Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
L’EDUCAZIONE ATTIVA E LA
COOPERAZIONE EDUCATIVA
Introduzione all’Educazione attiva
di Emanuela Cocever
Excusus
Educazione attiva è il termine che designa un insieme di riflessioni, ma
soprattutto di esperienze educative diverse per riferimenti teorici, intenzioni,
condizioni di realizzazione, collocazione nel tempo e nello spazio, accomunate
dal considerare il bambino e la bambina o un qualsiasi interlocutore
dell‟intervento educativo come parte attiva del processo educativo, oggi
diremmo protagonista del suo sviluppo e del suo apprendimento. P. Bovet
riassume quello che distingue i pensatori e gli operatori di questo orientamento
nella considerazione che invece di profittare delle facoltà ricettive del bambino
per imprimere su questa cera molle conoscenze ed abitudini [ .. 1 essi vedono
anche e soprattutto, nel bambino, un organismo eminentemente attivo le cui
facoltà
si
sviluppano
principalmente
attraverso
l’azione
(D.HAMELINE,
A.JORNOD, M.BELKAID 1995).
Rousseau, Pestalozzi, Froebel, Kerschensteiner, Freinet, Dewey, Baden Powell
sono i nomi di riferimento quando si vuole ricordare chi ha sviluppato nel
dibattito teorico e pratico sull‟educazione questa prospettiva. Ma l‟idea che il
bambino sia attore del suo sviluppo è all‟opera in esperienze anche molto
precedenti: Erasmo da Rotterdam, Comenius, le Petites Ecoles di Port Royal...
Se i maestri e le maestre di Port Royal aderivano all‟idea della necessità dei
bambini di essere „messi in forma‟ per evitare le tentazioni mondane,
realizzavano però una didattica fortemente centrata sulla necessità di attivare
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e cercare collaborazione nell‟interesse dei bambini all‟oggetto di studio e una
organizzazione di vita quotidiana che teneva in gran conto l‟opportunità che i
bambini si sentissero benvoluti e invitati da aspettative positive.
Parlare di questo passato non è una digressione retorica, serve a sottolineare
la nostra implicazione con fàtti anche lontani, a ricordare come „niente succede
per la prima volta e niente si ripete‟. La presenza o l‟assenza delle ricerca di
cooperazione nella pratica educativa non è da pensare tanto scandita in un
prima o un dopo, ma da un apparire scomparire in ordine tanto diacronico
quanto sincronico. Se questa prospettiva ci interessa dobbiamo essere
consapevoli che non si è realizzata né si realizza una volta per tutte, che deve
essere attivata settanta volte sette e che siamo ancora e sempre responsabili
della sua esistenza.
Le esperienze dell‟educazione attiva con la fine della prima guerra mondiale
diventano un movimento che conosce un impulso particolare, mosso da due
fenomeni, uno di carattere politico sociale, l‟altro di carattere scientifico e
culturale.
L‟esperienza dell‟ingiustizia nella detenzione del potere e delle tragiche
conseguenze che questa comporta nella vita quotidiana di uomini e donne, in
particolare quella della imperizia delle gerarchie militari, quindi dell‟ingiustizia
sociale di fronte ai rischi mortali della guerra è decisiva per l‟affermazione di
una esigenza di giustizia sociale che si afferma esplicitamente in movimenti
politici e azioni di diverse organizzazioni sociali. Fra le categorie più attive c‟è
quella degli insegnanti e la scuola è al centro di molte rivendicazioni. Freinet, in
una lettera degli anni venti, scrive: Un popolo che la guerra ha unito, non può
essere diviso in tempo di pace... i padri hanno vegliato nelle nelle stesse
trincee Il i figli possono sedersi sugli stessi banchi (11. PEYRONIE 1999). La
diffusione fra insegnanti ed educatori di quanto i primi psicanalisti stavano
scoprendo circa aspetti fino allora trascurati dello sviluppo, le prospettive
aperte dei lavori di S.Freud e dei clinici e ricercatori suoi collaboratori, senza
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trascurare l‟interesse suscitato da quelli di Binet, confermano , a proposito
della costruzione della personalità, del carattere, dell‟intelligenza, l‟intuizione di
molti educatori che educazione ed apprendimento non sono fenomeni lineari
riducibili all‟effetto di un emittente A su un ricevente B. Sono fenomeni
complessi nei quali l‟attività del ricevente non è meno importante di quella
dell‟emittente; il loro successo dipende da una collaborazione che si può
raggiungere tenendo conto di aspetti che erano stati come la parte sommersa
di un iceberg, la cui esplorazione è finalmente in corso.
Partecipano a questo slancio motivato a volte da un idea umanista, a volte da
un progetto politico, ma sempre concretizzato in un‟azione di definizione di
formazione e di realizzazioni di scuole e servizi innovativi, uomini e donne
diversi per tradizioni culturali e scientifiche, per collocazione geografica, per
ambiti di azione e per fortuna successiva. Ne ricordo alcuni riducendo
azzardatamente in una frase il nucleo delle loro esperienze:
-J.Dewey (USA) la cui elaborazione filosofica verte sulla continuità fra
esperienza e conoscenza,
-M. Montessorí (Italia) che afferma la competenza dei bambini, fin da molto
piccoli,
e
vede
l‟opera
dell‟educatrice
come
un‟azione
sull‟ambiente di sgombero dagli ostacoli (il primo dei quali è la
troppa voglia di aiutare dell‟educatrice stessa) e di offerta di
opportunità perché la competenza si esprima;
-O.Decroly (Belgio) che realizza una organizzazione degli apprendimenti
corrispondente all‟assenza di soluzione di continuità negli
ambiti di sviluppo;
-Gandhi e R, Tagore (India) che promuovono luoghi di vita e centri di
formazione dove la pratica spirituale, l‟apprendimento di un
mestiere e la produzione artigianale sono fusi nella vita
quotidiana;
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
-R.Baden Powell (Gran Bretagna) che costruisce un progetto di formazione di
caratteri responsabili e solidali attraverso l‟esperienza di sé in
un
gruppo
che
passa
dal
gioco
all‟azione
sociale
autoregolandosi secondo un insieme di intenzioni condivise,
-A.S.Makarenko (URSS) che offre ai giovani sbandati di cui si occupa
un‟esperienza di costruzione di un luogo dì vita che è nello
stesso tempo costruzione di un gruppo e di un sé sociale;
- R.Cousinet, C. Freinet (Francia) che mettono in forma un‟organizzazione
scolastica che riconosce le caratteristiche individuali per
utilizzarle in un progetto vantaggioso per il singolo e per il
gruppo.
-E. Pikler (Ungheria) che mette a punto la possibilità di una relazione educativa
cooperativa fra l‟adulto e il bambino fin dai primi mesi di vita,
quando il corpo è il solo strumento attraverso il quale un
bambino percepisce, pensa, si esprime.
Un momento forte: i trenta punti di Calais
Alla fine degli anni venti il movimento fa un salto di qualità e passa dalla
frammentazione di numerose iniziative alla messa in forma di un organismo
che superi la frammentazione e offra a chi ha una pratica nell‟educazione attiva
e ai molti che sono alla ricerca di riferimenti capaci di sostenere con metodi e
tecniche generalizzabili il desiderio di innovare, un quadro di riferimento
convincente e d efficace.
Nel 1921 nel corso della riunione annuale della Ligue de l’éducation nouvelle, a
Calais, viene stabilito l‟elenco di 29 punti (diventeranno 30 nel 1925) che
caratterizzano il movimento e vincolano i suoi aderenti. La definizione
Education nouvelle era stata usata, fino allora, con totale libertà. L‟ampliarsi ed
articolarsi delle iniziative che affermavano fame parte aveva dato luogo a
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confusioni e distorsioni. In questa occasione si stabilisce che una esperienza
che voglia definirsi come appartenente all‟Educazione nuova deve realizzare
almeno quindici dei 30 punti individuati.
1 trenta punti di Calais iniziano col delineare l‟organizzazione di una scuola e
arrivano a formulare un progetto di educazione alla cittadinanza.
Dieci principi riguardano la organizzazione generale:
1. L’Educazione nuova è un laboratorio di pedagogia pratica che si propone
di servire di suggerimento alle scuole ufficiali;
2.
L’Educazione nuova è un internato in atmosfera quanto più è possibile
familiare;
3.
L’Educazione nuova è stabilita in campagna;
4.
L’Educazione nuova raggruppa gli alunni in padiglioni;
5.
L’Educazione nuova pratica la coeducazione dei sessi;
6.
L’Educazione nuova deve comprendere almeno un’ora e mezza al giorno
di lavoro manuale;
7.
La falegnameria occupa il primo posto fra i lavori manuali. Il
giardinaggio e l’allevamento sono pure consigliati;
8.
Devono essere possibili lavori liberi;
9.
