Educazione Attiva e Cooperazione Educativa L’EDUCAZIONE ATTIVA E LA COOPERAZIONE EDUCATIVA Introduzione all’Educazione attiva di Emanuela Cocever Excusus Educazione attiva è il termine che designa un insieme di riflessioni, ma soprattutto di esperienze educative diverse per riferimenti teorici, intenzioni, condizioni di realizzazione, collocazione nel tempo e nello spazio, accomunate dal considerare il bambino e la bambina o un qualsiasi interlocutore dell‟intervento educativo come parte attiva del processo educativo, oggi diremmo protagonista del suo sviluppo e del suo apprendimento. P. Bovet riassume quello che distingue i pensatori e gli operatori di questo orientamento nella considerazione che invece di profittare delle facoltà ricettive del bambino per imprimere su questa cera molle conoscenze ed abitudini [ .. 1 essi vedono anche e soprattutto, nel bambino, un organismo eminentemente attivo le cui facoltà si sviluppano principalmente attraverso l’azione (D.HAMELINE, A.JORNOD, M.BELKAID 1995). Rousseau, Pestalozzi, Froebel, Kerschensteiner, Freinet, Dewey, Baden Powell sono i nomi di riferimento quando si vuole ricordare chi ha sviluppato nel dibattito teorico e pratico sull‟educazione questa prospettiva. Ma l‟idea che il bambino sia attore del suo sviluppo è all‟opera in esperienze anche molto precedenti: Erasmo da Rotterdam, Comenius, le Petites Ecoles di Port Royal... Se i maestri e le maestre di Port Royal aderivano all‟idea della necessità dei bambini di essere „messi in forma‟ per evitare le tentazioni mondane, realizzavano però una didattica fortemente centrata sulla necessità di attivare 1 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa e cercare collaborazione nell‟interesse dei bambini all‟oggetto di studio e una organizzazione di vita quotidiana che teneva in gran conto l‟opportunità che i bambini si sentissero benvoluti e invitati da aspettative positive. Parlare di questo passato non è una digressione retorica, serve a sottolineare la nostra implicazione con fàtti anche lontani, a ricordare come „niente succede per la prima volta e niente si ripete‟. La presenza o l‟assenza delle ricerca di cooperazione nella pratica educativa non è da pensare tanto scandita in un prima o un dopo, ma da un apparire scomparire in ordine tanto diacronico quanto sincronico. Se questa prospettiva ci interessa dobbiamo essere consapevoli che non si è realizzata né si realizza una volta per tutte, che deve essere attivata settanta volte sette e che siamo ancora e sempre responsabili della sua esistenza. Le esperienze dell‟educazione attiva con la fine della prima guerra mondiale diventano un movimento che conosce un impulso particolare, mosso da due fenomeni, uno di carattere politico sociale, l‟altro di carattere scientifico e culturale. L‟esperienza dell‟ingiustizia nella detenzione del potere e delle tragiche conseguenze che questa comporta nella vita quotidiana di uomini e donne, in particolare quella della imperizia delle gerarchie militari, quindi dell‟ingiustizia sociale di fronte ai rischi mortali della guerra è decisiva per l‟affermazione di una esigenza di giustizia sociale che si afferma esplicitamente in movimenti politici e azioni di diverse organizzazioni sociali. Fra le categorie più attive c‟è quella degli insegnanti e la scuola è al centro di molte rivendicazioni. Freinet, in una lettera degli anni venti, scrive: Un popolo che la guerra ha unito, non può essere diviso in tempo di pace... i padri hanno vegliato nelle nelle stesse trincee Il i figli possono sedersi sugli stessi banchi (11. PEYRONIE 1999). La diffusione fra insegnanti ed educatori di quanto i primi psicanalisti stavano scoprendo circa aspetti fino allora trascurati dello sviluppo, le prospettive aperte dei lavori di S.Freud e dei clinici e ricercatori suoi collaboratori, senza 2 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa trascurare l‟interesse suscitato da quelli di Binet, confermano , a proposito della costruzione della personalità, del carattere, dell‟intelligenza, l‟intuizione di molti educatori che educazione ed apprendimento non sono fenomeni lineari riducibili all‟effetto di un emittente A su un ricevente B. Sono fenomeni complessi nei quali l‟attività del ricevente non è meno importante di quella dell‟emittente; il loro successo dipende da una collaborazione che si può raggiungere tenendo conto di aspetti che erano stati come la parte sommersa di un iceberg, la cui esplorazione è finalmente in corso. Partecipano a questo slancio motivato a volte da un idea umanista, a volte da un progetto politico, ma sempre concretizzato in un‟azione di definizione di formazione e di realizzazioni di scuole e servizi innovativi, uomini e donne diversi per tradizioni culturali e scientifiche, per collocazione geografica, per ambiti di azione e per fortuna successiva. Ne ricordo alcuni riducendo azzardatamente in una frase il nucleo delle loro esperienze: -J.Dewey (USA) la cui elaborazione filosofica verte sulla continuità fra esperienza e conoscenza, -M. Montessorí (Italia) che afferma la competenza dei bambini, fin da molto piccoli, e vede l‟opera dell‟educatrice come un‟azione sull‟ambiente di sgombero dagli ostacoli (il primo dei quali è la troppa voglia di aiutare dell‟educatrice stessa) e di offerta di opportunità perché la competenza si esprima; -O.Decroly (Belgio) che realizza una organizzazione degli apprendimenti corrispondente all‟assenza di soluzione di continuità negli ambiti di sviluppo; -Gandhi e R, Tagore (India) che promuovono luoghi di vita e centri di formazione dove la pratica spirituale, l‟apprendimento di un mestiere e la produzione artigianale sono fusi nella vita quotidiana; 3 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa -R.Baden Powell (Gran Bretagna) che costruisce un progetto di formazione di caratteri responsabili e solidali attraverso l‟esperienza di sé in un gruppo che passa dal gioco all‟azione sociale autoregolandosi secondo un insieme di intenzioni condivise, -A.S.Makarenko (URSS) che offre ai giovani sbandati di cui si occupa un‟esperienza di costruzione di un luogo dì vita che è nello stesso tempo costruzione di un gruppo e di un sé sociale; - R.Cousinet, C. Freinet (Francia) che mettono in forma un‟organizzazione scolastica che riconosce le caratteristiche individuali per utilizzarle in un progetto vantaggioso per il singolo e per il gruppo. -E. Pikler (Ungheria) che mette a punto la possibilità di una relazione educativa cooperativa fra l‟adulto e il bambino fin dai primi mesi di vita, quando il corpo è il solo strumento attraverso il quale un bambino percepisce, pensa, si esprime. Un momento forte: i trenta punti di Calais Alla fine degli anni venti il movimento fa un salto di qualità e passa dalla frammentazione di numerose iniziative alla messa in forma di un organismo che superi la frammentazione e offra a chi ha una pratica nell‟educazione attiva e ai molti che sono alla ricerca di riferimenti capaci di sostenere con metodi e tecniche generalizzabili il desiderio di innovare, un quadro di riferimento convincente e d efficace. Nel 1921 nel corso della riunione annuale della Ligue de l’éducation nouvelle, a Calais, viene stabilito l‟elenco di 29 punti (diventeranno 30 nel 1925) che caratterizzano il movimento e vincolano i suoi aderenti. La definizione Education nouvelle era stata usata, fino allora, con totale libertà. L‟ampliarsi ed articolarsi delle iniziative che affermavano fame parte aveva dato luogo a 4 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa confusioni e distorsioni. In questa occasione si stabilisce che una esperienza che voglia definirsi come appartenente all‟Educazione nuova deve realizzare almeno quindici dei 30 punti individuati. 