Provincia Autonoma di Trento
Commissione provinciale per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna
2003
Stefania Scarponi
Eleonora Stenico
Pari opportunità
nei confronti delle donne
e strumenti di flessibilità
del tempo di lavoro
Il rapporto di lavoro a tempo parziale
nella Provincia di Trento
nel settore privato
Ricerca diretta e coordinata da: Prof.ssa Stefania Scarponi,
Professore di Diritto del lavoro dell’Università di Trento
Realizzata da: Dott.ssa Eleonora Stenico,
Dottore di ricerca in Diritto comunitario e comparato del lavoro
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
COMMISSIONE PER LE PARI OPPORTUNITÀ TRA UOMO E DONNA
2003
© Giunta della Provincia Autonoma di Trento
Commissione Provinciale Pari Opportunità tra Uomo e Donna
2003
Scarponi, Stefania
Pari opportunità nei confronti delle donne e strumenti di
flessibilità del tempo di lavoro a tempo parziale nella provincia di
Trento nel settore privato / ricerca diretta e coordinata da: Prof.ssa
Stefania Scarponi ; realizzata da: Dott.ssa Eleonora Stenico. –
Trento : Provincia autonoma di Trento. Commissione per le pari
opportunità, 2003. – 176 p. ; 24 cm
Bibliogr.: p 169-174
1. Lavoro a tempo parziale – Trentino I. Stenico, Eleonora
344.453 850 125 72
Coordinamento redazionale:
Anna Maria Belluccio
Dipartimento Ambiente - Provincia Autonoma di Trento
È consentita la riproduzione parziale o totale
di quanto pubblicato con citazione della fonte
SOMMARIO
Presentazione
Lucia Martinelli, “Pari opportunità e strumenti di flessibilità del tempo di lavoro:
contenuti ed obiettivi della II fase della ricerca”.
Annelise Filz, “L’Osservatorio della Consigliera di Parità sulla situazione in
provincia: interventi e prospettive”.
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Introduzione
Stefania Scarponi
Pari opportunità nei confronti delle donne
e strumenti di flessibilità del tempo di lavoro.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale
nella Provincia di Trento
nel settore privato.
PARTE PRMA
S. Scarponi, E. Stenico
La disciplina di fonte legale del lavoro a tempo parziale e di forme
flessibili di orario per la promozione delle istanze di conciliazione
1. L’evoluzione del quadro normativo sul lavoro a tempo parziale
2. La struttura del rapporto di lavoro a tempo parziale
2.1. La nozione.
2.2. Il consenso del lavoratore ed i requisiti di forma del contratto.
2.3. Il principio di volontarietà nella trasformazione del rapporto.
2.4. La c.d. clausola di elasticità ed il “diritto di denuncia”.
2.5. Il lavoro supplementare e straordinario.
2.6. Il divieto di discriminazione ed il principio “pro rata temporis”.
2.7. Il sistema sanzionatorio per il caso di mancata ottemperanza ai precetti normativi.
2.8. Questioni aperte in base alla disciplina previgente.
3. I recenti interventi legislativi di modifica alla regolamentazione del lavoro a tempo parziale.
3.1. La legge-delega n. 30/2003 in materia di occupazione e mercato del
lavoro.
3.2. Il decreto legislativo n. 276/2003 di attuazione della legge delega.
3.3. Il decreto legislativo n. 66/2003 sull’orario di lavoro.
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PARTE SECONDA
E. Stenico
La disciplina negoziale maggiormente significativa:
i contratti collettivi nazionali di lavoro
e la contrattazione collettiva nella Provincia Autonoma di Trento.
1. La disciplina contrattuale e l’equilibrio tra esigenze individuali ed organizzative. La rilevanza della cura familiare.
2. Il riconoscimento del diritto alla costituzione di rapporti di lavoro a tempo
parziale o alla trasformazione da tempo pieno a tempo parziale.
2.1. La previsione contrattuale del “diritto” al part-time: condizioni e presupposti
a) Percentuali (minime /massime) rispetto all’organico complessivo.
b) Presupposti per la presentazione della domanda e rilevanza delle
esigenze familiari.
c) Ulteriori misure di agevolazione alla trasformazione del rapporto
in uno ad orario ridotto.
d) Limiti all’esercizio del diritto.
2.2. Altre previsioni inerenti alla possibilità di presentare richieste.
2.3. Il c.d. “diritto di priorità”.
3. La contrattazione provinciale.
4. La contrattazione aziendale.
5. Le tipologie di part-time e l’articolazione oraria.
6. La determinazione dell’orario fra autonomia collettiva ed individuale.
7. La flessibilità: elasticità della collocazione temporale, lavoro supplementare e straordinario tra disciplina legale e assetti contrattuali
7.1. Le clausole di elasticità nella contrattazione collettiva analizzata
7.2. Il diritto al “ripensamento” come previsione negoziale
7.3. Il lavoro supplementare e straordinario.
CONCLUSIONI
S. Scarponi, E. Stenico
TAVOLE DI ANALISI DEI CONTRATTI COLLETTIVI
Campo di applicazione
Livelli di contrattazione
Tutela della lavoratrice e pari opportunità
Classificazione del personale
Orario di lavoro
Tipologie contrattuali flessibili
Part-time e disciplina applicabile
Part-time e orario di lavoro
Limite-percentuale di rapporti a tempo parziale
Tiplogie di part-time
Part-time e critei di priorità nell’instaurazione/trasformazione del rapporto e
reversibilità
Part-time e clausole elastiche
Sostituzione dei lavoratori a part-time
Part-time e criterio del “pro-rata temporis”
Ulteriori forme di tutela della maternità mediante permessi ed aspettative
Part-time e lavoro supplementare
Part-time e lavoro straordinario
Lavoro ripartito (Job-sharing)
Telelavoro
Accordi aziendali
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Isabella Speziali, “Il ricorso a forme di flessibilità del tempo di lavoro in
provincia di Trento. Osservatorio del mercato del lavoro - Agenzia del Lavoro di
Trento.
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Testo di legge
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Bibliografia
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PRESENTAZIONE
“Pari opportunità e strumenti di flessibilità nel tempo di lavoro”
Contenuti ed obiettivi della II fase della ricerca
La presente pubblicazione riporta i risultati di una ricerca che la Commissione Provinciale Pari Opportunità ha affidato alla Prof. Stefania Scarponi, Professore di Diritto del lavoro dell’Università degli Studi di Trento, proseguendo
uno studio, pubblicato nel maggio 2003, che ha riguardato il settore pubblico.
Nella seconda fase di ricerca relativa alla flessibilità del tempo di lavoro ed
alla disciplina del lavoro a tempo parziale, dedicata alla disciplina del settore
privato, vengono approfondite la cornice giuridica ed i problemi applicativi dal
punto di vista della promozione delle pari opportunità, della salvaguardia dell’occupazione femminile e del rispetto delle esigenze connesse alla domanda
di flessibilità proveniente in particolare dalle lavoratrici, comparata con quella
dei lavoratori, nonché del rispetto dei divieti di discriminazione, alla luce del
quadro europeo di riferimento, onde trarne indicazioni utili per la valutazione
della disciplina applicata nel territorio nazionale e provinciale di Trento.
Tale ulteriore fase di indagine è stata condotta valutando anche la possibilità di utilizzazione, ai fini suddetti, anche di altre forme e tecniche di flessibilità nell’organizzazione del tempo di lavoro, connessi alla disciplina del rapporto individuale di lavoro (congedi, orari flessibili, ricorso al telelavoro), che
sommandosi alla rilevanza delle politiche pubbliche in materie come gli orari dei servizi pubblici, già posta in luce nella prima fase di ricerca (pubblicata
nel volume già edito riguardante le pubbliche ammnistrazioni) intende ricostruire la portata dei diversi strumenti che favoriscono la conciliazione tra vita
familiare e professionale, che costituisce uno degli obiettivi tipici della promozione delle pari opportunità nei confronti delle lavoratrici.
La ricerca è stata effettuata prendendo in considerazione i settori maggiormente significativi dal punto di vista della diffusione della presenza femminile, riferiti all’ambito territoriale della provincia di Trento, in cui si conferma la diffusione ampia del lavoro a tempo parziale. Di quest’ultimo sono
stati ricostruiti anzitutto i diversi modelli di diffusione, le modalità di svolgimento e le finalità economico - sociali a cui corrisponde.
È noto, infatti, che tale rapporto di lavoro può assumere una fisionomia
multiforme, a seconda del modo in cui vengono coniugati i diversi obiettivi
della “flessibilità”, sanciti anche nelle scelte di politica occupazionale in sede
europea: quella organizzativa, corrispondente alla soddisfazione delle esigenze di adattabilità organizzativa dell’impresa, alle strategie di incremento del-
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l’occupabilità finalizzate alla promozione dell’invecchiamento attivo della popolazione, mediante riduzione dell’orario di lavoro nella fase pià avanzata della vita lavorativa e la promozione delle pari opportunità tra uomini e donne
mediante conciliazione tra lavoro professionale e lavoro di “cura”.
La definizione del quadro delle finalità connesse al ricorso al lavoro a tempo parziale, rapportate ai pilastri della politica europea, è utile per chiarire e
dissipare le ambivalenze che caratterizzano in alcuni casi questo tipo di rapporto dal punto di vista della promozione delle pari opportunità e dell’occupazione, a seconda del tipo di flessibilità che lo caratterizza nella durata e nella distribuzione settimanale e/o annuale, e del grado di programmazione assicurato alla libera scelta del lavoratore e della lavoratrice. Inoltre, è noto che la
diffusione del rapporto di lavoro ad orario ridotto non comporta necessariamente per il dipendente una maggiore disponibilità di tempo (il c.d. tempo liberato) ma al contrario può generare maggiori vincoli, dovuti alla disponibilità richiesta alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa oppure la sua durata.
Lo sviluppo del lavoro a tempo parziale, inoltre, per la struttura stessa del
rapporto di lavoro implica una minore retribuzione, ed è stato spesso ritenuto
causa di creare segmentazione nel mercato del lavoro, caratterizzata da minori opportunità di carriera. Da tale punto di vista, la salvaguardia di condizioni
di lavoro improntate al rispetto del divieto di discriminazione, sancito dalla direttiva in materia, ha comportato una chiarificazione dei principi applicati a
tale rapporto, verso una maggiore tutela dei lavoratori.
La ricerca approfondisce, a tale riguardo, alcuni nodi cruciali, legati al regime giuridico applicato a tale rapporto di lavoro, quali:
- i criteri e le modalità con cui avviene l’assunzione oppure la trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo parziale, dal punto di vista delle scelte organizzative, con particolare riguardo alle esigenze delle donne lavoratrici (conciliazione lavoro/famiglia, carico familiare, esigenze di cura, ecc.); a tal fine
vengono approfondite le condizioni di flessibilità e variabilità della prestazione lavorativa;
- le condizioni ed i presupposti previsti per la salvaguardia del principio di volontarietà nell’instaurazione del rapporto di lavoro o per la sua reversibilità,
anche al fine di evitare il ricorso ai licenziamenti o altre vicende negative per
l’occupazione femminile;
- il trattamento retributivo e normativo, con riferimento ai diversi istituti del
rapporto di lavoro, e tenuto conto della tutela della professionalità e dei percorsi di carriera, anche allo scopo di vagliare il rispetto del principio di non
discriminazione.
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- la possibilità di utilizzare anche regimi di orari flessibili per soddisfare le esigenze di conciliazione, come quelli previsti ed incentivati dall’art.9 della legge sui “congedi parentali” n.53/2000.
Giunta alla sua conclusione, la ricerca si propone di offrire alla Provincia,
a tutti gli Enti pubblici interessati, alle Parti sociali, alle lavoratrici ed ai lavoratori, la possibilità di valutare i modelli di regolamentazione del rapporto di
lavoro a tempo parziale sotto il profilo della promozione delle pari opportunità e della tutela antidiscriminatoria, in particolare quanto alle possibilità di assunzione e trasformazione del rapporto, al diritto di scelta del regime di orario,
alla valutazione retributiva, ai percorsi di carriera, alla fruizione degli incentivi all’assunzione, alla tutela al momento del rientro sul lavoro, al coordinamento con altri strumenti di flessibilità del tempo di lavoro, utili per un’eventuale revisione in senso migliorativo della materia.
Come viene posto in risalto nelle conclusioni, la sfida insita nella attuale
fase di trasformazione delle regole del mercato del lavoro accentua l’importanza di mantenere o introdurre percorsi virtuosi di realizzazione della “flessibilità”, generalizzando, ove possibile, le “buone prassi di comportamento” o di
particolari scelte organizzative, coerenti con l’obiettivo delle pari opportunità.
A tal fine è importante la predisposizione di strumenti che consentano di mantenere viva l’attenzione sul quadro attuale che definisce l’assetto degli orari e
del ricorso al lavoro a tempo parziale, tramite un osservatorio specifico permanente. Inoltre, va richiamata l’attenzione verso l’applicazione della legge
sui congedi parentali, nella parte in cui incentiva il ricorso agli orari flessibili
per promuovere la conciliazione tra lavoro professionale e lavoro di cura, che
non risulta applicata nella Provincia di Trento e costituisce, al contrario, un
sostegno non trascurabile.
Lucia Martinelli
Presidente della commissione Pari opportunità
della Provincia autonoma di Trento
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L'Osservatorio della Consigliera di Parità
sulla situazione in provincia: interventi e prospettive.
La tematica relativa al part time è sicuramente uno dei campi su cui l'intervento della Consigliera di Parità è stato più intenso. In questi ultimi quattro anni di attività, relativi al presente incarico in essere sono stati trattati oltre
duecento casi relativi a dipendenti donne che si sono rivolte allo sportello che
la Consigliera di Parità tiene due mezze giornate in settimana, quale organo
con funzioni di controllo e garanzia nell'applicazione della normativa sulla
discriminazione nell'ambito lavorativo. L'attività della Consigliera consiste
essenzialmente nell'informazione, promozione ed intervento a fronte di situazioni in cui l'applicazione della normativa sulle pari opportunità non trova
adeguata rispondenza, e può arrivare fin anche ad intervenire nei giudizi promossi dalle dipendenti a cui il datore di lavoro non riconosce diritti legislativamente previsti o statuiti da contrattazioni singole o collettive.
Lo sportello della Consigliera è, quindi, un "osservatorio privilegiato" su
tematiche di tal tipo ed è stato, per l'appunto, la gravità e ripetitività delle sollecitazione che hanno determinato la forte motivazione di ricerca, voluta e
predisposta con la Commissione Pari Opportunità.
Dietro ai dati che emergono nell'elaborato predisposto della Prof. Stefania
Scarponi, Professore di Diritto del Lavoro dell'Università di Trento, a cui è
stato affidato l'incarico di ricerca, vi sono e ciò va sottolineato, casi di persone
reali, donne che si trovano a convivere con contratti di lavoro in cui i posti a
part time sono limitati, per lo più già occupati o, addirittura, contratti in cui
non è neppure previsto. Capita spesso che queste donne vengano illuse dai
datori di lavoro su concessioni di orari che poi, al rientro dalla maternità, non
vengono rispettati. Ed ancora. Donne a cui viene concesso il part time, ma
strutturato su orari di lavoro ridicoli, impossibili, in ogni caso non adeguati al
problema conciliativo per cui viene richiesto. Peggio ancora. Donne che pur
di ottenere un part time accettano demansionamenti o si vedono bloccare la
propria progressione di carriera o su cui non viene più investito in formazione; donne che subiscono forme di mobbing, donne che, ed il numero dei casi
è tutt'altro che trascurabile, si trovano costrette ad abbandonare il lavoro perché non consente la necessaria conciliazione.
Le problematiche sono molte, anche se tutte gravitano attorno al binomio
conciliazione lavoro e carichi familiari, vera sfida su cui si basa la reale possibilità della donna di lavorare e, quindi di realizzarsi e rendersi indipendenti.
Va tenuto presente che in questi ultimi decenni il mondo del lavoro si è certamente "femminilizzato" ma a ciò non è corrisposta una "mascolinizzazione"
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del lavoro a casa; la donna supporta ancora da sola il doppio peso e carico di
lavoro a cui si aggiunge anche la mancanza di servizi pubblici per l'infanzia o
per l'assistenza agli anziani che, anch'essi, gravano sempre sulle donne; stesso
può dirsi degli orari e tempi delle città, costruiti a misura di persone che non
lavorano.
Sicuramente il part time come strumento di lavoro ad orario ridotto aiuta
la conciliazione, non per nulla è dimostrato che ne esiste una forte richiesta
ed utilizzo soprattutto da parte delle donne. Tuttavia è necessario andare oltre,
sperimentare nuovi contratti di lavoro improntati alla flessibilità di orario che
sappiano rispondere realmente alle esigenze della dipendente per la quale,
spesso, il part time costituisce una soluzione estrema a cui deve ricorrere
quando basterebbe un'elasticità di entrata e uscita dal luogo del lavoro per
conciliare i propri impegni. È necessario fare un passo avanti affinché il part
time non diventi una "trappola" per la dipendente con il grosso rischio di bloccare una lavoratrice sia economicamente con non pochi effetti negativi anche
dal punto di vista previdenziale, che, soprattutto, nella propria carriera professionale trasformandola in "dipendente di serie B", con la conseguenza che
chi necessita di effettivamente "conciliare" e quindi la donna, non realizzerà
mai la vera Pari Opportunità e si vedrà costretta a scegliere tra professione e
lavoro di cura.
La Legge 125/91, la Legge 53/00 ed il decreto legge 196/00 introducono
le azioni positive come strumenti che consentono di sperimentare nuove
forme di lavoro: orari flessibili, telelavoro, job-sharing; si tratta di sfruttare queste opportunità da parte delle aziende stesse, elaborando progetti di riassetto
della disciplina del rapporto di lavoro costruendo con la dipendente il personale contratto; sono progetti che ottengono anche finanziamenti adeguati sia
a livello comunitario che nazionale e che consentirebbero di superare il problema della conciliazione evitando che, nell'impossibilità di trovare un adeguato orario flessibile, la dipendente venga ancora una volta penalizzata con
rischi di segregazione e marginalizzazione sul posto di lavoro o, peggio ancora, di abbandono dell'impiego.
Avv. Annelise Filz
Consigliera di Parità
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PARTE
PRIMA
La disciplina di fonte legale
del lavoro a tempo parziale
e di forme flessibili di orario
per la promozione delle istanze
di conciliazione
S. Scarponi – E. Stenico
Nei paragrafi che seguono viene sinteticamente richiamato il quadro normativo che riguarda il rapporto di lavoro a tempo parziale nel settore privato,
da cui emergono anche i profili che lo caratterizzano diversamente rispetto a
quello pubblico. L’analisi si sofferma sui diversi istituti che caratterizzano il
regime applicato fino alla recentissima riforma del mercato del lavoro, che
viene presa in considerazione soprattutto per quanto riguarda le modifiche più
rilevanti dal punto di vista della promozione delle pari opportunità.
1.
L’EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO SUL LAVORO A
TEMPO PARZIALE.
A) Il primo provvedimento di legislazione sul lavoro a tempo parziale è
costituito dalla l. n.863/84, che, all’art.5, ora abrogato, ha fornito il quadro normativo di riferimento per la regolamentazione di tale rapporto, la cui disponibilità per l’autonomia delle parti individuali era peraltro pacificamente
ammessa anche in precedenza, in virtù della generale libertà negoziale.
Una delle questioni sorte in seguito all’approvazione della legge riguardava
il ruolo della contrattazione collettiva, che, secondo l’art.5 della legge menzionata, poteva disciplinare in ordine alle mansioni, alla durata della prestazione lavorativa, al c.d. contingentamento dei lavoratori a tempo parziale alle
dipendenze del medesimo datore di lavoro, nonché alla deroga al prolungamento dell’orario mediante richiesta di lavoro supplementare. Altri vincoli
posti dal legislatore riguardavano la forma - che doveva essere scritta ad substantiam (requisito poi modificato dal primo decreto di trasposizione della
direttiva europea) - ed il contenuto del contratto individuale, relativamente
alla determinazione sia delle mansioni sia delle modalità temporali dell’attività lavorativa, pur consentendosi fin d’allora la possibilità di articolare le tipologie in orizzontale, verticale, o misto. La flessibilità della prestazione lavorativa era circoscritta dal presupposto di dover indicare nel contratto individuale
la distribuzione delle ore di lavoro con riferimento alla giornata, alla settimana, al mese e all’anno, nonché dal divieto del lavoro supplementare, salvo possibilità di deroga da parte dei contratti collettivi.
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Infine, erano stabilite garanzie procedurali di controllo pubblico circa la
trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, e diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni a tempo pieno. Tale disciplina è stata successivamente integrata con modifiche attinenti soprattutto il versante contributivo, per agevolare la diffusione di tale tipo di rapporto, eliminando il
fenomeno distorsivo di un costo superiore di due contratti a tempo parziale
rispetto ad uno a tempo pieno, nonché gli effetti di irrazionale disparità fra il
part-time orizzontale e verticale. La diffusione del lavoro a tempo parziale è
stata promossa anche attraverso misure quali la cumulabilità tra la pensione di
anzianità e la retribuzione di chi accetta di trasformare il rapporto in uno a
tempo parziale, condizionato a nuove assunzioni per durata e tempo non inferiore a quello ridotto per i lavoratori che si avvalgono del prepensionamento.
Per quanto attiene alla flessibilità della distribuzione della prestazione lavorativa, le restrizioni contenute nella legge circa la delimitazione della durata e
distribuzione, da taluni criticate per l’eccessivo irrigidimento che poteva risultare controproducente per la propensione delle aziende a tale modalità di rapporto di lavoro, sono state ritenute dalla Corte costituzionale indispensabili
per salvaguardare gli interessi che inducono i soggetti ad optare per questo tipo
di rapporto, ed in particolare la possibilità di programmare il proprio tempo
<<libero>>, sia per altri tipi di lavoro che consentano di aumentare il reddito
personale, sia per dedicarsi ad altre attività.
La sentenza della Corte n.210 del 1992, sul presupposto che nell’assetto
originario il datore di lavoro non aveva alcun potere di modificare unilateralmente né la durata né la distribuzione della prestazione lavorativa concordata
in sede negoziale, ha individuato alcuni principi di rilevante importanza.
Anzitutto viene ritenuto illecito il c.d. part-time a chiamata, ovvero quel tipo
di rapporto basato sulla “chiamata del lavoratore” per il tempo strettamente
necessario alle esigenze del datore di lavoro, e dunque dotato di massima flessibilità, perché in contrasto con le esigenze del lavoratore. Le uniche condizioni per ritenere legittima la flessibilità sono, secondo la Corte, la elasticità
pattuita espressamente ed ancorata a parametri oggettivi, nonché la previsione
di un compenso per la “mera disponibilità” all’effettuazione della attività lavorativa a richiesta del datore.
Si tratta di una questione che resta aperta di fronte alle nuove prospettive
indotte dalla recente riforma dell’istituto da parte della legge n.30 / 2003.
La questione dell’elasticità della prestazione era peraltro affrontata in modi
diversi dalla contrattazione collettiva, che in alcuni settori già aveva introdotto margini temporali abbastanza ampi entro i quali situare la prestazione lavorativa e ammetteva che il rispetto della individuazione dettagliata dei parame-
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tri temporali prevista dalla legge non fosse incompatibile con la indicazione di
alcuni elementi di flessibilità.
B) Nel periodo più recente, ulteriori incentivi verso la riduzione degli orari
sono stati introdotti con la l.n. 196 del 1997, all’art.13, c.2-4, che hanno incontrato tuttavia difficoltà applicative; con l.n.53 del 2000 (ora contenuta nel T.U.
n.151/2001) sono stati introdotti ulteriori incentivi, nell’ambito specifico della
conciliazione tra lavoro professionale e lavoro di cura, quali strategie di promozione di pari opportunità nei confronti delle donne (v. infra).
C) L’evoluzione del quadro normativo descritto è determinata altresì dalle
modifiche intervenute a livello sovranazionale, con la Convenzione OIL del
182/94, e successivamente della Direttiva n. 97/81CE, che recepisce l’accordo europeo in materia sottoscritto fra le parti sociali.
Come si è già sottolineato nella prima parte del lavoro, tale direttiva è ispirata alla promozione della diffusione del lavoro a tempo parziale. Le finalità
enunciate all’art.1 riguardano due obiettivi che si pongono in correlazione con
le ragioni di politica del diritto richiamate nel preambolo dell’accordo e nei
considerando della direttiva. La prima consiste nell’ “assicurare la soppressione
delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale”. La seconda consiste nel “ facilitare
lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e contribuire all’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli
imprenditori e dei lavoratori”.
Si tratta, dunque, di favorire lo sviluppo del rapporto di lavoro a tempo parziale volontario, sul presupposto che esso risponda ad esigenze tipiche di alcune categorie di lavoratori, secondo una interpretazione dei fenomeni sociali
ormai risalente agli inizi degli anni ottanta, quali la conciliazione tra vita professionale e familiare, la formazione permanente, la diminuzione dell’impegno
lavorativo nel periodo immediatamente precedente la pensione (considerando n.
5) e che si riallacciano all’obiettivo più generale dell’aumento dell’occupazione attraverso l’assunzione da parte delle imprese di modalità di organizzazione
del lavoro più flessibile (considerando n.4), in modo che la realizzazione degli
obiettivi di politica sociale non impedisca, ma anzi favorisca, la competitività
dell’economia della Comunità (considerando n.6).
In sostanza, secondo l’accordo, lo sviluppo del lavoro a tempo parziale ben
può combinarsi con le esigenze imprenditoriali, date le condizioni di particolare flessibilità organizzativa che quel tipo di contratto può assicurare, e tenuto conto della particolare situazione delle piccole e medie imprese che va sal-
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vaguardata evitando di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici
che ne possano impedire la creazione e lo sviluppo (considerando n.7). Quest’
ultima parte va evidentemente intesa come ammissibilità di regimi parzialmente differenziati, nell’operazione di riregolazione attuata dagli ordinamenti interni, pur sempre nei limiti indicati dagli obiettivi primari ed in particolare dal divieto di discriminazione.
Come già anticipato nel “Rapporto per il 2002”, relativo alla I Fase di ricerca, il contenuto essenziale della direttiva consiste in alcuni principi cardine:
– anzitutto (clausola n.2) viene definita la nozione di lavoro a tempo parziale,
con alcune precisazioni rispetto alla definizione usualmente accolta, come
rapporto ad orario ridotto rispetto a quello normale (cl. n.3) senza indicazione di alcuna durata minima;
– inoltre, in relazione al primo degli obiettivi enunciati, viene codificato (clausola. n. 4.1) il divieto di discriminazione, che va coordinato con la giurisprudenza della Corte di Giustizia;
– infine, viene affermata l’applicazione, ove opportuno, del principio del “pro
rata temporis” (cl. n. 4.2).
Quanto al secondo obiettivo, le prescrizioni al riguardo sono formulate in
tono programmatico, indicandosi:
a) la necessità che attraverso l’azione degli Stati e delle parti sociali vengano
eliminati tutti gli ostacoli che si frappongono alla libertà di scelta del lavoratore in ordine al regime di orario - a tempo pieno o parziale – che intende seguire;
b) l’opportunità che siano rispettati obblighi procedurali di informazione da
parte dei datori di lavoro nei confronti dei loro dipendenti e delle organizzazioni sindacali;
c) che siano poste in essere facilitazioni finalizzate alla partecipazione alla formazione professionale e all’accesso alle qualifiche più elevate (clausole n
5.1 e 5.3).
Più vincolante appare invece il disposto della clausola rispondente al principio della salvaguardia della libertà di scelta del regime di orario nell’ambito del rapporto di lavoro, con cui è sancito il divieto di configurare il rifiuto del lavoratore a modificare il proprio regime di orario a stregua di giusta
causa di licenziamento, ma fatte salve le norme interne che consentono il
licenziamento per altre ragioni, come quelle che possono risultare da necessità di funzionamento dello stabilimento (clausola 5.2).
Infine, è stato affermato il principio della salvaguardia del regime nazionale, nel senso che la trasposizione della direttiva non può indurre modifiche che
costituiscano un arretramento del sistema legislativo di tutela già esistente.
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La Direttiva ha dunque introdotto nel tessuto normativo comunitario un
provvedimento che, ancor prima di essere fatto oggetto di trasposizione nel
nostro ordinamento, è stato preso in considerazione dalla Corte costituzionale chiamata a decidere sulla legittimità del ricorso al referendum proposto dal
partito radicale nel 1999 per l’abrogazione pressocchè integrale dell’art.5 della
legge n.863/84 appena ricordato, promosso per rimuovere i vincoli nei confronti della autonomia delle parti individuali. Con sentenza n. 45/2000 la
Corte ha ritenuto conforme tale disciplina alle finalità di quella comunitaria,
ed anzi una sorta di anticipazione di quella europea, e ha dunque respinto la
richiesta di referendum.
D) La trasposizione della direttiva è stata peraltro oggetto del successivo
d.lgs. n.61 del 2000, che ha abrogato quasi integralmente la precedente disciplina, all’insegna di una volontà di razionalizzazione del rapporto di lavoro a
tempo parziale, collocandosi nella prospettiva di “flessibilità nella sicurezza” o
”flessibilità mite”, caldeggiata a livello europeo come strumento di promozione dell’occupazione senza abbandono della tutela del lavoratore.
I principi cui si ispira la legge sono principalmente quelli della volontarietà, che si riallaccia anche alla individualizzazione dell’orario, della non discriminazione nel trattamento riservato al lavoratore a tempo parziale, e della
incentivazione alla stabilità. Lo strumento principale per promuovere la diffusione di tale contratto, secondo l’intendimento proprio della Direttiva europea, consiste nelle agevolazioni contributive previste per l’assunzione con
contratti a tempo parziale indeterminato di soggetti privi di occupazione,
sia inoccupati che disoccupati, secondo il Decreto interministeriale del 12
aprile 2000 (Circ. INPS 2000 n.145) che ha graduato lo sgravio in relazione
all’orario settimanale, calcolato anche su base annua, ed entro limiti percentuali rispetto ai lavoratori a tempo pieno. Va ricordato che tali limitazioni
riguardano esclusivamente i contratti agevolati, non si riferiscono a “contigenti massimi” di assunzioni, come era previsto nel regime della l.n.863/1984, che
sono stati abrogati perché ritenuti in contrasto con la Direttiva.
E) Non appare superfluo ricordare, al riguardo, che l’obiettivo di favorire la
conciliazione della cura familiare e del lavoro professionale è stato perseguito
anche con la l.n. 53/2000 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della
paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei
tempi nelle città) che ha introdotto modifiche rilevanti nell’esercizio dei diritti di assenza per maternità e paternità (cd. Congedi parentali), nonché per
adempiere a compiti di cura familiari in caso di malattia, ed infine per l’assi-
19
stenza ai disabili, che in qualche misura possono ridurre l’esigenza di ricorrere al lavoro a tempo parziale. Lo stesso ragionamento vale per quanto riguarda
il riconoscimento dei “congedi formativi”, previsto dalla stessa disciplina.
Un’ulteriore disposto legislativo rilevante attiene agli incentivi finanziari a
favore delle imprese del settore privato che attuino “azioni positive per la flessibilità degli orari” dei genitori naturali o “legali” che lavorano, tra cui è indicato il “part – time reversibile”, contemplato dall’art.9 della stessa legge.
F) Da ultimo vanno ricordati la recente legge – delega n.30/2003, c.d.
Legge Biagi, relativa alla riforma del mercato del lavoro, il conseguente decreto delegato di attuazione, ed il decreto legislativo in materia di orario di lavoro, provvedimenti tutti che in qualche misura sono destinati a modificare l’attuale assetto normativo e contrattuale della disciplina del part-time, il cui contenuto verrà esaminato in prosieguo, in riferimento ai diversi profili del rapporto di lavoro (v. infra § 3).
2.
LA STRUTTURA DEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE.
2.1. La nozione.
Soffermando ora l’attenzione sull’attuale disciplina vigente del rapporto di
lavoro a tempo parziale nell’impiego privato, appare opportuno procedere a
rilevare, in sintesi, i contenuti della disciplina legislativa vigente fino all’entrata in vigore della riforma del mercato del lavoro, che ha apportato alcune rilevanti modifiche in materia di rapporti di lavoro a tempo parziale, job –sharing
(nonché lavoro temporaneo).
Anche nel settore privato la definizione del rapporto a tempo parziale non
prevede una durata minima, ma soltanto una durata inferiore rispetto all’orario normale di lavoro, che rinvia alla nozione definita dal legislatore, inizialmente mediante l’art.13 l.n. 196/97, ovvero a 40 ore settimanali, oppure come
individuato dai contratti collettivi nazionali, oppure da quelli comunque
applicati nell’unità produttiva, ove stabiliscano un orario inferiore a quello
nazionale (art. 2 lett. a). Questa disciplina ha subito una modifica mediante il
recente provvedimento che ha trasposto la direttiva in materia di orario, ovvero il d.lgs. 66/2003, che potrà indurre ulteriori modifiche nelle strategie di
regolamentazione dell’orario da parte dei contratti collettivi, ma solleva già
alcune questioni relativamente alla tipologia del part time verticale, per quanto attiene alla determinazione della durata massima giornaliera.
20
La differenza tra orario normale e lavoro a tempo parziale può essere calcolata su base settimanale, oppure in media su un periodo di tempo fino
all’anno, tenuto conto che anche l’orario normale può assumere caratteristiche di articolazione su base mensile oppure annua, se ciò sia stato previsto dai
contratti collettivi, ai sensi del menzionato art. 13. Va peraltro tenuto conto
che la media potrà riguardare il modo di calcolare l’orario per verificare se sia
inferiore a quello “normale”, fermo restando che dovranno essere rispettati il
requisito della determinazione della distribuzione per unità temporali su base
giornaliera, settimanale, mensile e annuale (infra).
La distribuzione può essere “orizzontale”, ovvero con prestazione di durata inferiore a quella giornaliera, anche se non in modo omogeneo per tutti i
giorni; oppure verticale, ovvero per alcuni giorni, settimane, o mesi con prestazione a tempo pieno. Non necessariamente l’orario dovrà conformarsi a
quello seguito dagli altri lavoratori, poiché il parametro di riferimento costituito dal “lavoratore comparabile” è previsto dalla legge per determinare il trattamento spettante al lavoratore a tempo parziale, più che l’orario di lavoro.
Cosicché si potranno realizzare anche modalità di svolgimento dell’orario che
riguardano soltanto i lavoratori a tempo parziale, purchè l’orario sia inferiore
a quello settimanale osservato come orario normale.
In tale ultima fattispecie si collocano i c.d. lavoratori “week – end”, ove la
prestazione lavorativa è effettuata nelle giornate di sabato e di domenica,
secondo modalità già diffuse in passato ed inferiori all’orario settimanale. In
questo caso, e più in generale nel part-time verticale, si pone la questione del
rispetto della durata massima giornaliera, come orario normale, che sarà quella praticata nell’azienda (in genere otto ore), superate le quali la prestazione si
qualificherà come straordinaria (v. infra). Si tratta di una questione di non agevole soluzione, che impone di tener conto non soltanto della disciplina relativa all’art.13 l.n.196/97 e dell’art.1 d.lgs. del 1923, ma altresì delle modifiche
intervenute in seguito all’emanazione del d. lgs. n. 66/2003, con il quale
l’Italia ha recepito e dato attuazione alla Direttiva Comunitaria n. 93/104/CE
in materia di orario di lavoro (v. infra § 3.3.).
Secondo la disciplina vigente è ammessa altresì la tipologia del part-time
“misto”, che coniuga tipologia orizzontale e verticale; la distribuzione dell’orario può infine assumere la caratteristica di part-time ciclico, ove la prestazione
venga svolta in modo ricorrente in certi periodi dell’anno; tale tipologia si presta, pertanto, a sostituire il ricorso al lavoro a tempo determinato, qualora siano
prevedibili o programmabili i picchi di aumento del fabbisogno di manodopera.
Queste ultime modalità sono state introdotte, secondo la disciplina in vigore fino alla recente riforma, soltanto se previste dai contratti collettivi, nazio-
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nali o territoriali, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi,
oppure dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA di cui all’art.19
St.Lav. - formula quest’ultima riferibile anche alle RSU nelle imprese dove
siano costituite - con l’assistenza dei sindacati che hanno stipulato il contratto
nazionale. Anche in codesto caso è doveroso dare subito atto che la materia è
stata oggetto di modifiche a seguito della legge–delega n.30/2003 e del decreto delegato di attuazione, che hanno introdotto il principio che tende a valorizzare maggiormente l’autonomia individuale, secondo il quale forme elastiche e flessibili saranno possibili anche nel part – time verticale o misto, e, in
carenza dei contratti collettivi, sarà sufficiente il consenso individuale (v. infra
seconda parte). Ciò rende di particolare importanza la verifica della sussistenza di una disciplina negoziale sul punto, e la interpretazione della disposizione per accertarne l’esatta portata (v. infra seconda parte).
Nella determinazione dell’orario la ricerca ha indagato se ed in qual modo
siano stati previsti ulteriori margini di destandardizzazione rispetto all’orario
definito a livello nazionale, per es. mediante clausole di rinvio da parte dei
contratti nazionali a quelli aziendali, oppure ad altre modalità o procedure,
per verificare in che misura l’individuazione del regime applicato al singolo
rapporto di lavoro ammetta anche la definizione di condizioni temporali differenziate rispetto a quello definito dal contratto nazionale, sia per quanto
attiene alla distribuzione dell’orario, ovvero la sua collocazione temporale, sia
per quanto attiene alla durata, ed in quale misura ciò sia adeguato a rispondere alla varietà di esigenze che connotano sia le imprese sia le lavoratrici.
Ricorso al lavoro straordinario e supplementare
Al riguardo, con una sensibile differenza rispetto all’ambito del lavoro pubblico, il rapporto di lavoro costituito a tempo indeterminato, ed altresì il lavoro a termine per sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro, oppure altri casi determinati dalla contrattazione collettiva “qualificata”, godono di alcune agevolazioni, sia dal punto di vista degli
incentivi contributivi (art. 5, c.4) sia dal punto di vista normativo. Nel regime
in vigore fino ad ora, infatti, solo nell’ambito del lavoro indeterminato è stato
ammesso il ricorso al lavoro supplementare oppure straordinario, nonché delle
modalità “elastiche” o variabili, altrimenti non consentite (salvo - ex art. 3, c.13
d.lgs. n.61). In tal modo si intendeva coniugare la flessibilità della prestazione
alla stabilità del rapporto di lavoro, in modo da evitare il rischio di eccessiva
precarizzazione dovuta alla ridotta prestazione lavorativa.
22
Il rapporto di lavoro a termine è consentito comunque secondo le causali
oggettive previste per tale forma di contratto, ai sensi del d.lgs. n. 368/2001,
individuate con riferimento a ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo, la cui sussistenza è sottoposta al controllo giudiziario, e
salva la libertà di determinarle attraverso i contratti collettivi.
Inoltre, il lavoro a tempo parziale è compatibile anche con il contratto di
formazione e lavoro, di apprendistato (Circ. INPS n.123 del 2000, art. 2) e, per
giurisprudenza consolidata, con il contratto di lavoro a domicilio.
2.2. Il consenso del lavoratore ed i requisiti di forma del contratto.
La necessità del consenso del lavoratore è prevista in varie ipotesi, oltre la
disciplina posta dai contratti collettivi, coerentemente alla necessità di preservare la volontarietà del lavoro a tempo parziale e del suo assetto temporale, che
si rivela cruciale per la occupazione femminile, come molti studi non solo giuridici hanno sottolineato. Il regime introdotto con il d.lgs. n.61 è fondato cioè
sulla ormai nota tecnica della «doppia chiave», che affida alla contrattazione
collettiva la individuazione dei presupposti oggettivi per la richiesta del lavoro
supplementare, e di elasticità della prestazione lavorativa, salvaguardando al
contempo la volontarietà del lavoratore nel prevedere il suo consenso.
Infatti essa non riguarda solo la costituzione del rapporto, ma anche lo svolgimento del lavoro supplementare (art. 3, c.3), e la previsione di clausole di elasticità, per cui è necessario apposito atto scritto, ed infine la trasformazione da
tempo pieno a tempo parziale e viceversa.
La costituzione del rapporto deve avvenire per iscritto, e deve indicare la
durata della prestazione lavorativa e la sua collocazione temporale con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno (art.2, c.1 e 2 d.lgs. n.61).
La finalità è quella di garantire al lavoratore la conoscibilità del proprio impegno lavorativo, e dunque la programmabilità del tempo di non lavoro, riconosciuto come si è detto dalla Corte costituzionale (sent. n. 210/92) a salvaguardia del diritto a svolgere un secondo lavoro oppure a dedicarsi ad altre attività,
tra le quali un riconoscimento di particolare valore sociale è stato attribuito al
lavoro di cura.
L’elasticità della prestazione lavorativa non è stata comunque esclusa, in
quanto la disciplina vigente prima della recentissima riforma prevede che possano essere pattuite dalle parti individuali clausole particolari in questo senso,
ma solo con riferimento alla collocazione temporale, e quindi non alla durata
della prestazione, ed a condizione di essere “autorizzate” da parte dei contrat-
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ti collettivi “qualificati”, ovvero stipulati dai soggetti sindacali di cui sopra (art.
3, c.7 d.lgs.n.61). Ulteriore requisito previsto è che tali contratti indichino
quali siano le condizioni - c.d. causali oggettive - di fronte alle quali il datore
di lavoro può variare la collocazione temporale rispetto a quella inizialmente
concordata, che deve comunque risultare dal contratto individuale. Ai contratti collettivi resta affidata pertanto la funzione di valutare, a seconda delle
caratteristiche del contesto socio economico, quali margini di flessibilità introdurre, in relazione alla finalità di promozione dell’occupazione, e di adattabilità organizzativa e produttiva.