L’educazione fisica è realizzata mediante la ginnastica naturale, i giochi,
gli sport;
10. Campeggi ed escursioni.
Dieci principi riguardano l‟educazione intellettuale:
11. Sviluppare il giudizio piuttosto che la memoria;
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12. Specializzazione spontanea accanto a cultura generale;
13. L’insegnamento si basa sui fatti e sulle esperienze;
14. In conseguenza
l‟Educazione nuova si appoggia sull‟attività personale
del fanciullo;
15. L’insegnamento è fondato sull’interesse spontaneo degli alunni;
16. Il lavoro individuale consiste in ricerche sia attraverso. i fatti, sia fra
libri, periodici, etc., e, in seguito, attraverso classificazioni secondo un
ordine logico;
17. Il lavoro collettivo consiste nell’elaborazione comune di documenti
particolari
18. L’insegnamento propriamente detto è limitato alla mattina
19. L’insegnamento non tratta più di una o due materie al giorno: la varietà
deve sorgere dal modo di presentarle;
20. L’insegnamento tratta poche materie per ciascun mese o trimestre.
Dieci principi riguardano l‟educazione morale:
21. L‟educazione morale si realizza dall‟interno all‟esterno e cioè per mezzo
dellapratica,graduale del senso critico e della libertà
22. Per l’organizzazione amministrativa e disciplinare si applica il sistema
rappresentativo democratico;
23. Premi e sanzioni -positive non si hanno se non come mezzo per
promuovere l‟iniziativa;
24. Premi e
sanzioni
educative
consistono
nel mettere
l‟alunno
in
condizione di raggiungere meglio il fine considerato come buono;
25. Auto emulazione;
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
26. L’Educazione
nuova
deve
presentare
un’atmosfera
estetica
ed
accogliente;
27. Musica collettiva, canto corale, orchestra;
28. L’educazione della coscienza consiste, per i fanciulli, soprattutto in
racconti morali;
29. La maggior parte delle scuole nuove osserva un’attitudine religiosa
senza settarismi e pratica la neutralità confessionale;
30. L’Educazione nuova prepara il futuro cittadino non solo in vista della
nazione, ma anche in vista dell’umanità.
(L. ROMANINI 1954, le sottolineature sono di chi scrive).
Con questi punti, il movimento dell‟Educazione nuova formula un progetto di
autoeducazione
attraverso
la
valorizzaione
dell‟interesse,
dell‟esperienza
pratica, nel rispetto e con l‟utilizzo di tutte le componenti dello sviluppo
Il ruolo dell’educatore
L ‟insegnante e, più in generale, l‟educatore coerente con questa impostazione
non è un operatore di trasmissione (di contenuti, regole, etc.) ma un
interlocutore capace di far fare esperienze e di accompagnarne l‟elaborazione
globale.
L‟opera degli educatori e degli insegnanti che si riconoscono nel movimento
dell‟educazione attiva ha qualcosa in comune con (proseguono?) l‟opera della
madre come la descrive Winnicott ( D.W. WINNICOTT 1989) quando parla della
sua capacità di introdurre il bambino o la bambina ad un rapporto creativo col
mondo. Dice Winnicott che il senso di realtà non si costruisce nel bambino con
l‟insistere della madre sulla esteriorità delle cose esterne, ma con la capacità
della madre di adattarssi ed adattare la realtà, al bisogno del bambino e
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l‟adeguato decrescere di questa disponibilità. Ugualmente un educatore mette
in grado il suo ínterlocutore di fare esperienze che lo confermino, nella sua
capacità di intervenire con effetto nel mondo e lo fa modulando la sua funzione
di mediazione. Così facendo si impegna anche perché il rapporto che
intrattiene con ogni interlocutore sia orientato verso il mondo esterno e non
alla coppia che essi formano. La relazione è una dinamo, non un obbiettivo in
sé.
Il concetto di mediazione è al centro della lettura delle esperienze di Freinet da
parte di insegnanti e operatori dei servizi educativi e sanitari. Il „Gruppo di
pedagogia e psicoterapia istituzionale‟ studia e lavora in particolare il ruolo
fondamentale, ai fini dell‟apprendimento e della socializza ione, ma anche della
riabilitazione nei gruppi a scuola e n elle strutture psichiatriche, delle
mediazioni che le tecniche di lavoro, l‟uso degli strumenti, le regole gestite in
gruppo, rappresentano (17. TOSQUELLES 1974, 1884; F. OURY 1971)
Per questi educatori e terapeuti, la mediazione è un dispositivo materiale o
organizzativo che regola gli scambi. E‟ un aspetto concreto della vita di gruppo
offerto all‟attenzione del gruppo perché ne mobiliti l‟interesse cognitivo e
affettivo e ne faciliti la comunicazione. Mette in gioco gli individui „a proposito
di‟, muove le identificazioni in funzione di un compito, distribuisce la reattività
e la energia oltre un rapporto frontale verso l‟interesse e l‟azione per le cose e
le persone.
Un punto forte: la previsione positiva
Molti educatori del movimento condividono la qualità di essere degli scrittori
efficaci e accattivanti, capaci di raccontare l‟esperienza senza utilizza e il gergo
disciplinare.
Avendo altri tempo e spazio a disposizione sarebbe interessante citare
affermazioni di intenzioni, esposizioni di problemi, indicazioni di azione riferiti
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ad aspetti. della vita scolastica e dei servizi interessanti e operativi per noi
oggi, anche se la loro formulazione è lontana nel tempo.
Faccio un esempio fra i tanti possibili. Riguarda l‟attribuzione di educabilità nei
confronti di soggetti in situazione di difficoltà anche estrema, così come P.
Meirieu la legge in una vicenda fondamentale nella storia dell‟educazione,
attiva e non solo: quella del selvaggio dell‟Aveyron e del dott. Itard.
Alla fine dei „700, nei boschi del centro della Francia era stato ritrovato un
ragazzino dell‟apparente età di 10 - 12 anni, il cui aspetto e comportamento
lasciavano immaginare che fosse stato abbandonato alla nascita e fosse
cresciuto, quindi, fra gli animali e le piante, senza alcun contatto umano.
L‟abbandono di bambini era un fatto non del tutto eccezionale, in quel periodo
storico, ma questo ritrovamento avviene in un momento particolare per la
storia delle scienze dell‟uomo. La rivoluzione francese aveva lasciato dietro di
sé, in questo campo, molte idee innovative favorevoli alle ipotesi dell‟efficacia
dell‟azione umana sulla salute, l‟intelligenza, il benessere. A Parigi lavorava
Pinel (il medico che per primo aveva organizzato un ospedale per i matti
secondo l‟ipotesi che vi potessero essere curati) ed era attiva una Societé des
observateurs de l’ homme i cui membri dibattevano con passione dei rapporti
fra innato e acquisito nell‟uomo. Le loro discussioni si basavano non solo su
convinzioni, ma derivavano per quanto possibile da esperienze o esperimenti..
J. Itard, medico, era uno di questi intellettuali e chiese di avere in affidamento
il „selvaggio‟ per potere realizzare un‟opera di educazione nei suoi confronti. Il
governo accettò la sua proposta e J.Itard si mise all‟opera...
I diari eccezionalmente dettagliati e accurati di J.Itard ci lasciano una
testimonianza preziosa dell‟esperienza; utilizzandoli F. Truffaut ha realizzato
uno dei suoi film più belli Il ragazzo selvaggio (A. CANEVARO, J.GAUDREAU
1997).
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
Philippe Meirieu apre la collezione di piccoli testi e video Reflechir avec les
pedagogues d’hier aux questions éducatives d’aujourd’hui‟con queste parole:
La storia dell’educazione è fatta di scommesse: un bambino è dichiarato perso,
‘anormale’, deficiente ‘, ‘ritardato, ‘incapace’ ... ed ecco che un uomo o una
donna si alzano e rifiutano questo verdetto. Affermano che `si può fare
qualcosa e che non si può e non si deve rassegnarsi. Si mettono al lavoro,
ribellandosi alla fatalità alla quale altri attorno a loro si sottomettono.
Inventano metodi, cercano soluzioni, attivano dispositivi per riportare chi ne
era stato allontanato nel campo dell’umanità.
A volte, il più delle volte non ci riescono del tutto. Ma il loro interlocutore fa
comunque dei progressi. Spesso con difficoltà, ma quanto è necessario per non
perdere la speranza.
Hanno scommesso sull’educabilità... una scommessa insensata d ifronte a tutte
le buone ragioni che indurrebbero a rinunciare. Una scommessa infinitamente
necessaria. Una scommessa che è l’onore dell’educatore e la sua ragione
d’esistere.
Questa affermazione evita il rischio della demagogia e si mantiene nel campo
drammatico, ma reale dell‟educazione, perché è accompagnata, nel testo di
Meirieu, dalla considerazione della necessità di ottenere la collaborazione, di
attivare
la
voglia
di
partecipare
al
progetto
educativo,
da
parte
dell‟interlocutore dell‟azione educativa.
