Review n. 9 – Italus Hortus 16 (1), 2009: 1-21 Le specie ortive minori in Italia Vito V. Bianco* Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università di Bari, via Amendola 165/a, Bari Ricezione: 5 agosto 2008; Accettazione: 26 dicembre 2008 Minor vegetable crops in Italy Abstract. The criteria to establish the meaning of minor vegetable crops (MVC) are discussed. Italy, due to the climatic condition and long tradition in domestication, feature a great diversity of MVC, some grown from ancient time; for 168 mentioned, the common and latin name are reported. The Italian gene bank and the collection holders of some MVC genetic resources are indicated. The evolution of harvested outdoor and greenhouse crops in the last 30 years are reported; surprisingly fennel in Italy is grown outdoor in about 23,000 ha, while lamb’s lettuce and wild or sand rocket in greenhouse on about 450 and 1,100 ha respectively. The organically grown MVC amount to 3,165 ha and leaders are cabbage and savoy cabbage. Family, social and elderly gardens play an important role on the cultivation and usage of MVC and in Bologna province, over 5,000 are counted. Seed production take place on more than 6,000 ha of which 1,500 are destinated to radish. The resistance and tolerance on some soil, climatic stress and gaseous pollutant are mentioned. Take into consideration the future importance of the soilless cultivation, researches conducted in Italy on 20 MVC, especially on leafy vegetables, but also on radish, cima di rapa, eggplant, cucumber, immature melon such as carosello and barattiere are discussed. Considering that the European quality seals are key factors in boosting the economy of rural areas, the MVC awarded of PDO and PGI such as asparagus, artichoke, caper, radicchio, shallot, basil and saffron are indicated. Moreover, in the Italian National list of traditional agri-food products, 49 MVC and 206 landraces are included and among them 26 refer to artichoke and 22 to asparagus. Furthermore the usage of the MVC for processing, fresh cut or ready to eat or to cook products, miniature or baby vegetables, sprouted seeds, edible flowers and species used by immigrants are assessed. As an example of exceptional nutrient value and the health promoting compounds of MVC, the composition of some Brassicaceae that possess highly active phytochemicals containing anticarcinogenic potentials is discussed. It appears that curly kale is very rich on Ca, Fe, Mg, K, Vit. C, and A, lutein and zeaxanthin and gamma linolenic acid. To expand consumption and advertise some MVC, 250 italian * [email protected] municipalities promoted festivals, shows and fairs and among them 68 are dedicated to asparagus, 45 to artichoke and 40 to squash. At the end, the story of the transition of Diplotaxis tenuifolia from wild to cultivated vegetables is discussed. Key words: family and social gardens, seed production, organic, seal and traditional products, soilless, nutrients, festivals, wild rocket. Specie ortive minori Alcuni ortaggi oggi considerati minori, anche se non nella forma e dimensioni attuali, sono noti da lungo tempo. Infatti nella bibbia vengono citati aneto, aglio, cappero, cicoria, coriandolo, fava, indivia, menta, origano, porro, senape, tarassaco. Gli antichi Romani, oltre ai suindicati, conoscevano anche anice, asparago, atreplice, basilico, bietola da orto, cardo, carciofo, carota, cavolo da foglia, cetriolo, cipolletta, cren, crescione di fontana, cumino, fagiolino dall’occhio, fragolina di bosco, lagenaria, lambascione, porro, prezzemolo, rapa, ravanello