1 trenta punti di Calais iniziano col delineare l‟organizzazione di una scuola e arrivano a formulare un progetto di educazione alla cittadinanza. Dieci principi riguardano la organizzazione generale: 1. L’Educazione nuova è un laboratorio di pedagogia pratica che si propone di servire di suggerimento alle scuole ufficiali; 2. L’Educazione nuova è un internato in atmosfera quanto più è possibile familiare; 3. L’Educazione nuova è stabilita in campagna; 4. L’Educazione nuova raggruppa gli alunni in padiglioni; 5. L’Educazione nuova pratica la coeducazione dei sessi; 6. L’Educazione nuova deve comprendere almeno un’ora e mezza al giorno di lavoro manuale; 7. La falegnameria occupa il primo posto fra i lavori manuali. Il giardinaggio e l’allevamento sono pure consigliati; 8. Devono essere possibili lavori liberi; 9. L’educazione fisica è realizzata mediante la ginnastica naturale, i giochi, gli sport; 10. Campeggi ed escursioni. Dieci principi riguardano l‟educazione intellettuale: 11. Sviluppare il giudizio piuttosto che la memoria; 5 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa 12. Specializzazione spontanea accanto a cultura generale; 13. L’insegnamento si basa sui fatti e sulle esperienze; 14. In conseguenza l‟Educazione nuova si appoggia sull‟attività personale del fanciullo; 15. L’insegnamento è fondato sull’interesse spontaneo degli alunni; 16. Il lavoro individuale consiste in ricerche sia attraverso. i fatti, sia fra libri, periodici, etc., e, in seguito, attraverso classificazioni secondo un ordine logico; 17. Il lavoro collettivo consiste nell’elaborazione comune di documenti particolari 18. L’insegnamento propriamente detto è limitato alla mattina 19. L’insegnamento non tratta più di una o due materie al giorno: la varietà deve sorgere dal modo di presentarle; 20. L’insegnamento tratta poche materie per ciascun mese o trimestre. Dieci principi riguardano l‟educazione morale: 21. L‟educazione morale si realizza dall‟interno all‟esterno e cioè per mezzo dellapratica,graduale del senso critico e della libertà 22. Per l’organizzazione amministrativa e disciplinare si applica il sistema rappresentativo democratico; 23. Premi e sanzioni -positive non si hanno se non come mezzo per promuovere l‟iniziativa; 24. Premi e sanzioni educative consistono nel mettere l‟alunno in condizione di raggiungere meglio il fine considerato come buono; 25. Auto emulazione; 6 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa 26. L’Educazione nuova deve presentare un’atmosfera estetica ed accogliente; 27. Musica collettiva, canto corale, orchestra; 28. L’educazione della coscienza consiste, per i fanciulli, soprattutto in racconti morali; 29. La maggior parte delle scuole nuove osserva un’attitudine religiosa senza settarismi e pratica la neutralità confessionale; 30. L’Educazione nuova prepara il futuro cittadino non solo in vista della nazione, ma anche in vista dell’umanità. (L. ROMANINI 1954, le sottolineature sono di chi scrive). Con questi punti, il movimento dell‟Educazione nuova formula un progetto di autoeducazione attraverso la valorizzaione dell‟interesse, dell‟esperienza pratica, nel rispetto e con l‟utilizzo di tutte le componenti dello sviluppo Il ruolo dell’educatore L ‟insegnante e, più in generale, l‟educatore coerente con questa impostazione non è un operatore di trasmissione (di contenuti, regole, etc.) ma un interlocutore capace di far fare esperienze e di accompagnarne l‟elaborazione globale. L‟opera degli educatori e degli insegnanti che si riconoscono nel movimento dell‟educazione attiva ha qualcosa in comune con (proseguono?) l‟opera della madre come la descrive Winnicott ( D.W. WINNICOTT 1989) quando parla della sua capacità di introdurre il bambino o la bambina ad un rapporto creativo col mondo. Dice Winnicott che il senso di realtà non si costruisce nel bambino con l‟insistere della madre sulla esteriorità delle cose esterne, ma con la capacità della madre di adattarssi ed adattare la realtà, al bisogno del bambino e 7 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa l‟adeguato decrescere di questa disponibilità. Ugualmente un educatore mette in grado il suo ínterlocutore di fare esperienze che lo confermino, nella sua capacità di intervenire con effetto nel mondo e lo fa modulando la sua funzione di mediazione. Così facendo si impegna anche perché il rapporto che intrattiene con ogni interlocutore sia orientato verso il mondo esterno e non alla coppia che essi formano. La relazione è una dinamo, non un obbiettivo in sé. Il concetto di mediazione è al centro della lettura delle esperienze di Freinet da parte di insegnanti e operatori dei servizi educativi e sanitari. Il „Gruppo di pedagogia e psicoterapia istituzionale‟ studia e lavora in particolare il ruolo fondamentale, ai fini dell‟apprendimento e della socializza ione, ma anche della riabilitazione nei gruppi a scuola e n elle strutture psichiatriche, delle mediazioni che le tecniche di lavoro, l‟uso degli strumenti, le regole gestite in gruppo, rappresentano (17. TOSQUELLES 1974, 1884; F. OURY 1971) Per questi educatori e terapeuti, la mediazione è un dispositivo materiale o organizzativo che regola gli scambi. E‟ un aspetto concreto della vita di gruppo offerto all‟attenzione del gruppo perché ne mobiliti l‟interesse cognitivo e affettivo e ne faciliti la comunicazione. Mette in gioco gli individui „a proposito di‟, muove le identificazioni in funzione di un compito, distribuisce la reattività e la energia oltre un rapporto frontale verso l‟interesse e l‟azione per le cose e le persone. Un punto forte: la previsione positiva Molti educatori del movimento condividono la qualità di essere degli scrittori efficaci e accattivanti, capaci di raccontare l‟esperienza senza utilizza e il gergo disciplinare. Avendo altri tempo e spazio a disposizione sarebbe interessante citare affermazioni di intenzioni, esposizioni di problemi, indicazioni di azione riferiti 8 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa ad aspetti. della vita scolastica e dei servizi interessanti e operativi per noi oggi, anche se la loro formulazione è lontana nel tempo. Faccio un esempio fra i tanti possibili. Riguarda l‟attribuzione di educabilità nei confronti di soggetti in situazione di difficoltà anche estrema, così come P. Meirieu la legge in una vicenda fondamentale nella storia dell‟educazione, attiva e non solo: quella del selvaggio dell‟Aveyron e del dott. Itard. Alla fine dei „700, nei boschi del centro della Francia era stato ritrovato un ragazzino dell‟apparente età di 10 - 12 anni, il cui aspetto e comportamento lasciavano immaginare che fosse stato abbandonato alla nascita e fosse cresciuto, quindi, fra gli animali e le piante, senza alcun contatto umano. L‟abbandono di bambini era un fatto non del tutto eccezionale, in quel periodo storico, ma questo ritrovamento avviene in un momento particolare per la storia delle scienze dell‟uomo. La rivoluzione francese aveva lasciato dietro di sé, in questo campo, molte idee innovative favorevoli alle ipotesi dell‟efficacia dell‟azione umana sulla salute, l‟intelligenza, il benessere. A Parigi lavorava Pinel (il medico che per primo aveva organizzato un ospedale per i matti secondo l‟ipotesi che vi potessero essere curati) ed era attiva una Societé des observateurs de l’ homme i cui membri dibattevano con passione dei rapporti fra innato e acquisito nell‟uomo. Le loro discussioni si basavano non solo su convinzioni, ma derivavano per quanto possibile da esperienze o esperimenti.. J. Itard, medico, era uno di questi intellettuali e chiese di avere in affidamento il „selvaggio‟ per potere realizzare un‟opera di educazione nei suoi confronti. Il governo accettò la sua proposta e J.Itard si mise all‟opera... I diari eccezionalmente dettagliati e accurati di J.Itard ci lasciano una testimonianza preziosa dell‟esperienza; utilizzandoli F. Truffaut ha realizzato uno dei suoi film più belli Il ragazzo selvaggio (A. CANEVARO, J.GAUDREAU 1997). 9 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa Philippe Meirieu apre la collezione di piccoli testi e video Reflechir avec les pedagogues d’hier aux questions éducatives d’aujourd’hui‟con queste parole: La storia dell’educazione è fatta di scommesse: un bambino è dichiarato perso, ‘anormale’, deficiente ‘, ‘ritardato, ‘incapace’ ... ed ecco che un uomo o una donna si alzano e rifiutano questo verdetto. Affermano che `si può fare qualcosa e che non si può e non si deve rassegnarsi. Si mettono al lavoro, ribellandosi alla fatalità alla quale altri attorno a loro si sottomettono. Inventano metodi, cercano soluzioni, attivano dispositivi per riportare chi ne era stato allontanato nel campo dell’umanità. A volte, il più delle volte non ci riescono del tutto. Ma il loro interlocutore fa comunque dei progressi. Spesso con difficoltà, ma quanto è necessario per non perdere la speranza. Hanno scommesso sull’educabilità... una scommessa insensata d ifronte a tutte le buone ragioni che indurrebbero a rinunciare. Una scommessa infinitamente necessaria. Una scommessa che è l’onore dell’educatore e la sua ragione d’esistere. Questa affermazione evita il rischio della demagogia e si mantiene nel campo drammatico, ma reale dell‟educazione, perché è accompagnata, nel testo di Meirieu, dalla considerazione della necessità di ottenere la collaborazione, di attivare la voglia di partecipare al progetto educativo, da parte dell‟interlocutore dell‟azione educativa. E‟ un tema che questo pedagogista francese tratta frequentemente (uno di quelli