E‟ un tema che questo pedagogista francese tratta frequentemente (uno di
quelli che alimentano la discussione ricorrente in Italia come in Francia sulla
necessità o meno di un pensiero pedagogico per organizzare la scuola, fra
pedagogisti, appunto e disciplinaristi) per mettere a fuoco qualcosa di simile a
un disegno gestaltico nel quale non si riesce a cogliere il punto in cui le linee
passano dal disegnare un elemento a disegnarne un altro. Stare in presenza di
questo impossibilità di separare, e agire al suo interno, costituisce una
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
caratteristica dell‟atteggiamento educativo nella prospettiva dell‟educazione
attiva.
E’ necessario che ad un certo punto decidiamo di fare qualcosa di noi stessi e
l’educatore non può farlo al posto dell’educando, può solo creare le condizioni
perché l’altro prenda lui stesso la decisione, si assuma il rischio. Quello che
oggi abbiamo capito meglio di quanto lo capisse Ilard è che non si può crescere
al posto di qualcun altro. Si può, si deve, essere presenti, fare il possibile per
aiutarlo . è il principio di educabilità ... Ma bisogna rispettare che sia l’altro a
decidere, alla fine, del suo destino e dei suoi apprendimenti: è il principio di
libertà. Il principio di libertà è indissociaffile dal principio di educabilità. Senza
rispetto della libertà l’educabilità diventa addestramento. Senza educabilità il
rispetto della libertà si trasforma in fatalismo (MEIRIEU 1999).
Bibliografia
A. CANEVARO, J. GAUDREAU L’educazione degli handicappati, La Nuova Italia
Scientifica, Roma 1997
D. HAMELINE, A. JORNOT, M. BELKAID, L’école active. Textes fondateurs,
Puf,Paris 1995
P. MEIRIEU, J G. Itard. Tous les enfants peuvent-ils etre éduqués ?, PEMF,
2001
A. VASQUEZ, F. OURY, L’educazione nel gruppo classe, ed. Dheoniane, Bologna
1971
H. PEYRONIE, Célestin Freinet, Hachette Education, Paris 1999
L. ROMANINI, Il movimento pedagogico all’estero, vol.I Le idee, vol. Il Le
esperienze, La scuola editrice, Brescia 1953
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
F. TOSQUELLES, Education et psychotherapie institutionelle, HIaTUS, Mantes
laVille 1984
D.W. WINNICOTT, Sulla natura umana, R. Cortina, Roma 1989.
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
Cooperazione Educativa
Le scuole nuove o attive, che hanno assunto anche la denominazione di
attivismo, rappresentano il metodo pedagogico per eccellenza incentrato sulla
cooperazione educativa. Grazie a queste basi siamo potuti arrivare al
Computer Support for Cooperative Learning (CSCL), ovvero al supporto
del computer come strumento educativo e di cooperazione. La parola
“cooperazione” deriva dal latino cum e operari ed ha il significato di
“associazione di più individui che operano e lavorano insieme per uno
scopo comune”.
In ambito educativo il principio di cooperazione, ha assunto il senso di
collaborazione
costante
tra
maestro
ed
allievi,
indicando
anche
una
collaborazione degli allievi tra loro in un mutuo spirito di comprensione e
simpatia. Tale principio verrà usato in ambito educativo solo nel secondo
decennio del ventesimo secolo, quando Profit, un semplice insegnante,
istituisce in Francia le prime Cooperative scolastiche; le origini di queste
cooperative a sfondo antigerarchico e antitradizionalista con scopi egualitari, si
ritrovano però in Gran Bretagna alla fine del 1700. Joseph Lancaster a Londra
e Andrew Bell a Madras, creeranno rispettivamente luoghi importanti per la
storia della pedagogia e della didattica: il primo darà vita alle scuole popolari
dell‟età dell‟industrializzazione, il secondo invece, ad una scuola per figli
maschi di militari europei. La scuola di Andrew Bell si basava sulla pratica del
mutuo insegnamento: gli alunni più piccoli apprendevano l‟alfabeto dagli
alunni più grandi già in grado di leggere qualche parola e questi ultimi
venivano a loro volta istruiti dai compagni più esperti; ogni fila di banchi
presente nell‟aula corrispondeva ad un grado di apprendimento e l‟ordine
all‟interno di essa veniva controllato dai monitori, ovvero da alunni-maestri
responsabili ognuno di una trentina di bambini, in modo tale che un solo
insegnante potesse riuscire a seguire fino ad un massimo di cinquecento
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
ragazzi. La nascita vera e propria del movimento delle scuole nuove si ha alla
fine del 1800, periodo in cui si affermano le varie identità nazionali e viene
totalmente abbandonata l‟educazione rivolta all‟elitè presente durante la
Restaurazione dei regimi monarchici europei. Il positivismo diventa la
corrente filosofica per eccellenza, perché sarà alla base della scienza e della
ragione umana e porterà a notevoli progressi scientifici e tecnologici come
quelli creati da Charles Robert Darwin in fisiologia e più tardi da Sigmund
Freud con l‟invenzione della psicoanalisi e da Jean Piaget con gli stadi di
sviluppo mentale del bambino. Queste scoperte contribuiranno sempre più
all‟affermazione
di
un
atteggiamento
diverso
riguardo
ai
concetti
di
<<uomo>> e di <<educazione>>.
Nello stesso periodo in quasi tutta Europa e negli Stati Uniti si sviluppano le
istituzioni scolastiche e questa svolta tenderà a far diminuire l‟analfabetismo, a
ridurre la manodopera nel settore primario ed aumentare il lavoro nel settore
secondario e terziario. Il nuovo metodo delle scuole attive in Europa non si
baserà più sulla centralità dell‟insegnante o del programma da svolgere, ma
sulla struttura mentale e sulla personalità dell‟alunno, il quale diverrà
protagonista
del
processo
di
apprendimento
ed
acquisirà
coscienza
dell‟educazione come strumento di emancipazione. I nuovi educatori porranno
al centro del loro interesse l‟individuo integrato nella collettività e il concetto di
collaborazione, ciò evidenzierà l‟importanza del rapporto con gli altri attraverso
il quale sarà possibile prendere coscienza del proprio sé individuale soltanto
rispettando il sé collettivo. Gli insegnanti avranno il compito fondamentale di
promuovere e sviluppare l‟attività spontanea del bambino in modo tale che,
partendo dalle <<passioni dominanti>> il bambino possa avere la possibilità di
tirar fuori gli interessi meno pronunciati. Nelle <<scuole nuove>> verrà
insegnata la socializzazione tramite la pratica del mutuo insegnamento, della
vita comunitaria e democratica e dell‟autogoverno.
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
Una scuola attiva europea molto significativa è la scuola per fanciulli Rue De
l’Ermitage, fondata dal medico belga O. Decroly e definita da lui stesso
“scuola per la vita attraverso la vita”. Secondo Decroly la vita è mezzo e fine
della scuola, quindi il metodo ed il programma educativi si devono adeguare
alle necessità della vita e basarsi sulla psicologia infantile, perché tutti i
bambini possiedono degli interessi spontanei, delle propensioni a conoscere e a
svolgere determinate esperienze e un programma educativo che non tiene
conto di tutto questo, può rivelarsi inutile e controproducente nei confronti
dell‟allievo.
Nelle esperienze didattiche francesi invece, Roger Cousinet ha cercato di
realizzare una scuola che abbia come modello i metodi di uno stato: nel 1920
inizia un esperimento educativo che nomina repubblica dei ragazzi e che
fonda sul metodo di lavoro libero per gruppi, un modello di associazione
che i ragazzi seguono spontaneamente nei loro giochi. Cousinet adegua il
modello educativo della scuola alle esigenze di socializzazione degli allievi, i
quali vengono divisi in gruppi di cinque o sei membri, ciascuno dei quali ha
all‟interno dell‟aula un proprio angolo di lavoro in cui sono radunati tutti gli
strumenti necessari, quali lavagna, scaffali, libri, schedari, collezioni e così via.
Il maestro suggerisce ai ragazzi gli argomenti, fornisce loro il materiali di
documentazione, illustra le regole di lavoro, ma i ragazzi sono liberi di scegliere
come condurre il loro lavoro. Cousinet voleva dimostrare che per mezzo del
lavoro di gruppo gli scolari hanno la possibilità di acquisire una coscienza
sociale, all‟interno della quale
l‟attività didattica è
il risultato di una
integrazione degli sforzi di ciascun allievo con gli sforzi del gruppo-classe.
