Review n. 9 – Italus Hortus 16 (1), 2009: 1-21
Le specie ortive minori in Italia
Vito V. Bianco*
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università di Bari, via Amendola 165/a, Bari
Ricezione: 5 agosto 2008; Accettazione: 26 dicembre 2008
Minor vegetable crops in Italy
Abstract. The criteria to establish the meaning of
minor vegetable crops (MVC) are discussed. Italy,
due to the climatic condition and long tradition in
domestication, feature a great diversity of MVC, some
grown from ancient time; for 168 mentioned, the common and latin name are reported. The Italian gene
bank and the collection holders of some MVC genetic
resources are indicated. The evolution of harvested
outdoor and greenhouse crops in the last 30 years
are reported; surprisingly fennel in Italy is grown outdoor in about 23,000 ha, while lamb’s lettuce and wild
or sand rocket in greenhouse on about 450 and 1,100
ha respectively. The organically grown MVC amount
to 3,165 ha and leaders are cabbage and savoy cabbage. Family, social and elderly gardens play an
important role on the cultivation and usage of MVC
and in Bologna province, over 5,000 are counted.
Seed production take place on more than 6,000 ha of
which 1,500 are destinated to radish. The resistance
and tolerance on some soil, climatic stress and
gaseous pollutant are mentioned. Take into consideration the future importance of the soilless cultivation,
researches conducted in Italy on 20 MVC, especially
on leafy vegetables, but also on radish, cima di rapa,
eggplant, cucumber, immature melon such as
carosello and barattiere are discussed. Considering
that the European quality seals are key factors in
boosting the economy of rural areas, the MVC awarded of PDO and PGI such as asparagus, artichoke,
caper, radicchio, shallot, basil and saffron are indicated. Moreover, in the Italian National list of traditional
agri-food products, 49 MVC and 206 landraces are
included and among them 26 refer to artichoke and
22 to asparagus. Furthermore the usage of the MVC
for processing, fresh cut or ready to eat or to cook
products, miniature or baby vegetables, sprouted
seeds, edible flowers and species used by immigrants
are assessed. As an example of exceptional nutrient
value and the health promoting compounds of MVC,
the composition of some Brassicaceae that possess
highly active phytochemicals containing anticarcinogenic potentials is discussed. It appears that curly
kale is very rich on Ca, Fe, Mg, K, Vit. C, and A, lutein
and zeaxanthin and gamma linolenic acid. To expand
consumption and advertise some MVC, 250 italian
*
[email protected]
municipalities promoted festivals, shows and fairs and
among them 68 are dedicated to asparagus, 45 to
artichoke and 40 to squash. At the end, the story of
the transition of Diplotaxis tenuifolia from wild to cultivated vegetables is discussed.
Key words: family and social gardens, seed production, organic, seal and traditional products, soilless, nutrients, festivals, wild rocket.
Specie ortive minori
Alcuni ortaggi oggi considerati minori, anche se
non nella forma e dimensioni attuali, sono noti da
lungo tempo. Infatti nella bibbia vengono citati aneto,
aglio, cappero, cicoria, coriandolo, fava, indivia,
menta, origano, porro, senape, tarassaco. Gli antichi
Romani, oltre ai suindicati, conoscevano anche anice,
asparago, atreplice, basilico, bietola da orto, cardo,
carciofo, carota, cavolo da foglia, cetriolo, cipolletta,
cren, crescione di fontana, cumino, fagiolino dall’occhio, fragolina di bosco, lagenaria, lambascione,
porro, prezzemolo, rapa, ravanello e sisaro.
Molte specie ortive minori (SOM) sono giunte fino
a noi perché tante persone, non necessariamente dedite a tempo pieno in agricoltura, hanno saputo nel
tempo conservare, spesso migliorandole attraverso la
semplice selezione visiva e sensoriale, le caratteristiche morfologiche e gustative.
Tali persone sono anche custodi delle conoscenze
storiche del prodotto, degli aneddoti ad essi legati, dei
metodi produttivi, le metodiche per la conservazione e
utilizzazione culinaria; costituiscono perciò un anello
indispensabile per il rilancio di queste specie spesso
dimenticate o poco utilizzate che possono costituire
un valore aggiunto al territorio rivalutando gli usi,
costumi, tradizioni e la cultura. È il messaggio che
spesso le sagre, le feste, le fiere si sforzano di veicolare. La globalizzazione, al contrario con la standardizzazione richiesta per la fornitura dei prodotti freschi e
soprattutto trasformati, insieme ai capricci della moda,
al lavoro femminile, contribuiscono, in qualche
maniera, all’abbandono delle antiche consuetudini alimentari peculiari per le diversificate realtà regionali
italiane.
1
Bianco
Il Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro
delle Politiche Agricole e Forestali, il 16/09/1999
hanno emanato un D.M. pubblicato nella G.U. del
26/11/1999 n. 278 in cui vengono definite le
“Utilizzazioni minori di interesse agricolo”.
L’utilizzazione minore di interesse agricolo si riferisce all’impiego di prodotti fitosanitari per usi di piccola scala o che rivestono una minore importanza economica rispetto agli usi e le specie di maggiore rilevanza economica per i quali il prodotto fitosanitario
risulta già autorizzato con particolare riferimento
all’impiego sulle colture minori. Alla scarsa disponibilità di principi attivi per la lotta ai parassiti e alle
infestanti per le SOM, al limitato interesse dell’industria a sostenere le spese per ottenere l’estensione
d’impiego per le SOM, si aggiunge la revisione periodica degli agrofarmaci che porta alla revoca l’uso di
alcuni principi attivi storici. Ciò rende problematica la
proficua e sostenibile coltivazione di alcune SOM.
Secondo Gengotti et al. (2003) alcune SOM quali
basilico, prezzemolo, ravanello, ruchetta e valerianella sono caratterizzate da elevato valore aggiunto, rigidi standard estetici, da un breve e intenso ciclo colturale. Ciò presuppone un elevato impiego di mezzi chimici che spesso, paradossalmente, pur essendo innovativi, meno tossici e più selettivi, non sono registrati
per queste specie.
Altri criteri proposti per considerare le specie ortofrutticole maggiori, minori, molto minori o ipominori,
contemplano il consumo medio giornaliero che, per le
maggiori viene indicato >7,5 g/uomo (uomo di 60
kg). Un altro parametro è la superficie coltivata o la
produzione ottenuta, che per le maggiori viene considerata superiore a 10.000 ha e 200.000 t. Per le colture molto minori il limite è inferiore a 600 ha (Conti,
2006). È chiaro che stabilire valori legati alla superficie e alla produzione fa sorgere numerosi dubbi perché nel corso del tempo, per numerosi fattori, una specie può ricadere ora in una categoria ora in un’altra.
Così, ad esempio, il cocomero nel 1979 doveva essere
considerato maggiore (24.000 ha), mentre nel 2007
minore (9.900 ha); stesso ragionamento per la fava
fresca 19.000 ha (1978) e 9.800 ha (2007). Altro
esempio può essere la bietola da orto che da minore
nel 1979 (1.730 ha) passerebbe a molto minore nel
2007 (429 ha), la batata (1.004 vs. 430 ha) e il cetriolo
da sottaceti (1.910 vs. 337 ha).
Le colture cosidette molto minori danno origine
però, in alcune realtà regionali, a redditi molto elevati
e ad un notevole numero di occupati, come nel caso
della menta in Piemonte dove si stimano oltre 400 ha
coltivati, con un PIL di 1,8 milioni di euro o il basilico in Liguria che rappresenta il 16% della produzione,
2
con circa 600 addetti occupati fra produzione primaria
e preparazione del pesto. Così anche il cappero nelle
isole di Pantelleria ed Eolie (circa 150 ha) con un PIL
di 880.000 euro, la ruchetta in Campania, dove si coltiva su 850 ha in ambiente protetto e il prodotto viene
destinato anche alla IV gamma. Altro esempio può
essere il carosello in Puglia, che, oltre in pien’aria,
viene anche coltivato per circa 50 ha in serra e la
lagenaria in Sicilia, dapprima consociata ad altre ortive e attualmente piantata in serra con produzioni
extrastagionali dei frutti e dei teneri germogli (tenerumi). Inoltre, si può ricordare la bietola da orto che origina anche buoni redditi provenienti dal prodotto
cotto a vapore, il cavolo di Bruxelles per il prodotto
surgelato ed il cetriolino per i sottaceti.
Viani (1929) nell’ampio trattato di orticoltura
descrive 169 specie e fa menzione di 42 colture che
considera ortive minori e che, a 80 anni di distanza,
sono ancora coltivate su limitate superfici. Tra esse si
ricordano: il dolcichino, nasturzio tuberoso, aglio
d’India, porrandello, cipolletta vivace, erba cipollina,
origano, erba S. Pietro, melissa, minutina, pimpinella,
portulaca, rucola, salsola, santoreggia, spinacio della
Nuova Zelanda e timo.
Di recente Piazza (2003) afferma che alcune SOM,
come ad esempio ravanello, porro, cicoria witloof,
ruchetta, valerianella, radicchio e scalogno, possono
diventare una buona opportunità di reddito, purché si
punti a caratterizzare i prodotti con opportune confezioni, servizi del post-raccolta, e inoltre mettendo in
luce per chi produce e chi vende la professionalità di
tutti gli operatori e la bellezza del territorio.
Con la comparsa sul mercato delle cultivar ibride
dopo il 1950 l’impiego di molte popolazioni di SOM
è in continua diminuzione e in molti casi rischiano la
scomparsa.
Nel corso della rassegna verranno considerate specie ortive minori quelle indicate nel decreto ministeriale citato in precedenza.
Di seguito si riporta l’elenco delle specie considerate minori (88) e maggiori (11) dal suindicato decreto, in ordine alfabetico secondo il binomio latino
riportato da Conti et al. (2005), che hanno aggiornato
la nomenclatura riportata dalla “Flora d’Italia” di
Pignatti del 1982 e del Multilingual, Multiscript Plant
Name Database (http://www.plantnames.unimelb.edu.au/Sorting) che considera il Gruppo semplificando la nomenclatura sistematica di numerose specie.
Specie minori
Abelmoschus esculentus (L.) Moench Ocra o
gombo; Allium cepa L. (Gruppo aggregatum) = A.
Le specie ortive minori in Italia
ascalonicum L. Scalogno; Allium porrum L. Porro;
Allium sativum L. Aglio; Allium schoenoprasum L.
Erba cipollina; Anethum graveolens L. Aneto;
Angelica archangelica L. subsp. archangelica
Angelica; Anthriscus cerefolium (L.) Hoffm.
Cerfoglio comune; Apium graveolens L. (Gruppo
dulce) Sedano; Apium graveolens L. (Gruppo rapaceum) Sedano rapa; Artemisia dracunculus L.
Dragoncello; Asparagus officinalis L. Asparago; Beta
vulgaris L. subsp. cicla (L.) W.D.J. Koch (Gruppo
cicla) Bietola da foglia o erbette; Beta vulgaris L.
subsp. cicla (L.) W.D.J. Koch (Gruppo flavescens)
Bietola da costa; Beta vulgaris L. subsp. vulgaris
(Gruppo conditiva) Bietola da orto; Borago officinalis
L. Borragine; Brassica juncea (L.) Czern. Senape
indiana o bruna; Brassica oleracea L. (Gruppo botrytis) Cavolfiore; Brassica oleracea L. (Gruppo italica)
Cavolo broccolo; Brassica oleracea L. (Gruppo
gongylodes) Cavolo rapa; Brassica oleracea L.
(Gruppo viridis) Cavolo nero, cavolo laciniato;
Brassica oleracea L. (Gruppo capitata) Cavolo cappuccio; Brassica oleracea L. (Gruppo capitata rubra)
Cavolo cappuccio rosso; Brassica oleracea L.
(Gruppo gemmifera) Cavolo di Bruxelles; Brassica
oleracea L. (Gruppo sabauda) Cavolo verza; Brassica
rapa L. (Gruppo rapa) Rapa; Brassica rapa L.
(Gruppo chinensis) Cavolo cinese; Calendula officinalis L. Calendula o Fiorrancio; Carum carvi L. subsp.
carvi Cumino tedesco o carvi; Cichorium endivia L.
(Gruppo crispum) Endivia; Cichorium endivia L.
(Gruppo latifolium) Scarola; Cichorium intybus L.
Cicoria, cicoria belga o Witloof; Cichorium intybus L.