che alimentano la discussione ricorrente in Italia come in Francia sulla necessità o meno di un pensiero pedagogico per organizzare la scuola, fra pedagogisti, appunto e disciplinaristi) per mettere a fuoco qualcosa di simile a un disegno gestaltico nel quale non si riesce a cogliere il punto in cui le linee passano dal disegnare un elemento a disegnarne un altro. Stare in presenza di questo impossibilità di separare, e agire al suo interno, costituisce una 10 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa caratteristica dell‟atteggiamento educativo nella prospettiva dell‟educazione attiva. E’ necessario che ad un certo punto decidiamo di fare qualcosa di noi stessi e l’educatore non può farlo al posto dell’educando, può solo creare le condizioni perché l’altro prenda lui stesso la decisione, si assuma il rischio. Quello che oggi abbiamo capito meglio di quanto lo capisse Ilard è che non si può crescere al posto di qualcun altro. Si può, si deve, essere presenti, fare il possibile per aiutarlo . è il principio di educabilità ... Ma bisogna rispettare che sia l’altro a decidere, alla fine, del suo destino e dei suoi apprendimenti: è il principio di libertà. Il principio di libertà è indissociaffile dal principio di educabilità. Senza rispetto della libertà l’educabilità diventa addestramento. Senza educabilità il rispetto della libertà si trasforma in fatalismo (MEIRIEU 1999). Bibliografia A. CANEVARO, J. GAUDREAU L’educazione degli handicappati, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997 D. HAMELINE, A. JORNOT, M. BELKAID, L’école active. Textes fondateurs, Puf,Paris 1995 P. MEIRIEU, J G. Itard. Tous les enfants peuvent-ils etre éduqués ?, PEMF, 2001 A. VASQUEZ, F. OURY, L’educazione nel gruppo classe, ed. Dheoniane, Bologna 1971 H. PEYRONIE, Célestin Freinet, Hachette Education, Paris 1999 L. ROMANINI, Il movimento pedagogico all’estero, vol.I Le idee, vol. Il Le esperienze, La scuola editrice, Brescia 1953 11 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa F. TOSQUELLES, Education et psychotherapie institutionelle, HIaTUS, Mantes laVille 1984 D.W. WINNICOTT, Sulla natura umana, R. Cortina, Roma 1989. 12 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa Cooperazione Educativa Le scuole nuove o attive, che hanno assunto anche la denominazione di attivismo, rappresentano il metodo pedagogico per eccellenza incentrato sulla cooperazione educativa. Grazie a queste basi siamo potuti arrivare al Computer Support for Cooperative Learning (CSCL), ovvero al supporto del computer come strumento educativo e di cooperazione. La parola “cooperazione” deriva dal latino cum e operari ed ha il significato di “associazione di più individui che operano e lavorano insieme per uno scopo comune”. In ambito educativo il principio di cooperazione, ha assunto il senso di collaborazione costante tra maestro ed allievi, indicando anche una collaborazione degli allievi tra loro in un mutuo spirito di comprensione e simpatia. Tale principio verrà usato in ambito educativo solo nel secondo decennio del ventesimo secolo, quando Profit, un semplice insegnante, istituisce in Francia le prime Cooperative scolastiche; le origini di queste cooperative a sfondo antigerarchico e antitradizionalista con scopi egualitari, si ritrovano però in Gran Bretagna alla fine del 1700. Joseph Lancaster a Londra e Andrew Bell a Madras, creeranno rispettivamente luoghi importanti per la storia della pedagogia e della didattica: il primo darà vita alle scuole popolari dell‟età dell‟industrializzazione, il secondo invece, ad una scuola per figli maschi di militari europei. La scuola di Andrew Bell si basava sulla pratica del mutuo insegnamento: gli alunni più piccoli apprendevano l‟alfabeto dagli alunni più grandi già in grado di leggere qualche parola e questi ultimi venivano a loro volta istruiti dai compagni più esperti; ogni fila di banchi presente nell‟aula corrispondeva ad un grado di apprendimento e l‟ordine all‟interno di essa veniva controllato dai monitori, ovvero da alunni-maestri responsabili ognuno di una trentina di bambini, in modo tale che un solo insegnante potesse riuscire a seguire fino ad un massimo di cinquecento 13 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa ragazzi. La nascita vera e propria del movimento delle scuole nuove si ha alla fine del 1800, periodo in cui si affermano le varie identità nazionali e viene totalmente abbandonata l‟educazione rivolta all‟elitè presente durante la Restaurazione dei regimi monarchici europei. Il positivismo diventa la corrente filosofica per eccellenza, perché sarà alla base della scienza e della ragione umana e porterà a notevoli progressi scientifici e tecnologici come quelli creati da Charles Robert Darwin in fisiologia e più tardi da Sigmund Freud con l‟invenzione della psicoanalisi e da Jean Piaget con gli stadi di sviluppo mentale del bambino. Queste scoperte contribuiranno sempre più all‟affermazione di un atteggiamento diverso riguardo ai concetti di <<uomo>> e di <<educazione>>. Nello stesso periodo in quasi tutta Europa e negli Stati Uniti si sviluppano le istituzioni scolastiche e questa svolta tenderà a far diminuire l‟analfabetismo, a ridurre la manodopera nel settore primario ed aumentare il lavoro nel settore secondario e terziario. Il nuovo metodo delle scuole attive in Europa non si baserà più sulla centralità dell‟insegnante o del programma da svolgere, ma sulla struttura mentale e sulla personalità dell‟alunno, il quale diverrà protagonista del processo di apprendimento ed acquisirà coscienza dell‟educazione come strumento di emancipazione. I nuovi educatori porranno al centro del loro interesse l‟individuo integrato nella collettività e il concetto di collaborazione, ciò evidenzierà l‟importanza del rapporto con gli altri attraverso il quale sarà possibile prendere coscienza del proprio sé individuale soltanto rispettando il sé collettivo. Gli insegnanti avranno il compito fondamentale di promuovere e sviluppare l‟attività spontanea del bambino in modo tale che, partendo dalle <<passioni dominanti>> il bambino possa avere la possibilità di tirar fuori gli interessi meno pronunciati. Nelle <<scuole nuove>> verrà insegnata la socializzazione tramite la pratica del mutuo insegnamento, della vita comunitaria e democratica e dell‟autogoverno. 14 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa Una scuola attiva europea molto significativa è la scuola per fanciulli Rue De l’Ermitage, fondata dal medico belga O. Decroly e definita da lui stesso “scuola per la vita attraverso la vita”. Secondo Decroly la vita è mezzo e fine della scuola, quindi il metodo ed il programma educativi si devono adeguare alle necessità della vita e basarsi sulla psicologia infantile, perché tutti i bambini possiedono degli interessi spontanei, delle propensioni a conoscere e a svolgere determinate esperienze e un programma educativo che non tiene conto di tutto questo, può rivelarsi inutile e controproducente nei confronti dell‟allievo. Nelle esperienze didattiche francesi invece, Roger Cousinet ha cercato di realizzare una scuola che abbia come modello i metodi di uno stato: nel 1920 inizia un esperimento educativo che nomina repubblica dei ragazzi e che fonda sul metodo di lavoro libero per gruppi, un modello di associazione che i ragazzi seguono spontaneamente nei loro giochi. Cousinet adegua il modello educativo della scuola alle esigenze di socializzazione degli allievi, i quali vengono divisi in gruppi di cinque o sei membri, ciascuno dei quali ha all‟interno dell‟aula un proprio angolo di lavoro in cui sono radunati tutti gli strumenti necessari, quali lavagna, scaffali, libri, schedari, collezioni e così via. Il maestro suggerisce ai ragazzi gli argomenti, fornisce loro il materiali di documentazione, illustra le regole di lavoro, ma i ragazzi sono liberi di scegliere come condurre il loro lavoro. Cousinet voleva dimostrare che per mezzo del lavoro di gruppo gli scolari hanno la possibilità di acquisire una coscienza sociale, all‟interno della quale l‟attività didattica è il risultato di una integrazione degli sforzi di ciascun allievo con gli sforzi del gruppo-classe. Nella prima metà del novecento il pensiero pedagogico francese si arricchisce ulteriormente grazie al contributo di un maestro del sud della Francia, Celestine Freinet , il quale si discosta dalle scuole nuove dando origine ad una pedagogia popolare laica, impegnata a riscattare socialmente la classe operaia. Secondo Celestine Freinet ciascun individuo possiede per natura una 15 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa tecnica peculiare per adattarsi