CENNI DI
TECNICA DELLE COSTRUZIONI MECCANICHE
• Statica dei sistemi di travi
• Trazione e compressione
• Geometria delle aree
120
Statica dei sistemi di travi
• Richiami di statica del corpo rigido
• Sistemi di forze nel piano
• Equazioni cardinali della statica
• Travi e sistemi di travi
• Vincoli e reazioni vincolari
• Analisi statica
121
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
Le forze agenti sulle costruzioni costituiscono in generale dei sistemi nello spazio.
Opportune ipotesi semplificative consentono tuttavia di esaminare solo parte della
struttura, il che spesso riconduce il problema a un piano.
Una forza è definita da un vettore F e dal suo punto di applicazione P.
Per definire una forza nel piano sono necessari 4 numeri: le 2 componenti del vettore
e le 2 coordinate del suo punto di applicazione.
Ai fini della statica del corpo rigido, il punto di applicazione della forza si rivela
ininfluente, mentre è importante la conoscenza della sua retta d’azione. In luogo delle
due coordinate di P, è quindi sufficiente un’unica informazione, il valore del momento
M che F presenta rispetto a un asse ortogonale al piano e passante per un punto
qualunque del piano, per esempio l’origine del riferimento O.
122
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
Una forza con la sua retta d’azione è quindi identificata dalla terna di parametri:
• Fx (componente di F lungo x)
• Fy (componente di F lungo y)
• M0 (momento rispetto al punto 0)
123
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
La risultante R di un sistema di forze F 1, F2, F3,… nel piano è definita dalle
relazioni
Rx  F1x  F2 x  F3 x  ...
Ry  F1 y  F2 y  F3 y  ...
M O  M 1O  M 2O  M 3O  ...
che ne stabiliscono il valore delle componenti e identificano la sua retta d’azione.
In presenza di 2 sole forze non parallele è facile procedere per via grafica,
definendo R mediante la regola del parallelogramma: il vettore R è misurato dalla
diagonale del parallelogramma che ha per lati le 2 forze e la sua retta d’azione è
identificata dalla condizione che passi per il punto d’incontro delle due rette
d’azione delle due forze.
Nel caso di più forze, si calcola dapprima R 12, risultante di F1 e F2, quindi R13,
risultante di R12 e F3, e così via, fino all’esaurimento delle forze del sistema
124
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
Può accadere che il sistema abbia risultante nulla, cioè che sia R x=Ry=0, ma che
risulti MO≠0. Il tal caso il sistema di forze equivale a una coppia.
125
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
126
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
127
Richiami di statica del corpo rigido
Sistemi di forze nel piano
La risultante di un sistema di forze può essere pensata come applicata in un
qualsiasi punto P del piano, purché si introduca il relativo momento di trasporto.
L’operazione si effettua sovrapponendo alla risultante, applicata in un punto
appartenente alla sua effettiva retta d’azione, un sistema nullo costituito da due
forze uguali e contrarie applicate in P, di modulo pari a |R| e retta d’azione
parallela a quella di R. Il sistema si riconduce così alla forza R applicata in P e a
una coppia di valore assoluto Mp=|R|d dove d indica la distanza del punto P dalla
retta di applicazione di R, che costituisce il momento di trasporto
128
Richiami di statica del corpo rigido
Eq. cardinali della statica
Si consideri un corpo rigido (= insieme di punti materiali la cui distanza è fissata)
nel piano, soggetto a un dato sistema di forze e si vogliano stabilire le condizioni
che devono sussistere purché il corpo si trovi in equilibrio.
POSTULATO: Gli effetti di un sistema di forze su un corpo rigido sono
