LA COSCIENZA DELLA
CRISI NEL PRIMO 900
Caloiero Ramona
Mappa
concettuale
LUIGI PIRANDELLO
 Lucido e profondo interprete della
crisi dell’ uomo contemporaneo,
angosciato dalla solitudine e dall’
alienazione, Pirandello mette a
nudo il vuoto e la falsità di un
mondo fondato più su ciò che
appare che su ciò che è. E’ proprio
in questa realtà, che si adopera per
descrivere la condizione dell’ uomo
che si ritrova disperatamente solo,
impossibilitato a dialogare con gli
altri e soprattutto con se stesso, in
un mondo privo di certezze e di
punti di riferimento che non può
conoscere e possedere.
ITALO SVEVO
“….Con Svevo entrava nei nostri
confini l’ Europa con la sua
spiritualità e la sua crisi; ed
entrava la vita vera, il coraggio
della denuncia drammatica,
totale, di un’ umanità
eccezionalmente scoperta ed
indifesa da falsi pudori e da
mistificazioni. Entrava con Svevo
la coscienza dell’ Europa
postromantica, il fermento di una
cultura in cui si annunziavano i
destini dell’anima
contemporanea, i termini concreti
di un dramma storico che non era
lecito eludere o ignorare....”
Leone De Castris
EUGENIO MONTALE
“... L’ argomento della mia poesia è la
condizione umana in sé considerata:
non questo o quell’ avvenimento
storico … Non sono stato indifferente
a quanto è accaduto negli ultimi
trent’ anni; ma non posso dire che
se i fatti fossero stati diversi anche la
mia poesia avrebbe avuto un volto
totalmente diverso … Avendo sentito
fin dalla nascita una totale
disarmonia con la realtà che mi
circondava, la materia della mia
ispirazione non poteva essere che
quella disarmonia. Non nego che il
fascismo dapprima, la guerra più
tardi, e la guerra civile più tardi
ancora mi abbiano reso infelice;
tuttavia esistevano in me ragioni di
infelicità che andavano al di là ed al
di fuori di quei fenomeni … “
POESIE
MONTALE
GIUSEPPE UNGARETTI

POESIE
Grande interprete del
panorama poetico del ‘900,
Ungaretti, prendendo spunto
da quella che fu la terribile
esperienza della prima guerra
mondiale cantò il dramma di
un uomo smarrito, debole e
solo … un uomo che misura
tragicamente la precarietà del
proprio esistere, che avverte
una fortissima tensione verso l’
eterno e che si consola nel
rapporto fraterno con gli altri.
La poesia diventa così un
“varco”, un’ “illusione
suprema” capace di riscattare l’
uomo dal “male di vivere”.
NIETZSCHE
Nietzsche ha concepito in mezzo a questi viottoli e
ha iniziato in questa casa la stesura di «Così parlò
Zaratustra», senza dubbio la sua opera più
nota, rivolta a.....
"...Essi, che hanno qualcosa di cui vanno orgogliosi.
Come si chiama quella cosa che li rende orgogliosi?
Essi la chiamano cultura, ed è ciò che li distingue
dal pastore di capre....
Attraverso quest'opera, si diffonde in Europa quello
"spirito della crisi" che covava nell'ambito ristretto
della cultura filosofica, con esiti che arriveranno
fino alle soglie della seconda guerra mondiale. «La
morale che supera se stessa per veracità, i moralisti
che superano se stessi diventando il loro opposto me stesso - questo significa il nome di Zarathustra
sulla mia bocca»
SIGMUND FREUD
Ci sono nella tua vita
psichica assai più cose di
quante possono divenir
note alla tua coscienza.
[...] Lo psichico non
coincide affatto in te con
ciò che ti è cosciente.
L'attuarsi di qualche cosa
nella tua psiche e il fatto
che questo qualche cosa ti
sia anche noto, son due
faccende diverse.
(Freud, "Una difficoltà
della psicoanalisi")
ARTHUR
SCHOPENHAUER

“…. Il giustificato sprezzo degli
uomini ci porta a rifugiarci nella
solitudine. Ma il deserto di questa
a lungo andare dà angoscia al
cuore. Per sfuggire al suo peso,
dunque, bisogna portarsela in
società. Bisogna cioè imparare ad
essere soli anche in compagnia, a
non comunicare agli altri tutto ciò
che si pensa, a non prendere alla
lettera quello che dicono, al
contrario, ad aspettarsi molto
poco da loro, sia moralmente che
intellettualmente .…”
Schopenhauer
LE GRANDI GUERRE

Rimaste nel cuore di ognuno per la vastità e la crudeltà dei massacri
le guerre mondiali rimangono ancora oggi due tra gli eventi più
cruciali che hanno scandito la nostra storia. Parliamo dunque di
conflitti di egemonia … lotte suicide tra stati animati dalla sete di
potere … popoli innocenti vittime di stragi irreversibili… Di tratta
perciò di conflitti che assunsero una connotazione di carattere
totale: tutta la popolazione, con o senza divisa, scese in campo per
difendere i propri diritti violati, in due guerre ancora oggi tanto
vicine all’ esperienza di tante nazioni.
SENECA