all‟ambiente che lo circonda e col passare del tempo l‟individuo perfeziona la tecnica grazie all‟esperienza a tentoni. Freinet afferma che tutti gli essere umani passano dai primi tentativi meccanici, tipici dell‟età infantile, a quelli intelligenti; durante questa fase l‟individuo non può essere lasciato solo, ha bisogno dell‟aiuto di un educatore non autoritario capace di rendere l‟apprendimento rapido e completo per mezzo dell‟esperienza. La scuola quindi deve andare di pari passo con la vita, deve sviluppare nell‟allievo le capacità di inserirsi in un ambiente socio-politico che richiede ai propri cittadini consapevolezza di diritti e doveri. Lo studioso svolge le prime esperienze di innovazione educativa accompagnando i ragazzi in campagna e nei laboratori artigiani, in modo che l‟esperienza concreta diventi spunto per lezioni di storia, geografia e calcolo e faccia così aumentare negli allievi, la motivazione e l‟interesse ad apprendere. Celestine Freinet trasformò la scuola in una piccola comunità, all‟interno della quale erano presenti: una costante cooperazione tra insegnanti e tra alunni ed insegnanti; laboratori sia per lavori manuali che per attività intellettuali in cui le attività vengono supportate da alcune tecniche come il testo libero, la tipografia, la corrispondenza interscolastica, il calcolo vivente e lo schedario autocorrettivo. L‟esperienza di Celestine Freinet attira l‟attenzione di numerosi pedagogisti ed educatori in tutta Europa, in particolare in Italia e in Francia, negli anni cinquanta, la tecnica della tipografia rappresenta il punto di svolta per dar vita, all‟interno della scuola pubblica, ad un‟educazione innovativa basata sulla cooperazione tra insegnanti ed alunni. In Italia nasce il MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) e in Francia l‟ICEM (Institut Coopèratif de l’Έcole Moderne). Per sviluppare ulteriormente la socializzazione, le scuole dell‟attivismo tedesco, crearono un ambiente scolastico all‟interno del quale bambini di età e sesso differenti potessero lavorare insieme e dove gli alunni più progrediti o più anziani 16 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa avessero la possibilità di aiutare gli altri, così che lo sforzo di ciascun individuo andasse a beneficio della vita comunitaria. L‟attivismo americano, di cui il padre è John Dewey, vede la costruzione del pensiero dell‟individuo ricoperta dall‟esperienza e tale esperienza determina una serie di interazioni tra il soggetto e l‟ambiente socio-culturale che lo circonda. Il ruolo primario della conoscenza è <<elaborare soluzioni appropriate ai problemi posti dall‟esperienza>> , dunque per ciascun individuo <<il vero è il verificato>>. I punti principali della scuola attiva di John Dewey sono due: 1) la libertà della persona, che non consiste nel libero arbitrio, ma nella possibilità di organizzare le proprie azioni in modo tale da poter trasformare la realtà a seconda delle proprie esigenze; 2) la scuola come forma di vita di comunità, in grado di rivestire il ruolo di comunità in miniatura e quindi a stretto contatto con l‟ambiente circostante. In Italia, nei primi anni del „900, l‟attivismo pedagogico è sperimentato nelle Case dei bambini di Maria Montessori e nella scuola materna di Rosa Agazzi e Carolina Agazzi. La prima casa dei bambini di Maria Montessori è del 1907, viene fondata a Roma e destinati ai bambini del quartiere San Lorenzo; è una scuola speciale, una vera e propria casa dei bambini e non costruita per i bambini. L'intero arredamento della casa è progettato e proporzionato alle possibilità del bambino, il quale interagisce attivamente con il materiale proposto, mostrandosi concentrato creativo e volenteroso. Qui trova un ambiente per potersi esprimere in maniera originale e allo stesso tempo per poter apprendere gli aspetti fondamentali della vita comunitaria grazie anche alla partecipazione attiva di genitori ed insegnanti. Il pensiero pedagogico montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici e successivamente si espande allo studio dell'educazione per tutti i bambini. La sua ideologia identifica il bambino come essere completo, capace di sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali (come l'amore), che l'adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. Il principio 17 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa fondamentale del pensiero montessoriano è la libertà dell‟allievo, perché soltanto la libertà è in grado di favorire la creatività del bambino già presente nella sua natura. Dalla libertà infine, deve emergere la disciplina, perché un individuo disciplinato è capace di regolarsi da solo quando sarà necessario seguire le regole della vita. La scuola materna delle sorelle Agazzi viene progettata in modo tale che rispecchi l‟ambiente abituale del bambino: una piccola casa all‟interno della quale il piccolo ha la possibilità di svolgere attività domestiche come a casa propria. Il materiale didattico di questa particolare scuola materna ha un giardino con animali e piante, attraverso cui il bambino può prendersi cura degli animali e lavorare la terra; un museo delle cianfrusaglie, in cui vengono raccolti materiali ritrovati dai bambini e successivamente utilizzati come materiale didattico; i contrassegni, ovvero immagini di oggetti di uso comune che contrassegnano le proprietà dei beni individuali dei bambini e che hanno lo scopo di educarli al linguaggio e all‟uso dei simboli. L‟insegnamento agazziano si basa su una programmazione scolastica che riguarda il fare e il conoscere attraverso l‟introduzione di attività di vita pratica, di lingua parlata, di lavoro manuale e di norme che regolano l‟educazione della voce per mezzo di esercizi ritmici. Nel primo ventennio del „900 il principale sostenitore delle scuole nuove in Italia è Giuseppe Lombardo Radice, il quale ritiene opportuno che maestro e alunno vivano insieme il processo educativo. L‟educazione, secondo il pedagogista, è possibile soltanto se i ragazzi frequentano scuole statali fondate sul rispetto della libertà individuale e sulla collaborazione tra allievi; il compito principale dell‟insegnante consiste nel fornire all‟alunno un ideale di vita e valori fondamentali quali il riconoscimento che ogni individuo fa parte dell‟umanità, cioè di una comunità di esseri umani distinti, ma uniti tra loro dallo spirito universale concretizzato nello Stato. Tenendo presente che ogni allievo è inserito in una situazione socio-economico-ambientale che lo rende diverso dagli altri, Giuseppe Lombardo Radice rifiuta un‟educazione realizzata 18 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa con metodi standardizzati e delinea una figura di maestro in grado di adottare diversi accorgimenti e di assumere mezzi di volta in volta adeguati per aiutare ogni ragazzo a crescere secondo la propria personalità. Basandosi sugli stessi presupposti Roberto Codignola nel 1945 fonda a Firenze Scuola-Città Pestalozzi, la prima scuola statale a tempo pieno che accoglie ragazzi del quartiere popolare di S. Croce. Il nome steso <<Scuola-Città>> sottolinea lo stretto legame tra scuola e società, affinché le forze innovatrici della società agiscano sulla scuola per promuoverne il rinnovamento, mentre le forze educative animate dallo spirito di trasformazione e di progresso formino nei ragazzi un atteggiamento di indipendenza e di autonomia. La <<ScuolaCittà>> simula proprio l‟organizzazione della società degli adulti ed ha al suo interno la mutua, il consorzio agrario, la cooperativa, il giornale, la biblioteca, la giunta e la corte d‟onore. Formare una coscienza etica e civile in coloro che appartengono alle classi più povere risulta essere il principale compito dell‟educatore anche secondo don Lorenzo Milani, che nel 1954 dà vita nella sua parrocchia di Barbiana ad una scuola popolare serale. Nella scuola di Barbiana vengono insegnati e sperimentati gli istituti democratici per formare nelle giovani generazioni il senso della legalità ed una coscienza politica, ovvero la consapevolezza che la civiltà umana può progredire solo grazie a leggi migliori ed alla partecipazione dei singoli individui alla vita della comunità. don Lorenzo Milani si occupa dell‟istruzione di giovani operai e contadini perché ritiene che a loro manchi completamente una coscienza del passato, del presente e del futuro; a tal proposito l‟interesse maggiore è rivolto allo studio della lingua italiana, attraverso la lettura ed il commento delle grandi opere del passato e dei giornali per portare i giovani a leggere con spirito critico il produttivismo ed il consumismo che dominano la