completamente rappresentati dai valori di Rx, Ry e Mp.
ENUNCIATO: Un corpo rigido è in equilibrio sotto un dato sistema di forze se e
solo se risulta
Rx=0, Ry=0, Mp=0
(equazioni cardinali della statica)
129
Richiami di statica del corpo rigido
Eq. cardinali della statica
130
Richiami di statica del corpo rigido
Eq. cardinali della statica
L’esempio mostra come le eq.cardinali della statica possano essere sostituite da
3 equazioni di equilibrio alla rotazione, che impongano l’annullarsi del momento
attorno a 3 punti qualunque del piano, purché non allineati su un’unica retta
Di regola, l’insieme dei carichi che agiscono su un corpo è noto solo
parzialmente. Esso è infatti costituito, oltre che da azioni esterne che si suppone
di conoscere, da azioni trasmesse dai vincoli con cui il corpo è collegato al
contesto esterno che ne rappresenta il supporto. Se l’equilibrio sussiste, le eq.
cardinali della statica devono valere con riferimento al sistema costituito
dall’insieme delle forze note e delle reazioni vincolari.
131
Travi e sistemi di travi
Vincoli e reazioni vincolari
Il solido noto come trave riveste particolare importanza nelle costruzioni. Esso
può pensarsi generato da un’area piana (sezione trasversale) che trasla
mantenendosi normale alla traiettoria descritta dal suo baricentro, detta asse
geometrico.
La trave è piana se questo asse è contenuto in un piano e se in questo piano è
contenuto anche il sistema di forze agenti sul corpo.
Di regola le dimensioni lineari della sezione trasversale sono piccole rispetto allo
sviluppo dell’asse geometrico, il che consente di limitare lo studio all’asse
geometrico stesso, senza considerare la forma della sezione trasversale.
132
Travi e sistemi di travi
Vincoli e reazioni vincolari
La trave può presentare
vincoli in uno o più punti
del suo asse geometrico.
Dal punto di vista statico,
tali vincoli si differenziano
tra loro per le azioni
(reazioni vincolari) che
sono
capaci
di
trasmettere alla trave
stessa.
133
Travi e sistemi di travi
Vincoli e reazioni vincolari
A questo aspetto statico ne è associato uno duale, cinematico, che riguarda gli
spostamenti che ogni vincolo impedisce o consente. Un vincolo perfetto impone
valore nullo alle componenti di spostamento corrispondenti alle reazioni fornite.
Il numero di reazioni vincolari fornite o, equivalentemente, il numero di
componenti di spostamento impedite è detto grado di vincolo.
L’incastro è quindi un vincolo triplo, la cerniera e il pattino vincoli doppi, il carrello
e il caso e vincoli semplici.
Si supporrà sempre che i vincoli siano bilateri, che cioè la reazione possa
assumere qualunque segno.
134
Travi e sistemi di travi
Analisi statica
Le reazioni vincolari devono assicurare l’equilibrio con le azioni esterne. Non è
però assicurato a priori che i vincoli siano in grado di equilibrare carichi arbitrari
né che le sole equazioni cardinali della statica determinino univocamente il valore
delle loro reazioni.
Per non limitare l’indagine a condizioni di carico particolari, le forze esterne
saranno sostituite dalla loro risultante applicata in un determinato punto del piano
e dal loro momento risultante rispetto al punto stesso. I carichi esterni saranno
quindi rappresentati dalle componenti Fx e Fy della loro risultante secondo i due
assi coordinati e dal momento M rispetto all’origine O del riferimento.
135
Travi e sistemi di travi
Analisi statica
I vincoli forniscono le tre componenti di reazione indicate con H, VA e VB. Le tre
equazioni cardinali della statica nel piano, scritte imponendo l’equilibrio alla traslazione
delle due direzioni coordinate e quello alla rotazione intorno a O, conducono al sistema
di 3 equazioni lineari:
R  H  F  0
x
che in forma matriciale si scrive
1
0