Nella prima metà del novecento il pensiero pedagogico francese si arricchisce
ulteriormente grazie al contributo di un maestro del sud della Francia,
Celestine Freinet , il quale si discosta dalle scuole nuove dando origine ad una
pedagogia popolare laica, impegnata a riscattare socialmente la classe
operaia. Secondo Celestine Freinet ciascun individuo possiede per natura una
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
tecnica peculiare per adattarsi all‟ambiente che lo circonda e col passare del
tempo l‟individuo perfeziona la tecnica grazie all‟esperienza a tentoni.
Freinet afferma che tutti gli essere umani passano dai primi tentativi
meccanici, tipici dell‟età infantile, a quelli intelligenti; durante questa fase
l‟individuo non può essere lasciato solo, ha bisogno dell‟aiuto di un educatore
non autoritario capace di rendere l‟apprendimento rapido e completo per
mezzo dell‟esperienza. La scuola quindi deve andare di pari passo con la vita,
deve sviluppare nell‟allievo le capacità di inserirsi in un ambiente socio-politico
che richiede ai propri cittadini consapevolezza di diritti e doveri. Lo studioso
svolge le prime esperienze di innovazione educativa accompagnando i ragazzi
in campagna e nei laboratori artigiani, in modo che l‟esperienza concreta
diventi spunto per lezioni di storia, geografia e calcolo e faccia così aumentare
negli allievi, la motivazione e l‟interesse ad apprendere. Celestine Freinet
trasformò la scuola in una piccola comunità, all‟interno della quale erano
presenti: una costante cooperazione tra insegnanti e tra alunni ed insegnanti;
laboratori sia per lavori manuali che per attività intellettuali in cui le attività
vengono supportate da alcune tecniche come il testo libero, la tipografia, la
corrispondenza interscolastica, il calcolo vivente e lo schedario autocorrettivo.
L‟esperienza di Celestine Freinet attira l‟attenzione di numerosi pedagogisti ed
educatori in tutta Europa, in particolare in Italia e in Francia, negli anni
cinquanta, la tecnica della tipografia rappresenta il punto di svolta per dar vita,
all‟interno della scuola pubblica, ad un‟educazione innovativa basata sulla
cooperazione tra insegnanti ed alunni.
In Italia nasce il MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) e in Francia
l‟ICEM
(Institut
Coopèratif
de
l’Έcole
Moderne).
Per
sviluppare
ulteriormente la socializzazione, le scuole dell‟attivismo tedesco, crearono un
ambiente scolastico all‟interno del quale bambini di età e sesso differenti
potessero lavorare insieme e dove gli alunni più progrediti o più anziani
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
avessero la possibilità di aiutare gli altri, così che lo sforzo di ciascun individuo
andasse a beneficio della vita comunitaria.
L‟attivismo americano, di cui il padre è John Dewey, vede la costruzione del
pensiero dell‟individuo ricoperta dall‟esperienza e tale esperienza determina
una serie di interazioni tra il soggetto e l‟ambiente socio-culturale che lo
circonda.
Il
ruolo
primario
della
conoscenza
è
<<elaborare
soluzioni
appropriate ai problemi posti dall‟esperienza>> , dunque per ciascun individuo
<<il vero è il verificato>>. I punti principali della scuola attiva di John Dewey
sono due: 1) la libertà della persona, che non consiste nel libero arbitrio, ma
nella possibilità di organizzare le proprie azioni in modo tale da poter
trasformare la realtà a seconda delle proprie esigenze; 2) la scuola come
forma di vita di comunità, in grado di rivestire il ruolo di comunità in
miniatura e quindi a stretto contatto con l‟ambiente circostante.
In Italia, nei primi anni del „900, l‟attivismo pedagogico è sperimentato nelle
Case dei bambini di Maria Montessori e nella scuola materna di Rosa Agazzi
e Carolina Agazzi. La prima casa dei bambini di Maria Montessori è del 1907,
viene fondata a Roma e destinati ai bambini del quartiere San Lorenzo; è una
scuola speciale, una vera e propria casa dei bambini e non costruita per i
bambini. L'intero arredamento della casa è progettato e proporzionato alle
possibilità del bambino, il quale interagisce attivamente con il materiale
proposto, mostrandosi concentrato creativo e volenteroso. Qui trova un
ambiente per potersi esprimere in maniera originale e allo stesso tempo per
poter apprendere gli aspetti fondamentali della vita comunitaria grazie anche
alla partecipazione attiva di genitori ed insegnanti. Il pensiero pedagogico
montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici e
successivamente si espande allo studio dell'educazione per tutti i bambini. La
sua ideologia identifica il bambino come essere completo, capace di sviluppare
energie creative e possessore di disposizioni morali (come l'amore), che
l'adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. Il principio
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
fondamentale del pensiero montessoriano è la libertà dell‟allievo, perché
soltanto la libertà è in grado di favorire la creatività del bambino già presente
nella sua natura. Dalla libertà infine, deve emergere la disciplina, perché un
individuo disciplinato è capace di regolarsi da solo quando sarà necessario
seguire le regole della vita. La scuola materna delle sorelle Agazzi viene
progettata in modo tale che rispecchi l‟ambiente abituale del bambino: una
piccola casa all‟interno della quale il piccolo ha la possibilità di svolgere attività
domestiche come a casa propria. Il materiale didattico di questa particolare
scuola materna ha un giardino con animali e piante, attraverso cui il bambino
può prendersi cura degli animali e lavorare la terra; un museo delle
cianfrusaglie, in cui vengono raccolti materiali ritrovati dai bambini e
successivamente utilizzati come materiale didattico; i contrassegni, ovvero
immagini di oggetti di uso comune che contrassegnano le proprietà dei beni
individuali dei bambini e che hanno lo scopo di educarli al linguaggio e all‟uso
dei simboli. L‟insegnamento agazziano si basa su una programmazione
scolastica che riguarda il fare e il conoscere attraverso l‟introduzione di attività
di vita pratica, di lingua parlata, di lavoro manuale e di norme che regolano
l‟educazione della voce per mezzo di esercizi ritmici.
Nel primo ventennio del „900 il principale sostenitore delle scuole nuove in
Italia è Giuseppe Lombardo Radice, il quale ritiene opportuno che maestro e
alunno
vivano
insieme
il processo
educativo. L‟educazione, secondo il
pedagogista, è possibile soltanto se i ragazzi frequentano scuole statali fondate
sul rispetto della libertà individuale e sulla collaborazione tra allievi; il compito
principale dell‟insegnante consiste nel fornire all‟alunno un ideale di vita e
valori fondamentali quali il riconoscimento che ogni individuo fa parte
dell‟umanità, cioè di una comunità di esseri umani distinti, ma uniti tra loro
dallo spirito universale concretizzato nello Stato. Tenendo presente che ogni
allievo è inserito in una situazione socio-economico-ambientale che lo rende
diverso dagli altri, Giuseppe Lombardo Radice rifiuta un‟educazione realizzata
18
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
con metodi standardizzati e delinea una figura di maestro in grado di adottare
diversi accorgimenti e di assumere mezzi di volta in volta adeguati per aiutare
ogni ragazzo a crescere secondo la propria personalità.
Basandosi sugli stessi presupposti Roberto Codignola nel 1945 fonda a Firenze
Scuola-Città Pestalozzi, la prima scuola statale a tempo pieno che accoglie
ragazzi del quartiere popolare di S. Croce. Il nome steso <<Scuola-Città>>
sottolinea lo stretto legame tra scuola e società, affinché le forze innovatrici
della società agiscano sulla scuola per promuoverne il rinnovamento, mentre le
forze educative animate dallo spirito di trasformazione e di progresso formino
nei ragazzi un atteggiamento di indipendenza e di autonomia. La <<ScuolaCittà>> simula proprio l‟organizzazione della società degli adulti ed ha al suo
interno la mutua, il consorzio agrario, la cooperativa, il giornale, la biblioteca,
la giunta e la corte d‟onore.
Formare una coscienza etica e civile in coloro che appartengono alle classi più
povere risulta essere il principale compito dell‟educatore anche secondo don
Lorenzo Milani, che nel 1954 dà vita nella sua parrocchia di Barbiana ad una
scuola popolare serale. Nella scuola di Barbiana vengono insegnati e
sperimentati gli istituti democratici per formare nelle giovani generazioni il
senso della legalità ed una coscienza politica, ovvero la consapevolezza che la
civiltà umana può progredire solo grazie a leggi migliori ed alla partecipazione
dei singoli individui alla vita della comunità. don Lorenzo Milani si occupa
dell‟istruzione di giovani operai e contadini perché ritiene che a loro manchi
completamente una coscienza del passato, del presente e del futuro; a tal
proposito l‟interesse maggiore è rivolto allo studio della lingua italiana,
attraverso la lettura ed il commento delle grandi opere del passato e dei
giornali per portare i giovani a leggere con spirito critico il produttivismo ed il
consumismo che dominano la società. Anche don Lorenzo Milani si avvale del
mutuo insegnamento, accompagnato dalla tecnica della scrittura collettiva,
19
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
attraverso cui la consapevolezza individuale e la riflessione di gruppo
coesistono e si completano a vicenda.
