Liceo classico “F. Fiorentino” anno scolastico 2004/’05 La solidarietà nella famiglia Percorso tematico dell’alunno della III A GIOVANNI VESCIO “I Promessi Sposi” capitoli conclusivi Verga e la famiglia ne I Malavoglia Seneca, Persio, Giovenale Pascoli ed il “nido”, familiare La famiglia:pilastro della società civile e dello Stato in Hegel e Comte La famiglia romana da Nerone a Traiano La Sacra Famiglia in Michelangelo, Raffaello, Masaccio e Moore Il valore della famiglia nella civiltà greca Divina Commedia: “Paradiso” Canto XI L’ellenismo e la“na”di Menandro Perchè questa tematica Dalla rivoluzione russa del 1917 alla Repubblica di Moldavia SOLIDARIETÀ NELLA FAMIGLIA Attualizzazione: Benedetto XVI Perchè questa tematica La famiglia è una delle istituzioni fondamentali della società, di quella moderna ed occidentale in cui viviamo e di tutte le società storicamente conosciute. Pilastro basilare della famiglia è la solidarietà: il condividere, da parte di ogni suo membro, sentimenti, affetti, opinioni, difficoltà e l’agire di conseguenza. É importante valorizzare il ruolo della famiglia. Per me la famiglia è stata una conquista avvenuta a sei anni e non, come per molti, presente già dalla nascita. Sino al 1992, anno dell’adozione da parte dei miei attuali genitori, sono cresciuto in un Istituto della Capitale della Repubblica di Moldavia, una delle Repubbliche dell’ex URSS, Kishinev o, in moldavo, Chişinau. Anche il rapporto con mia sorella, adottata contemporaneamente in un altro Istituto della Moldavia, è stato fondamentale per la mia crescita interiore e per affrontare serenamente il mio nuovo status di persona inserita in una famiglia che mi ha fatto crescere sereno e sicuro. Dall’impero zarista all’ URSS Quando l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, ritenuta responsabile dell’attentato, la Russia, che proteggeva la Serbia, mobilitò il suo esercito, provocando la reazione della Germania, alleata dell’Austria. Il 3 agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia e alla Francia, sua alleata. Il 1917 fu l’anno più difficile della guerra,All’inizio di marzo in Russia, uno sciopero generale degli operai di Pietroburgo si trasformò in un’imponente manifestazione politica contro il regime zarista; al potere legale del governo provvisorio, sotto la figura di Georgij L’vov , si era subito affiancato e sovrapposto il potere di fatto dei Soviet (termine russo che significa “consiglio”), che assunse la guida del movimento rivoluzionario in tutta la Russia, seguendo le indicazioni di Lenin. Questi nell’aprile del ‘17 poté tornare in Russia grazie alla copertura delle autorità tedesche che, conoscendo le sue idee, le cosiddette “tesi di aprile” , favorirono il suo rientro dalla Svizzera. Secondo queste tesi, con le quali si rifiutava il carattere borghese della fase rivoluzionaria, si poneva il problema della presa del potere , rovesciando le teorie marxiste ortodosse, il movimento operaio doveva approfittare della guerra e della sofferenza che essa provocava nelle masse per affrettare il crollo dei regimi capitalistici. Insieme al nuovo presidente del Soviet di Pietroburgo, Trotzkij, furono gli organizzatori e la mente militare dell’insurrezione del 25 ottobre 1917. La fulminea presa del potere ed il governo rivoluzionario da essi formato, contro il principio di democrazia, spinse i bolscevichi ad instaurare una vera e propria dittatura, grazie anche alla riorganizzazione dell’esercito, operata con la costituzione dell’”Armata rossa degli operai e dei contadini”, una potente macchina da guerra. La catastrofe della carestia del 1921 fece abbandonare l’esperimento del comunismo di guerra per avviare una “nuova politica economica” (NEP), che prevedesse una parziale liberalizzazione nella produzione e negli scambi, di conseguenza che favorisse l’afflusso dei generi alimentari verso le città. Con l’ascesa di Stalin alla segreteria del partito (aprile 1922) e la malattia di Lenin ( morto nel gennaio 1924 per apoplessia) si scatenò una dura lotta all’interno del gruppo dirigente bolscevico. Continua... Stanilismo e II conflitto mondiale Alla fine degli anni ’20 Stalin pose fine alla NEP, dando inizio all’industrializzazione forzata. Le attività agricole furono presto collettivizzate ed i Kulaki sterminati non solo come “classe”, ma in larga parte come persone fisiche. Parallelamente fu varato, nel 1928,il primo piano quinquennale che segnò una strepitosa crescita della produzione industriale; questo suscitò diffusa ammirazione nel mondo occidentale che subiva le conseguenze della “grande crisi” del 1929. Col 1934 ebbe inizio la stagione delle “grandi purghe” e del terrore indiscriminato; si trattò di una gigantesca espressione poliziesca che colpì milioni di persone e che diede vita ad un immenso universo concentrazionario formato da campi di lavoro (detti in tedesco “lager” e definiti, dal romanziere Solẑenitsyn, “Arcipelago Gulag”). Quello che si consumò in URSS negli anni dello stalinismo fu un vero e proprio sterminio di massa. In risposta alle mire tedesche sulla Polonia, Francia e Inghilterra conclusero un’alleanza con questo paese. L’Italia, con Mussolini, dopo