 Y
0
1
XA
x

 Ry  VA  VB  Fy  0

 M O  YH  X AVA  X BVB  M  0
0  H 
 Fx 
 
 
1  VA     Fy 
M 
X B  VB 
 
La matrice dei coefficienti ha determinante diverso da zero e quindi il sistema
fornisce una e una sola soluzione quale sia il vettore dei termini noti. I vincoli sono in
grado di equilibrare qualunque carico e le loro reazioni sono univocamente fissate
dall’equilibrio. La figura esemplifica un caso di trave staticamente determinata o 136
isostatica.
Travi e sistemi di travi
Analisi statica
I vincoli forniscono quattro componenti di reazione e le equazioni cardinali della
statica conducono al sistema sottodeterminato
1
0

 Y
0
1
XA
H 
0 0  
 Fx 
VA 
 

1 0       Fy 
VB 

M 

X B 1
 
W 
Le tre equazioni di equilibrio del corpo rigido da sole non sono in grado di fissare il
valore delle reazioni. La trave può però equilibrare qualunque condizione di carico,
in quando la matrice dei coefficienti ha rango pieno.
L’equilibrio definisce le reazioni vincolari a meno di un parametro arbitrario; una
trave di questo tipo è detta staticamente indeterminata o iperstatica e i parametri
137
arbitrari reazioni iperstatiche.
Travi e sistemi di travi
Analisi statica
Si consideri ora una trave vincolata con una cerniera a un solo estremo. Le
equazioni cardinali si scrivono
0 
1
 Fx 
H 
 
0

1


 Fy 

 V 
M 
 Y X   
 
In generale il sistema non ammette soluzione, il che riflette l’evidente incapacità di
due sole componenti di reazione vincolare di equilibrare carichi arbitrari.
Una struttura incapace di equilibrare nella sua configurazione di riferimento una
qualunque condizione di carico è detta ipostatica.
138
Trazione e compressione
• Prova uniassiale
• Diagramma sforzo-deformazione
• Legame elastico
• Misure dello sforzo e della deformazione
• Aste sollecitate assialmente
• Risposta elastica
139
Prova uniassiale
Diagramma sforzo-deformazione
Si consideri un «esperimento ideale» (prova condotta in modo che il regime
deformativo nella barra sia ovunque uniforme) di trazione condotto sulla barra in
figura. Essa abbia lunghezza iniziale pari a l0 e sezione circolare di area iniziale A0.
A un determinato valore della forza F consegue nella barra un allungamento l=l-l0,
dove l indica la lunghezza corrente. Inoltre la sezione si contrarrà trasversalmente: si
supporrà che la barra si mantenga un cilindro di sezione circolare, con area corrente
pari ad A. Tali ipotesi valgono quando le deformazioni sono non troppo elevate e
quando il provino è costituito da materiale isotropo (le proprietà sono uguali in tutte le
direzioni).
L’esperimento può essere condotto a carico imposto, misurando l’allungamento che
consegue a ogni valore della forza applicata, oppure a spostamento imposto,
valutando la forza necessaria a produrre determinate variazioni di lunghezza.
In ogni caso esso consente di associare a ogni valore di F il corrispondente
allungamento l. E’ allora possibile, sulla base dei dati sperimentali, tracciare il
diagramma F-l che riflette il comportamento del materiale di cui la barra è costituita.
140
Prova uniassiale
Diagramma sforzo-deformazione
E’ evidente che barre di dimensioni iniziali diverse subiranno, a parità di trazione,
allungamenti diversi, che diminuiranno con l’aumentare della superficie A0 della
sezione e aumenteranno con la lunghezza l0 del provino. Anche le contrazioni
trasversali risulteranno differenti.
Sono quindi significativi non tanto i valori della forza applicata e delle variazioni l e
d delle dimensioni lineari del provino, quanto quelli relativi alle unità di area e di
lunghezza.