Si richiede, infine, che la disponibilità alla “elasticità” della prestazione sia
oggetto di una specifica manifestazione di consenso da parte del lavoratore,
mediante apposito atto scritto, anche contestuale alla sottoscrizione del contratto di lavoro. L’atto deve altresì contenere l’indicazione della data di stipulazione, nonché all’epoca, della possibilità di “denuncia”, ovvero “clausola di
ripensamento”, ora abrogata, nonché l’esplicitazione che il rifiuto di accettare
tale elasticità non costituisce una giusta causa di licenziamento.
(Vi erano inoltre requisiti procedurali, ora aboliti, che impongono la trasmissione della copia del contratto alla Direzione provinciale del lavoro entro
trenta giorni dalla stipulazione, sanzionata in via amministrativa ex art.8, c.4;
inoltre devono essere date periodiche informazioni, normalmente annuali,
alle RSA sull’andamento del ricorso al lavoro a tempo parziale.)
2.3. Il principio di volontarietà nella trasformazione del rapporto.
Il principio della consensualità riguarda anche la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, con l’ulteriore onere della assistenza
da parte di un rappresentante sindacale su richiesta del lavoratore, o con la
convalida dell’ufficio del lavoro. Secondo la Circ.Min.lav. 5.6.2000, tale convalida, anche se non richiede l’audizione del lavoratore, ha carattere costitutivo nel senso che rende valido ed efficace l’accordo tra le parti.
Il rifiuto opposto dal lavoratore non implica giustificato motivo di licenziamento, come avviene anche nella diversa e simmetrica ipotesi del rifiuto a trasformare il rapporto da tempo pieno in uno a tempo parziale. In proposito,
resta comunque aperta la possibilità che tale rifiuto determini una situazione
all’interno dell’azienda che dia luogo ai presupposti per il giustificato motivo
di licenziamento. La stessa direttiva non ha escluso infatti tale ipotesi. In merito, peraltro, va ricordata la giurisprudenza, già formatasi nel precedente regime, che richiede per la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licen-
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ziamento la prova da parte del datore di lavoro che sussistano motivi non pretestuosi e meramente strumentali ad incremento dei profitti, ma che influiscano in modo decisivo sull’effettiva necessità di riduzione dei costi (Cass. 20
dicembre 1995 n. 12999, in Riv.it.dir.lav. 1995, II, 632, in merito al licenziamento di lavoratrice a part-time per rifiuto di trasformazione del rapporto a
tempo pieno). Anche su tale questione si intende procedere ad una verifica
della ricorribilità di tali ipotesi nella provincia di Trento.
La legge riconferma, poi, in larga misura, le previsioni relative al diritto di
priorità riconosciuto al lavoratore a part-time che intenda convertire il proprio
rapporto, in caso di nuove assunzioni a tempo pieno. Deve però trattarsi di assunzioni di lavoratori del medesimo livello di inquadramento professionale, anche
se non si richiede l’identità di mansioni, come invece era stato prospettato in
precedenza da una parte della dottrina. La priorità spetta a chi era stato in precedenza a tempo pieno; inoltre, a parità di condizioni, a chi abbia maggiori carichi familiari, e, secondariamente, in relazione alla maggiore anzianità di servizio, che non dovrà però essere riproporzionata in base all’orario ridotto.
Il mancato rispetto del diritto di precedenza determina, in favore del lavoratore pretermesso, il diritto al risarcimento del danno nella misura della differenza fra quanto percepito e la retribuzione che avrebbe conseguito in caso
di trasformazione, per un periodo di sei mesi successivi a tale passaggio.
Vengono imposti altresì il rispetto di oneri di informazione in caso di nuove
assunzioni di personale a tempo parziale, in modo da consentire a chi è già
dipendente di optare per tale riduzione dell’orario, e l’obbligo di prendere in
considerazione le richieste avanzate da parte dei lavoratori, nonché di motivare l’eventuale rifiuto opposto all’istanza di trasformazione, su richiesta del
lavoratore.
2.4. La c.d. clausola di elasticità ed il “diritto di denuncia”.
Una volta conclusa la clausola di “elasticità” (v. supra n. 2.2) il datore di
lavoro può esercitare il potere di modificare la collocazione dell’orario dando
un preavviso da dieci giorni a non meno di 48 ore.
Un particolare regime era stato introdotto al fine di salvaguardare ulteriormente la posizione del lavoratore, consistente nel diritto alla “denuncia”, in
forma scritta, del patto di elasticità, a determinate condizioni:
A) non prima di cinque mesi dalla stipulazione;
B) per determinate esigenze (di carattere familiare, di tutela della salute
certificate dal servizio sanitario pubblico, connesse allo svolgimento di altra
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attività subordinata oppure autonoma, di studio o formazione, o altre ancora
individuate dai contratti collettivi).
La denuncia non poteva comunque avere effetto prima di un mese (c.d.
preavviso a favore del datore di lavoro), salvo naturalmente il consenso di quest’ultimo ad abbreviare il termine.
E’ controverso se il diritto alla denuncia fosse esercitabile solo se le esigenze fossero sopravvenute dopo la stipula del patto oppure anche preesistenti alla
stipulazione del patto, dato il silenzio della legge sul punto, fermo restando
l’obbligo da parte del lavoratore di fornire le allegazioni in merito. Tale parte
della norma in materia di lavoro a tempo parziale ha fatto molto discutere, in
quanto è stata ritenuta da alcuni fonte di un’eccessiva rigidità, contrastante
con lo scopo della Direttiva europea, e su questa base è stata abrogata dalla
recente riforma intervenuta su questo punto.
In realtà, la portata della clausola poteva indurre un effetto opposto a quello criticato, nel senso di rendere più agevole la propensione del dipendente
alla sottoscrizione di clausole di elasticità, sapendo che al verificarsi di determinate condizioni si sarebbe potuta configurare una “giusta causa” per rivedere il patto sottoscritto, che altrimenti sarebbe stato eccessivamente gravoso.
Si tratta di una questione da non sottovalutare, in quanto la preoccupazione di
salvaguardare le esigenze organizzative – e quindi si suppone la massima elasticità dell’orario – non determina di per sé una maggiore diffusione del lavoro a tempo parziale nella logica della promozione dell’occupazione femminile, e della “conciliazione tra lavoro professionale e lavoro di cura”.
Più il regime di orario è imprevedibile, infatti, più diminuisce la propensione al lavoro da parte delle donne, e non solo. Infatti, si tratta di condizioni
di lavoro che potrebbero indurre a rinunciare anche al rapporto di lavoro a
tempo parziale, come dimostrano le analisi sociologiche relative al lavoro
coordinato e continuativo, che hanno indicato proprio nella maggior libertà
della gestione del tempo di lavoro la ragione per cui viene scelto da molte
donne, non senza conseguenze, peraltro, dal punto di vista della tutela.
Si tratta di uno dei nodi che la ricerca ha inteso affrontare, indagando sulla
disciplina negoziale per verificare la sussistenza di clausole in materia di “elasticità” ed eventuali limiti ad essa.
2.5. Il lavoro supplementare e straordinario.
La disciplina vigente, a differenza di quella originaria che lo vietava, contempla la possibilità nei confronti dei lavoratori a part-time orizzontale di effet-
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tuare il lavoro c.d. supplementare, oltre l’orario normale ridotto concordato tra
le parti, fino a quello corrispondente a tempo pieno.
Nei confronti del lavoratore impiegato con part-time verticale, al contrario, le
prestazioni ulteriori all’orario concordato sono qualificate come straordinario.
Nel primo caso, prima della recentissima riforma (v. infra par. n.3) si richiedeva il requisito del preventivo accordo con i sindacati “qualificati”, onde stabilire le causali del ricorso al lavoro supplementare, nonché il tetto massimo
annuale e la durata massima giornaliera (art. 3, c.2). Si è dunque proceduto
alla verifica della disciplina negoziale sul punto, per individuare se sia stata più
o meno restrittiva.
La legge richiede altresì il consenso del lavoratore, senza che sia indicato,
peraltro, se possa essere acquisito fin dalla stipulazione del contratto individuale, oppure richiesto volta per volta. Questa seconda ipotesi sembra la più
convincente, dato che si avrebbe altrimenti una sorta di clausola di elasticità,
senza il rispetto dei requisiti all’uopo previsti. Il lavoro supplementare infatti
non è necessariamente retribuito con maggiorazioni, e può dar luogo ad un
vincolo forte nei confronti del tempo di non lavoro, in senso contrario all’opzione espressa dal lavoratore verso il part-time. Nell’assetto attuale il consenso
acquisisce una diversa portata (v. infra par.3).
La legge contemplava anche una diversa possibilità, peraltro, che teneva
conto della opposta propensione che il lavoratore potrebbe manifestare verso
l’aumento del proprio orario, rispetto a quello inizialmente pattuito, mediante
l’istituto del “consolidamento” (art. 3, c.6) del maggior orario effettuato in
modo non occasionale, che, se previsto dai contratti collettivi, può essere
richiesto da parte del lavoratore interessato alla scadenza di ciascun biennio.
Ad esso era strumentale l’obbligo in capo al datore di lavoro di consegnare trimestralmente al lavoratore un prospetto delle ore supplementari effettuate; ciò
era funzionale anche alla previsione di una sanzione ad hoc, costituita dalla
maggiorazione retributiva pari al 50% della retribuzione globale di fatto da
corrispondere per le ore di lavoro supplementare effettuate in violazione dei
limiti massimi, o delle causali consentite.
Si è detto che il lavoro supplementare non dà luogo necessariamente a
maggiorazioni retributive; tuttavia, vi possono essere apposite previsioni in
merito dei contratti collettivi, oltretutto sempre derogabili in melius dal contratto individuale.
In ottemperanza alla direttiva europea, il rifiuto del lavoro supplementare
non può essere sanzionato nè in via disciplinare, né con il licenziamento.
Valgono anche in questo caso le osservazioni svolte con riguardo al divieto di
considerare come giustificato motivo di licenziamento il rifiuto alla trasforma-
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zione del rapporto, salva la possibilità di provare altrimenti la sussistenza dei
presupposti per il ricorso alla sanzione estintiva, secondo i criteri già formatisi
nell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale precedente. Resta aperto l’interrogativo se tale precetto sia stato rispettato effettivamente.
Nel caso di lavoro a tempo parziale verticale il lavoro prestato oltre l’orario
giornaliero è considerato come lavoro straordinario, al fine del limite di durata massima e del diritto alla maggiorazione della retribuzione. Era comunque
ammessa la facoltà per le parti di stabilire che l’attività potesse comunque svolgersi, nei limiti anzidetti, anche nelle giornate in cui non viene normalmente
prestata la attività corrispondente al tempo parziale (Alessi 2001), possibilità
che ora è stata disciplinata dalla riforma quale flessibilità della durata della
prestazione lavorativa.
2.6. Il divieto di discriminazione ed il principio “pro rata temporis”.
Il legislatore italiano nell’art. 4, d. lgs. n. 61/2000, ha quasi fedelmente ritrascritto il principio di non discriminazione e il criterio pro rata temporis contenuti nella clausola n. 4 della Direttiva n. 97/81/CE. Le due regole si integrano a vicenda: il principio fondamentale stabilisce che i lavoratori a part-time
non devono essere trattati in modo deteriore rispetto a quelli a full-time per il
fatto di essere ad orario ridotto e godono pertanto, in via di principio, degli stessi diritti dei secondi; tuttavia, qualora alcuni istituti relativi al rapporto di lavoro a tempo pieno debbano essere adeguati, in ragione della loro stessa natura,
ai dipendenti a part-time in ragione del minor tempo lavorato, troverà applicazione la regola del pro rata temporis, che, imponendo il loro riproporzionamento, risulta essere un’applicazione positiva del principio di parità di trattamento e, perciò, in ultima analisi, del principio di eguaglianza.
Tale stretta connessione emerge chiaramente dalla lettera della legge, ai
sensi della quale l’applicazione del principio di non discriminazione comporta espressamente che: a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti del lavoratore a tempo pieno comparabile; b) il trattamento del
lavoratore a part time sia riproporzionato in ragione della ridotta entità
della prestazione lavorativa (art. 4, comma II): resta il problema di individuare in quali casi il lavoratore a tempo parziale goda degli stessi diritti del
lavoratore a tempo pieno o di diritti equivalenti, ed in quali casi di diritti in
misura riproporzionata.
Al riguardo, secondo la giurisprudenza prevalente, l’individuazione di
regimi identici di trattamento è più agevole nell’ipotesi di distribuzione oriz-
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zontale della prestazione lavorativa, mentre è più controversa nel caso del
part-time verticale: ciò vale, ad esempio, per istituti quali il periodo di comporto per malattia, il periodo di prova, i permessi sindacali ai dirigenti delle
r.s.a.
Inoltre, se il comma 1, art. 4, d. lgs. 61/2000 riproduce pressoché fedelmente il divieto di discriminazione contenuto nella clausola corrispondente
della Direttiva 97/81/CE, il secondo comma contiene disposizioni più dettagliate, attuative di quella parte del provvedimento comunitario che rimette agli Stati membri e/o alle parti sociali la definizione delle modalità di
applicazione del principio di non discriminazione. Ne conseguono identità
e differenze.
Per quanto attiene le identità, considerato che anche in Italia il part-time è
prevalentemente utilizzato dalla manodopera femminile, il menzionato art. 4
può essere collocato, al pari della clausola n. 4 della Direttiva comunitaria,
nell’alveo della tutela del lavoro femminile, ed in particolare nell’ambito della
lotta contro le discriminazioni indirette.
Ciò significa che la posizione del principio di non discriminazione dei
part-timers esprime, tanto nella direttiva quanto nella normativa italiana,
non solo la volontà di garantire uno “zoccolo minimo” di diritti ai lavoratori “atipici”, ma anche quella di tutelare la posizione del lavoro femminile nel mercato del lavoro. Del resto, l’intreccio tra questi aspetti è ampiamente dimostrato anche dal contenzioso svoltosi dinanzi alla Corte di
Giustizia, la quale ha sviluppato gran parte della propria giurisprudenza sulle
discriminazioni indirette per ragioni di sesso proprio riguardando casi di differenziazioni di trattamento praticate nei confronti di lavoratori part-time (v.
CGE 602/96, C-457/93 Lewark; CGE 702/91, C-184/89 Nimz; CGE
13.05.86, C-170/84, Bilka; CGE 31.03.81, C-96/80 Jenkins).
Come si diceva, le menzionate lett. a) e b), comma II, art. 4, d.lgs. n.61
individuano puntualmente gli istituti in relazione ai quali è vietato applicare ai lavoratori a tempo parziale trattamenti differenziati. Quest’ultimo principio vale per gli istituti di cui alla lett. a):
– importo della retribuzione oraria;
– durata del periodo di prova e delle ferie annuali;
– durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità;
– durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia,
infortuni sul lavoro e malattie professionali;
– tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro;
– iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro e servizi sociali aziendali;
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– criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previste dai contratti collettivi di lavoro e diritti sindacali.
Sono altresì individuati, viceversa, gli istituti con riferimento ai quali è possibile operare differenziazioni di trattamento in ragione della ridotta entità
del lavoro prestato.
Secondo la lett. b) si tratta di:
– importo della retribuzione globale e delle singole sue componenti;
– importo della retribuzione per ferie;
– importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro,
malattia professionale e maternità.
Da tali disposizioni emerge che, in linea di massima, almeno per quanto
attiene il part-time orizzontale, il legislatore italiano ha optato per il principio
di parità di trattamento fra part-timers e ful-timers per quanto attiene i trattamenti normativi e, invece, per l’applicabilità della regola del riproporzionamento per quel che concerne i trattamenti economici (seppur con qualche
eccezione).
Si deve sottolineare, inoltre, che nella disciplina nazionale il principio di
non discriminazione risulta più categorico, in quanto munito del requisito
della inderogabilità in senso peggiorativo, rispetto a quanto avviene nella normativa comunitaria dove è stata prevista la sua possibile deroga per “ragioni
obiettive”, che induce la problematica connessa all’individuazione tutt’altro
che agevole di tali motivazioni. Ed è stata probabilmente proprio questa la
ragione per cui il legislatore italiano ha invece escluso, persino ad opera della
contrattazione collettiva, ogni possibile deroga al suddetto principio.
Pare invece corretto ritenere che la regola posta dalla lettera b) secondo
comma dell’art. 4 ammetta, sulla base dei principi generali che presiedono al
rapporto legge - contratto collettivo, deroghe in melius: infatti, non si può
escludere che i trattamenti ivi indicati e suscettibili di riproporzionamento
possano essere praticati nei confronti dei lavoratori a part time, e in deroga a
tale regola, in misura più che proporzionale. Ciò in applicazione, per l’appunto, del generale principio della derogabilità in melius.
Invece l’inderogabilità in pejus del principio di non discriminazione, e
soprattutto la sua inderogabilità per “ragioni obiettive”, comporta una drastica limitazione dei poteri della contrattazione collettiva la quale non potrà,
per esempio, differenziare il trattamento dei lavoratori a tempo parziale per
“ragioni economiche”, “costi d’impresa”, “ragioni di mercato”, dal momento
che anche la recente direttiva in materia non abbandona il rigore con cui
devono essere valutate le ragioni che possono indurre a prefigurare eccezioni
in materia.
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2.7. Il sistema sanzionatorio per il caso di mancata ottemperanza ai precetti
normativi.
Un particolare sistema sanzionatorio è previsto in caso di mancato rispetto
dei requisiti previsti.
Il mancato rispetto della forma scritta, a differenza di quanto previsto nel
precedente regime, non determina la nullità del contratto, essendo essa prevista solo a fini di prova. La prova della sussistenza del contratto può essere fornita anche in via testimoniale, ovvero tramite gli ordinari mezzi di prova.
In mancanza di tale prova, si dà luogo ad una soluzione del tutto peculiare, che peraltro è stata positivamente valutata, in quanto ha consentito di superare le precedenti soluzioni giudicate non soddisfacenti. Essa consiste in una
gamma di alternative rimaste pressocchè invariate.
A - Su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno, a far data dall’accertamento giudiziale (oppure
dall’atto con cui si conclude la procedura di conciliazione ed eventualmente
di arbitrato). In tal modo si conferisce sostanzialmente al lavoratore il diritto
potestativo di scegliere se richiedere la conversione del contratto in uno a
tempo pieno. Il lavoratore ha diritto, in caso di mancata determinazione della
durata della prestazione lavorativa, ad un emolumento per il risarcimento del
danno per il periodo antecedente alla pronuncia, determinato in via equitativa, oltre alla retribuzione spettantegli per le prestazioni rese antecedentemente all’accertamento giudiziale (essendo peraltro controverso in dottrina se tale
data sia quella del deposito della sentenza, oppure quella in cui il lavoratore
offra la propria prestazione lavorativa).
B - Se il lavoratore non intende richiedere l’accertamento costitutivo circa
la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno, poiché è interessato allo
svolgimento di un’attività a tempo parziale, richiederà l’accertamento della
sussistenza del rapporto a tempo parziale.
Si potrà considerare tale ipotesi anche come rientrante nella diversa fattispecie che è contemplata dalla norma, ovvero quella in cui, pur essendo certo
il rapporto di lavoro e la sua durata, manchi la collocazione temporale della
prestazione lavorativa.
C - Per quanto attiene alla mancata indicazione della collocazione della
prestazione lavorativa, ovvero della sua distribuzione ed articolazione, la disciplina di cui al menzionato art.8, c. 2, prevede la possibilità che sia il giudice
ad integrare la volontà negoziale, determinando le modalità temporali di svolgimento del rapporto di lavoro secondo le previsioni dei contratti collettivi in
31
tema di clausole elastiche, oppure, in mancanza, in via equitativa.
Quest’ultima valutazione dovrà essere condotta tenendo conto delle esigenze
familiari del lavoratore, o dell’esigenza di svolgere attività lavorativa. Anche in
questo caso si prevede la possibilità di esperire, in alternativa alla via giudiziaria, la procedura di conciliazione sindacale, prevista dai contratti collettivi
nazionali.
È controverso se il risarcimento del danno spetti solo in caso di omessa
indicazione della durata o della collocazione temporale, come testualmente
previsto dalla disposizione di cui all’art.8, c.2, oppure anche in caso di mancanza di forma scritta: la tesi secondo la quale si applica in ogni ipotesi contemplata della disposizione di cui all’art.8, si fonda sull’interpretazione sistematica (Centofanti 2000, 507), mentre la tesi contraria si fonda, all’opposto,
sulla diversità tra le fattispecie, per cui la mancata indicazione della durata o
della collocazione temporale fa pensare che si sia realizzato un contratto con
clausola di “elasticità” della prestazione, e quindi il risarcimento è dovuto a
titolo di compenso per la mancata salvaguardia del “tempo di non lavoro”
(Romei 2000).
Va altresì rilevato che la norma non prevede termini di decadenza per l’esercizio dell’azione giudiziaria, e dunque il lavoratore potrà agire in qualsiasi
momento, salva l’ ordinaria prescrizione quinquennale.
La ricerca non ha evidenziato casi di applicazione né dell’apparato di tutela giudiziaria né delle suddette sanzioni.
2.8. Questioni aperte in base alla disciplina previgente.
Nonostante il carattere complessivamente esaustivo delle disposizioni citate, non è esclusa la possibilità di rinvenire ipotesi non espressamente contemplate dal legislatore; così, per esempio, permane tuttora la lacuna attinente alla
mancata menzione del divieto di discriminazione tra lavoratori part time e full
time nella progressione di carriera, che tuttavia è stata colmata dall’ orientamento espresso dal Collegio Istruttorio del Comitato Nazionale Pari
Opportunità (parere dd. 30.11.94, in Lav. prev. oggi, 1994, p. 386, con nota di
Meucci, nonché ulteriori pareri del Collegio istruttorio), circa la natura indirettamente discriminatoria dell’allungamento, per i lavoratori a part-time, dei
tempi contrattuali di progressione in carriera, adeguandosi sul punto alla giurisprudenza comunitaria (CGE 17 giugno 1998, C-243/95, K. Hill, Stapleton,
Cass. 28 dicembre 1999, n. 14633, Cass. 24 novembre 1999, n. 13093, Cass.
25 novembre 1994, n. 10029, Cass. 14 dicembre 1999, n. 14065).
32
Per quanto attiene agli scatti di anzianità, la soluzione prevalsa in giurisprudenza ne ha affermato, viceversa, la riduzione proporzionale, sulla scorta
del principio già richiamato di riproporzionamento del trattamento economico (Cass. 14633/1999 e n.13093/1999), così come è accaduto per l’indennità
di mensa, nel presupposto che essa costituisca un corrispettivo del lavoro svolto ed abbia, pertanto, natura retributiva (Cass. N.4839/1998).
Inoltre, si sono posti numerosi interrogativi anche con riferimento al parttime verticale in tema di: periodo di comporto, e di prova, in quanto il principio dell’eguale trattamento rispetto ai lavoratori a tempo pieno ha carattere
meramente sussidiario, in mancanza di specifiche disposizioni della contrattazione collettiva (art.4,c.2 lett. a, d.lgs.n.61). Le principali questioni hanno
riguardato la determinazione del periodo di comporto per malattia, ove in dottrina si è proposto di riservare anche ai lavoratori a tempo parziale verticale lo
stesso periodo previsto per i lavoratori a tempo pieno (e a tempo parziale orizzontale), salvo determinare in via equitativa il termine “esterno” per il comporto (Pera, 1998, 357); o ancora per il periodo di prova, che in mancanza di
apposite previsioni dei contratti collettivi resta eguale alla durata prevista per
il tempo pieno; ancora, il quesito si è posto per la determinazione del periodo
di ferie, che dovrebbe essere riproporzionato in base al numero delle giornate
di lavoro (e non al numero delle ore). La medesima soluzione è stata sostenuta, anche in via giurisprudenziale, per quanto attiene alle ferie e accolta anche
dalla Circ. Min. lav. n.24/2000.
La parità è invece non derogabile per quanto attiene ai criteri di calcolo
delle competenze indirette e differite previste dai contratti collettivi. In tal
senso ha deciso anche la giurisprudenza, ritenendo illegittima l’esclusione
dello straordinario prestato dai lavoratori a tempo parziale (Pret. Milano 15
febbraio 1999 in Riv. Crit. Dir.lav. 2000, 177 con nota di C. Alessi).
Il rapporto di lavoro a tempo parziale verticale ha posto inoltre il problema
del trattamento riservato alla lavoratrice che entri nel periodo di assenza obbligatoria per maternità durante la fase di non lavoro. Il diritto al trattamento di
maternità anche se siano decorsi più di sessanta giorni dalla sospensione del
rapporto di lavoro è stato riconosciuto in base ad una sentenza della Corte
costituzionale (132/91), che ha rimosso una situazione di palese diseguaglianza fra part-timers orizzontali e verticali. Tale principio è stato riaffermato
anche in relazione alla possibilità di riconoscere il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione nei confronti del lavoratore a part-time verticale (riconosciuto da Cass. 3746/2000 per i rapporti di lavoro con durata inferiore ai sei
mesi), in quanto esso si converte nel trattamento per maternità (Cass. 10 agosto 1998 n. 7839).
33
Il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione involontaria per chi
lavora a part-time verticale è peraltro tuttora controverso. La giurisprudenza
della Cassazione aveva assunto un atteggiamento favorevole, condiviso da
molta parte della dottrina, ma in senso contrario si è manifestato invece l’orientamento dell’INPS, e da ultimo anche delle S.U. della Cassazione (sent.
6 febbraio 2003 n.1732). Occorre comunque ricordare il filone giurisprudenziale della Corte costituzionale a cui si era ispirata la giurisprudenza precedente, che aveva esteso i principi affermati per tutelare la lavoratrice madre
con rapporto di lavoro a part-time verticale a tutte le ipotesi di lavoro a tempo
parziale.
Per quanto attiene alla tutela della maternità resta fermo comunque l’orientamento della Corte, che ha più volte affermato come l’indennità di
maternità abbia la funzione di garantire alla madre di vivere la fase della gravidanza e dei primi mesi di vita del figlio senza una radicale riduzione del
tenore di vita raggiunto tramite il proprio lavoro, e che dalla disciplina del rapporto di lavoro non possa derivare una sostanziale menomazione economica a
motivo della maternità (Corte Cost. n. 3/1998). Seguendo tale impostazione
si è affermato che l’indennità di maternità debba essere ragguagliata alla retribuzione più favorevole alla lavoratrice, nell’ipotesi di trasformazione dal
tempo pieno all’orario ridotto in un periodo rilevante ai fini del calcolo dell’indennità (Cass. 1729/2000). Resta comunque la possibilità di avvalersi della
previsione di cui alla T.U. n.151/2001, art.74 e 75.
3.
I RECENTI INTERVENTI LEGISLATIVI DI MODIFICA DELLA
REGOLAMENTAZIONE DEL LAVORO A TEMPO PARZIALE.
Le riforme ricordate in apertura, da inquadrarsi nella diffusione di tecniche
di gestione organizzativa flessibile delle risorse umane, ma anche nella sollecitazione a promuovere le pari opportunità nei confronti delle donne, emersa
a livello europeo tramite la direttiva 97/81 Ce, e trasposta in Italia con il d.lgs.
n. 61/2000 (integrato dal successivo d.lgs. n. 100/2001), sono allo stato attuale
destinate a subire ulteriori modifiche.
La legge-delega n.30/2003 ha introdotto nuovi principi, che sono stati ulteriormente specificati attraverso il recente d.lgs. n.276/2003, modificativi della
disciplina vigente, inducendo ad eventuali ulteriori modifiche quella di fonte
contrattuale applicata nella provincia di Trento, sia nazionale sia integrativa,
costituita principalmente dal complesso dei contratti collettivi provinciali ed
aziendali che riguardano i diversi settori produttivi.
34
3.1. La legge-delega n. 30/2003 in materia di occupazione e mercato del lavoro.
L’art. 3 della legge n. 30/2003 ha conferito al Governo il potere di emanare decreti delegati volti a riformare la disciplina attualmente vigente del lavoro a part-time, nella convinzione che il modo con il quale era stata data attuazione alla direttiva comunitaria fosse fonte di eccessive “rigidità” in contrasto
con l’obiettivo, posto dalla direttiva stessa, di agevolare la diffusione di regimi
ad orario ridotto.
Nello specifico, la legge - delega impone di adottare norme, non estensibili automaticamente ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, volte a “promuovere il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale idonea a favorire l’incremento del tasso di
occupazione e, in particolare, del tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con età superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro”.
A tal fine la legge pone alcuni principi e criteri direttivi, da rispettare nell’emanazione delle nuove disposizioni:
– l’agevolazione del lavoro supplementare nelle ipotesi di part-time orizzontale, secondo modalità ed ipotesi individuate dai contratti collettivi o, in
mancanza, sulla base del consenso del lavoratore interessato;
– l’agevolazione delle forme c.d. flessibili ed elastiche del lavoro a tempo parziale, anche nelle tipologie verticale e misto, con possibilità di aumentare la
durata e non soltanto di modificare la collocazione temporale della prestazione, potere riservato alle parti individuali, in carenza dei contratti collettivi, e mantenendosi il diritto alla maggiorazione retributiva;
– l’estensione della succitata elasticità anche al part-time a tempo determinato, senza alcun limite;
– la previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani, al fine di
contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile;
– l’estensione del criterio del pro rata temporis, in proporzione all’orario svolto, a tutte le norme legislative e contrattuali collegate alla dimensione dell’organico aziendale;
– l’introduzione del c.d. part-time a chiamata;
– l’abrogazione di ogni disposizione in contrasto con l’obiettivo dell’incentivazione del part-time.
Dal quadro descritto emergono diversi nodi che portano ad un cambiamento abbastanza profondo della disciplina vigente rispetto agli obiettivi di
promozione delle pari opportunità sotto il profilo dell’occupazione femminile
e della conciliazione con il lavoro di cura.
35
A) In primo luogo, non vi è certezza che la valorizzazione dell’autonomia
individuale corrisponda all’effettiva volontà di chi viene assunto, per quanto
riguarda in particolare l’introduzione di forme elastiche e flessibili nel parttime verticale, misto, ed anche a tempo determinato, previsione quest’ultima
che non sfugge al timore di causare un’eccessiva precarizzazione dei rapporti
di lavoro.
B) La revisione del modello di integrazione tra autonomia individuale e
collettiva può determinare tendenze alla revisione anche del modello di relazioni industriali, con il rischio di vere e proprie “fughe dalla contrattazione
collettiva”.
C) L’introduzione di fattispecie molto flessibili di rapporto di lavoro, come
il rapporto di lavoro “chiamata” (ex art. 4, c.1 legge – delega n. 30), può determinare una concorrenzialità tra tipi diversi di contratto di lavoro, ed una minor
propensione del datore di lavoro alla stipulazione del contratto a tempo parziale.
D) Forti perplessità ha suscitato anche la previsione della generalizzazione
del criterio del pro rata temporis, per il fatto che la giurisprudenza, soprattutto
della CGE, ha più volte sottolineato che l’applicazione rigida del criterio del
riproporzionamento dei diversi istituti è stata frequentemente causa e strumento di discriminazione indiretta a danno delle lavoratrici, atteso che il personale a tempo parziale è prevalentemente femminile. La formulazione della
norma farebbe propendere, infatti, per una rigidità nell’applicazione del criterio, la quale porta ad escludere la possibilità di mantenere o introdurre criteri
diversi, volti a parificare in senso più ampio la posizione del lavoratore a tempo
parziale a quella del lavoratore a tempo pieno. Tale indicazione riguarda sia il
regime applicabile, sia, sembrerebbe, il metodo di calcolo dei dipendenti. Al
riguardo non può però essere trascurata la corrente dottrinale e giurisprudenziale, anche comunitaria, già richiamata, che impone invece una maggiore
attenzione nella applicazione di trattamenti diversificati.
3.2 Il decreto legislativo n. 276/03 di attuazione della legge-delega.
Il decreto attuativo non ha tuttavia introdotto modifiche alla disciplina previgente, su quest’ultimo punto, evitando così di seguire un’indicazione che
avrebbe potuto creare contrasto con i principi stabiliti dal diritto comunitario.
Altre disposizioni mutano invece sensibilmente il quadro previgente, sulla
base del quale si è sviluppata gran parte della contrattazione collettiva analizzata.
36
Per quanto riguarda l’introduzione di maggiori margini di flessibilità nell’orario di lavoro, c.d. “flessibilità funzionale”, il decreto attuativo, all’art. 46,
interviene a modificare principalmente gli artt. 1, 3, e 8 del d. lgs. n. 61/2000,
ossia le disposizioni riguardanti il lavoro supplementare, le clausole elastiche,
ed il sistema sanzionatorio.
1 - Secondo il nuovo disposto di cui all’art.3, d.lgs.n.61, per quanto attiene
il lavoro supplementare, l’incentivazione è stata realizzata sia mediante abrogazione del sistema sanzionatorio/compensativo previsto per legge in caso di
superamento delle soglie massime, che viene ora demandato alla disciplina
posta dai contratti collettivi, sia mediante valorizzazione del consenso individuale che avviene soltanto a condizione che manchi sul punto la regolamentazione contrattuale collettiva - “l’effettuazione di (dette) prestazioni richiede il
consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo”. Viene in tal modo eliminata la c.d. doppia chiave che legittimava il ricorso al lavoro supplementare solo a condizione sia dell’accordo
sindacale sia del consenso individuale, attribuendo a quest’ultimo portata integrativa dei contratti collettivi, spesso troppo generici e tali da non precludere
comportamenti “arbitrari” del datore di lavoro (Brollo 1995; Biagi, Russo,
Tiraboschi 2002). Fermo restando che tale modifica del regime giuridico è criticabile soprattutto dal punto di vista della salvaguardia delle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, poiché la norma prevede soprattutto una rispondenza
alle variazioni di tipo organizzativo, è di estremo interesse verificare l’esistenza ed il contenuto delle clausole poste dai contratti collettivi, e la portata della
riforma nei loro confronti (v. infra Parte II).
Meno rilevante è un’altra modifica che ha investito la previsione, indotta
dalla direttiva europea, circa il fatto che il rifiuto opposto dal lavoratore non
integra in alcun caso il giustificato motivo di licenziamento, che è stata mantenuta, mentre è stata abrogata la parte che riguardava l’esclusione anche dell’illecito disciplinare. Sul punto, tuttavia, è lecito nutrire dubbi sull’irrogazione di sanzioni disciplinari in caso di rifiuto, per ragioni di ordine sistematico
sulla configurazione dell’illecito disciplinare. Per altre considerazioni sul
nuovo assetto che assume l’autonomia individuale, rispetto all’esercizio dell’autonomia collettiva, si rinvia alla seconda parte del presente rapporto, con
specifico riferimento alle considerazioni riguardanti la disciplina in materia
risultante dai contratti collettivi.
2 - Poco condivisibile è altresì la disciplina prevista in tema di clausole flessibili ed elastiche anzitutto per quanto attiene specificamente al c.d. diritto di
ripensamento, che viene espressamente abrogato (ma sul punto si vedano le
considerazioni svolte nella seconda parte), ed alla riduzione del preavviso al
37
lavoratore ad (almeno) due giorni lavorativi – anziché ai 10 giorni della disciplina precedente: infatti, relativamente a quest’ultima previsione, nel caso di
esercizio del potere del datore di lavoro di variare in aumento la durata della
prestazione lavorativa, o di modificarne la collocazione temporale in forza di
dette clausole, il periodo di tempo concesso al lavoratore per adeguarvisi ed
organizzarsi, soprattutto per quanto attiene il tempo di non lavoro, appare davvero esiguo, con lesione, pertanto, dell’esigenza di poter programmare il proprio “tempo di non lavoro” considerata imprescindibile dalla giurisprudenza
della Corte costituzionale, e dunque vincolante per il legislatore anche in sede
di trasposizione della direttiva europea secondo il principio di “non regresso”.
Per quanto attiene poi al regime sanzionatorio, il nuovo decreto delegato
introduce la disposizione per la quale, nel caso di inosservanza da parte del
datore di lavoro delle norme relative alle clausole flessibili ed elastiche, il
dipendente avrà diritto alla corresponsione di un ulteriore emolumento, in
aggiunta alla retribuzione che gli spetta, a titolo di risarcimento del danno.
Ciò non significa che la disciplina proposta sia adeguata rispetto al lavoro femminile, che richiede, come è oramai noto e si è avuto modo di verificare nella
ricerca relativa al settore pubblico, effettività nella fruizione della riduzione
dell’orario, piuttosto che forme risarcitorie.
Infine, va richiamata l’attenzione sul fatto che, pur mantenendo i contratti
collettivi la funzione di individuare le condizioni e modalità per l’applicazione delle clausole “elastiche”, nonché i limiti massimi della variazione in
aumento della durata della prestazione, spetta alle parti individuali la facoltà
di introdurre tali clausole, e non più alla funzione “autorizzatoria” della contrattazione collettiva. Il patto con cui verrà introdotta la clausola di elasticità
ammette, ma solo su richiesta espressa del lavoratore, la possibilità di farsi assistere da un rappresentante sindacale. La variazione attribuisce funzione meramente indicativa all’orario definito dal contratto individuale, nel senso che
esso potrà essere modificato nella sua distribuzione, ed ora anche nella durata, se si tratta di part-time verticale o misto. La lavoratrice, oppure il lavoratore, si troverà quindi nella situazione di dover adempiere ad una prestazione
ben diversa da quella inizialmente pattuita, con l’unico preavviso di due giorni lavorativi. Tale elasticità richiede peraltro una forma di compenso, nella
misura prevista dai contratti collettivi. Sulle ulteriori questioni interpretative si
rinvia alla trattazione successiva, con particolare riferimento al coordinamento con la disciplina posta dai contratti collettivi (v. Parte II).
3 - Da ultimo è doveroso aggiungere, per completezza espositiva, che il
provvedimento in esame prevede, altresì, la possibilità di effettuazione del
lavoro straordinario anche nel part-time misto; la computabilità dei lavoratori
38
a tempo parziale, ai fini dell’applicabilità delle relative disposizioni legislative
e contrattuali riferentisi all’organico aziendale, non più come unità intere,
bensì in proporzione all’orario svolto; e l’integrale estensione al settore agricolo della disciplina inerente il lavoro a tempo parziale.
4 - Non si prende in considerazione qui in modo approfondito la parte
del nuovo quadro normativo riguardante la fattispecie relativa al “lavoro
intermittente” ed a quella di job – sharing (già peraltro disciplinata in precedenza), ma ci si limita a qualche considerazione in relazione allo scopo della
ricerca, e dunque alla loro attitudine a promuovere le pari opporrtunità fra
uomini e donne, e la conciliazione tra lavoro professionale e lavoro di cura.
Entrambe appaiono poco convincenti da questo punto di vista.
Per quanto riguarda la prima, si tratta di un peculiare contratto di lavoro in
cui il lavoratore si obbliga a dare la propria disponibilità ad effettuare la prestazione lavorativa su “chiamata del datore di lavoro” e percepisce una retribuzione per le ore effettivamente lavorate, cui si aggiunge una retribuzione
ulteriore come compenso per la “disponibilità”, che tuttavia è corrisposto solo
se il lavoratore osserva effettivamente l’obbligo di rispondere alla “chiamata”.
Al riguardo, non si vede come possa essere confacente alle esigenze descritte
un rapporto di lavoro caratterizzato da una pressocchè totale assenza di programmabilità del tempo di lavoro e di non lavoro, e che quindi preclude alternative sia di altre occupazioni, integrative del reddito, sia di cura familiare,
dato che le assenze avrebbero carattere altamente imprevedibile. Né è certo da
trascurare il fatto che tale fattispecie è stata tradizionalmente considerata rientrante nel campo di applicazione della disciplina sul lavoro a tempo parziale,
e dunque soggetta ai limiti costituzionali già ricordati. Una conferma dell’ampiezza del campo di applicazione della disciplina in materia di lavoro a tempo
parziale si rintraccia anche nella direttiva, ove all’art.2, pur ammettendo la
possibilità di escludere le prestazioni meramente occasionali, invita a riesaminarne periodicamente le ragioni, adottando quindi un approccio restrittivo.
Per quanto riguarda il rapporto di job-sharing, o lavoro condiviso, anzitutto
va ribadito che esso non può essere assimilato al rapporto di lavoro a tempo
parziale, quasi ne costituisse una sommatoria, a causa del fatto che ciascuno
dei due lavoratori si obbliga nei confronti del datore di lavoro a fornire la prestazione, anche quando uno dei due non ne sia in grado, assumendosi pertanto l’intera obbligazione della prestazione lavorativa, come se si trattasse di
un lavoro ad orario pieno.
Tale caratteristica spiega anche come non si sia molto diffuso, neppure in
provincia di Trento, come risulterà dal prosieguo del lavoro, pur essendovi
discipline negoziali al riguardo che lasciano intravvedere qualche possibilità
39
nel futuro. Va comunque considerata la previsione che consente, nel caso di
impossibilità di entrambi i partners, anche se giustificabile, il ricorso alla risoluzione del contratto individuale di lavoro.
3.3. Il decreto legislativo n. 66/2003 sull’orario di lavoro.
Attraverso il d. lgs. dell’8 aprile 2003, n. 66, l’Italia si è adeguata alla disciplina comunitaria in materia di orario di lavoro, dettata dalla direttiva n.
93/104/Ce, così come modificata dalla direttiva n. 2000/34/Ce.
Il provvedimento è diretto a regolamentare, in modo uniforme sull’intero
territorio nazionale e nel pieno rispetto dell’autonomia collettiva, i profili di
disciplina del rapporto di lavoro correlati all’orario.
In modo del tutto conforme a quanto sancito a livello comunitario, il decreto in esame precisa, in primo luogo, la nozione di “orario di lavoro”, affermando che deve intendersi per tale “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al
lavoro, a disposizione del datore di lavoro, e nell’esercizio della sua attività o
delle sue funzioni”.
Passando poi, per quanto qui interessa, all’orario di lavoro in relazione al
tempo parziale, il provvedimento de quo conferma la disposizione di cui all’art.