La pratica collaborativa è stata per lungo tempo utilizzata in ambito didattico
senza l‟utilizzo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche, ma dal
1980 in poi, nella riflessione pedagogica si afferma il cognitivismo sociale che,
facendo riferimento a Lev Semyonovich Vygotskij, Jean Piaget e Jerome
Seymour Bruner , mette in evidenza l‟importanza del linguaggio come
strumento
di
formazione
dell‟intelligenza
e
rivaluta
l‟ambiente
sociale,
l‟interazione tra esseri umani ed il rapporto tra individuo e contesto culturale.
La cooperazione “tecnologico/strumentale”
In questo contesto si è delineata una nuova generazione di sostenitori della
cooperazione educativa che utilizzano le nuove tecnologie come strumenti per
un apprendimento attivo, interattivo, significativo e condiviso. A partire dagli
anni novanta, con l‟avvento delle reti telematiche cambia completamente
l‟attenzione verso la comunicazione e quindi tende a mutare anche l‟interazione
umana
supportata
dalle
tecnologie.
Nello
stesso
periodo
vengono
documentate, in varie parti del mondo, esperienze didattiche che si avvalgono
delle tecnologie per lo sviluppo in ambito educativo e scolastico, tra queste c‟è
il workshop di Timothy Koschmann che si basa sull‟utilizzo dell‟acronimo CSCL
(Computer Support for Collaborative Learning, ovvero tecnologie per
l’apprendimento collaborativo). Questo acronimo sta ad indicare quelle
esperienze in cui è fondamentale l‟utilizzo della telematica a supporto delle
pratiche di apprendimento collaborativo e cooperativo, le quali si basano su
groupware: un software utilizzato da gruppi anziché da singoli individui che ha
lo scopo di favorire il lavoro di equipe o forme di creazione collaborativa di
conoscenza. Le prime esperienze in questo campo si sviluppano nel Nord
America, con studenti che utilizzano computer Apple connessi a reti locali: gli
20
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
strumenti utilizzati sono in grado di favorire e supportare dinamiche di
interazione e lavoro di gruppo.
Secondo lo studioso Antony Kaye è possibile individuare quattro categorie di
tecnologie
capaci
di
supportare
attività
collaborative
e
di
facilitare
l‟apprendimento: la prima sono i sistemi di comunicazione sincroni e asincroni ,
la seconda sono i sistemi per la condivisione di risorse (condivisione dello
schermo, di programmi software o di file), la terza sono i sistemi di supporto ai
processi di gruppo (calendari condivisi, sistemi per la gestione dei progetti,
strumenti di votazione, ecc.) ed infine la quarta categoria, introdotta negli
ultimi anni, che si basa sulla “simulazione immersiva” (Mud, Moo, Muse, ecc.)
dei giochi di ruolo e che spesso viene impiegata anche nella didattica on-line e
nelle esperienze di apprendimento in rete.
Nell‟ambito delle CSCL, trovano una loro specificità ambienti software peculiari,
che consentono di integrare in maniera evidente le teorie pedagogiche
sovrastanti con adeguate metodologie didattiche. Tra le ricerche che più di
altre hanno fatto scuola nel campo delle CSCL è necessario citare, anche come
caso rappresentativo per questo tipo di applicazioni, lo CSILE Project
(Computer Supported Intentional Learning Environment) ideato più di
un decennio fa da Marlene Scardamalia e Carl Bereiter presso il “Centre for
Applied Cognitive Science” dell‟Univesità di Toronto. Questo progetto fa
riferimento alla convergenza dei modelli didattici di impronta costruttivista con
un particolare utilizzo delle nuove tecnologie e costituisce un punto nodale per
favorire e sostenere negli studenti la motivazione e la capacità di lavorare
riflettendo attorno ai compiti. La tipologia di intervento didattico prevede uno
specifico ricorso alle attività di problem solving progressivo, mirate ad
aumentare il livello di indagine e di approfondimento dei problemi attraverso il
coinvolgimento attivo degli studenti; per consentire questo il software di CSILE
fornisce una particolare implementazione di un database le cui informazioni
possono essere inserite dai singoli studenti e quindi commentate e revisionate
21
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
dal gruppo nel corso del lavoro seguendo il modello di riferimento di una
redazione che scrive articoli per riviste scientifiche. In questo processo
ciascuno è al tempo stesso ricercatore, insegnante ed allievo, mentre il
docente della classe, abbandonando il ruolo di depositario del sapere, diventa il
semplificatore dei processi e il garante dell‟organizzazione dei percorsi di
ricerca e dell‟esattezza delle analisi. Il software CSILE contiene dati che di per
sé non sono niente, senza una fitta ragnatela di connessioni logiche e
comunicative in grado di trasformare i dati stessi in conoscenza significativa
per un gruppo e i processi di sviluppo di questa conoscenza significativa sono
resi evidenti dal software, consentendo agli studenti di poterli riconoscere: per
questo le ramificazioni delle interazioni comunicative vengono visualizzate
graficamente. CSILE si è negli anni evoluto e con l‟avvento di internet è stato
reso disponibile per il Web con una versione chiamata WebCSILE, oggi
conosciuta con il nome Knowledge Forum (KF). KF, giunto alla versione 4.5,
è
attualmente
un
prodotto
client-server
commercializzato
dalla
società
californiana Learning in Motion.
In ambito europeo vengono utilizzati altri strumenti che enfatizzano le così
dette
“metodologie
conversazionali”,
tra
cui
il
progetto
Innovative
Technologies for Collaborative Learning (ITCOLE), finanziato
Commissione
Europea
per
le
IST
(Tecnologie
per
la
dalla
Società
dell’informazione) e basato sul sostegno delle pratiche didattiche all‟interno
della scuola. Da questo progetto nascono un Portale Internet, Euro-CSCL e
due prodotti software che si prefiggono di supportare la costruzione del sapere
attraverso
la
collaborazione
di
classi
scolastiche:
Synergeia
e
File3.
Synergeia offre uno spazio di lavoro condiviso orientato al web, all‟interno del
quale è possibile avviare attività di apprendimento collaborativo in grado di
prevedere la possibilità di: condividere documenti ed idee; registrare i
confronti tra i partecipanti; sviluppare e presentare artefatti di conoscenza. Gli
insegnanti hanno la possibilità di strutturare, avviare e guidare i lavori
22
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
all‟interno di Synergeia, facilitando così la costruzione del sapere all‟interno
delle loro classi. File3, Future Learning Environment, è stato sviluppato
dall‟Università di Arte e di Design di Helsinki ed è un sistema di apprendimento
anch‟esso basato sul web, open source e disponibile in varie lingue fra cui
l‟italiano. E‟ stato progettato per aiutare gruppi di studenti nell‟attivazione dei
processi di apprendimento mediante la costruzione della conoscenza e
attraverso la ricerca; gli studenti hanno anche la possibilità di costruire
artefatti multimediali composti da suoni, immagini e testo, in maniera del tutto
collaborativa. Gli strumenti CSIL risultano particolarmente congeniali all‟interno
dei modelli didattici in grado di valorizzare il lavoro di gruppo e la creazione
cooperativa di conoscenza attraverso la discussione. Lo sviluppo di comunità
di apprendimento risulta efficace soltanto se l‟impostazione dei lavori si
svolge ispirandosi ai modelli di problemi reali e, più in generale, a tutti quei
modelli di stampo costruttivista che richiedono situazioni di attivazione degli
individui in contesti per loro significativi. Il lungo percorso didattico che parte
dal 1700 e arriva fino ai giorni nostri, mette in evidenza come le nuove
tecnologie e in particolar modo il computer, non abbia stravolto i metodi
educativi rivolti all‟apprendimento, bensì li abbia sviluppati, traendo ispirazione
anche dalle pratiche delle scuole nuove.
Questo sviluppo ha permesso la nascita delle tecnologie dell‟educazione, prima
in area anglosassone e poi nel resto del mondo durante la seconda metà del
novecento,
come
studio
di
principi,
metodi
e
mezzi
per
progettare,
implementare, gestire e valutare il processo di apprendimento. All‟interno delle
varie articolazioni le tecnologie dell‟educazione hanno mostrato di convergere
verso due poli principali, quello della comunicazione (con spostamento di
accento sui media, sulle varie tipologie di media e sugli usi dei media) e quello
della razionalizzazione dell‟istruzione (con spostamento di accento sui criteri
progettuali ed organizzativi), che ha trovato il riferimento di maggior rilievo
storico nell‟istruzione programmata. I nuovi media interattivi (personal media,
23
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
sociomedia, telemedia) hanno portato al bisogno di ripensare gli ambienti e la
progettazione educativa in forma nuova, stabilendo rapporti più stretti con il
cognitivismo e questa fusione ha portato a sua volta alla tecnologia cognitiva,
la quale si basa sull‟interazione e sull‟integrazione uomo macchina. Tale
integrazione mette in evidenza l‟importanza di una ridefinizione degli ambienti
formativi, quindi la necessità di affrontare le problematiche di una nuova
progettazione e di una nuova realizzazione di essi.