l  l0
l0
t 
d  d0
d0
DEFORMAZIONE LONGITUDINALE
DEFORMAZIONE TRASVERSALE
F
SFORZO NORMALE
A0
Le equazioni sono note come misure nominali di deformazione e di sforzo, relative a
una prova uniassiale.
Si osservi che lo sforzo ha le dimensioni di una forza per unità di superficie ed è
quindi misurato in N/mm2 (MPa).
141
La deformazione è invece un numero puro.
=
Prova uniassiale
Diagramma sforzo-deformazione
I diagrammi sforzo-deformazione variano molto a seconda del materiale.
Tuttavia è possibile individuare caratteristiche comuni nella risposta dei diversi
materiali, caratteristiche che consentono di raggrupparli in 2 grandi categorie:
materiali duttili e materiali fragili.
142
Prova uniassiale
Diagramma sforzo-deformazione
In figura è mostrato, in funzione di , il rapporto
 
t

COEFFICIENTE DI CONTRAZIONE TRASVERSALE
Tale valore è comunque positivo, poiché t risulta sempre di segno opposto a .
143
Prova uniassiale
Diagramma sforzo-deformazione
Sia per i materiali duttili che fragili si può riconoscere una prima parte del diagramma
- il cui il comportamento è reversibile: se si interrompe la prova e si fa decrescere
la forza applicata al provino, le deformazioni diminuiscono fino ad annullarsi quando
si annulla lo sforzo e la curva seguita in fase di scarico è uguale alla stessa seguita in
fase di carico. Tale comportamento si dice elastico.
Tutti i materiali da costruzione presentano un comportamento in un primo tratto
lineare: il valore di  è proporzionale a  e il coefficiente di contrazione trasversale si
mantiene costante.
Il materiale devia da questo comportamento quando lo sforzo raggiunge un valore 0
detto limite di linearità, spesso coincidente con il limite di elasticità. Una volta
raggiunto 0, se il materiale è fragile si ha rottura quasi immediata del provino,
mentre se il materiale è duttile si ha snervamento.
Nel caso di acciai dolci si verifica un aumento della deformazione a sforzo pressoché
costante, seguito da una fase di incrudimento in cui gli sforzi crescono ancora, anche
se più lentamente che in fase elastica. Per altri materiali duttili, come l’alluminio, dopo
l’uscita dal campo elastico si ha subito una fase di incrudimento.
144
Prova uniassiale
Diagramma sforzo-deformazione
Quando il carico raggiunge il valore massimo, corrispondente al picco p il diametro
di una piccola parte di provino comincia a diminuire per instabilità locale. Questo
fenomeno è noto come strizione. Dopo una breve fase discendente si ha rottura del
provino.
Il comportamento seguente all’uscita dal limite elastico può essere descritto mediante
la teoria della plasticità, eventualmente accoppiata a quella del danneggiamento.
Qui ci limiteremo a considerare comportamenti di tipo elastico-lineare, verificando poi
a posteriori che gli sforzi valutati siano inferiori al limite di linearità del materiale
considerato.
N.B. In generale i materiali duttili sono simmetrici, in quanto presentano un
comportamento a compressione molto simile a quello a trazione. I materiali fragili
hanno invece un comportamento fortemente disimmetrico, con valori 0 e p
decisamente più elevati, in modulo, a compressione.
Si può comunque individuare, sia a trazione che a compressione, una prima fase di