il patto di amicizia stipulato nel 1936 con il nome di Asse Roma-Berlino decise di affrontare una scelta significativa:una vera e propria alleanza militare chiamata Patto d’acciaio. La principale incognita era costituita dall’atteggiamento dell’URSS; il 23 agosto 1939 i ministri degli esteri tedesco e sovietico, Ribbentrop e Molotov, firmarono a Mosca un patto di non aggressione . L’URSS non solo allontanava momentaneamente la minaccia tedesca dai suoi territori, ma mediante un protocollo segreto otteneva la spartizione dei territori come Romania e Polonia, ai quali aspirava. Attraverso l’offensiva tedesca, scattata il 22 giugno 1941 contro la nazione bolscevica e denominata “Operazione Barbarossa”, le truppe naziste penetrarono rapidamente nel territorio sovietico, senza però conquistare la nuova capitale Mosca, perciò si impantanarono su quel fronte, in una guerra di logoramento. L’episodio decisivo di questa fase della guerra si verificò nel 1942 quando i Tedeschi iniziarono l’assedio di Stalingrado, sul Volga: i Sovietici contrattaccarono efficacemente e chiusero i Tedeschi in una morsa. Continua... L’accordo che segnò la “guerra fredda” Con questa importante vittoria l’URSS acquista il diritto a prendere parte alla Conferenza di Casablanca, in Marocco (1943), di Teheran (1943), dopo la liberazione della Francia, nelle conferenze di Monaco (1944) e di Yalta (febbraio 1945) gli alleati si accordarono sul futuro assetto dell’Europa. La Seconda Guerra Mondiale sancì la crisi definitiva della supremazia europea e l’emergere di nuove superpotenze: USA e URSS. Nasceva un nuovo equilibrio internazionale di tipo bipolare, per i rapporti internazionali. La grande alleanza fra le potenze vincitrici aveva cominciato ad incrinarsi già prima della guerra, in relazione al futuro della Germania ed al controllo dell’URSS sui paesi dell’Europa orientale nella Conferenza di pace di Parigi (luglio 1946) e nella conferenza di Postdam tutto rimase irrisolto, perciò i contrasti tra le due superpotenze si accentuarono, dando inizio a quella contrapposizione tra i due blocchi e che fu definita “guerra fredda”. Nel ’48-’49 i contrasti fra le due superpotenze si accentuarono non appena i Sovietici chiusero gli accessi a Berlino: questa crisi sfociò nella nascita della Repubblica Federale Tedesca (zone poste sotto il controllo di americani, inglesi e francesi), cui l’URSS rispose con la creazione della Repubblica Democratica Tedesca. Il Patto Atlantico (1949) ed il Patto di Varsavia (1955) completarono la divisione dell’Europa in due blocchi. Negli anni successivi alla presidenza Truman (1952) e alla morte di Stalin (1953) si affermò progressivamente un nuovo rapporto meno conflittuale tra le due superpotenze, basato essenzialmente sul reciproco riconoscimento delle rispettive sfere di influenza. Continua... Gli uomini filoccidentali: Kruscëv - Gorbačëv Dopo una serie di duri scontri il Segretario del PCUS, Nikita Kruscëv, si impose come il leader indiscusso del paese: personaggio vivace ed estroverso, si fece promotore di alcune significative aperture sia in politica estera che in politica interna. Passo importante compiuto dal nuovo leader fu certamente il rapporto Kruscëv al XX Con grasso del Pcus: una durissima requisitoria contro Stalin, con la rievocazione senza reticenze degli arresti in massa, delle deportazioni, delle torture e dei processi farsa. Gli errori e le deviazioni attribuite al culto della personalità non mettevano in discussione la validità del modello sovietico e della dottrina leniniana. Firmando nel 1963 con gli USA un trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari, Kruscëv accentuò i caratteri pacifici del confronto con l’Occidente, ma nel 1964 fu destituito anche a causa del fallimento dei suoi piani economici. La Primavera di Praga del 1968 e la crisi polacca del 1970 mettevano in risalto il problema di un crescente disagio nei rapporti fra governi e governati nell’Europa orientale.Con l’avvento di Mikhail Gorbačêv (1985) si diede l’avvio ad una svolta radicale: riforme economiche ed istituzionali, maggiore libertà di informazione.Un anno prima che fossi adottato, nel 1991, anche il mio paese natale, la Moldavia, ottenne l’indipendenza. Fra il 1989 ed il 1991 il processo di disgregazione dell’URSS , avviato da Gorbačëv attraverso la glasnost (trasparenza) e la perestroika (ristrutturazione), subì un’accelerazione dopo un fallito colpo di Stato tentato, nell’agosto del 1991, dai rappresentanti del vecchio regime. Alla fine del 1991 l’Unione Sovietica cessò di esistere e Mikhail Gorbačëv diede le dimissioni. Continua... Repubblica di Moldavia A metà del XIV secolo, sotto il governo di Stefan cel Mare (Stefano il Grande), il voivodato di Moldavia raggiunse il massimo splendore. Quando a Stefan successe il figlio, l'esercito turco era ormai diventato una forza inarrestabile e la Moldavia finì sotto il controllo dell'impero ottomano. Rimase sotto la sovranità turca fino al 1711, quando i russi fecero la loro prima comparsa ai confini moldavi. Annessioni, spartizioni, scaramucce, invasioni e guerre erano all'ordine del giorno e la regione cambiò padrone più volte. Nel 