di aver perduto delle carte, dissi a mia moglie e a mia suocera che non potevo avere la fortuna del babbo in cui le carte ritornavano da sole al portafogli.” (Svevo 1982, 94) “Kurz danach sagte ich zufällig zu meiner Frau und meiner Schwiegermutter, di mir vorwarfen, einige Papiere verloren zu haben: ‘Ich habe nicht das Glück meines Schwiegervaters, dem die Papiere scheinbar von selbst in die Brieftasche zurückfliegen’.” (Svevo 1929, 111) “Als dann eines Tages ich mich gegen Vorwürfe wehren mußte, ich hätte bestimmte Papiere verlorem sagte ich dagegen zu meiner Frau und meiner Schwiegermutter, schließlich könne ich ja nicht so ein Glück haben wie Papa, bei dem die Papiere von allein in die Brieftasche zurückkehrten” (Svevo 2010, 100) Rismondo, e a volte anche la Kleiner, risolvono le esclamative e/o le interrogative con preposizioni relative: “Fui un poco imbarazzato quando mi domandarono in quale modo mi sarei comportato per raggiungere tale scopo. Maltrattarli e picchiarli?” (Svevo 1982, 100) “Als sie mich fragten, wie ich es anfangen wollte, diesen Zweck zu erreichen, ob ich meine Kinder vielleicht misshandeln und schlagen würde – da wurde ich verlegen.” (Svevo 1929, 121) “Ich kam etwas in Verlegenheit, alsi sie mich fragten, wie ich mich denn verhalten würde, um dieses Ziel zu erreichen. Sie mißhandeln und schlagen?” (Svevo 2010, 109) Nel processo di normalizzazione anche l’ordine delle parole è corretto da Rismondo secondo lo standard della lingua tedesca mentre resta invariato nel caso della Kleiner (con qualche eccezione): “Ma al vino essa non pensava.” (Svevo 1982, 48) “Sie aber dachte gar nicht an den Wein.” (Svevo 1929, 43) “Aber an Wein dachte sie nicht.” (Svevo 2010, 41) “Io sempre alla morte pensavo” (Svevo 1982, 100) “Ich dächte immer an den Tod und hätte …” (Svevo 1929, 122) “Immer dächte ich an den Tod” (Svevo 2010, 109) L’intervento più vistoso di Rismondo si nota nella elaborazione delle frasi nominali. Secondo Voza (1969) “il costrutto assoluto o ‘sintagma nominale paratattico in funzione associativo-modale’ è un elemento così costitutivo della struttura prosastica di Svevo da rappresentarne uno dei più efficaci strumenti di indagine stilistica”. Nella versione tedesca, in special modo in quella rismondiana, 9 le frase nominali vengono normalizzate attraverso frasi relative: “e, nel dolore, fui sempre accompagnato dal sentimento che […]” (Svevo 1982, 51) “Aber in meinem Schmerz entstand das Gefühl, dass […]” (Svevo 1929, 48) “und im Schmerz begleitete mich immer das Gefühl” (Svevo 2010, 44) “ciò che serviva – e qui con fede scientifica sicura – ad aumentare la mia diffidenza per lui.” (Svevo 1982, 53) “Jedenfalls vermehrte das mein Misstrauen gegen ihn, darin steht die Wissenschaft auf meiner Seite” (Svevo 1929, 50) “was wiederum – hier aber mit gesicherter wissenschaftlicher Überzeugung – meine Miβtrauen ihn gegenüber schürte.” Svevo 2010, 46) “E rimasto solo (strano anche questo!) non pensai alla salute di mio padre” (Svevo 1982, 63) “ Allein geblieben, dacht ich nicht (worüber ich mich heute wieder wundere) an den Gesundheitszustand meines Vaters” (Svevo 1929, 65) “Und allein geblieben (auch das ist seltam!) dachte ich nicht an die Gesundheit meines Vaters” (Svevo 2010, 60) Sul piano lessicale, gli interventi dei traduttori rischiano di impoverire il tessuto significante dell’originale, riducendo sensibilmente la ricchezza iconica della scrittura sveviana (Berman 1985a). Rismondo tende ad evitare le ambiguità semantiche a favore dell’uso standard della lingua sempre nell’intento conferire al testo tedesco una maggiore fluidità e fruibilità. La Kleiner segue più l’impostazione straniante, non sottoponendo il testo ad una manipolazione etnocentrica, che Berman riassume con l’assioma “accogliere lo Straniero in quanto Straniero” (Berman 2004, 277). La prosa sveviana, come sappiamo, abbonda di locuzioni dialettali, proverbi, neologismi, che sono quegli elementi del discorso che difficilmente possono essere tradotti in un’altra lingua senza perdere il colore originale. La tendenza dei traduttori è quella di tradurre una locuzione della L1 in una equivalente nella L2 e laddove ciò non è possibile, riformulano il senso attraverso l’uso di perifrasi o costrutti equivalenti. Si vedano, a titolo di esempio, i seguenti casi: “Chi di psico-analisi s’intende, sa dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica” (Svevo 