(Gruppo rubifolium) Radicchio; Citrullus lanatus
(Thumb.) Matsum. et Nakai Cocomero; Coriandrum
sativum L. Coriandolo; Cucumis sativus L. Cetriolo;
Cucurbita maxima Duch. subsp. maxima Zucca dolce;
Cynara cardunculus L. subsp. cardunculus Cardo;
Cynara scolymus L. subsp. scolymus (L.) Hayek
Carciofo; Diplotaxis tenuifolia (L.) DC. Ruchetta;
Eruca vesicaria (L.) Cav. Rucola; Foeniculum vulgare Mill. subsp. sativum (C. Presl.) Janchen ex Holub.
Finocchio; Foeniculum vulgare Mill. Finocchietto;
Fragaria vesca L. subsp. vesca Fragola di bosco;
Galium odoratum (L.) Scop. Stellina odorosa o asperula; Helianthus tuberosus L. Topinambur o elianto
tuberoso; Hyssopus officinalis L. subsp. officinalis
Issopo; Ipomoea batatas (L.) Lam. Batata o patata
dolce; Levisticum officinale W.D.J. Koch Levistico o
sedano montano; Origanum majorana L. Maggiorana;
Melissa officinalis L. subsp. officinalis Melissa;
Mentha x piperita L. Menta; Myrrhis odorata (L.)
Scop. Cerfoglio muschiato o mirride delle Alpi;
Nasturtium officinale R. Br. subsp. officinale
Crescione d’acqua o di fontana; Ocimum basilicum L.
Basilico; Origanum vulgare L. subsp. vulgare
Origano; Pastinaca sativa L. Pastinaca; Petroselinum
crispum (Mill.) Fuss Prezzemolo; Pimpinella anisum
L. Anice; Pisum sativum L. supsp. sativum var.
macrocarpon Ser. Pisello mangiatutto o taccola;
Portulaca oleracea L. subsp. oleracea Portulaca;
Sanguisorba officinalis L. Pimpinella o salvastrella;
Raphanus sativus L. Ravanello; Rheum rhabarbarum
L. Rabarbaro; Rosmarinum officinalis L. Rosmarino;
Rumex acetosa (L.) subsp. acetosa Acetosa; Ruta graveolens L. Ruta; Salvia sclarea L. Salvia moscatella o
sclarea; Salvia officinalis L. Salvia; Satureja hortensis
L. Santoreggia domestica; Scolymus hispanicus L.
Cardogna comune o barba gentile; Scorzonera hispanica L. s.l. Scorzonera; Sium sisarum L. Sisaro;
Solanum melongena L. Melanzana; Solanum muricatum Ait. Pepino o melone-pera; Spinacia oleracea L.
Spinacio; Tanacetum parthenium L. Sch. Bip.
Matricale o amareggiola; Taraxacum officinale
(Gruppo) Dente di leone; Thymus spp. Timo;
Trigonella foenum-graecum L. Fieno greco;
Tragopogon pratensis L. subsp. pratensis Salsefrica;
Tropaeolum majus L. Nasturzio; Urtica spp. Ortica;
Valerianella eriocarpa Desv. Gallinella campanulata;
Valerianella locusta (L.) Laterr. Valerianella o dolcetta o songino; Veronica beccabunga L. Erba grassa;
Vicia faba L. var. faba Fava; Zea mays L. subsp. mays
(Gruppo saccharata) Mais dolce.
Specie maggiori
Allium cepa L. Cipolla; Capsicum annuum L.
Peperone; Cucumis melo L. subsp. melo (Gruppo inodorus) Melone d’inverno; Cucumis melo L. subsp.
melo (Gruppo cantalupensis) Melone retato;
Cucurbita pepo L. Zucchino; Daucus carota L.
subsp. carota Carota; Fragaria x ananassa
Duchesne. Fragola; Lactuca sativa L. subsp. capitata
Alef. Lattuga a cappuccio; Lactuca sativa L. subsp.
crispa Schubler & Martens Lattuga da taglio o lattughino; Lactuca sativa L. subsp. longifolia Lam.
Lattuga romana; Phaseolus vulgaris L. Fagiolino;
Pisum sativum L. subsp. sativum Pisello; Solanum
lycopersicum L. Pomodoro; Solanum tuberosum L.
Patata.
Si riporta inoltre l’elenco delle altre 80 specie
comunemente considerate minori:
Allium ampeloprasum L. Porrandello o porraccio;
Allium fistulosum L. Cipolletta o cipolla d’inverno;
Allium lusitanicum Lam. Cipolletta vivace; Allium
scorodoprasum L. Aglio romano o d’India o di
Spagna; Allium tuberosum Rottler. ex Spreng. Erba
3
Bianco
aglina; Anthemis nobilis L. Camomilla romana; Apios
americana Medicus Glicine tuberoso; Apium graveolens L. (Gruppo secalinum) Sedano da taglio;
Armoracia rusticana P. Gaertner, B. Mey. et Scherb.
Cren o rafano o barbaforte; Artemisia abrotanum L.
Abrotano o erba reale; Artemisia absinthium L.
Assenzio; Artemisia vulgaris L. Artemisia o santolina
o erba cento gusti; Asparagus maritimus (L.) Mill.
Asparago amaro; Atriplex hortensis L. Atreplice;
Barbarea verna (Mill.) Asch. Crescione da giardino;
Basella alba L. Basella; Benincasa hispida (Thumb.)
Cogn. Benincasa; Brassica juncea (L.) Czern. var.
rugosa (Roxb.) N. Tsen & S. N. Lee Senape indiana o
rossa; Brassica nigra (L.) W.D.J. Koch Senape nera;
Brassica rapa (Gruppo broccoletto) Cima di rapa;
Brassica rapa (Gruppo nipposinica) Mizuna;
Brassica rapa L. (Gruppo rosularis) Tatsoi; Bunias
orientalis L. Bunias orientale; Calamintha nepeta (L.)
Sav. subsp. nepeta Mentuccia; Campanula rapunculus L. Raperonzolo o raponzolo o campanula commestibile; Capparis spinosa L. s.l. Cappero; Cardamine
pratensis L. Crescione dei prati; Chaerophyllum bulbosum L. Cerfoglio da radice; Chenopodium bonushenricus L. Spinacio selvatico o Buon enrico;
Chrithmum maritimum L. Erba S. Pietro o finocchio
marino o critmo; Cochlearia officinalis L. subsp. officinalis Coclearia; Crambe maritima L. Cavolo marino; Crocus sativus L. Zafferano; Cucumis melo L.
subsp. melo (Gruppo flexuosus) Tortarello; Cucumis
melo L. Carosello, barattiere, scopatizzo, cucumerazzo e acculazzatu (in vernacolo siciliano); Cucurbita
ficifolia Bouché Zucca siamese o cocuzza di sette
anni (in vernacolo siciliano); Cucurbita moschata
Duch. Zucca pepona o zucca moscata; Cuminum
cyminum L. Cumino; Cyperus esculentus L.
Dolcichino o mandorla di terra; Lactuca alpina (L.)
A. Gray Cicerbita violetta o radicchio dell’orso;
Lagenaria siceraria (Molina) Standl. Lagenaria;
Lathyrus tuberosus L. Ghianda di terra; Lavandula
angustifolia Mill. subsp. angustifolia Lavanda vera o
spigo; Lepidium sativum L. subsp. sativum Lepidio
ortense o crescione di giardino; Luffa aegyptica Mill.
Luffa; Mentha arvensis L. Menta comune; Mentha
spicata L. Mentastro verde; Nepeta cataria L. Cataria
o erba gatta; Nepeta nepetella L. subsp. nepetella
Nepetella; Ocimum gratissimum L. Basilico arborescente; Oenothera biennis L. Rapunzia; Petroselinum
crispum (Mill.) Nyman ex A. W. Hill (Gruppo radicosum) Prezzemolo da radice; Phaseolus coccineus L.
Fagiolo di Spagna; Phaseolus vulgaris L. Fagiolo borlotto; Physalis alkekengi L. Alchechengi o palloncino;
Pimpinella anisum L. Anice; Plantago coronopus L.
subsp. coronopus Minutina o corno di cervo o erba
4
stella; Raphanus sativus L. (Gruppo longipinnatus)
Ramolaccio; Raphanus sativus L. subsp. niger J. Kern
Rafano nero; Rumex acetosa L. subsp. acetosa
Acetosa; Rumex patientia L. subsp. patientia Romice
erba pazienza; Rumex scutatus L. subsp. scutatus
Romice scudato; Salsola kali L. Salsola o erba cali o
kali; Salsola soda L. Roscano o liscaro; Sanguisorba
minor Scop. subsp. minor Pimpinella o salvastrella;
Satureja montana L. subsp. montana Santoreggia di
monte o corniella; Scolymus maculatus L.
Cardoncello, cardogna macchiata; Scorzonera hispanica L. Scorzonera; Sechium edule (Jacq.) Sw. Sechio
o zucchetta comune; Silene vulgaris (Moench) Garcke
subsp. vulgaris strigoli o silene rigonfia; Sinapis alba
L. subsp. alba Senape bianca; Solanum aethiopium L.
Melanzana rossa di Rotonda; Stachys affinis Bunge
Tuberina; Tanacetum balsamita L. Erba S. Maria;
Tanacetum vulgare L. Tanaceto o erba amara;
Tetragonia tetragonoides (Pallas) Kuntze Spinacio di
Nuova Zelanda; Trapa natans L. Castagna d’acqua;
Trapogon porrifolius L. subsp. porrifolius Scorzonera
o barba di becco; Vigna unguiculata (L.) Walp. subsp
sesquipedalis (L.) Verdc. Fagiolino lungo un metro o
fagiolo asparago; Vigna unguiculata (L.) Walp.
subsp. unguiculata (L.) Walp. Fagiolino dall’occhio o
occhiopinto.
Superfici destinate alla coltivazione delle specie
minori
Per le specie coltivate in pien’aria (tab. 1) e in
serra (tab. 2), allo scopo di valutare le variazioni
avvenute, sono riportati i dati riferiti all’ultimo trentennio. Per le colture in pien’aria, valori decrescenti
delle superfici (dal 1978 al 2007) sono stati osservati
per cavolfiore e cavolo broccolo, indivia e scarola,
cavolo cappuccio, sedano, aglio e scalogno, bietola da
coste e da orto, spinacio e batata; in particolare poi
per fava e cocomero la superficie si è più che dimezzata rispetto al 1979. Al contrario per il prezzemolo i
valori sono quasi raddoppiati, mentre per le altre specie non sono state registrate apprezzabili variazioni o
l’andamento è variabile nei tre decenni. Per le specie
allevate in serra, tranne che per il peperone e la
melanzana, in cui si registra una riduzione di superficie nell’ultimo decennio, per tutte le altre si rileva un
aumento nel trentennio. In particolare per spinacio la
superficie è quadruplicata e per radicchio, sedano e
valerianella è triplicata. La coltura del carosello di
diverse tipologie non viene censita dall’Istat, ma in
Puglia si stima la coltivazione su circa 50 ha, mentre
in Sicilia si coltiva la tipologia barattiere che viene
poi commercializzata quasi tutta in Puglia. Inoltre per
Le specie ortive minori in Italia
Tab. 1 - Superficie (ha) destinata alle specie ortive minori in
pien’aria in Italia (Fonte: Istat).
Tab. 1 - Harvested area (ha) for outdoor minor vegetable crop in
Italy (Source: Istat).
Specie
Carciofo
Finocchio
Cavolfiore e C. broccolo
Radicchio e cicoria
Melanzana
Indivia e scarola
Cocomero
Fava fresca
Cima di rapa
Spinacio
Asparago
Cavola verza
Cavolo cappuccio
Sedano
Aglio e scalogno
Bietola da costa
Rapa
Prezzemolo
Cetriolo da mensa
Ravanello
Porro
Bietola da orto
Batata
Cavolo di Bruxelles
Cetriolo sottaceti
Totale ortaggi
Anni
1978
1998
52.359
16.496
28.421
13.627
12.261
13.009
23.943
19.891
9.419
8.934
5.416
8.967
7.779
4.643
5.725
3.850
3.784
727
2.907
627
1.151
1.730
1.004
175
1.910
456.614
49.831
22.706
25.252
15.900
9.717
12.134
13.974
13.475
11.280
7.102
4.929
5.493
4.977
4.114
3.645
3.324
1.513
731
859
943
469
531
1.275
386
277
498.832
2007
50.120
23.426
22.511
15.199
11.904
10.966
9.901
9.792
9.329
6.478
5.419
5.349
4.364
3.829
3.141
2.872
2.726
1.382
1.139
803
630
429
430
344
337
469.565
le ortive minori da taglio prodotte in serra, Pimpini et
al. (2005) stimano per la ruchetta 1.108 ha, per valerianella 331 ha, spinacio 169 ha, bietola o erbette 55
ha e per la rucola 7 ha. La Campania si classifica di
gran lunga al primo posto con 1.150 ha, seguita da
Regioni
Campania
Lombardia
1
2
Ruchetta (1)
850
Valerianella
20
(2)
15
60
180
158
36
6
0
120
Piemonte
15
Totale
Specie
Anni
1978
Cocomero
Asparago
Melanzana
Cetriolo da mensa
Valerianella
Sedano
Endivia e scarola
Radicchio
Basilico
Spinacio
Bietola da costa
Ravanello
Prezzemolo
Barbabietola da orto
Finocchio
Altri ortaggi
1998
1
235
681
304
27
119
17
31
46
23
123
38
31
8
4
41
688
569
1.800
452
156
87
178
87
87
45
85
84
49
38
18
1.254
1.108
75
50
331
206
25
464
2007
1.240
1.169
1.074
662
464
285
256
253
199
171
111
91
88
38
31
1.762
Lombardia e Veneto (tab. 3). Nel contesto europeo
alcune specie considerate di scarso rilievo in Italia,
assumono grande importanza in altri Paesi e viceversa. Ad esempio in Spagna per l’aglio e il ravanello
vengono destinate superfici circa 7 volte maggiori che
in Italia, ma per lo scalogno il divario è notevolmente
superiore. Le stesse considerazioni sono valide per il
cavolo cappuccio (20.500 ha) e il cavolo di Bruxelles
(7.300 ha) per il Regno Unito, per il porro (9.200 ha) e
lo spinacio (71.000 ha) in Francia e il cavolo rapa
(2.200 ha) in Germania (tab. 4).