e sisaro. Molte specie ortive minori (SOM) sono giunte fino a noi perché tante persone, non necessariamente dedite a tempo pieno in agricoltura, hanno saputo nel tempo conservare, spesso migliorandole attraverso la semplice selezione visiva e sensoriale, le caratteristiche morfologiche e gustative. Tali persone sono anche custodi delle conoscenze storiche del prodotto, degli aneddoti ad essi legati, dei metodi produttivi, le metodiche per la conservazione e utilizzazione culinaria; costituiscono perciò un anello indispensabile per il rilancio di queste specie spesso dimenticate o poco utilizzate che possono costituire un valore aggiunto al territorio rivalutando gli usi, costumi, tradizioni e la cultura. È il messaggio che spesso le sagre, le feste, le fiere si sforzano di veicolare. La globalizzazione, al contrario con la standardizzazione richiesta per la fornitura dei prodotti freschi e soprattutto trasformati, insieme ai capricci della moda, al lavoro femminile, contribuiscono, in qualche maniera, all’abbandono delle antiche consuetudini alimentari peculiari per le diversificate realtà regionali italiane. 1 Bianco Il Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, il 16/09/1999 hanno emanato un D.M. pubblicato nella G.U. del 26/11/1999 n. 278 in cui vengono definite le “Utilizzazioni minori di interesse agricolo”. L’utilizzazione minore di interesse agricolo si riferisce all’impiego di prodotti fitosanitari per usi di piccola scala o che rivestono una minore importanza economica rispetto agli usi e le specie di maggiore rilevanza economica per i quali il prodotto fitosanitario risulta già autorizzato con particolare riferimento all’impiego sulle colture minori. Alla scarsa disponibilità di principi attivi per la lotta ai parassiti e alle infestanti per le SOM, al limitato interesse dell’industria a sostenere le spese per ottenere l’estensione d’impiego per le SOM, si aggiunge la revisione periodica degli agrofarmaci che porta alla revoca l’uso di alcuni principi attivi storici. Ciò rende problematica la proficua e sostenibile coltivazione di alcune SOM. Secondo Gengotti et al. (2003) alcune SOM quali basilico, prezzemolo, ravanello, ruchetta e valerianella sono caratterizzate da elevato valore aggiunto, rigidi standard estetici, da un breve e intenso ciclo colturale. Ciò presuppone un elevato impiego di mezzi chimici che spesso, paradossalmente, pur essendo innovativi, meno tossici e più selettivi, non sono registrati per queste specie. Altri criteri proposti per considerare le specie ortofrutticole maggiori, minori, molto minori o ipominori, contemplano il consumo medio giornaliero che, per le maggiori viene indicato >7,5 g/uomo (uomo di 60 kg). Un altro parametro è la superficie coltivata o la produzione ottenuta, che per le maggiori viene considerata superiore a 10.000 ha e 200.000 t. Per le colture molto minori il limite è inferiore a 600 ha (Conti, 2006). È chiaro che stabilire valori legati alla superficie e alla produzione fa sorgere numerosi dubbi perché nel corso del tempo, per numerosi fattori, una specie può ricadere ora in una categoria ora in un’altra. Così, ad esempio, il cocomero nel 1979 doveva essere considerato maggiore (24.000 ha), mentre nel 2007 minore (9.900 ha); stesso ragionamento per la fava fresca 19.000 ha (1978) e 9.800 ha (2007). Altro esempio può essere la bietola da orto che da minore nel 1979 (1.730 ha) passerebbe a molto minore nel 2007 (429 ha), la batata (1.004 vs. 430 ha) e il cetriolo da sottaceti (1.910 vs. 337 ha). Le colture cosidette