1939 il patto Molotov-Ribbentrop (l'accordo tedesco-sovietico sulla divisione dell'Europa orientale), riconsegnò la Bessarabia romena all'URSS, che annesse la regione autonoma alla Bessarabia sovietica e ribattezzò l'intero territorio Repubblica Socialista Sovietica della Moldavia. . Il conseguente processo di sovietizzazione comportò la deportazione di oltre 25.000 moldavi in Siberia e nel Kazakhistan, la chiusura delle sinagoghe ebraiche, la messa al bando delle cerimonie religiose e l'imposizione dell'alfabeto cirillico al posto di quello rumeno, basato sul latino. L'indipendenza non ha risolto i problemi del paese, ma ha contribuito a crearne di nuovi. Le minoranze slave della Transnistria sono desiderose di mantenere i loro legami culturali e sociali con la Russia, mentre al sud la minoranza dei gagauzi di lingua turca è preoccupata per la possibile riunificazione con la Romania. Con il collasso del comunismo a metà degli anni '80 e la politica di apertura inaugurata da Gorbaciov, il nazionalista Fronte Popolare Moldavo finalmente ebbe la possibilità di far valere le proprie ragioni. Seguirono anni di riforme e di ottimismo. Nel 1989 l'alfabeto latino tornò a essere quello ufficiale; nel 1990 fu introdotta la bandiera moldava e venne approvata una dichiarazione di sovranità moldava. Nel 1991, infine, la Moldova proclamò la sua piena indipendenza. Il primo presidente eletto democraticamente fu il comunista Mircea Snegur. Mappa Continua... L’ellenismo Riscoperta di nuovi valori Con la battaglia di Cheronea (338 a.C.) la Grecia perse la sua indipendenza. Alle πόλεις rimase sufficiente autonomia e, nominalmente, la libertà, ma a poco a poco furono tagliate fuori dal gioco della politica.La morte improvvisa di Alessandro non fece che rafforzare le catene. I Greci non avevano compreso né amato questo giovane che, divenuto campione dell’ellenismo, riportava in auge una concezione eroica che sembrava conclusa con l’epopea di Omero e alla quale pareva che, almeno nei loro sogni,tutti i Greci fossero rimasti fedeli. In realtà essi non seppero mai trascendere l’angusta visione della città-stato che al di fuori dei suoi confini non vedeva che nemici.Questa angustia di vedute aveva impedito il sorgere di una nazione,ma la soggezione macedone impose l’unità che l’individualismo delle πόλεις aveva impedito di raggiungere. La società diventa cosmopolita. Con le mutate condizioni politiche muta la concezione della vita. Gli uomini migliori non si esaltano più per le glorie della patria, ma per le conquiste interiori. L’orizzonte umano a poco a poco si universalizza e si comincia a guardare intorno con spirito di comprensione e d’amore.Se da un lato si sviluppò una tendenza sempre più spiccata al cosmopolitismo, dall’altro si fece strada nell’individuo il bisogno di sostituire i valori collettivi con quelli tipici della sfera privata. Menandro, figlio di Diopìte e di Egèstrata,nacque ad Atene verso il 343 a.C. e vi morì verso il 292 a.C. “Strabico d’occhi, acuto di mente, pazzo al massimo per le donne”. Si diede al teatro giovanissimo; ebbe relazioni di amicizia con i filosofi del suo tempo, fu compagno di εφεβία di Epicuro e visse pensando a godere nella misura del possibile, osservando con sguardo sereno gli uomini tra cui viveva.Menandro non parodiò i suoi simili, sentendo che non ne valeva la pena: li rappresentò quali erano e con tale evidenza che la sua commedia fu detta”specchio di vita”. Aristofane nelle sue commedie punse tutto e tutti; con Menandro decisamente si cominciò a guardare il prossimo con occhio d’amore. Menandro rappresenta; la morale dovranno trovarla spettatori e lettori. Secondo le fonti antiche Menandro esercitò l’attività di commediografo per circa trent’anni, durante i quali avrebbe scritto: Δύσκολος (misantropo), ̉Επυτρένοντες (i contendenti), Περικειρομένη (la donna tosata), ̉Ασπίς (scudo) e Σαμία (donna di Samo). Quest’ultima è il testo che più rispecchia la solidarietà nella famiglia. Continua... La Σαμία: “intreccio familiare” TRAMA Un cantuccio di Atene con le due case vicine, quella di Demèa, ricco, e quella di Nicerato, povero. Demèa ha con sé, come figlio adottivo, Maschione, e come ancella una ragazza di Samo, Criside. Nicerato ha una figlia, Plangone. Maschione e Plangone si sono amati e dal loro amore è nato un bimbo che, per accomodare le cose, Criside ha presentato a Demèa come suo. Questo, messo in sospetto dalla balia che il figlio fosse di Maschione e di Criside (che invece aveva perso suo figlio nello stesso periodo) caccia via tutti dalla casa. Criside trova, insieme al bimbo, ricetto in casa di Nicerato il quale, dopo essere giunto a fare a botte con Demèa per una serie di incomprensioni, accetta, assieme al padre di Maschione, che le nozze tra i due ragazzi abbiano luogo subito. Mappa Continua... Seneca: esilio e morte La morte di Seneca e Paolina negli “Annales” di Tacito Come ebbe rivolto a tutti queste parole ed altre dello stesso tenore, abbracciò la moglie e, un po' commosso dinanzi alla sorte che in quel momento si compiva, la pregò e la scongiurò di placare il suo dolore e di non lasciarsi per l'avvenire abbattere da esso, ma di