Da qualche anno inoltre sono disponibili, da parte
del SINAB, i dati della superficie destinata a specie
ortive in coltivazione biologica che per il 2007
ammonta a 39.803 ha. Per le SOM al primo posto
Tab. 3 - Superficie (ha) per gli ortaggi da foglia da taglio coltivati in serra (Modificata da: Pimpini et al., 2005).
Tab. 3 - Area harvested for cutting leafy vegetables grown in greenhouse (modified from Pimpini et al., 2005).
Veneto
Friuli V.G.
Tab. 2 - Superficie (ha) destinata alle specie ortive minori in serra
in Italia. I valori in corsivo si riferiscono al 1999. (Fonte: Istat).
Tab. 2 - Area harvested of minor vegetable crops in greenhouse in
Italy (Source: Istat).
Spinacio
Cicoria
Bietola
Rucola
Totale
12
-
-
-
252
150
75
50
5
5
15
5
2
-
-
-
-
2
169
42
132
-
55
-
7
Vengono coltivati inoltre 10 ha in Puglia, 10 in Emilia Romagna e 7 in Basilicata
Dati ISTAT 2007. Nel totale sono compresi 33 ha (Lazio), 15 ha (Emilia-Romagna), 6 ha ciascuno per Liguria e Toscana.
1.150
222
86
65
1.775
5
Bianco
Tab. 4 - Graduatoria dei primi tre Paesi Europei per la superficie coltivata (x 1.000 ha) di alcuni ortaggi minori.
Tab. 4 - List for the first three European Nations for the harvested area (x 1.000 ha) for some minor vegetable crops.
Aglio
Ortaggio
Batata
Bietola orto
Cavolo Cappuccio
Cavolo rapa
Cavolo Bruxelles
Carciofo
Cetriolo
Cetriolo sottaceti
Cicoria e radicchio
Asparago
Cocomero
Indivia e scarola
Fava fresca
Melanzana
Porro
Rapa
Ravanello
Scalogno
Sedano e s. rapa
Spinacio
1° posto
Spagna
Portogallo
Francia
Sup. colt.
Francia
2,5
Regno Unito
3,0
20,5
Regno Unito
7.3
2,2
Italia
47,4
Germania
2,3
Spagna
6,1
Francia
15,7
Spagna
22,8
Spagna
Italia
Italia
Spagna
Francia
Regno Unito
21,0
12,6
14,0
11,6
9,2
5,2
Spagna
12,3
Italia
4,8
Spagna
Francia
2° posto
30,9
Regno Unito
Germania
Graduatoria
23,5
70,1
Spagna
Portogallo
-
Olanda
7,2
Italia
2,5
Italia
0,9
8,0
-
5.7
Spagna
23,5
Spagna
1,3
Italia
3.4
Italia
14,6
Italia
20,4
Francia
Francia
Spagna
12,4
6,9
9,0
Italia
10,3
Francia
3,5
Belgio
Francia
Francia
Francia
Italia
sono cavolo cappuccio e verza con 887 ha, seguiti da
cavolfiore (388 ha), asparago (327 ha), indivia (211
ha), spinacio (189 ha), aglio (114 ha) per un totale di
2.116 ha.
La superficie delle specie ortive in coltura biologica nel quinquennio 2001-2005 in media era pari a
12.963 ha, mentre nel biennio 2006-2007 è risultata di
39.750 ha, perciò è triplicata; nel biennio rispetto al
quinquennio il valore delle brassicacee è aumentato
addirittura di 7 volte.
Alcuni dei possibili fattori che hanno invogliato gli
agricoltori alla coltivazione delle specie ortive in biologico, in estrema sintesi possono essere i seguenti.
Con la legge del 30/12/2004 n. 311, viene istituito
un apposito capitolo di spesa per l’attuazione del
Piano Nazionale per l’Agricoltura Biologica e i prodotti biologici, con una dotazione per il 2005 di
5.000.000 euro. Il sostegno pubblico al settore bio
comprende l’offerta di servizi informativi, l’attività di
disciplina, controllo e promozione di campagne infor-
6
Sup. colt.
6,4
2,7
2,4
2,5
8,3
3° posto
Italia
Germania
-
Belgio
Sup. colt.
4,6
0,6
1,1
7,9
-
2,9
Francia
12,6
Francia
1,2
Grecia
Belgio
Germania
1,9
8,1
8,1
Grecia
16,9
Portogallo
7,0
Spagna
Grecia
Olanda
Italia
Italia
-
Spagna
Germania
3,1
2,9
4,5
2,3
1,9
-
2,4
3,5
mative che interessano anche i consumatori stimolando l’espansione del mercato. Questi provvedimenti
creano un contesto favorevole nel quale i diversi operatori della filiera sono stati stimolati ad investire con
maggiore fiducia e successo il loro patrimonio umano
ed economico. Nei vari contesti regionali esistono
misure diversificate a sostegno della coltivazione biologica delle diverse specie.
Maggiore fiducia degli agricoltori, perché continua
a crescere notevolmente la vendita diretta, per cui,
anche in presenza di una minore disponibilità economica, i consumatori privilegiano il rapporto diretto
con i produttori. In proposito il numero di aziende
agricole e di agriturismi bio con spaccio è cresciuto di
circa il 90% tra il 2003 e il 2008.
Si vanno ampliando le forme di aggregazione
come i gruppi di offerta di produttori con migliaia di
cassette di ortaggi biologici che vengono consegnate
settimanalmente a domicilio.
Le mense bio nelle scuole pubbliche e private sono
Le specie ortive minori in Italia
in aumento. Nel quinquennio 2004-2008 il numero di
mense e pasti giornalieri sono passati rispettivamente
da 608 a 791 (+30%) e 806.000 a 983.000 (+22%).
Sono anche in crescita gli ospedali e i ristoranti che
utilizzano alimenti biologici. Il comparto ortofrutta
fresca e trasformata bio ammonta a oltre 34 milioni di
euro per il 2006 e a 42 milioni del 2007. Inoltre, nel
primo semestre del 2008 si è verificato un incremento
del 18% rispetto allo stesso periodo del 2007.
Il consumo degli ortaggi biologici, secondo i dati
forniti dall’ISMEA, è in crescita. Nel 2007 rispetto al
2006 in media del 6%, con punte del 14% per il
pomodoro.
Le esportazioni di ortaggi bio sono in aumento
specialmente nei Paesi del Nord Europa e USA.
I prezzi di vendita sono abbastanza stabili.
L’aumento, anche se lento, dell’ortofrutta biologica che viene venduta attraverso la Grande
Distribuzione Organizzata che attualmente si aggira
solo sul 20% del totale.
Orti familiari, sociali, urbani, per anziani
Gli orti familiari hanno origine antichissima. I
Romani li tenevano in grande considerazione ed
erano costituiti da piccoli appezzamenti vicino alla
casa o alla città nei quali venivano coltivati ortaggi,
fiori e alberi da frutto. Successivamente furono gli
ordini religiosi a tramandare la tradizione degli orti
familiari. In periodi di guerra furono creati gli orti di
guerra.
Oggigiorno molte amministrazioni comunali mettono a disposizione dei propri cittadini aree destinate
a orti familiari che vengono regolati da norme precise
per la conduzione e comunque hanno superfici molto
2
ridotte (50-500 m ). Molti assumono funzione sociale,
opportunità di svago, impiego del tempo libero, occasione di ritrovo e sono utilizzati da anziani e portatori
di handicap o per il recupero di tossicodipendenti, carcerati, ecc. Gli orti urbani possono essere considerati
il collegamento fra realtà urbana e cultura contadina e
sembrano utili per riannodare il legame spezzato con
la terra e costituiscono una originale tipologia di
verde. Alcuni parlano di “contadini in città” o di “orticoltori urbani”. Qualcuno li indica come “orti senza
casa”, cioè orti allocati all’interno del tessuto urbano
che non appartengono a chi li coltiva. La regione con
maggiore numero di orti per anziani è l’Emilia
Romagna dove sono presenti in circa 80 comuni. In
particolare, in provincia di Bologna si contano oltre
5.000 orti, seguita da Parma e Modena con circa
1.700. Anche nelle Marche e in Umbria gli orti per
anziani sono una realtà consolidata.
Recentemente anche alcune aziende agrituristiche
offrono ai clienti la possibilità di partecipare allo
svolgimento di attività legate alla coltivazione degli
ortaggi. In passato gli orti urbani provenivano dal
recupero spontaneo da parte di cittadini di aree semi
abbandonate alla periferia delle città, spazi di terreno
residuali e privi di destinazioni specifiche nel tessuto
urbano come aree di reti ferroviarie, rive di fiumi,
ecc.
In questi orti caratteristico è l’impiego di popolazioni locali di SOM e il rapido avvicendamento di
colture, per lo più in consociazione. Quasi sempre
sono presenti specie con funzioni condimentarie e
aromatizzanti. Con la crisi economica in atto, col
timore della scarsa sicurezza dei cibi, e perciò il desiderio di sapere cosa si mangia, è crescente il numero
di appassionati dell’orto e si sente più frequentemente
parlare di “orti fai-da-te” e di orti in terrazza dove è
possibile la coltivazione in vaso di alcune SOM.
Dal 1958 al 1981, la superficie destinata agli orti
familiari, senza variazioni significative, si è aggirata
sui 60.000 ha, dal 1982 al 1989 è giunta in media a
82.500 ha, tra il 1990 e il 1995 è stata di circa
107.000 ha, mentre nel quinquennio 2000-2004 si è
ridotta a 49.000 ha. La produzione totale nel periodo
1958-’68 è stata di circa 840.000 t, è aumentata fino a
950.000 t nel 1972, mentre negli anni successivi si è
stabilizzata intorno a 185.000 t.
Produzione delle sementi ortive comprese quelle
per la coltivazione biologica
Per il 2006 la superficie destinata in Italia alla produzione di tutte le sementi da orto, secondo l’indagine
condotta dall’Associazione Italiana Sementi, è risultata di 9.894 ha, localizzata soprattutto in Emilia
Romagna (83%), Marche ( 23%) e Puglia (9 %).
In particolare la superficie destinata alle SOM è di
6.418 ha: sorprendentemente in testa è il ravanello
con 1.510 ha pari al 24 %, seguito da cicoria (1.113
ha) e da coriandolo, anch’esso una sorpresa, con 689
ha. Al coriandolo seguono i cavoli (557 ha) e le brassicacee non ben specificate (366), bietole (335), fava
(260), spinacio (237), rucola (227), porro (156), cima
di rapa (149), prezzemolo (113), cetriolo (110), rapa
(103), basilico (102), cipolletta (82), roscano (50),
indivia (41), erba cipollina (38), finocchio (31), zucca
(17), sedano (17), crescione (16), aneto (15), cardo
(7), melanzana (2), altre ortive (5) ed altre aromatiche
(24 ha). Si è ritenuto opportuno riportare tutte le specie interessate perché per alcune di esse generalmente
è nota la ridotta superficie coltivata per la produzione
degli organi commestibili; certamente per una miglio-
7
Bianco
re comprensione dei valori bisogna considerare l’esportazione e l’importazione delle sementi.