molto minori danno origine però, in alcune realtà regionali, a redditi molto elevati e ad un notevole numero di occupati, come nel caso della menta in Piemonte dove si stimano oltre 400 ha coltivati, con un PIL di 1,8 milioni di euro o il basilico in Liguria che rappresenta il 16% della produzione, 2 con circa 600 addetti occupati fra produzione primaria e preparazione del pesto. Così anche il cappero nelle isole di Pantelleria ed Eolie (circa 150 ha) con un PIL di 880.000 euro, la ruchetta in Campania, dove si coltiva su 850 ha in ambiente protetto e il prodotto viene destinato anche alla IV gamma. Altro esempio può essere il carosello in Puglia, che, oltre in pien’aria, viene anche coltivato per circa 50 ha in serra e la lagenaria in Sicilia, dapprima consociata ad altre ortive e attualmente piantata in serra con produzioni extrastagionali dei frutti e dei teneri germogli (tenerumi). Inoltre, si può ricordare la bietola da orto che origina anche buoni redditi provenienti dal prodotto cotto a vapore, il cavolo di Bruxelles per il prodotto surgelato ed il cetriolino per i sottaceti. Viani (1929) nell’ampio trattato di orticoltura descrive 169 specie e fa menzione di 42 colture che considera ortive minori e che, a 80 anni di distanza, sono ancora coltivate su limitate superfici. Tra esse si ricordano: il dolcichino, nasturzio tuberoso, aglio d’India, porrandello, cipolletta vivace, erba cipollina, origano, erba S. Pietro, melissa, minutina, pimpinella, portulaca, rucola, salsola, santoreggia, spinacio della Nuova Zelanda e timo. Di recente Piazza (2003) afferma che alcune SOM, come ad esempio ravanello, porro, cicoria witloof, ruchetta, valerianella, radicchio e scalogno, possono diventare una buona opportunità di reddito, purché si punti a caratterizzare i prodotti con opportune confezioni, servizi del post-raccolta, e inoltre mettendo in luce per chi produce e chi vende la professionalità di tutti gli operatori e la bellezza del territorio. Con la comparsa sul mercato delle cultivar ibride dopo il 1950 l’impiego di molte popolazioni di SOM è in continua diminuzione e in molti casi rischiano la scomparsa. Nel corso della rassegna verranno considerate specie ortive minori quelle indicate nel decreto ministeriale citato in precedenza. Di seguito si riporta l’elenco delle specie considerate minori (88) e maggiori (11) dal suindicato decreto, in ordine alfabetico secondo il binomio latino riportato da Conti et al. (2005), che hanno aggiornato la nomenclatura riportata dalla “Flora d’Italia” di Pignatti del 1982 e del Multilingual, Multiscript Plant Name Database (http://www.plantnames.unimelb.edu.au/Sorting) che considera il Gruppo semplificando la nomenclatura sistematica di numerose specie. Specie minori Abelmoschus esculentus (L.) Moench Ocra o gombo; Allium cepa L. (Gruppo aggregatum) = A. Le specie ortive minori in Italia ascalonicum L. Scalogno; Allium porrum L. Porro; Allium sativum L. Aglio; Allium schoenoprasum L. Erba cipollina; Anethum graveolens L. Aneto; Angelica archangelica L. subsp. archangelica Angelica; Anthriscus cerefolium (L.) Hoffm. Cerfoglio comune; Apium graveolens L. (Gruppo dulce) Sedano; Apium graveolens L. (Gruppo rapaceum) Sedano rapa; Artemisia dracunculus L. Dragoncello; Asparagus officinalis L. Asparago; Beta vulgaris L. subsp. cicla (L.) W.D.J. Koch (Gruppo cicla) Bietola da foglia o erbette; Beta vulgaris L. subsp. cicla (L.) W.D.J. Koch (Gruppo flavescens) Bietola da costa; Beta vulgaris L. subsp. vulgaris (Gruppo conditiva) Bietola da orto; Borago officinalis L. Borragine; Brassica