trovare nel ricordo della sua vita virtuosa dignitoso aiuto a sopportare l'accorato rimpianto del marito perduto. La moglie dichiarò, invece, che anche a lei era destinata la morte, e chiese la mano del carnefice. Allora Seneca, sia che non volesse opporsi alla gloria della moglie, sia che fosse mosso dal timore di lasciare esposta alle offese di Nerone colei che era unicamente diletta al suo cuore: "Io ti avevo mostrato", disse "come alleviare il dolore della tua vita, tu, invece, hai preferito l'onore della morte: non sarò io a distoglierti dall'offrire un tale esempio. Il coraggio di questa fine intrepida sarà uguale per me e per te, ma lo splendore della fama sarà maggiore nella tua morte". Dette queste parole, da un solo colpo ebbero recise le vene del braccio. Consolatio ad Helviam matrem Con la Consolatio ad Helviam matrem (42 ca.), scritta durante l’esilio in Corsica, Seneca conforta la propria madre e la consola del dolore per la sua lontananza. Continua... Persio e la tradizione nelle famiglie Aulo Persio Flacco nacque, nel 34, a Volterra, in Etruria (dell'origine etrusca rimane traccia nel suo prenome, Aules, forma di compromesso tra l'etrusco Aule e il latino Aulus), da ricca famiglia equestre. A Roma frequentò le migliori scuole di grammatica e retorica, il filosofo stoico Anneo Cornuto fu suo maestro e lo mise in contatto con gli ambienti dell'opposizione senatoria al regime (Lucano, del quale divenne amico, Seneca e Trasea Peto, al quale il giovane volterrano era legato anche da vincoli di parentela. Trasea Peto, vittima di Nerone nel 66, è l'autore di una vita di Catone Uticense che fu molto famosa nell'antichità e che servì di modello alla vita di Catone scritta da Plutarco). La filosofia lo portò a condurre una vita austera e appartata, nel culto degli studi e degli affetti familiari. Persio morì, non ancora ventottenne, nel 62. Persio Flacco, Aulo (Volterra 34 - Roma 62 d.C.), poeta latino. Scrisse sei satire di tono severamente moralistico, dirette contro il malcostume della società contemporanea in contrasto con l'austero ideale stoico di virtù. La prima satira critica il facile successo di alcuni poeti dell'epoca ed esprime il fermo proposito dell'autore di dedicarsi a una poesia moralmente impegnata, la quinta esalta la libertà interiore, le altre attaccano la falsa religiosità, l'avarizia, l'avidità di denaro e la vita inutile e debosciata di un "giovin signore". Vi si trovano riferimenti diretti alle satire di Lucilio e soprattutto di Orazio, del quale tuttavia manca a Persio il fine umorismo e l'ironia benevola. Spesso criticata per la sintassi contorta, l'estrema concisione, l'uso di termini inconsueti e di metafore astruse, l'opera di Persio è stata vista anche come esempio di originalità e raffinatezza poetica, e riscosse l'ammirazione di poeti quali Dante e Petrarca. Continua... Giovenale ed il malcostume nelle ricche famiglie romane Decimo Giunio Giovenale nasce ad Aquino nel decennio 50-60 d.C. da una famiglia benestante. Riceve una buona educazione retorica e rivela ben presto scarso interesse per la filosofia. In seguito esercita (forse) l'avvocatura, ma con poco successo. Dopo la morte di Domiziano (96 d.C.) si dà all'attività poetica, vivendo da cliens come il suo amico Marziale. Muore dopo il 127 (termine post quem ricavabile dal riferimento ad un fatto accaduto sotto il consolato di Iunco del 127), ma non conosciamo la data precisa. Probabilmente falsa è la notizia di un suo trasferimento in Egitto all'età di 80 anni: l'imperatore Adriano lo avrebbe così allontanato da Roma, con il pretesto di un incarico militare, per punirlo di alcuni versi offensivi nei confronti di un suo protetto (forse il bellissimo Antinòo , amante dell'imperatore). Emerge tuttavia dalla satira XV vv. 43-45 una conoscenza diretta dell’Egitto: "… per la corruzione dei costumi, come io stesso ho constatato, quel popolo barbaro non è inferiore alla famigerata Canopo". L'opera: comprende 16 satire in esametri, suddivise in 5 libri (probabilmente da Giovenale stesso), databili fra il 100 ed il 127 d.C. Satira 6°: è la più lunga (occupa da sola un intero libro); Giovenale vi dà un celeberrimo saggio di misoginia, mettendo al bando l'immoralità e i vizi delle donne; notevole in particolare la descrizione dell'insaziabile lussuria di Messalina, prima moglie dell’imperatore Claudio. Satira 14°: sull'educazione dei figli: Giovenale esalta l’educazione che un tempo i genitori impartivano ai propri figli, fondata sull’onestà e sulla parsimonia. Nell’epoca contemporanea invece contano solo i soldi: "nessuno ti chiede donde venga il denaro, purché tu ne abbia". Mappa Continua... Omnia munda mundis: Famiglia ne “I Promessi Sposi” Numerose sono le tematiche del romanzo: spicca, in primo piano, il tema del rapporto fra libertà e condizionamento, in cui si innestano i motivi dell'amore, della prevaricazione, della paura, che concorrono a sviluppare quello unificante del matrimonio mancato. Importante è anche il tema del contrasto fra ideale e reale, ossia fra come dovrebbe essere la società e come, invece, di fatto è. Ecco, allora, comparire i motivi del privilegio che tocca solo a