società. Anche don Lorenzo Milani si avvale del mutuo insegnamento, accompagnato dalla tecnica della scrittura collettiva, 19 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa attraverso cui la consapevolezza individuale e la riflessione di gruppo coesistono e si completano a vicenda. La pratica collaborativa è stata per lungo tempo utilizzata in ambito didattico senza l‟utilizzo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche, ma dal 1980 in poi, nella riflessione pedagogica si afferma il cognitivismo sociale che, facendo riferimento a Lev Semyonovich Vygotskij, Jean Piaget e Jerome Seymour Bruner , mette in evidenza l‟importanza del linguaggio come strumento di formazione dell‟intelligenza e rivaluta l‟ambiente sociale, l‟interazione tra esseri umani ed il rapporto tra individuo e contesto culturale. La cooperazione “tecnologico/strumentale” In questo contesto si è delineata una nuova generazione di sostenitori della cooperazione educativa che utilizzano le nuove tecnologie come strumenti per un apprendimento attivo, interattivo, significativo e condiviso. A partire dagli anni novanta, con l‟avvento delle reti telematiche cambia completamente l‟attenzione verso la comunicazione e quindi tende a mutare anche l‟interazione umana supportata dalle tecnologie. Nello stesso periodo vengono documentate, in varie parti del mondo, esperienze didattiche che si avvalgono delle tecnologie per lo sviluppo in ambito educativo e scolastico, tra queste c‟è il workshop di Timothy Koschmann che si basa sull‟utilizzo dell‟acronimo CSCL (Computer Support for Collaborative Learning, ovvero tecnologie per l’apprendimento collaborativo). Questo acronimo sta ad indicare quelle esperienze in cui è fondamentale l‟utilizzo della telematica a supporto delle pratiche di apprendimento collaborativo e cooperativo, le quali si basano su groupware: un software utilizzato da gruppi anziché da singoli individui che ha lo scopo di favorire il lavoro di equipe o forme di creazione collaborativa di conoscenza. Le prime esperienze in questo campo si sviluppano nel Nord America, con studenti che utilizzano computer Apple connessi a reti locali: gli 20 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa strumenti utilizzati sono in grado di favorire e supportare dinamiche di interazione e lavoro di gruppo. Secondo lo studioso Antony Kaye è possibile individuare quattro categorie di tecnologie capaci di supportare attività collaborative e di facilitare l‟apprendimento: la prima sono i sistemi di comunicazione sincroni e asincroni , la seconda sono i sistemi per la condivisione di risorse (condivisione dello schermo, di programmi software o di file), la terza sono i sistemi di supporto ai processi di gruppo (calendari condivisi, sistemi per la gestione dei progetti, strumenti di votazione, ecc.) ed infine la quarta categoria, introdotta negli ultimi anni, che si basa sulla “simulazione immersiva” (Mud, Moo, Muse, ecc.) dei giochi di ruolo e che spesso viene impiegata anche nella didattica on-line e nelle esperienze di apprendimento in rete. Nell‟ambito delle CSCL, trovano una loro specificità ambienti software peculiari, che consentono di integrare in maniera evidente le teorie pedagogiche sovrastanti con adeguate metodologie didattiche. Tra le ricerche che più di altre hanno fatto scuola nel campo delle CSCL è necessario citare, anche come caso rappresentativo per questo tipo di applicazioni, lo CSILE Project (Computer Supported Intentional Learning Environment) ideato più di un decennio fa da Marlene Scardamalia e Carl Bereiter presso il “Centre for Applied Cognitive Science” dell‟Univesità di Toronto. Questo progetto fa riferimento alla convergenza dei modelli didattici di impronta costruttivista con un particolare utilizzo delle nuove tecnologie e costituisce un punto nodale per favorire e sostenere negli studenti la motivazione e la capacità di lavorare riflettendo attorno ai compiti. La tipologia di intervento didattico prevede uno specifico ricorso alle attività di problem solving progressivo, mirate ad aumentare il livello di indagine e di approfondimento dei problemi attraverso il coinvolgimento attivo degli studenti; per consentire questo il software di CSILE fornisce una particolare implementazione di un database le cui informazioni possono essere inserite dai singoli studenti e quindi commentate e revisionate 21 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa dal gruppo nel corso del lavoro seguendo il modello di riferimento di una redazione che scrive articoli per riviste scientifiche. In questo processo ciascuno è al tempo stesso ricercatore, insegnante ed allievo, mentre il docente della classe, abbandonando il ruolo di depositario del sapere, diventa il semplificatore dei processi e il garante dell‟organizzazione dei percorsi di ricerca e dell‟esattezza delle analisi. Il software CSILE contiene dati che di per sé non sono niente, senza una fitta ragnatela di connessioni logiche e comunicative in grado di trasformare i dati stessi in conoscenza significativa per un gruppo e i processi di sviluppo di questa conoscenza significativa sono resi evidenti dal software, consentendo agli studenti di poterli riconoscere: per questo le ramificazioni delle interazioni comunicative vengono visualizzate graficamente. CSILE si è negli anni evoluto e con l‟avvento di internet è stato reso disponibile per il Web con una versione chiamata WebCSILE, oggi conosciuta con il nome Knowledge Forum (KF). KF, giunto alla versione 4.5, è attualmente un prodotto client-server commercializzato dalla società californiana Learning in Motion. In ambito europeo vengono utilizzati altri strumenti che enfatizzano le così dette “metodologie conversazionali”, tra cui il progetto Innovative Technologies for Collaborative Learning (ITCOLE), finanziato Commissione Europea per le IST (Tecnologie per la dalla Società dell’informazione) e basato sul sostegno delle pratiche didattiche all‟interno della scuola. Da questo progetto nascono un Portale Internet, Euro-CSCL e due prodotti software che si prefiggono di supportare la costruzione del sapere attraverso la collaborazione di classi scolastiche: Synergeia e File3. Synergeia offre uno spazio di lavoro condiviso orientato al web, all‟interno del quale è possibile avviare attività di apprendimento collaborativo in grado di prevedere la possibilità di: condividere documenti ed idee; registrare i confronti tra i partecipanti; sviluppare e presentare artefatti di conoscenza. Gli insegnanti hanno la possibilità di strutturare, avviare e guidare i lavori 22 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa all‟interno di Synergeia, facilitando così la costruzione del sapere all‟interno delle loro classi. File3, Future Learning Environment, è stato sviluppato dall‟Università di Arte e di Design di Helsinki ed è un sistema di apprendimento anch‟esso basato sul web, open source e disponibile in varie lingue fra cui l‟italiano. E‟ stato progettato per aiutare gruppi di studenti nell‟attivazione dei processi di apprendimento mediante la costruzione della conoscenza e attraverso la ricerca; gli studenti hanno anche la possibilità di costruire artefatti multimediali composti da suoni, immagini e testo, in maniera del tutto collaborativa. Gli strumenti CSIL risultano particolarmente congeniali all‟interno dei modelli didattici in grado di valorizzare il lavoro di gruppo e la creazione cooperativa di conoscenza attraverso la discussione. Lo sviluppo di comunità di apprendimento risulta efficace soltanto se l‟impostazione dei lavori si svolge ispirandosi ai modelli di problemi reali e, più in generale, a tutti quei modelli di stampo costruttivista che richiedono situazioni di attivazione degli individui in contesti per loro significativi. Il lungo percorso didattico che parte dal 1700 e arriva fino ai giorni nostri, mette in evidenza come le nuove tecnologie e in particolar modo il computer, non abbia stravolto i metodi educativi rivolti all‟apprendimento, bensì li abbia sviluppati, traendo ispirazione anche dalle pratiche delle scuole nuove. Questo sviluppo ha permesso la nascita delle tecnologie dell‟educazione, prima in area anglosassone e poi nel resto del mondo durante la seconda metà del novecento, come studio di principi, metodi e mezzi per progettare, implementare, gestire e valutare il processo di apprendimento. All‟interno delle varie articolazioni le tecnologie dell‟educazione hanno mostrato di convergere verso due poli principali, quello della comunicazione (con spostamento di accento sui media, sulle varie tipologie di media e sugli usi dei media) e quello della razionalizzazione