Alcune SOM come la cicoria, con le diversificate
forme, dimensioni, colori, e organi eduli quali radici,
foglie, fusto, fiori e per l’impiego crescente negli orti
familiari, nella IV gamma, per la surgelazione e
sott’olio, rendono attiva anche una sorprendente e
reddittizia attività sementiera. In particolare per l’annata 2000/2001 è stata resa nota dall’ENSE la quantità di seme prodotta e riconfezionata addirittura per
186 cultivar per un totale di 409.927 kg. A riprova
degli ingenti quantitativi si riportano le cultivar che
superavano 10.000 kg: Zuccherina di Trieste (33.774
kg), Spadona da taglio (27.412), Rossa di Verona
(25.699), Pan di zucchero (23.701), Grumolo verde
scuro (19.947), Grumolo verde (19.925), Catalogna a
foglie frastagliate (17.983), Rosso di Verona a Palla
(12.704), Variegata di Castelfranco (10.805), Spadona
(10.715) e Selvatica di campo (10.518).
L’attività sementiera delle SOM di categoria standard in relazione alla produzione e il riconfezionamento è rilevante. In tabella 5 sono riportate i valori
per 33 specie.
In linea generale la quantità di semi prodotti è
quasi sempre inferiore di quelli riconfezionati, tranne
per il cavolo broccolo, cavolo cappuccio rosso, cavolo
cinese, cavolo laciniato e porro. Il primo posto è
appannaggio della fava, comprensibile considerato l’elevato peso unitario dei semi, seguita da cicoria, bietola da costa, spinacio, rapa, prezzemolo e ravanello.
In armonia con la legislazione vigente, che prevede l’impiego di semi provenienti dalla coltivazione
biologica, nel caso di mancanza sul mercato di tali
prodotti è previsto l’uso in deroga di semi ottenuti
dalle coltivazioni tradizionali. Per l’annata 2007/2008
nella tabella 6 sono riportati i quantitativi per una quarantina di SOM. La classifica vede ai primi posti fava,
spinacio, valerianella, bietola da costa e da orto rispettivamente con 32.316, 19.053, 9.306, 3.916 e 1.351
kg. Si sottolinea la presenza di specie ritenute importanti solo in areali ristretti come agretto con 630 kg,
roscano con 301 kg, cavolo laciniato (50 kg), crescione (46 kg) e ramolaccio (10 kg).
Catalogo comune delle specie e varietà di ortaggi
Nella ventiseiesima edizione pubblicata sulla G.U.
dell’Unione Europea (n. 2007/C 196 A/01 del
24/08/2007) sono elencate 40 specie considerate
minori. In testa è il cavolfiore con 677 cultivar, seguito da ravanello con 339 (ciò appare strano per una
specie le cui superfici coltivate ovunque appaiono
limitate) e cavolo cappuccio con foglie verdi (331),
8
Tab. 5 - Semi di specie ortive minori della categoria standard (kg),
prodotti e riconfezionati nell’annata 2002-2003 (Fonte: ENSE).
Tab. 5 - Seeds of minor vegetable crops of standard category (kg),
produced and remanufactured during 2002-2003 (Source: ENSE).
Specie
Prodotti
Anguria o cocomero
10.672
Asparago
125
Bietola da costa
65.587
Bietola da orto
7.206
Cardo
955
Cavolfiore
1.655
Cavolo broccolo
2.677
Cavolo capp. bianco
1.579
Cavolo capp. rosso
1.214
Cavolo cinese
282
Cavolo di Bruxelles
125
Cavolo laciniato
835
Cavolo rapa
87
Cavolo verza
2.053
Cerfoglio
0
Cetriolo
3.351
Cicoria
93.513
Cicoria belga o witloof
94
Fagiolo di Spagna
4.733
Fava
532.428
Finocchio
5.728
Endivia e scarola
17.954
Melanzana
319
Porro
3.902
Prezzemolo
18.997
Ramolaccio
1.400
Rapa
19.542
Ravanello
16.897
Scorzonera
0
Sedano
1.277
Sedano rapa
114
Spinacio
27.618
Valerianella
413
Zucca
958
Totale complessivo
2.518.745
Riconfezionati
24.920
21.309
165.299
19.269
2.158
1.845
1.794
9.633
206
136
929
706
173
2.571
38
12.334
175.705
195
40.494
909.594
11.404
26.865
1.772
1.621
68.157
1.576
69.252
39.159
22
8.566
954
194.900
15.460
1.940
8.042.689
Totale
35.592
21.434
230.885
26.475
3.113
3.500
4.471
11.212
1.420
418
1.054
1.541
260
4.624
38
15.685
269.218
289
45.227
1.442.022
17.132
44.819
2.091
5.523
87.154
2.976
88.795
56.056
22
9.843
1.068
222.518
15.873
2.898
10.561.434
spinacio (229), cocomero (287) e melanzana (234).
Tra 200 e 100 cultivar iscritte compaiono il cavolo
verza (180), cavolo broccolo (148), porro (128), bietola da orto (121), fava (121), rapa (119), scarola
(111) e cavolo di Bruxelles (108). Tra le specie agli
ultimi posti con 8 cultivar si trovano il crescione
comune, l’erba cipollina e la scorzonera.
Le specie che mostrano una più elevata percentuale di iscrizioni rispetto al totale europeo sono: cocomero (56%), finocchio (38), bietola da costa (31),
cardo (27), scarola (20) e melanzana (17). Per tutte le
altre le percentuali sono inferiori al 12% ed inoltre
Le specie ortive minori in Italia
Tab. 6 - Semi di specie ortive minori destinate alla coltivazione
biologica richiesti in deroga per l’annata 2007-2008 (Fonte:
ENSE).
Tab. 6 - Seeds of minor vegetable crops for organic production
request in derogation from the rules for the year 2007-2008
(Source: ENSE).
Specie
Aglio
Agretto, lepidio ortense
Aneto
Anguria, cocomero
Atreplice degli orti
Basilico
Bietola da costa
Bietola da orto
Brassica spp.
Carciofo
Cardo
Cavolfiore
Cavolo broccolo
Cavolo cappuccio
Cavolo cinese
Cavolo laciniato
Cavolo rapa
Cavolo verza
Cetriolo
Cicoria
Cima di rapa
kg
52,6
630,0
0,2
121,7
9,0
8,3
3.915,9
1.350,5
1.534,1
2,1
0,9
29,8
18,1
7,4
1,5
50,0
32,5
11,2
58,8
234,8
323,5
Specie
Crescione
Fava
Finocchio
Endivia
Melanzana
Peperone
Porro
Prezzemolo
Ramolaccio
Rapa
Ravanello
Roscano
Rucola
Scalogno
Scarola
Scorzobianca
Sedano
Spinacio
Valerianella
Zucca
Zucca moscata
kg
46,0
32.315,5
71,2
1,0
8,6
107,8
2,6
20,0
10,0
26,2
110,3
301,0
147,1
62,1
104,0
0,3
10,8
19.053,3
9.305,8
107,3
12,3
non risulta iscritta per l’Italia nessuna cultivar di
aglio, carciofo, cavolo cinese, cavolo di Bruxelles,
cerfoglio comune, erba cipollina, rabarbaro e scorzonera. La situazione generale rispetto al quinquennio
precedente è rimasta sostanzialmente invariata.
È interessante sottolineare che per alcune specie si
tratta solo di cultivar a libera impollinazione come
bietola da costa e da orto, cardo, cavolo di Bruxelles,
cavolo laciniato, cavolo rapa, cicoria witloof, fava,
finocchio, endivia, pisello mangiatutto, porro, prezzemolo, rafano, rapa, ravanello, sedano, sedano rapa,
valerianella e zucca. Al contrario per il cocomero le
cultivar ibride iscritte in Italia raggiungono addirittura
il 98%, per cetriolino da sottoaceti e cetriolo (rappresentano circa 80%), seguono melanzana (75%), spinacio (56%), cavolo broccolo e verza (38%). Dove più
massiccia è la presenza degli ibridi, maggiore importanza riveste il recupero di germoplasma locale. In tal
senso oltre agli agricoltori, che attraverso associazioni
diverse promuovono lo scambio di semi di popolazioni locali obsolete, encomiabile appare lo sforzo di
Istituzioni universitarie, Enti di ricerca pubblica e privata e associazioni di natura varia, che provvedono al
reperimento, alla descrizione biomorfologica e ad
effettuare analisi sensoriali e chimico-fisiche di SOM.
Lodevole è l’attenzione mostrata da alcune regioni
italiane, volta alla tutela delle risorse genetiche di
SOM attraverso l’emanazione di leggi regionali che
prevedono incentivi agli agricoltori.
Infine di recente la conferenza Stato-Regioni ha
dato l’approvazione definitiva del decreto del
MiPAAF che consente l’istituzione del registro nazionale delle varietà agricole da preservare e definisce le
modalità per il libero scambio delle sementi fra gli
agricoltori.
Inoltre le SOM per le quali è obbligatorio l’istituzione dei registri di varietà (ex art. 5 L. 20/04/1976 n.
195) in relazione alla germinabilità sono: asparago,
bietola da orto e da coste, cardo, cavolfiore e tutte le
specie di cavoli, cavolo cinese, cerfoglio, cetriolo,
tutti i tipi di cicoria, cocomero, fava, finocchio, indivia, melanzana, porro, prezzemolo, rapa, ravanello,
scarola, spinacio, valerianelle e zucca.
Germoplasma conservato ex situ
È interessante ricordare però che alcune istituzioni
italiane conservano i semi di alcune SOM. Tale serbatoio, oltre che essere utile per il miglioramento genetico, è un sicuro riferimento per tutti gli operatori
della filiera agroalimentare. In particolare presso
l’Istituto di Genetica Vegetale (CNR, Bari) sono conservate accessioni di porrandello, aglio, Apium spp,
Cichorium spp, Foeniculum spp, Raphanus spp,
Sinapis spp, Spinacia spp e fava, mentre presso il
Centro di Ricerca per l’Orticoltura di Pontecagnano
(SA) semi di melanzana e di Brassica oleracea spp. Il
Dipartimento di Valorizzazione, Protezione e Risorse
Agroforestali di Torino custodisce campioni di ocra e
di melanzana (Perrino e Desiderio, 2000).
Resistenza e tolleranza
Le SOM costituiscono una risorsa preziosa e
permettono un’ampia scelta in particolari situazioni
climatiche o in presenza di inquinanti l’ambiente o
nel caso di terreni salini, acidi, di acque irrigue particolarmente ricche di qualche elemento. In proposito, buona resistenza al freddo mostrano aglio, cavolo verza, cavoli da foglia, cavolo di Bruxelles, cicoria, porro, radicchio, spinacio e valerianella, mentre
in ambienti con temperature elevate si adattano
bene ad esempio la batata, cetriolo, cocomero,
fagiolino dall’occhio, mais dolce, melanzana, ocra,
portulaca, sechio, spinacio della nuova Zelanda e
zucche.
9
Bianco
Per la salinità del terreno sono tolleranti asparago,
roscano e finocchio marino, mentre mediamente tolleranti si mostrano bietola da orto, cavoli da foglia, carciofo, fagiolino dall’occhio, portulaca, sedano e spinacio. Inoltre, sembrano tolleranti anche atreplice degli
orti, borragine, cardogna comune, cicoria, lambascione, menta d’acqua e ruchetta (Lopedote, 2005).
In presenza di terreni con pH 5,0 e 6,8 si possono
impiegare batata, cicoria, cocomero, indivia, rabarbaro, scalogno e tarassaco.
Risultano, invece, tolleranti al boro presente nell’acqua irrigua (4 mg/l) asparago, bietola da orto,
cavolo cappuccio e verza, fava e rapa, mentre sono
resistenti al cloro fagiolino dall’occhio, bietola da
orto, cavolo broccolo, cetriolo e spinacio.
Anche le sostanze inquinanti l’atmosfera, che
preoccupano operatori e consumatori, le SOM costituiscono un valido serbatoio per la resistenza che
mostrano nei confronti di essi. Così per l’anidride
solforosa si citano cetriolo, mais dolce, sedano, zucca.
Per i fluoruri si può ricorrere ad asparago, cetriolo,
melanzana, sedano e zucca. Sembrano resistenti all’ozono le bietole e il cetriolo. Per il nitrato di perossiacetile sono indicati cavolfiore, cavolo cappuccio e
verza, rabarbaro, ravanello e zucca.
Ricerche su ortive minori in coltura senza suolo
Nell’ultimo decennio, anche in Italia, un consistente numero di ricerche sperimentali sono state condotte
per la messa a punto di tecnologie per la produzione
di SOM con i sistemi senza suolo, soprattutto mediante pannelli galleggianti o floating system. Molto studiate principalmente le specie da foglia a crescita
rapida da destinare alla IV gamma, settore in attiva
crescita per numerosissimi motivi. Per l’importanza
che la produzione fuori suolo potrà assumere in futuro
per le SOM, si è deciso di riassumere di seguito,
anche se in modo non esaustivo, le ricerche in cui
numerose Istituzioni italiane sono impegnate.