comportamento elastico per lo più lineare.
145
Prova uniassiale
Legame elastico
La maggior parte delle strutture di interesse sono progettate in modo che, almeno in
condizioni di esercizio, subiscano piccole deformazioni e in modo che tali
deformazioni si annullino quando vengono rimossi i carichi. Per questo i materiali
sono soggetti a sforzi che rientrano nel campo elastico lineare.
E’ quindi di interesse solo la parte iniziale del diagramma uniassiale, in cui lo sforzo 
è direttamente proporzionale alla deformazione 
  E
LEGGE DI HOOKE
E= modulo di Young (o di elasticità longitudinale)
Quanto più è elevato E, tanto più è rigido il materiale, cioè tanto meno si deforma a
parità di sforzo. E’ una costante del materiale con le dimensioni di uno sforzo e si
misura in MPa.
Un secondo parametro costitutivo di interesse è il coefficiente di contrazione
trasversale , che è noto come coefficiente di Poisson e lega in campo elastico la
deformazione trasversale a quella longitudinale
 t  
146
Prova uniassiale
Misure dello sforzo e della deformazione
Nel definire le misure nominali di sforzo e deformazione si è ipotizzato che questi
fossero ovunque costanti nel provino. In una prova reale, lo sforzo risulta
ragionevolmente costante solo in una zona a una certa distanza dagli estremi, nei
quali la distribuzione locale è perturbata dalle modalità di applicazione del carico o da
variazioni di sezione imposte dalla realizzazione della prova.
Anche nella zona centrale della barra le deformazioni possono ritenersi
ragionevolmente costanti fino a quando si mantengono di entità modesta.
Aumentando di valore, esse tendono a localizzarsi in un breve tratto, la cui sezione
diminuisce considerevolmente dando luogo al fenomeno della strizione. A questo
punto né sforzi né deformazioni possono ancora essere considerati uniformi e i loro
valori nominali risultano influenzati dal modo in cui si effettuano le misure.
La curva sforzo-deformazione è stata ricavata dividendo forza e allungamento per
quantità fisse. La sollecitazione locale del materiale appare meglio rappresentata da
una misura di sforzo ottenuta dividendo F per l’area corrente A piuttosto che per il suo
valore iniziale A0. Analogamente per la deformazione è spontaneo riferirsi al valore
corrente l della lunghezza di riferimento.
F
V 
SFORZO VERO
A
d V 
l 
dl
 V  ln   DEFORMAZIONE LOGARITMICA
l
 l0 
147
Prova uniassiale
Misure dello sforzo e della deformazione
In figura è riportata una curva - e quella in termini delle misure di sforzo e
deformazione V-V introdotte.
Si noti che la differenza tra le due curve è significativa solo per deformazioni grandi in
valore assoluto. Per i comuni materiali da costruzione la differenza è del tutto
trascurabile in campo elastico.
V-V
-
148
Aste sollecitata assialmente
Risposta elastica
Si consideri un’asta omogenea (le proprietà non variano da punto a punto) di
lunghezza l, sottoposta a carico assiale centrato P. L’asta è quindi soggetta a sola
azione assiale N=P. L’asta è, a meno degli effetti di bordo, nelle stesse condizioni del
provino soggetto a una prova uniassiale.
Quindi assumendo che il carico sia tale da generare sforzi al di sotto del limite
elastico del materiale 0, gli sforzi nella barra sono uniformi e pari a
N