juncea (L.) Czern. Senape indiana o bruna; Brassica oleracea L. (Gruppo botrytis) Cavolfiore; Brassica oleracea L. (Gruppo italica) Cavolo broccolo; Brassica oleracea L. (Gruppo gongylodes) Cavolo rapa; Brassica oleracea L. (Gruppo viridis) Cavolo nero, cavolo laciniato; Brassica oleracea L. (Gruppo capitata) Cavolo cappuccio; Brassica oleracea L. (Gruppo capitata rubra) Cavolo cappuccio rosso; Brassica oleracea L. (Gruppo gemmifera) Cavolo di Bruxelles; Brassica oleracea L. (Gruppo sabauda) Cavolo verza; Brassica rapa L. (Gruppo rapa) Rapa; Brassica rapa L. (Gruppo chinensis) Cavolo cinese; Calendula officinalis L. Calendula o Fiorrancio; Carum carvi L. subsp. carvi Cumino tedesco o carvi; Cichorium endivia L. (Gruppo crispum) Endivia; Cichorium endivia L. (Gruppo latifolium) Scarola; Cichorium intybus L. Cicoria, cicoria belga o Witloof; Cichorium intybus L. (Gruppo rubifolium) Radicchio; Citrullus lanatus (Thumb.) Matsum. et Nakai Cocomero; Coriandrum sativum L. Coriandolo; Cucumis sativus L. Cetriolo; Cucurbita maxima Duch. subsp. maxima Zucca dolce; Cynara cardunculus L. subsp. cardunculus Cardo; Cynara scolymus L. subsp. scolymus (L.) Hayek Carciofo; Diplotaxis tenuifolia (L.) DC. Ruchetta; Eruca vesicaria (L.) Cav. Rucola; Foeniculum vulgare Mill. subsp. sativum (C. Presl.) Janchen ex Holub. Finocchio; Foeniculum vulgare Mill. Finocchietto; Fragaria vesca L. subsp. vesca Fragola di bosco; Galium odoratum (L.) Scop. Stellina odorosa o asperula; Helianthus tuberosus L. Topinambur o elianto tuberoso; Hyssopus officinalis L. subsp. officinalis Issopo; Ipomoea batatas (L.) Lam. Batata o patata dolce; Levisticum officinale W.D.J. Koch Levistico o sedano montano; Origanum majorana L. Maggiorana; Melissa officinalis L. subsp. officinalis Melissa; Mentha x piperita L. Menta; Myrrhis odorata (L.) Scop. Cerfoglio muschiato o mirride delle Alpi; Nasturtium officinale R. Br. subsp. officinale Crescione d’acqua o di fontana; Ocimum basilicum L. Basilico; Origanum vulgare L. subsp. vulgare Origano; Pastinaca sativa L. Pastinaca; Petroselinum crispum (Mill.) Fuss Prezzemolo; Pimpinella anisum L. Anice; Pisum sativum L. supsp. sativum var. macrocarpon Ser. Pisello mangiatutto o taccola; Portulaca oleracea L. subsp. oleracea Portulaca; Sanguisorba officinalis L. Pimpinella o salvastrella; Raphanus sativus L. Ravanello; Rheum rhabarbarum L. Rabarbaro; Rosmarinum officinalis L. Rosmarino; Rumex acetosa (L.) subsp. acetosa Acetosa; Ruta graveolens L. Ruta; Salvia sclarea L. Salvia moscatella o sclarea; Salvia officinalis L. Salvia; Satureja hortensis L. Santoreggia domestica; Scolymus hispanicus L. Cardogna comune o barba gentile; Scorzonera hispanica L. s.l. Scorzonera; Sium sisarum L. Sisaro; Solanum melongena L. Melanzana; Solanum muricatum Ait. Pepino o melone-pera; Spinacia oleracea L. Spinacio; Tanacetum parthenium L. Sch. Bip. Matricale o amareggiola; Taraxacum officinale (Gruppo) Dente di leone; Thymus spp. Timo; Trigonella foenum-graecum L. Fieno greco; Tragopogon pratensis L. subsp. pratensis Salsefrica; Tropaeolum majus L. Nasturzio; Urtica spp. Ortica; Valerianella eriocarpa Desv. Gallinella campanulata; Valerianella locusta (L.) Laterr. Valerianella o dolcetta o songino; Veronica beccabunga L. Erba grassa; Vicia faba L. var. faba Fava; Zea mays L. subsp. mays (Gruppo saccharata) Mais dolce. Specie maggiori Allium cepa L. Cipolla; Capsicum annuum L. Peperone; Cucumis melo L. subsp. melo (Gruppo inodorus) Melone d’inverno; Cucumis melo L. subsp. melo (Gruppo cantalupensis) Melone retato; Cucurbita