Per la rucola sono state condotte ricerche sulla densità di piante (Dellacecca e Calegari, 2001), sulla conducibilità elettrica della soluzione nutritiva (Incrocci et
al., 2001; Colla et al., 2001), sulla conducibilità elettrica e dell’allevamento con sola acqua nei 5 giorni precedenti la raccolta, sul contenuto di nitrati e sulla produzione (D’Anna et al., 2003), sugli effetti di biostimolanti (Vernieri et al., 2005), sul confronto della coltivazione su terreno e pannelli galleggianti (Ferrante et
al., 2003), sulla influenza della forma chimica dell’azoto sul contenuto di nitrati (Elia et al., 2000), sulle
dosi di azoto, substrati, numero di fori nei contenitori e
sistemi di irrigazione (Nicola et al., 2004).
10
Su valerianella sono state saggiate diverse forme di
azoto in relazione al contenuto di nitrati (Elia et al.,
2000), diverse soluzioni nutritive e densità di piante
(Dellacecca e Calegari, 2001), cicli di coltivazione primaverili e autunnali (Pasotti e Cavicchi, 2004), strategie per ridurre il contenuto di nitrati (Gonnella et al.,
2002 e 2004) o far aumentare il contenuto di selenio
(Gonnella et al., 2005), la coltivazione con o senza
impianto di ossigenazione (Ferrante et al., 2005), dosi
di azoto, substrati, dimensione degli alveoli e sistema
di irrigazione (Nicola et al., 2004), mentre Ayala et al.
(2006) hanno allevato le piante in tre sistemi di coltura
senza suolo. Sulla ruchetta è stata studiata la densità di
piante e l’effetto di diverse soluzioni nutritive
(Dellacecca e Calegari, 2001). Per lo spinacio sono
stati condotti studi sul comportamento di alcune cultivar (Sambo et al., 2001), la densità di piante e gli
effetti di diverse soluzioni nutritive (Dellacecca e
Calegari, 2001), trattamenti a base di ammonio ferro
citrato allo scopo di aumentare il contenuto di ferro
(Gonnella et al., 2005) e sulla coltura effettuata in primavera o autunno (Pasotti e Cavicchi, 2004).
Sul basilico sono stati eseguiti esperimenti sulla
conducibilità elettrica della soluzione nutritiva
(Incrocci et al., 2001; Caruso, 2005; Caruso e Villari,
2005) e sul confronto fra coltura autunnale e primaverile (Pasotti e Cavicchi, 2004), sulla densità di pianta
e l’impiego di sola acqua nei 5 giorni precedenti la
raccolta (Miceli et al., 2003).
Sul prezzemolo sono segnalate prove di densità di
piante (Miceli e D’Anna, 2005) e cicli di coltivazione
autunnale e primaverile (Pasotti e Cavicchi, 2004).
Per il lepidio ortense o crescione di giardino, Elia et
al. (2001) hanno studiato le epoche di semina e il tipo
di alimentazione allo scopo di ridurre il contenuto di
nitrati, mentre Fontana et al. (2006a) e Fontana
(2007) hanno indagato sulle dosi di N e i rapporti di
NO 3 - /NH 4 + . Sul crescione d’acqua o di fontana,
Magnifico et al. (2007) hanno studiato la semina e
l’impiego di talee di punta. Sulla silene rigonfia o strigoli, Fontana et al. (2005) hanno provato differenti
soluzioni nutritive con diverso rapporto N-NO3-/NNH4+ e due tipi di contenitori.
Su indivia è stato studiato l’effetto delle forme di
azoto sulla riduzione dei nitrati (Santamaria et al.,
2001). Sulla cicoria sono state sperimentate alcune
strategie per ridurre il contenuto di nitrati da Gonnella
et al. (2002) e l’influenza di soluzioni nutritive da
Diaz et al. (2005).
Il cetriolo è stato allevato con sistemi di coltivazione senza suolo a ciclo chiuso da Sirigu et al.
(2001), Mimiola et al. (2001) hanno condotto ricerche
sull’influenza di diversi substrati, mentre Santamaria
Le specie ortive minori in Italia
et al. (2004) hanno studiato il comportamento di due
cultivar. Su carosello e barattiere Parente et al.,
(2005) e Serio et al., (2005) hanno messo a confronto
la coltura su terreno con quella senza suolo. Sulla
melanzana, Venezia et al. (2001) hanno valutato gli
effetti di due diversi sistemi di coltivazione senza
suolo. Su cima di rapa è stata osservata l’influenza
della concimazione con azoto e zolfo sulla biomassa e
il contenuto di nitrati, la conservabilità come prodotto
di IV gamma (Orsini et al., 2005 e 2006). Sul ravanello è stata osservato l’effetto di soluzioni nutritive
(Dellacecca e Calegari, 2001; Nicola et al., 2005),
diversi substrati e sistemi di irrigazione (Hoeberechts
et al., 2006). Per la portulaca sono state eseguite ricerche sull’epoca di semina (Vaccarelli, 2005), i rapporti
NH4+/NO3- per valutare gli effetti sull’accumulo di
acido alfa linolenico (Gonnella et al., 2005; Fontana
et al., 2006; Fontana, 2007), e acido ossalico
(Fontana, 2007). Su erba cipollina, borragine e tarassaco sono state studiate le strategie per la riduzione
del livello di nitrato (Elia et al., 2001), mentre su bietola da taglio la salinità della soluzione nutritiva
(Colla et al., 2005).
Specie ortive minori con marchio di origine
Il termine marchio è utilizzato anche per definire
caratteri distintivi, che hanno rilevanza pubblicistica o
la cui utilizzazione è concessa da un soggetto pubblico ad imprenditori che si assoggettano al rispetto di
particolari norme. Esempi di marchi di fonte legale
sono normative comunitarie, nazionali o regionali che
disciplinano i marchi di qualità di origine. Questi ultimi detti anche marchi collettivi sono Registrati da
organismi pubblici sia come si è detto da Regioni, ma
anche Province e Comuni per promuovere prodotti del
proprio territorio.
Il marchio collettivo comunitario (Reg. UE n.
40/94), il cui iter non è lungo e oneroso come per le
DOP e IGP, riconosce il diritto di registrarlo ad associazione di produttori, prestatori di servizi o commercianti, che abbiano la capacità di essere titolari di
diritti e obblighi di qualsiasi natura. Il marchio collettivo ben di adatta alle specie ortive minori prodotte su
superfici limitate, ma che si ritiene necessario proteggere. Un esempio di marchio collettivo comunitario
applicato a specie ortive minori è il Carciofo di
Cupello, che garantisce il prodotto proveniente dal
comune di Cupello e comuni limitrofi, di cui la
Camera di Commercio di Chieti è titolare esclusiva
dei diritti relativi alla utilizzazione del marchio.
Le SOM che hanno ottenuto il marchio di denominazione di origine protetta (DOP) e della indicazione
geografica protetta (IGP) istituito con il Reg. CE n.
510/2006 del 20/03/2006, aggiornato al mese di maggio 2008 per le IGP sono: Asparago Bianco di
Cimadolmo, Asparago verde di Altedo, Cappero di
Pantelleria, Carciofo di Paestum, Carciofo
Romanesco del Lazio, Radicchio Rosso di Treviso,
Radicchio Variegato di Castelfranco, Scalogno di
Romagna, mentre il marchio DOP è stato riconosciuto a: Asparago bianco di Bassano, Basilico Genovese,
Zafferano dell’Aquila e Zafferano di S. Gimignano.
Tali marchi assumono grande importanza per i riflessi
economici degli addetti alla filiera e di sicurezza per i
consumatori in virtù dei disciplinari di produzione
che garantiscono prodotti in armonia con la legislazione vigente sui residui dei fitofarmaci.
Visani e Gatti (2003) ritengono che le SOM possano essere rivalutate attraverso la sperimentazione, il
miglioramento qualitativo, la valorizzazione commerciale con specifiche azioni di marketing in modo da
facilitare l’iter per l’ottenimento dei marchi IGP e
DOP.
Specie ortive inserite nell’Elenco Nazionale dei
prodotti agroalimentari tradizionali
Il MiPAAF nel D.M. n. 350 (08/09/1999) riporta
gli elementi necessari per l’individuazione dei prodotti tradizionali come previsto dal D. Legisl. n. 173 del
30/04/1998.
Con decreto del 18/07/2000 il MiPAAF istituisce
il sopracitato elenco. Nel 2008 è stata pubblicata la
ottava revisione (MiPAAF, Decreto direttoriale
16/06/2008). Tra i numerosi prodotti di origine animale e vegetale, sono riportate le specie ortive sia
consumate allo stato fresco che trasformate. Per l’iscrizione nell’elenco, oltre alla descrizione del prodotto, l’area geografica interessata e i metodi di produzione, è indispensabile che la coltivazione e l’impiego culinario risultino attuati da almeno 25 anni.
Bianco e Pace (2003) hanno condotto uno studio sugli
ortaggi tradizionali delle regioni italiane da cui emerge l’esistenza di 438 prodotti orticoli, studio a cui si
rimanda per ulteriori approfondimenti. Le SOM, nell’ultimo elenco disponibile, sono riportate nella tabella 7.
In particolare sono presenti 49 specie per un totale
di 206 popolazioni locali. Al primo posto si classifica
il carciofo con 26 presenze, pari al 13% del totale,
localizzate principalmente in Campania (7) e Toscana
(4). Segue l’asparago con 22 entità (di cui 9 in Veneto
e 5 in Piemonte), l’aglio con 13 presenze in 11
Regioni, il radicchio con 9 con il 67% in Veneto
(come era logico attendersi), con 8 il cardo (38% in
11
Bianco
Tab. 7 - Specie ortive minori e popolazioni locali relative alle regioni italiane, insrite nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari
Tradizionali del MiPAAF (G.U. n. 151 del 30/06/2008, suppl. ordinario).
Tab. 7 - Minor vegetable crops and landraces in relation to Italian Regions included in the National List of Traditional Agrifood Products
of the Ministry of Agriculture (Official Gazette n. 151 June 2008).
Aglio
bianco (di Vessalico)
bianco polesano
di Molino dei Torti
di Voghiera
di Resia
del medio Adige
dell' Ufita
massese
rosso di Castellire
rosso maremmano
rosso di Sulmona
rosso di Nubia e di Paceco
rosso di Proceno
Asparago
asparagina
bianco
bianco del Sile
bianco di Bibione
della Mambrotta
d’argenteuil toscano
di Arcole
di Borgo d'Ale
di Cilavegna
di Giare
di Padova
di Palazzetto
di Poirino
di Rivoli
di Santena
di Terlano
di Valmacca
di Zambana
saraceno di Vinchio
verde amaro montine
verde di Canino e Montalto di Castro
violetto di Albenga
Basilico
gigante
Batata
dell'agro leccese
di Anguillara e Stroppare
di Zero Branco
Bietola da costa
a coste sottili
Bietola da orto
di Bassano
di Castellazzo Bormida
di Chioggia
12
Li.
Ve.
Pi.
E.R.
Fr.
Ve.
Cm.
To.
La.
To.
Ab.
Si.
La.
E.R.
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Ve.
Ve.
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PABZ
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Pi.
Ve.
La.
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To.
Pu.
Ve.
Ve.
To.
Ve.
Pi.
Ve.
Cappero
capperi
capperi e capperoni del Selargius
capperi e cucunci
del Gargano
Carciofo
bianco
brindisino
capuanella
del litorale livornese
del vastese
di Castellammare
di Montoro
di Orte
di Pian di Rocca
di Pietrelcina
di Procida
di Provenza
di San Miniato
di S. Ferdinando
di Sezze
di Tarquinia
empolese
monteluponese
pignatella, rosso
spinoso
spinoso di Albenga
spinoso di pompeiana
spinoso di Palermo
violetto Catanese
violetto di S. Erasmo
violetto prec. di Jesi
Cardo
avorio di Isola d'Asti
della Val di Cornia
bianco avorio di Andezeno
gigante di Romagna
gobbo di Nizza Monf.
massese
cardone
gobbo di Trodica o di Macerata
Carosello, barattiere
carosello di Manduria
meloncella
barattiere, cocomarazzo
Cavolfiore
broccolo romanesco
precoce di Jesi
tardivo di Fano
Si.
Sa.
Si.
Pu.
Cm.
Pu.
Cm.
To.
Ab.
Cm.
Cm.
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Pi.
To.
Pi.
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Pi.
To.
Cm.
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Pu.
Pu.
Pu.
La.
Ma.