13, l. 196/97, fissando l’orario massimo legale in 40 ore settimanali, e prevedendo che i contratti collettivi possano in ogni caso stabilire una durata inferiore e riferire il suddetto limite alla durata media della prestazione lavorativa
in un periodo non superiore all’anno; peraltro, il potere di modulazione, e la
correlata possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro straordinario, vengono
assoggettati a specifici limiti massimi: precisamente, vengono individuati due
limiti di durata massima settimanale. Il primo inerisce alla singola settimana
lavorativa e viene affidato alla libera determinazione della contrattazione collettiva; il secondo riguarda invece la durata massima settimanale intesa come
valore medio all’interno di un arco temporale determinato; segnatamente, si
prevede che la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, compreso lo straordinario, e che detto valore medio deve essere calcolato con riferimento ad un
periodo non superiore a quattro mesi. Tale periodo può, però, essere esteso dai
CCNL fino a sei mesi oppure a dodici per comprovate ragioni oggettive, tecniche od organizzative del lavoro, individuate negli stessi contratti collettivi.
Il regime dell’orario normale, e l’eventuale introduzione di sistemi di
modulazione del medesimo, può influire sul lavoro a tempo parziale, come
hanno sottolineato gli studi a carattere sociologico (cfr da ultimo il rapporto
40
per la Commissione europea Working –time preferences and work – life balance in the EU: some politcy considerations for enhancing the quality of life). Ciò
avviene sia di fatto, creando i presupposti perché emergano istanze verso la
riduzione dell’orario, a fronte di regimi prolungati di prestazioni con orario
elevato, sia sotto il profilo giuridico, poiché la nozione stessa di “orario di lavoro” influisce su quella del lavoro a tempo parziale, essendo quest’ultimo un
rapporto ad orario ridotto rispetto a quello normalmente praticato nell’unità
produttiva. Ed in effetti la determinazione dell’orario a tempo parziale potrà
avvenire anche con riferimento alla durata media, fermo restando che nel contratto individuale dovranno essere indicati i diversi parametri, giorno, settimana, mese, anno, dell’orario di lavoro.
Per quanto riguarda in particolare la nozione di orario di lavoro a tempo
parziale, quella introdotta con il decreto n. 276/03 si riferisce a quella legale,
oppure a quella inferiore indicata dai contratti collettivi. E’ soprattutto a quest’ultima che occorrerà riferirsi, tenuto conto del fatto che la nuova nozione di
orario normale “legale” non contempla il referente giornaliero, ma solo quello settimanale, ragguagliato alle 40 ore, salvo che siano realizzati sistemi di orario modulare. Sarà dunque in larga misura l’orario normale seguito nelle unità
produttive in cui sono impiegati i dipendenti a tempo pieno a determinare
anche quale sia la soglia a cui riferirsi per determinare l’orario del dipendente
a tempo parziale, che dovrà essere ridotta, senza particolari limiti di soglie
minime che il legislatore non ha indicato.
Al riguardo emerge un nodo importante rispetto alla realizzazione degli
obiettivi di pari opportunità, poiché a seconda della durata e della collocazione del tempo di lavoro essi saranno più o meno facilmente raggiungibili. In
alcuni contratti collettivi, come si vedrà nel corso della seconda parte dell’analisi, è determinata anche la durata minima dell’orario dei part-timers.
41
PARTE
SECONDA
La disciplina negoziale
maggiormente significativa:
i contratti collettivi nazionali
di lavoro e la contrattazione collettiva
nella Provincia Autonoma di Trento.
Eleonora Stenico
1.
LA DISCIPLINA CONTRATTUALE E L’EQUILIBRIO TRA ESIGENZE
INDIVIDUALI ED ORGANIZZATIVE. LA RILEVANZA DELLA CURA
FAMILIARE .
L’analisi della contrattualistica ha inteso focalizzare a quale finalità corrisponda il ricorso al lavoro a tempo parziale, che come è noto può rispondere
a particolari dinamiche organizzative - intese alla razionalizzazione dell’organico, al dimensionamento ottimale in relazione all’andamento del mercato -,
diverse rispetto alle esigenze proprie dei dipendenti legate al lavoro di cura,
alla formazione professionale, alla tutela della salute, alla riduzione dell’orario
per fronteggiare lavori particolarmente gravosi. Un’analisi di questo tipo non
può essere condotta soltanto con riferimento alla disciplina formalmente
accolta dai contratti collettivi, in quanto richiede anche una verifica sulla
effettiva applicazione. Il dato formale è comunque quello che è stato posto in
risalto soprattutto per esaminare in quale misura siano stati accolti principi di
tutela con particolare riferimento all’obiettivo di composizione tra esigenze
contrapposte.
2.
IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO ALLA COSTITUZIONE DI
RAPPORTI DI LAVORO A TEMPO PARZIALE O ALLA TRASFORMAZIONE DA TEMPO PIENO A TEMPO PARZIALE
Una delle tematiche più discusse dalla riflessione che pone in rilievo
l’importanza dell’armonizzazione tra tempo di lavoro e tempo di vita riguarda la configurabilità di un “diritto” in senso proprio del dipendente ad ottenere modalità di svolgimento della prestazione lavorativa a “tempo parziale”. La possibilità di giungere alla configurazione giuridica di una posizione
soggettiva di questo tipo si riallaccia, almeno in parte, all’indicazione proveniente dalla direttiva europea in materia, circa il perseguimento dell’obiettivo costituito dalla promozione dell’occupazione e dalla conciliazione tra
lavoro professionale e lavoro di cura, superando una delle più evidenti ragio-
45
ni della disparità di opportunità delle donne nel mercato del lavoro.
Situazione, quest’ultima, che si realizza anche in Trentino, ove il vincolo
dell’orario rispetto all’accesso all’occupazione da parte delle donne è tuttora
molto stringente, come emerge dall’analisi condotta dall’Osservatorio
dell’Agenzia del lavoro.
La prefigurazione di un “diritto” alla riduzione dell’orario mediante trasformazione del rapporto in uno a tempo parziale può inoltre essere considerato un riflesso della libertà di scelta in capo al lavoratore del regime di orario
più conveniente rispetto alle proprie scelte di vita, secondo la logica accolta
dalla direttiva, che tuttavia dovrebbe essere realizzata senza pregiudicare la
soddisfazione delle esigenze delle imprese.
In proposito, è convinzione abbastanza radicata che una delle più rilevanti differenze rispetto al regime vigente nel settore privato sia costituita proprio
dalla assenza in quest’ultimo del «diritto alla trasformazione del rapporto di
lavoro a tempo pieno in uno a tempo parziale» previsto nel primo come frutto di una specificità che cozzerebbe con le ragioni di produttività e adattabilità dell’impresa alle variazioni del mercato più proprie del secondo.
Una conferma di tale approccio è data dall’assenza nel d.lgs. n.61/2000 in
materia di lavoro a tempo parziale di riferimenti al riguardo, salvo il caso di
patologia oncologica, pur non essendo evidentemente precluso alla contrattazione collettiva di introdurre regole integrative della disciplina legale.
Infatti proprio qui si colloca una delle maggiori critiche che recenti analisi
giuridiche hanno mosso nei confronti della elaborazione della disciplina negoziale, per non aver introdotto nessuna previsione al riguardo, che avrebbe
potuto colmare una lacuna della legge uniformando così il nostro ordinamento a quello di altri paesi europei che, viceversa, prevedono disposizioni che
riconoscono il diritto in questione (cfr. da ultimo Brollo 2002).
Si tratta di un’osservazione che interpreta giustamente la preoccupazione
circa la scarsa tutela del lavoratore, ma che richiede una valutazione più
ampia dei regimi di orario praticati nelle aziende per verificare in particolare
se siano state introdotte misure alternative, quali la eventuale disponibilità del
ricorso a forme di elasticità degli orari “normali”, come quella in entrata ed in
uscita, c.d. ”flexitime”, che si rivelano funzionali alle esigenze dei dipendenti
relative all’accudimento dei figli in età scolare, e possono garantire la soddisfazione di buona parte delle istanze sottese altrimenti alla propensione agli
orari ridotti, riducendo le richieste nei confronti della trasformazione del rapporto, secondo una constatazione ricorrente. E’ stato infatti riscontrato nell’indagine operata dall’Osservatorio del lavoro, e confermato altresì dalla presente ricerca, un fenomeno già emerso relativamente al rapporto di lavoro alle
46
dipendenze delle pubbliche amministrazioni, che ha potuto riscontrare una
minor propensione al part-time in situazioni di diffusione di “flexitime”, ovvero flessibilità in entrata ed in uscita, al punto da rifiutare offerte di riduzione
dell’orario da parte dell’azienda (caso ENEL).
In senso opposto, peraltro, va anche considerato che certe forme di flessibilità dell’orario normale, come quelle che seguono schemi modulari – intesi come
estensione dell’orario oltre il limite giornaliero o settimanale, oppure come
ricorso al lavoro straordinario entro limiti elevati – concepite in funzione delle
esigenze dell’impresa, producono l’effetto opposto, incrementando la richiesta
di lavoro a tempo parziale da parte dei dipendenti, per sottrarsi ad orari che, oltre
che faticosi, sono spesso incompatibili con lo svolgimento del lavoro connesso
alla cura familiare. Tali previsioni si riscontrano nei contratti collettivi nazionali
ed anche in alcuni integrativi provinciali delle aziende cooperative, particolarmente nei settori caratterizzati da fluttuazioni stagionali.
2.1. La previsione contrattuale del “diritto” al part-time: condizioni e presupposti.
Nella contrattualistica più recente non manca la previsione di clausole che
ammettono un “diritto” alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a
tempo parziale, che in alcuni casi sono state riprese e migliorate nella contrattazione provinciale oppure aziendale, pur in un panorama contrattuale
prevalentemente fondato sul riconoscimento della libertà negoziale delle parti
individuali al riguardo, se non addirittura sulla concezione di un potere di
«concessione» di tal fatta in capo alla Direzione aziendale (secondo la formulazione adottata per es. dal ccnl settore assicurativo), come riflesso del potere
organizzativo.
Le clausole più interessanti sono quelle che introduco un obbligo in capo
alla direzione aziendale di «accogliere le richieste di trasformazione» presentate secondo tecniche di vario tipo.
a) Percentuali (minime/massime) rispetto all’organico complessivo.
Le clausole in questione sono concepite spesso in relazione a soglie percentuali sull’organico complessivo, di cui occorre precisare la portata nel
senso che, come si è argomentato anche in merito alla disciplina prevista nel
settore del rapporto con le pubbliche amministrazioni, valgono come soglia
minima, ponendosi altrimenti in contrasto con il divieto (anche di fonte europea) di porre ostacoli alla diffusione del lavoro a tempo parziale. In questo
senso appare dubbia la legittimità della clausola che fissa una soglia massima
(come nel settore delle poste e telecomunicazioni) secondo la quale la per-
47
centuale dei lavoratori a tempo parziale non può superare il 10 % del personale a tempo indeterminato in forza nell’anno precedente, e salvo un aumento di un ulteriore 5% riservato al secondo livello della contrattazione. In alcune discipline contrattuali di particolare interesse si ammettono esplicitamente
richieste anche in eccedenza rispetto alla soglia stabilita, che dunque non è
concepita in termini di tetto massimo (es. ccnl settore metalmeccanico). La
ulteriore richiesta di trasformazione, peraltro, non è facilmente giustiziabile,
dal momento che in materia non si può prescindere dal consenso del datore
di lavoro.
b) Presupposti per la presentazione della domanda e rilevanza delle esigenze familiari.
Il riconoscimento del diritto alla trasformazione del rapporto normalmente
dipende dall’avverarsi di circostanze che legittimano tale richiesta. In proposito si delinea come una delle più frequenti ragioni, contemplata dai contratti
collettivi, da cui scaturisce il diritto di ottenere la riduzione dell’orario di lavoro, quella concernente esigenze di cura familiare, che è sancita anche nel settore industriale (ccnl dei metalmeccanici). Pur trattandosi di una soglia bassa,
pari al 2% riservata alle richieste per motivi di salute oppure di cura familiare,
essa costituisce, ci sembra, una significativa rottura di un settore tradizionalmente restio sul punto (totalmente privi di previsioni al riguardo sono vari contratti tra cui quello del settore chimico). La disciplina sul punto (di cui alle
“Tavole di analisi”) potrebbe prestarsi ad un utilizzo compensativo, ove siano
esauriti i congedi parentali, poiché fra le esigenze sono menzionate quelle
relative all’accudimento dei figli di età inferiore ai 7 anni.
Più elevata è la soglia fissata dal ccnl dei tessili (8%), anche in questo caso
concepita quale diritto, salvo l’infungibilità delle mansioni, per motivi di salute, per esigenze familiari circostanziate, a cui si aggiungono, peraltro, esigenze di “formazione professionale continua” correlata all’attività aziendale, per
la durata del corso, soluzione che evidentemente si pone a complemento di
quella sui congedi formativi introdotta dalla l.n.53 del 2000, che offrirebbe un
diverso sbocco alle esigenze in questione, evitando il rischio di concorrenzialità tra dipendenti.
Ancora più elevata è la soglia della trasformazione nel settore ferrovie, che
raggiunge il 20%, salvo il limite del 10% della forza lavoro dell’unità produttiva, ma che non vede applicazioni nella realtà locale.
Nel settore del commercio è previsto l’obbligo per le aziende di accogliere
le richieste avanzate dai lavoratori a tempo indeterminato fino al compimento del terzo anno di età del bambino, nell’ambito del 2% dell’organico occu-
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pato nell’unità produttiva. La soluzione è interessante dal punto di vista della
possibilità di fare ricorso al contratto a termine di durata pari a quella del
part-time, anche superando le percentuali e la durata prevista per tali fattispecie contrattuali.
Per quanto riguarda la contrattazione di aziende particolarmente significative, va citata l’ENEL, ove la percentuale è del 4% sulla base delle richieste
(ma localmente del 2%) e dove in sede di ristrutturazione vi è stata un’ulteriore offerta di riduzione dell’orario da parte dell’azienda, ma non è stata
accettata dalle lavoratrici a causa della possibilità di usufruire del flexitime.
Per il settore del credito, tradizionalmente più interessato dal fenomeno
delle trasformazioni da orario pieno e orario ridotto, la soglia, secondo il
CCNL per il settore ABI, è pari al 20% del personale dipendente.
c) Ulteriori misure di agevolazione alla trasformazione del rapporto in uno
ad orario ridotto.
Una soluzione contrattuale interessante, che è stata adottata in alcuni contratti collettivi per facilitare la soddisfazione delle richieste avanzate in ordine
alla riduzione dell’orario, riguarda la previsione del ricorso al contratto a
tempo determinato per completare il normale orario di lavoro. Tale previsione si riscontra per es. nel ccnl del settore delle pulizie, in cui è prevista tale
possibilità per completare qualunque regime di orario ridotto, e per tutto il
periodo necessario fino all’esaurimento del rapporto a tempo parziale (v.
anche il ccnl settore metalmeccanico). In questo senso le discipline negoziali hanno fatto ricorso al potere di individuare il contingente del ricorso al lavoro a tempo parziale come limite minimo, escludendo tale ipotesi dal limite
massimo.
d) Limiti all’esercizio del diritto.
Talvolta, alla piena realizzazione del diritto alla trasformazione del rapporto si oppongono alcuni limiti relativi alla specificità delle mansioni svolte, che,
come si è visto per il settore pubblico, risultano in alcuni casi assai rilevanti.
Per la verità, nella disciplina dei contratti collettivi non si riscontrano esplicite
esclusioni al riguardo, ma può sorgere un dubbio interpretativo posto dalla formula che subordina l’accoglimento della domanda di trasformazione del rapporto di lavoro alla infungibilità delle mansioni svolte dal richiedente. Il termine “infungibilità” ha sicuramente un’accezione più ristretta di quella che si
riferisse invece alle “mere esigenze dell’impresa”, ed essendo concepita come
una deroga al diritto di ottenere la trasformazione, deve essere oggetto di prova
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da parte del datore di lavoro. Inoltre, le mansioni così caratterizzate si suppone siano talmente specializzate che non vi sia alcuno in grado di possedere il
livello di professionalità adeguato né all’interno dell’unità produttiva ove il
dipendente viene impiegato, neppure con soluzioni organizzative ad hoc, né
reperibile sul mercato.
In sostanza, l’interpretazione non può che essere restrittiva, tenuto conto
della logica di promozione dell’occupazione a tempo parziale, che dovrebbe
indurre a privilegiare assetti organizzativi in grado di accogliere le domande
presentate, come già si è sostenuto per ciò che concerne il rapporto di lavoro
a tempo parziale nel settore pubblico.
Al riguardo va sottolineato come tale problema sia affrontato diversamente
in altri settori, dove, come si è appena ricordato, la disciplina contrattuale contempla la possibilità di assunzioni di lavoratori a termine onde sostituire i
dipendenti a tempo parziale.
2.2. Altre previsioni inerenti alla possibilità di presentare richieste.
Pur in assenza di specifiche percentuali, altri contratti collettivi riconoscono la possibilità di avanzare richieste di trasformazione del rapporto da tempo
pieno a tempo parziale, qualora si verifichino situazioni legate a gravi esigenze familiari tra cui spicca la situazione del genitore di un portatore di handicap, oppure di figli con meno di 8 anni di età, o anche maggiori d’età (nel settore delle assicurazioni, che rinvia alla contrattazione integrativa aziendale la
disciplina in materia, anche per la determinazione delle soglie massime di
accoglimento delle richieste si mantiene la dizione che presuppone un potere di “concessione” della trasformazione ancorato ad un duplice ordine di esigenze di cura: familiari ammalati o handicappati, oppure cura dei figli di età
inferiore ai 10 anni, con un significativo aumento rispetto all’età massima fissata dalla l.n. 53/2000).
2.3. Il c.d. “diritto di priorità”.
In altri casi le previsioni hanno portata molto più debole, come quelle che
stabiliscono un diritto di priorità alla trasformazione del rapporto solo in caso
di nuove assunzioni (nel settore del turismo, ma la soluzione è più restrittiva, subordinata al fatto che le nuove assunzioni siano effettuate “per le stesse
mansioni” del lavoratore che richiede la trasformazione del rapporto).
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3.
LA CONTRATTAZIONE PROVINCIALE.
Di particolare interesse per la realtà locale è la contrattazione integrativa
provinciale per il settore delle cooperative, che integra quella a livello nazionale, da cui si possono trarre anche utili indicazioni di “best practices”. La previsione dell’obbligo di accoglimento di determinate percentuali è più frequente, con soglie variabili:
– Dipendenti dei caseifici sociali: uno nelle aziende tra 5 e 15 dip.; due nelle
aziende oltre i 15, senza specificazione delle causali, ma abbinato al riconoscimento sia della elasticità nella distribuzione dell’orario di fronte ad
impreviste esigenze organizzative, con un preavviso di 10 giorni e per un
periodo massimo di un mese; sia del lavoro supplementare in caso di esigenze non programmabili, e nella misura massima del 50% dell’orario –
salvo il rispetto dell’orario normale giornaliero, compensato al 20%. Il regime dell’orario è comunque flessibile, in quanto si prevedono altresì accordi sindacali di articolazione dell’orario di lavoro su base annuale, con possibilità di utilizzo della banca delle ore (è significativo peraltro che in mancanza dei delegati aziendali gli accordi si possano fare anche con i dipendenti direttamente), nonché ricorso al lavoro straordinario senza limiti di
durata massima, e concepito come superamento dell’orario settimanale.
– 1 nelle aziende con almeno 5 dip. della stessa categoria per il ccpl dei quadri delle cantine sociali, per ragioni di assistenza a figli inferiori a 2 anni di
età, e documentata da grave infermità del lavoratore stesso o dei suoi familiari, secondo le modalità già individuate dalla legge sui congedi parentali.
Lo stesso regime prevede comunque il ricorso al lavoro supplementare in
caso di esigenze non programmabili dell’azienda e nella misura del 50%, sia
per il lavoro a part-time a tempo indeterminato, che a tempo determinato.
– Per quanto riguarda la categoria “operai” del medesimo settore, la relativa
disciplina è limitata al riconoscimento dell’autonomia delle parti individuali, affiancato dall’ammissibilità del ricorso al lavoro supplementare in
casi di esigenze non programmabili, e dal regime di elasticità della collocazione della prestazione lavorativa, a fronte di impreviste ed oggettive esigenze organizzative.
– 1 su 20 (5%) dell’organico in servizio per il Contratto aziendale della Cassa
centrale, integrativo del ccpl casse rurali, secondo un criterio di rotazione;
detta percentuale è aggiuntiva rispetto a quella che riguarda l’assistenza a
figli minori dei 3 anni di età, in modo da coprire anche l’inserimento
nella scuola materna (art. 3, fino all’inserimento.) L’orario di lavoro è al
70% di quello pieno e risulta abbastanza favorevole alle lavoratrici, come
51
anche il fatto che non si vi siano limiti all’esercizio del diritto alla trasformazione per quanto riguarda le qualifiche più elevate.
– Misure analoghe per le imprese di distribuzione, che non pongono vincoli
dovuti al ruolo ricoperto, pur suggerendo cautela nel caso la richiesta della
trasformazione provenga da chi esercita ruoli di responsabilità (genitore), e
riconoscono ad 1 dipendente ogni 20 il diritto alla trasformazione per un
solo periodo e per una durata massima di due anni, per i primi 5 anni di
vita del bambino (ma nel ccnl si arriva ad 8 otto anni, parificandolo a quello determinato dalla l.n.53/2000) e per una sola volta per singolo figlio,
oppure per documentate esigenze familiari, con rinvio all’art.4 della legge
sui congedi familiari (che, dunque, ha determinato un effetto di trascinamento anche nei confronti del riconoscimento della trasformazione del
rapporto ad orario ridotto).
Nel caso di lavoratore assunto a tempo determinato, tale diritto è tuttavia
sottoposto alla elasticità nella collocazione temporale, tra mattina e pomeriggio, peraltro, senza alcuna formalizzazione di giustificazioni ancorate ad esigenze oggettive, né particolari forme di compenso aggiuntivo. Il regime dell’orario normale è accompagnato da forme di flessibilità dell’orario e di lavoro
a turni, non necessariamente sottoposto a contrattazione aziendale.
Il ccpl per le cooperative sociali si distingue da quelli appena esaminati in
quanto manca qualsiasi previsione di percentuali di trasformazione, ed il rinvio
alla disciplina posta dal contratto nazionale è integrato dalla previsione del lavoro supplementare e della elasticità, rispetto ad un regime di orario normale che
prevede turni di disponibilità e di flessibilità contrattata a livello aziendale.
Per il settore delle cooperative ortofrutta, disciplina della categoria operaia, caratterizzato da amplissimo ricorso alle assunzioni con contratto a termine stagionale, la disciplina in materia di lavoro a tempo parziale contempla
la determinazione della quota massima pari al 25% dell’organico, clausola che
solleva il problema interpretativo già visto, a cui si ripropone la soluzione in
termini di “quota minima”, ancorata alle causali previste, tra cui ampio riconoscimento ottiene quella dell’assistenza ai familiari conviventi con gravi
patologie o portatori di handicap, nonché necessità di assistenza di figli, ma
solo se di età inferiore ai tre anni, oltre all’invalidità del dipendente. Una conferma della soluzione interpretativa qui proposta si rintraccia nella stessa disciplina contrattuale, che ammette altre richieste ove siano assenti quelle ancorate alle causali appena richiamate.
Altre ipotesi di part-time sono contemplate come oggetto di esame ed eventuale accoglimento per il personale già assunto, al fine di far fronte a picchi di
produzione, o ad altre esigenze a carattere transitorio. Anche in questo caso la
52
disciplina sull’orario normale ammette il ricorso a forme di flessibilità sia giornaliera sia settimanale, per un massimo, peraltro elevato, di 110 ore per tutto
il periodo della campagna di raccolta dei prodotti, abbinato a corrispondenti
riduzioni dell’orario nei periodi di bassa intensità, a cui si può aggiungere altresì la richiesta di lavoro straordinario, cui corrisponde una maggiorazione retributiva (art.12).
Diversamente la disciplina dello stesso settore dedicata ai “quadri” (bozza
di rinnovo), che a fianco di misure di flessibilità dell’orario, quale orario modulare, turni, oppure orario continuato, contempla anche il lavoro a tempo parziale, senza indicazioni riguardanti né le percentuali nè le causali: per tale
ragione, però, non si può configurare come “diritto” nel senso già esaminato,
ma piuttosto come facoltà riservata all’autonomia individuale. La disciplina in
merito ha introdotto previsioni sia del lavoro supplementare, sia della elasticità
della collocazione temporale della prestazione lavorativa, con preavviso di 10
gg. e per periodi massimi di un mese (art 16, v. infra).
4.
LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE.
La contrattazione aziendale in materia non è particolarmente sviluppata,
almeno sulla base dei contratti depositati presso l’Agenzia del Lavoro. Di circa
350 accordi aziendali nell’arco di 15 anni, non molti riguardano il lavoro a
tempo parziale. In alcuni settori non vi è traccia di accordi aziendali, come
nelle Poste italiane, nonché nelle aziende di industria alimentare ed in quelle del settore chimico ed assicurativo. Per quanto attiene in particolare il settore delle Poste, va segnalata la gestione unilaterale, non negoziata sindacalmente, del ricorso al lavoro a tempo parziale, in funzione di esigenze di ridimensionamento organizzativo.
Alcuni accordi di particolare interesse attengono ad aziende ormai chiuse,
come la Sony di Rovereto, il cui contratto collettivo aziendale aveva introdotto le c.d. “équipes” del week-end, ovvero lavoratori assunti per effettuare la
loro prestazione nelle giornate di sabato e domenica.
Anche altri contratti risalgono a cinque - dieci anni fa (come per il settore
tessile Acquafil, Filatura Trentina, Wirpool Italia).
Nel periodo più recente, a livello locale, la contrattazione aziendale
attualmente in vigore si è sviluppata nel settore del commercio. Interessante
al riguardo è il contratto collettivo stipulato dalle aziende di alcuni grandi
supermercati (Orvea – 2000), che riconosce il part-time post-maternità come
diritto alla trasformazione da tempo pieno a tempo parziale nell’ambito del 3%
53
della forza occupata, in ogni unità produttiva, a cui si aggiunge diritto ad aspettative non retribuite, ma con anticipazione del trattamento di fine rapporto.
Nel settore cooperativo si segnala altresì la soluzione adottata dalla
Cooperativa dell’Alto Garda, che ha introdotto una clausola ampia e strutturata, la quale, oltre a definire una pluralità di tipologie di orario, che alternano varie fasce e combinazioni, stabilisce una particolare procedura in caso di
richiesta di trasformazione, che coinvolge le rappresentanze sindacali nei
luoghi di lavoro per la valutazione delle condizioni organizzative in riferimento alla domanda, e riconosce altresì, in applicazione del ccnl, la trasformazione a tempo parziale a favore del genitore per 2 anni, nei primi 5 anni
(ora 8) di vita del bambino, e nell’ambito di una percentuale abbastanza elevata che arriva, nel complesso, al 35% degli occupati.
Un’altra soluzione interessante è quella prevista dall’accordo stipulato per
la ex Caritro, ora Unicredito, che riserva alle trasformazioni da tempo pieno a
tempo parziale la percentuale pari al 20%, e che tradizionalmente è stata concepita come trasformazione a durata indeterminata, ma recentemente ha
introdotto tipologie a termine, finalizzate a rispondere ad esigenze di cura
familiare. Tale previsione configura un diritto alla trasformazione fino al raggiungimento della quota prevista, ma con ulteriore possibilità di trasformazioni del rapporto, su base consensuale fra lavoratore e azienda.
Va altresì ricordato che esistono soluzioni improntate al flexitime, ovvero
alla flessibilità in entrata ed in uscita, seppur limitate prevalentemente alle
sedi con un numero elevato di dipendenti, e non per mansioni che richiedano la presenza agli “sportelli”. La tipologia è prevalentemente orizzontale, al
70% dell’orario, ma esistono anche forme di part-time verticale, oppure misto.
Infine si prevede la possibilità di utilizzare l’istituto della “banca delle ore” per
recuperare le ore di lavoro supplementare. Anche in questo settore, come in
quello delle Casse rurali (vedi infra), andrebbe inoltre valutata la correlazione
fra assunzioni a termine per punte stagionali, molto elevate, rispetto al possibile ricorso al part-time verticale, che garantirebbe maggiore stabilità del rapporto di lavoro.
Altrettanto interessante è il contratto collettivo aziendale per le Casse rurali, di recentissima stipulazione (24 ottobre 2003), che, come si è già ricordato,
prevede il “diritto” a vedersi accolte le richieste di trasformazione del rapporto
di lavoro, in presenza delle causali previste, per una percentuale abbastanza
elevata, in cui non vengono computati gli altri part-time a tempo indeterminato e le assunzioni di lavoratori “esterni”. Il criterio adottato è quello della
rotazione, che implica il principio della durata determinata, di norma non
superiore a tre anni. Assai significativa è la previsione di accoglimento di altre
54
richieste di trasformazione, oltre la soglia prefissata dal contratto collettivo
nazionale, se rispondono alle esigenze di cura di figli con età inferiore ai 3
anni e fino all’inserimento nella scuola materna, oppure anche per ragioni di
salute e di formazione professionale. Da segnalare che tale contratto ha espressamente esteso anche ai quadri direttivi il diritto in esame.
5.
LE TIPOLOGIE DI PART-TIME E L’ARTICOLAZIONE ORARIA.
Come è noto, il rapporto di lavoro a tempo parziale può configurarsi come
orizzontale, verticale o misto, a seconda che la contrazione dell’orario sia,
rispettivamente, giornaliera, su tutti i giorni della settimana, oppure limitata a
periodi predeterminati su base settimanale, mensile o annuale, o ancora, risulti dalla combinazione delle predette possibilità.
La disciplina contrattuale nazionale ha normalmente previsto il ricorso alle
diverse tipologie di orario, anche con possibilità di combinare i diversi regimi,
ed anche il part-time verticale è più diffuso di quanto non sia per il settore pubblico. Non mancano neppure le discipline che ammettono il ricorso al parttime ciclico, la cui fenomenologia è del tutto identica ad un contratto a tempo
determinato di durata pari al periodo predeterminato nel part-time verticale:
perciò è consentito stipulare un part-time ciclico con prestazione di lavoro collocata negli ultimi mesi dell’anno, oppure stipulare un contratto a tempo
determinato di pari durata – salvo, in quest’ultimo caso, rispettare le causali
previste legislativamente. Proprio quest’ultima caratteristica induce a considerare più favorevole il ricorso al tempo parziale, per entrambe le parti del rapporto individuale di lavoro.
Passando ora all’approfondimento della contrattazione collettiva provinciale e aziendale e delle questioni applicative emergenti e caratterizzanti le aree
o imprese di maggiore diffusione nella Provincia di Trento, si deve immediatamente rilevare una significativa coerenza, continuità ed integrazione delle
previsioni introdotte, rispetto a quelle poste dai contratti collettivi nazionali.
Precisamente, un primo dato saliente attiene alla fisionomia “multiforme”
che il contratto di lavoro a tempo parziale assume nella contrattazione collettiva, nazionale e territoriale/aziendale; infatti, il part-time viene consentito, in
tutti i settori considerati (Commercio, Turismo, Alimentare, Credito,
Elettrico, Metalmeccanico, Assicurativo, Tessile, Poste e Ferrovie), nella differente articolazione orizzontale o verticale; spesso, poi, è stata introdotta pure
la possibilità del c.d. “part-time misto”, ammettendo la combinazione delle
due predette modalità, in modo tale da contemplare giornate o periodi a
55
tempo pieno alternati a giornate o periodi ad orario ridotto o di non lavoro, specificamente indicati nella lettera d’assunzione ovvero nell’atto di trasformazione del rapporto (così nel settore del credito, delle poste, in quello
elettrico e nell’industria tessile); inoltre esso può essere concordato, tra l’azienda ed il lavoratore/lavoratrice, a tempo indeterminato ovvero a termine.
A livello aziendale, inoltre, vengono ulteriormente definiti i regimi di orario, la sua distribuzione e, quindi, la durata della prestazione lavorativa. Nel
settore del credito, ad esempio, si prevede espressamente che il part-time possa
essere orizzontale (salvo che per il personale ausiliario) in misura non inferiore a 20 ore e non superiore a 32 ore e 30 minuti settimanali; verticale, su base
settimanale (con prestabiliti limiti minimi e massimi), oppure su base mensile-annuale con un orario medio settimanale da 15 a 32 ore e 30 minuti; misto,
su base settimanale.
Nel settore del commercio e del turismo, pur recependo la possibilità di
introdurre il part-time secondo le indicate tre tipologie, si riconoscono maggiori poteri e margini di intervento all’autonomia individuale, prevedendo al
riguardo che “le modalità temporali devono essere stabilite dalle parti contraenti e devono risultare da atto scritto”.
Ancora, nel settore tessile, ove l’orario, attesa la natura della prestazione, è
particolarmente flessibile articolandosi su una considerevole combinazione di
turni, affiancati però anche da orari a tempo pieno “corrispondenti alla
norma”, le Parti firmatarie hanno sancito che per i lavoratori adibiti a ciclo
continuo, il lavoro a tempo parziale debba svolgersi su base “orizzontale” (4
ore di lavoro giornaliere), mentre per i lavoratori a giornata esso possa assumere anche carattere “verticale” (8 ore di lavoro giornaliere). Infine, una notevole flessibilità è rilevabile altresì nella contrattazione aziendale inerente l’industria metalmeccanica, ove è consentito fare riferimento, in primo luogo, al
lavoro a tempo parziale con articolazione dell’orario su base verticale, orizzontale o mista; in secondo luogo, ad una differente distribuzione oraria della
prestazione lavorativa, per gruppi individuati di lavoratori, con modalità che
possono anche essere diverse nei vari stabilimenti. Tali regimi di orario possono essere utilizzati con le più ampie modalità applicative previste dalla legge
e dal contratto collettivo nazionale, in modo da consentire anche un più contenuto ricorso al lavoro straordinario, nel rispetto delle esigenze tecnico-produttive.
L’ampiezza della scelta fra le tipologie di orario induce a ritenere che le
esigenze di flessibilità siano soddisfatte, anche se resta aperta la questione circa
la effettiva soddisfazione delle necessità soprattutto delle lavoratrici. Al riguardo, assume indubbia rilevanza il fatto che le disposizioni dettate dall’autono-
56
mia collettiva salvaguardano il diritto di scelta, rimettendone l’esercizio alla
libera determinazione delle parti, conformemente al principio secondo cui
l’opzione per il part-time deve avvenire su base volontaria.
Un profilo ulteriore di analisi, che richiede uno specifico approfondimento, riguarda le modalità con cui viene effettivamente individuato il regime di
orario tra le parti individuali del rapporto, rispetto a ciò che è previsto dal contratto collettivo.
6.
LA DETERMINAZIONE DELL’ORARIO FRA AUTONOMIA COLLETTIVA ED INDIVIDUALE.
La contrattazione collettiva assume un ruolo importante rispetto all’autonomia individuale per quanto attiene alla individuazione dell’orario del rapporto a tempo parziale, in relazione alla presenza o meno di clausole sul
punto, vincolanti per le parti individuali, e tali da essere considerate come
requisito di durata minima dell’orario, o quanto meno della retribuzione, pur
non ricorrendo le stesse condizioni previste per coloro che lavorano a tempo
pieno.
La finalità di questo tipo di clausole è quella di assicurare che non si realizzino tipologie di lavoro ad orario talmente ridotto da essere fonte di emarginazione per chi svolge la prestazione lavorativa, senza ottenere prospettive né
di guadagno adeguato né di acquisizione di professionalità. Sul versante del
settore pubblico, come si è illustrato nella prima parte della presente ricerca,
normalmente la tipologia di orario più diffusa e corrispondente a finalità di
conciliazione con il “lavoro di cura” è pari ai due terzi dell’orario normale, ed
ha prevalentemente distribuzione orizzontale, pur non mancando anche fasce
di orario estremamente ridotto come quelle a 18 ore.
Nel settore privato, il timore di introdurre fattori di rigidità, fa sì che la
determinazione dell’orario minimo sia più rara, soprattutto da parte del contratto nazionale di categoria: le clausole si limitano a considerare la possibilità
di costituire oppure trasformare il rapporto di lavoro in questione. Spesso sono
previsti rinvii alla contrattazione territoriale oppure aziendale, e solo a questo
livello, ma non sempre, sono stabilite le coordinate temporali di svolgimento
del rapporto di lavoro, che pertanto risultano in larga misura lasciate alla disponibilità delle parti individuali, senza alcuna assistenza.
Fanno eccezione taluni contratti, che hanno prescelto altre tecniche, che
non comprimono eccessivamente l’autonomia individuale, ma neppure rinunciano ad introdurre una disciplina sul punto, per es. articolando più fasce di
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orario, come nel ccnl del turismo, che individua una soglia minima differenziata a seconda della tipologia del part-time (settimanale, mensile o annuale,
cfr. “Tavole di analisi”), oppure lasciando margini ampi nella determinazione
dell’orario con riferimento al parametro annuale, rinviando poi alla contrattazione di secondo livello, come nel settore delle poste e telecomunicazioni;
o, ancora, individuando l’orario nella misura pari alla metà, oppure ai 2/3, di
quello a tempo pieno, nel settore delle ferrovie.
Questi ultimi regimi si traducono in notevole flessibilità nella determinazione della distribuzione dell’orario, e della sua entità, soluzione che lascia
aperto l’interrogativo, semmai, circa l’effettiva corrispondenza della soluzione
in concreto adottata dalle parti alle esigenze dei dipendenti.
Più dettagliata e, ci sembra, più soddisfacente, al riguardo, appare la disciplina del settore del commercio, che determina tre fasce differenziate di orario di lavoro, tra cui una per sole otto ore settimanali nella giornata del sabato,
che corrisponde all’incremento dell’attività di vendita – che può essere ulteriormente modificata nella sua distribuzione e durata mediante accordo aziendale, oppure attraverso atti di autonomia individuale, ma convalidata in sede
di enti bilaterali.
Si tratta di una soluzione che permette di superare le difficoltà dovute alla
eventuale carenza della iscrizione del datore di lavoro alle associazioni stipulanti, ed introduce ulteriori margini di adattabilità dell’orario anche alle esigenze specifiche poste da particolari settori, oltre che rispondente a disponibilità da parte di particolari categorie di lavoratori (si pensi allo studente, oppure ad altro lavoratore che utilizza il sabato libero per incrementare il proprio
reddito).
Nella contrattazione collettiva a livello aziendale, una soluzione particolarmente articolata è prevista nel settore delle cooperative, dove in larga misura prevale la riserva all’autonomia individuale; peraltro, il contratto collettivo
aziendale per le coop. consumatori Alto Garda, introduce varie fasce orarie,
con orari fissati rigidamente, ma anche modulari (con fissazione oltre che dell’orario medio pari a 16 ore settimanali, anche dei minimi e dei massimi, e programmazione mensile oppure quadrisettimanale, in modo da darne notizia
con congruo anticipo al dipendente).
Nei settori privi di discipline negoziali in merito, la fissazione dell’orario
di lavoro è rimessa alla decisione delle parti individuali, con margini più
ampi di quanto non sia per il ricorso all’orario normale. Anche la distribuzione dell’orario, ovvero la sua articolazione nella giornata, nella settimana, mese
o anno è lasciata alla autonomia individuale: pertanto, non vi sono né limiti
minimi, né limiti massimi.
58
7.
LA FLESSIBILITA’: ELASTICITA’ DELLA COLLOCAZIONE TEMPORALE, LAVORO SUPPLEMENTARE E STRAORDINARIO TRA DISCIPLINA LEGALE E ASSETTI CONTRATTUALI.
La rilevanza dispiegata dalla disciplina in materia di variabilità della prestazione lavorativa è connessa, come noto, alla concreta possibilità di coniugare la disponibilità del lavoratore alla prestazione eccedente la durata concordata con altre attività di lavoro oppure di cura.
In merito, come si è ricordato nella prima parte della presente ricerca, la
soluzione legislativa tuttora in vigore è quella di introdurre vincoli alla autonomia individuale rispetto all’indicazione dei parametri temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con riferimento alla giornata, alla settimana, al mese e all’anno. I vincoli così posti hanno lo scopo di salvaguardare la
programmabilità della attività lavorativa, e permettere al lavoratore assunto
con questo tipo di rapporto di svolgere altre attività, di natura subordinata
oppure autonoma, o di conciliare il lavoro professionale con i compiti legati
alla cura familiare.
Esigenze che trovano riconoscimento nella sentenza della Corte costituzionale, n.210 del 1992, già richiamata (supra Parte I, § 1), che ha ritenuto illegittimo, per tale motivo, il c.d. lavoro “a chiamata”. La sentenza ha inoltre stabilito che l’eventuale variazione della prestazione lavorativa deve essere ancorata a precise ragioni di ordine oggettivo, in modo da circoscriverne i termini
di variabilità. Ha infine affermato il diritto ad un compenso per la disponibilità alla variazione della prestazione lavorativa.
I criteri cui si è ispirato il legislatore nell’art.3, c.2, d. lgs. n.61, riguardano,
da un lato, le condizioni ed i limiti della collocazione temporale della prestazione lavorativa, e, dall’altro, la possibilità di effettuare il c.d. “lavoro supplementare” o, nel part-time verticale, “lo straordinario”, come unico modo per
variare l’orario di lavoro, salvo la novità introdotta dalla recente riforma che
prevede anche la “flessibilità” nella durata in caso di p.t. verticale (v. supra Parte
I, § 3). La tecnica impiegata per favorire la combinazione fra le opposte esigenze consisteva – prima della riforma introdotta con il d. lgs. 276/2003 -, come
si è già visto nella prima parte, nella c.d. “doppia chiave”, ovvero nel rinvio alla
contrattazione collettiva per definire i limiti a carattere oggettivo del ricorso a
forme di flessibilità, ed il requisito del consenso individuale per la salvaguardia
delle esigenze personali, talmente variegate da non essere facilmente rappresentabili neppure dalla autonomia collettiva, consenso ulteriormente presidiato dal diritto al ripensamento in caso di applicazione delle clausole elastiche, a
fronte di circostanze particolarmente gravi (v. supra Parte I, § 2).