pepo L. Zucchino; Daucus carota L. subsp. carota Carota; Fragaria x ananassa Duchesne. Fragola; Lactuca sativa L. subsp. capitata Alef. Lattuga a cappuccio; Lactuca sativa L. subsp. crispa Schubler & Martens Lattuga da taglio o lattughino; Lactuca sativa L. subsp. longifolia Lam. Lattuga romana; Phaseolus vulgaris L. Fagiolino; Pisum sativum L. subsp. sativum Pisello; Solanum lycopersicum L. Pomodoro; Solanum tuberosum L. Patata. Si riporta inoltre l’elenco delle altre 80 specie comunemente considerate minori: Allium ampeloprasum L. Porrandello o porraccio; Allium fistulosum L. Cipolletta o cipolla d’inverno; Allium lusitanicum Lam. Cipolletta vivace; Allium scorodoprasum L. Aglio romano o d’India o di Spagna; Allium tuberosum Rottler. ex Spreng. Erba 3 Bianco aglina; Anthemis nobilis L. Camomilla romana; Apios americana Medicus Glicine tuberoso; Apium graveolens L. (Gruppo secalinum) Sedano da taglio; Armoracia rusticana P. Gaertner, B. Mey. et Scherb. Cren o rafano o barbaforte; Artemisia abrotanum L. Abrotano o erba reale; Artemisia absinthium L. Assenzio; Artemisia vulgaris L. Artemisia o santolina o erba cento gusti; Asparagus maritimus (L.) Mill. Asparago amaro; Atriplex hortensis L. Atreplice; Barbarea verna (Mill.) Asch. Crescione da giardino; Basella alba L. Basella; Benincasa hispida (Thumb.) Cogn. Benincasa; Brassica juncea (L.) Czern. var. rugosa (Roxb.) N. Tsen & S. N. Lee Senape indiana o rossa; Brassica nigra (L.) W.D.J. Koch Senape nera; Brassica rapa (Gruppo broccoletto) Cima di rapa; Brassica rapa (Gruppo nipposinica) Mizuna; Brassica rapa L. (Gruppo rosularis) Tatsoi; Bunias orientalis L. Bunias orientale; Calamintha nepeta (L.) Sav. subsp. nepeta Mentuccia; Campanula rapunculus L. Raperonzolo o raponzolo o campanula commestibile; Capparis spinosa L. s.l. Cappero; Cardamine pratensis L. Crescione dei prati; Chaerophyllum bulbosum L. Cerfoglio da radice; Chenopodium bonushenricus L. Spinacio selvatico o Buon enrico; Chrithmum maritimum L. Erba S. Pietro o finocchio marino o critmo; Cochlearia officinalis L. subsp. officinalis Coclearia; Crambe maritima L. Cavolo marino; Crocus sativus L. Zafferano; Cucumis melo L. subsp. melo (Gruppo flexuosus) Tortarello; Cucumis melo L. Carosello, barattiere, scopatizzo, cucumerazzo e acculazzatu (in vernacolo siciliano); Cucurbita ficifolia Bouché Zucca siamese o cocuzza di sette anni (in vernacolo siciliano); Cucurbita moschata Duch. Zucca pepona o zucca moscata; Cuminum cyminum L. Cumino; Cyperus esculentus L. Dolcichino o mandorla di terra; Lactuca alpina (L.) A. Gray Cicerbita violetta o radicchio dell’orso; Lagenaria siceraria (Molina) Standl. Lagenaria; Lathyrus tuberosus L. Ghianda di terra; Lavandula angustifolia Mill. subsp. angustifolia Lavanda vera o spigo; Lepidium sativum L. subsp. sativum Lepidio ortense o crescione di giardino; Luffa aegyptica Mill. Luffa; Mentha arvensis L. Menta comune; Mentha spicata L. Mentastro verde; Nepeta cataria L. Cataria o erba gatta; Nepeta nepetella L. subsp. nepetella Nepetella; Ocimum gratissimum L. Basilico arborescente; Oenothera biennis L. Rapunzia; Petroselinum crispum (Mill.) Nyman ex A. W. Hill (Gruppo radicosum) Prezzemolo da radice; Phaseolus coccineus L. Fagiolo di Spagna; Phaseolus vulgaris L. Fagiolo borlotto; Physalis alkekengi L. Alchechengi o palloncino; Pimpinella anisum L. Anice; Plantago coronopus L. subsp. coronopus Minutina o corno di cervo o erba 4 stella; Raphanus sativus L. (Gruppo longipinnatus) Ramolaccio; Raphanus sativus L. subsp. niger J. Kern Rafano nero; Rumex acetosa L. subsp. acetosa