Ma.
di Moncalieri
fiorentino tardivo
gigante di Napoli
violetto "natalino"
Cavolo broccolo
broccoletti del lago
del Vallo di Diano
di Bassano
di Torbole e S. Massenza
fiolaro di Creazzo
lavagnino
"sparacello" palermitano
mùgnuli, spuriatu
Cavolo cappuccio
della Val di Gresta
gaggetta
Cavolo da foglia
nero riccio di Toscana
riccio nero di Lucca
torzella, cavolo greco
Cavolo rapa
di Acireale, trunzu di Aci
Cavolo verza
di Montalto Dora
di Settimo Torinese
Circerbita violetta
radic di mont
Cicoria
a grumolo
catalogna gigante di Chioggia
catalogna frastagliata di Gaeta, puntarelle
lidric cul pòc
pan di zucchero casalese
verde di Napoli
Cicoria da radice
di Soncino
di Chiavari
Cima di rapa
broccoletti sezzesi
broccoli di rapa
broccoletto di Anguillara
broccolo di Napoli, friarelli
cima di rapa
rapo del val d’Arno
Cocomero
della Val di Cornia
di Siracusa
di San Matteo Decima
gigante di Fontarronco
Pi.
To.
Cm.
Si.
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Cm.
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PATN
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Li.
Si.
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To.
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Pi.
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Cm.
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Li.
La.
Ca.
La.
Cm.
Pu.
To.
To.
Si.
E.R.
To.
Le specie ortive minori in Italia
melone di Altavilla
Fagiolino occhio
dell'aquila di Pignone
fagiolo dell’occhio
fagiolo gentile
Fava
lunga delle Cascine
di Leonforte
di Miliscola
Finocchio
bianco palettone
della maremma viterb.
di Isola Capo Rizzuto
di Sarno
Fragolina di bosco
di Nemi
di Naletto
di Ribera
di Sciacca
Lambascione
lampascioni
Melanzana
cima di viola
tonda (genovese)
violetta casalese
violetta fiorentina
Origano
origano
origano
Pisello mangiatutto
taccole
Porro
di Carmagnola
di Cervere
Prezzemolo
Cm.
Li.
Cm.
To.
To.
Si.
Cm.
Cm.
La.
Ca.
Cm.
La.
Si.
Si.
Si.
Ba.
Cm.
Li.
Pi.
To.
Mo.
Si.
Ma.
Pi.
Pi.
Sa.
Radicchio
bianco fior di Maserà
bianco o variegato di Lusia
canarino
germogli di radicchio
radicchia di Lucca
rosa di Gorizia
rosso di Chioggia
rosso di Verona
variegato bianco di Bassano
Rafano
cren
kren
rafano
ràiti
Rapa
rape
rape di Nasino
rapino di Borgiola Foscalino
germogli di rape
Raperonzolo
Ravanello
lungo
lungo o tabasso
Rosmarino
Scalogno
nostrale toscano
Scarola
bianca riccia schiana
centofoglie o venafrana
d'inverno di Bassano
Scorzobianca
barbabuc
Scorzonera
barba massese
Ve.
Ve.
Fr.
Ve.
To.
Fr.
Ve.
Ve.
Ve.
Ve.
PABZ
Ba.
Fr.
Li.
Li.
To.
PABZ
E.R.
Sa.
Pi.
Si.
To.
Cm.
Mo.
Ve.
Pi.
To.
scorzonera
di Castellazzo Bormida
Sedano
di Alluvioni Cambiò
di Rubbio
dorato astigiano
nero di Trevi
nostrale
verde di Chioggia
Sedano rapa
della Val di Gresta
di Ronco all' Adige
Spinacio
Val di Cornia
Strigolo
Zafferano
aretino
delle colline fiorentine
di Cascia
purissimo di maremma
zafferano
Zucca
da semi
lardaia
marina di Chioggia
zucca
Zucca dolce
di Catellazzo Bormida
di Rocchetta Cengio
zucca santa bellunese
Zucca pepona
lunga di Napoli
napoletana
trombetta
Li.
Pi.
Pi.
Um.
Pi.
Um.
To.
Ve.
PATN
Ve.
To.
E.R.
To.
To.
Um.
To.
Sa.
To.
To.
Ve.
Lo.
Pi.
Li.
Ve.
Cm.
Cm.
Li.
(1) Abbreviazione dei nomi delle regioni: Ab. Abruzzo; Ba. Basilicata; Ca. Calabria; Cm. Campania; E.R. Emilia Romagna; Fr. Friuli
Venezia Giulia; La. Lazio; Li. Liguria; Lo. Lombardia; Ma. Marche; Pi. Piemonte; Pu. Puglia; Sa. Sardegna; Si. Sicilia; To. Toscana; TAA
Trentino Alto Adige; Ve. Veneto.
Piemonte) e il cavolo broccolo con le popolazioni distribuite in 7 regioni.
Le altre specie sono rappresentate da 7 a 1 entità. È
interessante sottolineare la presenza di specie che
assumono importanza in ristrette aree come il cappero
in Sicilia e Puglia, la cicerbita violetta in Friuli
Venezia Giulia, il carosello esclusivamente in Puglia;
il fagiolino dall’occhio è segnalato in Campania,
Liguria e Piemonte, pur essendo più ampiamente coltivato e apprezzato in Puglia, la scorzonera in Toscana
e la scorzabianca in Piemonte, il sedano rapa nella
provincia autonoma di Trento, lo zafferano principalmente in Toscana e il rafano soprattutto nelle regioni
del Nord Est. Interessante appare la segnalazione di
specie minori e piante spontanee utilizzate alla stessa
stregua degli ortaggi, sia allo stato fresco (asparago
selvatico, cicoria selvatica, finocchio selvatico) che
sottoposte alla trasformazione con tecniche artigianali.
Tra le specie commercializzate dopo essere state seccate al sole compaiono l’origano, la rapa (culàti di
Valdagno), la melanzana e la mentuccia. Per i prodotti
sott’olio, asparago, carciofini, melanzana, tallo dell’aglio rosso di Proceno, cicorie selvatiche, germogli di
pungitopo, di tamaro, di vitalba, lambascioni, cardi
selvatici e salicornia. Per i sottaceto sono segnalati i
capperi, finocchio marino e infiorescenza tenera di
finocchio selvatico. Tra le specie sottoposte a diversi
tipi di fermentazione si citano i crauti e la brovada
13
Bianco
cioè il raponzolo plumbeo (Phyteuma ovatum Honk.
s.l). Infine vengono riportati prodotti preparati con
ricette tradizionali come i cavoli ripieni, gli involtini
di melanzana e la vellutata di asparago e gli asparagi
in agrodolce. Tra le Regioni è in testa il Veneto con
32 popolazioni locali riferite a 15 specie, a cui segue
la Toscana con 30 popolazioni attribuite però a 21
specie, Piemonte con 23 e 15 specie, Campania con
21 e 14 specie e la Liguria con 15 e 11 specie. Tutte le
altre regioni mostrano valori inferiori a 15 popolazioni; quelle meno rappresentate sono Abruzzo,
Basilicata e Calabria, mentre la Valle d’Aosta non ha
nessuna specie iscritta.
Presìdi Slow Food
Slow Food è un’associazione internazionale non
profit nata in Italia nel 1986 con il nome di Arcigola
con lo scopo di promuovere il diritto al piacere,
soprattutto a tavola, e pensata come risposta al dilagare del fast-food. Tra le articolate espressioni di Slow
Food da alcuni anni sono costituiti i presìdi per sostenere prodotti che rischiano di scomparire, valorizzare
i territori, recuperare tecniche di produzione e lavorazione tradizionali, salvare dall’estinzione popolazioni
locali di specie vegetali. Coinvolgono gli agricoltori e
i diversi operatori, offrono assistenza per caratterizzare e migliorare i prodotti e cercano nuovi sbocchi di
mercato. Questo l’elenco, aggiornato al 2008, dei
Presìdi per le SOM e tra parentesi è indicata la provincia di riferimento: Aglio di Resia (UD), Aglio di
Vessalico (IM), Aglio rosso di Nùbia, Paceco (TP),
Aglio rosso di Sulmona (AQ), Asparago di Chiusure
(SI), Asparago di Cilavegna (PV), Asparago Violetto
di Albenga (SV), Cappero di Salina (ME), Carciofo
bianco di Pertosa (SA), Carciofo Violetto di
Castellamare (NA), Carciofo Violetto di Sant’Erasmo
(VE), Carciofo di Acerra (NA), Carciofo di Perinaldo
(IM), Cardo gobbo di Nizza Monferrato (AT), Fava
larga di Leonforte (EN), Fragolina di Ribera (AG),
Melanzana rossa di Rotonda (PZ), Rapa di Caprauna
(CN), Sedano nero di Trevi (PG), Zafferano di S.
Gavino Monreale (CA), Zafferano di Cascia (PG),
Cicerbita alpina sott’olio o radìc di mont (UD).
Impiego nella preparazione di prodotti dell’industria agroalimentare, mini ortaggi, germogli provenienti da semi e fiori commestibili
Nel complesso la quantità di SOM impiegata per
produrre anche artigianalmente prodotti trasformati è
considerevole.
La Malfa e Bianco (2006) hanno passato in rasse-
14
gna le specie ortive, comprese quelle minori, usate per
preparare prodotti cotti a vapore, creme e salse, grigliati, surgelati, disidratati e liofilizzati, sottaceto e
sott’olio, gelati confetture e sciroppi a cui si rimanda
per ulteriori approfondimenti. Per i prodotti della IV
gamma, pronti da mangiare e da cuocere, il numero
delle specie minori è in aumento. Tra esse si ricordano
aneto, asparago, atreplice, basilico, bietola da costa e
da orto, carciofo, cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo
cappuccio e verza, cavolo cinese, cavolo rapa, cavolo
da foglia, cavolo di Bruxelles, carosello e barattiere,
cetriolo, svariati tipi di cicoria, cima di rapa, coriandolo, crescione d’acqua, dragoncello, erba cipollina, fava
fresca, finocchio, indivia, mais dolce, melanzana,
menta, porro, prezzemolo, radicchio, ravanello, ruchetta, rucola, scarola, sedano, spinacio (foglie piccole
indicate come spinacine), valerianella e zucca.
Da qualche anno è aumentata la disponibilità di SOM
di dimensioni notevolmente ridotte rispetto alla grandezza media di consumo corrente e il Reg. CE 1135/2001 ha
legalizzato la circolazione in Europa di ortaggi mini o
baby o mignon o lillipuziani o miniature o bonsai.
Tali novità vengono ottenute mediante: a) l’aumento della densità di piante, in modo da limitare
l’accrescimento; b) l’anticipo della raccolta, c) cultivar nane costituite appositamente attraverso il miglioramento genetico. I fattori che hanno favorito la crescita sono l’aumento delle famiglie unipersonali o con
un numero ridotto di componenti, perciò con consumi
limitati e che non vogliono avanzi in frigorifero, il
maggior interesse da parte della ristorazione collettiva
e ristoranti di lusso che li impiegano come ornamenti
nelle varie portate o come ricercati contorni. In Italia
tra i primi a sfondare sul mercato è stato il cocomero.
Attualmente le specie disponibili sono: cavolo broccolo, cavolo cappuccio, cetriolo, crescione, fagiolo
adzuki e mungo, finocchio, ravanello, senape e zucca.
I mini ortaggi disponibili in riferimento alle SOM,
sono asparago, bietola da orto e da costa, carciofo,
cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo cappuccio e verza,
cavolo rapa, cavolo da foglia, cavolo di Bruxelles,
finocchio, mais dolce, melanzana (anche di circa 2 g),
pastinaca, porro, rapa, ravanello, sedano, spinacio e
zucca. Inoltre la diffusione di mini ortaggi potrebbe
favorire il recupero di alcune popolazioni locali di
SOM che normalmente producono organi eduli piccoli.
Alcuni semi di SOM si prestano alla produzione di
germogli e germinelli che vengono consumati prevalentemente crudi, hanno un elevato valore nutritivo,
peculiari sapori e basso valore calorico.
Inoltre in futuro l’uso di fiori come guarnizione di
speciali pietanze o come ingredienti di insalate, anche
approntati in confezioni della IV gamma, potrà costi-
Le specie ortive minori in Italia
tuire una ulteriore nicchia per le SOM. Le specie di
possibile impiego possono essere aglio, basilico,
cavolo cappuccio, cavolo broccolo, cerfoglio, coriandolo, finocchio, maggiorana, ocra, ravanello, ruchetta,
rucola, silene rigonfia, topinambur.
Specie utilizzate da etnie diverse
Per soddisfare le articolate esigenze del continuo
aumento di immigrati, specialmente provenienti
dall’Africa e dall’Asia, è opportuno rivolgere l’attenzione non solo a specie già coltivate in Italia, ma a nuove
colture.