dell‟istruzione (con spostamento di accento sui criteri progettuali ed organizzativi), che ha trovato il riferimento di maggior rilievo storico nell‟istruzione programmata. I nuovi media interattivi (personal media, 23 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa sociomedia, telemedia) hanno portato al bisogno di ripensare gli ambienti e la progettazione educativa in forma nuova, stabilendo rapporti più stretti con il cognitivismo e questa fusione ha portato a sua volta alla tecnologia cognitiva, la quale si basa sull‟interazione e sull‟integrazione uomo macchina. Tale integrazione mette in evidenza l‟importanza di una ridefinizione degli ambienti formativi, quindi la necessità di affrontare le problematiche di una nuova progettazione e di una nuova realizzazione di essi. I nuovi ambienti formativi dovranno cambiare, sul piano tecnologico: occorreranno mezzi che consentano di strutturare-ristrutturare le conoscenze in forma più agile rispetto a quelli tradizionali e che offrano nuove forme di comunicazione, dialogo ed accesso a risorse distribuite a distanza; sul piano teorico: occorrerà una maggiore attenzione verso la dimensione metacognitiva, cioè uno spostamento di riflessione sui criteri e sulle strategie che si perseguono rispetto alla quantità di contenuti da padroneggiare; sul piano sociale ed istituzionale: occorrerà una maggiore attenzione da parte di istituzioni ed agenzie formative verso la fattibilità di soluzioni formative diverse da quelle tradizionali (scuola, classe) e verso nuove integrazioni tra modelli formali-informali, scuola-territorio, come ad esempio le recenti esperienze statunitensi ad espressioni quali orientamento <<comunità costruttivista di che vengono apprendimento>> o indicate <<comunità con di conoscenza>>. All‟interno delle comunità di apprendimento si ritrovano elementi già noti durante la tradizione educativa di stampo attivistico, quali il lavoro di gruppo e la metodologia della ricerca, entrambi supportati da un più analitico corredo tecnologico. Le tecnologie informatiche legate all‟educazione diventano indispensabili strumenti di regolazione, ampliamento e monitoraggio dei flussi comunicativi e dell‟attività progettuale cui tutti i partecipanti, dislocati anche in più scuole, devono partecipare. Grazie all‟utilizzo di tali tecnologie gli studenti hanno la possibilità di conoscere il lavoro degli altri e di poter intervenire su di esso. Esperienze di questo genere hanno portato alla 24 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa designazione di tecnologia degli ambienti formativi, un‟area che ha come oggetto lo studio dei criteri e dei metodi che si basano sull‟individuare, allestire e modificare i diversi dispositivi (impalcature simboliche e fisiche)capaci di favorire gli scambi comunicativi per lo sviluppo di eventi formativi. La tecnologia degli ambienti formativi, favorisce notevolmente la formazione degli studenti di oggi, ma i dispositivi utilizzati devono sviluppare particolari forme di scambio e dialogo tra individui, altrimenti la formazione stessa risulterebbe un evento del tutto accidentale ed incontrollabile, così come in passato, l‟utilizzo dei materiali didattici delle scuole nuove sarebbe risultato inutile senza lo scambio del mutuo insegnamento tra allievi. Bibliografia: Brown J.S.- Duguid P., Apprendimento nelle organizzazioni e “comunità di pratiche”, in Pontecorvo C. ET AL., op. cit., 1995 Dewey J., Democrazia ed educazione, Edizioni La Nuova Italia, Firenze 1949 Dewey J., Scuola e società, Edizioni La Nuova Italia, Firenze 1949 Ferrière A., La scuola attiva, Edizioni Bemporad, Firenze 1929 Kaye A., Apprendimento collaborativo basato sul computer, in “TD”, n. 4, 1994 Koschmann T. D., Toward a Theory of Computer Support for Collaborative Learning, in “The Journal of Learning Sciences”, Special issue: Computer Support for Collaborative Learning, vol. 3, n. 3, 1993-94 Laeng M. (a cura di), Enciclopedia Pedagogica, Edizioni La Scuola, Brescia 1989 Pravettoni G., Web psychology, Edizioni Guerini e Associati, Milano 2002 25 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa Prellezo J.M., Lanfranchi R., Educazione e Pedagogia nei solchi della storia, Società editrice internazionale, Torino 1997 Prevot G., Pedagogia della cooperazione scolastica, Edizioni La Nuova Italia, Firenze 1963 26 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa ALCUNE FIGURE SIGNIFICATIVE Roger Cousinet. pedagogista ed educatore francese (Juvisy-sur-Orge 1881-Parigi 1973). Dopo aver studiato alla Sorbona, che frequentò insieme con Th. A. Ribot, A. Binet ed E. Durkheim e in cui insegnò pedagogia dal 1942 al 1957, si dedicò a un'intensa attività pubblicistica, collaborando a numerose riviste. Nel 1920 fondò, insieme con T. Guéritte, l'associazione della Nouvelle Èducation e la rivista omonima, e nel 1945, in collaborazione con Chatilain, L'Ècole Nouvelle Française. Il suo metodo, messo a punto nel 1920, chiaramente influenzato dall'attivismo e dall'educazione nuova di E. Claparède e A. Ferrière, prevede la formazione di gruppi di lavoro, creati spontaneamente dai bambini in risposta agli stimoli dell'interes se, in cui le materie di insegnamento si trasformano in attività libere. Esse vengono distinte in due direttrici principali: attività di creazione (lavoro manuale in genere) e di conoscenza (lavoro storico, geografico, linguistico, ecc.). Fondamentale l'importanza data all'attività di socializzazione, tramite cui il bambino può superare l'iniziale contrasto fra individualità ed essere sociale e giungere alla maturazione attraverso la spontanea – seppure guidata – collaborazione con i propri compagni. Fra le opere di Cousinet si ricordano: La vie sociale des enfants (1950) e La vie sociale et le travail par groupes (1956). Célestin Freinet educatore e pedagogista francese (Gars, Alpi Marittime, 1896-Vence 1966). Insegnante elementare, studiò e sperimentò nuovi metodi di insegnamento attivo, rivolti a portare nella scuola un nuovo spirito comunitario, attraverso l'applicazione alle attività scolastiche dei criteri del mondo del lavoro. I metodi 27 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa didattici creati da Freinet sono: l'introduzione della tipografia nelle classi, con un giornale composto e stampato dai ragazzi; il “testo libero”, testo costituito da sensazioni, esperienze, descrizioni lette e discusse durante le lezioni; il disegno libero; la biblioteca di lavoro; la raccolta di materiale che sostituisce il libro di testo; la corrispondenza interscolastica, scambio di testi e lettere fra le varie classi; schedari di consultazione e autocorrettivi per l'insegnamento della lingua e della matematica. Le finalità precipue dell'educazione sono così il rispetto del processo psicologico e della capacità creativa dell'allievo e una sua vasta socializzazione. Il movimento fondato dall'educatore francese ha migliaia di aderenti, organizzati, sul piano internazionale, nella Coopérative de l'Enseignement Laïc. In Italia il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), sorto fra il 1950 e il 1951, ispirandosi a Freinet svolge fra gli insegnanti una consistente opera d'innovazione tecnico-metodologica e di sensibilizzazione politica nell'ambito di una prospettiva laica e marxista. Fra le opere di Freinet: L'éducation du travail (1947; L'educazione del lavoro), L'école moderne française (1948; La scuola moderna francese), Essai de psychologie sensible appliquée à l'éducation nouvelle populaire (1949; Saggi di psicologia applicata alla nuova educazione popolare), raccolta di saggi per la scuola materna ed elementare, Les Techniques Freinet de l'École moderne (1964; Le mie tecniche). BIBLIOGRAFIA A. Pettini, Le tecniche Freinet, Rimini, 1952; M. Mencarelli, Le tecniche Freinet, Firenze, 1956; G. Tamagnini, Didattica operativa. Le tecniche Freinet in Italia, Camerino, 1965; A. Pettini, Célestin Freinet e le sue tecniche, Firenze, 1968; G. Balduzzi, L'educazione del lavoro di Célestin Freinet, Napoli, 1983. John Dewey IL PENSIERO FILOSOFICO 28 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa Filosofo e pedagogista statunitense (Burlington 1859-New York 1952). Di modesta famiglia, frequentò l'Università del Vermont, dove ebbe i primi contatti con la filosofia evoluzionistica, con l'intuizionismo scozzese e con la filosofia di Comte. Fu poi a Baltimora, dove assorbì l'hegelismo. A contatto con i Principles of Psycology del James, si allontanò dall'hegelismo e diede al suo pensiero un indirizzo completamente nuovo, da lui stesso definito strumentalismo. Si dedicò allora, prima a Chicago e poi a New York, alla