A
Le deformazioni, tramite la legge di Hooke, risultano

N
E EA
L’allungamento l della barra, che nel seguito sarà indicato con e, è quindi
l  e   l
Nl
e
LEGAME COSTITUTIVO DELL'ASTA
EA


149
Aste sollecitata assialmente
Risposta elastica
150
Geometria delle aree
• Baricentro e centro di una distribuzione di area
• Definizioni
• Proprietà
• Calcolo del baricentro
• Momenti del secondo ordine
• Definizioni
• Momenti d’inerzia di figure elementari
• Formule di trasporto e di rotazione
• Momenti principali d’inerzia
151
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Definizioni
Si consideri una lastra nel piano x-y, di spessore costante t, soggetta al suo peso
proprio. La forza peso risultante W, diretta come l’asse z, ha modulo W che si può
calcolare mediante integrazione dei contributi infinitesimi dW
W   dW
Il punto di applicazione di tale risultante è detto baricentro, viene indicato con la
lettera G, e le sue coordinate xG e yG si possono calcolare imponendo l’uguaglianza
dei momenti, rispetto agli assi y ed x, della distribuzione continua di forze peso dW e
della risultante W applicata nel baricentro
M y :  xdW  xGW
M x :  ydW  yGW
 xG
xdW


;y
W
G
ydW


W
152
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Definizioni
Se la lastra ha spessore t e densità  costanti il modulo della forza peso può essere
espresso come:
W   t  dA   tA
A
Analogamente i momenti rispetto agli assi e le coordinate del baricentro di una lastra
omogenea si scrivono:
M y :  t  xdA  xG  tA
A
M x :  t  ydA  yG  tA
A
 xG 
 xdA
A
A
; yG 
 ydA
A
A
153
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Definizioni
Il punto definito in figura è detto centro della distribuzione di area A. Se la lastra non è
omogenea le relazioni indicate prima per xG e yG non ne definiscono più il baricentro,
ma continuano a definire il centro dell’area A della lastra.
Le grandezze che compaiono al numeratore sono detti momenti statici dell’area A
rispetto agli assi y e x, rispettivamente S y e Sx:
S y   xdA
A
S x   ydA
A
I momenti statici sono dimensionalmente delle lunghezze al cubo.
Le coordinate del centro della distribuzione d’area, che chiameremo baricentro per
brevità, si calcolano quindi come:
Sy
Sx
xG  ; yG 
A
A
154
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Proprietà
1. Il momento statico rispetto a un qualsiasi asse baricentrico è nullo
2. Se un’area, per esempio rappresentativa della sezione di una trave, presenta un
asse di simmetria il momento statico rispetto a tale asse risulta nullo
3. Se un’area presenta un asse di simmetria il baricentro appartiene a tale asse
4. Il momento statico di un’area A costituita da più aree A i può essere calcolato come
somma dei momenti statici delle singole sottoaree S x=iSxi
5. Il momento statico di una sezione cava è la differenza del momento statico
dell’area esterna e di quella interna
155
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Calcolo del baricentro
Il calcolo del baricentro di una generica area si effettua usando le definizioni date e le
proprietà sopra enunciate.
156
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Calcolo del baricentro
157
Baricentro e centro di una distribuzione di area
Calcolo del baricentro
158
Momenti del secondo ordine
Definizioni
Si definisce momento d’inerzia o momento del secondo ordine di un’area A rispetto
a un asse x il seguente integrale:
I x   y 2 dA
A
Essendo i singoli contributi non negativi, il momento d’inerzia rispetto a qualsiasi
asse è positivo. I momenti d’inerzia sono delle lunghezze alla quarta.
Analogamente si definisce il momento d’inerzia rispetto all’asse y
I y   x 2 dA
A
Si introduce inoltre il momento d’inerzia centrifugo o misto dell’area A rispetto a
una coppia di assi ortogonali x-y
I xy   xydA
A
dove x e y sono le coordinate dell’areola dA. Il momento d’inerzia centrifugo è ancora
una lunghezza alla quarta ma può essere positivo, negativo o nullo.
159
Momenti del secondo ordine
Definizioni
Si definisce infine il momento d’inerzia polare
dell’area A rispetto a un punto P:
I P   r 2 dA
A
dove r è la distanza dell’areola dA dal punto P.
Il momento d’inerzia polare sarà sempre positivo e dimensionalmente uguale a una
lunghezza alla quarta.
Se al punto P si fa coincidere l’origine del sistema ortogonale x-y si ha r2=x2+y2 che