Tali specie spesso hanno esigenze termiche elevate e
perciò nei periodi più freddi si potrebbe fare ricorso agli
ambienti protetti. A titolo di esempio si potrà fare riferimento ad aglio d’India, alchechengio, basella, batata,
benincasa, cavolo cinese, cipolletta, crescione d’acqua,
erba cipollina, fagiolo asparago, fagiolino dall’occhio,
fagiolo adzuki e mungo e di Spagna, lagenaria, luffa,
melanzana rossa, ocra, pastinaca, sechio, senape indiana
e spinacio della Nuova Zelanda.
Valore nutritivo
Considerato lo spazio a disposizione sono state
scelte, per una breve disamina, alcune specie apparte-
nenti alla famiglia delle Brassicaceae per l’elevato
contenuto di minerali, vitamine e di numerosi agenti
chemioprotettivi, riconducibili alla presenza di metaboliti secondari biologicamente attivi come i glucosinolati e i sulforafani che possono accelerare la produzione di enzimi che proteggono il DNA da danni e
ridurre i rischi di cancro ad alcuni organi. I valori
sono riportati nella tabella 8.
Il calcio è elevato (valori superiori a 100 mg/100
g) in rucola, cavolo da foglia riccia, cima di rapa,
cavolo cinese e senape indiana. Per il ferro si distingue su tutti la cima di rapa (2,14 mg/100 g) seguita,
con valori compresi tra 1,40 e 1,70 mg/100 g, da
cavolo da foglia, cavolo di Bruxelles, rucola e senape
indiana.
Per il magnesio spicca la rucola, per il potassio il
cavolo da foglia, per il sodio i livelli più bassi sono
stati riscontrati in cavolo cappuccio, cavolo rapa,
rutabaga, mentre quelli più alti in cavolo cinese e
rapa.
Di selenio è molto ricco il cavolo di Bruxelles. La
vitamina C risulta abbondante nel cavolo da foglia (120
mg/100 g) e nel cavolo di Bruxelles (85 mg/100 g).
Il contenuto di folati è molto elevato in senape
indiana a cui segue la rucola, cima di rapa e cavolo
verza.
La vitamina A è elevatissima nel cavolo da foglia
Cavolo broccolo
Cavolo cappuccio
Cavolo cinese
Cavolo rapa
Cavolo verza
Cavolo da foglia riccia
Cavolo di Bruxelles
Cavolfiore
Cima di rapa
Rapa
Ravanello
Rucola
Rutabaga
Senape indiana
47
0,73
105
0,80
40
24
85
135
42
22
108
30
0,47
0,40
0,40
1,70
1,40
0,44
2,14
0,3
25
0,34
47
0,52
160
103
1,46
1,46
19
252
12
19
28
34
23
15
22
11
10
47
23
32
350
230
447
389
303
196
191
233
359
337
354
33
2,5
65
0,5
20
28
43
25
30
33
67
39
27
20
25
0,3
0,7
0,9
0,3
0,7
0,9
µg
mg
21
0,78
102
1.403
45
66
4.468
0,09
46
40
55
80
1.000
0,17
69
-
28
37
62
31
46
0,6
µg
623
0,6
0,7
mg
63
120
1,0
UI
89
0,9
1,6
µg
Ac. lin.
C l8:3
18
316
mg
Luteina
+ Zeax.
170
21
µg
Vit. K
mg
Vit. E
mg
Vit. A
Se
K
mg
Folati
mg
Vit. C
mg
Na
Mg
Fe
Specie
Ca
Tab. 8 - Contenuto di alcuni importanti nutrienti (su 100g di prodotto fresco) nelle specie ortive minori della famiglia delle Brassicaceae
(Elaborazione da Banca dati Nutrienti USDA).
Tab. 8 - Major nutrients (100g f.w.) in minor vegetable crops belonging to the Brassicaceae family (Elaboration from USDA, National
Nutrient Database).
85
20
21
15
15
25
70
43
16
-
36
29
15.376
57
13
-
-
-
-
0,48
0,1
-
817
39.550
180
0,08
16
33
37
1.590
99
754
0,88
83
2.622
1,62
224
1.121
113
25
7
-
1,3
10
31
61
15
-
0,03
177
-
-
0,1
-
40
97
2.373
0,43
109
3.555
170
187
10.500
2,01
497
9.900
18
21
2
0,3
0,3
0
53
15
Bianco
con 15.376 UI, valore equivalente a quello della carota che, insieme alla batata a polpa arancione, mostrano i valori più elevati fra tutti gli ortaggi. Per la vitamina E si distinguono la senape indiana e la cima di
rapa. Per la vitamina K, i valori più elevati si riscontrano in cavolo da foglia e senape indiana, mentre
quelli più bassi in cavolo rapa, rapa, rutabaga, ravanello e cavolfiore.
La luteina insieme alla zeaxantina sono presenti in
quantità elevatissime nel cavolo da foglia (39.550
µg/100g), seguito a notevole distanza dalla senape
indiana (9.900 µg/100g).
Il contenuto totale di glucosinolati è elevatissimo
in lepidio ortense, senape indiana, cavolo di Bruxelles
e rafano, rispettivamente con 392, 282, 236 e 160
mg/100 g.
Sagre, Fiere, Feste, Mostre
È stata condotta una indagine, da non considerarsi
completa, sulle sagre, fiere, feste, mostre e manifestazioni in genere aventi come oggetto le SOM, miranti a
far conoscere la storia, i sistemi produttivi, il valore
nutritivo e salutistico, la promozione del prodotto attraverso esposizione, assaggio nelle diversificate preparazioni culinarie e come prodotti trasformati con metodi
tradizionali. Tali manifestazioni spesso sono accompagnate da spettacoli folcloristici e, oltre al momento
aggregativo, turistico ed economico, costituiscono una
grande opportunità per far conoscere e apprezzare ortaggi con peculiari caratteristiche, funzionano da supporto
e offrono spunti per continuare a tenere in vita specie e
popolazioni locali altrimenti destinate a scomparire.
L’indagine ha messo in luce l’esistenza di oltre
250 manifestazioni. In testa è la Regione Veneto
(22%), seguita da Campania (19%), Emilia Romagna
(8%), Puglia, Lombardia e Piemonte (7%), Lazio
(6%), Liguria e Sicilia (5%); seguono tutte le altre
regioni e in fondo alla classifica sono il Molise e la
Valle d’Aosta.
In riferimento alle specie, la tabella 9 riporta quelle le cui sagre hanno luogo in più di dieci località; in
testa è l’asparago con 68 sagre di cui 24 si svolgono
nel Veneto, a cui segue il carciofo con 45 (22% in
Campania), la zucca con 40 (30% nel Veneto), il
cocomero con 25 (ai primi posti Toscana e Puglia),
melanzana con 17 (47% in Campania) il radicchio con
14 (86% in Veneto, come era logico attendersi), aglio
12 (25% in Emilia Romagna), fava fresca 12, distribuite principalmente nel Lazio ed Emilia Romagna,
regioni in cui la coltivazione della fava fresca risulta
molto marginale rispetto alla Sicilia che invece non ha
una sagra. In queste sagre la fava fresca viene accoppiata a vari tipi di formaggi che rendono più piacevole
e attrattivo il consumo dei semi freschi.
Cinque sagre sono dedicate al sedano, equamente
distribuite in Piemonte, Veneto, Umbria, Campania e
Puglia, quattro al cavolo broccolo (75% nel Veneto e
25% in Campania), tre alla batata, tutte nel Veneto
(come era da attendersi), due al basilico (Liguria),
cardo (Piemonte), fiore di zucca (Umbria e Calabria),
origano (Sicilia) e rafano (Basilicata). Infine si segnala una sagra per cappero (Sicilia), carosello (Puglia),
cavolo verza (Piemonte), cicoria da radice
(Lombardia), cima di rapa (Campania), menta
(Campania), rapa (Piemonte), rucola (Umbria), scalogno (Emilia-Romagna), strigolo (Emilia-Romagna) e
topinambur, ciapinabò (Piemonte).
La ruchetta da pianta selvatica a specie ortiva
minore
Nell’ambito del diversificato panorama delle SOM
si volevano approfondire gli aspetti produttivi e quali-
Tab. 9 - Graduatoria regionale per Sagre, Fiere, Feste, Mostre di specie ortive considerate minori che si effettuano in più di 10 città.
Tab. 9 - Regional list for Festival, Feast, Show and Fair of minor vegetables crops that take place in more than 10 cities.
Regioni
Asparago
Carciofo
Zucca
Cocomero
Melanzana
Radicchio
Aglio
Fava fresca
16
Totale
1
(n.)
45
Campania
10
25
Toscana
68
40
a
Veneto
Veneto
17
Campania
12
Emilia Romagna
14
12
Graduatoria regionale
2a
(n.)
Lazio
7
24
Lombardia
12
Lombardia
8
Liguria
5
Puglia
Veneto
12
Emilia Romagna
Lazio
4
Emilia Romagna
9
Toscana
3a
(n.)
Sicilia
7
10
Piemonte
6
Emilia Romagna
4
Puglia
5
Lazio
1
Campania
3
Marche
2
Abruzzo
8
5
4
2
1
2
2
Le specie ortive minori in Italia
tativi e il contributo che le ricerche multidisciplinari
condotte da varie Istituzioni italiane hanno offerto
sinora per il miglioramento quanti qualitativo per
qualcuna di esse come ad esempio per radicchio, cima
di rapa, cicoria, carosello e barattiere, cavolo broccolo, finocchio,valerianella, ruchetta, ecc. Considerato
però lo spazio assegnato alla rassegna si è deciso di
optare per la ruchetta.
La flora spontanea italiana è ricchissima di piante
commestibili: Bianco e Machakova (2002) ne hanno
censite oltre 800 e tra esse compare la Diplotaxis
tenuifolia (L.) DC. che, secondo Saccardo (1909), è
stata rinvenuta per la prima volta in Italia da Petrollini
e Cibo nel 1550 e successivamente da Mattioli nel
1554.
La pianta cresce nei terreni calcarei superficiali,
incolti, sabbiosi, sui ruderi, ai bordi delle strade di
campagna, negli oliveti ed è molto presente negli
ambienti meridionali. Resiste alla siccità, ma dopo il
primo temporale estivo riprende a vegetare e si possono raccogliere foglie in abbondanza.
La ruchetta proveniente da piante spontanee è utilizzata da lungo tempo a scopo alimentare soprattutto
nell’Italia meridionale. Bruni (1857) la enumera tra le
piante eduli di Barletta. Il radicamento nel territorio è
anche espresso dai tanti nomi dialettali. In particolare
Penzig (1924) riporta che in Toscana viene indicata
come ruchetta selvatica o erba carpentorum, in
Piemonte, tra l’altro, come aruga gentil, a Verona
rucola, a Piacenza ricola, a Napoli ruca servaggia, in
Sardegna ruchetta, a Barletta ruca. Nel Salento viene
chiamata rùcula cresta, rucula gialla, rucula servaggia,
rucula tarantina, rùgula dove esiste anche un detto
specifico sulla ruchetta.
Inoltre la ruchetta, cara al poeta romano Giuseppe
Gioacchino Belli (1791-1863), era presente nelle insalate miste nelle osterie trasteverine. In Puglia era ed è
diffuso l’uso come condimento del classico “pane,
acqua e sale” o delle frise (pane a tarallo spaccato e
cotto due volte al forno), oppure in insalata con i
pomodorini o con le patate lesse.
Dopo il 1990 si è assistito ad un crescente aumento
dei consumi dovuto anche all’intraprendenza di grandi cuochi che la propongono in svariate ricette. Così
ad esempio viene impiegata come ingrediente in risotti, gnocchi, tortellini, con diversi tipi di pasta, pizze,
piadine, tartine, bruschette, per preparare carpacci.
Oltre a ciò l’industria artigianale prepara creme, salse
e pesto.
La spinta più rilevante però è venuta dall’ingente
richiesta da parte delle industrie che preparano prodotti della IV gamma. Attualmente, per limitare i
danni causati dal taglio delle foglie in più porzioni, le
foglie vengono raccolte allo stadio giovanile (babyleaf). Per soddisfare le crescenti richieste di mercato
non era più sufficiente l’approvvigionamento dalle
piante spontanee o dalla coltivazione su piccoli
appezzamenti. Perciò, da parte degli operatori, è iniziata la coltura su larga scala con semi provenienti da
una proficua attività sementiera che ha messo a disposizione anche semi confettati “multipillola” a causa
della piccolissima dimensione dei semi.