Acetosa; Rumex patientia L. subsp. patientia Romice erba pazienza; Rumex scutatus L. subsp. scutatus Romice scudato; Salsola kali L. Salsola o erba cali o kali; Salsola soda L. Roscano o liscaro; Sanguisorba minor Scop. subsp. minor Pimpinella o salvastrella; Satureja montana L. subsp. montana Santoreggia di monte o corniella; Scolymus maculatus L. Cardoncello, cardogna macchiata; Scorzonera hispanica L. Scorzonera; Sechium edule (Jacq.) Sw. Sechio o zucchetta comune; Silene vulgaris (Moench) Garcke subsp. vulgaris strigoli o silene rigonfia; Sinapis alba L. subsp. alba Senape bianca; Solanum aethiopium L. Melanzana rossa di Rotonda; Stachys affinis Bunge Tuberina; Tanacetum balsamita L. Erba S. Maria; Tanacetum vulgare L. Tanaceto o erba amara; Tetragonia tetragonoides (Pallas) Kuntze Spinacio di Nuova Zelanda; Trapa natans L. Castagna d’acqua; Trapogon porrifolius L. subsp. porrifolius Scorzonera o barba di becco; Vigna unguiculata (L.) Walp. subsp sesquipedalis (L.) Verdc. Fagiolino lungo un metro o fagiolo asparago; Vigna unguiculata (L.) Walp. subsp. unguiculata (L.) Walp. Fagiolino dall’occhio o occhiopinto. Superfici destinate alla coltivazione delle specie minori Per le specie coltivate in pien’aria (tab. 1) e in serra (tab. 2), allo scopo di valutare le variazioni avvenute, sono riportati i dati riferiti all’ultimo trentennio. Per le colture in pien’aria, valori decrescenti delle superfici (dal 1978 al 2007) sono stati osservati per cavolfiore e cavolo broccolo, indivia e scarola, cavolo cappuccio, sedano, aglio e scalogno, bietola da coste e da orto, spinacio e batata; in particolare poi per fava e cocomero la superficie si è più che dimezzata rispetto al 1979. Al contrario per il prezzemolo i valori sono quasi raddoppiati, mentre per le altre specie non sono state registrate apprezzabili variazioni o l’andamento è variabile nei tre decenni. Per le specie allevate in serra, tranne che per il peperone e la melanzana, in cui si registra una riduzione di superficie nell’ultimo decennio, per tutte le altre si rileva un aumento nel trentennio. In particolare per spinacio la superficie è quadruplicata e per radicchio, sedano e valerianella è triplicata. La coltura del carosello di diverse tipologie non viene censita dall’Istat, ma in Puglia si stima la coltivazione su circa 50 ha, mentre in Sicilia si coltiva la tipologia barattiere che viene poi commercializzata quasi tutta in Puglia. Inoltre per Le specie ortive minori in Italia Tab. 1 - Superficie (ha) destinata alle specie ortive minori in pien’aria in Italia (Fonte: Istat). Tab. 1 - Harvested area (ha) for outdoor minor vegetable crop in Italy (Source: Istat). Specie Carciofo Finocchio Cavolfiore e C. broccolo Radicchio e cicoria Melanzana Indivia e scarola Cocomero Fava fresca Cima di rapa Spinacio Asparago Cavola verza Cavolo cappuccio Sedano Aglio e scalogno Bietola da costa Rapa Prezzemolo Cetriolo da mensa Ravanello Porro Bietola da orto Batata Cavolo di Bruxelles Cetriolo sottaceti Totale ortaggi Anni 1978 1998 52.359 16.496 28.421 13.627 12.261 13.009 23.943 19.891 9.419 8.934 5.416 8.967 7.779 4.643 5.725 3.850 3.784 727 2.907 627 1.151 1.730 1.004 175 1.910 456.614 49.831 22.706 25.252 15.900 9.717 12.134 13.974 13.475 11.280 7.102 4.929 5.493 4.977 4.114 3.645 3.324 1.513 731 859 943 469 531 1.275 386 277 498.832 2007 50.120 23.426 22.511 15.199 11.904 10.966 9.901 9.792 9.329 6.478 5.419 5.349 4.364 3.829 3.141 2.872 2.726 1.382 1.139 803 630 429 430 344 337 469.565 le ortive minori da taglio prodotte in serra, Pimpini et