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Il diritto al ripensamento consisteva, segnatamente, nel potere del lavoratore di annullare la modifica dell’orario in presenza di determinate circostanze,
tra cui spiccano le esigenze di tutela della cura familiare, della salute personale, oppure della formazione professionale, o della necessità di svolgere altra attività subordinata oppure autonoma. Tale istituto è particolarmente importante
se rapportato alle esigenze di accudimento familiare, qualora si pensi al fatto
che possono risultare molto condizionanti gli orari dei servizi pubblici per l’infanzia, oppure quelli dei trasporti per il rientro alla propria abitazione.
Tutto ciò, in quanto un ampio margine di flessibilità in funzione di esigenze meramente aziendali, che determini variazioni dell’orario inizialmente
concordato, costituisce indubbiamente una ragione che può indurre alla
rinuncia al lavoro, oppure alla scelta verso rapporti di lavoro caratterizzati da
minor compressione della scelta sulle modalità temporali con cui esercitare
l’attività lavorativa, come il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, che, infatti, era anch’esso molto diffuso tra il personale femminile proprio
per la maggior adattabilità dell’orario alle esigenze di cura familiare.
La riforma menzionata ha inciso significativamente sugli aspetti ora considerati (v. infra § 8).
7.1. Le clausole di elasticità.
Segnatamente, guardando al panorama contrattuale (come si vedrà di qui
a breve), non vi è dubbio che le clausole di elasticità sono abbastanza diffuse,
e dunque gli spazi aperti dalla legislazione a questo proposito sono stati percorsi ampiamente, tanto che in taluni casi si profila il dubbio di violazione del
precetto che impone di individuare con precisione quali siano i presupposti
per l’esercizio del potere di variare la prestazione lavorativa.
Non pare dunque appropriata la critica, avanzata da molte delle associazioni datoriali e dalle imprese, secondo la quale la disciplina precedente era
eccessivamente “rigida”, al punto da essere impraticabile, in quanto subordinata a procedure e vincoli. Guardando agli esempi offerti dalla contrattazione, la formalizzazione di causali specifiche non ha impedito, come si è visto,
di disciplinare l’istituto rendendolo disponibile per le parti a fronte di esigenze
oggettive individuate.
Al riguardo, il recente provvedimento attuativo della delega sul mercato del
lavoro ha previsto, in estrema sintesi -secondo la disciplina introdotta dal
nuovo art.3, c.7 -, che, pur essendo ora rimesso alle parti individuali il potere
di pattuire clausole di elasticità, le stesse dovranno uniformarsi a quanto previ-
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sto dai contratti collettivi, cui viene riconfermata la gamma di “competenze”
già previste, ovvero determinare le condizioni e modalità in relazione alle
quali il datore di lavoro può variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa, nonché stabilire la misura del compenso spettante al lavoratore/trice, ed infine individuare i limiti massimi della variazione nella “durata”,
ora ammessa contrariamente al passato.
Inoltre le intese fra le parti sono rilevanti anche al fine della determinazione del preavviso, ridotto in loro mancanza a sole 48 ore.
La portata della contrattazione collettiva rimane pertanto integrativa della
legge, ed in larga misura qualificatoria ed autorizzatoria nei confronti dell’autonomia individuale, dal momento che le restano affidate le stesse funzioni già
previste, salvo l’aggiunta di funzioni analoghe per quanto riguarda la variazione della collocazione temporale nel part-time verticale.
Per quanto riguarda la variabilità della collocazione temporale, d’altra
parte, si rivela cruciale, come si è già posto in luce, la previsione di vincoli in
funzione dell’interesse del lavoratore alla programmabilità del proprio tempo
di non lavoro. Ancorarne il ricorso a parametri oggettivi rende più chiaro e
certo quando tale modifica verrà esercitata, e tutela in questo modo la posizione del lavoratore.
Non sembra pertanto che le parti individuali possano comunque prescindere dalla disciplina negoziale, e dall’equilibrio degli interessi contrapposti ivi
realizzato, anche alla luce del fatto che potrebbero essere introdotte forme di
flessibilità di altro tipo, per es. mediante il ricorso al lavoro straordinario.
L’alternatività fra autonomia individuale e collettiva, in altri termini, non trova
un sicuro appiglio nella norma riformata.
Peraltro, resta tutto da dimostrare che la disponibilità di forme anche ampie
di elasticità corrisponda effettivamente alle esigenze personali dei dipendenti,
e si presti ad essere effettivamente strumento di promozione delle pari opportunità.
Diverso è il caso in cui, nel settore specifico, non si sia negoziato alcun contratto collettivo. Al riguardo giova richiamare l’elaborazione che, sulla scorta
della giurisprudenza della Corte costituzionale già ricordata, la quale aveva
sottolineato la rilevanza delle esigenze di programmabilità e controllo personale del tempo di non lavoro, aveva ammesso come unico caso di legittimità
di pattuizioni individuali quello relativo a forme di elasticità indotte dalla
oggettiva configurazione del servizio cui il lavoratore fosse stato adibito (come
in caso di spettacoli o manifestazioni artistiche o sportive), non essendovi in
questa ipotesi alcun margine per l’esercizio unilaterale del potere da parte del
datore di lavoro.
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Le previsioni in materia sono, dunque, variegate. Ne sono stati interessati
numerosi contratti nazionali di categoria nonché contratti a livello provinciale, secondo modalità differenti.
Si possono distinguere essenzialmente quattro tipi di disciplina contrattuale:
A) I contratti collettivi che non prevedono alcun rinvio alle clausole elastiche
(Commercio, Alimentare, Assicurazioni, Ferrovie, Credito).
B) I contratti collettivi che, viceversa, lasciano ampio margine alla variazione
della collocazione temporale, da concordarsi in sede aziendale oppure territoriale (come nel settore turistico, ove si prevede che particolari modalità di programmazione flessibile dell’orario di lavoro possono essere concordate a livello territoriale o aziendale, mediante turni variabili e determinazione di eventuali limiti inferiori a quelli minimi o superiori a quelli massimi, senza individuare presupposti specifici, ma con generico rinvio alle
caratteristiche del settore e senza alcun obbligo specifico a negoziare; peraltro la contrattazione a livello provinciale e aziendale non si è sviluppata).
C) I contratti collettivi che individuano in modo generico i presupposti legittimanti il ricorso alla flessibilità, relativa a non meglio precisate esigenze
aziendali organizzative e produttive, e dunque qualsiasi evento, neppure a
carattere straordinario. Tale disciplina si rivela carente rispetto ai presupposti previsti dal legislatore, ma riconosce in misura più ampia le tecniche
di salvaguardia procedurale e sostanziale, tra cui il preavviso nella misura
massima prevista ex lege di 10 gg. o anche superiore, e ribadisce sovente in
via negoziale il diritto di disdetta in capo al lavoratore. Emblematica al
riguardo la disciplina del settore “poste e telecomunicazioni”, oppure quella del settore metalmeccanico, ove si prevede la reversibilità del patto di elasticità, nel senso che il lavoratore, dando un congruo preavviso al datore di
lavoro, potrà comunque optare per il ritorno all’orario inizialmente concordato.
In parte analoga è la disciplina del settore tessile, che introduce una flessibilità ampia, che interessa anche le diverse tipologie - orizzontale, verticale o mista – a cui corrisponde, peraltro, una clausola apposita che riconosce il diritto di ripensamento secondo i parametri all’epoca previsti dal d.lgs.
n.61, dandosi la possibilità di esercitare, al posto della disdetta, la sospensione delle clausole elastiche per tutto il periodo in cui sussistono le cause
giustificatrici. A tale previsione si accompagna, peraltro, la richiesta, in sede
di contrattazione aziendale, di più ampi margini di ricorso ai permessi per
motivi di cura familiare.
D) Contratti collettivi, come quelli stipulati nel settore delle cooperative a livello provinciale, in cui la flessibilità della prestazione è una condizione molto
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spesso contemplata a fronte della previsione di causali specifiche di diritto
alla trasformazione del rapporto a tempo pieno in uno ad orario ridotto, con
indicazione dell’alternanza tra lo svolgimento della prestazione dalla mattina al pomeriggio, oppure per periodi “più o meno lunghi” e max di un mese
(coop distribuzione; per esigenze straordinarie ed impreviste max 1 mese
nelle cantine sociali, anche per i quadri). In alcuni settori, peraltro, non vi
è alcuna previsione al riguardo (coop ortofrutta – operai).
7.2. Il diritto al “ripensamento” di fonte contrattuale.
La riforma introdotta con il decreto 276 ha inciso profondamente anche sul
c.d. “diritto al ripensamento”, in quanto ne ha comportato la completa abrogazione (quantomeno a livello legislativo).
Ciò solleva alcune questioni con specifico riferimento al panorama contrattuale, a tacere di altri profili di possibile illegittimità. Come si è visto, infatti, alcuni contratti ne riproducono sostanzialmente il contenuto, pertanto la
relativa clausola dovrà essere mantenuta in vigore fino alla scadenza del contratto collettivo e potrà altresì essere rinegoziata, secondo i principi che riguardano l’esercizio dell’autonomia collettiva. Non si deve cadere nell’equivoco,
in altri termini, di ritenere che l’abrogazione legislativa determini la nullità
delle clausole in oggetto, per supposto contrasto con la direttiva europea in
quanto “ostacolo” alla diffusione del lavoro a tempo parziale. In senso contrario va ricordato come la stessa direttiva, nel proporre il lavoro a tempo parziale come strumento di promozione non solo dell’occupazione, in specie femminile, ma anche della conciliazione con il lavoro di cura, non risulta essere in contrasto con la previsione di cause di giustificazione che si fondano sulla
soddisfazione di tali interessi (come anche alla tutela della salute ed alla promozione della formazione professionale), la cui rilevanza è sancita attualmente anche dal Progetto di Costituzione europea, nel recepimento della
Carta di Nizza sui diritti fondamentali.
Al riguardo, è possibile prospettare anche una diversa interpretazione, che
si fonda non soltanto sulla portata della direttiva, ma anche sul quadro costituzionale. In sostanza, è da chiedersi se la disposizione ora abrogata non costituisca espressione di un principio a carattere generale, che concerne l’articolazione dell’orario di lavoro e la modifica della sua collocazione, in vista dell’implicazione di interessi peculiari. In effetti, trattandosi di considerare la
situazione personale del lavoratore concernente particolari interessi che assumono rango costituzionale – sia nel caso delle esigenze legate al lavoro di cura
63
familiare, sia per quelle inerenti la tutela della salute, nonché della formazione professionale – l’assenza di uno specifico diritto alla disdetta del patto di
elasticità non dovrebbe comunque pregiudicare il diritto del lavoratore a
rifiutare, in presenza di tali circostanze, la modifica dell’orario concordato,
ed il suo diritto a ritornare alla precedente situazione. Il rifiuto opposto dal
datore di lavoro, in questo caso, potrebbe assumere le caratteristiche di un
comportamento in violazione del principio di correttezza nell’esecuzione del
contratto individuale.
7.3. Il lavoro supplementare e straordinario e le anomalie prodotte dalla riforma.
Un’ulteriore modifica introdotta dalla riforma, relativamente al rapporto
che intercorre tra autonomia individuale e collettiva, e che conferma l’importanza della disciplina posta dai contratti collettivi in materia di lavoro supplementare, concerne la diversa rilevanza del consenso individuale, che è
richiesto ora “solo se tale prestazione non sia stata prevista e regolamentata dal
contratto collettivo” (cfr. Parte I, § n. 3).
Viene meno, cioè, la c.d. “doppia chiave” che aveva caratterizzato il precedente assetto giuridico ed era stata giustificata come risposta alla richiesta di
tutela delle esigenze personali del lavoratore, ed al suo posto viene configurata “l’alternatività fra contratto collettivo e accordo individuale”. La nuova regolamentazione appare ben più “gravosa”, per il lavoratore, di quella precedente – rinvenibile principalmente nel d. lgs. 61/2000 così come integrato dal successivo n. 100/2001 -, soprattutto qualora la contrattazione collettiva, nella
prossima tornata contrattuale, non dovesse introdurre limiti rigorosi e conformi alla natura ed alla ratio del rapporto, tali da “arginare” la possibilità di ricorso al lavoro supplementare: ciò, atteso che non è più previsto ex lege il limite
massimo del 10% della durata dell’orario part-time, riferita a periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana.
Ma la disciplina ora in commento è certamente più gravosa, laddove elimina l’inciso secondo cui “il lavoro supplementare richiede in ogni caso il consenso del lavoratore interessato”, e “l’eventuale rifiuto dello stesso non costituisce infrazione disciplinare” (ex art. 3, co. III, d. lgs. 61/2000), pur restando
fermo il divieto di licenziamento, conformemente alla direttiva europea.
Proprio su questo punto, peraltro, si accentrano dubbi di conformità rispetto alla direttiva, in quanto la possibilità per il lavoratore di accettare o rifiutare
di volta in volta lo svolgimento del lavoro supplementare costituiva una precisa garanzia del fatto che la realizzazione della flessibilità avveniva tenendo
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conto anche delle esigenze personali, combinandosi la tutela del versante collettivo, attento al limite eccedente l’orario “normale” per i più ampi riflessi sul
versante occupazionale, con quello individuale che attiene alla salvaguardia di
istanze soggettive.
Peraltro è da chiedersi se la diversa rilevanza assunta dalla disciplina negoziale sia tale da impedire che, ove ricorrano esigenze di rilievo anche costituzionale - tra cui quelle legate al lavoro di cura, che ha natura superindividuale e sociale -, secondo quanto si è già sostenuto sopra, esse siano elemento sufficiente a legittimare il rifiuto del prestatore di lavoro, anche se ciò non è previsto dall’attuale riforma.
D’altra parte, un principio a carattere più generale sembrerebbe escludere
che, finché sono in vigore gli attuali contratti collettivi, il datore di lavoro sia
legittimato, in virtù della modifica legislativa dell’art.3, co. 3, d. lgs. 61, a
richiedere l’esecuzione del lavoro supplementare (o straordinario) senza la
necessità di acquisire il consenso del lavoratore, ritenendo immediatamente
vigente la nuova disciplina. A tale conclusione si oppone il fatto che, come si
è visto, le clausole in proposito sono spesso improntate ad una valutazione
ampia delle esigenze aziendali, secondo una scelta a cui non è stata certamente estranea la consapevolezza del diritto del lavoratore a rifiutare tale prestazione senza conseguenze negative.
La disciplina posta dai contratti collettivi attualmente in vigore mantiene la
sua efficacia anche per ciò che riguarda la determinazione dei limiti massimi per il lavoro supplementare e straordinario. Vero è che in futuro potrebbero determinarsi tendenze di “fuga dalla contrattazione collettiva”, verso un
più accentuato spazio lasciato alle parti del rapporto di lavoro, ed al rischio di
accentuazione della subordinazione a fronte di flessibilità richiesta in funzione delle esigenze aziendali.
Al riguardo va comunque sottolineata l’ulteriore novità che abroga il precedente regime giuridico, secondo il co. 2, art. 3, d. lgs. n. 61, applicabile in
caso di mancanza di regolamentazione contrattuale, che imponeva il limite
del 10% della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale, nell’ambito di coordinate temporali mensili e settimanali. Secondo il nuovo quadro normativo,
nelle ipotesi prima esaminate, di carenza di disciplina negoziale in materia,
pertanto, non vi sono più vincoli legali - salvo quello del raggiungimento dell’orario “normale” del tempo pieno - e l’intera materia è rimessa esclusivamente alla volontà delle parti, individuali o collettive.
Un altro nodo in cui si è modificato il regime di fonte legale precedente
riguarda il caso di svolgimento del lavoro supplementare in eccedenza rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi, ovvero il diritto ad una percentua-
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le di maggiorazione retributiva, stabilita per legge, pari al 50% della retribuzione, in carenza di apposite discipline negoziali, a mente del c. 6, art. 3, d.
lgs. n. 61, diritto che ora non è più previsto, e verrà rimesso esclusivamente ai
contratti collettivi stessi.
Va infine ricordato che la regolamentazione applicabile al contratto di lavoro a tempo parziale verticale, secondo la quale l’attività svolta oltre l’orario
concordato costituisce lavoro straordinario, si completa ora con la facoltà di
variare in aumento la durata della prestazione, come forma di flessibilità dell’orario, e dunque rimessa allo stesso regime delle altre forme di elasticità che
riguardano la collocazione temporale. Anche questa forma di flessibilità è concepita come flessibilità in funzione delle esigenze del datore di lavoro, poiché si stabilisce espressamente che è quest’ultimo che “può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa” e con un preavviso anche di soli 2
giorni (v. supra Parte I, § 3).
Anche a livello locale è molto diffusa la previsione del ricorso al lavoro supplementare, e, per il lavoro a tempo parziale verticale, al lavoro straordinario.
Pure in questo caso si riscontra una tipologia variegata:
– nella maggior parte delle discipline contrattuali sono previsti i presupposti
a carattere oggettivo specificati con riferimento ad ipotesi tassative (nel
ccnl commercio, poste, tessili anche per le trasformazioni da tempo pieno
a tempo parziale per una durata determinata);
– altri contratti si limitano al riferimento a necessità imprescindibili, indifferibili e di durata temporanea (più restrittive ma meno facilmente identificabili);
– altri fanno riferimento a specifiche esigenze organizzative (ccnl commercio), con una formula, dunque, talmente estesa da legittimare qualunque
circostanza e quindi assai poco tutelante.
Spesso il ricorso al lavoro supplementare è contenuto entro limiti pari al
50% dell’orario normale, e, fermo restando il tetto costituito dall’orario normale settimanale (metalmeccanici), in altri casi viene definito mediante quantificazioni fisse, ma elevate (es. 250 ore annue, settore pulizie). Alcuni contratti
prevedono altresì la possibilità di superare comunque tali tetti, con un’elevazione del compenso (settore pulizie al 50%) rispetto a quello erogato per il
lavoro supplementare in senso stretto, che può anche mancare, fino al raggiungimento dell’orario normale.
Ciò implica per le aziende un tasso notevole di flessibilità, tenuto conto che
spesso non è definito con rigidità né l’orario giornaliero e neppure quello settimanale. In effetti la disciplina contrattuale collettiva in materia di lavoro supplementare e straordinario è stata criticata per il suo eccessivo permissivismo,
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tale da porre a rischio la soddisfazione delle esigenze che stanno alla base della
richiesta da parte della lavoratrice o del lavoratore (Biagi 2002, Brollo 2002),
in particolare per quanto riguarda la necessità di espletare compiti di cura
familiare. Le esigenze in questione non sono soddisfatte neppure con la previsione di un onere procedurale di preavviso, e dal momento che l’unica clausola è costituita, e non sempre, dalla maggiorazione (che si attesta in genere
sul 10%).
Anche nel settore delle cooperative il ricorso al lavoro supplementare è
ammesso in aggiunta alla elasticità, per un massimo del 50%, e pure nel caso
di lavoro a tempo determinato (cantine sociali operai e quadri, ortofrutta). In
alcuni settori si ammette il recupero delle ore di lavoro supplementare nell’arco solare, secondo accordo reciproco e senza diritto ad alcuna maggiorazione. In alcuni settori (ortofrutta) il riferimento a non meglio identificate “esigenze organizzative” è accompagnato peraltro dalla previsione della maggiorazione pari a quella del lavoro straordinario (40%).
Non pare dunque appropriata la critica secondo la quale la disciplina previgente alla riforma del mercato del lavoro presentava caratteristiche di eccessiva rigidità, e come tale impediva la diffusione del lavoro a tempo parziale. In
questo senso, semmai, il diritto al ripensamento ed il consenso individuale
rispetto al lavoro supplementare, costituivano due strumenti di estremo rilievo
per la realizzazione del contemperamento tra esigenze aziendali ed individuali.
Peraltro, il contenuto dei contratti collettivi che ha recepito il diritto al
ripensamento riveste una portata significativa: dal punto di vista giuridico, perché essi restano in vigore fino alla loro scadenza, mantenendo un diritto cancellato dal legislatore della riforma, e dal punto di vista delle scelte di politica
sindacale, che dimostrano come al riconoscimento di margini di elasticità, che
possono compromettere il mantenimento del lavoro e la conciliazione con le
esigenze personali, debba essere accompagnato il diritto al rifiuto in capo al
lavoratore ed alla lavoratrice.
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Conclusioni
1. La ricerca ha confermato alcuni dati già ben noti circa la rilevanza della
dimensione temporale per il lavoro femminile e per la conciliazione tra lavoro professionale e lavoro di cura. L’assetto giuridico posto dalla legislazione e
dalla contrattazione collettiva, in materia di orario, di congedi e di lavoro a
tempo parziale, si rivela cruciale da questo punto di vista.
Come risulta anche da recenti rapporti di ricerca, quale il rapporto IRS,
che ha riguardato in particolare la regione Lombardia, nonché il rapporto
“Working-time preferences and work-life balance in the EU: some policy considerations for enhancing the qualità of life”, realizzato per European Foundation
for the Improvement of Living and Working Conditions, a seconda del modo
con cui si atteggiano le politiche legislative e negoziali in ordine ai profili attinenti alla flessibilità del rapporto e del tempo di lavoro, possono essere soddisfatte o, al contrario, pregiudicate effettive condizioni di pari opportunità per
le donne, che il diritto comunitario assume come uno degli obiettivi qualificanti dell’Unione Europea, e che sono sanciti anche dalla direttiva in materia
di lavoro a tempo parziale.
Quest’ultima ha originato una discussione circa le scelte legislative più adeguate per darvi attuazione, che ha accompagnato l’emanazione del primo
decreto in materia, di cui si sono esaminati i tratti salienti nella prima parte, e
altresì la recente riforma che ne ha modificato in buona parte l’impianto,
come si è posto in evidenza nella prima parte del presente lavoro. Il decreto
attuativo della riforma, peraltro, solleva dubbi consistenti proprio con riferimento alla rispondenza al contenuto della direttiva ed alla promozione delle
pari opportunità, dal momento che il cambiamento della funzione assolta dai
contratti collettivi ed i margini riconosciuti all’autonomia individuale non
sembrano idonei a corrispondere alla salvaguardia delle esigenze di conciliazione con il lavoro di cura, oppure ad altre istanze individuali, così come esistono fondate perplessità, che sono state illustrate nella prima parte dell’analisi, sulla legittimità della disciplina in materia di lavoro intermittente.
Uno dei dati da cui si è partiti per condurre la ricerca è il diverso assetto giuridico che caratterizza il settore privato rispetto a quello pubblico, costituito
sia da diversi parametri in ordine all’orario normale di lavoro, sia dalla diversità dei presupposti giuridici in materia di trasformazione del rapporto da
tempo pieno ad orario ridotto.
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L’analisi del quadro normativo, in materia di lavoro a tempo parziale indica che non esiste, infatti, salvo casi particolarissimi, alcun “diritto” codificato
al riguardo, come invece avviene nella disciplina del rapporto alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, sia pure con alcune attenuazioni a salvaguardia delle esigenze organizzative, nonché in altri ordinamenti. Si è dunque
proceduto all’analisi della disciplina posta dai contratti collettivi, che in molti
settori è tuttora priva di disposizioni in materia. A ciò corrisponde un atteggiamento di opposizione tuttora rilevabile, come si è potuto riscontrare anche
attraverso colloqui con testimoni privilegiati, circa la possibilità che le parti
individuali raggiungano un accordo in proposito.
D’altra parte non va neppure ignorato il fatto che anche in presenza di regolamentazioni poste dai contratti nazionali, che riconoscono alle parti individuali la possibilità di concludere accordi sul punto, non sempre tali discipline sono state applicate per soddisfare gli obiettivi di promozione dell’occupazione femminile. Sono emersi modelli applicativi rispondenti ad altre ragioni, in cui è dubbio l’effettivo rispetto del criterio della volontarietà - per es. in
vista di operazioni di ridimensionamento organizzativo, come è avvenuto nella
Provincia di Trento, presso l’Azienda delle Poste a seguito della privatizzazione - oppure atteggiamenti di rifiuto da parte della Direzione aziendale a prendere in considerazione la possibilità di soluzioni organizzative che permettano
il ricorso al lavoro a tempo parziale, forse anche in modo pregiudizialmente
ostile.
Per tale motivo costituiscono esempi di sicuro interesse altre soluzioni adottate dalla contrattazione collettiva, come quelle esaminate dalla seconda parte
del rapporto, che hanno colmato il vuoto legislativo sul punto ed hanno introdotto clausole in ordine alla previsione di causali che rendono accoglibile la
richieste del dipendente alla trasformazione del proprio rapporto in uno ad
orario ridotto, prefigurando in alcuni casi un obbligo in questo senso in capo
al datore di lavoro, in presenza di situazioni connesse al lavoro di cura, alla
tutela della salute ed all’obbligo di formazione. Tali clausole sono riferite normalmente a soglie percentuali secondo una tecnica analoga a quella già esaminata nel settore pubblico, e di cui si afferma, pertanto, la portata di “soglie
minime”, in conformità all’indicazione proveniente dalla Direttiva Europea
sul lavoro a tempo parziale e all’opinione dottrinale sul punto. Pertanto, si
ammettono possibilità aggiuntive di accoglimento delle richieste di trasformazione del rapporto. Il panorama è articolato, secondo tecniche più o meno
incisive, dal punto di vista della giustiziabilità del diritto, e del controllo sindacale a livello aziendale sulla gestione di tale materia, nonché della previsione di misure di compensazione organizzativa, come il riconoscimento di fatti-
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specie di assunzione di lavoratori a termine. Egualmente in molti casi emergono difficoltà ad ottenere che si ottemperi alla previsione posta dal contratto
collettivo, che richiedono nei confronti delle lavoratrice (o lavoratori) interessati, un attività di supporto.
Al riguardo, vanno sottolineate soluzioni di particolare interesse emerse
anche a livello locale come è stato posto in luce nella relazione, che ineriscono al settore del credito ed a quello delle cooperative, anche se in quest’ultimo le soluzioni sono di tipo più variegato, e non sempre si contemplano le
soluzioni descritte, che sono significativamente assenti, per es. nelle cooperative sociali. Le esigenze connesse alla cura familiare trovano nelle discipline
più interessanti riconoscimento secondo modalità collegate anche ai parametri determinati dalla l.n. 53/2000, sui congedi parentali, con riferimento all’età di otto anni del figlio, ed alcuni casi anche superiori, fino ai dieci anni di
vita del bambino.
2. Un ulteriore fattore che caratterizza in particolare il settore privato attiene alla determinazione dell’orario, nel rapporto a t.p., che costituisce un elemento importante al fine di individuare il punto di equilibrio tra esigenze
organizzative ed individuali, altrettanto determinante si è rilevato il ricorso a
modalità elastiche di svolgimento della prestazione lavorativa o al lavoro supplementare. Come sottolineato dalle ricerche richiamate, e dal panorama dottrinale in materia di lavoro a tempo parziale, il potere di variare la collocazione temporale da parte del datore di lavoro può comportare un aggravamento
della situazione di subordinazione del dipendente e può indurre le lavoratrici
a rinunciare al rapporto di lavoro, per l’impossibilità di conciliarlo con le esigenze familiari.
La disciplina posta dai contratti collettivi assume, dunque, particolare rilievo. In proposito, è stato riscontrato un doppio fenomeno: da un lato il consolidarsi di fasce di orario normale prolungate, sia per ricorso al lavoro straordinario sia per ricorso a forme “modulari”, che pur consentendo in alcuni periodi il recupero dell’orario di lavoro svolto in eccedenza, in altri possono imporre un tempo di lavoro molto elevato; dall’altro la previsione, anche se per ora
poco sviluppata, di soluzioni di flexi-time, che avvantaggiano la soluzione di
problemi legati alla conciliazione con il lavoro di cura. Nel primo caso si creano i presupposti per una maggiore propensione alla richiesta di lavoro a tempo
parziale, nel secondo viceversa diminuisce.
Per quanto attiene al lavoro a tempo parziale, la regolamentazione posta
dai contratti collettivi è di estremo rilievo per la “flessibilità” dell’orario, nella
misura in cui “libera” il potere del datore di lavoro di variare la collocazione
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oppure la durata dell’attività lavorativa, come è avvenuto secondo il quadro
normativo precedente. La funzione svolta dai contratti collettivi è ancor più
rilevante se poi si considera il nuovo quadro prefigurato dalla riforma del mercato del lavoro, che accentua la possibilità di ricorrere a forme flessibili di orario in funzione delle esigenze organizzative, e contemporaneamente abroga
uno strumento specifico di tutela, quale il “diritto al ripensamento”. La riforma solleva forti dubbi, peraltro, come si è detto, di conformità alla Direttiva
Europea sul lavoro a tempo parziale.
Anche a questo riguardo alcune soluzioni di particolare interesse sono
emerse dalla tipologia della disciplina negoziale, pur differenziata ed articolata. In particolare, per quanto attiene alla previsione di clausole di “elasticità”
nella collocazione della prestazione lavorativa, si è delineata una combinazione “virtuosa” tra il riconoscimento di forme di flessibilità elevate – pur sempre soggette all’apposito patto tra le parti individuali - e la previsione in via
negoziale del “diritto al ripensamento”, che in alcuni casi riproduce gli stessi
parametri previsti dal decreto legislativo n. 61/2000, in altri contiene soluzioni più tutelanti in quanto prefigura la possibilità di esercitare tale diritto senza
limiti temporali.
La portata giuridica di tali previsioni è tale da salvaguardare il diritto in questione anche rispetto all’abrogazione della norma corrispondente, almeno per
tutta la durata di vigenza del contratto collettivo.Va respinto, in sostanza, il
dubbio che la riforma comporti la nullità delle clausole in questione, che, al
contrario, corrispondono al riconoscimento di un diritto perfettamente conforme allo spirito della promozione delle pari opportunità.
Non è mai sottolineato abbastanza il fatto che proprio il bisogno di maggiore libertà nella gestione del proprio tempo di lavoro costituisce una delle
ragioni che ha indotto molte lavoratrici ad optare per rapporti di lavoro non
subordinato, come le collaborazioni coordinate e continuative, pagando con
minori diritti e tutele l’effettiva possibilità di conciliare lavoro professionale e
lavoro di cura.
Una riflessione condotta nell’analisi al riguardo preme sottolineare: la rilevanza degli interessi dei lavoratori, di rango costituzionale, riconosciuta anche
dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 210/92 – che ha ritenuto
oggetto di salvaguardia il diritto del lavoratore a tempo parziale alla programmabilità del proprio tempo di non lavoro – induce a ritenere che, anche in
mancanza di discipline apposite, tali cause di giustificazione possano comunque essere fatte valere dal dipendente, che pure abbia sottoscritto il patto di
elasticità, qualora siano effettive e veritiere, secondo il principio di correttezza
e buona fede nello svolgimento del rapporto di lavoro.
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Rispetto alla disciplina in materia di ricorso al lavoro supplementare o
straordinario, si richiamano le osservazioni già svolte nel corso del presente
rapporto, circa l’ampiezza con cui molti contratti collettivi hanno riconosciuto il potere di farvi ricorso, smentendo accuse di “scarsa flessibilità” o di “eccessivi vincoli”. Anzi, non si può sottacere che in alcuni casi esse non hanno pienamente rispettato i presupposti contemplati dalla legislazione in vigore all’epoca, ma va tenuto conto del diverso equilibrio che veniva sancito dall’esigenza di acquisire anche il consenso individuale.
Anche con riferimento a tali ipotesi si è affrontato l’interrogativo posto dal
nuovo assetto previsto dalla riforma: la presenza della disciplina negoziale parrebbe rendere superfluo il consenso individuale all’esecuzione del lavoro supplementare, richiesto solo in mancanza di contratti collettivi. Ciò significherebbe che i maggiori margini di variazione della durata dell’orario, quale il
lavoro supplementare e straordinario, si volgerebbero a danno del lavoratore,
privato della possibilità di opporre qualsiasi forma di rifiuto.
Peraltro, tale interpretazione ci sembra vada respinta, nel senso che la presenza delle circostanze richiamate, connesse al lavoro di cura, alla formazione
professionale, alla tutela della salute, potrà comunque legittimare il rifiuto del
lavoratore – e salva la possibilità di accedere ad altre interpretazioni ancora più
rigorose in materia, tenuto conto della particolare rilevanza che assume il
“tempo di non lavoro” per chi opta per il regime ad orario ridotto.
3. Oltre alle questioni esaminate occorre ricordare altri fenomeni rilevanti emersi dalla ricerca.
A) Anzitutto la scarsa propensione ad applicare la normativa del job-sharing, che pure è oggetto di disciplina anche di fonte contrattuale, salvo nuove
prospettive che sembrano profilarsi in qualche azienda del settore tessile.
B) Analoga scarsissima propensione ad utilizzare gli incentivi previsti dall’art.9, legge n. 53/2000 per la realizzazione di forme di flessibilità degli orari,
che agevolino la conciliazione fra lavoro professionale e di cura familiare,
comprovata dall’assenza di progetti di azione positiva in questo senso.
Infine, va brevemente analizzato il profilo che attiene all’applicazione del
divieto di discriminazione concepito come parità di trattamento rispetto al
lavoratore “comparabile”, e non rimesso in discussione dal decreto n.
276/2003, con una scelta che è stata favorevolmente commentata nella prima
parte del presente rapporto.
Per quanto riguarda il dato formale, nel panorama negoziale esaminato non
75
sono emerse questioni particolari; anzi, in alcuni contratti si fa espressa dichiarazione circa il fatto che lo svolgimento del lavoro a tempo parziale non comporta alcuna discriminazione, ed in altri si riconosce che in profili professionali elevati non pregiudica il “diritto” al lavoro a tempo parziale.
Vero che, per un verso, alcuni interrogativi vengono sollevati dalle previsioni contrattuali che affermano l’applicazione al lavoratore a parrt-time della
disciplina prevista per il lavoratore a tempo pieno, “in quanto compatibile” e,
per altro verso, il dato formale non è risolutivo, e ben potrebbero realizzarsi
nella prassi fenomeni di preclusione sostanziale allo sviluppo della professionalità e della carriera nei confronti di chi opta per l’orario ridotto. Elementi
ulteriori di analisi potranno emergere da altre fonti come dal rapporto sulla
situazione del personale di cui all’art.9, l.n. 125/91.
In conclusione, l’assetto attuale si presenta molto più articolato nel settore
privato rispetto a quello pubblico, e la diffusione e la tutela delle pari opportunità attraverso sistemi flessibili del tempo di lavoro è variegata.
In alcuni settori, e nella realtà locale della Provincia di Trento, la contrattazione collettiva ha precostituito soluzioni di particolare interesse, che sopravanzano la tutela di fonte legale, e costituiscono esempi di “buone prassi” da
estendere, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento del “diritto alla
trasformazione del rapporto”.
Altre indicazioni positive attengono alla previsione di correttivi alle forme
flessibili di orario, tendenti a coniugare gli opposti interessi delle imprese e dei
lavoratori, che presuppongono altresì il riconoscimento dell’importanza della
contrattazione a livello aziendale.
In senso contrario si pongono, tuttavia, sia i settori e le aziende in cui si
registra una sostanziale opposizione ad introdurre forme flessibili di orario in
funzione delle esigenze dei dipendenti, sia quelli in cui i margini di variabilità della durata o della collocazione della prestazione lavorativa del part-time
sono ampi e rispondenti prevalentemente alle esigenze organizzative.
Il nuovo scenario delineato dalla riforma, nel suo complesso, ma anche
nella specifica materia considerata, solleva pesanti interrogativi sull’assetto
futuro, oltre a dubbi di legittimità.
Una risposta a tale situazione potrebbe consistere nel predisporre misure di
monitoraggio sulle soluzioni privilegiate dall’autonomia individuale e sulla
loro diffusione, e di studio e informazione sulla praticabilità di soluzioni ulteriori, il più possibile rispondenti alle esigenze di promozione delle pari opportunità tra uomini e donne.
76
Tavole di analisi
dei contratti collettivi
E. Stenico
La contrattazione collettiva provinciale esaminata attiene ai seguenti settori:
Commercio, Credito, Elettrico, Industria Alimentare, Turismo,
Poste Italiane s.p.a., Assicurativo, Industria Metalmeccanica,
Industria tessile, Ferroviario e Industria Chimico-Farmaceutica.
CAMPO DI APPLICAZIONE
Settore COMMERCIO 2001:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, i rapporti
di lavoro a tempo indeterminato e determinato di tutte le aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, appartenenti ai settori merceologici e categorie relativi all’alimentazione, fiori, piante e affini, merci d’uso e
prodotti industriali, servizi di rete (quali servizi di informatica, telematica,
robotica, di gestione e amministrazione del personale, e simili), altri servizi alle imprese, quali fornitura di servizi logistici e tecnologici, gestione
parcheggi, ricerche di mercato, telemarketing e televendite.
Settore CREDITO ABI 2003:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, i rapporti
di lavoro dei dipendenti delle aziende di credito e finanziarie e dei dipendenti delle aziende controllate che svolgono attività creditizia, finanziaria
o strumentale.
Settore ELETTRICO 2003:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, il rapporto di lavoro delle imprese elettriche che svolgono attività di produzione,
trasformazione, trasporto, distribuzione e vendita di energia elettrica, nonché produzione e fornitura del servizio calore e di smaltimento delle centrali elettronucleari dismesse e attività connesse, e alle società di ingegneria costituite da imprese del settore e che già oggi svolgono la propria attività esclusivamente per il settore elettrico, e ai lavoratori dalle stesse dipendenti.
Settore INDUSTRIA ALIMENTARE 2003:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, i rapporti
di lavoro delle aziende esercenti l’industria delle carni, dolciaria, lattiero-
79
casearia, dei vini, liquori, sciroppi, aceti ed affini, delle acque minerali e
bevande analcooliche gassate e non, delle industrie alimentari varie, dello
zucchero, delle conserve vegetali e della pastificazione.
Settore TURISMO 2001:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, i rapporti
di lavoro delle aziende alberghiere, dei complessi turistico-ricettivi dell’aria aperta, dei pubblici esercizi, degli stabilimenti balneari, delle imprese
di viaggi e turismo, dei porti ed approdi turistici e degli alberghi diurni.
Settore POSTE ITALIANE s.p.a. 2001:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, i rapporti
di lavoro del personale non dirigente di Poste Italiane s.p.a.
Settore ASSICURAZIONI 1998:
Il Contratto Collettivo regola, per tutto il territorio nazionale, i rapporti tra
gli Agenti Generali e il personale amministrativo dipendente delle c.d.
medio-piccole Agenzie Generali INA-Assitalia.
Settore INDUSTRIA METALMECCANICA 2002:
Federmeccanica-Assistal-FIM-FIOM-UILM.
Il contratto collettivo si applica, su tutto il territorio nazionale, agli stabilimenti appartenenti al settore metalmeccanico nei quali la lavorazione del
metallo abbia una presenza esclusiva, prevalente o quantitativamente rilevante; agli stabilimenti, alle unità produttive e di servizio tradizionalmente considerati affini ai metalmeccanici; infine, alle unità produttive e di servizio che abbiano con il settore metalmeccanico interconnessioni di significativa rilevanza.
Settore INDUSTRIA TESSILE 2003:
Il contratto collettivo si applica, su tutto il territorio nazionale, alle aziende di confezione in serie di abiti, giacche, pantaloni, soprabiti e cappotti
per uomo, ragazzi e bambini; divise militari e civili per enti e per organizzazioni; abiti per religiosi; tailleurs e mantelli per signora, ragazze e bambine; impermeabili in cotone e in fibre sintetiche; indumenti da lavoro e
da fatica; abiti casual sportwear; abiti in pelle e succedanei; biancheria per
uomo e ragazzi; camiceria in genere; vestaglie; pigiami; bretelle, giarrettiere, costumi da bagno e lavorazioni affini; cravatte, sciarpe foulards; ven-
80
tagli e affini, pieghettatura, oggetti cuciti in genere; bottoni e articoli affini; aziende fabbricanti maglierie in genere, comprese le sciallerie a maglia,
che adoperano qualsiasi fibra, con macchine di qualsiasi tipo e relativa
confezione a mano e a macchina; aziende che producono qualsiasi tipo di
calza con qualsiasi fibra, adoperando macchine di qualsiasi tipo, escluse le
calze per uso ortopedico; aziende dell’industria della lana, del feltro tessuto, del feltro battuto e articoli da caccia.
* La contrattazione collettiva del settore Cooperativo è stata oggetto di analisi e valutazione nel testo della ricerca.
81
Settore FERROVIE 1999 – accordo di rinnovo 2003:
In base all’accordo di rinnovo del 23.11.99, con scadenza 31.12.2003, il
contratto collettivo si applica, su tutto il territorio nazionale, nei confronti
del personale dipendente da imprese che nel territorio nazionale esercitano, nell’ambito del trasporto ferroviario, prevalentemente le attività di
gestione della infrastruttura, assicurandone lo sviluppo, il mantenimento
in efficienza e la circolazione treni; la progettazione, lo sviluppo, la produzione, la gestione e la vendita di servizi e connesse attività che assicurino la mobilità di persone e merci; il traghettamento marittimo di carrozze
e carri ferroviari, persone e mezzi gommati; la progettazione di sistemi,
impianti e di rotabili ferroviari e relativa manutenzione e/o ristrutturazione; la costruzione e supervisione di impianti e sistemi ferroviari; le attività
strategiche e la gestione finanziaria e patrimoniale di imprese operanti nel
settore.
Settore INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA 2001 - accordo di rinnovo 2005:
Il contratto collettivo disciplina, per tutto il territorio nazionale, i rapporti
di lavoro a tempo indeterminato e determinato del personale dell’industria
chimica, chimico-farmaceutica, ceramica e affini.
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LIVELLI DI CONTRATTAZIONE
COMMERCIO:
I livelli di contrattazione sono: nazionale, territoriale e aziendale.
Per quanto attiene specificamente alla contrattazione aziendale, nelle aziende
che abbiano, anche in più unità decentrate nell’ambito di una stessa provincia, più di trenta dipendenti le parti potranno concordare particolari norme
riguardanti part-time, turni d’orario, forme di flessibilità e misure per le pari
opportunità nel lavoro uomo-donna.