I
nuovi
ambienti
formativi
dovranno
cambiare,
sul
piano
tecnologico:
occorreranno mezzi che consentano di strutturare-ristrutturare le conoscenze
in forma più agile rispetto a quelli tradizionali e che offrano nuove forme di
comunicazione, dialogo ed accesso a risorse distribuite a distanza; sul piano
teorico:
occorrerà
una
maggiore
attenzione
verso
la
dimensione
metacognitiva, cioè uno spostamento di riflessione sui criteri e sulle strategie
che si perseguono rispetto alla quantità di contenuti da padroneggiare; sul
piano sociale ed istituzionale: occorrerà una maggiore attenzione da parte di
istituzioni ed agenzie formative verso la fattibilità di soluzioni formative diverse
da quelle tradizionali (scuola, classe) e verso nuove integrazioni tra modelli
formali-informali, scuola-territorio, come ad esempio le recenti esperienze
statunitensi
ad
espressioni
quali
orientamento
<<comunità
costruttivista
di
che
vengono
apprendimento>>
o
indicate
<<comunità
con
di
conoscenza>>. All‟interno delle comunità di apprendimento si ritrovano
elementi già noti durante la tradizione educativa di stampo attivistico, quali il
lavoro di gruppo e la metodologia della ricerca, entrambi supportati da un più
analitico corredo tecnologico. Le tecnologie informatiche legate all‟educazione
diventano indispensabili strumenti di regolazione, ampliamento e monitoraggio
dei flussi comunicativi e dell‟attività progettuale cui tutti i partecipanti, dislocati
anche in più scuole, devono partecipare. Grazie all‟utilizzo di tali tecnologie gli
studenti hanno la possibilità di conoscere il lavoro degli altri e di poter
intervenire su di esso. Esperienze di questo genere hanno portato alla
24
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
designazione di tecnologia degli ambienti formativi, un‟area che ha come
oggetto lo studio dei criteri e dei metodi che si basano sull‟individuare, allestire
e modificare i diversi dispositivi (impalcature simboliche e fisiche)capaci di
favorire gli scambi comunicativi per lo sviluppo di eventi formativi. La
tecnologia degli ambienti formativi, favorisce notevolmente la formazione degli
studenti di oggi, ma i dispositivi utilizzati devono sviluppare particolari forme di
scambio e dialogo tra individui, altrimenti la formazione stessa risulterebbe un
evento del tutto accidentale ed incontrollabile, così come in passato, l‟utilizzo
dei materiali didattici delle scuole nuove sarebbe risultato inutile senza lo
scambio del mutuo insegnamento tra allievi.
Bibliografia:
Brown J.S.- Duguid P., Apprendimento nelle organizzazioni e “comunità di
pratiche”, in Pontecorvo C. ET AL., op. cit., 1995
Dewey J., Democrazia ed educazione, Edizioni La Nuova Italia, Firenze 1949
Dewey J., Scuola e società, Edizioni La Nuova Italia, Firenze 1949
Ferrière A., La scuola attiva, Edizioni Bemporad, Firenze 1929
Kaye A., Apprendimento collaborativo basato sul computer, in “TD”, n. 4, 1994
Koschmann T. D., Toward a Theory of Computer Support for Collaborative
Learning, in “The Journal of Learning Sciences”, Special issue: Computer
Support for Collaborative Learning, vol. 3, n. 3, 1993-94
Laeng M. (a cura di), Enciclopedia Pedagogica, Edizioni La Scuola, Brescia 1989
Pravettoni G., Web psychology, Edizioni Guerini e Associati, Milano 2002
25
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
Prellezo J.M., Lanfranchi R., Educazione e Pedagogia nei solchi della storia,
Società editrice internazionale, Torino 1997
Prevot G., Pedagogia della cooperazione scolastica, Edizioni La Nuova Italia,
Firenze 1963
26
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
ALCUNE FIGURE SIGNIFICATIVE
Roger Cousinet.
pedagogista ed educatore francese (Juvisy-sur-Orge 1881-Parigi 1973). Dopo
aver studiato alla Sorbona, che frequentò insieme con Th. A. Ribot, A. Binet ed
E. Durkheim e in cui insegnò pedagogia dal 1942 al 1957, si dedicò a
un'intensa attività pubblicistica, collaborando a numerose riviste. Nel 1920
fondò, insieme con T. Guéritte, l'associazione della Nouvelle Èducation e la
rivista omonima, e nel 1945, in collaborazione con Chatilain, L'Ècole Nouvelle
Française. Il suo metodo, messo a punto nel 1920, chiaramente influenzato
dall'attivismo e dall'educazione nuova di E. Claparède e A. Ferrière, prevede la
formazione di gruppi di lavoro, creati spontaneamente dai bambini in risposta
agli stimoli dell'interes se, in cui le materie di insegnamento si trasformano in
attività libere. Esse vengono distinte in due direttrici principali: attività di
creazione (lavoro manuale in genere) e di conoscenza (lavoro storico,
geografico, linguistico, ecc.). Fondamentale l'importanza data all'attività di
socializzazione, tramite cui il bambino può superare l'iniziale contrasto fra
individualità ed essere sociale e giungere alla maturazione attraverso la
spontanea – seppure guidata – collaborazione con i propri compagni. Fra le
opere di Cousinet si ricordano: La vie sociale des enfants (1950) e La vie
sociale et le travail par groupes (1956).
Célestin Freinet
educatore e pedagogista francese (Gars, Alpi Marittime, 1896-Vence 1966).
Insegnante elementare, studiò e sperimentò nuovi metodi di insegnamento
attivo, rivolti a portare nella scuola un nuovo spirito comunitario, attraverso
l'applicazione alle attività scolastiche dei criteri del mondo del lavoro. I metodi
27
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
didattici creati da Freinet sono: l'introduzione della tipografia nelle classi, con
un giornale composto e stampato dai ragazzi; il “testo libero”, testo costituito
da sensazioni, esperienze, descrizioni lette e discusse durante le lezioni; il
disegno libero; la biblioteca di lavoro; la raccolta di materiale che sostituisce il
libro di testo; la corrispondenza interscolastica, scambio di testi e lettere fra le
varie classi; schedari di consultazione e autocorrettivi per l'insegnamento della
lingua e della matematica. Le finalità precipue dell'educazione sono così il
rispetto del processo psicologico e della capacità creativa dell'allievo e una sua
vasta socializzazione. Il movimento fondato dall'educatore francese ha migliaia
di aderenti, organizzati, sul piano internazionale, nella Coopérative de
l'Enseignement Laïc. In Italia il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE),
sorto fra il 1950 e il 1951, ispirandosi a Freinet svolge fra gli insegnanti una
consistente opera d'innovazione tecnico-metodologica e di sensibilizzazione
politica nell'ambito di una prospettiva laica e marxista. Fra le opere di Freinet:
L'éducation du travail (1947; L'educazione del lavoro), L'école moderne
française (1948; La scuola moderna francese), Essai de psychologie sensible
appliquée à l'éducation nouvelle populaire (1949; Saggi di psicologia applicata
alla nuova educazione popolare), raccolta di saggi per la scuola materna ed
elementare, Les Techniques Freinet de l'École moderne (1964; Le mie
tecniche).
BIBLIOGRAFIA
A. Pettini, Le tecniche Freinet, Rimini, 1952; M. Mencarelli, Le tecniche Freinet,
Firenze, 1956; G. Tamagnini, Didattica operativa. Le tecniche Freinet in Italia,
Camerino, 1965; A. Pettini, Célestin Freinet e le sue tecniche, Firenze, 1968;