sostituito nella definizione di IP permette di ricavare il seguente legame tra momento
polare e momenti d’inerzia:
I P   ( x 2  y 2 )dA  I x  I y
A
Si osservi che, come per i momenti statici, anche per il calcolo dei momenti d’inerzia
si può applicare la proprietà di additività del dominio di integrazione per suddividere
l’area in sottoaree di forma più semplice; analogamente si può procedere per le 160
sezioni cave sottraendo i contributi.
Momenti del secondo ordine
Formule di trasporto e di rotazione
Ricaviamo ora le formule che esprimono i momenti d’inerzia al variare degli assi.
Consideriamo l’area di figura e indichiamo con x e y una coppia di assi ortogonale
baricentrici. I momenti d’inerzia e centrifughi rispetto a questi assi siano I x, Iy e Ixy.
Consideriamo ora un altro sistema di assi x’ e y’ paralleli ai precedenti. Detta d y la
distanza tra x’ e x e dx la distanza tra y’ e y potremo scrivere
y '  y  d y ; x '  x  dx
Il momento d’inerzia rispetto all’asse x’ si può quindi esprimere come
I x '   y '2 dA  ( y  d y )2 dA   y 2 dA  2d y  ydA  d y 2  dA
A
A
A
A
A
Il primo integrale rappresenta il momento d’inerzia I x rispetto all’asse baricentrico x.
Il secondo integrale rappresenta il momento statico dell’area rispetto all’asse x;
essendo x baricentrico questo integrale è nullo.
Il terzo integrale è pari all’area A.
Si ha quindi la formula di trasporto:
Ix '  Ix  dy2 A
161
Momenti del secondo ordine
Formule di trasporto e di rotazione
In modo del tutto analogo si ricavano le formule di trasporto per I y’ e Ix’y’:
I y '  I y  dx2 A
I x ' y '  I xy  d x d y A
Si noti che dalla formula di trasporto si deduce che il momento d’inerzia rispetto a un
asse baricentrico x è minore del momento d’inerzia rispetto a un qualsiasi asse x’
parallelo a x
I x  I x ' x 'parallelo a x
162
Momenti del secondo ordine
Formule di trasporto e di rotazione
163
Momenti del secondo ordine
Formule di trasporto e di rotazione
Consideriamo ora due sistemi di assi ortogonali x-y e - ruotati uno rispetto all’altro
di un angolo , positivo se antiorario. Ci proponiamo di trovare i momenti d’inerzia e
centrifugo I, I, I nel nuovo sistema di riferimento in funzione di quelli del vecchio
sistema di riferimento Ix, Iy e Ixy, supposti noti.
Scriviamo la relazione tra le nuove e le vecchie coordinate
  x cos   y sin 
  y cos   x sin 
Consideriamo quindi il momento d’inerzia I 
I   2 dA   ( y cos   x sin  ) 2 dA 
A
A
 cos 2   y 2 dA  2 cos  sin   xydA  sin 2   x 2 dA
A
A
A
164
Momenti del secondo ordine
Formule di trasporto e di rotazione
Utilizzando le definizioni di I x, Iy e Ixy si ottiene
I  I x cos2   2I xy sin  cos   I y sin 2 
In modo analogo si ha
I  I x sin 2   2 I xy sin  cos   I y cos 2 
I  ( I x  I y )sin  cos   I xy (cos 2   sin 2  )
Si osservi che dalle formule di rotazione sopra scritte risulta
I  I  I x  I y
165
Momenti del secondo ordine
Momenti principali d’inerzia
Consideriamo un generico sistema baricentrico. Al variare dell’inclinazione del
sistema di riferimento i momenti d’inerzia variano secondo le formule di rotazione.
Esiste un particolare valore di  per il quale risulta I=0. Dalla terza formula di
rotazione e ricordando che sin2=2sincos e cos2=cos2-sin2, tale valore si
calcola dalla condizione:
2I
tg 2 
xy
I y  Ix
Questo valore di  definisce il sistema principale d’inerzia dell’area A, sistema
rispetto al quale il momento centrifugo è nullo. In questo sistema di riferimento i
momenti I e I sono detti momenti principali d’inerzia.
Si noti che se una sezione presenta un asse di simmetria, tale asse è principale
d’inerzia e l’altro asse principale gli è ortogonale. I momenti principali d’inerzia
risultano l’uno massimo e l’altro minimo rispetto a quelli relativi a un qualunque asse
baricentrico. Da tale proprietà segue che se per una sezione i due momenti d’inerzia
principali d’inerzia sono uguali (I  =I=I), il momento rispetto a un altro qualsiasi asse
baricentrico ha lo stesso valore (Ix=I x) e ogni asse baricentrico risulta principale
d’inerzia (vedi sezioni in figura).
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Momenti del secondo ordine
Momenti principali d’inerzia
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Momenti del secondo ordine
Momenti principali d’inerzia
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CENNI DI TECNICA DELLE COSTRUZIONI MECCANICHE • Statica