al. (2005) stimano per la ruchetta 1.108 ha, per valerianella 331 ha, spinacio 169 ha, bietola o erbette 55 ha e per la rucola 7 ha. La Campania si classifica di gran lunga al primo posto con 1.150 ha, seguita da Regioni Campania Lombardia 1 2 Ruchetta (1) 850 Valerianella 20 (2) 15 60 180 158 36 6 0 120 Piemonte 15 Totale Specie Anni 1978 Cocomero Asparago Melanzana Cetriolo da mensa Valerianella Sedano Endivia e scarola Radicchio Basilico Spinacio Bietola da costa Ravanello Prezzemolo Barbabietola da orto Finocchio Altri ortaggi 1998 1 235 681 304 27 119 17 31 46 23 123 38 31 8 4 41 688 569 1.800 452 156 87 178 87 87 45 85 84 49 38 18 1.254 1.108 75 50 331 206 25 464 2007 1.240 1.169 1.074 662 464 285 256 253 199 171 111 91 88 38 31 1.762 Lombardia e Veneto (tab. 3). Nel contesto europeo alcune specie considerate di scarso rilievo in Italia, assumono grande importanza in altri Paesi e viceversa. Ad esempio in Spagna per l’aglio e il ravanello vengono destinate superfici circa 7 volte maggiori che in Italia, ma per lo scalogno il divario è notevolmente superiore. Le stesse considerazioni sono valide per il cavolo cappuccio (20.500 ha) e il cavolo di Bruxelles (7.300 ha) per il Regno Unito, per il porro (9.200 ha) e lo spinacio (71.000 ha) in Francia e il cavolo rapa (2.200 ha) in Germania (tab. 4). Da qualche anno inoltre sono disponibili, da parte del SINAB, i dati della superficie destinata a specie ortive in coltivazione biologica che per il 2007 ammonta a 39.803 ha. Per le SOM al primo posto Tab. 3 - Superficie (ha) per gli ortaggi da foglia da taglio coltivati in serra (Modificata da: Pimpini et al., 2005). Tab. 3 - Area harvested for cutting leafy vegetables grown in greenhouse (modified from Pimpini et al., 2005). Veneto Friuli V.G. Tab. 2 - Superficie (ha) destinata alle specie ortive minori in serra in Italia. I valori in corsivo si riferiscono al 1999. (Fonte: Istat). Tab. 2 - Area harvested of minor vegetable crops in greenhouse in Italy (Source: Istat). Spinacio Cicoria Bietola Rucola Totale 12 - - - 252 150 75 50 5 5 15 5 2 - - - - 2 169 42 132 - 55 - 7 Vengono coltivati inoltre 10 ha in Puglia, 10 in Emilia Romagna e 7 in Basilicata Dati ISTAT 2007. Nel totale sono compresi 33 ha (Lazio), 15 ha (Emilia-Romagna), 6 ha ciascuno per Liguria e Toscana. 1.150 222 86 65 1.775 5 Bianco Tab. 4 - Graduatoria dei primi tre Paesi Europei per la superficie coltivata (x 1.000 ha) di alcuni ortaggi minori. Tab. 4 - List for the first three European Nations for the harvested area (x 1.000 ha) for some minor vegetable crops. Aglio Ortaggio Batata Bietola orto Cavolo Cappuccio Cavolo rapa Cavolo Bruxelles Carciofo Cetriolo Cetriolo sottaceti Cicoria e radicchio Asparago Cocomero Indivia e scarola Fava fresca Melanzana Porro Rapa Ravanello Scalogno Sedano e s. rapa Spinacio 1° posto Spagna Portogallo Francia Sup. colt. Francia 2,5 Regno Unito 3,0 20,5 Regno Unito 7.3 2,2 Italia 47,4 Germania 2,3 Spagna 6,1 Francia 15,7 Spagna 22,8 Spagna Italia Italia Spagna Francia Regno Unito 21,0 12,6 14,0 11,6 9,2 5,2 Spagna 12,3 Italia 4,8 Spagna Francia 2° posto 30,9 Regno Unito Germania Graduatoria 23,5 70,1 Spagna Portogallo - Olanda 7,2 Italia 2,5 Italia 0,9 8,0 - 5.7 Spagna 23,5 Spagna 1,3 Italia 3.4 Italia 14,6 Italia 20,4 Francia Francia Spagna 12,4 6,9 9,0 Italia 10,3 Francia 3,5 Belgio Francia Francia Francia Italia sono cavolo cappuccio e verza con 887 ha, seguiti da cavolfiore (388 ha), asparago (327 ha), indivia (211 ha), spinacio (189 ha), aglio (114 ha) per un totale di 2.116 ha. La superficie delle specie