creazione di una scuola organizzata come laboratorio sperimentale. Lo strumentalismo, senza essere un punto di vista eclettico, segnò tuttavia la convergenza tra pragmatismo e illuminismo. La sintesi di questi diversi indirizzi, che si riscontrano in Experience and Nature (1925; Esperienza e natura) e in The Quest for Certainty (1929; La ricerca della certezza), segnò in primo luogo un radicale innovamento del concetto di “esperienza”, proprio dell'empirismo classico. Tale concetto infatti, secondo Dewey, è il risultato di una semplificazione e di una sofisticazione della realtà. La realtà infatti non è chiarezza e semplicità come vorrebbe l'empirismo classico: include invece fattori d'instabilità, di rischio, d'incertezza e oscurità. Un'adeguata teoria dell'esperienza deve riconoscere e indicare esplicitamente questi fattori. Il rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale e sociale è sempre incerto e instabile. Nessuna struttura e tantomeno l'autoillusione (“la fallacia filosofica”, come la chiama Dewey) garantisce questi rapporti: l'unica garanzia, sia pure provvisoria e tale da richiedere un costante controllo, è l'atteggiamento della “ricerca”, che Dewey, in Logic, the Theory of Inquire (1938; Logica, teoria dell'indagine), definisce “la trasformazione diretta o controllata di una situazione indeterminata in una situazione determinata nelle sue distinzioni e relazioni costitutive a tal punto da convertire gli elementi della situazione originaria in una totalità unificata”. Essendo la trasformazione di una situazione lo scopo della ricerca, il rapporto tra mezzi e fini deve essere concepito, secondo Dewey, come rapporto d'“integrazione”. Tale rapporto è centrale nel pensiero di Dewey e viene ripreso in tutte le sue opere principali. Esso coincide 29 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa con il significato e la portata della razionalità, che consiste nella scelta di finalità adeguate e conformi ai mezzi che si hanno a disposizione per realizzarle e nello stesso tempo nella scelta di mezzi atti a produrre gli effetti ai quali si tende. Questo punto di vista esclude che la razionalità sia una facoltà preesistente ai procedimenti della ricerca, caratterizzata da strutture a priori indipendenti. La riduzione delle “facoltà” umane sotto il concetto di funzione, che viene operata da Dewey nei confronti del concetto di razionalità, viene analogamente operata per le altre “facoltà” umane: la coscienza infatti è il momento critico e negativo dell'esperienza, quando l'esigenza di un mutamento radicale viene sentito con intensità particolare. La coscienza è l'esperienza stessa nel momento della sua crisi. Lo spirito non è cosa che appartenga in proprio all'individuo ma è ciò che costituisce il sistema di credenze, di abitudini, di valori in cui l'individuo si trova inserito. L'io infine non è la semplice individualità, ma il momento innovativo, originale, liberatorio dell'esperienza mediante il quale essa si libera dai vincoli del passato e assume nuovi significati. Il carattere sperimentale è comune, secondo Dewey, tanto alla scienza propriamente detta quanto all'esperienza quotidiana del senso comune. Il fatto che quest'ultimo operi in modo meno rigoroso e con linguaggi assai meno complessi di quelli di cui si serve la scienza, non toglie che anche nella vita comune gli uomini procedano sperimentalmente, cioè correggendo e modificando di continuo le loro idee sugli insegnamenti dell'esperienza. Il compito stesso della filosofia dell'arte (Art as Experience, 1934, Arte come esperienza) consiste, secondo Dewey, nel ritrovare una continuità tra quelle forme raffinate e concentrate dell'esperienza, che sono le opere d'arte, e gli avvenimenti di tutti i giorni. L'impedimento maggiore al pieno esplicarsi della scientificità e del senso comune deriva dal peso che esercitano su di esso l'autoritarismo e il dogmatismo delle filosofie tradizionali. La concezione del conoscere come mera contemplazione e la svalutazione del mondo della pratica e del lavoro, che è caratteristica di queste filosofie, ha le sue radici, secondo Dewey, in determinate condizioni economiche e sociali. Interprete delle più alte 30 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa tradizioni democratiche americane e, in particolare, dello spirito del New Deal rooseveltiano, la filosofia di Dewey è permeata dell'idea che democrazia e scienza sono due aspetti complementari di una stessa realtà. Come la fede democratica ha infatti la sua radice nell'idea della perfettibilità dell'uomo, nella convinzione cioè che l'uomo può migliorarsi e correggersi con l'esperienza, la scienza presuppone, a sua volta, una società democratica e libera in cui il ricambio e la circolazione delle idee non siano ostacolati né da pregiudizi di casta né da privilegi sociali. IL PENSIERO PEDAGOGICO Sulle sue tesi filosofiche Dewey costruisce un pensiero e una tecnica pedagogica che ispirarono largamente fin dai primi decenni del secolo soprattutto le scuole americane. Il fondamento della pedagogia deweyana risiede nella teoria dell'interesse, posto in intima interrelazione con il concetto di sforzo: “lo sforzo senza interesse è pratica da lavoro forzato, ma l'interesse che non suscita sforzo non è interesse vero” (Visalberghi). Il concetto d'interesse, inoltre, è al centro della concezione deweyana della scuola come vita: la stessa tesi della continuità tra scuola e famiglia è un corollario dell'importanza fondamentale attribuita a tale concetto. Per Dewey non c'è scuola attiva senza presenza del lavoro incentrato sull'interesse. L'educazione è “attiva” in quanto “formatrice di attitudini atte ad adeguare plasticamente l'individuo alle sempre rinnovantisi condizioni ambientali e in quanto promotrice di maturità critica e di spirito d'intrapresa”. Individuo e società sono inseparabili e l'educazione come scienza si deve riferire tanto alla psicologia quanto alle scienze sociali. Lo sviluppo adeguato dei due momenti del processo educativo è reso possibile dall'assetto democratico, fuori da ogni divisione classista e da ogni chiusura nazionalistica. La concentrazione industriale e la divisione del lavoro, emarginando la funzione produttiva della famiglia, hanno reso impossibile la partecipazione e l'interesse dei ragazzi ai processi di produzione. Tale fenomeno ha accentuato la scissione fra cultura liberale delle 31 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa classi egemoni e cultura tecnico-professionale dei lavoratori. Al lavoro educativo che non abbia fini estrinseci Dewey assegna il compito di una riconciliazione di queste “due culture”. Fra le opere pedagogiche: My Pedagogic Creed (1887; La mia dottrina pedagogica), School and Society (1899; Scuola e società), Democracy and Education (1916; Democrazia ed educazione). Ernesto Codignola. Pedagogista e filosofo italiano (Genova 1885-Firenze 1965). Più volte membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, Codignola diventò presto una delle figure portanti dell'idealismo pedagogico italiano. Fondò numerose riviste: Levana (1922-28); La nuova scuola italiana (1923-38); Civiltà moderna (192943); La Nuova Italia (1930-43); Scuola e città (1950). Nel 1926 fondò a Venezia la casa editrice La Nuova Italia, con l'intento di legarsi alle correnti del liberalismo europeo. Dopo l'avvento del fascismo, Codignola fu progressivamente spinto ai margini della vita accademica e, con il passare degli anni, costretto anche a rinunciare alla propria attività pubblicistica. Nel dopoguerra però entrò nuovamente in contatto con le più importanti organizzazioni educative internazionali e con i maggiori esponenti del pensiero pedagogico. Nel 1944 fondò a Firenze la Scuola-città Pestalozzi, nella quale la strutturazione gerarchica si stemperava nella comprensione delle esigenze degli studenti, quasi a dissolversi nella struttura comunitaria dell'autogoverno, caratteristica essenziale della scuola stessa. Dall'analisi comparativa dell'individualismo naturalistico di stampo settecentesco e della storia politicoculturale italiana, faceva scaturire quella “religiosità laica” che lo colloca nell'ambito dello storicismo idealistico. Per Codignola lo storicismo deve mirare al superamento della propria empiricità fisica, per immergersi nella universalità spirituale. Questo passaggio ha un'origine intuitiva nella tradizione alla quale ogni individuo fa riferimento. Tuttavia l'autonomia cui mira l'individuo non può 32 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa che essere raggiunta da pochi, da una élite: un ristretto gruppo di intellettuali deve educare e governare le