1982, 3) “Jeder, der etwas von Psychoanalyse versteht, wird begreifen, woher di Antipathe kommt, die mir der schreibende Patient entgegenbringt.” (Svevo 1929, 6) “Wer etwas von Psychoanalyse versteht, weiβ, wo die Abneigung einzuordnen ist, die der Patient mir entgegenbringt” (Svevo 2010, 7) L’espressione “dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica” che ha un forte richiamo ironico è tradotta da Rismondo: “da dove viene l’antipatia che lo scrivente paziente mi dedica”, mentre la Kleiner traduce: “sa, dove si colloca 10 l’avversione che il paziente mi dedica”. Anche nel caso seguente, nella traduzione rismondiana l’espressione “arrabbiato col diritto” viene così riformulata: “lo abbandonai con rabbia e mi gettai fra le braccia della scienza, che mi appariva la vita stessa”. Qui il valore significante dell’originale è compromesso in quanto nel versione originale Svevo allude implicitamente alla lotta del protagonista contro il diritto canonico, mentre nella versione di Rismondo questa allusione si perde completamente7: “M’ero arrabbiato col diritto canonico che mi pareva tanto lontano dalla vita e correvo alla scienza ch’è la vita stessa benché ridotta in un matraccio” (Svevo 1982, 31) “Ich erkannte plötzlich, wie fern und abseits das Kirchenrecht vom wirklichen Leben lag, liess es ärglich im Stich und warf mich einer Wissenschaft in die Arme, di mir das Leben selber schien, wenn anch in einer Glasphiole eingeschlossen.” (Svevo 1929, 19) “Ich hatte mich über das Kanonische Recht geärgert, das mir so weltfremd vorkam, nun lief ich zu der Wissenschaft über, die das Leben selbst ist, wenn auch reduziert auf ein Reagenzglas” (Svevo 2010, 18) Per tradurre quegli elementi cosiddetti intraducibili del prototesto i due traduttori, in mancanza di un equivalente nella lingua tedesca, ricorrono a diversi procedimenti (tra cui le già menzionate note del traduttore nel caso della Kleiner), attraverso l’adattamento con il quale si trova un corrispondente “culturale” nella lingua di arrivo: “Non fumare, veh!” (Svevo 1982, 30) “Nicht rauchen, du!” (Svevo 1929, 17) “Nicht rauchen, hm!” (Svevo 2010, 17) “ero avviato a un fiasco simile” (Svevo 1982, 104) “welchem entsetzllichen Fiasko ich entging” (Svevo 1929, 127) “daß ich auf ein soches Fiasko zusteuerte” (Svevo 2010, 114) Oppure possono optare per un procedimento perifrastico col quale sostituiscono la parola intraducibile del prototesto con una frase e/o espressione nella lingua d’arrivo, che ha sempre valore esplicativo e si configura come una traduzione etnografica indipendentemente dagli sforzi che i traduttori fanno per rimanere ‘fedeli’ al testo originale: “l’altro gli avrebbe fatta la pelle” (Svevo 1982, 35) “ihm das Fell über die Ohren zu ziehen” (Svevo 1929, 25) “Der andere ihn sonst umgebracht hätte.” (Svevo 2010, 24) 7 La traduzione di Rismondo non trasmette quel carattere affettivo dell’espressione che secondo Leopardi è uno dei compiti più difficili nel tradurre un testo letterario: “Ciascuna lingua (...) ha certe forme, certi modi particolari e propri che per l’una parte sono difficilissimi a trovare perfetta corrispondenza in altra lingua; per l’altra costituiscono il principal gusto di quell’idioma, sono le sue più native proprietà, i distintivi più caratteristiche del suo genio, le grazie più intime, recondite, e più sostanziali di quella favella.” (Leopardi 2002, 136) 11 “Feci un bel fiasco.” (Svevo 1982, 56) “Ich blamierte mich damit gehörig.” (Svevo 1929, 55) : “feci una figuraccia come si deve” “Da hatte ich ein schönes Fiasko angerichtet.” (Svevo 2010, 50) “ch’io non davo un fico secco per la sua scienza” (Svevo 1982, 75) “für seine ganze Wissenschaft keine Cent gäbe” (Svevo 1929, 83) “daβ ich keine Heller auf seine Wissenschaft gab” (Svevo 2010, 75): centesimo ma ricorda il popolare das ist keinen Heller wert > non vale un fico secco “– ma che pelle d’Egitto! – urlai.” (Svevo 1982, 41) “Ich rief: “Zum Teufel mit Ihrer Haut!” (Svevo 1929, 33): al diavolo la sua pelle! “Aber was den für eine Haut, zum Kuckuck!” (Svevo 2010, 32): ma che pelle, al diavolo! “Non ho mica le ubbie umanitarie che hai tu!” (Svevo 1982, 89) “Ich kenne nicht den Menschlichkeitsdusel, an dem du zu leiden scheinst!” (Svevo 1929, 104) “Ich hab ja nicht deinen humanitärien Fimmel!” (Svevo 2010, 94) “Anna che aveva il suo quarto d’ora” (Svevo 1982, 94) “diese