G. Balduzzi, L'educazione del lavoro di Célestin Freinet, Napoli, 1983.
John Dewey
IL PENSIERO FILOSOFICO
28
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
Filosofo e pedagogista statunitense (Burlington 1859-New York 1952). Di
modesta famiglia, frequentò l'Università del Vermont, dove ebbe i primi
contatti con la filosofia evoluzionistica, con l'intuizionismo scozzese e con la
filosofia di Comte. Fu poi a Baltimora, dove assorbì l'hegelismo. A contatto con
i Principles of Psycology del James, si allontanò dall'hegelismo e diede al suo
pensiero
un
indirizzo
completamente
nuovo,
da
lui
stesso
definito
strumentalismo. Si dedicò allora, prima a Chicago e poi a New York, alla
creazione di una scuola organizzata come laboratorio sperimentale. Lo
strumentalismo, senza essere un punto di vista eclettico, segnò tuttavia la
convergenza tra pragmatismo e illuminismo. La sintesi di questi diversi
indirizzi, che si riscontrano in Experience and Nature (1925; Esperienza e
natura) e in The Quest for Certainty (1929; La ricerca della certezza), segnò in
primo luogo un radicale innovamento del concetto di “esperienza”, proprio
dell'empirismo classico. Tale concetto infatti, secondo Dewey, è il risultato di
una semplificazione e di una sofisticazione della realtà. La realtà infatti non è
chiarezza e semplicità come vorrebbe l'empirismo classico: include invece
fattori d'instabilità, di rischio, d'incertezza e oscurità. Un'adeguata teoria
dell'esperienza deve riconoscere e indicare esplicitamente questi fattori. Il
rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale e sociale è sempre incerto e
instabile. Nessuna struttura e tantomeno l'autoillusione (“la fallacia filosofica”,
come la chiama Dewey) garantisce questi rapporti: l'unica garanzia, sia pure
provvisoria e tale da richiedere un costante controllo, è l'atteggiamento della
“ricerca”, che Dewey, in Logic, the Theory of Inquire (1938; Logica, teoria
dell'indagine), definisce “la trasformazione diretta o controllata di una
situazione indeterminata in una situazione determinata nelle sue distinzioni e
relazioni costitutive a tal punto da convertire gli elementi della situazione
originaria in una totalità unificata”. Essendo la trasformazione di una situazione
lo scopo della ricerca, il rapporto tra mezzi e fini deve essere concepito,
secondo Dewey, come rapporto d'“integrazione”. Tale rapporto è centrale nel
pensiero di Dewey e viene ripreso in tutte le sue opere principali. Esso coincide
29
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
con il significato e la portata della razionalità, che consiste nella scelta di
finalità adeguate e conformi ai mezzi che si hanno a disposizione per realizzarle
e nello stesso tempo nella scelta di mezzi atti a produrre gli effetti ai quali si
tende. Questo punto di vista esclude che la razionalità sia una facoltà
preesistente ai procedimenti della ricerca, caratterizzata da strutture a priori
indipendenti. La riduzione delle “facoltà” umane sotto il concetto di funzione,
che viene operata da Dewey nei confronti del concetto di razionalità, viene
analogamente operata per le altre “facoltà” umane: la coscienza infatti è il
momento
critico
e
negativo
dell'esperienza,
quando
l'esigenza
di
un
mutamento radicale viene sentito con intensità particolare. La coscienza è
l'esperienza stessa nel momento della sua crisi. Lo spirito non è cosa che
appartenga in proprio all'individuo ma è ciò che costituisce il sistema di
credenze, di abitudini, di valori in cui l'individuo si trova inserito. L'io infine non
è la semplice individualità, ma il momento innovativo, originale, liberatorio
dell'esperienza mediante il quale essa si libera dai vincoli del passato e assume
nuovi significati. Il carattere sperimentale è comune, secondo Dewey, tanto
alla scienza propriamente detta quanto all'esperienza quotidiana del senso
comune. Il fatto che quest'ultimo operi in modo meno rigoroso e con linguaggi
assai meno complessi di quelli di cui si serve la scienza, non toglie che anche
nella vita comune gli uomini procedano sperimentalmente, cioè correggendo e
modificando di continuo le loro idee sugli insegnamenti dell'esperienza. Il
compito stesso della filosofia dell'arte (Art as Experience, 1934, Arte come
esperienza) consiste, secondo Dewey, nel ritrovare una continuità tra quelle
forme raffinate e concentrate dell'esperienza, che sono le opere d'arte, e gli
avvenimenti di tutti i giorni. L'impedimento maggiore al pieno esplicarsi della
scientificità e del senso comune deriva dal peso che esercitano su di esso
l'autoritarismo e il dogmatismo delle filosofie tradizionali. La concezione del
conoscere come mera contemplazione e la svalutazione del mondo della pratica
e del lavoro, che è caratteristica di queste filosofie, ha le sue radici, secondo
Dewey, in determinate condizioni economiche e sociali. Interprete delle più alte
30
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
tradizioni democratiche americane e, in particolare, dello spirito del New Deal
rooseveltiano, la filosofia di Dewey è permeata dell'idea che democrazia e
scienza sono due aspetti complementari di una stessa realtà. Come la fede
democratica ha infatti la sua radice nell'idea della perfettibilità dell'uomo, nella
convinzione cioè che l'uomo può migliorarsi e correggersi con l'esperienza, la
scienza presuppone, a sua volta, una società democratica e libera in cui il
ricambio e la circolazione delle idee non siano ostacolati né da pregiudizi di
casta né da privilegi sociali.
IL PENSIERO PEDAGOGICO
Sulle sue tesi filosofiche Dewey costruisce un pensiero e una tecnica
pedagogica che ispirarono largamente fin dai primi decenni del secolo
soprattutto le scuole americane. Il fondamento della pedagogia deweyana
risiede nella teoria dell'interesse, posto in intima interrelazione con il concetto
di sforzo: “lo sforzo senza interesse è pratica da lavoro forzato, ma l'interesse
che non suscita sforzo non è interesse vero” (Visalberghi). Il concetto
d'interesse, inoltre, è al centro della concezione deweyana della scuola come
vita: la stessa tesi della continuità tra scuola e famiglia è un corollario
dell'importanza fondamentale attribuita a tale concetto. Per Dewey non c'è
scuola attiva senza presenza del lavoro incentrato sull'interesse. L'educazione
è “attiva” in quanto “formatrice di attitudini atte ad adeguare plasticamente
l'individuo
alle
sempre
rinnovantisi
condizioni
ambientali
e
in
quanto
promotrice di maturità critica e di spirito d'intrapresa”. Individuo e società sono
inseparabili e l'educazione come scienza si deve riferire tanto alla psicologia
quanto alle scienze sociali. Lo sviluppo adeguato dei due momenti del processo
educativo è reso possibile dall'assetto democratico, fuori da ogni divisione
classista e da ogni chiusura nazionalistica. La concentrazione industriale e la
divisione del lavoro, emarginando la funzione produttiva della famiglia, hanno
reso impossibile la partecipazione e l'interesse dei ragazzi ai processi di
produzione. Tale fenomeno ha accentuato la scissione fra cultura liberale delle
31
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
classi egemoni e cultura tecnico-professionale dei lavoratori. Al lavoro
educativo che non abbia fini estrinseci Dewey assegna il compito di una
riconciliazione di queste “due culture”. Fra le opere pedagogiche: My Pedagogic
Creed (1887; La mia dottrina pedagogica), School and Society (1899; Scuola e
società), Democracy and Education (1916; Democrazia ed educazione).
Ernesto Codignola.
Pedagogista e filosofo italiano (Genova 1885-Firenze 1965). Più volte membro
del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, Codignola diventò presto una
delle figure portanti dell'idealismo pedagogico italiano. Fondò numerose riviste:
Levana (1922-28); La nuova scuola italiana (1923-38); Civiltà moderna (192943); La Nuova Italia (1930-43); Scuola e città (1950). Nel 1926 fondò a
Venezia la casa editrice La Nuova Italia, con l'intento di legarsi alle correnti del
liberalismo
europeo.
Dopo
l'avvento
del
fascismo,
Codignola
fu
progressivamente spinto ai margini della vita accademica e, con il passare
degli anni, costretto anche a rinunciare alla propria attività pubblicistica. Nel
dopoguerra però entrò nuovamente in contatto con le più importanti
organizzazioni educative internazionali e con i maggiori esponenti del pensiero
pedagogico. Nel 1944 fondò a Firenze la Scuola-città Pestalozzi, nella quale la
strutturazione gerarchica si stemperava nella comprensione delle esigenze
degli studenti, quasi a dissolversi nella struttura comunitaria dell'autogoverno,
caratteristica
essenziale
della
scuola
stessa.
Dall'analisi
comparativa
dell'individualismo naturalistico di stampo settecentesco e della storia politicoculturale italiana, faceva scaturire quella “religiosità laica” che lo colloca
nell'ambito dello storicismo idealistico. Per Codignola lo storicismo deve mirare
al superamento della propria empiricità fisica, per immergersi nella universalità
spirituale. Questo passaggio ha un'origine intuitiva nella tradizione alla quale
ogni individuo fa riferimento. Tuttavia l'autonomia cui mira l'individuo non può
32
Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
che essere raggiunta da pochi, da una élite: un ristretto gruppo di intellettuali
deve
educare
e
governare
le
masse;
è
dunque
necessario
formare
culturalmente, in modo globale e approfondito, la schiera di maestri ai quali
affidare l'educazione dei bambini, investendo non solo gli istituti magistrali, ma
anche le scuole secondarie superiori e, con esse, le università. Tra i suoi scritti:
Educatori
moderni
(1926),
Educazione
liberatrice
(1946),
Illuministi,
giansenisti e giacobini nell'Italia del Settecento (1947), Un esperimento di
scuola attiva: la scuola-città Pestalozzi (1954).