una piccola categoria di persone, dell'ingiustizia che colpisce tutti coloro che patiscono l'oppressione dei privilegi altrui, della violenza nell'ambito sociale, politico e anche familiare, della mancanza di moralità che nasce dal mancato rispetto delle più elementari norme evangeliche. Il tema più significativo, però, quello su cui poggia il messaggio manzoniano, si riferisce alla visione religiosa della vita, in cui domina il leit-motiv del romanzo, ossia l'opera della Provvidenza di Dio nella storia e nelle umane vicende. Il pessimismo manzoniano emerge nella constatazione della presenza del male, dell'irrazionalità dell'agire umano, della forza dirompente degli egoismi in contrasto. Pure la Grazia di Dio non abbandona gli uomini che lo cercano e confidano in Lui. Per chi ha fede nella Provvidenza il succedersi dei fatti acquista un senso, una logica. In questo senso, anche se termina con la celebrazione delle nozze, il romanzo di Manzoni non presenta l'idilliaco "lieto fine" dei romanzi storici tradizionali. Infatti, a ben vedere, la conclusione della storia si pone al capitolo XXXVI , quando padre Cristoforo scioglie Lucia dal voto che ha fatto la notte trascorsa nel castello dell'innominato, secondo il quale rinuncia alle nozze. In tal modo la ragazza può seguire la voce del cuore e anche Renzo vede finalmente rimosso l'ultimo ostacolo. I due si congedano da padre Cristoforo, commossi dalle sue ultime parole, che suonano alle loro orecchie come un testamento spirituale e che invitano a perdonare "sempre, sempre! tutto, tutto!". Gli ultimi due capitoli, con i preparativi del matrimonio, la celebrazione e la sintetica narrazione degli anni di vita coniugale, sono un completamento della storia: il momento essenziale, invece, è rappresentato dal ritrovarsi dei due giovani con sentimenti immutati e una capacità rafforzata di accettare la volontà di Dio nella loro vita. Verga Pascoli La “famiglia arcaica” de “I Malavoglia” PERSONAGGI Padron 'Ntoni (Antonio) vedovo Bastianazzo (sposa Maruzza - Mariuccia, detta la Longa) 'Ntoni Luca Mena detta sant'Agata Alessi Lia continua... La “famiglia arcaica” de “I Malavoglia” Nei Malavoglia assistiamo ad un ritorno dell’autore al tema della famiglia, scelta in parte dovuta all’intento di rappresentare veristicamente una società contadina incentrata sulla famiglia patriarcale. Questa famiglia è in primo luogo un’unità produttiva, gerarchizzata sotto l’indiscussa autorità di padron ’Ntoni, legata da forti vincoli di solidarietà, dal rispetto di una ferrea legge morale rappresentata dalla volontà del più anziano. Il tema della “religione della famiglia” fa parte della componente romantica del romanzo tradotto nell’ideale dell’ostrica, che esprime l’attaccamento al nucleo familiare e al lavoro. Per Verga, la forza della famiglia è garantita materialisticamente dal legame di sangue che unisce i suoi componenti e costituisce perciò una resistenza alla violenza e all’egoismo del mondo esterno. La solidarietà dei suoi membri è un modo per sopravvivere all’interno della feroce selezione naturale che caratterizza l’esistenza. Questa religione è però un residuo del passato che la modernità sta spazzando via: nel presente, l’egoismo sta già penetrando nell’assetto familiare, come dimostra la corruzione di ’Ntoni e Lia. Pascoli Pascoli ed il mito del “nido” X Agosto, L’assiuolo, Gelsomino notturno Il gelsomino notturno Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna (18551912), in provincia di Forlì. Dal 1862 al 1871 studiò a Urbino. Il 10 agosto del '67 il padre, agente dei prìncipi Torlonia, fu assassinato da ignoti. Iniziò così per la sua famiglia un periodo di miseria e di lutti: infatti a breve distanza gli morirono una sorella, la madre e due fratelli. Questa precoce esperienza di dolore si trasfigurerà poi liricamente nel mito famigliare del "nido". E s'aprono i fiori notturni, nell'ora che penso a' miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l'ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l'odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l'erba sopra le fosse. Un'ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s'esala l'odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s'è spento. . . È l'alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l'urna molle e segreta, non so che felicità nuova. L’assiuolo … Gelsomino notturno Pascoli ed il mito del “nido” X Agosto, L’assiuolo, Gelsomino notturno L'assiuolo Dov’era la luna? ché il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù... Le stelle lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù... Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?...); e c’era quel pianto di morte... chiù... X AGOSTO Mappa Continua... San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade, perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra i spini; ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono. Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male! Hegel famiglia Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque il 27 agosto 1770 a Stuttgart (Stoccarda), da famiglia protestante, "bene ordinata e agiata"; il padre era impiegato statale. Studiò al ginnasio di Stoccarda i classici greci e latini. Seguì i corsi di filosofia e teologia all'Università di Tubinga (1788-1793), dove si legò di amicizia con Schelling e Hölderlin. Si entusiasmò, in tali anni giovanili per la Rivoluzione e Napoleone... ... ... ... ... ...Nel 1816 fu nominato professore di filosofia a Heidelberg, dove pubblicò l'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio; e nel 1818 fu chiamato all'Università di Berlino. Cominciò allora il periodo del suo massimo successo. Hegel moriva a Berlino, forse di colera, il 14 novembre 1831." L’interesse che domina Hegel è storico-politico. Nella filosofia del diritto leggiamo: “Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale”; in altri termini, il divenire della realtà deve essere inteso come processo non contingente, casuale,accidentale, ma necessario, rispondente, cioè, a principi logicorazionali.Lo Spirito, ossia la realtà umana e storica, è il momento in cui l’idea diviene cosciente di sé; lo spirito è la verità della natura che si manifesta come presupposto dello spirito, che si viene ad affermare solo nell’uomo, in quanto egli costituisce il culmine dello sviluppo degli organismi viventi, l’unico essere che sia dotato di una consapevolezza di sé e di una volontà libera. Per Hegel ciò avviene a tre livelli diversi: lo spirito soggettivo, lo spirito oggettivo e lo spirito assoluto. Lo spirito si manifesta nell’interiorità di ciascun individuo; distinguiamo, perciò, tre dimensioni dello spirito soggettivo: anima, coscienza e spirito.I momenti dello spirito oggettivo sono: il diritto, la moralità e l’eticità. Solo nel terzo momento, nell’eticità, il diritto assume una natura morale e la moralità, a sua volta, diviene realtà effettivamente operante, patrimonio comunitario di valori e non pura istanza di un singolo. L’eticità si realizza essenzialmente nella famiglia,nella società civile e nello stato.Il primo momento della dialettica dell’eticità è la famiglia che eleva l’uomo dallo stato di naturalità.La famiglia a cui si riferisce Hegel è il nucleo familiare del periodo borghese; essa nasce da un impulso sessuale, quindi si fonda su un rapporto naturale fra i sessi, ma dà a tale unione un carattere “etico”, spirituale, in quanto favorisce una stabile relazione fra un uomo ed una donna nel vincolo del matrimonio. Tale relazione si esplica nella procreazione e nell’educazione dei figli.L’individuo si inserisce in una comunità, la famiglia, attraverso un sentimento d’amore (non per mezzo di un semplice “contratto” come afferma Kant), ma la famiglia è un livello di organizzazione caratterizzato dal caso e dalla transitorietà.Gli individui escono dalle loro famiglie di origine per formarne altre, quindi le famiglie si moltiplicano. Tuttavia, sul piano economico, la famiglia non può essere autosufficiente in una società produttrice di merci; essa deve, dunque, esser fatta rientrare in un orizzonte più ampio, quello della società civile. Comte Comte positivismo solidarietà famiglia Dalla filosofia di Saint-Simon prende le mosse il vero fondatore del positivismo, Auguste Comte. Nato a Montpellier nel 1798, divenne insegnante di matematica. L’amore per Clotilde di Vaux e poi la morte di questa donna, con la quale aveva vissuto qualche anno in perfetta armonia, determinarono lo sviluppo di opere che portarono a termine la rivoluzione positivistica della civiltà occidentale. Punto di partenza della filosofia di Comte è la sua scoperta fondamentale: la legge dei tre stadi.Secondo questa legge, ciascuna branca della conoscenza umana passa per tre stadi differenti: lo stato teologico o fittizio, lo stato metafisico o astratto, lo stato positivo o scientifico. Comte delinea un’enciclopedia delle scienze secondo un ordine decrescente di semplicità e generalità; distingue 5 scienze fondamentali: astronomia, fisica, chimica, biologia e sociologia. La “sociologia” è la scienza prediletta di Comte; essa è intesa come fisica sociale ed è divisa in statica sociale e dinamica sociale. La prima si fonda sull’idea dell’ordine, la seconda su quella del progresso, cioè del perfezionamento incessante che la società umana subisce nella sua storia. Il principio fondamentale che deve reggere la società industriale positiva è quello della divisione fra potere spirituale e potere temporale, scienza e tecnica. Alla classe speculativa (filosofi, scienziati e artisti) spetta il potere di “regolare opinioni e costumi”; alla classe attiva quello di guidare la vita economica e politica. Così come l’esprit de dètail deve subordinarsi all’esprit d’ensamble, la gerarchia sociale positiva ha in testa i rappresentanti del potere spirituale, la cui preminenza è di ordine morale, né politico né economico. Nella classe attiva la gerarchia va dai banchieri agli agricoltori secondo un grado decrescente delle relative attività. Lo stesso principio governa, nel campo dell’attività domestica, la subordinazione della donna all’uomo.Comte afferma che “marito e moglie devono esclusivamente soddisfare nell’economia naturale della famiglia le funzioni speciali e permanenti”; tali funzioni a loro volta si radicano nella “evidente inferiorità relativa della donna”.Comte non crede alla “chimerica uguaglianza dei sessi”, alle declamazioni anarchiche, alle esortazioni all’insurrezione, agli obiettivi comunistici dell’uguaglianza economico sociale e dell’abolizione della proprietà. Crede alla legittimità delle disuguaglianze, se collocate entro una razionale gerarchia sociale; alla proprietà privata, se armonizzata con gli interessi collettivi; crede, praticamente, ad una società in cui la solidarietà, a partire dal nucleo familiare, è forza attiva di educazione morale.