habe gerade eine Viertelstunde” (Svevo 1929, 112) “die gerade ihre fünf minuten hatte,” (Svevo 2010, 101) “Che schifo!” (Svevo 1982, 103) “Pfui!” (Svevo 1929, 126) “Ekelhaft!” (Svevo 2010, 113) Attraverso i frammenti selezionati, ferma restando l’oggettiva “intraducibilità” testuale di alcuni elementi del discorso8, appare evidente che anche sul piano lessicale Rismondo gode di maggiore libertà rispetto alla Kleiner, la quale offre al lettore tedesco un testo i cui tratti somatici lo qualificano come testo tradotto e, di conseguenza, sottintende la presenza di un testo originale da cui nasce. Il traduttore funge da mediatore tra il testo originale che è frutto di una determinata cultura e i codici culturali dell’ambiente ricevente attraverso una riverbalizzazione del prototesto, che rende fruibile per il lettore straniero. Nelle 8 Come afferma Benjamin, la fedeltà assoluta al testo originario non sempre ne trasmette il senso poiché il corrispondente tedesco di una singola parola italiana non esprime la stessa carica o lo stesso significato: “La fedeltà nel tradurre la parola singola non può quasi mai riprodurre pienamente il senso che essa ha nell’originale. Perché il senso, nella sua portata poetica per l’originale, non si esaurisce nell’inteso, ma riceve quella portata proprio dalla modalità in cui l’inteso è legato al modo d’intendere in una parola ben determinata. Si usa esprimere questo con la formula: le parole recano in sé una tonalità affettiva. Proprio la fedeltà letterale nei confronti della sintassi sconvolge del tutto la riproduzione del senso e rischia di condurre diritto e filato all’inintelligibilità. (...) Quanto, infine, la fedeltà nella riproduzione della forma renda difficile la riproduzione del senso, è cosa che si intende da sé (Benjamin 1923, 45). 12 due traduzioni, dunque, il grado di traduzionalità del testo, ovvero la percezione del lettore di essere di fronte a un testo tradotto, è profondamente diverso. Tra gli elementi che sollecitano nel lettore la percezione di fruire di una traduzione ci sono, oltre ai toponimi e all’onomastica letteraria, ai calchi, quegli elementi esotici, quei costrutti linguistici non familiari, che rimandano al prototesto (Popovič 2006). Nella percezione della traduzionalità delle traduzioni tedesche della Coscienza si distinguono, dunque, due livelli di intensità, che vanno dall’addomesticamento di Rismondo, che privilegia la fluidità e fruibilità del metatesto, allo straniamento enfatizzato come appartenente a due culture diverse della Kleiner, la quale conserva l’alterità ideologica del testo straniero, evitando di adeguarsi alla cultura ricevente. Bibliografia Svevo I. 1929 Zeno Cosini, trad. di Piero Rismondo, Basel-Zürich-Leipzig-ParisStrassburg, Rhein Verlag. 1983 La Coscienza di Zeno, Milano, Dall’Oglio. 2010 Zenos Gewissen, trad. di Barbara Kleiner, Zürich, Diogenes Verlag. Popovič A. 2006 La scienza della traduzione. Aspetti metodologici. La comunicazione traduttiva, a cura di Bruno Osimo, Milano, Hoepli. Morini M. 2007 La traduzione, Milano, Sironi Editore. Bassnett S., Lefevere A. 1990 Traslation. History and culture, London/New York, Pinter. Venuti L. 1999 L’invisibilità del traduttore, Roma, Armando Editore. 1985 The translation studies reader, London, Routledge. Schleiermacher F. 2006 La scienza della traduzione. Aspetti metodologici. La comunicazione traduttiva, trad. a cura di Bruno Osimo e Daniela Laudani, Milano, Hoepli. Saccone E. 1973 Commento a Zeno, Bologna, Il Mulino. Jakobson, R., Pomorska K., Rudy S. 1987 On Linguistic Aspects of Translation, in «Language in Literature», Cambridge (Massachusetts), Belknap Press. Vinay J. P., Darbelnet J. 1985 A methodology for translation, in Venuti (1985) Baldini R. 13 1991 L'uso delle reggenze preposizionali nella "Coscienza di Zeno", in “La Rassegna della letteratura italiana”, XCV 1- 2. Voza P. 1969 Un esempio di stile nominale nella narrativa sveviana, in “Convivium”, XXXVI. Leopardi G. 2002 Teoria delle arti, lettere ec. parte pratica, teorica ec. Edizione tematica dello Zibaldone di pensieri stabilita sugli Indici leopardiani, a cura di F. Cacciapuoti, Roma, Doninzelli Editore. Benjamin W. 1923 Die Aufgabe der Übersetzer, in C. Baudelaire, Tableaux parisiens, Weissbach, Heidelberg (trad. it. R. Solmi, Il compito del traduttore, in Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi editore, 1962) 14