Nel “DE BREVITATE VITAE” Seneca scrive
che non dobbiamo lamentarci che la vita è
breve: essa è abbastanza lunga per adempire
il suo compito, che è la ricerca della virtù.
Ma noi stessi la abbreviamo, perché
sprechiamo il nostro tempo in occupazioni
futili: dopo lunghi anni di vita, ci troviamo
ad avere vissuto veramente solo pochi
giorni.
La distinzione tra un tempo veramente
vissuto e un tempo sprecato in una non-vita
apre perciò la strada ad una concezione
“esistenziale” del tempo come dimensione
non oggettiva, ma soggettiva, rapportata
cioè, all’ atteggiamento con il quale l’ uomo
affronta il trascorrere del tempo: una
concezione che Seneca maturerà pienamente
nelle “EPISTOLE A LUCILIO”.
MENANDRO

La vita di Menandro si svolse in un periodo assai doloroso e difficile per
Atene. Da qui nasce la necessità dell’approfondimento psicologico, dell’
analisi attenta dei sentimenti, dell’ indagine che scruta fino nelle più riposte
pieghe dell’ animo umano; tutto ciò non è certo fonte di facile comicità, ma
piuttosto apre la strada, quando è necessario, ad un umorismo più raffinato
e sottile, che comunque è soltanto uno dei fini da raggiungere (e nemmeno
il più importante), per un poeta interessato sopratutto al mondo interiore
dell’ uomo nella sua totalità.
ESPRESSIONISMO
“… Camminavo lungo la strada con due amici
Quando il sole tramontò
Il cielo si tinse all’ improvviso di rosso sangue
Mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
Sul fiordo nerazzurro e sulla città c’ erano sangue e lingue di fuoco
I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura
E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura …”
MUNCH
FINE
MAPPA
CONCETTUALE
•
•
•
La sconfitta della volontà
SVEVO: La coscienza di Zeno
Senilità
Il dramma di essere uomo
PIRANDELLO: Il fu Mattia Pascal
Uno, nessuno e centomila
Un coraggioso senso del dolore di fronte al male di vivere
Ungaretti: (In memoria, I fiumi, Natale)
Montale: (La primavera Hitleriana, Nuove stanze, Spesso il male di vivere ho incontrato)
•
IL MONDO NELLE DUE GUERRE MONDIALI
FREUD: la psicoanalisi - il disagio della civiltà
NIETZSCHE: il superamento della crisi e l’ oltre uomo
SCHOPENHAUER: la volontà di vivere
•
SENECA: De brevitate vitae, Epistulae ad Lucilium, Consolatio ad helviam matrem
•
MENANDRO E LA COMMMEDIA: lo specchio del malessere dell’ Atene del IV secolo
•
ESPRESSIONISMO: MUNCH
LA PRIMAVERA HITLERIANA
Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchia
come su zucchero il piede; l'estate imminente sprigiona
ora il gelo notturno che capiva
nelle cave segrete della stagione morta,
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.
Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch'esse
di cannoni e giocattoli di guerra,
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi,
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
s'è tramutata in un sozzo trescone d'ali schiantate,
di larve sulle golene, e l'acqua séguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole.
Tutto per nulla, dunque? - e le candele
romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
l'orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
forti come un battesimo nella lugubre attesa
dell'orda (ma una gemma rigò l'aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
gli angeli di Tobia, i sette, la semina
dell'avvenire) e gli eliotropi nati
dalle tue mani - tutto arso e succhiato
da un polline che stride come il fuoco
e ha punte di sinibbio....
Oh la piagata
primavera è pur festa se raggela
in morte questa morte! Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell'Altro e si distrugga
in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
che salutano i mostri nella sera
della loro tregenda, si confondono già
col suono che slegato dal cielo, scende, vince col respiro di un'alba che domani per tutti
si riaffacci, bianca ma senz'ali
di raccapriccio, ai greti arsi del sud...
SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’ incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
Che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Nuove stanze
Poi che gli ultimi fili di tabacco
al tuo gesto si spengono nel piatto
di cristallo, al soffitto lenta sale
la spirale del fumo
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi
guardano stupefatti; e nuovi anelli
la seguono, più mobili di quelli
delle tue dita.
La morgana che in cielo liberava
torri e ponti è sparita
al primo soffio; s'apre la finestra
non vista e il fumo s'agita. Là in fondo,
altro stormo si muove: una tregenda
d'uomini che non sa questo tuo incenso,
nella scacchiera di cui puoi tu sola
comporre il senso.
Il mio dubbio d'un tempo era se forse
tu stessa ignori il giuoco che si svolge
sul quadrato e ora è nembo alle tue porte;
follìa di morte non si placa a poco
prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo;
ma domanda altri fuochi, oltre le fitte
cortine che per te fomenta il dio
del caso, quando assiste.
Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco
tocco la Martinella ed impaura
le sagome d'avorio in una luce
spettrale di nevaio. Ma resiste
e vince il premio della solitaria
veglia chi può con te allo specchio ustorio
che accieca le pedine opporre i tuoi
occhi d'acciaio.
IN MEMORIA
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Natale
Non ho voglia
Di tuffarmi
In un gomitolo
Di strade
Ho tanta
Stanchezza
Sulle spalle
Lasciatemi così
Come una
Cosa
Posata
In un
Del focolare.
Angolo
E dimenticata
Qui
Non si sente
Altro
Che il caldo buono
Sto
Con le quattro
Capriole
Di fumo
I FIUMI
Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato
L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr'ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo
il mio s upplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità .
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere dell'inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre.
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