CREDITO - ELETTRICO:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e aziendale.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e aziendale.
La contrattazione aziendale può essere svolta solo per le materie per le quali
nel contratto collettivo nazionale è prevista tale possibilità, nei limiti e secondo le procedure specificamente indicate.
TURISMO:
I livelli di contrattazione sono: nazionale, territoriale e aziendale.
Per quanto attiene specificamente alla contrattazione aziendale, nelle aziende
che occupino più di quindici dipendenti si potranno prevedere particolari
norme riguardanti la ripartizione dell’orario giornaliero di lavoro, la distribuzione dei turni di lavoro, le specifiche azioni a favore del personale femminile, l’adozione di peculiari regimi di flessibilità dell’orario di lavoro settimanale
normale, il superamento del limite stabilito per il lavoro supplementare nel
caso di rapporti di lavoro a tempo parziale.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e territoriale/regionale.
E’ assegnata alla contrattazione nazionale la regolamentazione di alcune
tematiche di carattere generale, quali le politiche occupazionali, il lavoro atipico e particolari regimi di orario connessi alla funzionalità dei servizi.
Tuttavia, vengono rimesse alla contrattazione di secondo livello, in particolare, la ripartizione e distribuzione del tempo di lavoro.
ASSICURAZIONI:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e aziendale.
Al riguardo si deve precisare che il contratto stabilisce espressamente che pos-
83
sono essere stipulati contratti aziendali esclusivamente in alcune materie, fra
le quali rilevano, in questa sede:
a) la distribuzione e la flessibilità dell’orario di lavoro e velo di copertura del
Sabato;
b) il part-time.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e aziendale.
INDUSTRIA TESSILE:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e aziendale.
In particolare, la contrattazione aziendale deve intervenire al fine di favorire
l’andamento delle attività produttive e dell’occupazione; la diversificazione
produttiva; la parità uomo-donna, con azioni positive ed interventi sulla occupazione femminile e giovanile; la valorizzazione del lavoro femminile, e la formazione professionale.
FERROVIE:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e territoriale/regionale.
E’ assegnata alla contrattazione nazionale la regolamentazione di alcune
tematiche di interesse generale, quali le politiche della formazione e riqualificazione professionale; l’orario di lavoro; i progetti di azioni positive proposte
dai comitati nazionali bilaterali per le pari opportunità; le politiche di pari
opportunità; la mobilità interna, il mercato del lavoro e la politica occupazionale.
Viene invece rimessa alla contrattazione decentrata l’articolazione dei regimi
di orario contrattuali ed il controllo sugli orari di fatto.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
I livelli di contrattazione sono: nazionale e territoriale/regionale.
In particolare, mediante la contrattazione territoriale le Parti si impegnano a
studiare e ad individuare soluzioni praticabili in ordine ad alcune tematiche di
significativa importanza, quali quelle inerenti l’orario di lavoro, le eventuali sperimentazioni da realizzarsi a livello aziendale, l’andamento dell’occupazione in rapporto ai contratti di lavoro speciali ed all’occupazione femminile del settore, soprattutto nelle aree di crisi.
84
TUTELA DELLA LAVORATRICE E PARI OPPORTUNITÀ:
COMMERCIO - INDUSTRIA ALIMENTARE - TURISMO:
Le parti firmatarie considerano prioritaria la necessità di adottare misure
volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro del personale femminile, al fine dell’effettiva integrazione delle donne nel mercato del lavoro, ed
a favorire la parità di opportunità uomo-donna nel lavoro anche attraverso
attività di studio e di ricerca finalizzate alla promozione e attivazione di
azioni positive ai vari livelli contrattuali (nazionale, territoriale, aziendale)
a favore delle lavoratrici. Al riguardo esse studiano convenzioni-tipo per favorire l’occupazione femminile, la crescita professionale delle lavoratrici e
il reinserimento nel mercato del lavoro di donne che desiderino riprendere l’attività dopo un’interruzione. L’adesione delle aziende agli schemi del
progetto di formazione professionale costituisce titolo per l’applicazione
dei benefici previsti dalle disposizioni di legge vigenti in materia.
CREDITO:
Le Parti stipulanti convengono di costituire in azienda Commissioni paritetiche
per l’analisi e la valutazione congiunta della materia delle pari opportunità, anche allo scopo di programmare azioni positive ai sensi della legge n.125/91, con
l’obiettivo di valorizzare le risorse del lavoro femminile.
A tal fine le Parti concordano sulla necessità di esaminare accuratamente,
a livello aziendale, il rapporto biennale sulla situazione del personale di cui
all’art. 9 della medesima legge.
L’informativa e la valutazione sono finalizzate ad individuare provvedimenti idonei alla realizzazione di pari opportunità per il personale femminile.
Le Parti, inoltre, riconoscono che le capacità professionali costituiscono un
patrimonio fondamentale per i lavoratori/lavoratrici e per l’efficienza e la
competitività delle imprese bancarie. Pertanto le aziende si impegnano a
valorizzare e sviluppare dette capacità secondo il principio delle pari opportunità ed in coerenza con le scelte strategiche, le esigenze organizzative e produttive delle aziende stesse, tenendo anche conto dell’evoluzione
delle tecnologie, soprattutto informatiche, e dei bisogni formativi del personale.
ELETTRICO:
Le Parti firmatarie, nel rispetto delle disposizioni contenute nella legge
9.12.77 n. 903, relativa alla parità uomo-donna e nell’intento di sviluppare
iniziative nell’ambito delle previsioni e delle possibilità offerte dalla legge
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10.4.91 n. 125, sulle azioni positive, in armonia con le ultime Raccomandazioni UE a tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro,
convengono di promuovere azioni finalizzate ad individuare e rimuovere
eventuali situazioni soggettive e oggettive di ingiustificato ostacolo, che
non consentano un’effettiva parità di opportunità per l’accesso al lavoro e
nel lavoro per uomini e donne.
A tal fine, viene costituita la Commissione nazionale delle pari opportunità
avente il compito di:
a) promuovere ed effettuare iniziative di studio e di ricerca in generale sulla
situazione del lavoro femminile all’interno delle aziende;
b) promuovere, anche sulla base dei rapporti biennali di cui alla legge n.
125/91, la rilevazione statistica periodica, a fini conoscitivi, sulla situazione nelle aziende del personale femminile nelle diverse posizioni di lavoro
nonché il monitoraggio sui relativi percorsi formativi e di carriera;
c) stimolare le aziende al varo di progetti di azioni positive;
d) svolgere azioni di monitoraggio sui progetti di cui al punto precedente, attuati in sede aziendale e su altri argomenti di volta in volta individuati nell’ambito della propria attività.
Rientra nelle competenze della Commissione nazionale per le pari opportunità la promozione di iniziative rivolte a creare effettiva pari dignità delle
persone, in particolare, per prevenire e rimuovere eventuali fenomeni di
molestie sessuali e lesioni della libertà personale del singolo lavoratore/lavoratrice, nonché l’eventuale elaborazione di un codice di condotta sulla
tutela delle persone nel mondo del lavoro valevole per tutte le aziende.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Le Parti stipulanti concordano nel creare un sistema di relazioni industriali che si attui attraverso politiche di informazione - a livello nazionale, regionale, e aziendale -, aventi ad oggetto, fra l’altro, le linee di tendenza dell’occupazione giovanile e femminile, le pari opportunità, l’andamento
delle assunzioni a tempo parziale, e le trasformazioni in part-time, la relativa tipologia contrattuale ed il ricorso al lavoro supplementare, e di
partecipazione mediante l’Osservatorio Paritetico Nazionale, l’Ente Bilaterale Nazionale per la formazione e riqualificazione professionale, ed il Comitato Paritetico per le Pari Opportunità.
Quest’ultimo, in particolare, ha lo scopo di promuovere le azioni positive
nell’intento di salvaguardare l’occupazione femminile e di conseguire l’uguaglianza sostanziale nel lavoro fra uomini e donne, eliminando gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità.
86
Al personale a tempo parziale sono applicate le tutele di cui all’art.4, D.lgs.
25.2.00 n. 61 (Principio di non discriminazione).
ASSICURAZIONI:
Le Parti stipulanti concordano sulla opportunità di accellerare il processo
di crescita professionale del personale femminile, al fine di una loro sempre più qualificata partecipazione. Al riguardano precisano che non esiste
discriminazione alcuna a danno del personale femminile nelle assunzioni e nella progressione della carriera.
Inoltre, considerata l’elevata presenza di personale femminile nelle Agenzie Generali, affinché essa possa assumere un ruolo sempre più significativo e professionale in armonia con le disposizioni della legge 10 aprile 1991,
n.125, in tema di parità uomo-donna, le Parti riconfermano la loro particolare attenzione alle relative tematiche e specificamente allo sviluppo della legislazione nazionale e comunitaria in materia, ed alle iniziative promosse in Italia e nei Paesi della CEE.
Per il raggiungimento di tali obiettivi, esse concordano di costituire una
commissione mista nazionale per un esame congiunto dell’intera problematica, ivi compresa quella relativa alle azioni positive.
Infine le medesime, al fine di tutelare la dignità della persona nei luoghi
di lavoro con specifico riferimento alle molestie sessuali, si impegnano ad
osservare le direttive comunitarie e la legislazione attualmente vigente in
materia.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Le Parti si impegnano a costituire un Osservatorio paritetico nazionale al
fine di verificare periodicamente la struttura dell’industria metalmeccanica, con particolare riferimento al numero dei dipendenti suddivisi per sesso e per categoria d’inquadramento, al numero delle imprese suddivise per
classi dimensionali, agli andamenti produttivi ed all’andamento dell’occupazione, nonché delle assunzioni e delle cessazioni del rapporto di lavoro
nel settore, ed all’andamento dei salari, disaggregato per tipologia di rapporto di lavoro, per donne-uomini e livelli d’inquadramento.
Inoltre, esse si impegnano a promuovere idonee attività di formazione a favore delle donne in vista della piena attuazione degli obiettivi di parità previsti dalla legge 10.4.91 n. 125, nonché a favore delle lavoratrici in rientro
dalla maternità.
Le parti affidano alle Commissioni nazionali, territoriali e aziendali per le pari opportunità il compito di individuare iniziative dirette a promuovere presso
87
le aziende comportamenti coerenti con i principi di parità di cui alla legge
9.12.77 n. 903, e alla legge 10.4.91 n. 125, e di pari opportunità nell’accesso
al lavoro, nelle condizioni d’impiego e nella formazione professionale.
Tali Commissioni devono a tal fine studiare le caratteristiche del mercato
del lavoro e l’andamento dell’occupazione femminile nel settore, con riferimento alle diverse tipologie di rapporto di lavoro ed in particolare al contratto di formazione e lavoro ed al contratto a tempo parziale, seguendo l’evoluzione della legislazione italiana ed estera in materia di pari opportunità nel lavoro anche in riferimento al programma di azione della
Comunità europea 1991-95 e successivi, ed al programma di azione per
l’attuazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali. Le
medesime hanno anche il compito di analizzare le caratteristiche della presenza femminile nel settore e individuare iniziative in materia di orientamento e formazione professionale al fine di agevolare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, favorire la diversificazione delle scelte lavorative e l’accesso a nuove professionalità, con particolare attenzione alle realtà
aziendali interessate da processi di ristrutturazione e riorganizzazione; promuovere interventi idonei a facilitare il reinserimento delle lavoratrici dopo l’assenza per maternità e a salvaguardarne la professionalità; individuare iniziative di azioni positive dirette a favorire l’occupazione femminile in
ruoli connessi alle nuove tecnologie; proporre iniziative dirette a prevenire
forme di molestie sessuali nei luoghi di lavoro anche attraverso ricerche sulla diffusione e le caratteristiche del fenomeno.
INDUSTRIA TESSILE:
La Parti si impegnano a predisporre programmi di studio e di ricerca finalizzati alla promozione di azioni positive a favore del personale femminile,
mediante la costituzione di un apposito gruppo di studio. A tal fine possono essere utilizzati i risultati delle conoscenze acquisite di comune accordo a livello nazionale, settoriale e di comparto. In parallelo deve essere condotta un’analisi sull’adeguatezza delle strutture formative, scolastiche e di
orientamento, nell’assicurare pari condizioni e pari opportunità sul mercato del lavoro. Tali approfondimenti sono diretti a predisporre e mettere a
punto, anche in relazione alle raccomandazioni UE e alla legislazione nazionale, schemi di progetti di azioni positive e di formazione professionale.
FERROVIE:
Le Parti si impegnano a garantire, ai fini della piena applicazione delle leggi n. 903/77, n. 125/91e seguenti, nonché della normativa della CEE in te-
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ma di pari opportunità uomo-donna nel lavoro, la costituzione di un Comitato paritetico nazionale e di Comitati regionali/ex compartimentali,
composti da rappresentanti sindacali e da un egual numero di rappresentanti dell’Impresa; ciò, anche allo scopo di assicurare la partecipazione del
personale femminile ai corsi di formazione, sia fra i discenti sia fra gli istruttori, secondo le indicazioni espresse dal CPO competente ed a fornire al
CPO, al suddetto fine, la preventiva informazione circa i programmi, i fini e le modalità dei corsi stessi. Inoltre la Società si obbliga, ai sensi dell’art. 9 legge 125/91, ad inviare ai CPO i resoconti statistici riguardanti l’attività formativa svolta, ed a garantire ai medesimi la possibilità di effettuare visite periodiche presso gli impianti, anche su richiesta delle lavoratrici,
al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni discriminatorie e per proporre soluzioni alternative alle questioni evidenziate, nell’ambito dei diversi livelli di confronto negoziale.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
La Parti si impegnano a predisporre programmi di intervento finalizzati a
favorire l’occupazione femminile, individuando allo scopo specifiche azioni positive volte a concretizzare il tema delle pari opportunità nel rispetto
delle vigenti disposizioni legislative. Su questa problematica le parti, nel
confermare l’impegno alle pari opportunità sia all’accesso al lavoro sia alla
dinamica di carriera, in apposito Comitato misto, avvalendosi di consolidate esperienze maturate in ambito aziendale, si impegnano a favorire la
migliore realizzazione delle pari opportunità, individuando altresì suggerimenti per l’auspicato dialogo tra le parti confederali sulla materia. Il Comitato misto si impegna inoltre ad individuare azioni informative e formative da indicare alle imprese per facilitare ove necessario il reinserimento
produttivo e/o l’aggiornamento professionale delle lavoratrici e dei lavoratori a seguito di assenze per maternità e paternità.
Le parti si impegnano, altresì, a comunicare alle rappresentanze sindacali
unitarie, confrontandosi con le medesime, il numero dei dipendenti in organico e la distinzione per sesso e per classi d’età, l’andamento dell’occupazione femminile alla luce dell’art. 9, legge n. 125/91, le eventuali specifiche problematiche emerse in tema di organizzazione del lavoro, mobilità, flessibilità e valorizzazione professionale. Su queste tematiche vi sarà la
partecipazione e l’apporto di lavoratrici dipendenti in grado di fornire una
conoscenza adeguata alle specificità della materia al fine di favorire azioni
positive volte a concretizzare le pari opportunità.
89
CLASSIFICAZIONE DEL PERSONALE
COMMERCIO:
Il personale è classificato in sette livelli professionali di inquadramento, dal
primo relativo a funzioni direttive e ad alto contenuto professionale, al settimo riguardante mansioni di pulizia.
CREDITO:
Il contratto collettivo nazionale di lavoro in commento per il settore del
credito si applica ai Quadri direttivi ed al personale compreso nella 1°, 2°
e 3° Area Professionale.
ELETTRICO:
I lavoratori, in funzione delle mansioni loro affidate, sono inquadrati in
un’unica scala classificatoria in gruppi/categorie, secondo le declaratorie
specificate nel contratto collettivo.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
Il personale è classificato in otto livelli professionali di inquadramento.
TURISMO:
Il personale è classificato in dieci livelli professionali di inquadramento, di
cui due relativi alla categoria dei Quadri (Quadro A, Quadro B), e poi gli
altri otto, dal primo relativo a funzioni direttive e ad alto contenuto professionale, all’ultimo riguardante attività semplici con elementari conoscenze professionali.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
La classificazione del personale avviene in base a 4 aree professionali, e
non più su singole categorie e conseguenti livelli di retribuzione: 1. Area
di base; 2. Area operativa; 3. Area Quadri di II livello; 4. Area Quadri di I
livello.
In particolare, le aree dei Quadri sono costituite dai dipendenti che, pur
non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi della Società.
Per quanto attiene, segnatamente, all’orario di lavoro di tale personale, la
prestazione lavorativa si effettua, di massima, in correlazione temporale
90
con l’orario normale applicato nell’unità produttiva nella quale lo stesso è
addetto. Tuttavia, fermo restando quanto previsto dall’art. 28 del CCNL
relativamente alla durata della prestazione lavorativa settimanale, in considerazione della specificità della posizione ricoperta dal personale qualificato “Quadro”, per lo stesso viene prevista la possibilità di modulare in
maniera flessibile l’articolazione della propria prestazione giornaliera in
diretta correlazione alle esigenze di servizio relative al settore d’appartenenza.
ASSICURAZIONI:
Il personale è classificato in sei livelli professionali di inquadramento.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
I lavoratori sono inquadrati in una classificazione unica articolata su 7
categorie professionali e 8 livelli retributivi, ai quali corrispondono eguali
valori minimi tabellari mensili secondo le tabelle allegate al CCNL.
INDUSTRIA TESSILE:
Il personale è classificato in 5 qualifiche, a cui si aggiungono la 1° e 2°
categoria dei viaggiatori o piazzisti.
FERROVIE:
Il personale della Società è inquadrato in un’unica scala classificatoria articolata in 5 aree funzionali.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
I lavoratori sono inquadrati in un’unica scala classificatoria composta da 6
categorie, nell’ambito delle quali sono previste figure professionali con
mansioni contrattualmente considerate equivalenti, distribuite su diverse
posizioni organizzative.
91
ORARIO DI LAVORO
COMMERCIO:
L’orario di lavoro effettivo settimanale per la generalità dei dipendenti è di
40 ore; nel rispetto di tale limite è consentito al datore di lavoro chiedere
prestazioni giornaliere eccedenti le 8 ore.
In relazione alle particolari esigenze delle aziende e/o dei settori considerati, in particolare commercio e terziario, ed anche al fine di migliorare il
servizio al consumatore, l’azienda può ricorrere a particolari forme di articolazione dell’orario settimanale di lavoro ed anche al c.d. “orario multiperiodale” ed alla c.d. “banca delle ore”.
CREDITO:
L’orario di lavoro settimanale, collocato di norma dal lunedì al venerdì, è
fissato in 37 ore e 30 minuti (40 ore per il personale di custodia addetto alla
guardiania diurna e per i guardiani notturni).
L’azienda ha facoltà di fissare detto orario giornaliero di lavoro, in ciascuna unità operativa o produttiva, anche per gruppi omogenei di
lavoratori/lavoratrici, secondo nastri orari c.d. “standard”, compresi fra le
ore 8 e le ore 17.15 per tutti i lavoratori/lavoratrici; nastri orari “extra standard”, compresi fra le ore 7 e le ore 19.15, per una quota non superiore al
13% di tutto il personale dipendente dall’azienda e al 10% delle succursali; articolazioni dell’orario anche oltre i predetti nastri entro il limite del
2%, per attività per le quali sussistano effettive esigenze operative.
L’orario settimanale di lavoro è fissato in 36 ore nei casi di articolazione:
– su 4 (4 giorni x 9 ore) o su 6 (6 giorni x 6 ore) giorni;
– dal lunedì pomeriggio al sabato mattina;
– comprendente la domenica;
– in turni.
L’azienda, nel corso di un apposito incontro, deve comunicare preventivamente agli organismi sindacali aziendali le articolazioni di orario di lavoro
e di sportello, ivi compreso l’orario multiperiodale e il trattamento per i turnisti. Tale informativa deve contenere l’indicazione delle ragioni tecniche,
organizzative, produttive o di servizio che inducono ad adottare detti orari.
Nella medesima occasione, le Parti procedono ad un esame dell’andamento della banca delle ore.
In sede aziendale potranno venir proposte da parte dell’azienda interessata
intese per acquisire ulteriori opportunità aziendali aggiuntive rispetto a quel-
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le stabilite nel contratto (nuove flessibilità di utilizzo del personale), e per la
rimozione di normative obsolete per adeguarle agli standard di settore.
Nel corso della settimana l’orario di sportello è fissato nel limite di 40 ore,
limite che può essere superato nelle succursali operanti presso: centri commerciali, ipermercati e grandi magazzini; mercati (ortofrutticoli, ittici,
ecc.); complessi industriali; manifestazioni temporanee (fiere, mostre, congressi, stand); sportelli cambio; posti di confine o doganali, stazioni ferroviarie, marittime, aeree o autostradali.
Presso dette succursali, nonché presso quelle situate in località turistiche e
presso strutture pubbliche o di pubblica utilità, l’azienda ha facoltà di distribuire l’orario di lavoro e di sportello degli addetti in modo da ricomprendere il sabato.
Presso le succursali situate in località turistiche, il lavoratore/lavoratrice
non può essere utilizzato nella giornata di sabato per più di 20 volte l’anno, ad eccezione dei casi, rispetto ai quali non opera alcun limite, in cui il
suo orario settimanale è distribuito su 6 giorni per 6 ore al giorno, ovvero
su 4 giorni per 9 ore al giorno.
Il lavoro domenicale e l’apertura degli sportelli in tale giornata è possibile
nei casi stabiliti dalla legge.
Il lavoratore/lavoratrice può essere adibito allo sportello per un massimo di
6 ore e 30 minuti giornalieri; in deroga al predetto limite, d’intesa fra l’azienda e gli organismi sindacali aziendali, la predetta adibizione individuale può essere protratta fino a 7 ore giornaliere.
In caso di distribuzione settimanale “4 x 9”, il personale può essere adibito
allo sportello per un massimo di 8 ore giornaliere. In deroga al predetto
limite, d’intesa fra l’azienda e gli organismi sindacali aziendali, la predetta
adibizione individuale può essere protratta fino a 8 ore e 30 minuti giornalieri.
Orario multiperiodale:
Nei casi in cui ricorrano esigenze tecniche, organizzative o commerciali
programmabili, l’azienda ha facoltà di distribuire l’orario di lavoro, in
modo da superare, in determinati periodi dell’anno, l’orario settimanale di
37 ore e 30 minuti (36 ore nei casi di distribuzione su 4 o su 6 giorni), e da
prevedere prestazioni ridotte in altri periodi dell’anno.
In ogni caso, l’orario settimanale medio nel periodo preso a riferimento
deve comunque risultare pari ai limiti indicati; la prestazione del singolo
lavoratore/lavoratrice non può superare le 9 ore e 30 minuti giornalieri e le
48 ore settimanali e non può risultare inferiore nei periodi di “minor lavo-
93
ro” a 5 ore giornaliere e 25 settimanali; nei periodi di “maggior lavoro” che non possono superare i 4 mesi nell’anno - è esclusa la prestazione di
lavoro straordinario, salvo situazioni eccezionali.
In ogni caso, l’orario multiperiodale può essere adottato per un numero di
dipendenti non superiore al 2% di tutto il personale dipendente dall’azienda.
L’azienda, ove possibile, dà la precedenza ai lavoratori/lavoratrici volontari e tiene conto delle esigenze personali e di famiglia rappresentate dall’interessato.
Il lavoro multiperiodale non può essere effettuato dal personale a tempo
parziale.
Banca delle ore:
L’azienda ha facoltà di chiedere prestazioni lavorative aggiuntive all’orario
giornaliero normale del lavoratore/lavoratrice nel limite massimo di 2 ore
al giorno o di 10 ore settimanali.
Le prestazioni aggiuntive, fino a 50 ore nell’anno, rappresentano uno strumento di flessibilità e quindi non costituiscono lavoro straordinario e
danno diritto al recupero obbligatorio secondo il meccanismo della banca
delle ore.
Lavoro straordinario:
Oltre il limite di 50 ore annue, le ulteriori prime 50 ore danno diritto al
recupero secondo il meccanismo della banca delle ore o al compenso per
lavoro straordinario, a richiesta del lavoratore/lavoratrice.
Le ulteriori 50 ore danno diritto al compenso per lavoro straordinario.
Comunque il lavoro straordinario può essere effettuato entro il limite
massimo di 100 ore per anno solare: detto limite va osservato nei confronti di ciascun dipendente.
Il lavoro straordinario non può essere effettuato nel giorno di domenica,
nei giorni festivi, e in quello del sabato (ovvero di lunedì nel casi di distribuzione dell’orario settimanale dal martedì al sabato), salvo particolari ed
eccezionali esigenze.
Flessibilità individuale:
Compatibilmente con le esigenze di servizio, l’azienda può accordare al
singolo lavoratore/lavoratrice, su sua richiesta, di spostare, in via non occasionale, il proprio orario di entrata di 15 o 30 minuti con correlativo spo-
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stamento dell’orario di uscita; ovvero, ai lavoratori/lavoratrici a contatto
diretto con il pubblico, di posticipare, in via non occasionale, il proprio
orario di entrata fino a 30 minuti, con correlativo spostamento dell’orario
di uscita.
ELETTRICO:
La durata contrattuale dell’orario normale di lavoro, salvo quanto previsto
per il personale turnista e semiturnista, è stabilita in 38 ore settimanali con
ripartizione, di norma, dal lunedì al venerdì.
L’articolazione settimanale dell’orario di lavoro viene definita, nel rispetto
delle esigenze organizzative dell’azienda e delle normative di legge in
materia, con accordo tra Direzione e RSU; in modo analogo vengono definiti eventuali orari multiperiodali nonché la ripartizione settimanale dell’orario su 4 o 6 giorni.
L’orario normale dei lavoratori turnisti, vale a dire coloro che prestano la
loro opera in turni continui avvicendati con prestazioni alternate diurne e
notturne, è di 40 ore settimanali.
La misura di 40 ore settimanali s’intende applicabile anche ai semiturnisti,
vale a dire a coloro che prestano la loro opera in turni di lavoro con solo 2
prestazioni giornaliere.
Le Parti firmatarie convengono di istituire la “Banca delle ore”.
Lavoro straordinario:
Le prestazioni di lavoro eccedenti il normale orario di lavoro rispondenti
ad esigenze programmabili devono essere contenute entro il limite di 180
ore annuali ‘pro capite’. Eventuali ore eccedenti tale limite daranno titolo a corrispondenti riposi compensativi, fermo restando il diritto alla corresponsione delle sole maggiorazioni contrattualmente previste.
Inoltre, il lavoro straordinario può essere effettuato - senza titolo al riposo
compensativo - per far fronte ad imprevedibili esigenze non altrimenti sopperibili, strettamente attinenti alla regolarità del servizio, elettrico, nonché
per far fronte a necessità tecnico-gestionali eccezionali, non differibili e di
durata temporanea, oltre che per le situazioni di forza maggiore o circostanze in cui la cessazione dal lavoro ad orario normale possa costituire un
pericolo o un danno alle persone o alla produzione.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
L’orario di lavoro effettivo settimanale per la generalità dei dipendenti è di
40 ore; tuttavia è possibile la riduzione a 39 ore attraverso l’utilizzazione
95
dei riposi individuali per i lavoratori non discontinui e non inseriti in turni,
con l’esclusione in ogni caso dei periodi di stagionalità.
La determinazione dell’orario normale dei lavoratori fa salve le soluzioni
organizzative riferite a quei servizi ed a quegli impianti finalizzate alla
migliore utilizzazione degli stessi.
L’orario settimanale di lavoro è concentrato su 5 giorni lavorativi; eventuali eccezioni per una distribuzione su 6 giorni possono essere contrattate a
livello aziendale per comprovate esigenze tecniche, organizzative, produttive o distributive.
In relazione alle particolari esigenze delle aziende, ad una più razionale
utilizzazione degli impianti, alle punte di maggior intensità produttiva, le
parti possono incontrarsi a livello aziendale al fine di esaminare le prospettive di utilizzo della flessibilità degli orari, del ricorso allo straordinario,
delle assunzioni dovute alla stagionalità della produzione, della distribuzione dell’orario di lavoro su sei giorni.
Agli stessi scopi, oltre che per rispondere alle esigenze di flessibilità delle
imprese, le aziende, previo esame congiunto con la r.s.u, possono ricorrere a particolari forme di articolazione dell’orario settimanale di lavoro ed al
c.d. “orario multiperiodale”.
Lavoro straordinario:
ha carattere di eccezionalità e non può essere richiesto al lavoratore senza
giustificato motivo; dal canto suo, il lavoratore non può esimersi senza giustificato motivo dal prestarlo; è ammesso nei limiti di 80 ore annue “pro
capite”.
TURISMO:
L’orario di lavoro effettivo settimanale per la generalità dei dipendenti è di
40 ore, salvo quanto diversamente stabilito nella parte speciale del CCNL
per le imprese di viaggi e turismo, gli stabilimenti balneari e i complessi
turistico-ricettivi dell’aria aperta.
In relazione alle peculiarità del settore turistico e quindi alle particolari esigenze produttive delle aziende, potranno essere adottati sistemi di distribuzione dell’orario di lavoro per periodi plurisettimanali, comunque non
superiori a quattro settimane consecutive.
Le parti devono inoltre attivare una c.d. “banca delle ore” al fine di mettere i lavoratori in condizione di utilizzare in tutto o in parte riposi compensativi a fronte di prestazioni eventualmente eccedenti l’orario medio
annuo.
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Lavoro straordinario:
ha carattere di eccezionalità e non può essere richiesto al lavoratore senza
giustificato motivo; dal canto suo, il lavoratore non può esimersi senza giustificato motivo dal prestarlo entro i limiti contrattualmente prefissati.
Il lavoro straodinario è consentito nel limite massimo di 260 ore annuali e
di due ore giornaliere.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
L’orario contrattuale di lavoro è di 36 ore settimanali concentrate di norma
in 6 o 5 giorni in correlazione alle esigenze tecnico-produttive.
Conseguentemente, in tale ambito, fatto salvo quanto richiesto dalle esigenze organizzative che caratterizzano la prestazione lavorativa di specifiche figure professionali, l’orario giornaliero è, di norma, rispettivamente di
6 o di 7 ore e 12 minuti.
L’orario di lavoro settimanale concentrato su 6 giorni è normalmente ripartito dal lunedì al sabato.
L’orario di lavoro settimanale concentrato su 5 giorni è normalmente
ripartito dal lunedì al venerdì con un intervallo da 30 a 60 minuti in relazione alle esigenze di servizio, che comporta un conseguente prolungamento fino al completamento dell’orario giornaliero d’obbligo. La determinazione della durata di detto intervallo, entro i limiti sopracitati, sarà
definita nell’ambito del 2° livello di contrattazione. In detto orario di lavoro il giorno infrasettimanale non lavorativo coincide normalmente con il
sabato.
Nelle strutture le cui esigenze richiedano un’organizzazione del lavoro
articolata in via ordinaria su 6 giorni alla settimana, la Società potrà prestabilire schemi di rotazione del personale, con 5 prestazioni giornaliere a
settimana per ciascun lavoratore, ovvero con alternanza di gruppi di lavoratori predeterminati nelle prestazioni, con rotazione sulla generalità degli
interessati. Detta soluzione, ove impegni un arco temporale superiore a 30
giorni, formerà oggetto di confronto con la Delegazione sindacale individuata secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 3, del CCNL. La relativa procedura si intenderà comunque esaurita decorsi 9 giorni dalla data di
fissazione dell’incontro. Ove la stessa non si concluda positivamente, le
Parti assumeranno le proprie autonome determinazioni.
E’ altresì ammessa l’articolazione dell’orario di lavoro su 2 o più turni giornalieri, la cui durata, di norma, non può superare le 8 ore; è inoltre consentita la previsione e/o la modificazione dei turni per periodi non superiori ad un mese ed a fronte di particolari esigenze, nonché la determina-
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zione della durata normale dell’orario di lavoro sulla base di una media
plurisettimanale, fermo restando il limite di 36 ore settimanali. Il superamento del limite del normale orario contrattuale settimanale non dà luogo
a compenso per lavoro straordinario purché mediamente, nell’arco di un
mese, il limite stesso venga rispettato. Ove ciò non si verifichi, eventuali
differenze in più o in meno, daranno luogo ai trattamenti contrattualmente previsti.
Nell’unità organizzativa può essere introdotto un regime di flessibilità dell’orario giornaliero di lavoro, in ingresso, in uscita e c.d. “multiperiodale”.
In particolare, poi, nel recentissimo rinnovo contrattuale per gli anni
2003 – 2006 è stata introdotta un’ulteriore forma di flessibilità dell’orario per i c.d. “lavoratori a turno unico”, a favore dei quali si è stabilito che
essi possono osservare, in via alternativa, l’ “orario sfalsato”, che consiste
nell’anticipare o posticipare l’inizio della prestazione lavorativa giornaliera, anticipando e posticipando correlativamente la fine della stessa, fino ad
un massimo di due ore rispetto al normale orario di lavoro; oppure, l’ “orario spezzato”, che può essere attuato nell’ambito dell’organizzazione dell’orario settimanale concentrato in 5 giorni: la durata di ciascuno dei due
periodi non deve essere, in via normale, inferiore a due ore per tutti i lavoratori, con un intervallo giornaliero pari ad almeno un’ora e non superiore a due ore.
Lavoro straordinario:
È considerato straordinario il lavoro eseguito oltre il normale orario contrattuale di lavoro, autorizzato dal responsabile dell’ufficio/unità di appartenenza per accertate esigenze di servizio. Il personale, fermo restando
quanto previsto dalla legislazione vigente in materia, non può esimersi,
salvo giustificato motivo di impedimento, dall’effettuare lavoro straordinario, festivo e notturno, che venga richiesto dalla Società.
Fermi restando i limiti di legge vigenti in materia di lavoro straordinario,
viene fissato un limite massimo complessivo di 250 ore annue per ciascun lavoratore. Detti limiti, anche in analogia con quanto previsto dalle
normative vigenti, possono essere superati quando sussistono eccezionali
esigenze tecnico-produttive e/o nei casi di forza maggiore.
Il ricorso al lavoro straordinario deve avere carattere eccezionale e trovare
obiettiva giustificazione in necessità imprescindibili, indifferibili e di durata temporanea.
Il lavoratore chiamato ad effettuare prestazioni straordinarie deve esserne
informato almeno 2 ore prima del termine del normale orario di lavoro e,
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compatibilmente con le esigenze di servizio, effettuare tali prestazioni
senza soluzione di continuità con il lavoro ordinario.
Conto ore individuale:
In via sperimentale viene introdotto, per ciascun lavoratore, il Conto ore
individuale nel quale confluiscono le prime 10 ore delle prestazioni di cui
all’art. 30 che, quali strumento di flessibilità e non in quanto lavoro straordinario, sono soggette al recupero in forma specifica da parte del personale
interessato alle condizioni e secondo le modalità che seguono.
Optando per il meccanismo del Conto ore individuale, il lavoratore ha
diritto al recupero delle ore effettuate oltre l’orario d’obbligo, confluendo
in detto Conto anche quelle che il lavoratore stesso presterà fino ad un
massimo di ulteriori 110 ore annue.
Gli aventi diritto hanno diritto di fruire di riposi compensativi per giornate
intere o per gruppi di ore non inferiorri a 2. Detta fruizione sarà consentita, compatibilmente con le esigenze organizzative dell’unità operativa di
appartenenza, entro 3 mesi dalla data di inoltro della relativa richiesta. In
caso di mancata fruizione, al termine di detto periodo, il lavoratore potrà
procedere al godimento del riposo con un preavviso di almeno 72 ore.
Per le ore eccedenti il normale orario di lavoro che confluiscono sul Conto
ore individuale viene riconosciuta, per ciascuna delle suddette ore, una
maggiorazione del 15% della retribuzione oraria ordinaria.
ASSICURAZIONI:
L’orario di lavoro è fissato in 37 ore settimanali distribuite in 5 giorni settimanali dal lunedì al venerdì oppure in 6 giorni settimanali dal lunedì al
sabato. Nel secondo caso, solo per tre mesi l’anno e precisamente nel
periodo dal 21 giugno al 21 settembre sarà praticato secondo le locali esigenze aziendali l’orario continuato.
L’uscita serale, di norma, non potrà essere protratta oltre le 18,30, mentre
quella del Sabato non potrà essere prorogata, di norma, oltre le ore 12,45.
La distribuzione dell’orario di lavoro, la flessibilità dello stesso ed il velo di
copertura potranno essere concordati in sede aziendale, anche in deroga
alle disposizioni ora richiamate.
Lavoro straordinario:
Il lavoro straordinario deve essere preventivamente autorizzato e svolto
nella sede aziendale, salvo eccezioni consentite per iscritto volta per volta
dall’Agente Generale. Il lavoro straordinario non può superare complessivamente le 130 ore annue.
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INDUSTRIA METALMECCANICA:
La durata massima settimanale del lavoro ordinario è di 40 ore. Essa può essere computata anche come durata media in un periodo non superiore ai 12
mesi, salvi gli accordi aziendali in materia. Ferme restando le disposizioni
contrattuali, ai soli fini legali i limiti del lavoro ordinario rimangono fissati nei
termini e secondo le modalità previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Per
gli impianti che richiedono un lavoro ininterrotto di 7 giorni alla settimana,
la durata normale dell’orario di lavoro risulta da una media plurisettimanale
con un massimo di 48 ore settimanali. Nel caso di ripartizione dell’orario settimanale su 6 giorni, il lavoro cessa di massima alle ore 13 del sabato.
Lavoro supplementare:
Per le ore prestate oltre l’orario contrattuale settimanale normale sarà riconosciuta ai lavoratori interessati una maggiorazione della retribuzione
nella misura onnicomprensiva del 10% per le ore prestate dal lunedì al
venerdì, e del 15% per le ore prestate al sabato.
Lavoro straordinario:
Il lavoro straordinario sarà contenuto nei limiti massimi di 2 ore giornaliere e 8 ore settimanali, nel rispetto del limite massimo complessivo di 200
ore annuali per ciascun lavoratore.
Per le aziende fino a 200 dipendenti tale limite massimo individuale annuo
è fissato in 250 ore.
In ogni caso, per le attività di riparazione navale, aeronautica, nonché per
le operazioni di varo e prove di collaudo a mare, i limiti massimi annuali
suddetti sono fissati in 250 ore. Per l’attività di manutenzione, installazione e montaggi il limite massimo annuo è fissato in 260 ore.
Il lavoro straordinario deve avere carattere eccezionale.
Nessun lavoratore può rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere
lavoro straordinario.
Nell’ipotesi di distribuzione dell’orario settimanale in 5 giorni (dal lunedì al
venerdì) è ammesso il prolungamento del lavoro straordinario, nella giornata del sabato, nella misura massima settimanale, oltre le 2 ore giornaliere,
qualora ciò sia richiesto da esigenze di riparazione e manutenzione.
Negli altri casi in cui fosse richiesto tale prolungamento di prestazioni
straordinarie nella giornata di sabato, esso deve’essere concordato con la
RSU e per esso dev’essere corrisposta una maggiorazione nella misura del
50% quando le prestazioni straordinarie superino le 2 ore.
Fermi restando i limiti massimi previsti di 200, 250 e 260 ore annuali di lavo-
100
ro straordinario, la Direzione può disporre, dandone notizia ai lavoratori
interessati con preavviso di 24 ore, salvi casi eccezionali di urgenza, prestazioni individuali di lavoro straordinario di produzione, esenti dall’informazione alla RSU, per le prestazioni da eseguire oltre l’orario giornaliero normale di lavoro oppure da eseguire nella giornata libera oltre la domenica e,
di norma, nella giornata di sabato, nelle seguenti misure annue:
– 32 ore per i lavoratori turnisti;
– 32ore per i lavoratori non turnisti, che lavorino in aziende con oltre 200
dipendenti;
– 40 ore per i lavoratori non turnisti, che lavorino in aziende fino a 200
dipendenti.
Banca delle ore.
Le parti firmatarie hanno convenuto di istituire la Banca delle ore per tutti
i lavoratori e per tutte le ore di straordinario prestate oltre le 80 ore annue
per le imprese fino a 200 dipendenti, e oltre le 32 ore annue per tutte le
altre, a seconda delle volontà espresse.
– Ai lavoratori che prestano lavoro straordinario, se non dichiarano entro il
mese successivo a quello in cui hanno effettuato la prestazione, di volere il
riposo compensativo, sarà devoluto il pagamento dello straordinario con le
maggiorazioni attualmente previste dal CCNL.
– I lavoratori che dichiarano invece, formalmente, entro il mese successivo
alla prestazione straordinaria di volere il riposo, potranno fruirlo secondo le
modalità e quantità già previste per il “Conto ore”. Per le ore di straordinario
che confluiscono nella Banca ore verrà corrisposta la maggiorazione onnicomprensiva pari al 50% di quella prevista per il lavoro straordinario.
– Infine, ai lavoratori che, nel corso del mese della prestazione di lavoro
straordinario, dichiarano di volere il pagamento, la relativa erogazione
verrà corrisposta secondo la normale prassi aziendale.
Scatti di anzianità:
Il lavoratore per ogni biennio d’anzianità di servizio maturato presso la stessa azienda o gruppo aziendale (intendendosi per tale il complesso industriale facente capo alla stessa società) e nella medesima categoria di appartenenza ha diritto all’aumento periodico d’anzianità.
INDUSTRIA TESSILE:
L’orario di lavoro normale è di 40 ore settimanali e normalmente di 8 ore
giornaliere distribuite in genere nei primi 5 giorni della settimana.
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Al riguardo le parti firmatarie riconoscono l’importanza dell’individuazione
di un’articolazione plurisettimanale e/o multiperiodale dell’orario contrattuale, in base alla quale l’orario viene realizzato in regime ordinario come
media in un periodo non superiore a 12 mesi, alternando periodi con orario
diverso. La flessibilità dell’orario di lavoro consente il superamento dell’orario contrattuale sino al limite delle 48 ore settimanali. A fronte del superamento dell’orario contrattuale, corrisponde, nel corso dell’anno e in periodi
di minore intensità lavorativa, una pari entità di ore di riduzione. Tali specifici schemi d’orario o diverse distribuzioni o articolazioni dell’orario settimanale vengono concordati dalle parti a livello aziendale.