Successivamente, per facilitare la semina e assicurare
la produzione durante l’arco dell’anno, si è passati
all’allevamento in ambiente protetto, tanto che attualmente, come si è già accennato, la coltura in serra,
compresa quella sui pannelli galleggianti, supera i
1.100 ha.
La ricerca multidisciplinare, condotta da diverse
Istituzioni italiane, ha contribuito notevolmente a tale
successo offrendo a tutti gli operatori della filiera suggerimenti pratici. La sperimentazione ha riguardato il
confronto tra semina e trapianto (Bianco et al., 1998),
le epoche di semina (Cantore et al., 2000), le dosi di
azoto (Bianco e Boari, 1997; Calabrese e Gregucci
1997; Bianco et al., 1998), la densità di piante, gli
effetti dell’epoca di impianto sulla produzione
(Baggio e Pimpini, 1995) e sulla composizione fenolica (Di Venere et al., 2000), il regime irriguo (Boari
et al., 1998) i consumi idrici, l’efficienza d’uso dell’acqua e la salinità (Cantore et al., 2002), il controllo
della flora infestante (Boari et al., 2000), le tecniche
colturali e le potenzialità della coltura (Bianco, 1995;
Pimpini ed Enzo 1997), l’influenza del livello di salinità sulla germinazione dei semi (Pezzuto et al.,
1996), il confronto tra genotipi a foglia intera e lobata
(Lenzi e Tesi, 2000). Interessanti i risultati della coltura biologica in cui sono stati confrontati i metodi
irrigui e la densità di piante (Cantore et al., 2005) e
l’impiego del tessuto non tessuto (Carofiglio, 2006).
Inoltre De Leonardis et al., (1997) hanno effettuato
studi per caratterizzare i semi, Pignone e Galasso
(1995) e Blangiforti e Venora (1997) per la determinazione del cariotipo. Non mancano ricerche sulla
microbiologia superficiale nelle confezioni di IV
gamma (Caponigro et al., 1997) e indicazioni sulla
preparazione delle foglie per la IV gamma e la surgelazione (Calabrese e Gregucci, 1997).
Raymond (2007) infine in un lavoro divulgativo,
traccia la storia della specie selvatica e il ritorno sulla
tavola di molti italiani attraverso la domesticazione, la
possibilità di disporre del prodotto durante tutto l’anno anche in pratiche confezioni salva freschezza.
Così la ruchetta da specie spontanea è divenuta
specie ortiva minore. A ciò ha contribuito inoltre l’elevata meccanizzazione di tutte le operazioni coltura-
17
Bianco
li, compresa la fase di raccolta e preparazione per i
diversi segmenti di mercato, e come si è già detto al
massiccio impiego nei prodotti di IV gamma.
Altra pianta con sapore e impieghi simili alla
ruchetta è la rucola, Eruca vesicaria (L.) Cav. È conosciuta da Egizi, Greci e dagli antichi Romani. Publio
Virgilio Marone, Publio Ovidio Nasone e Lucio
Giunio Moderato Columella decantano le virtù afrodisiache della rucola. In un affresco, ritrovato in una
casa dell’antica Pompei, sono state individuate foglie
di rucola accanto a Priapo, dio della sessualità.
Per la presunta attività afrodisiaca, nel medioevo ai
monaci era impedita la coltivazione negli orti o giardini dei conventi. Fino alla messa a coltura, e il grande
successo ottenuto dalla D. tenuifolia, la rucola era la
specie disponibile sui mercati locali usata per insaporire le insalate. Attualmente secondo Pimpini et al.
(2005) la rucola viene coltivata in serra su circa 7 ha di
cui 5 in Campania e 2 in Veneto. In pien’aria è allevata solo a livello amatoriale e su ridottissime superfici.
Per le notizie sulla distribuzione geografica, tassonomia, morfologia, biologia, miglioramento genetico,
tecniche colturali, usi, composizione chimica, avversità, difesa e post-raccolta si rimanda a quanto è riportato dalle rassegne di Bianco (1995), Pimpini ed Enzo
(1997) e Pimpini et al. (2005).
In Italia probabilmente la prima prova sperimentale sulla rucola, segnalata da Baldrati (1950), è stata
eseguita dal prof. De Cillis nel 1942 a Santa Maria
Capua Vetere (CE). Si trattava della produzione del
seme in coltura asciutta e furono ottenuti 447 kg/ha di
seme con la resa in olio del 29,6%. Sempre per la produzione del seme, Cremaschi et al. (1996) hanno
effettuato ricerche con diverse densità di piante. Studi
sulla morfologia dei semi sono stati condotti da De
Leonardis et al. (1997), sulla citologia per la determinazione della formula cariotipica da Blangiforti e
Venora (1997), mentre sulla germinabilità in presenza
di diverse concentrazioni saline da Miceli et al.
(2003). Pignone e Api Ngu (1995) hanno effettuato
una indagine sulle accessioni di rucola esistenti nelle
banche del germoplasma mondiale. Sulla pianta a
scopo alimentare sono stati effettuati studi in pien’aria, in serra e in coltura senza suolo. La densità di
piante è stata affrontata da Calabrese e Gregucci
(1997) e da Lenzi e Tesi (2000); questi ultimi hanno
studiato anche l’influenza delle dosi di azoto sulla
produzione, la vitamina C ed i nitrati. Inoltre Branca e
Minissale (1996) hanno effettuato il confronto fra l’allevamento in pien’aria e serra fredda con tre densità di
piante. In ambienti protetti sono state condotte ricerche con diverse temperature e irradianza per determinare gli effetti sulla produzione e sul contenuto in
18
nitrati, cloruri e solfati (Ventrella et al., 1993;
Santamaria et al., 1995 e 1996).
Calabrese e Gregucci (1997) riportano i primi
risultati della surgelazione e della preparazione di
foglie per la IV gamma. Di Venere et al. (2000)
hanno esaminato il contenuto di fenoli e flavonoidi
con foglie raccolte durante la primavera e l’estate,
mentre Ferrante et al. (2003) riportano interessanti
dati sui metodi di conservazione post-raccolta confermati da Incrocci et al. (2004). Le ricerche condotte
con il sistema dei pannelli galleggianti sono riportate
in precedenza nel capitolo, ricerche su ortive minori
in colture senza suolo.
Conclusioni
Da quanto è stato esposto in questa rassegna
emerge che l’Italia, in virtù della posizione geografica, delle varie situazioni pedoclimatiche che permettono la coltivazione di ortaggi durante l’anno, della
presenza di immigrati nelle varie epoche storiche di
cultura e tradizioni diverse, degli attivi scambi commerciali già dall’epoca romana fino ai giorni nostri,
della civiltà contadina e dell’intraprendenza di molti
agricoltori ha permesso la presenza di un rilevante
numero di specie ortive, alcune di esse poco conosciute, e di un elevato numero popolazioni locali, a
cui sono legate numerosissime preparazioni gastronomiche.
I criteri proposti per la definizione di specie ortive
minori legati alla superficie o produzione, al consumo
giornaliero, alla possibilità di estendere ad altre piante
l’impiego di prodotti antiparassitari già autorizzati su
colture della stessa specie, lasciano dubbi anche se,
per comodità, in questa rassegna sono stati accettati.
In realtà, SOM classiche vengono unanimemente
considerate quelle coltivate su limitate superfici, in un
determinato territorio e generalmente con cultivar ad
impollinazione libera.
La superficie destinata a SOM coltivate in pien’aria che nell’ultimo trentennio hanno subito una forte
diminuzione di superficie sono cocomero e fava, mentre per il prezzemolo i valori sono raddoppiati. In
serra la superficie nel trentennio è aumentata soprattutto per spinacio, radicchio, sedano, e valerianella.
Gli orti familiari, sociali, urbani, per anziani,
accanto alle funzioni sociali, giocano un ruolo attivo
per la diffusione e la coltivazione delle SOM.
Un’importante attività sementiera è legata alle
SOM con ravanello, cicoria e coriandolo ai primi
posti, mentre per la coltivazione biologica, i maggiori
quantitativi di semi in deroga si riferiscono alla fava,
spinacio e valerianella.
Le specie ortive minori in Italia
Le SOM, per la loro resistenza o tolleranza, possono essere impiegate in numerose situazioni legate ai
parametri pedoclimatici e inquinanti ambientali.
Per i positivi riflessi che le colture senza suolo
potranno avere sulla diffusione delle SOM, sono state
segnalate le ricerche svolte in Italia su una ventina di
specie.
I marchi di origine a tutti i livelli possono giocare
un ruolo importante economico e sociale per la diffusione delle SOM. Inoltre, l’elenco Nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ha una notevole funzione in relazione al censimento di popolazioni talvolta quasi sconosciute di alcune SOM, mettendo in luce
le tecniche di coltivazione, i prodotti trasformati e gli
usi culinari. Anche i presidi Slow Food si propongono
di recuperare e valorizzare popolazioni locali a rischio
di estinzione.
Il catalogo comune della specie e cultivar elenca
40 SOM e in testa si colloca il cavolfiore. Il cocomero
fa registrare il 98% delle cultivar ibride, seguito da
cetriolo (80%), mentre per una ventina di specie si
tratta solo di cultivar a impollinazione libera. In Italia
alcune istituzioni pubbliche e private conservano i
semi di alcune SOM e costituiscono un sicuro riferimento per il miglioramento genetico e tutti gli operatori della filiera agroalimentare.
Le SOM sono impiegate in numerosi prodotti trasformati e con sempre crescente interesse per quelli
della IV e V gamma. Sono sempre più frequenti quelli
offerti con dimensioni ridotte (miniortaggi), per la
preparazione di germogli o germinelli provenienti da
seme e specie destinate a soddisfare le sempre maggiori esigenze degli immigrati.
Le specie orticole minori si stanno rivelando, e lo
saranno sempre più in futuro, fonti ad elevato contenuto di nutrienti e di agenti chemiopreventivi, riconducibili a cibi funzionali; tra le Brassicaceae il cavolo
da foglia si distingue per l’elevato contenuto di numerosi composti.
Le 250 sagre, fiere, feste e mostre dedicate alle
SOM sono utili perché mettono in luce le proprietà,
promuovono il prodotto e hanno la funzione di continuare a coltivare e migliorare le SOM, che altrimenti
cadrebbero nel dimenticatoio. In proposito l’asparago
conta 68 sagre, il carciofo 45, la zucca 40 e il cocomero 25.
La ruchetta è stata presa come esempio di pianta
spontanea che nell’arco di una trentina di anni con
l’apporto dei cuochi, degli operatori della filiera
agroalimentare, dei ricercatori e dei consumatori, da
pianta spontanea è passata alla coltivazione in pien’aria e poi in coltura protetta dove ora sono destinati
oltre 1.100 ha.
Attraverso la riscoperta di ortaggi magari poveri,
da sempre però alimenti della cucina contadina, la
loro salvaguardia, l’uso appropriato del ricchissimo
patrimonio le SOM possono rivestire un notevole
interesse, perché, in aggiunta sono fonte di reddito per
molti operatori della filiera agroalimentare, soprattutto in particolari periodi e in alcuni areali. In definitiva, sull’esempio del successo registrato per la ruchetta, si auspica di continuare a promuovere le ricerche
multidisciplinari, la raccolta, la caratterizzazione, la
valorizzazione delle SOM e a tutto ciò che è ad esse
legato come patrimonio storico-culturale.
Riassunto
Vengono discussi i criteri per designare una specie
ortiva minore (SOM) e riportati i nomi italiani e il
binomio latino per 165 di esse. Si esaminano le variazioni delle superfici coltivate nell’ultimo trentennio e
il confronto con altri Paesi europei. Si indicano le
quantità di seme prodotto per la coltivazione tradizionale e biologica, le problematiche legate al catalogo
comune delle specie e cultivar, le istituzioni che conservano il germoplasma ex situ per alcune SOM.
Sono contemplate le specie con marchi IGP e DOP,
quelle inserite nell’Elenco Nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali e quelle incluse nei presidi
Slow Food. Si fa cenno al positivo contributo offerto
dagli orti familiari, sociali e urbani alla diffusione
delle SOM.
Si accenna alla resistenza/tolleranza a stress pedoclimatici ed inquinanti ambientali, alle ricerche condotte su 20 specie in colture senza suolo, all’impiego
nelle diversificate preparazioni agroalimentari compresi i prodotti di IV gamma a mini ortaggi, i germogli provenienti da seme e fiori commestibili, alle specie destinate alle nuove etnie, all’importanza delle
sagre, all’elevato valore nutritivo di alcune brassicacee. Infine si esamina il passaggio della ruchetta, da
pianta selvatica a SOM.
Parole chiave orti familiari e sociali, produzione di
semi, prodotti con marchio e tradizionali, colture
senza suolo, nutrienti, sagre, ruchetta.
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