ITALO SVEVO
• Introduzione
• Vita
• Opere
ITALO SVEVO
Introduzione
Introduzione
Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, è nato a Trieste il 19
dicembre 1861 ed è morto a Motta di Livenza il 13 settembre 1928. Fu uno
scrittore e drammaturgo italiano, autore di numerosi romanzi, racconti brevi
e opere teatrali.
Nel 1874 fu mandato dal padre a vivere e a studiare, assieme ai due fratelli
Adolfo ed Elio, al collegio di Segnitz, in Baviera, dove studiò il tedesco e altre
materie utili per l'attività commerciale. La sua formazione avvenne quindi in
un ambiente linguistico prettamente tedesco, elemento che influenzerà
profondamente il suo stile letterario, portandolo a caratteristiche forzature
stilistiche, spesso criticate da taluni esponenti dell'ambiente letterario
italiano
ITALO SVEVO
Vita
Vita
Nato a Trieste il 19 dicembre 1861, cambiò in seguito il suo nome in Ettore
Schmitz e a seguire lo italianizzò definitivamente in Ettore Samigli in seguito
all'annessione all'Italia della Venezia Giulia. Il suo soprannome deriva da
italiano «ITALO» triestino «SVEVO». Con tale ultimo nome pubblicò i suoi
primi lavori.
Studiò in un istituto commerciale a Trieste e successivamente in un collegio
in Baviera. Fece il giornalista a Trieste e l’impiegato di banca (ma non era
nato per il commercio). Il suo autore preferito era Schopenhauer.
Nel 1892 morì il padre e pubblico la sua prima opera «Una Vita», che però
fu un fiasco
ITALO SVEVO
Opere
Oper
e
Tutte le sue opere hanno uno stile molto simile : vedono la presenza di due
figure contrapposte una sveglia , attiva , l’altra inetta , incapace di vivere.
L’inetto però , subirà un’evoluzione nel corso dei libri , arrivando alla sua
espressione massima con ‘‘la coscienza di Zeno’’
Le tre principali opere di svevo sono:
Una vita
Senilità
La coscienza di Zeno
Una vita
In “Una vita” racconta di Alfonso Nitti, un inetto impiegato di banca,
trasferitosi a Trieste dalla provincia, che non riesce ad adattarsi alla vita della
città, al suo lavoro e neppure all’amore di Annetta Maller, figlia del suo
direttore. Così, preso dall’angoscia, decide di togliersi la vita e si uccide col
gas. Qui l’attenzione dello scrittore è rivolta all’analisi psicologica del
protagonista.
In quest’opera appare sempre la figura dell’inetto. Quest’ultimo si
contrappone all’esteta e cioè lo stile di d’Annunzio. L’inetto è incapace di
‘‘vivere come gli altri’’ e di ‘‘fare come gli altri’’, reagisce alla sua incapacità
rifugiandosi alternativamente nell’alibi della propria superiorità intellettuale.
Spesso ritorna nei momenti chiave, una parola: «Lotta». Alfonso non sa
lottare, è un inetto
Senilità
Dal titolo che acquista un significato metaforico, perché vuole indicare
l’incapacità di agire dei vecchi, “Senilità” è il secondo romanzo di Svevo.
Tuttavia, nel romanzo, questa incapacità di agire è propria del protagonista
che è giovane. Si tratta del trentenne Emilio Brentani, un impiegato di una
compagnia di assicurazioni, che vive nella monotonia. Questo sino a quando
non si innamora di Angiolina, bella e attraente ma volgare e sfacciata.
Intanto, un suo amico, Stefano Balli, cerca di distoglierlo dall’amore per
Angiolina. Nel frattempo, la sorella si innamora segretamente del Balli e
presa dalla disperazione, si toglie la vita, avvelenandosi con l’etere. Dopo la
morte della sorella, il protagonista rinuncia all’amore per quella donna
sfacciata che, nel frattempo è fuggita con un altro, è piomba di nuovo nella
solitudine di una vita monotona.
La coscienza di Zeno
“La coscienza di Zeno” è il capolavoro dello scrittore. C’è nel romanzo tutto il
travaglio interiore del personaggio: Zeno Cosini, un ricco commerciante di
Trieste in pensione, che è indotto dal suo medico psicanalista, al quale si è
rivolto con lo scopo di comprendere meglio se stesso, per guarire
dall’incapacità di agire. Nell’autobiografia scritta da Zeno per il suo
psicanalista sono presenti molti dubbi su cosa sia reale o immaginario,
infatti, lo stesso dottor S. allude alle tante «verità» e «bugie» che Zeno ha
scritto La malattia di cui soffre Zeno è la stessa di cui soffrono i personaggi
degli altri due romanzi, che non riescono ad adattarsi al mondo esterno.
In quest’opera Svevo abbandona lo schema ottocentesco e fa si che la sola
voce che il lettore immagina di ascoltare sia quella dell’inetto.
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