masse; è dunque necessario formare culturalmente, in modo globale e approfondito, la schiera di maestri ai quali affidare l'educazione dei bambini, investendo non solo gli istituti magistrali, ma anche le scuole secondarie superiori e, con esse, le università. Tra i suoi scritti: Educatori moderni (1926), Educazione liberatrice (1946), Illuministi, giansenisti e giacobini nell'Italia del Settecento (1947), Un esperimento di scuola attiva: la scuola-città Pestalozzi (1954). Lamberto Borghi. Pedagogista italiano (Livorno 1907-Firenze 2000). Dopo avere insegnato storia e filosofia nei licei durante gli anni Trenta, come ebreo fu allontanato dall'insegnamento per effetto delle leggi razziali fasciste. Nel 1940 emigra negli Stati Uniti dove ebbe modo di sviluppare e approfondire i propri studi sulle scienze sociali e sull'educazione. Nel 1947 ritornò in Italia e riprese l'insegnamento. Nel 1950 contribuì, insieme a Ernesto Codignola, a dar vita alla rivista Scuola e Città. Iniziò a Pisa la propria attività di professore universitario di pedagogia (1950) che concluse a Firenze (1982). Borghi rivolse gran parte del suo interesse allo studio dell'autoritarismo in Italia, con specifici riferimenti all'educazione, ma con uno sguardo attento alle problematiche di più largo respiro che venivano dalla società. Influenzato in parte dal pensiero di John Dewey, egli oppose all'autoritarismo il metodo della libera indagine critica. Profondamente laico, difese sempre la scuola pubblica in quanto garanzia democratica contro ogni sorta di dogmatismo. La grande rilevanza che la libertà individuale aveva nel suo pensiero, lo portò ad elaborare una interpretazione democratica del marxismo. Fra i suoi lavori ricordiamo: Educazione e autorità nell'Italia moderna (1951); Educazione e scuola 33 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa nell'Italia d'oggi (1958); Scuola e ambiente (1964); Educare alla libertà (1992) e La città e la scuola (2000). Jean Piaget Psicologo svizzero (Neuchâtel 1896-Ginevra 1980). Studiò scienze naturali all'Università di Neuchâtel, laureandosi nel 1918. Si dedicò in seguito, sotto la guida di E. Claparède, a studi di psicologia dell'infanzia, perfezionandosi a Ginevra e a Parigi. Nel 1922 divenne professore di psicologia dell'età evolutiva dell'Istituto J.-J. Rousseau fondato a Ginevra da Claparède e nel 1940 ne fu nominato direttore. Nel 1955 creò, sempre a Ginevra, il Centro Internazionale d'Epistemologia Genetica. Le ricerche di Piaget si sono rivolte soprattutto alla psicologia dell'età evolutiva, e in particolare allo sviluppo dell'intelligenza, descritta nelle sue varie operazioni nell'intero arco dello sviluppo intellettuale, dalla nascita all'adolescenza. Egli critica sia le impostazioni di tipo associazionista (che definisce “genesi senza struttura”), sia quelle di tipo gestaltista (“struttura senza genesi”). Secondo Piaget, il bambino attraversa una serie di fasi evolutive e ogni fase ha una sua strutturazione che la rende qualitativamente, e non solo quantitativamente, diversa da quella precedente. La prima fase (divisa a sua volta in vari altri periodi) è quella senso-motoria. L'intelligenza, infatti, si sviluppa secondo Piaget su una base “pratica”, attraverso l'azione. All'inizio il bambino ha a disposizione solo un corredo innato di riflessi, le sue percezioni non sono né coordinate tra di loro, né coordinate alle azioni. Progressivamente si formano le prime abitudini, le prime coordinazioni tra percezione e azione. Hanno in questo grande importanza le cosiddette reazioni circolari, processi particolari che fanno sì che il bambino compia delle azioni per il solo piacere di compierle, e che quindi conducono a ripetere e perfezionare certi schemi d'azione. Gli schemi d'azione progressivamente acquisiti vengono perfezionati e interiorizzati, nella ricerca 34 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa naturale da parte del bambino di un adattamento all'ambiente, adattamento inteso in termini di equilibrio attivo e che si compone di due processi in stretta interdipendenza tra di loro: l'assimilazione (l'incorporazione, cioè, nei propri schemi mentali delle offerte dell'ambiente) e l'accomodamento (la modificazione, cioè, del comportamento sulla base delle richieste ambientali). Gli schemi d'azione interiorizzati sono ancora irreversibili: il bambino, cioè, è incapace di formare nozioni complesse utilizzando il pensiero simultaneo di due o più fasi di un evento o di due o più fasi dell'esplorazione percettiva di un oggetto. Il possesso di schemi d'azione interiorizzati reversibili segna l'ingresso nella fase dell'intelligenza operatoria concreta dalla fase dell'intuizione: intelligenza operatoria in quanto gli schemi d'azione reversibili, strutturati in relazioni logiche dette raggruppamenti, costituiscono per Piaget le operazioni mentali. Si parla di operazioni concrete perché il punto di partenza è sempre costituito dalla realtà su cui direttamente si opera. A questa fase, che va da 6 a 11 anni ca., segue quella delle operazioni astratte, che si ha con l'acquisizione delle operazioni della logica. Estremamente importanti gli studi di Piaget relativi alla nuova disciplina da lui chiamata epistemologia genetica, che consiste nello studio del significato che hanno concetti quali spazio, tempo, velocità, causalità, ecc., attraverso la loro acquisizione. Ancora ricerche fondamentali sono state condotte da Piaget sulla rappresentazione, sull'acquisizione del senso morale, sulla percezione, sui rapporti tra logica e psicologia, sull'animismo e sul linguaggio infantili. La sua influenza sugli studi di psicologia dell'età evolutiva è stata ed è tuttora molto importante; le sue opere, inoltre, hanno dato un rilevante apporto alla formazione del neobehaviorismo (behaviorismo). Fra le sue opere si ricordano: Le langage et la pensée chez l'enfant (1923; Il linguaggio e il pensiero del fanciullo), La représentation du monde chez l'enfant (1926; La rappresentazione del mondo nel fanciullo), La naissance de l'intelligence chez l'enfant (1936; La nascita dell'intelligenza nel fanciullo), Introduction à l'épistémologie génétique (1950; Introduzione all'epistemologia genetica), La genèse des structures logiques 35 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa élémentaires (1960; La genesi delle strutture logiche elementari), Traité de psychologie expérimentale (1963; Trattato di psicologia sperimentale), di cui fu il curatore insieme a P. Fraisse, Sagesse et illusions de la philosophie (1965; Sagezza e illusioni della filosofia), L'équilibration des structures cognitives (1975; L'equilibrazione delle strutture cognitive). N. Filograsso, L'evoluzione del pensiero logico di Jean Piaget, Urbino, 1967; J. Flavell, La mente dalla nascita all'adolescenza nel pensiero diJean Piaget, Roma, 1971; D. Elkind, J. Flavell, Jean Piaget e lo sviluppo cognitivo, Roma, 1972; R. Droz, M. Rahmy, Guida alla lettura di Piaget, Firenze, 1974; D. G. Boyle, Guida a Piaget, Firenze, 1975; S. Borella, Il mentale tra eredità e cultura, Milano, 1991. Lorenzo Milani. Sacerdote (Firenze 1923-1967). Convertitosi al cristianesimo dall'ebraismo, fu consacrato sacerdote nel 1947. Fin dall'inizio dell'apostolato si dedicò alla promozione culturale dei ragazzi del popolo. Sospettato di comunismo dall'autorità ecclesiastica, che giudicò inopportune le sue Esperienze pastorali (1958), fu relegato come priore a Sant'Andrea di Barbiana, nel Mugello, dove fondò una scuola per i figli dei contadini e dei boscaioli, imprimendole un metodo didattico radicalmente nuovo, legato alla realtà politico-sociale. Frutto di tale esperienza fu la Lettera a una professoressa (1967), documentata denuncia del classismo della scuola italiana, che influì notevolmente sulla contestazione studentesca del 1968. Schieratosi a favore dell'obiezione di coscienza, don Milani subì un processo, in occasione del quale scrisse una vibrata Lettera ai giudici (1965), poi pubblicata con il titolo L'ubbidienza non è più una virtù (1967). Postume: Lettere (1970) e Lettere alla mamma (1973). 36 Educazione Attiva e Cooperazione Educativa Scuola di Barbiana, Scuola per i ragazzi del popolo, fondata nel 1955 da don Lorenzo Milani, priore di Sant'Andrea di Barbiana, piccolo villaggio del Mugello. Ha espresso un nuovo orientamento didattico, legato all'esperienza quotidiana e ai problemi politici e sociali, in antitesi alla scuola ufficiale e ai suoi programmi tradizionali e astratti. Il libro Lettera a una professoressa (1967), scritto dai ragazzi di Barbiana, ha influito notevolmente sulla contestazione studentesca italiana del 1968. 37