C.d. flessibilità tempestiva:
In considerazione delle variazioni imprevedibili e urgenti della domanda,
le aziende possono superare, in determinati periodi dell’anno, il normale
orario contrattuale settimanale.
Al verificarsi della necessità, la Direzione aziendale è tenuta a comunicare alla RSU, illustrandone le ragioni, con un preavviso non inferiore a 5
giorni, il ricorso alla flessibilità, i reparti e i lavoratori interessati con l’indicazione dei periodi previsti di supero o di riduzione dell’orario contrattuale, delle ore necessarie e della loro collocazione temporale.
Le modalità applicative, relative alla distribuzione delle ore nel periodo di
supero o all’utilizzo delle riduzioni, devono essere definite congiuntamente in sede di esame tra Direzione e RSU.
Tali modalità devono assicurare la soddisfazione tempestiva della domanda anche attraverso l’esistente utilizzo ottimale degli impianti, con lo svolgimento dei normali turni di lavoro nelle giornate di flessibilità.
Lavoro straordinario:
Il lavoro straordinario ha carattere volontario e può essere effettuato entro
il limite individuale massimo di 180 ore sino al raggiungimento di un
monte annuo aziendale ragguagliato a 130 ore per dipendente. Quando
riguarda gruppi di lavoratori, deve formare oggetto di esame preventivo tra
Direzione aziendale e RSU; detto esame non ha luogo nei casi in cui il
lavoro straordinario ha carattere di assoluta, improrogabile e comprovata
necessità determinata da cause di forza maggiore.
Banca delle ore:
Ciascun lavoratore può far confluire in una banca individuale delle ore le
prime 32 ore annue di lavoro straordinario che, su sua richiesta, possono
102
essere recuperate sotto forma di riposi compensativi, fatte salve le relative
maggiorazioni che devono essergli corrisposte con la retribuzione afferente il mese in cui tali prestazioni sono state effettuate.
FERROVIE:
L’orario settimanale di lavoro è di 36 ore per tutto il personale dalla I alla
V area.
La prestazione massima giornaliera è di 10 ore, fatte salve le eccezioni concordate a livello di ASA/Società.
Per il personale turnificato in funzione del servizio di manovra l’orario di
lavoro settimanale è di 34 ore, rapportato a giornata di utilizzazione.
L’orario di lavoro settimanale è ripartito su 5 giorni.
Secondo le esigenze tecnico-produttive, le parti potranno convenire a livello di ASA ripartizioni diverse. L’articolazione dei turni di servizio avverrà
nel rispetto delle ripartizioni definite.
Fermo restando la media settimanale di 36 o 34 ore, le Parti concordano di
adottare, laddove se ne ravvisi la necessità, un regime di orario che rispecchi le esigenze stagionali o periodiche di punte di traffico o di attività.
Le prestazioni potranno essere mediamente, nell’arco delle quattro settimane, fino a 39 o 42 ore settimanali (37 o 40 ore per la manovra) per non
più di 16 settimane complessive all’anno, elevabili a 20 in caso di particolari esigenze produttive. La differenza di ore lavorate sarà recuperata con
equivalenti minori prestazioni giornaliere o settimanali nei periodi di
minor traffico e/o produzione, nell’arco delle successive 16 o 20 settimane.
Per le attività manutentive l’orario di lavoro settimanale è di 36 ore, articolato su 5 giorni dal lunedì al venerdì.
Nei tavoli di ASA saranno concordati diversi e specifici regimi di orario settimanale, che potranno anche prevedere prestazioni lavorative nei giorni
di sabato e domenica, articolate su 5 giorni, oppure prestazioni lavorative
comprendenti il 6° e 7° giorno lavorato con differimento del riposo ad altri
giorni della settimana, da adottare sulla base di specifici programmi di lavoro previa contrattazione decentrata.
E’ possibile concordare localmente diverse articolazioni dell’orario di lavoro
giornaliero per adeguarlo ad esigenze di esercizio, anche per periodi definiti. Per il personale addetto ad attività amministrative o tecnico/specialistiche
l’orario di lavoro è articolato su 5 giorni dal lunedì al venerdì con 2 rientri
pomeridiani nelle giornate comprese dal lunedì al giovedì con le seguenti
modalità:
– giornate senza rientro pomeridiano (6 ore): dalle 8,00 alle 14,00
103
– giornate con rientro pomeridiano (9 ore): dalle 8,00 alle 13,00 e dalle
13,30 alle 17,30.
Articolazioni giornaliere diverse, in funzione di specifiche esigenze organizzative o produttive locali, potranno essere contrattate a livello decentrato.
È consentito al dipendente:
– posticipare l’entrata antimeridiana fino ad un massimo di 60’;
– posticipare l’entrata pomeridiana fino ad un massimo di 45’;
– anticipare l’uscita antimeridiana nei giorni senza rientro fino ad un massimo di 60’;
– anticipare l’uscita pomeridiana fino ad un massimo di 60’, con corrispondente recupero in uscita entro il mese successivo.
In considerazione dell’esigenza che in alcune strutture si abbia una significativa presenza di personale nei pomeriggi dal lunedì al giovedì, le parti convengono che in sede locale verranno raggiunti accordi con le finalità di seguito indicate:
1) la scelta delle 2 giornate con rientro pomeridiano sarà attuata su base
volontaria;
2) nel caso le richieste su base volontaria non consentano la presenza pomeridiana in ognuna delle 4 giornate di almeno il 30% del personale, le giornate con il rientro verranno regolamentate a rotazione tra il personale, con
criteri concordati tra le parti a livello locale.
Lavoro straordinario:
Il ricorso al lavoro straordinario deve avere carattere eccezionale e deve trovare obiettiva giustificazione in necessità imprescindibili, indifferibili, di
durata temporanea e tali da non ammettere correlativi dimensionamenti di
organico. Il lavoratore non può esimersi dall’effettuare il lavoro straordinario salvo giustificati motivi personali di impedimento.
La Società non può richiedere prestazioni straordinarie al seguente personale:
a) lavoratori studenti;
b) lavoratori affetti da handicap;
d) le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a dodici mesi dopo il
parto;
e) lavoratori sottoposti a trattamenti di emodialisi od altri ricorrenti di analoga rilevanza terapeutica.
Conto tempo individuale:
A partire dal 1.3.1998 è stato istituito un Conto tempo individuale quale
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strumento di compensazione delle maggiori prestazioni rese rispetto all’orario di lavoro ordinario, anche al fine di contenere il ricorso allo straordinario.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
La durata massima dell’orario è disciplinata dalle norme di legge.
I regimi d’orario devono essere coerenti con le esigenze delle imprese in
termini tecnico-organizzativi, per questo l’orario di lavoro è diversamente
articolato in relazione ai lavoratori turnisti (lavoratori turnisti 2x5, 2x6 e
2x7, 3x5, 3x6 e 3x7) .
In particolare, si deve rilevare al riguardo che:
l’orario di lavoro dei turnisti addetti alle lavorazioni a ciclo continuo (3
turni per 7 giorni settimanali) e dei lavoratori turnisti addetti alle lavorazioni che si svolgono su 2 turni per 7 giorni settimanali è pari a 232,5 giornate lavorative annue, pari a 8 ore giornaliere.
Le modalità attuative dell’orario di lavoro annuo dei lavoratori turnisti
addetti a lavorazioni su 2 o 3 turni è di norma di 5 giorni settimanali, oppure di 4 o 6 giorni, di durata compresa tra 37 ore e 45 minuti e 40 ore medie
settimanali; l’orario settimanale può anche realizzarsi su un arco pluriperiodale di più settimane o più mesi fino a un massimo di 12.
L’orario dei lavoratori turnisti addetti a lavorazioni su 2 turni è di 247,5
giornate lavorative annue, pari a 8 ore giornaliere.
L’orario dei lavoratori turnisti addetti a lavorazioni su 3 turni è di 246,5
giornate lavorative annue, pari a 8 ore giornaliere.
Nell’ambito dell’articolazione indicata, sono effettuabili anche prestazioni
eccedenti l’orario di lavoro settimanale medio e prestazioni straordinarie;
esse sono compensate, nel mese di competenza, con le maggiorazioni retributive previste e con riposi compensativi che vengono accantonati, nella
misura del 50%, nel c.d. “Conto ore individuale”. Per il restante 50%, all’inizio di ogni anno il lavoratore deve formalmente manifestare la propria
volontà in merito al pagamento o all’accantonamento nel conto ore.
Qualora il lavoratore decida per il pagamento, la corresponsione delle relative quote retributive avviene nel mese di competenza.
Il ricorso a prestazioni eccedenti o straordinarie deve avere carattere eccezionale. Esso, al di là dei casi in cui le relative esigenze trovino specifiche
risposte nell’ambito dei regimi d’orario previsti, deve trovare obiettiva giustificazione in necessità imprescindibili, indifferibili, di durata temporanea
e tali da non ammettere correlativi dimensionamenti di organico.
Nessun lavoratore può esimersi dall’effettuare, nei limiti previsti dalla
105
legge e dal CCNL, prestazioni eccedenti o straordinarie nonché lavoro
notturno e festivo, salvo giustificati motivi individuali di impedimento. Le
prestazioni eccedenti o straordinarie devono essere disposte e autorizzate
dalla Direzione aziendale.
Conto ore individuale.
Le parti, riconoscendo l’opportunità che i lavoratori siano messi in condizione di utilizzare in tutto o in parte i recuperi maturati a fronte di prestazioni eccedenti l’orario di riferimento, convengono di istituire il “conto
ore”. In esso confluiscono i riposi compensativi delle prestazioni eccedenti o straordinarie,che devono essere utilizzate entro l’anno successivo a
quello di maturazione. L’utilizzazione delle ore accantonate, con riferimento ai tempi, alla durata, e al numero dei lavoratori contemporaneamente ammessi alla fruizione, dovrà essere resa possibile tenendo conto
delle esigenze tecniche, organizzative e produttive.
106
TIPOLOGIE CONTRATTUALI FLESSIBILI
COMMERCIO:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto c.d. “di lavoro ripartito”;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– contratto di lavoro interinale.
CREDITO:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– contratto di lavoro temporaneo;
– telelavoro.
ELETTRICO:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– contratto di lavoro temporaneo;
– telelavoro.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
107
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– contratto di lavoro interinale.
TURISMO:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale (indeterminato o determinato);
– contratto c.d. “di lavoro ripartito”;
– contratto a termine;
– contratto di lavoro c.d. “extra”, per l’organizzazione di meeting, congressi,
fiere;
– contratto di formazione e lavoro;
– contratto di apprendistato;
– contratto di “inserimento”;
POSTE ITALIANE s.p.a.:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale (indeterminato o determinato);
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
Segnatamente, il rapporto di apprendistato può essere costituito a tempo
pieno o a tempo parziale; in tale ultimo caso esso deve avere una durata
non inferiore al 60% di quella prevista per il tempo pieno, dovendosi assicurare l’obbligo formativo nella misura preventivamente autorizzata dai competenti organismi.
Per gli apprendisti a tempo parziale il trattamento economico è commisurato alla relativa durata della prestazione.
ASSICURAZIONI:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
INDUSTRIA METALMECCANICA:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
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–
–
–
–
–
–
–
–
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
contratto di lavoro a tempo parziale;
contratto a termine;
contratto di apprendistato;
contratto di formazione e lavoro;
lavoro a domicilio;
lavoro temporaneo;
contratti di inserimento;
lavoro a cottimo, sia individuale che collettivo.
INDUSTRIA TESSILE:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– lavoro temporaneo;
– lavoro ripartito (job sharing).
FERROVIE:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– lavoro temporaneo;
– telelavoro.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
I lavoratori soggetti alla sfera di applicazione di questo contratto possono
fruire, oltre che del contratto a tempo pieno ed indeterminato, anche di:
– contratto di lavoro a tempo parziale;
– contratto a termine;
– contratto di apprendistato;
– contratto di formazione e lavoro;
– lavoro temporaneo.
109
PART-TIME E DISCIPLINA APPLICABILE
COMMERCIO - INDUSTRIA ALIMENTARE:
Al rapporto a tempo parziale è applicabile la disciplina prevista dal CCNL
per i lavoratori a tempo pieno, in quanto compatibile con la natura del rapporto. L’instaurazione del rapporto a tempo parziale deve risultare da atto
scritto, nel quale deve essere indicata la durata della prestazione lavorativa,
l’articolazione oraria, il trattamento economico e normativo (secondo criteri di proporzionalità all’entità della prestazione lavorativa). Restano ferme
eventuali condizioni di miglior favore in atto, anche aziendali.
Inoltre, per l’INDUSTRIA ALIMENTARE espressamente si prevede
anche che il rapporto a tempo parziale sia disciplinato secondo il principio
della volontarietà e del consenso dell’azienda e del lavoratore. A tal fine le
parti possono incontrarsi a livello aziendale per valutarne l’applicazione.
CREDITO:
Ai rapporti di lavoro a tempo parziale si applicano le norme del contratto
collettivo nazionale di lavoro, con gli adattamenti obiettivamente richiesti
dalla specialità del rapporto.
Le Parti riconoscono che il contratto di lavoro a tempo parziale costituisce
un valido strumento, del quale auspicano la generalizzata applicazione ed
il significativo sviluppo nel settore del credito, per favorire l’occupazione e
la flessibilità del lavoro, anche sotto un profilo sociale.
L’azienda, in presenza di proprie esigenze tecniche, organizzative e produttive, può accogliere domande di prestazioni a tempo parziale presentate dai dipendenti in servizio o assumere lavoratori/lavoratrici a tempo
parziale. La stessa deve comunicare agli organismi sindacali aziendali le
posizioni di lavoro che, in relazione alle proprie esigenze, sono escluse
dal rapporto a tempo parziale, e deve rinnovare annualmente l’informativa in caso di variazioni.
La prestazione di lavoro a tempo parziale non può costituire elemento di
discriminazione ad alcun fine del rapporto di lavoro ed in particolare ai
fini del giudizio e dello sviluppo professionale e degli automatismi.
ELETTRICO:
Il rapporto di lavoro a tempo parziale può determinarsi, in posizioni compatibili con l’istituto, o mediante assunzione o per effetto della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno.
110
TURISMO:
Al rapporto a tempo parziale è applicabile la disciplina prevista dal presente contratto per i lavoratori a tempo pieno, in quanto compatibile con
la natura del rapporto.
L’instaurazione del rapporto a tempo parziale deve risultare da atto scritto,
nel quale deve essere indicata la durata della prestazione lavorativa, l’articolazione oraria, il trattamento economico e normativo (secondo criteri di
proporzionalità all’entità della prestazione lavorativa).
Restano ferme eventuali condizioni di miglior favore in atto, anche aziendali.
Le Parti si impegnano espressamente a considerare gli specifici problemi
del rapporto di lavoro a tempo parziale rispetto all’obiettivo della maturazione del diritto alla pensione.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
L’instaurazione del rapporto a tempo parziale deve risultare da atto scritto,
nel quale deve essere indicata la durata della prestazione lavorativa, l’articolazione oraria, il trattamento economico e normativo.
ASSICURAZIONI:
Il lavoro a tempo parziale viene regolamentato a livello aziendale, in
attuazione di quanto previsto dalle norme di legge vigenti e dal disposto del
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (art. 55), e nel rispetto dei principi di seguito indicati.
È in ogni caso necessario che il personale amministrativo che intenda fruire del part-time abbia almeno due anni di anzianità di servizio.
In ogni caso, l’impiego a tempo parziale non può costituire fattore di
dequalificazione e di ostacolo allo sviluppo della carriera; pertanto, al
prestatore d’opera a tempo parziale si applicano, a tal fine, gli stessi parametri di permanenza alle varie classi previste per tutti i lavoratori.
Sono espressamente esclusi dalla fruizione del part-time i funzionari.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Le parti firmatarie ritengono che il lavoro a tempo parziale costituisca uno
strumento funzionale alla flessibilità e all’articolazione della prestazione di
lavoro, in quanto applicato in rapporto alle esigenze dell’impresa e all’interesse del lavoratore e amministrato secondo criteri di proporzionalità
diretta di tutti gli istituti normativi ed economici, se compatibili con le
sue particolari caratteristiche.
111
Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere stipulato per iscritto. In
esso devono essere indicati, in particolare -fra l’altro- l’orario di lavoro e la
sua distribuzione anche articolata nell’arco dell’anno.
INDUSTRIA TESSILE:
Le parti riconoscono che il lavoro a tempo parziale - intendendosi per tale
il rapporto ad orario ridotto rispetto a quello stabilito dal CCNL - può costituire uno strumento funzionale alla flessibilità e articolazione della prestazione lavorativa, in quanto sia applicato in rapporto alle esigenze delle
aziende e del lavoratore.
A tal fine convengono che con cadenza annuale il datore di lavoro deve
informare la RSU sull’andamento delle assunzioni a tempo parziale e la relativa tipologia, ed è tenuto ad esaminare il ricorso al lavoro supplementare.
Il contratto di lavoro a tempo parziale o la trasformazione del rapporto da
tempo pieno a tempo parziale deve essere stipulato per iscritto. In esso
devono essere indicate le mansioni, l’orario di lavoro e la sua distribuzione
anche articolata nel corso dell’anno, nonché gli altri elementi previsti dal
CCNL per il rapporto a tempo pieno.
FERROVIE:
Al personale che opta per il rapporto di lavoro a tempo parziale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di legge e contrattuali dettate per
il lavoro a tempo pieno.
La individuazione dei posti da porre a part-time e la loro tipologia sono
oggetto di contrattazione a livello periferico, in ogni caso nei limiti del 10%
della forza lavoro della Unità produttiva interessata.
In ogni caso l’accoglimento delle domande non dovrà pregiudicare i livelli di produzione.
Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere stipulato per iscritto e
deve riportare la durata, la distribuzione dell’orario, l’unità operativa di
assegnazione e le mansioni del lavoratore.
Il contratto stipulato deve essere convalidato dall’Ufficio Provinciale del
Lavoro della giurisdizione territoriale e successivamente inviato al competente Ispettorato Provinciale del Lavoro.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Il contratto di lavoro part-time deve stipularsi per iscritto; in esso devono
essere indicate, in particolare, la distribuzione dell’orario con riferimento
al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
112
Copia del contratto deve essere inviata entro 30 giorni al competente
Ispettorato provinciale.
All’atto della stipulazione del contratto le imprese informano il lavoratore
sugli eventuali riflessi in materia previdenziale e di assegno per il nucleo
familiare derivanti dall’instaurazione del rapporto di lavoro part-time.
I programmi relativi all’instaurazione di rapporti di lavoro part-time di tipo
verticale con prestazione lavorativa, giornaliera o articolata in turni, concentrata nelle giornate di sabato e domenica, devono formare oggetto d’esame tra Direzione aziendale e RSU.
Per tutto quanto non espressamente disciplinato, devono considerarsi
applicabili, in quanto compatibili con la natura del rapporto part-time, le
norme e gli istituti del CCNL nonché degli accordi aziendali, secondo criteri di proporzionalità.
113
PART-TIME E ORARIO DI LAVORO
COMMERCIO:
Le eventuali modifiche dell’articolazione concordata dell’orario devono
corrispondere alla reale volontà delle parti (art. 44)
La durata della prestazione non può essere inferiore ai seguenti limiti:
a) 16 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario settimanale (perciò limite minimo 16 ore);
b) 64 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario mensile;
c) 532 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario annuale.
Tuttavia, possono essere instaurati contratti di lavoro a tempo parziale della
durata di 8 ore settimanali per la giornata di sabato, cui possono accedere
studenti e/o lavoratori occupati a tempo parziale e indeterminato presso
altro datore di lavoro. Diverse modalità relative alla collocazione della giornata di lavoro possono essere definite previo accordo aziendale, ovvero
previo parere vincolante di conformità dell’Ente Bilaterale Territoriale.
La prestazione lavorativa giornaliera fino a 4 ore non può essere frazionata nell’arco della giornata.
CREDITO:
Le prestazioni del personale ad orario parziale debbono essere, di norma,
contenute nei limiti di durata fissati nel contratto collettivo nazionale di
lavoro, ed il loro monte-ore varia a seconda della categoria ed area professionale di appartenenza.
Rotazioni:
I lavoratori/lavoratrici inquadrati nella 3ª area professionale e nella 2ª area
professionale, 3° livello retributivo (esclusi gli addetti a mansioni operaie)
a tempo parziale possono richiedere alla Direzione aziendale competente,
dopo 3 anni di adibizione con orario ridotto alle medesime mansioni, di
essere utilizzati in altre mansioni di propria pertinenza per le quali siano
già in atto prestazioni di lavoro a tempo parziale. La Direzione aziendale
valuterà la richiesta in relazione ai casi specifici.
ELETTRICO:
Le prestazioni a tempo parziale possono essere organizzate anche su turni
collocati in fasce orarie predeterminate e programmate secondo le articolazioni orarie in atto nel settore aziendale di appartenenza. Le parti si
114
danno atto che le prestazioni a tempo parziale organizzate a turni secondo
le modalità di cui al precedente periodo non configurano una fattispecie
di clausole elastiche disciplinata dall’art. 3, comma 7, D.lgs. 25.2.00 n. 61
e successive modificazioni e integrazioni.
Fermo restando quanto sopra, ai sensi del citato art. 3, commi 7 e 8, D.lgs.
n. 61/00, e successive modificazioni e integrazioni, l’azienda ha facoltà di
variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa di singoli
dipendenti a tempo parziale in presenza di eventi non programmabili e/o
eccezionali, dandone preavviso ai lavoratori interessati, di norma, una settimana prima; tale termine di preavviso non può, comunque, essere inferiore a 72 ore.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
Tale istituto non è specificamente regolamentato a livello nazionale.
TURISMO:
Le eventuali modifiche dell’articolazione concordata dell’orario devono
corrispondere alla reale volontà delle parti.
La durata della prestazione non può essere inferiore ai seguenti limiti:
a) da 15 a 28 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario settimanale;
b) da 64 a 124 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario mensile;
c) da 600 a 1352 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario
annuale.
La contrattazione integrativa può stabilire limiti massimi superiori e limiti
minimi inferiori rispetto a quelli sopra indicati.
La recentissima ipotesi di accordo di rinnovo redatta lo scorso luglio
2003 prevede, inoltre, che il personale a tempo parziale possa essere
impiegato anche in attività con sistemi di lavorazione a turno, con le modalità stabilite dalla contrattazione di secondo livello. Infatti, in relazione alle
caratteristiche peculiari del settore turismo, a livello aziendale o territoriale possono essere concordate modalità di programmazione flessibile dell’orario di lavoro che si concretano nella possibilità di turni variabili in
ordine alla collocazione temporale delle prestazioni lavorative, nonché
identificare eventuali inferiori limiti minimi o superiori limiti massimi nell’ambito di un equilibrato assetto organizzativo.
Infine, l’indicata ipotesi di accordo di rinnovo stabilisce poi che la contrattazione integrativa debba fissare il numero massimo di ore di lavoro
115
supplementare effettuabili in ragione di anno. In assenza di tale determinazione, e pur sempre in presenza di specifiche esigenze organizzative, è
comunque consentito il ricorso al lavoro supplementare sino ad un limite
massimo di 180 ore annue, salvo comprovati impedimenti.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
La prestazione individuale, determinata consensualmente fra le parti, non
può essere inferiore, in ragione di anno, a 900 ore o superiore a 1.300
ore.
A fronte di particolari esigenze di carattere organizzativo e/o commerciale,
le predette prestazioni possono essere ridotte ovvero ampliate nell’ambito del II livello di contrattazione e sempre su base consensuale.
ASSICURAZIONI:
L’orario di lavoro a tempo parziale è completamente rimesso alla contrattazione integrativa aziendale.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Possono essere stipulati contratti di lavoro a tempo parziale con superamento dell’orario legale giornaliero, ma inferiore a quello contrattuale settimanale, al fine di consentire una maggiore utilizzazione degli impianti.
INDUSTRIA TESSILE:
Tale istituto non è specificamente regolamentato a livello nazionale.
FERROVIE:
La prestazione di lavoro in regime di tempo parziale dovrà essere pari alla
metà o ai 2/3 di quella resa in regime di tempo pieno.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Fatti salvi giustificati motivi di impedimento del singolo lavoratore, ragioni
tecnico-organizzative e di mercato possono comportare l’effettuazione di
un orario flessibile che realizzi l’orario normale concordato come media
su un arco di più settimane.
116
LIMITE – PERCENTUALE DI RAPPORTI A TEMPO PARZIALE
COMMERCIO - INDUSTRIA ALIMENTARE – TURISMO - INDUSTRIA
CHIMICO-FARMACEUTICA - ELETTRICO:
Il limite-percentuale non è specificamente indicato nella contrattazione di
livello nazionale.
CREDITO:
Il numero dei rapporti a tempo parziale non può superare la percentuale del
20% del personale in servizio a tempo pieno per i passaggi a tempo parziale
dello stesso personale in servizio; e del 10% del complesso del personale in
servizio destinatario del CCNL per le assunzioni dall’esterno. Fermo quant’altro previsto nel presente articolo, fra l’azienda e gli organismi sindacali
aziendali possono intervenire intese sui seguenti aspetti, in presenza di richieste del personale e di esigenze aziendali, ovvero in presenza di tensioni occupazionali ai sensi di quanto stabilito al riguardo dal presente CCNL:
– superamento delle percentuali massime stabilite in sede nazionale per il
ricorso a rapporti a tempo parziale;
– fissazione della durata settimanale dell’orario di lavoro del personale a
tempo parziale in misura inferiore o superiore a quelle indicate;
– ulteriori specifiche esigenze organizzative per l’effettuazione di prestazioni supplementari.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Il numero dei rapporti a tempo parziale non può superare su base regionale complessivamente il 10% del personale a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato in forza al 31 dicembre dell’anno precedente a
quello di riferimento.
La predetta aliquota può essere incrementata entro il limite massimo di
un ulteriore 5% nell’ambito del II livello di contrattazione.
ASSICURAZIONI:
Le richieste di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale sono accolte entro un limite-percentuale specificamente
indicato dalla contrattazione aziendale.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
L’azienda, fino al limite del 2% del personale in forza a tempo pieno, deve
valutare positivamente, in funzione della fungibilità del lavoratore interes-
117
sato, la richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale nei seguenti casi:
– necessità di assistere genitori, coniuge o convivente, figli e altri familiari
conviventi senza alcuna possibilità alternativa di assistenza, gravemente
ammalati o portatori di handicap o che accedano a programmi terapeutici
e di riabilitazione per tossicodipendenti;
– necessità di accudire i figli sino al compimento dei 7 anni.
Nel caso di valutazione negativa da parte dell’azienda in relazione alla
infungibilità o allo scostamento dalla suddetta percentuale, deve essere
svolto un confronto con la RSU per individuare un’idonea soluzione.
Nelle ipotesi che non rientrano nei casi precedentemente indicati e fino
al limite massimo complessivo del 4% del personale in forza a tempo
pieno, l’azienda valuta l’accoglimento della richiesta del lavoratore di avvalersi del part-time tenuto conto delle esigenze tecnico-organizzative.
L’azienda, su richiesta della RSU, deve informare la medesima sui motivi
del diniego della richiesta avanzata dal lavoratore.
INDUSTRIA TESSILE:
Ove non osti l’infungibilità delle mansioni svolte, le aziende sono tenute ad
accogliere le richieste per l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo parziale entro il limite complessivo dell’8% del personale in forza a tempo
indeterminato. In particolare le aziende, entro il limite complessivo dell’8%,
devono accogliere le domande di trasformazione del rapporto di lavoro, da
tempo pieno a tempo parziale, motivate da gravi e comprovati problemi di
salute del richiedente, ovvero da necessità di assistenza del coniuge o dei
parenti di 1° grado per malattia che richieda assistenza continua, adeguatamente comprovata, nonché, ove non osti l’infungibilità delle mansioni svolte, per favorire la frequenza di corsi di formazione continua, correlati all’attività aziendale e per la durata degli stessi. Qualora oggettivi ostacoli di carattere organizzativo impediscano l’accoglimento delle richieste di lavoro a
tempo parziale, deve essere condotto a livello aziendale un esame congiunto tra le parti interessate per individuare idonee soluzioni, fra cui può rientrare il ricorso a particolari strumenti del mercato del lavoro, anche al fine di
superare l’ostacolo dell’infungibilità delle mansioni.
FERROVIE:
Le domande per il passaggio del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale sono accolte nella misura di almeno il 20% delle domande stesse, e comunque non oltre il 10% della forza lavoro della Unità
produttiva interessata.
118
TIPOLOGIE DI PART-TIME
COMMERCIO - INDUSTRIA ALIMENTARE – TURISMO:
Il lavoro a tempo parziale può essere orizzontale o verticale, nell’ambito
della giornata, della settimana, del mese o dell’anno (perciò non misto).
CREDITO:
Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere orizzontale, verticale o
misto, e può essere concordato, tra l’azienda ed il lavoratore/lavoratrice, a
tempo indeterminato ovvero a termine.
ELETTRICO:
Il lavoro a tempo parziale può essere orizzontale, verticale o misto.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Il lavoro a tempo parziale può essere orizzontale, verticale o misto, nell’ambito della giornata, della settimana, del mese o dell’anno.
ASSICURAZIONI:
L’individuazione delle tipologie di part-time utilizzabili è rinviata alla contrattazione integrativa aziendale.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Il lavoro ad orario ridotto potrà svilupparsi su base giornaliera, settimanale,
mensile ed annuale.
In caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, lo stesso può anche avere durata predeterminata che, di norma, non può essere inferiore a 6 mesi e superiore a
24 mesi. La relativa comunicazione all’interessato deve essere fornita entro
45 giorni dalla richiesta.
INDUSTRIA TESSILE:
Il lavoro a tempo parziale può essere di tipo orizzontale, verticale o misto
(quando si realizza secondo una combinazione di tali modalità, che contempli giornate o periodi a tempo pieno alternati a giornate o periodi ad
orario ridotto o di non lavoro, specificamente indicati nella lettera d’assunzione ovvero nell’atto di trasformazione del rapporto da tempo pieno a
tempo parziale).
119
FERROVIE:
Il tempo parziale può essere orizzontale o verticale; in relazione a quest’ultima tipologia si sancisce che la prestazione lavorativa può essere articolata su alcuni giorni della settimana, del mese od in determinati periodi
nell’arco dell’anno, in ogni caso in misura tale da rispettare la media della
durata del lavoro settimanale, prevista per il tempo parziale, nell’arco temporale preso in considerazione (settimana, mese od anno).
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Il tempo parziale può essere orizzontale o verticale.
120
PART-TIME E CRITERI DI PRIORITÀ
nell’instaurazione/trasformazione del rapporto e
REVERSIBILITÀ
COMMERCIO:
A) In caso di nuove assunzioni a tempo parziale con orario di lavoro settimanale pari a 16 ore, i lavoratori già in forza occupati nello stesso profilo professionale, con orario tra 12 e 15 ore, hanno priorità di accesso nella posizione.
B) I genitori di portatori di handicap grave che richiedono il passaggio a
tempo parziale hanno diritto di precedenza rispetto agli altri lavoratori.
L’instaurazione/trasformazione del rapporto a tempo parziale si fonda sul
principio della volontarietà di entrambe le parti.
La reversibilità della prestazione da tempo parziale a tempo pieno avviene:
– quando sia compatibile con le mansioni svolte e/o da svolgere;
– quando lo richiedano esigenze aziendali;
– quando la trasformazione corrisponda alla reale volontà delle parti
(le condizioni sono cumulative, perciò la disciplina sembra più funzionale alle esigenze dell’azienda).
CREDITO:
Come anticipato, l’azienda, in presenza di proprie esigenze tecniche, organizzative e produttive, può accogliere domande di prestazioni a tempo
parziale presentate dai dipendenti in servizio o assumere lavoratori/lavoratrici a tempo parziale.
Essa - purché ciò risulti compatibile con le proprie esigenze – deve accogliere prioritariamente le domande di quei lavoratori/lavoratrici in servizio
con l’inquadramento necessario che, appartenendo all’unità produttiva in
cui si è manifestata l’esigenza, siano riconosciuti idonei a svolgere le mansioni per le quali la stessa si è determinata; ove ciò non avvenga, l’interessato può chiedere all’azienda che gli vengano forniti chiarimenti.
Le aziende sono tenute a favorire - ai fini della precedenza nell’accoglimento - le domande avanzate da lavoratori/lavoratrici che abbiano comprovati motivi personali o familiari di rilevante gravità. Alla scadenza del
termine eventualmente convenuto per il rapporto a tempo parziale, il lavoratore/lavoratrice interessato viene assegnato - all’atto della trasformazione
del rapporto a tempo pieno - alla stessa unità produttiva.
L’azienda accoglierà, compatibilmente con le proprie esigenze organizzative e produttive, le richieste del lavoratore/lavoratrice di ripristino del rap-
121
porto a tempo pieno prima della scadenza concordata, tenendo anche
conto dell’eventuale disponibilità al trasferimento manifestata dall’interessato.
Comunque, ove la richiesta avanzata non trovi accoglimento entro tre
mesi dalla relativa presentazione, il lavoratore/lavoratrice - sempreché la
prestazione a tempo parziale abbia superato i due anni - può chiedere alla
Direzione che gli vengano forniti motivati chiarimenti.
Nell’eventualità che l’azienda - tenendo anche conto della manifestata disponibilità del lavoratore/lavoratrice ad un eventuale trasferimento, da
intendersi effettuato a sua richiesta - ritenga la domanda accoglibile,
comunicherà all’interessato tempi e condizioni per il ripristino del suo rapporto a tempo pieno.
Comunque, le aziende considereranno l’opportunità di accogliere le
richieste di rientro a lavoro a tempo pieno, avanzate dai lavoratori/lavoratrici a tempo parziale, prioritariamente rispetto all’adibizione di altro lavoratore/lavoratrice a tempo pieno alle stesse mansioni svolte dal lavoratore/lavoratrice a tempo parziale e nella stessa unità produttiva.
ELETTRICO:
Fatte salve le esigenze tecnico-organizzative, l’azienda valuterà l’accoglimento di richieste per la trasformazione di rapporti di lavoro a tempo parziale.
In caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, lo stesso può anche avere durata predeterminata che, di norma, non può essere inferiore a 6 mesi e superiore a 24
mesi.
Ai sensi del D.lgs. 25.2.00 n. 61, e successive modifiche e integrazioni, le
aziende, in caso di assunzioni a tempo pieno riconosceranno - secondo
quanto disposto dalla legge - il diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale e informeranno le RSU sull’andamento delle
assunzioni a tempo parziale, sulla relativa tipologia, e sul ricorso al lavoro
supplementare.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
L’instaurazione/trasformazione del rapporto a tempo parziale si fonda sul
principio della volontarietà di entrambe le parti.
Le istanze di reversibilità del contratto sono valutate dall’azienda in relazione alle esigenze aziendali e del lavoratore, e purché essa sia compatibile con le mansioni svolte e/o da svolgere.
122
TURISMO:
L’instaurazione/trasformazione del rapporto a tempo parziale si fonda sul
principio della volontarietà di entrambe le parti.
I lavoratori già in forza nell’azienda con contratto a tempo pieno hanno
priorità nella trasformazione del rapporto in part-time, e viceversa, nell’ipotesi di nuove assunzioni per le stesse mansioni.
La reversibilità della prestazione da tempo parziale a tempo pieno avviene
alle seguenti condizioni:
– quando sia compatibile con le mansioni svolte e/o da svolgere;
– quando lo richiedano esigenze aziendali;
– quando la trasformazione corrisponda alla reale volontà delle parti.
La recentissima ipotesi di accordo di rinnovo predisposta dalle parti lo
scorso luglio 2003 prevede che i lavoratori il cui rapporto è temporaneamente trasformato in part-time possano essere sostituiti con altri assunti
con contratto a tempo determinato.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Il ricorso al lavoro a tempo parziale, mediante assunzioni dall’esterno o trasformazione consensuale del rapporto a tempo pieno, avviene nel rispetto
di quanto previsto dal D. lgs. 61/2000 e compatibilmente con le esigenze
della Società connesse alla funzionalità dei servizi.
In caso di assunzione di personale a tempo pieno la Società darà precedenza al personale a part-time già impegnato in precedenza a tempo pieno
e, in subordine, a quello assunto a tempo indeterminato part-time, sempre
che ne abbia fatto richiesta e/o ricopra posizioni di identico o equivalente
contenuto professionale.
Per quanto concerne le trasformazioni da tempo pieno a tempo parziale
la Società favorisce, ai fini della precedenza nell’accoglimento, e compatibilmente con le proprie esigenze organizzative e produttive, le domande
avanzate dai lavoratori per gravi motivi personali o familiari (es. dipendenti portatori di handicap, o aventi figli in tale stato oppure di età inferiore a
8 anni, nonché lavoratori-studenti).
La trasformazione del rapporto da full-time in part-time può avvenire a
tempo indeterminato oppure a tempo determinato ma per una durata non
inferiore a 12 MESI; in tale ipotesi il rapporto si intende prorogato tacitamente per la stessa durata se non perviene disdetta da una delle parti almeno 60 giorni prima della data di scadenza.
Eventuali richieste di parte di part-timers di tornare a tempo pieno prima
della scadenza del termine devono essere motivate da gravi e comprovate
123
ragioni di carattere personale o familiare, e sono comunque prese in considerazione dalla società soltanto compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive.
In caso di disdetta, il lavoratore a part-time torna a svolgere il lavoro a
tempo pieno in posizione di identico o equivalente contenuto professionale nell’ambito dell’area di inquadramento di appartenenza. Per contro, in
caso di disdetta da parte della Società, la stessa deve valutare, compatibilmente con le esigenze organizzative e produttive ed a fronte di comprovate necessità del lavoratore, la possibile permanenza dell’interessato in regime di orario ridotto, anche attraverso l’eventuale sua assegnazione ad altra
unità produttiva.
ASSICURAZIONI:
La concessione dell’orario di lavoro a tempo parziale è subordinata alla presenza delle seguenti esigenze:
1) necessità di assistere i genitori, il coniuge, i figli, altri familiari o conviventi gravemente ammalati o handicappati;
2) necessità di accudire i figli di età inferiore ai 10 anni;
3) fondati motivi di salute e personali.
In via subordinata saranno esaminate richieste di lavoro a tempo parziale
anche per titoli diversi dai primi tre.
Coloro che hanno già usufruito, in parte o totalmente, del periodo di orario di lavoro ridotto, non possono, di norma, richiederlo nuovamente, a
meno che sussistano i requisiti sopra indicati, e sempreché non vi siano
richieste di altri dipendenti.
L’accoglimento delle richieste è comunque subordinato alla compatibilità
con le esigenze tecniche ed organizzative dell’Agenzia Generale che sono
valutate avuto riguardo anche alle mansioni svolte dai richiedenti.
Come anticipato, per quanto attiene le richieste di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, esse sono accolte entro
un limite-percentuale specificamente indicato dalla contrattazione aziendale. In caso di accoglimento della richiesta, resta ferma la facoltà da parte
dell’Agente Generale di assegnare il lavoratore a diverse unità produttive
e/o a diverse mansioni, pur equivalenti, sia al momento dell’accesso al
tempo parziale, sia al momento dell’eventuale rientro a tempo pieno.
La durata del rapporto a tempo parziale viene definita all’atto della presentazione della richiesta ma non può essere inferiore ad un anno né superiore a quanto indicato in sede di contrattazione aziendale.
È possibile la proroga del lavoro a tempo parziale con preavviso di tre mesi
124
rispetto all’originaria scadenza, purché permangano le esigenze in forza
delle quali era stato originariamente concesso.
Eventuali richieste per il ritorno anticipato al rapporto di lavoro a tempo
pieno dovranno essere avanzate con preavviso di almeno tre mesi. Il rientro a tempo pieno avrà luogo entro il periodo di preavviso stesso, purché sia
trascorso almeno un anno dall’inizio del lavoro a tempo parziale.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
In caso di assunzione di personale a tempo pieno è riconosciuto il diritto
di precedenza nei confronti dei lavoratori con contratto a tempo parziale,
a parità di mansioni, fatte salve le esigenze tecnico-organizzative.
Nei casi di nuove assunzioni a tempo parziale con contratto di lavoro a
tempo indeterminato, il datore di lavoro potrà effettuare variazioni della
sola dislocazione temporale dell’orario di lavoro già definito acquisendo, di
volta in volta e in forma scritta, il consenso del lavoratore con congruo
preavviso.
INDUSTRIA TESSILE:
L’instaurazione del rapporto a tempo parziale deve avvenire con il consenso dell’azienda e del lavoratore; tale requisito è necessario anche per
il passaggio dal rapporto a tempo parziale a quello a tempo pieno e viceversa. Il rapporto a tempo parziale può riguardare sia lavoratori già in forza
che nuovi assunti.
Nel caso di passaggio dal tempo pieno al tempo parziale possono essere
concordate tra le parti le possibilità e le condizioni per l’eventuale rientro
al tempo pieno.
La trasformazione può anche essere pattuita per una durata determinata.
L’azienda deve dare priorità, nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale o viceversa, ai lavoratori già in forza che ne abbiano fatta richiesta
rispetto ad eventuali nuove assunzioni per le stesse mansioni. A tal fine
deve comunicare al personale in forza la sua intenzione di procedere all’assunzione di personale a tempo parziale.
FERROVIE:
Il personale di tutti i settori e profili professionali che abbia superato il
periodo di prova e conseguite le abilitazioni obbligatorie può chiedere la
trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Il personale che opti per il tempo parziale sarà tenuto a rendere la prestazione lavorativa ridotta nell’orario concordato in relazione alle esigenze
125
a)
b)
c)
d)
e)
f)
dell’Unità produttiva e non avrà diritto al trattamento di buono pasto. Il
diritto al buono pasto, invece, spetta, in caso di part-time verticale, nei giorni in cui c’è prestazione di servizio per l’intera giornata, secondo la normativa vigente per i diversi settori/attività.