Lamberto Borghi.
Pedagogista italiano (Livorno 1907-Firenze 2000). Dopo avere insegnato storia
e filosofia nei licei durante gli anni Trenta, come ebreo fu allontanato
dall'insegnamento per effetto delle leggi razziali fasciste. Nel 1940 emigra negli
Stati Uniti dove ebbe modo di sviluppare e approfondire i propri studi sulle
scienze sociali e sull'educazione. Nel 1947 ritornò in Italia e riprese
l'insegnamento. Nel 1950 contribuì, insieme a Ernesto Codignola, a dar vita
alla rivista Scuola e Città. Iniziò a Pisa la propria attività di professore
universitario di pedagogia (1950) che concluse a Firenze (1982). Borghi rivolse
gran parte del suo interesse allo studio dell'autoritarismo in Italia, con specifici
riferimenti all'educazione, ma con uno sguardo attento alle problematiche di
più largo respiro che venivano dalla società. Influenzato in parte dal pensiero
di John Dewey, egli oppose all'autoritarismo il metodo della libera indagine
critica. Profondamente laico, difese sempre la scuola pubblica in quanto
garanzia democratica contro ogni sorta di dogmatismo. La grande rilevanza
che la libertà individuale aveva nel suo pensiero, lo portò ad elaborare una
interpretazione democratica del marxismo. Fra i suoi lavori ricordiamo:
Educazione e autorità nell'Italia moderna (1951); Educazione e scuola
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
nell'Italia d'oggi (1958); Scuola e ambiente (1964); Educare alla libertà (1992)
e La città e la scuola (2000).
Jean Piaget
Psicologo svizzero (Neuchâtel 1896-Ginevra 1980). Studiò scienze naturali
all'Università di Neuchâtel, laureandosi nel 1918. Si dedicò in seguito, sotto la
guida di E. Claparède, a studi di psicologia dell'infanzia, perfezionandosi a
Ginevra e a Parigi. Nel 1922 divenne professore di psicologia dell'età evolutiva
dell'Istituto J.-J. Rousseau fondato a Ginevra da Claparède e nel 1940 ne fu
nominato direttore. Nel 1955 creò, sempre a Ginevra, il Centro Internazionale
d'Epistemologia Genetica. Le ricerche di Piaget si sono rivolte soprattutto alla
psicologia dell'età evolutiva, e in particolare allo sviluppo dell'intelligenza,
descritta nelle sue varie operazioni nell'intero arco dello sviluppo intellettuale,
dalla
nascita
all'adolescenza.
Egli
critica
sia
le
impostazioni
di
tipo
associazionista (che definisce “genesi senza struttura”), sia quelle di tipo
gestaltista (“struttura senza genesi”). Secondo Piaget, il bambino attraversa
una serie di fasi evolutive e ogni fase ha una sua strutturazione che la rende
qualitativamente, e non solo quantitativamente, diversa da quella precedente.
La prima fase (divisa a sua volta in vari altri periodi) è quella senso-motoria.
L'intelligenza, infatti, si sviluppa secondo Piaget su una base “pratica”,
attraverso l'azione. All'inizio il bambino ha a disposizione solo un corredo
innato di riflessi, le sue percezioni non sono né coordinate tra di loro, né
coordinate alle azioni. Progressivamente si formano le prime abitudini, le prime
coordinazioni tra percezione e azione. Hanno in questo grande importanza le
cosiddette reazioni circolari, processi particolari che fanno sì che il bambino
compia delle azioni per il solo piacere di compierle, e che quindi conducono a
ripetere
e
perfezionare
certi
schemi
d'azione.
Gli
schemi
d'azione
progressivamente acquisiti vengono perfezionati e interiorizzati, nella ricerca
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
naturale da parte del bambino di un adattamento all'ambiente, adattamento
inteso in termini di equilibrio attivo e che si compone di due processi in stretta
interdipendenza tra di loro: l'assimilazione (l'incorporazione, cioè, nei propri
schemi
mentali
delle
offerte
dell'ambiente)
e
l'accomodamento
(la
modificazione, cioè, del comportamento sulla base delle richieste ambientali).
Gli schemi d'azione interiorizzati sono ancora irreversibili: il bambino, cioè, è
incapace di formare nozioni complesse utilizzando il pensiero simultaneo di due
o più fasi di un evento o di due o più fasi dell'esplorazione percettiva di un
oggetto. Il possesso di schemi d'azione interiorizzati reversibili segna l'ingresso
nella fase dell'intelligenza operatoria concreta dalla fase dell'intuizione:
intelligenza operatoria in quanto gli schemi d'azione reversibili, strutturati in
relazioni logiche dette raggruppamenti, costituiscono per Piaget le operazioni
mentali. Si parla di operazioni concrete perché il punto di partenza è sempre
costituito dalla realtà su cui direttamente si opera. A questa fase, che va da 6 a
11 anni ca., segue quella delle operazioni astratte, che si ha con l'acquisizione
delle operazioni della logica. Estremamente importanti gli studi di Piaget
relativi alla nuova disciplina da lui chiamata epistemologia genetica, che
consiste nello studio del significato che hanno concetti quali spazio, tempo,
velocità, causalità, ecc., attraverso la loro acquisizione. Ancora ricerche
fondamentali
sono
state
condotte
da
Piaget
sulla
rappresentazione,
sull'acquisizione del senso morale, sulla percezione, sui rapporti tra logica e
psicologia, sull'animismo e sul linguaggio infantili. La sua influenza sugli studi
di psicologia dell'età evolutiva è stata ed è tuttora molto importante; le sue
opere, inoltre, hanno dato un rilevante apporto alla formazione del neobehaviorismo (behaviorismo). Fra le sue opere si ricordano: Le langage et la
pensée chez l'enfant (1923; Il linguaggio e il pensiero del fanciullo), La
représentation du monde chez l'enfant (1926; La rappresentazione del mondo
nel fanciullo), La naissance de l'intelligence chez l'enfant (1936; La nascita
dell'intelligenza nel fanciullo), Introduction à l'épistémologie génétique (1950;
Introduzione all'epistemologia genetica), La genèse des structures logiques
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
élémentaires (1960; La genesi delle strutture logiche elementari), Traité de
psychologie expérimentale (1963; Trattato di psicologia sperimentale), di cui fu
il curatore insieme a P. Fraisse, Sagesse et illusions de la philosophie (1965;
Sagezza e illusioni della filosofia), L'équilibration des structures cognitives
(1975; L'equilibrazione delle strutture cognitive).
N. Filograsso, L'evoluzione del pensiero logico di Jean Piaget, Urbino, 1967; J.
Flavell, La mente dalla nascita all'adolescenza nel pensiero diJean Piaget,
Roma, 1971; D. Elkind, J. Flavell, Jean Piaget e lo sviluppo cognitivo, Roma,
1972; R. Droz, M. Rahmy, Guida alla lettura di Piaget, Firenze, 1974; D. G.
Boyle, Guida a Piaget, Firenze, 1975; S. Borella, Il mentale tra eredità e
cultura, Milano, 1991.
Lorenzo Milani.
Sacerdote (Firenze 1923-1967). Convertitosi al cristianesimo dall'ebraismo, fu
consacrato sacerdote nel 1947. Fin dall'inizio dell'apostolato si dedicò alla
promozione culturale dei ragazzi del popolo. Sospettato di comunismo
dall'autorità ecclesiastica, che giudicò inopportune le sue Esperienze pastorali
(1958), fu relegato come priore a Sant'Andrea di Barbiana, nel Mugello, dove
fondò una scuola per i figli dei contadini e dei boscaioli, imprimendole un
metodo didattico radicalmente nuovo, legato alla realtà politico-sociale. Frutto
di tale esperienza fu la Lettera a una professoressa (1967), documentata
denuncia del classismo della scuola italiana, che influì notevolmente sulla
contestazione studentesca del 1968. Schieratosi a favore dell'obiezione di
coscienza, don Milani subì un processo, in occasione del quale scrisse una
vibrata Lettera ai giudici (1965), poi pubblicata con il titolo L'ubbidienza non è
più una virtù (1967). Postume: Lettere (1970) e Lettere alla mamma (1973).
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Educazione Attiva e Cooperazione Educativa
Scuola di Barbiana,
Scuola per i ragazzi del popolo, fondata nel 1955 da don Lorenzo Milani, priore
di Sant'Andrea di Barbiana, piccolo villaggio del Mugello. Ha espresso un nuovo
orientamento didattico, legato all'esperienza quotidiana e ai problemi politici e
sociali, in antitesi alla scuola ufficiale e ai suoi programmi tradizionali e astratti.
Il libro Lettera a una professoressa (1967), scritto dai ragazzi di Barbiana, ha
influito notevolmente sulla contestazione studentesca italiana del 1968.
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l`educazione attiva e la cooperazione educativa