“La nostra società è simile a una volta di pietra, che cadrebbe se esse non si sostenessero a vicenda”. (Seneca) Mappa Continua... Sacra Famiglia di Michelangelo L’opera fu eseguita da Michelangelo per le nozze tra Angelo Doni e Maddalena Strozzi 1504. Il dipinto, ovvero il “tondo”, è caratterizzato dall’impiego della tempera. Le novità sono tante, quale il movimento serpentinato delle figure che congiunge, come in un unico blocco animato dai forti risalti delle membra muscolose, la Vergine, il Bambino e S. Giuseppe, pervasi da un pathos severo. Una luce irreale, piovendo dall’alto, esalta la plasticità delle immagini. Michelangelo, anche quando dipinge, rimane sostanzialmente scultore. In Michelangelo, la quiete è soltanto apparente; egli svilupperà la sua ricerca sul movimento del corpo umano nello spazio, spezzando ogni ideale di calma e serenità(Giudizio Universale). Michelangelo Buonarroti, architetto, scultore, pittore, poeta, nacque a Caprese il 6 marzo 1475.Suoi mecenati e committenti furono i protagonisti della storia fiorentina e romana. Principali fonti della sua cultura furono la Bibbia, Dante e i suoi commentatori e Petrarca ... Del suo primo soggiorno a Roma (1496-1501) ricordiamo due opere: il Bacco e la Pietà (presso la Basilica di San Pietro). Altre opere importanti che ricordiamo del Michelangelo sono: il David, ricavato da un grande blocco di marmo, l’affresco della volta della cappella Sistina, il “Giudizio Universale”, la piazza del Campidoglio e la Basilica stessa di San Pietro. Michelangelo morì a Roma il 18 febbraio 1564 . Masaccio: La Trinità Raffaello: Sacra Famiglia Moore: Gruppo famiglia Masaccio: “La Trinità” Nel 1401 nasce Tommaso, quel Tommaso che sarebbe presto diventato, con il soprannome di Masaccio, il primo pittore del Rinascimento fiorentino. Vive stabilmente a Firenze. Divenne ufficialmente pittore nel 1422, quando s’iscrisse all’Arte dei medici e speziali. Vorrei soffermarmi è un affresco, realizzato da Masaccio all’età di 26 anni (1427), sulla parete sinistra nella chiesa domenicana di Santa Maria Novella a Firenze: “La Trinità”, un vero e proprio manifesto della pittura rinascimentale. Alto più di 6 metri per tre di larghezza, l’affresco rappresenta Dio Padre che sorregge, mostrandolo agli uomini, il Cristo crocifisso; tra i due sta volando, silenziosa, una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Ai piedi di Cristo: la Madonna e San Giovanni. Il gruppo sacro è inserito in una struttura architettonica (una cappella) che idealmente lo separa sia da noi che dai due signori inginocchiati più in basso ai lati della scena, vestiti lui di rosso, lei di blu: sono i coniugi Cardoni, facoltosi committenti dell’affresco, i quali dunque, oltre a pregare, ricordano ai posteri la gloria della loro “generosa” famiglia Sotto di essi, un sarcofago (o un altare) su cui è adagiato uno scheletro che, per mezzo di una scritta orizzontale, esprime un concetto piuttosto chiaro…: ‘Io fui già quel che voi Raffaello...Moore siete, Quel ch’io son voi anco sarete’. . L’affresco ha in se tutti i crismi dell’arte nuova: un impianto prospettico perfetto; una cornice architettonica in cui ogni singolo elemento – capitello, colonna, arco, volta deriva dai modelli dell’architettura della Roma antica; infine, un inedito realismo nella rappresentazione dei corpi e delle espressioni dei personaggi, ormai persone “vere” e non più, come nella tradizione medievale, icone schiacciate contro una parete dorata; a proposito di questo, fate caso a un virtuosismo: il committente Cardoni, sulla sinistra, ha un orecchio piegato dall’orlo del copricapo rosso! , di fatto, anche noi spettatori siamo chiamati a far parte di quello spazio. Anzi, il gesto della Madonna che si rivolge a noi indicandoci suo figlio, significa che noi spettatori siamo la continuazione ideale dell’affresco. Con la Trinità di Masaccio, l’opera d’arte è diventata, per così dire, interattiva con il suo pubblico. Sacra Famiglia di Raffaello Fu probabilmente allievo del padre Giovanni Santi, e quindi, dopo la sua morte, a Perugia, nello studio del Perugino si affermò subito nonostante la giovane età. Nel 1505 il giovane pittore si reca per un breve periodo a Firenze dove esegue il S. Michele e i S. Giorgio del Louvre e di Washington, poi si trasferisce a Perugia dove dipinge l'affresco della Trinità per la chiesa di S. Severo. Dell'epoca successiva, dopo il suo ritorno a Firenze, sono le opere che richiamano lo stile leonardesco.Nel 1508 Raffaello parte per Roma dove, su pressione del Bramante, l'aveva chiamato papa Giulio II. L'artista realizza nel 1511 altre decorazioni