L’accoglimento delle domande avverrà tenendo anche conto dei seguenti
criteri di preferenza:
dipendente che deve seguire terapie mediche a carattere continuativo
oppure terapie di recupero per tossicodipendenza e/o etilismo;
dipendente che deve assistere il coniuge ovvero ascendente o discendente
sino sl 2° grado oppure altro familiare (per quest’ultimo purchè convivente) che sia portatore di handicap ovvero tossicodipendente;
dipendente che deve assistere per grave malattia o infermità il coniuge
ovvero ascendente o discendente sino al 2° grado oppure altro familiare
(per quest’ultimo purché convivente);
dipendente genitore con bambini compresi tra 0/13 anni, con riferimento
al numero dei figli compresi nella stessa fascia di età, dando priorità al genitore unico;
motivi di studio;
attività di volontariato sociale, debitamente documentata.
In caso di parità di condizioni, si farà riferimento all’anzianità di servizio.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale potrà avere durata illimitata o essere
circoscritto ad un periodo di tempo definito, comunque non inferiore al
limite di tre mesi; eventuali rinnovi potranno essere accordati compatibilmente con le esigenze di servizio. Il ripristino del rapporto di lavoro a
tempo pieno, su richiesta del dipendente, sarà accolto in ogni caso, ripristinando la precedente sede ed utilizzazione.
Nel caso di part-time a durata illimitata, la domanda di ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno dovrà essere presentata alla Società almeno
due mesi prima della data richiesta per il rientro.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time deve
avvenire con l’accordo delle parti, risultante da atto scritto convalidato
dall’Ufficio provinciale del lavoro sentito il lavoratore interessato.
Analogamente, il passaggio da part-time a tempo pieno dovrà avvenire con
il consenso delle parti.
All’atto della trasformazione le parti contraenti possono concordare la possibilità e le condizioni per l’eventuale ripristino del rapporto di lavoro a
tempo pieno.
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PART-TIME E CLAUSOLE ELASTICHE
COMMERCIO - INDUSTRIA ALIMENTARE – ASSICURAZIONI – FERROVIE - INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Tali clausole non sono previste nella contrattazione nazionale.
ELETTRICO:
Ai sensi dell’art. 3, commi 7 e 8, D.lgs. n. 61/00, e successive modificazioni e integrazioni, l’azienda ha facoltà di variare la collocazione temporale
della prestazione lavorativa di singoli dipendenti a tempo parziale in presenza di eventi non programmabili e/o eccezionali, dandone preavviso ai
lavoratori interessati, di norma, una settimana prima; tale termine di preavviso non può, comunque, essere inferiore a 72 ore.
Le ore di lavoro prestate in applicazione di tale disposizione sono compensate con una maggiorazione pari al 20% della retribuzione oraria.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Una diversa collocazione temporale della prestazione lavorativa rispetto a
quella concordata è possibile soltanto per accordo scritto tra lavoratore e
Società a fronte di esigenze organizzative e produttive. La predetta variazione avviene, su base consensuale, con preavviso di almeno 10 giorni
rispetto all’inizio della variazione medesima e indicazione della durata
complessiva durante la quale il lavoratore avrà diritto ad una maggiorazione pari al 10% della retribuzione oraria globale di fatto.
Decorsi 5 mesi dalla stipulazione del predetto accordo, introduttivo di
clausole elastiche, il lavoratore può darvi disdetta dandone alla Società
preavviso di un mese, quando ricorrano le seguenti documentate ragioni:
a) esigenze di carattere familiare;
b) esigenze di tutela della salute certificata dal competente servizio sanitario
pubblico;
c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma;
d) necessità di frequentare corsi di studio e/o di formazione per il tempo
necessario a soddisfare tali esigenze.
Nel caso di oggettiva impossibilità, nelle fattispecie di cui alle precedenti
lett. a) e b), il predetto periodo di preavviso potrà essere ridotto.
Resta in ogni caso salva la possibilità, per il datore di lavoro e per il lavoratore, di stipulare nuovi patti contenenti clausole elastiche.
127
INDUSTRIA METALMECCANICA:
La disponibilità alla variabilità temporale dell’orario di lavoro part-time
deve essere inserita nella lettera di assunzione relativa al contratto di lavoro a tempo indeterminato ed espressamente accettata dal lavoratore. In
ogni caso il lavoratore ha diritto di optare per una distribuzione d’orario
non flessibile, fatto salvo un congruo preavviso al datore di lavoro.
In predeterminate aree territoriali tale clausola di variabilità si applica
anche ai contratti di lavoro part-time a tempo determinato.
INDUSTRIA TESSILE:
Su accordo scritto tra lavoratore e azienda potrà essere concordato lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale secondo modalità elastiche, che consentano la variabilità della collocazione della prestazione
lavorativa, anche determinando il passaggio da un part-time orizzontale a
verticale o viceversa, ovvero ad un sistema misto.
L’esercizio, da parte del datore di lavoro, del potere di variare la collocazione della prestazione lavorativa, comporta un preavviso, a favore del
lavoratore, non inferiore a 10 giorni di calendario. Per le sole ore prestate
a seguito dell’esercizio di tale potere da parte del datore di lavoro, al di
fuori degli orari o degli schemi concordati nell’atto di instaurazione del
rapporto a tempo parziale, ovvero di trasformazione del rapporto da tempo
pieno a tempo parziale, ovvero di modifica degli stessi, compete al lavoratore la maggiorazione del 10% comprensiva dell’incidenza degli istituti
retributivi contrattuali e legali, indiretti e differiti.
Decorsi 5 mesi dalla stipulazione dell’accordo che introduce clausole elastiche, il lavoratore può darvi disdetta dandone al datore di lavoro un preavviso di 1 mese, quando ricorrano le seguenti documentate ragioni:
a) esigenze di carattere familiare;
b) esigenze di tutela della salute certificata dal competente Servizio sanitario
pubblico;
c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma;
d) necessità di frequentare corsi di studio e/o di formazione attinenti all’attività lavorativa svolta, per il tempo necessario a soddisfare tali esigenze.
In alternativa alla disdetta, il datore di lavoro e il lavoratore potranno concordare di sospendere l’efficacia delle clausole elastiche per tutto il periodo durante il quale sussistono le cause indicate.
Resta in ogni caso salva la possibilità, per il datore di lavoro e il lavoratore,
di stipulare nuovi patti contenenti clausole elastiche.
128
SOSTITUZIONE DEI LAVORATORI A PART-TIME
INDUSTRIA ALIMENTARE - POSTE ITALIANE s.p.a. - ASSICURAZIONI
- FERROVIE - INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA - CREDITO:
L’istituto non è previsto in sede nazionale.
COMMERCIO:
È espressamente prevista l’ipotesi di sostituzione dei lavoratori a part-time
con lavoratori assunti con contratto a termine di durata pari al periodo di
part-time nell’ipotesi di post-maternità, ed in tal caso persino superando le
percentuali e la durata previste dal contratto in esame per le assunzioni a
termine (lex 53/2000).
TURISMO:
Nel caso di trasformazione temporanea di un rapporto da tempo pieno a
tempo parziale, è espressamente prevista l’ipotesi di sostituzione del lavoratore a part-time con altro lavoratore assunto con contratto a termine a
tempo parziale, per far fronte alle conseguenti esigenze organizzative dell’azienda.
ELETTRICO:
Come anticipato, in caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo
pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, lo stesso può anche avere
durata predeterminata che, di norma, non può essere inferiore a 6 mesi e
superiore a 24 mesi.
In tale ipotesi è consentita l’assunzione di personale con contratto a
tempo determinato per completare il normale orario di lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale, fino a quando l’interessato osserverà il
tempo di lavoro parziale. Tale personale non viene computato nella percentuale di limite complessivo relativa al contratto a tempo determinato.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Quando il contratto a tempo parziale ha durata predeterminata che, come
anticipato, non può essere di norma inferiore a 6 mesi e superiore a 24
mesi, è consentita l’assunzione di personale con contratto a tempo
determinato per completare il normale orario di lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale, fino a quando l’interessato è impiegato a
tempo parziale.
129
INDUSTRIA TESSILE:
Qualora il rapporto di lavoro a part-time sia a tempo determinato, con
durata ricompresa tra i 4 e i 24 mesi, è consentita l’assunzione di personale a tempo determinato per completare il normale orario di lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale, fino al termine del periodo di svolgimento dell’orario a tempo parziale.
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PART-TIME E CRITERIO DEL “PRO RATA TEMPORIS”
COMMERCIO:
Trattamento economico e normativo (art. 46):
Il riproporzionamento del trattamento economico e normativo del lavoratore assunto a tempo parziale si determina sulla base del rapporto fra orario settimanale o mensile ridotto ed il corrispondente orario intero previsto
dal contratto in esame.
Periodo di comporto e permessi retribuiti (artt. 46, 50):
Lo stesso criterio di proporzionalità viene adottato anche per quanto
riguarda il periodo di comporto, ed il numero di ore annuo di permessi
retribuiti spettanti al part-timers.
Ferie (art. 51):
- al part-time orizzontale non si applica il criterio del riproporzionamento:
I lavoratori a tempo parziale hanno diritto ad un periodo di ferie annuali
pari a 26 giorni lavorativi, atteso che la settimana lavorativa, quale che sia
la distribuzione dell’orario di lavoro settimanale, è comunque considerata
di sei giorni lavorativi, dal lunedì al sabato, agli effetti del computo delle
ferie. La retribuzione relativa va commisurata alla prestazione di lavoro
ordinario riferita al periodo di maturazione delle ferie.
- al part-time verticale si applica il criterio del riproporzionamento:
Nel solo caso di prestazione lavorativa configurata come alternanza di mesi
lavorati a tempo pieno con altri non lavorati, in alternativa a quanto previsto al comma precedente, il periodo di ferie sarà calcolato proporzionalmente in relazione ai mesi lavorati nel periodo di maturazione, con corresponsione della retribuzione intera.
Preavviso (art. 56):
- il criterio del riproporzionamento non si applica al preavviso:
I termini di preavviso per i lavoratori occupati a tempo parziale hanno la
stessa durata di quelli previsti per i lavoratori a tempo pieno, e si calcolano
in giorni di calendario indipendentemente dalla durata e dall’articolazione della prestazione lavorativa.
131
CREDITO:
Assenze e ferie.
Nei confronti dei lavoratori/lavoratrici il cui orario sia concentrato in meno
di cinque giorni alla settimana o in numero di giorni inferiore a quelli lavorativi nel mese o nell’anno, il computo delle ferie viene effettuato proporzionando previamente lo scaglione annuale dell’interessato al minor
numero di giornate lavorative mediamente prestate nella settimana, nel
mese o nell’anno, rispetto alla normale distribuzione dell’orario.
Nei confronti del lavoratore/lavoratrice che nel corso dell’anno abbia trasformato il proprio rapporto da tempo pieno a tempo parziale verticale, o
viceversa, e debba usufruire, in tutto o in parte, delle ferie maturate nell’anno medesimo, quanto indicato si applica con riferimento solamente al
periodo di lavoro prestato a tempo parziale.
Per i giorni di ferie goduti durante la prestazione a tempo parziale il lavoratore/lavoratrice interessato continuerà ad essere compensato con la misura retributiva corrente al momento in cui fruisce delle ferie.
Nelle giornate semifestive, i lavoratori/lavoratrici a tempo parziale osservano l’orario di entrata fissato dal contratto individuale, mentre quello di
uscita viene anticipato calcolando una riduzione d’orario proporzionale a
quella del personale a tempo pieno, fermo restando che la durata della prestazione lavorativa non può eccedere le 5 ore nella giornata.
Addestramento per i neo-assunti:
Le aziende provvedono ad un addestramento dei lavoratori/lavoratrici,
appartenenti alle 3 aree professionali, assunti con contratto non a termine
a tempo parziale per un numero di settimane non inferiore a quello previsto per il corrispondente personale a tempo pieno.
Anzianità:
Ai fini dei trattamenti contrattuali di ferie, malattia, scatti tabellari, automatismi e preavvisi, i periodi di lavoro a tempo parziale sono equiparati a
quelli a tempo pieno agli effetti della maturazione delle anzianità previste
dalle singole norme contrattuali.
Nei casi in cui, per effetto di previgenti disposizioni contrattuali, siano stati
valutati in proporzione al minor orario i periodi trascorsi a tempo parziale,
l’azienda dovrà riconsiderare tali periodi per intero.
Trattamento economico:
Il trattamento economico del personale a tempo parziale viene determina-
132
to proporzionando la retribuzione complessiva (incluse indennità, compensi vari, ex premio di rendimento e premio aziendale) contrattualmente
prevista per il lavoratore/lavoratrice ad orario intero con la stessa anzianità
e inquadramento, alla minore durata della prestazione lavorativa.
Se il lavoratore/lavoratrice è adibito ad attività per la quale è prevista l’indennità di rischio, la stessa gli viene corrisposta in proporzione alla durata
dell’adibizione, con un minimo pari a 2/5 del valore giornaliero dell’indennità stessa.
L’indennità per lavori svolti in locali sotterranei viene corrisposta al lavoratore/lavoratrice a tempo parziale quando la sua adibizione a tali attività
superi mediamente nella settimana la metà del normale orario giornaliero
di un lavoratore/lavoratrice a tempo pieno con il medesimo inquadramento.
Permessi per motivi di studio:
I permessi per motivi di studio spettanti al personale a tempo pieno vanno,
espressi in ore, proporzionati alla ridotta prestazione lavorativa.
Formazione professionale:
I lavoratori/lavoratrici a tempo parziale possono fruire dei corsi di formazione professionale proporzionando al minor orario i quantitativi annuali
previsti. Qualora il corso cada in tutto o in parte fuori del suo orario di lavoro il lavoratore/lavoratrice ha facoltà di parteciparvi senza alcun onere a
carico dell’azienda.
ELETTRICO:
Il trattamento economico e normativo del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale viene riproporzionato - ai sensi del D.lgs. 25.2.00 n. 61
e successive modifiche e integrazioni - compatibilmente con le particolari
caratteristiche dell’istituto, sulla base del rapporto tra orario ridotto e il corrispondente orario ordinario previsto per il personale a tempo pieno.
Fermo restando che, di norma, il principio della proporzionalità vale
anche per le indennità, verranno peraltro corrisposte in misura intera quelle indennità non influenzate dalla ridotta durata della prestazione lavorativa nonché - sempre che ne ricorrano i presupposti - i compensi aventi
133
natura di rimborso o di concorso spese.
Le corresponsioni ultra mensili (13ª e 14ª mensilità) vengono erogate ‘pro
rata’, in relazione al tempo trascorso in part-time o in full-time nel corso
dell’anno solare di riferimento.
A tale fine viene costituita una Commissione tecnica paritetica a livello di
settore, formata complessivamente da 6 rappresentanti con il compito di
definire, entro 3 mesi dalla stipula del CCNL, eventuali istituti non soggetti a riproporzionamento.
INDUSTRIA ALIMENTARE:
Il trattamento economico e normativo è proporzionale all’entità della prestazione lavorativa.
TURISMO:
Il criterio non viene espressamente richiamato dalla contrattazione nazionale.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Il trattamento economico è commisurato alla relativa durata della prestazione.Il trattamento normativo è determinato per i singoli istituti avuto
riguardo alla ridotta durata della prestazione.I lavoratori a tempo parziale
hanno diritto, in particolare per quanto concerne le ferie, ad un numero di
giorni:
- pari a quello dei lavoratori a tempo pieno, se il rapporto di lavoro è a
tempo parziale orizzontale;
- proporzionato alle giornate lavorate nell’anno, se il rapporto di lavoro è a
tempo parziale verticale;
- calcolato combinando i 2 criteri se il rapporto di lavoro è a tempo parziale
misto.
ASSICURAZIONI:
Retribuzione:
il trattamento economico del lavoratore impiegato a tempo parziale è direttamente proporzionale alla durata della prestazione lavorativa e riferito a
tutti gli elementi costitutivi della retribuzione del personale a tempo
134
pieno, comprese le mensilità aggiuntive e quant’altro viene a qualsiasi titolo corrisposto.
Le eventuali rivalutazioni o adeguamenti del trattamento economico derivanti da meccanismi di scala mobile o dagli scatti di contingenza spettano
anch’essi in misura proporzionale alle ore di lavoro prestate.
Premio di anzianità:
è regolato secondo le stesse disposizioni di contratto che disciplinano i rapporti di lavoro a tempo pieno, in proporzione al trattamento economico
corrisposto ai lavoratori.
Ferie:
nel rapporto di lavoro a tempo parziale, per le ferie e per ogni altro istituto legato al tempo di presenza in Agenzia, valgono le stesse disposizioni di legge e di contratto che disciplinano i rapporti di lavoro a tempo
pieno, senza alcuna riduzione.
Malattia o infortunio:
anche per queste ipotesi valgono i limiti di conservazione del posto stabiliti dalla contrattazione collettiva e dalla legge del lavoro a tempo pieno.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Come anticipato, al part-time viene applicato il criterio di proporzionalità diretta di tutti gli istituti normativi ed economici.
INDUSTRIA TESSILE:
retribuzione:
la retribuzione diretta e indiretta e tutti gli istituti del CCNL sono proporzionati all’orario di lavoro concordato, con riferimento al trattamento contrattuale dei lavoratori a tempo pieno.
periodo di prova:
per il personale assunto con contratto a tempo parziale di tipo verticale o
misto, la durata del periodo di prova deve essere computata in giornate
lavorative, calcolandosi per ogni mese 22 giornate lavorative, ovvero 26
135
giornate lavorative, per cicli di 6 ore su 6 giorni e per ogni settimana 5 giornate lavorative, ovvero 6 giornate lavorative per i cicli di 6 ore su 6 giorni.
periodo di comporto:
in caso di part-time verticale il periodo di comporto, con riferimento sia al
periodo di 13 mesi d’assenza del lavoratore sia al periodo di 30 mesi durante il quale esso è computato, verrà proporzionalmente ridotto in relazione
al minore orario pattuito.
FERROVIE:
Il trattamento economico, anche a carattere accessorio, del personale con
rapporto di lavoro a tempo parziale, è corrisposto in misura proporzionale
alla prestazione lavorativa.
Per il trattamento di pensione e per il T.F.R. vengono osservate le norme
di legge in materia previdenziale applicabili al personale ferroviario.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
La retribuzione mensile spettante ai lavoratori part-time è proporzionata
alla riduzione dell’orario.
Periodo di prova:
Tenuto conto delle diverse tipologie di rapporto di lavoro part-time, il periodo di prova, riferito all’effettivo servizio, viene determinato in un numero
di ore che non può comunque comportare una durata di prestazione, riferita ai mesi di calendario, superiore a quella prevista nella seguente tabella:
categorie A-B fino a 1050 ore in 6 mesi
categorie C-D fino a 525 ore in 4 mesi
categoria E fino a 350 ore in 3 mesi
categoria F fino a 175 ore in 2 mesi
Ferie:
Nel corso di ogni anno feriale il lavoratore part-time ha diritto a un periodo di riposo (ferie), con decorrenza del trattamento retributivo percepito in
136
servizio; specificamente, nel caso di part-time orizzontale il periodo di ferie
previsto dal CCNL resta invariato; per il part-time verticale, invece, il
periodo di ferie previsto dal CCNL viene riproporzionato in relazione alla
prestazione concordata.
Nel rapporto di lavoro part-time orizzontale, in caso d’interruzione del servizio per malattia o infortunio, sempreché non siano causati da eventi gravemente colposi imputabili al lavoratore (es. ferimento in rissa da lui provocata, ubriachezza, ecc.), l’impresa garantisce al lavoratore non in prova
la conservazione del posto secondo i seguenti termini:
1) mesi 8 per gli aventi anzianità di servizio fino a 3 anni;
2) mesi 10 per gli aventi anzianità di servizio fino a 6 anni;
3) mesi 12 per gli aventi anzianità di servizio oltre i 6 anni;
In caso di più assenze, i periodi di conservazione del posto di lavoro indicati s’intendono riferiti a un arco temporale pari a 36 mesi, e saranno quantificati facendo riferimento alla prestazione dovuta nei periodi stessi.
Nel rapporto di lavoro part-time verticale, invece, il periodo di conservazione del posto di lavoro non può superare l’80% della prestazione annua
concordata, fermo restando il riferimento a un arco temporale pari a 36
mesi nel caso di più assenze.
Ai lavoratori con rapporto di lavoro part-time, tenuto conto della non applicazione nei loro confronti della normativa contrattuale in materia di riduzione d’orario di lavoro, viene riconosciuta all’atto dell’instaurazione del
rapporto di lavoro part-time un’indennità annua in cifra fissa. Nel caso d’inizio o cessazione del rapporto di lavoro part-time in corso d’anno detta
cifra viene riproporzionata in relazione al periodo di lavoro part-time prestato.
Come anticipato, per tutto quanto non espressamente disciplinato, le
norme e gli istituti del CCNL nonché degli accordi aziendali devono considerarsi applicabili, in quanto compatibili con la natura del rapporto parttime, secondo criteri di proporzionalità.
137
ULTERIORI FORME DI TUTELA DELLA MATERNITÀ
MEDIANTE PERMESSI ED ASPETTATIVE
COMMERCIO:
a) part-time e maternità (art. 57 bis): al fine di consentire ai lavoratori assunti a tempo pieno indeterminato l’assistenza del bambino fino al compimento del terzo anno di età, le aziende devono accogliere, nell’ambito
del 2% della forza occupata nell’unità produttiva, la richiesta di trasformazione temporanea del rapporto in part-time. Nelle unità produttive che
occupano da 30 a 49 dipendenti tale richiesta spetta ad un solo lavoratore
nel corso dell’anno (diritto alla trasformazione).
Per far fronte alla minore prestazione che si determina in tal modo, le
aziende possono far ricorso a contratti a termine di durata pari al periodo
di part-time, anche superando le percentuali e la durata previste dal
CCNL per le assunzioni a termine.
CREDITO:
Maternità:
Durante il congedo di maternità dal lavoro per gravidanza e puerperio, al
lavoratore/lavoratrice compete il trattamento economico in misura pari
alla retribuzione goduta in servizio, nel limite massimo di 5 mesi.
Nel caso in cui sia posta a carico di Enti previdenziali l’erogazione di trattamenti sostitutivi in misura inferiore a quella indicata, le prestazioni in
parola devono essere integrate dalle aziende per la relativa differenza sempre nel predetto limite massimo di 5 mesi.
Le lavoratrici e i lavoratori che sono stati assenti dal servizio per periodi
significativi a causa di maternità, malattia o infortunio, devono essere
ammessi al rientro in servizio, in presenza di mutamenti organizzativi e/o
di nuove attività nel frattempo intervenute, a forme di aggiornamento professionale che - nell’ambito delle previsioni contrattuali in essere - facilitino il reinserimento nell’attività lavorativa.
A tale scopo l’azienda deve promuovere corsi di formazione professionale - nei confronti del personale in servizio con contratto non a termine secondo criteri di trasparenza e di pari opportunità. Al fine di tale formazione vengono considerate dall’azienda, su richiesta dei lavoratori/lavoratrici, eventuali particolari situazioni personali e/o familiari, con specifico
riguardo al personale femminile, concordando con gli interessati le soluzioni organizzative che ne consentano l’effettuazione.
138
Il lavoratore/lavoratrice affidatario del minore (ai sensi dell’art. 10, legge
4.5.83 n. 184) può avvalersi dell’astensione dal lavoro durante i primi 3 mesi
successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia affidataria, nei
limiti indicati nella Sentenza n. 341 del 15.7.91 della Corte Costituzionale.
ELETTRICO:
Maternità:
Fermo restando quanto previsto dalle vigenti disposizioni di legge in materia di permessi o aspettative legati agli eventi di maternità, le aziende si
impegnano a promuovere - ove necessarie - le attività di aggiornamento per
favorire il reinserimento delle lavoratrici al loro rientro in servizio al termine del periodo di assenza per maternità e per altre fattispecie previste.
Inoltre le aziende, riconoscendo il valore sociale della maternità, garantiranno alla lavoratrice durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro dovuta a gravidanza e puerperio la corresponsione del 100% della retribuzione del mese precedente a quello d’inizio di detta astensione.
INDUSTRIA ALIMENTARE - TURISMO:
Al personale si applicano le disposizioni di legge vigenti in materia di tutela della maternità e della paternità, in particolare relative all’astensione
obbligatoria ed a quella facoltativa.
Durante il congedo di maternità dal lavoro per gravidanza e puerperio, al
lavoratore/lavoratrice compete il trattamento economico in misura pari
alla retribuzione goduta in servizio, nel limite massimo di 5 mesi.
Nel caso in cui sia posta a carico di Enti previdenziali l’erogazione di trattamenti sostitutivi in misura inferiore a quella indicata, le prestazioni in
parola vengono integrate dalle aziende per la relativa differenza sempre nel
predetto limite massimo di 5 mesi.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
Aspettativa per motivi di famiglia e/o personali:Il lavoratore, ai sensi della
legge n. 53/00 e delle relative norme di attuazione, può richiedere per
gravi e documentati motivi relativi alla situazione personale, della propria
famiglia anagrafica, dei portatori di handicap, parenti o affini entro il 3°
grado, anche se non conviventi, un periodo di aspettativa, continuativo o
frazionato, non superiore a 2 anni nell’arco della vita lavorativa.
Durante tale periodo il lavoratore conserva il posto di lavoro.
L’aspettativa comporta la perdita dell’intera retribuzione, non determina
decorrenza dell’anzianità ad alcun fine e non è computabile ai fini previ-
139
denziali. Per tale periodo il lavoratore può procedere al riscatto ovvero al
versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
Tutela della maternità e della paternità:
Al personale si applicano le disposizioni di legge vigenti in materia di tutela della maternità e della paternità, in particolare relative all’astensione
obbligatoria ed a quella facoltativa.
Per quanto attiene alle previsioni della legge n. 53/00 (art.9), relative alle
“misure a sostegno della flessibilità d’orario”, le Parti intendono definire
accordi specifici che prevedano azioni positive per la flessibilità, mediante
l’introduzione di procedure e/o metodologie di lavoro che consentano di
conciliare tempo di vita e di lavoro del personale interessato.
ASSICURAZIONI:
Aspettativa:
Quando ricorrono comprovate necessità familiari o seri motivi di indole
privata che richiedano una assenza superiore ad un mese, il lavoratore che
abbia almeno due anni di anzianità di servizio ha diritto ad una aspettativa
della durata massima di sei mesi.
Decorsi sei mesi l’Agente Generale, in via eccezionale, potrà prorogare la
aspettativa di un ulteriore periodo, comunque non superiore ai sei mesi.
Gravidanza e puerperio:
In tali ipotesi si applicano le disposizioni di legge.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Aspettativa:
I lavoratori con oltre 10 anni d’anzianità di servizio possono richiedere, per
1 sola volta in costanza del rapporto di lavoro, un periodo di aspettativa
della durata minima di 1 mese e massima di 6 non frazionabili, durante il
quale non decorre l’anzianità per nessun istituto.
Nel caso di richiesta motivata dall’esigenza di svolgere attività di volontariato, lavori di cura o studio, la suddetta anzianità di servizio è ridotta a 7
anni, mentre nel caso di cura dei figli fino a 7 anni d’età, l’anzianità di
servizio è ridotta a 4 anni.
I lavoratori dovranno avanzare richiesta scritta del periodo di aspettativa al
datore di lavoro specificandone le motivazioni. La Direzione può concedere il beneficio, tenendo conto delle necessità tecnico-organizzative del-
140
l’azienda e comunque per un numero di dipendenti contemporaneamente non eccedente l’1% del totale della forza dell’unità produttiva di cui il
richiedente fa parte. Gli eventuali valori frazionari risultanti dall’applicazione della suddetta percentuale saranno arrotondati all’unità superiore.
In tali casi è consentita l’assunzione di personale con contratto a tempo
determinato per sostituire i lavoratori assenti.
Gravidanza e puerperio:
In tali ipotesi si applicano le disposizioni di legge.
INDUSTRIA TESSILE:
Tali istituti non sono espressamente previsti dalla contrattazione nazionale.
FERROVIE:
Tutela della maternità e della paternità:
Al riguardo si applicano le disposizioni di legge vigenti in materia.
Al rientro dalla maternità, le lavoratrici che abbiano chiesto di partecipare
a selezioni per lo sviluppo professionale o a corsi di idoneità professionale
e siano utilmente collocate nelle relative graduatorie per l’ammissione,
saranno ammesse a partecipare ad una specifica sessione delle
selezioni/corsi di idoneità in questione, al fine di tutelarne la pari condizione con il restante personale.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Permessi non retribuiti:
Semprechè ricorrano giustificati motivi e compatibilmente con le esigenze di servizio, la Direzione può concedere al lavoratore che ne faccia
richiesta per sue esigenze, brevi permessi non retribuiti. In tal senso costituisce giustificato motivo la richiesta di permessi non retribuiti avanzata
dai lavoratori che abbiano a carico:
– familiari portatori di handicap;
– figli d’età inferiore ai 6 anni.
Aspettativa:
L’impresa può concedere al lavoratore che abbia maturato un’anzianità di
servizio non inferiore a 5 anni e che ne faccia richiesta per comprovate e
riconosciute necessità personali o familiari un periodo d’aspettativa.
L’aspettativa non comporta ad alcun effetto la maturazione dell’anzianità
né il diritto alla retribuzione.
141
Trattamento per maternità:
Per il trattamento normativo ed economico in caso di maternità valgono le
vigenti disposizioni di legge sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri.
All’atto della presentazione del certificato di gravidanza, al termine stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, l’impresa deve provvedere a spostare
le lavoratrici adibite a lavorazioni nocive, pericolose o svolgentisi normalmente in condizioni ambientali particolarmente gravose, ad altre lavorazioni.
In detto periodo la lavoratrice riceve inoltre un trattamento d’assistenza, ad
integrazione di quello di legge, fino a raggiungere il 100% della normale
retribuzione globale di fatto per i primi 5 mesi d’assenza, sempreché l’assenza complessiva non superi i 9 mesi.
Le assenze dal lavoro per gravidanza e puerperio sono computate agli
effetti di tutti gli istituti contrattuali entro il limite massimo di mesi 9.
Le imprese curano l’assunzione di iniziative per facilitare, in caso di necessità, il reinserimento produttivo delle lavoratrici e dei lavoratori a seguito di
assenze per maternità, attraverso percorsi informativi e formativi individuati a livello nazionale.
Congedi per formazione:
I lavoratori in possesso dei previsti requisiti d’anzianità aziendale (almeno
5 anni), possono presentare all’impresa, anche tramite la RSU, richiesta di
fruizione dei congedi per formazione non retribuiti.
Il congedo per formazione può essere fruito anche tramite temporanea trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto part-time; in tal caso, la
durata massima complessiva di cui all’art.5, legge n. 53/00, sarà riproporzionata in base all’effettiva riduzione della prestazione annua lavorativa.
142
PART-TIME E LAVORO SUPPLEMENTARE
COMMERCIO:
Il lavoro supplementare è consentito, purchè vi sia accordo tra le parti,
nella misura massima di 120 ore annue, al fine di soddisfare le seguenti
specifiche esigenze organizzative:
– compilazione di inventari e/o bilanci;
– particolari difficoltà organizzative derivanti da concomitanti assenze per
malattia o infortunio di altri dipendenti.
CREDITO:
Unicamente per specifiche esigenze organizzative possono venir richieste
prestazioni supplementari nelle mansioni attribuite, nei limiti di 2 ore al
giorno e 50 ore per anno (dal 1° gennaio al 31 dicembre); dette esigenze
possono essere costituite da operazioni di quadratura contabile e di chiusura; interruzioni temporanee nel funzionamento di strumenti elettronici
di lavoro; assenze impreviste di altri dipendenti della medesima unità operativa.
ELETTRICO:
In riferimento a motivate esigenze organizzative e produttive (quali ad
esempio: impreviste situazioni stagionali, eccezionali punte di lavoro, attività straordinarie non procrastinabili), è consentita la prestazione di lavoro
eccedente l’orario ridotto concordato. È altresì consentito, sempre in presenza di specifiche esigenze organizzative e produttive, il ricorso al lavoro
in giorni diversi da quelli in cui si dovrebbe svolgere la prestazione contrattualmente concordata. Lo svolgimento di tali prestazioni è ammesso, oltre
che nelle ipotesi di rapporto di lavoro part-time a tempo indeterminato,
anche in ogni fattispecie in cui è possibile l’assunzione a tempo determinato. Le predette prestazioni - che costituiscono lavoro supplementare - sono
ammesse, previa richiesta dell’azienda e previo consenso del lavoratore a
tempo parziale, entro il limite massimo pari all’80% dell’orario giornaliero
e, comunque, nei limiti del 30% dell’orario annuo stabilito per ciascun lavoratore a tempo parziale di tipo orizzontale. Le ore di lavoro supplementare
effettuate entro il limite del 15% della durata settimanale del part-time sono
retribuite come ore ordinarie, mentre a tutte quelle eccedenti tale limite sempre che non ricorra la fattispecie del lavoro straordinario - si applica una
percentuale di maggiorazione del 40% della retribuzione oraria.
143
INDUSTRIA ALIMENTARE - ASSICURAZIONI - FERROVIE:
L’istituto non viene richiamato.
TURISMO:
Il lavoro supplementare è consentito, in presenza di specifiche esigenze
organizzative, nella misura massima di 130 ore annue, salvo comprovati
impedimenti. Eventuali limiti superiori rispetto a quelli indicati potranno
essere definiti mediante specifici accordi aziendali o attraverso accordi territoriali. Sono fatte salve le condizioni aziendali in atto.
POSTE ITALIANE s.p.a.:
È consentito lo svolgimento di lavoro supplementare da parte del personale a tempo indeterminato nonché di quello assunto con contratto a tempo
determinato nella misura massima del 10% della prestazione annua
individuale e comunque nel limite di 100 ore annue.
Il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola giornata lavorativa non può superare le 2 ore giornaliere.
La prestazione di lavoro supplementare è ammessa, con il consenso del
lavoratore interessato e comunque agli effetti dell’art. 3 del succitato D.lgs.
25.2.00 n. 61, nelle seguenti fattispecie:
– incrementi di attività non prevedibili;
– esigenze di sostituzione di lavoratori assenti;
– esecuzione di un incarico definito o predeterminato nel tempo;
– operazioni di quadratura contabile e di chiusura;
– esigenze di formazione;
– esigenze in materia di igiene, prevenzione e sicurezza sul lavoro.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
In riferimento a specifiche esigenze organizzative e produttive è consentita,
previa comunicazione alle RSU e salvo comprovati impedimenti individuali, la prestazione di lavoro eccedente l’orario ridotto concordato. Per i
lavoratori a tempo ridotto la cui prestazione è inferiore alle 40 ore settimanali, il lavoro eccedente l’orario concordato è consentito, nel rispetto del
limite individuale annuo, fino al raggiungimento delle 40 ore settimanali e
per una quantità mensile non superiore al 50% della normale prestazione
nel mese. Tale lavoro sarà compensato con una maggiorazione del 10%.
INDUSTRIA TESSILE:
In considerazione delle specifiche esigenze tecnico-organizzative e pro-
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–
–
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–
–
duttive che caratterizzano il settore tessile-abbigliamento è consentito lo
svolgimento di lavoro supplementare fino al raggiungimento dell’orario a
tempo pieno giornaliero e/o settimanale, con riferimento alla settimana, al
mese ed all’anno solare.
La prestazione di lavoro supplementare è ammessa, con il consenso del
lavoratore interessato, nelle seguenti fattispecie:
incrementi di attività produttiva, di confezionamento e di spedizione del
prodotto;
esigenze di sostituzione dei lavoratori assenti;
esecuzione di un incarico definito o predeterminato nel tempo;
esigenze di formazione e istruzione interna dei lavoratori neo-assunti, nonché dei giovani in tirocinio formativo;
esigenze di adeguamento dei programmi informatici aziendali;
esigenze di supporto tecnico nel campo dell’igiene, prevenzione e sicurezza sul lavoro, in relazione a nuovi assetti organizzativi e/o produttivi e/o
tecnologici;
attività di riparazione e manutenzione sia ordinaria sia straordinaria;
stati di necessità.
Il ricorso al lavoro supplementare è ammesso per i rapporti di lavoro a
tempo indeterminato, in cui la prestazione ridotta sia prevista a tempo
indeterminato ovvero anche, a seguito di trasformazione da tempo pieno a
tempo parziale, per un periodo predeterminato.
Il lavoratore a tempo parziale, che presti ore di lavoro supplementare in via
continuativa, avrà diritto al consolidamento totale o parziale nell’orario
base individuale della prestazione supplementare continuativa. Ai suddetti fini, per prestazione supplementare continuativa agli effetti del consolidamento s’intende il lavoro supplementare che superi l’orario base individuale settimanale concordato di oltre il 30% dello stesso, per un periodo di
almeno 9 mesi nell’arco temporale dei 12 mesi precedenti.
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Premessa la possibilità di individuare a livello aziendale specifiche fattispecie, il superamento dell’orario concordato è consentito qualora trovi
obiettiva giustificazione in necessità imprescindibili, indifferibili, di durata
temporanea. Sono fatti salvi giustificati motivi individuali di impedimento.
Le prestazioni eccedenti vengono retribuite secondo quanto previsto dal
contratto collettivo e non comportano alcun riflesso economico su tutti gli
altri istituti contrattuali e di legge.
145
PART-TIME E LAVORO STRAORDINARIO
COMMERCIO:
Il lavoro straordinario è consentito soltanto ai lavoratori che svolgono un
rapporto di lavoro a tempo parziale in ragione di anno, con una prestazione che si articola per uno o più mesi a tempo pieno; la prestazione di lavoro straordinario è consentita soltanto in tali periodi.
ELETTRICO:
Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale le prestazioni di
lavoro straordinario sono disciplinate nei presupposti e nelle quantità dalle
disposizioni contrattuali per i lavoratori a tempo pieno.
INDUSTRIA ALIMENTARE – TURISMO - POSTE ITALIANE s.p.a CREDITO:
L’istituto non è specificamente disciplinato in relazione al lavoro a tempo
parziale.
ASSICURAZIONI:
I lavoratori a tempo parziale non possono effettuare lavoro straordinario.
Inoltre, è loro vietato l’esercizio di una seconda attività lavorativa, in forma
sia subordinata che autonoma, o associativa.
INDUSTRIA METALMECCANICA:
Per i lavoratori il cui rapporto di lavoro a tempo parziale prevede una prestazione pari a 40 ore settimanali, il lavoro eccedente l’orario concordato
sarà contenuto nei limiti massimi di 2 ore giornaliere e 8 ore settimanali e
verrà riconosciuta una maggiorazione della retribuzione pari a quella dei
lavoratori a tempo pieno. Come anticipato, per i lavoratori a tempo ridotto la cui prestazione è invece inferiore alle 40 ore settimanali, il lavoro
eccedente l’orario concordato è consentito, nel rispetto del limite individuale annuo, fino al raggiungimento delle 40 ore settimanali e per una
quantità mensile non superiore al 50% della normale prestazione nel
mese. Tale lavoro sarà compensato da una maggiorazione del 10%.
INDUSTRIA TESSILE:
Anche il ricorso al lavoro straordinario, come già a quello supplementare,
è ammesso per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in cui la pre-
146
stazione ridotta sia prevista a tempo indeterminato ovvero anche, a seguito di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, per un periodo predeterminato.
FERROVIE:
Per espressa previsione contrattuale, il personale con rapporto di lavoro a
tempo parziale resta escluso da prestazioni di lavoro straordinario (fatti
salvi gli obblighi di servizio derivanti da Regolamenti di esercizio).
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Si parla soltanto di “prestazioni eccedenti l’orario concordato”, e ciò fa presumere che si tratti di “orario supplementare”.
147
LAVORO RIPARTITO (Job-sharing)
INDUSTRIA ALIMENTARE – TURISMO - POSTE ITALIANE s.p.a. –
ASSICURAZIONI - INDUSTRIA METALMECCANICA - FERROVIEINDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA – CREDITO - ELETTRICO:
L’istituto non è specificamente disciplinato.
COMMERCIO:
Questo contratto espressamente prevede la possibilità che due lavoratori a
tempo parziale prestino la loro attività “in coppia”, nel rispetto della disciplina di tale tipologia contrattuale.
INDUSTRIA TESSILE:
Con il contratto di lavoro ripartito, di cui le parti riconoscono il ruolo nella
ricerca di flessibilità e opportunità lavorative, 2 o più lavoratori assumono in
solido l’adempimento di un’unica obbligazione lavorativa restando singolarmente responsabili per l’adempimento dell’intero obbligo contrattuale.
Il contratto di lavoro ripartito si stipula per iscritto e deve recare espressamente il nominativo di tutti i lavoratori interessati, nonché il consenso di
ciascuno a questa particolare tipologia contrattuale.
Nel contratto di lavoro ripartito sono indicati la misura percentuale e la
collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o
annuale che si prevede venga svolta da ciascuno dei lavoratori coobligati,
ferma restando la possibilità per gli stessi di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento la sostituzione ovvero la modificazione consensuale della distribuzione dell’orario di lavoro, previa comunicazione al
datore di lavoro di norma con almeno 1 settimana di preavviso.
Le sostituzioni o variazioni che non comportano modifiche durature all’orario concordato devono essere comunicate al datore di lavoro con un giorno di preavviso. In ogni caso di assenza di uno dei lavoratori coobligati,
fatta eccezione per le ferie collettive, l’obbligo della prestazione si trasferisce sull’altro o sugli altri lavoratori coobligati, che sono pertanto tenuti a
sostituire l’assente. L’avvicendamento tra i lavoratori coobligati dovrà avvenire senza interruzioni dell’attività condivisa. Solo in caso di oggettivo
impedimento connesso a malattia o infortunio non sul lavoro, per i quali
uno dei lavoratori coobligati non sia in grado di avvisare tempestivamente
l’altro lavoratore coobligato, la sostituzione è consentita entro il giorno successivo a quello in cui si è manifestata l’assenza.
148
Invece, le assenze dovute al godimento di ferie, permessi, festività e aspettative devono essere comunicate anche all’azienda con almeno 2 giorni di
preavviso. L’assenza per malattia o infortunio non sul lavoro deve essere
comunicata all’azienda con le stesse modalità previste per la generalità dei
lavoratori. La retribuzione mensile viene corrisposta a ciascun lavoratore
in proporzione alla quantità di lavoro prestato, con eventuale conguaglio
annuale per gli scostamenti riferiti agli istituti indiretti e differiti.
La retribuzione delle ore di assenza per il godimento dei vari istituti contrattuali e di legge viene calcolata sulla base della prestazione lavorativa
concordata nel contratto di lavoro ripartito.
Viene considerato lavoro supplementare o straordinario la prestazione
lavorativa protrattasi oltre l’orario complessivo settimanale per il quale
sono coobligati i lavoratori. È applicabile anche al lavoro ripartito la disciplina contrattuale della flessibilità d’orario.
Le maggiorazioni per lavoro supplementare o straordinario e per flessibilità spettano al lavoratore che ha prolungato la propria prestazione oltre la
durata dell’orario complessivo settimanale.
In caso di applicazione di sanzioni disciplinari concretantesi nella sospensione di uno dei lavoratori coobligati, l’altro è tenuto a sostituire il lavoratore sospeso durante tutto il tempo di applicazione della sanzione.
In caso di risoluzione, per qualsiasi motivo, del rapporto di lavoro di uno
dei lavoratori coobligati, l’altro è tenuto ad effettuare la prestazione lavorativa fino a concorrenza dell’orario per il quale era coobligato. In tal caso,
le parti possono concordare la trasformazione del rapporto condiviso in
rapporto di lavoro a tempo pieno.
Il lavoratore “residuo” e il datore di lavoro possono altresì accordarsi per
cooptare un altro lavoratore coobligato, che sarà scelto di comune accordo. Il nuovo contratto non comporterà la risoluzione del rapporto col lavoratore “residuo”. In caso di assenza di lunga durata di uno dei lavoratori
coobligati, ad esempio per malattia, maternità o infortunio, fermo restando che il lavoratore o i lavoratori “residui” sono tenuti a effettuare la prestazione lavorativa fino a concorrenza dell’intero orario complessivamente
pattuito, azienda e lavoratori potranno valutare la situazione venutasi a
creare e potranno concordare il subentro temporaneo di un nuovo lavoratore nel contratto di lavoro ripartito.
In deroga a quanto specificamente previsto dal presente contratto, la maturazione dei ratei mensili di 13a mensilità, di ferie, di permessi per festività
e per riduzione d’orario avverrà in misura direttamente proporzionale al
lavoro svolto da ogni lavoratore coobligato in ciascun mese.
149
TELELAVORO
INDUSTRIA CHIMICO-FARMACEUTICA:
Le parti considerano il telelavoro una modalità della prestazione finalizzata
a cogliere esigenze organizzative dell’impresa e, compatibilmente con le
stesse, esigenze dei dipendenti. Per telelavoro s’intende la prestazione effettuata in via normale e con continuità dal dipendente, presso il proprio domicilio o in luogo idoneo diverso ma comunque fisso, esterno rispetto alla sede
di lavoro aziendale, con il prevalente supporto di strumenti telematici. Lo
svolgimento di prestazione in telelavoro non muta la natura giuridica del
rapporto di lavoro. La postazione di telelavoro e i collegamenti telematici
necessari per l’effettuazione della prestazione, così come la manutenzione e
le spese di gestione, incluse quelle relative alla realizzazione e al mantenimento dei sistemi di sicurezza della postazione di lavoro, nonché alla copertura assicurativa della stessa, sono a carico dell’impresa. Ferma restando la
durata della prestazione complessivamente prevista dal contratto, le obbligazioni connesse al rapporto di lavoro possono svilupparsi attraverso modalità diverse rispetto a quelle ordinarie, sia come collocazione della prestazione lavorativa nell’arco della giornata, sia come durata giornaliera della
stessa, ferma restando una definita fascia di reperibilità nell’ambito dell’orario di lavoro in atto nell’impresa. Tali modalità sono definite a livello aziendale. L’attività di telelavoro può prevedere rientri periodici nell’impresa per
motivi di programmazione del lavoro, per riunioni di lavoro con i colleghi,
per colloqui con il proprio responsabile, per svolgimento di attività non telelavorabili, e per altre motivazioni definite a livello aziendale. Il dipendente
è tenuto a prestare la sua attività con diligenza, a custodire il segreto su tutte
le informazioni contenute nella banca dati e ad attenersi alle istruzioni ricevute dall’impresa per l’esecuzione del lavoro. In nessun caso il dipendente
può eseguire sulla postazione in dotazione lavoro per conto proprio e/o per
terzi. L’effettuazione di prestazione lavorativa in telelavoro è concordata tra
impresa e dipendente, fatti salvi i casi in cui la modalità della prestazione sia
stata prevista all’atto dell’assunzione, oppure sia l’unica modalità di prestazione prevista nell’impresa per la specifica mansione.
Detta tipologia contrattuale risulta prevista anche in altri recenti contratti
collettivi nazionali di lavoro, come, ad esempio, nel settore “Poste” dal
CCNL di rinnovo per gli anni 2003 – 2006, nel settore “Elettrico” dal
CCNL 2001 - 2005, e nel settore “Credito” dal CCNL 1999 – 2003.
150
ACCORDI AZIENDALI
Settore CREDITO:
Banca di Trento e Bolzano 1998:
Nell’accordo l’Azienda dichiara di essere orientata ad accogliere le domande dei dipendenti per la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time
in part-time in ogni caso entro determinati limiti massimi, costituiti dal 5%
del complesso del personale in servizio per i neo-assunti, e dal 10% per i
passaggi al tempo parziale. Nell’ambito di quest’ultima percentuale viene
riconosciuto l’accesso al tempo parziale anche agli appartenenti alla 4°
Area Professionale ed al 4° Livello Retributivo della 3° Area, fino ad una
percentuale pari al 5% del loro numero complessivo.
Restano escluse dalla possibilità di fruire del part-time le posizioni lavorative che comportano attività di coordinamento e gestione di risorse
umane. L’Azienda valuta le singole domande in base a predeterminati criteri e priorità, fra i quali rilevano gravi motivi di ordine familiare, come l’assistenza a figli handicappati, o a familiari anziani o familiari malati cronici; documentati motivi di salute del richiedente; documentati motivi di
studio, o, infine, motivi personali.
Il part-time potrà essere orizzontale (salvo che per il personale ausiliario)
in misura non inferiore a 20 ore e non superiore a 32 ore e 30 minuti settimanali; verticale, su base settimanale (con prestabiliti limiti minimi e
massimi), oppure su base mensile-annuale con un orario medio settimanale da 15 a 32 ore e 30 minuti; misto, su base settimanale.
Qualora il lavoratore ritenga di aver esaurito le esigenze per le quali aveva
richiesto il part-time e chieda di tornare a tempo pieno, l’Azienda si impegna ad accogliere le domande compatibilmente con le esigenze di servizio,
esaminando all’uopo la possibilità di impiego del dipendente nel servizio e
filiale di provenienza, concordandone i tempi.
Nel caso di mancato accoglimento della domanda di ritorno a full-time,
l’Azienda è tenuta a fornire motivata risposta scritta.
Il lavoratore a tempo parziale può partecipare a corsi di formazione eventualmente organizzati dall’Azienda stessa; qualora la partecipazione ai
medesimi richieda una presenza eccedente l’orario previsto per il parttime, l’eccedenza deve essere retribuita come lavoro supplementare.
Inoltre in questo accordo l’Azienda si impegna a non adibire ai video-terminali le lavoratrici in stato di gravidanza, fatte salve adibizioni occasionali.
In tema di pari opportunità, le Parti sottolineano l’importanza della
151
Commissione Pari Opportunità allo scopo di monitorare la condizione
professionale ed organizzativa delle risorse ed analizzare le eventuali discriminazioni dirette ed indirette, anche alla luce di nuove soluzioni organizzative indotte da progetti di reingegnerizzazione e/o riorganizzazione.
La medesima è tenuta ad individuare, tramite l’elaborazione di progetti
mirati, adeguate azioni positive volte a promuovere la valorizzazione delle
differenze e specificità di comportamenti, competenze e valori.
In relazione al lavoro straordinario, le Parti ne ribadiscono il carattere di
eccezionalità ed imprevedibilità, riconoscendo la necessità di individuare,
esaminare e rimuovere le cause che lo determinano, anche mediante l’utilizzo di strumenti innovativi quali, ad esempio, la c.d. “banca delle ore”.
In ogni caso, in tema di flessibilità dell’orario di lavoro, l’Azienda dichiara
la propria disponibilità a valutare eventuali richieste di elasticità dell’orario
di lavoro individuale e le connesse modalità di attuazione.
Infine, assume espressamente l’impegno, in un’ottica di formazione permanente, a predisporre per il personale che rientra dopo un lungo periodo
di assenza dal lavoro, specifici momenti di aggiornamento su metodi, strumenti, contenuti professionali ed operativi pertinenti alla posizione da
ricoprire, allo scopo di non vanificare o sminuire il livello professionale
precedentemente acquisito.
Settore COMMERCIO e TURISMO:
Supermercati Poli s.r.l. 1998
Orvea s.p.a 2000
Famiglia Cooperativa di Pinzolo 2000
Supermercati Poli s.r.l.:
L’accordo aziendale prevede espressamente in tema di part-time che l’azienda, nell’intento di pervenire a migliori e più razionali soluzioni dei
problemi inerenti il mercato del lavoro ed ai fini di una maggior organizzazione del servizio, si impegna a valutare la possibilità di adottare, relativamente alle proprie unità di vendita, la stipulazione di contratti di lavoro
part-time.
Afferma, inoltre, che la stessa può far ricorso a tale tipo di contratto sia in
caso di trasformazione di contratti full-time in part-time, previa richiesta
del personale interessato, sia in caso di nuove assunzioni.
Per quanto attiene alla regolamentazione di tale tipologia contrattuale, le
Parti fanno espresso rinvio alle norme previste dalla legge e dal contratto del settore “Commercio”. In ogni caso, stabilisce che le eventuali
152
richieste di part-time vengono valutate dall’azienda di volta in volta, in
relazione alle esigenze organizzative e di servizio tenendo comunque
conto, per quanto possibile, delle necessità dei lavoratori/trici.
Orvea s.p.a.:
L’accordo aziendale prevede espressamente il “Part-time post maternità”,
stabilendo che l’azienda, riconoscendo il valore della maternità e dell’assistenza al bambino nelle prime fasi della sua vita, si obbliga ad accogliere
nell’ambito del 3% della forza occupata in ogni unità produttiva la
richiesta di trasformazione temporanea del rapporto da tempo pieno in
part-time da parte del genitore.
Nelle unità produttive con meno di 34 dipendenti tale richiesta spetta
comunque ad un lavoratore nel corso dell’anno.
L’accordo stabilisce inoltre che l’azienda, al fine di consentire al lavoratore di far fronte a necessità familiari (ai sensi dell’art. 7, l. 53/00), riconosce
al medesimo la possibilità di fruire di un periodo di aspettativa non retribuita; dell’anticipazione di una parte del trattamento di fine rapporto; e si
impegna ad accogliere le richieste di trasformazione del rapporto in lavoro a tempo parziale per un periodo massimo di due anni.
Infine, le Parti acconsentono a che il part-time si svolga anche secondo
una combinazione delle modalità orizzontale e verticale, dando luogo al
c.d. “part-time misto”; le correlate modalità temporali devono essere stabilite dalle parti contraenti e devono risultare da atto scritto.
Famiglia Cooperativa di Pinzolo:
Per quanto attiene il rapporto di lavoro a tempo parziale, in questo accordo le Parti sanciscono che le assunzioni a part-time devono essere effettuate, di norma, nell’ambito del personale che ha già prestato servizio presso l’azienda a tempo determinato, nel rispetto delle esigenze tecniche ed
organizzative della stessa.
La scelta fra part-time orizzontale e verticale deve essere effettuata in
accordo fra il lavoratore e l’azienda avendo riguardo, compatibilmente con
le esigenze aziendali, anche a quelle espresse dal lavoratore.
In tale accordo le parti introducono anche una significativa flessibilità dell’orario di lavoro, in considerazione ed al fine di far fronte alle punte di
incremento stagionale.
Settore FERROVIE:
Ferrovia Trento-Malè s.p.a. 1988:
Le Parti convengono sulla necessità che l’azienda ed i sindacati esaminino
153
di volta in volta congiuntamente la possibilità di adottare limitati periodi
di part-time.
In ogni caso escludono che il personale viaggiante o gli agenti soggetti a
turni rotativi possano far ricorso al lavoro a tempo parziale.
Nell’accordo le Parti si soffermano anche sul lavoro straordinario, riconoscendo la necessità di contenerlo al minimo indispensabile, evitando che
si verifichino punte particolarmente elevate per singoli agenti; fanno
comunque salve le esigenze di servizio, specie nell’ipotesi di eventi eccezionali.
Settore METALMECCANICO:
Sony Italia s.p.a 1999 (ora lo stabilimento è chiuso):
In tal caso le Parti prevedono espressamente che determinati reparti produttivi che fruiscono di un orario di lavoro articolato, possano ricorrere al
part-time per una durata complessiva di 18 ore settimanali, di norma
con la possibilità di articolazione verticale dell’orario di lavoro dal lunedì
al mercoledì e dal giovedì al sabato della medesima settimana. Eventuali
diverse richieste di articolazione per casi specifici devono essere esaminate
dalla Direzione Aziendale.
Esse ribadiscono inoltre la possibilità di utilizzare anche il “contratto di
lavoro ripartito”, sempre nei limiti delle compatibilità legate alle esigenze
tecnico-produttive ed organizzative aziendali, alla condizione che, in ogni
caso, sia il lavoro a tempo parziale che lo job-sharing abbiano durata
indeterminata; riconoscono, pertanto, all’Azienda la facoltà di esaminare
di volta in volta le singole richieste e di assumere per ciascun caso la relativa decisione.
Settore TESSILE:
Filatura Trentina s.r.l. 1989:
In tale accordo l’Azienda ha confermato la disponibilità ad organizzare
prestazioni di lavoro part-time, compatibilmente con le esigenze tecnicoproduttive aziendali.
Le Parti hanno poi sancito che per i lavoratori adibiti a ciclo continuo, il
lavoro a tempo parziale debba svolgersi su base “orizzontale” (4 ore di
lavoro giornaliere), mentre per i lavoratori a giornata esso possa assumere
anche carattere “verticale” (8 ore di lavoro giornaliere); hanno previsto,
infine, che le richieste di trasformazione del rapporto di lavoro da full-time
in part-time vengano esaminate semestralmente in modo congiunto fra
l’Azienda e la rappresentanza sindacale aziendale.
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Aquafil s.p.a. 1989:
Le Parti hanno mostrato di convenire sul fatto che la trasformazione del
rapporto in part-time può agevolare la soluzione di specifici problemi personali dei lavoratori, contribuendo anche, indirettamente, al soddisfacimento delle esigenze aziendali in termini di maggiore assiduità al lavoro.
Conseguentemente l’Azienda, in particolare, si è dichiarata disponibile ad
esaminare eventuali richieste motivate di trasformazione del rapporto in
lavoro a tempo parziale, nell’ottica di accoglierle, per quanto possibile,
però pur sempre compatibilmente con le proprie esigenze organizzative e
produttive e con la propria struttura.
A tal fine l’Azienda si è impegnata a tenere nella dovuta considerazione e
priorità le richieste motivate da gravi difficoltà sanitarie e/o familiari.
Inoltre, nel caso di nuove assunzioni a tempo pieno ed a parità di mansioni, le Parti riconoscono il diritto di precedenza dei lavoratori già in
forza a part-time. Infine, le Parti hanno manifestato la disponibilità a raggiungere intese atte a favorire l’impiego di personale femminile. A tale
scopo hanno altresì dichiarato di impegnarsi al fine di addivenire ad un
accordo che rimuova il divieto delle donne di essere adibite al lavoro
notturno.
Settore INDUSTRIA METALMECCANICA:
Whirlpool Italia s.p.a. 1995:
Le Parti affermano che l’utilizzazione di diversi regimi di orario è funzionale alla garanzia di flessibilità, come indispensabile precondizione alla
capacità dell’azienda di rispondere al mercato anche in termini distributivi, e, pertanto, riconoscono la possibilità di utilizzare anche regimi di orario diversi da quelli attualmente in vigore. In particolare dichiarano che è
consentito fare riferimento, in primo luogo, al lavoro a tempo parziale, con
articolazione dell’orario su base verticale, orizzontale o mista; in secondo
luogo, ad una differente distribuzione oraria della prestazione lavorativa,
per gruppi individuati di lavoratori, con modalità che possono anche essere diverse nei vari stabilimenti.
Tali regimi di orario possono essere utilizzati con le più ampie modalità
applicative previste dalla legge e dal CCNL, in modo da consentire anche
un più contenuto ricorso al lavoro straordinario, nel rispetto delle esigenze
tecnico-produttive.
In ogni caso si stabilisce che il lavoro a tempo parziale definito a livello di
stabilimento sarà aggiuntivo alla quota del 2% previsto dal CCNL per il
personale in forza.
155
In tale accordo le Parti si obbligano, altresì, ad istituire un’apposita
Commissione atta a verificare lo stadio di sviluppo delle pari opportunità e
dei programmi di formazione professionale, e ad individuare azioni propositive per la piena applicazione dei principi vigenti in materia.
Michelin Italia s.p.a. 1993:
In questo accordo le Parti si limitano a riconoscere che l’Azienda procederà a “studiare ogni possibilità di allargamento del lavoro a part-time nei
casi in cui sussistano le compatibilità di carattere tecnico-organizzativo”.
Settori:
POSTE ITALIANE - INDUSTRIA ALIMENTARE - ASSICURAZIONI:
Allo stato non è ancora stato stipulato alcun accordo aziendale relativo al
part-time.
Il ricorso a forme di flessibilità del tempo di lavoro
in provincia di Trento
DI ISABELLA
SPEZIALI
Osservatorio del Mercato del Lavoro - Agenzia del Lavoro di Trento
Nel mercato del lavoro trentino, la percentuale di donne occupate sul totale della popolazione femminile di età compresa tra 15 e 64 anni si attesta al
50,2% (dato RTFL media 2002).
Questa percentuale risulta in netta crescita rispetto alla situazione di dieci
anni fa, in cui la relativa quota raggiungeva il 44,5% (dato RTFL media 1993).
Essa risulta altresì nettamente più elevata rispetto all’equivalente dato nazionale (42%, dato RTFL media 2002).
La performance occupazionale delle donne nel Nord-Est complessivamente inteso è peraltro ancora migliore di quella del Trentino e ciò nonostante
che nel corso degli ultimi venti anni il gap tra le due aree si sia tendenzialmente ridimensionato (il dato RTFL media 2002 del Nord-est dà ancora conto di una percentuale di donne occupate tra le 15-64enni del 54,2%).
Ai fini di questo contributo può essere interessante ragionare sul dove e sul
come lavorano le donne in Trentino.
Innanzitutto il dove.
Guardando alla distribuzione dell’occupazione per settore di attività spicca il dato relativo alla concentrazione degli impieghi femminili nel settore delle altre attività: l’86,3% delle donne occupate lavora in questo comparto a fronte di un dato maschile del 55,8%. La terziarizzazione al femminile è un fenomeno nettamente più accentuato in Trentino rispetto al Nord-Est (che registra
una percentuale di donne occupate nel terziario del 71,3%) e anche rispetto
all’Italia in complesso, (la analoga percentuale si attesta al 75,7%).
Guardando alla distribuzione dell’occupazione per qualifica si rileva la
prevalenza assoluta degli impieghi femminili tra le figure dirigenziali e impiegatizie che rappresentano il 52,4% del totale dell’occupazione femminile
così ripartita tra le due voci: 0,5% dell’occupazione femminile totale è ascrivibile alla categoria dei dirigenti e il 51,9% a quella degli impiegati. Residua per
le figure operaie e assimilate una quota di occupazione femminile del 29,2%.
In Trentino i maschi sono invece prevalentemente occupati tra le figure
operaie e assimilate, nel 38,8% dei casi, a seguire i dirigenti e impiegati con il
29,9% (1,5% per i dirigenti e 28,4% per gli impiegati).
Anche relativamente alle qualifiche professionali la concentrazione femminile nelle attività impiegatizie risulta più accentuata in ambito locale rispetto al Nord-Est (46,1%) e all’Italia in complesso (50,0%)
157
Guardando infine alla distribuzione degli impieghi tra lavoro alle dipendenze e lavoro autonomo si evidenzia una maggiore concentrazione dell’occupazione femminile nel lavoro alle dipendenze: l’82,4% delle donne è dipendente a fronte di un equivalente dato maschile del 69,4%.
Nel Nord-Est e in Italia le percentuali di occupazione alle dipendenze per
la componente femminile si attestano rispettivamente al 79,3 e al 78,8%.
Passando ad accennare come lavorano le donne, rileva segnalare la quota
di occupazione femminile a tempo parziale.
In provincia di Trento il 22,8% dell’occupazione femminile, oltre un posto
di lavoro su cinque, è occupazione a tempo parziale e nella stragrande maggioranza dei casi questa modalità lavorativa è frutto di una scelta volontaria delle donne. In valore assoluto le donne occupate a part-time nel 2002 sono oltre
18.000.
L’analogo dato maschile si attesta al 2,2% e in questo caso il lavoro a tempo parziale è prevalentemente subìto.
Il confronto con il Nord-Est e l’Italia in complesso ci segnala che, relativamente al lavoro a tempo parziale, il mercato del lavoro trentino è più flessibile: la cosa forse non stupisce riguardo alla realtà nazionale complessivamente intesa dove la percentuale di occupazione femminile a part-time si attesta al
16,9%; ma certo spicca relativamente al Nord-Est in cui la quota di occupazione femminile a tempo parziale risulta solo del 20,4%, inferiore di 2,4 punti percentuali a quella del Trentino.
Per dar conto del come si occupano le donne è interessante altresì richiamare un ultimo indicatore: la percentuale di occupazione alle dipendenze di
tipo temporaneo (quella che si associa alle forme di contratto a termine).
Anche relativamente a questo aspetto il mercato del lavoro locale evidenzia margini di più spiccata flessibilità: l’11,1% dell’occupazione alle dipendenze in provincia di Trento è occupazione non permanente. Il corrispondente dato del Nord-Est, con una quota percentuale del 9,2%, risulta inferiore di 1,9 punti percentuali; quello nazionale si attesta al 9,9%.
La temporaneità degli impieghi si rivela percentualmente più elevata per
la componente femminile in ognuna delle aree territoriali considerate e per
quanto riguarda il Trentino le occupate temporanee sono il 14,8%, a fronte di
una percentuale dell’8,2% per la componente maschile.
La flessibilità del tempo di lavoro è di norma ricercata dalla componente
femminile che presidia con sostanziale carattere di esclusività la dimensione
della doppia presenza.
Nel rendersi disponibile per il mercato del lavoro la donna adulta chiede
158
infatti di conciliare gli impegni professionali con quelli della sfera riproduttiva
e per questo non di rado esprime una preferenza per un’occupazione a tempo
parziale. Ciò risulta di tutta evidenza se si riflette sull’occupazione a tempo
parziale per fascia d’età. Fino a 24 anni d’età le differenze di genere sono ridotte a pochi punti percentuali, il 3% circa dei maschi e l’8% circa delle giovani donne sono part-timers; nella fascia centrale d’età, con il presentarsi dei
vincoli familiari, la quota di occupazione femminile a tempo parziale sale al
25% contro solo il 2% dei maschi.
Nel contesto del mercato del lavoro locale questa esigenza dell’offerta femminile sembra incontrarsi con le esigenze del mondo delle imprese, meglio
che altrove.
In Trentino sembra incontrarsi le donne sono andate ad occupare soprattutto i nuovi posti di lavoro che nel corso degli ultimi vent’anni si sono creati
nel terziario, complice, rispetto a quanto verificatosi in altri mercati (ad esempio nella regione Emilia Romagna che vanta una tradizione di più lunga data
di donne lavoratrici), un loro più recente inserimento nel mercato del lavoro.
E il terziario, è noto, utilizza relativamente di più dell’industria i contratti a
tempo parziale.
In termini relativi il Trentino offre un maggior numero di sbocchi occupazionali nel settore pubblico e un maggior numero di sbocchi nelle professionalità correlate allo sviluppo turistico (occupazione nel settore del commercio
e dell’alberghiero-ristorazione ma non solo): entrambe queste opportunità di
lavoro sono appannaggio dell’occupazione femminile e queste attività ricorrono più frequentemente al contratto di lavoro part-time.
A fronte dei quasi 21.000 soggetti che risultano occupati nel 2002, gli occupati nel settore terziario sono stati circa 17.000, poco meno di 3.000 quelli
dell’industria e un migliaio circa i part-times dell’agricoltura.
Il numero dei contratti depositati in corso d’anno ha inoltre sfiorato quota
14.000, una cifra quasi doppia rispetto a quanto rilevato solo cinque anni prima.
Anche i contratti part-time sono stati stipulati soprattutto nel terziario per
figure professionali legate alle attività turistiche e alberghiere, alle figure non
qualificate dei servizi di pulizia, ma anche alle figure impiegatizie, a quelle
commerciali e alle professioni dei servizi personali (addetti all’assistenza, ai servizi di lavanderia, parrucchiere ecc.).
Con particolare riferimento a questo comparto il ricorso al contratto a tempo parziale si associa ovviamente ad un utilizzo stagionale, che dà conto anche dell’elevato numero di contratti depositati nell’arco dell’anno.
La flessibilità del lavoro temporaneo non riguarda l’orario di lavoro ma la
159
forma contrattuale del rapporto di lavoro. Per questo, di norma, è più ricercata dalle imprese che dai lavoratori.
Esistono peraltro delle situazioni in cui l’incontro tra domanda e offerta avviene con soddisfazione di entrambe le parti e, con riferimento all’occupazione femminile e al mercato del lavoro trentino, questa forma di flessibilità riveste una certa importanza per un determinato segmento di donne: soprattutto
quelle della fascia centrale d’età che, prive di un titolo di studio e residenti nei
comprensori a vocazione turistica, sono interessate ad alternare fasi di lavoro a
periodi di non lavoro, nell’ottica di un’organizzazione più complessiva del loro ciclo di vita.
Potrebbe quasi affermarsi che queste lavoratrici giudicano l’opportunità di
lavorare a termine, una sorta di part-time verticale. In effetti esse hanno la pressoché totale sicurezza di poter svolgere nuovamente quell’occupazione in occasione della successiva stagione turistica, non di rado lavorando anche presso
lo stesso datore di lavoro.
Anche in questo caso la radicata tradizione di attività stagionali in particolare per quanto concerne i settori alberghiero e della ristorazione e quello del
commercio, spiega i più alti valori percentuali di occupazione temporanea totale e della componente femminile - rispetto a Nord-Est e Italia.
Il confronto con la performance occupazionale del Nord-Est e, ancor di
più, quello con il mercato del lavoro europeo, che pone l’obiettivo del raggiungimento di un tasso di occupazione femminile del 57% nel 2005 e del
60% nel 2010 (recentemente ribadito anche in occasione della stesura del
NAP 2003), evidenzia che per quanto sia già stato fatto molto, resta ancora parecchio da fare per rimanere agganciati al motore di sviluppo delle aree maggiormente dinamiche.
I tassi di attività e di occupazione delle donne nell’ultimo decennio hanno
fatto registrare una crescita molto sostenuta ma forse anche per questo a partire dal 2001 e in parte ancora nel corso del 2002 si è rilevata una tendenza di
assestamento.
Poiché è il carico familiare che tende a schiacciare verso il basso i tassi di
attività e di occupazione ecco che i possibili strumenti su cui fare leva per recuperare ulteriori quote di forza lavoro femminile al mercato locale passano
per il tramite delle politiche sociali.
Per questo è ormai imprescindibile rafforzare i supporti sul versante dei bisogni di cura. La moderna organizzazione familiare ne ha assoluta esigenza
tanto più che i tradizionali sostegni parentali si stanno riducendo: le nuove generazioni di potenziali donne lavoratrici infatti possono utilizzare meno il sup-
160
porto dei nuclei familiari di origine poiché le donne di questi nuclei sono anch’esse impegnate nel mondo del lavoro e pertanto impossibilitate a supportare il carico familiare dei loro figli.
Resta a monte di tutto la necessità di impostare un più efficace sistema di
conciliazione tra le esigenze del lavoro e quelle della famiglia, agendo sulla leva di una migliore organizzazione dei servizi e di un loro potenziamento.
OCCUPAZIONE PER SETTORE DI ATTIVITÃ (2002)
Provincia di Trento
Nord-Est
Italia
Agricoltura
M
F
5,4
2,1
5,7
3,6
5,5
4,2
Industria
M
F
38,8 11,6
44,6 25,1
38,8 20,1
Altre attività
M
F
55,8 86,3
49,7 71,3
55,7 75,7
INDICATORI DI OFFERTA DI LAVORO PER AREE TERRITORIALI (2002)
PROVINCIA DI TRENTO
Maschi
Femmine
NORD-EST
Maschi
Femmine
ITALIA
Maschi
Femmine
Tasso di
attività*
2002
Tasso di
occupazione*
Tasso di
disoccupazione
76,1
53,0
74,6
50,2
2,0
5,3
76,9
57,0
75,1
54,2
2,2
4,9
74,0
47,9
68,8
42,0
7,0
12,2
* i tassi di attività e di occupazione sono calcolati sulla popolazione residente in età lavorativa (15 - 64 anni)
OCCUPAZIONE PER QUALIFICA (2002) valori percentuali
Provincia di Trento
Nord-Est
Italia
Dirigenti e impiegati
M
F
29,9
52,4
28,2
46,1
31,4
50,0
Operai e assimilati
M
F
38,8 29,2
37,9 33,3
37,4 28,8
161
Altro
M
F
31,3 18,4
33,9 20,6
31,2 21,2
OCCUPAZIONE ALLE DIPENDENZE E AUTONOMA (2002) valori percentuali
Provincia di Trento
Nord-Est
Italia
Dipendenze
M
F
69,4 82,4
66,1 79,3
68,8 78,8
Autonoma
M
F
30,6 17,6
33,9 20,7
31,2 21,2
OCCUPAZIONE A TEMPO PARZIALE (2002) valori percentuali
Provincia di Trento
Nord-Est
Italia
Maschi
2,2
3,1
3,5
Femmine
22,8
20,4
16,9
Totale
10,4
10,2
8,6
OCCUPAZIONE TEMPORANEA (2002) valori percentuali
Provincia di Trento
Nord-Est
Italia
Maschi
8,2
6,9
8,4
Femmine
14,8
11,8
11,8
162
Totale
11,1
9,2
9,9
TESTO DI LEGGE
Art. 3, D.Lgs n. 61/2000) così come modificato dal d.lgs. 276/2003
(Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale.
Lavoro supplementare, lavoro straordinario, clausole elastiche)
TESTO PREVIGENTE
Testo dopo le modifiche
1. Il datore di lavoro ha facoltà di richiedere
lo svolgimento di prestazioni supplementari
rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma 2, nel
rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3, 4
e 6.
1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale
di tipo orizzontale, anche a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 del decreto
legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, il datore
di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai
sensi dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto
di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.
2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono il numero massimo delle ore di
lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a
tempo parziale lo svolgimento di lavoro
supplementare, nonchè le conseguenze del
superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi
stessi.
2. Il contratto collettivo, stipulato dai soggetti indicati nell’articolo 1, comma 3, che
il datore di lavoro effettivamente applichi,
stabilisce:
a) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili in ragione d’anno;
b) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola giornata lavorativa;
c) le causali obiettive in relazione alle quali
si consente di richiedere ad un lavoratore a
tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare.
In attesa delle discipline contrattuali di cui
al presente comma e fermo restando quanto previsto dal comma 15, il ricorso al lavoro supplementare è ammesso nella misura
massima del 10 per cento della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a
periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana.
3. L’effettuazione di prestazioni di lavoro
supplementare richiede in ogni caso il consenso del lavoratore interessato. L’eventuale
rifiuto dello stesso non costituisce infrazione disciplinare, né integra gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento.
4. I contratti collettivi di cui al comma 2
possono prevedere una percentuale di mag-
3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro
supplementare richiede il consenso del
lavoratore interessato ove non prevista e
regolamentata dal contratto collettivo. Il
rifiuto da parte del lavoratore non può
integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
4. I contratti collettivi di cui al comma 2
possono prevedere una percentuale di mag-
163
giorazione sull’importo della retribuzione
oraria globale di fatto, dovuta in relazione al
lavoro supplementare. In alternativa a quanto previsto in proposito dall’articolo 4,
comma 2, lettera a), i contratti collettivi di
cui al comma 2 possono anche stabilire che
l’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e
differiti sia determinata convenzionalmente
mediante l’applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la
singola ora di lavoro supplementare.
In attesa delle discipline contrattuali di cui
al comma 2, le ore di lavoro supplementare
nella misura massima del 10 per cento previste dall’ultimo periodo del medesimo
comma 2, sono retribuite come ore ordinarie.
5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di
tipo verticale è consentito lo svolgimento di
prestazioni lavorative straordinarie in relazione alle giornate di attività lavorativa. A
tali prestazioni si applica la disciplina legale
e contrattuale vigente, ed eventuali successive modifiche ed integrazioni, in materia di
lavoro straordinario nei rapporti a tempo
pieno. Salva diversa previsione dei contratti
collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, i
limiti trimestrale ed annuale stabiliti dalla
legge 27 novembre 1998, n.409, si intendono riproporzionati in relazione alla durata
della prestazione lavorativa a tempo parziale.
6. Le ore di lavoro supplementare di fatto
svolte in misura eccedente quella consentita
ai sensi del comma 2 comportano l’applicazione di una maggiorazione sull’importo
della retribuzione oraria globale di fatto per
esse dovuta, la cui misura viene stabilita dai
contratti collettivi di cui all’articolo 1,
comma 3. In assenza di previsione del contratto collettivo, si applica la maggiorazione
del 50 per cento. I medesimi contratti collettivi possono altresì stabilire criteri e modalità per assicurare al lavoratore a tempo parziale, su richiesta del medesimo, il consoli-
giorazione sull’importo della retribuzione
oraria globale di fatto, dovuta in relazione al
lavoro supplementare. In alternativa a quanto previsto in proposito dall’articolo 4,
comma 2, lettera a), i contratti collettivi di
cui al comma 2 possono anche stabilire che
l’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e
differiti sia determinata convenzionalmente
mediante l’applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta
per la singola ora di lavoro supplementare.
Periodo soppresso.
5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale
verticale o misto, anche a tempo determinato, è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed eventuali successive
modifiche ed integrazioni in materia di
lavoro straordinario nei rapporti a tempo
pieno.
6. Abrogato.
164
damento nel proprio orario di lavoro, in
tutto od in parte, del lavoro supplementare
svolto in via non meramente occasionale.
7. Ferma restando l’indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell’orario
con riferimento al giorno, alla settimana, al
mese ed all’anno, i contratti collettivi, di cui
all’articolo 1, comma 3, applicati dal datore
di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole elastiche in ordine alla sola
collocazione temporale della prestazione
lavorativa, determinando le condizioni e le
modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare detta collocazione, rispetto a
quella inizialmente concordata col lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma 2.
8. L’esercizio da parte del datore di lavoro del
potere di variare la collocazione temporale
della prestazione lavorativa a tempo parziale
comporta in favore del lavoratore un preavviso di almeno 10 giorni. I contratti collettivi di
cui all’articolo 1, comma 3, possono prevedere una durata del preavviso inferiore a 10
giorni ma, comunque, non inferiore a 48 ore;
in questo caso gli stessi contratti collettivi
possono prevedere maggiorazioni retributive
stabilendone forme, criteri e modalità. Lo
svolgimento del rapporto di lavoro a tempo
parziale ai sensi del comma 7 comporta
altresì in favore del lavoratore il diritto ad una
maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto, nella misura fissata dai contratti
collettivi di cui al medesimo comma 7.
9. La disponibilità allo svolgimento del rap-
7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del contratto di
lavoro a tempo parziale possono, nel
rispetto di quanto previsto dal presente
comma e dai commi 8 e 9, concordare
clausole flessibili relative alla variazione
della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a
tempo parziale di tipo verticale o misto
possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento
della durata della prestazione lavorativa. I
contratti collettivi, stipulati dai soggetti
indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e modalità in relazione alle
quali il datore di lavoro può modificare la
collocazione temporale della prestazione
lavorativa;
2) condizioni e modalità in relazione alle
quali il datore di lavoro può variare in
aumento la durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.
8. L'esercizio da parte del datore di lavoro
del potere di variare in aumento la durata
della prestazione lavorativa, nonchè di
modificare la collocazione temporale della
stessa, comporta in favore del prestatore di
lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra
le parti, di almeno due giorni lavorativi,
nonchè il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate
dai contratti collettivi di cui all'articolo 1,
comma 3.
165
porto di lavoro a tempo parziale ai sensi del
comma 7 richiede il consenso del lavoratore
formalizzato attraverso uno specifico patto
scritto, anche contestuale al contratto di
lavoro. Nel patto è fatta espressa menzione
della data di stipulazione, della possibilità di
denuncia di cui al comma 10, delle modalità di esercizio della stessa, nonché di quanto
previsto dal comma 11.
9. La disponibilità allo svolgimento del
rapporto di lavoro a tempo parziale ai
sensi del comma 7 richiede il consenso del
lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al
contratto di lavoro, reso, su richiesta del
lavoratore, con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale
aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non
integra gli estremi del giustificato motivo
di licenziamento.
10. Durante il corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il lavoratore
potrà denunciare il patto di cui al comma 9,
accompagnando alla denuncia l’indicazione
di una delle seguenti documentate ragioni: a)
esigenze di carattere familiare; b) esigenze di
tutela della salute certificate dal competente
Servizio sanitario pubblico; c) necessità di
attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma. La denuncia, in forma scritta, relativamente alle causali di cui alle lettere a) e b) potrà essere effettuata quando siano
decorsi almeno 5 mesi dalla data di stipulazione del patto e dovrà essere altresì accompagnata da un preavviso di un mese in favore
del datore di lavoro. In ordine alla lettera c) i
contratti collettivi di cui al comma 7 possono
stabilire un periodo superiore ai 5 mesi, prevedendo la corresponsione di una indennità.
I medesimi contratti collettivi determinano i
criteri e le modalità per l’esercizio della possibilità di denuncia anche nel caso di esigenze
di studio o di formazione e possono, altresì,
individuare ulteriori ragioni obiettive in forza
delle quali possa essere denunciato il patto di
cui al comma 9. Il datore di lavoro ha facoltà
di rinunciare al preavviso.
11. Il rifiuto da parte del lavoratore di stipulare il patto di cui al comma 9 e l’esercizio
da parte dello stesso del diritto di ripensamento di cui al comma 10 non possono integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
10. L'inserzione nel contratto di lavoro a
tempo parziale di clausole flessibili o elastiche ai sensi del comma 7 è possibile
anche nelle ipotesi di contratto di lavoro a
termine.
11. Abrogato.
166
12. A seguito della denuncia di cui al
comma 10 viene meno la facoltà del datore
di lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa inizialmente
concordata ai sensi dell’articolo 2, comma 2.
Successivamente alla denuncia, nel corso
dello svolgimento del rapporto di lavoro è
fatta salva la possibilità di stipulare un nuovo
patto scritto in materia di collocazione temporale elastica della prestazione lavorativa a
tempo parziale, osservandosi le disposizioni
del presente articolo.
13. L’effettuazione di prestazioni lavorative
supplementari o straordinarie, come pure
lo svolgimento del rapporto secondo le
modalità di cui al comma 7, sono ammessi
esclusivamente quando il contratto di lavoro a tempo parziale sia stipulato a tempo
indeterminato e, nel caso di assunzioni a
termine, limitatamente a quelle previste
dall’articolo 1, comma 2, lettera b), della
legge 18 aprile 1962, n. 230. I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, possono prevedere la facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie anche in relazione
ad altre ipotesi di assunzione con contratto
a termine consentite dalla legislazione
vigente.
14. I centri per l’impiego e i soggetti autorizzati all’attività di mediazione fra domanda
ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente
agli articoli 4 e 10 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a dare, ai
lavoratori interessati ad offerte di lavoro a
tempo parziale, puntuale informazione
della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9,
10, 11, 12 e 13 preventivamente alla stipulazione del contratto di lavoro. Per i soggetti di
cui all’articolo 10 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura
di detta informazione costituisce comportamento valutabile ai fini dell’applicazione
della norma di cui al comma 12, lettera b),
del medesimo articolo 10.
12. Abrogato.
13. Abrogato.
14. I centri per l’impiego e i soggetti autorizzati all’attività di mediazione fra
domanda ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e 10 del decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono
tenuti a dare, ai lavoratori interessati ad
offerte di lavoro a tempo parziale, puntuale informazione della disciplina prevista
dai commi 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 preventivamente alla stipulazione del contratto di lavoro. Per i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, la mancata fornitura di detta
informazione costituisce comportamento
valutabile ai fini dell’applicazione della
norma di cui al comma 12, lettera b), del
medesimo articolo 10.
167
15. Ferma restando l’applicabilità immediata della disposizione di cui al comma 3, le
clausole dei contratti collettivi in materia di
lavoro supplementare nei rapporti di lavoro
a tempo parziale, vigenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto legislativo,
continuano a produrre effetti sino alla scadenza prevista e comunque non oltre il 30
settembre 2001.
15. Abrogato.
168
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174
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2003
dalla Litografica Editrice Saturnia
in Roncafort di Trento
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