delle Stanze Vaticane. Contemporaneamente a queste opere del periodo romano, in parte da considerarsi egregia e interessante raccolta di ritratti, sono altre scene sacre: “La Sacra Famiglia”detta di Francesco I e il tondo “Sacra famiglia”. L'interesse per la grande produzione pittorica raffaellesca non deve far dimenticare l'attività di Raffaello come architetto. Tra le sue opere architettoniche, interessanti per le pratiche soluzioni di ricerca spaziale, sono da ricordare a Roma la cappella Chigi e a Firenze il palazzo Pandolfini. Moore In primo piano è raffigurata la Vergine e Sant'Elisabetta sedute sul terreno e tengono sulle ginocchia Gesù Bambino e San Giovannino che giocano con un cartiglio; mentre alle loro spalle San Giuseppe si sostiene sul suo bastone e rivolge lo sguardo ad Elisabetta. Sopra di loro un coro di angeli appoggiati sulle nuvole, riemersi dopo un restauro. Il paesaggio è pervaso da una tenue luce azzurrina che si diffonde dal cielo avvolgendo anche gli edifici sullo sfondo. Questo quadro è stato commissionato dalla famiglia Canigiani, ma già nel 1588 faceva parte delle collezioni medicee; Moore: “Gruppo di famiglia” e “Abbraccio” Figlio di un minatore irlandese, Henry Spencer Moore nasce a Castleford nello Yorkshire il 30 luglio 1898. Nonostante il desiderio di diventare uno scultore, inizia la sua carriera come insegnante a Castleford. Dopo il servizio militare svolto durante la prima guerra mondiale, grazie a una borsa di studio Si interessa alla scultura messicana, egizia e africina che ha modo di vedere al British Museum. Mappa Nel 1914 diviene insegnante di scultura l'artista ha una forte influenza sul movimento surrealista inglese anche se non è del tutto legato ai suoi principi. Nel 1940 è nominato "artista di guerra" e riceve l'incarico di eseguire disegni raffiguranti scene di vita nei rifugi antiaerei. Nel 1948 vince il Premio Internazionale di Scultura alla Biennale di Venezia. L'artista muore il 31 agosto 1986. Continua... CANTO XI S. Francesco: La scelta della sacra famiglia Mentre viene gloriosamente accolto nel cielo del Sole, Dante commisera, per contrasto la vanità delle cose terrene e la cecità degli uomini. Dopo che la corona di spiriti luminosi ha compiuto un giro completo su stessa, san Tommaso, leggendo nel pensiero di Dante i pensieri che assillano il poeta, dichiara di essere pronto a scioglierli. Per recare soccorso alla Chiesa, sposa di Cristo, la provvidenza dispose la nascita di due campioni che la guidassero, Francesco e Domenico, il primo ardente di carità il secondo di sapienza. Tommaso sintetizza la vita virtuosa di san Francesco, le sue mistiche nozze con Madonna Povertà e le mirabili opere compiute a sostegno della Chiesa. Mappa Continua... Benedetto XVI alle famiglie "Non manomettere vita che nasce" ROMA - Nella basilica di San Giovanni, a Roma, per aprire il convegno diocesano sulla famiglia, Benedetto XVI tuona contro chi "manomette la vita che nasce". Il Papa si scaglia contro l'aborto, la procreazione assistita e le unioni diverse dal matrimonio, che bolla come "forme di dissoluzione". Ai tanti , Joseph Ratzinger, dice che pensare di non avere figli e "sopprimere o manomettere la vita che nasce" è contrario "all'amore umano, alla vocazione profonda dell'uomo e della donna". "Anche nella generazione dei figli il matrimonio riflette il suo modello divino - afferma il Papa l'amore di Dio per l'uomo". E ancora: "Nell'uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l'amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l'amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita". Joseph Ratzinger ancora una volta parla della falsa libertà che viene dal relativismo. "Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il "matrimonio di prova", fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso", sono espressioni di una "libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell'uomo". Nel ribadire il suo "no" alle unioni che non rientrano nel matrimonio, il Papa definisce quest'ultimo come istituzione che "non è una indebita ingerenza della società o dell'autorità, l'imposizione di una forma dal di fuori: è invece esigenza intrinseca del patto dell'amore coniugale". Parlando delle unioni non regolari, Ratzinger dice che "una tale pseudo libertà si fonda su una banalizzazione del corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell'uomo. Il suo presupposto è che l'uomo può fare di sé ciò che vuole: il suo corpo diventa così una cosa secondaria dal punto di vista umano, da utilizzare come si vuole". "Il libertinismo - afferma il Papa - che si fa passare per scoperta del corpo e del suo valore, è in realtà un dualismo che rende spregevole il corpo, collocandolo per così dire fuori dall'autentico essere e dignità della persona". Il Papa conclude il suo discorso ringraziando le famiglie cristiane per l'"impegno" che mettono nel "cercare di superare il relativismo" con la testimonianza "specialmente per riaffermare l'intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale". Continua... Liceo classico “F. Fiorentino” anno scolastico 2004/’05 Fine Percorso tematico dell’alunno della III A GIOVANNI VESCIO