ortive in coltura biologica nel quinquennio 2001-2005 in media era pari a 12.963 ha, mentre nel biennio 2006-2007 è risultata di 39.750 ha, perciò è triplicata; nel biennio rispetto al quinquennio il valore delle brassicacee è aumentato addirittura di 7 volte. Alcuni dei possibili fattori che hanno invogliato gli agricoltori alla coltivazione delle specie ortive in biologico, in estrema sintesi possono essere i seguenti. Con la legge del 30/12/2004 n. 311, viene istituito un apposito capitolo di spesa per l’attuazione del Piano Nazionale per l’Agricoltura Biologica e i prodotti biologici, con una dotazione per il 2005 di 5.000.000 euro. Il sostegno pubblico al settore bio comprende l’offerta di servizi informativi, l’attività di disciplina, controllo e promozione di campagne infor- 6 Sup. colt. 6,4 2,7 2,4 2,5 8,3 3° posto Italia Germania - Belgio Sup. colt. 4,6 0,6 1,1 7,9 - 2,9 Francia 12,6 Francia 1,2 Grecia Belgio Germania 1,9 8,1 8,1 Grecia 16,9 Portogallo 7,0 Spagna Grecia Olanda Italia Italia - Spagna Germania 3,1 2,9 4,5 2,3 1,9 - 2,4 3,5 mative che interessano anche i consumatori stimolando l’espansione del mercato. Questi provvedimenti creano un contesto favorevole nel quale i diversi operatori della filiera sono stati stimolati ad investire con maggiore fiducia e successo il loro patrimonio umano ed economico. Nei vari contesti regionali esistono misure diversificate a sostegno della coltivazione biologica delle diverse specie. Maggiore fiducia degli agricoltori, perché continua a crescere notevolmente la vendita diretta, per cui, anche in presenza di una minore disponibilità economica, i consumatori privilegiano il rapporto diretto con i produttori. In proposito il numero di aziende agricole e di agriturismi bio con spaccio è cresciuto di circa il 90% tra il 2003 e il 2008. Si vanno ampliando le forme di aggregazione come i gruppi di offerta di produttori con migliaia di cassette di ortaggi biologici che vengono consegnate settimanalmente a domicilio. Le mense bio nelle scuole pubbliche e private sono Le specie ortive minori in Italia in aumento. Nel quinquennio 2004-2008 il numero di mense e pasti giornalieri sono passati rispettivamente da 608 a 791 (+30%) e 806.000 a 983.000 (+22%). Sono anche in crescita gli ospedali e i ristoranti che utilizzano alimenti biologici. Il comparto ortofrutta fresca e trasformata bio ammonta a oltre 34 milioni di euro per il 2006 e a 42 milioni del 2007. Inoltre, nel primo semestre del 2008 si è verificato un incremento del 18% rispetto allo stesso periodo del 2007. Il consumo degli ortaggi biologici, secondo i dati forniti dall’ISMEA, è in crescita. Nel 2007 rispetto al 2006 in media del 6%, con punte del 14% per il pomodoro. Le esportazioni di ortaggi bio sono in aumento specialmente nei Paesi del Nord Europa e USA. I prezzi di vendita sono abbastanza stabili. L’aumento, anche se lento, dell’ortofrutta biologica che viene venduta attraverso la Grande Distribuzione Organizzata che attualmente si aggira solo sul 20% del totale. Orti familiari, sociali, urbani, per anziani Gli orti familiari hanno origine antichissima. I Romani li tenevano in grande considerazione ed erano costituiti da piccoli appezzamenti vicino alla casa o alla città nei quali venivano coltivati ortaggi, fiori e alberi da frutto. Successivamente furono gli ordini religiosi a tramandare la tradizione degli orti familiari. In periodi di guerra furono creati gli orti di guerra. Oggigiorno molte amministrazioni comunali mettono a disposizione dei propri cittadini aree destinate a orti familiari che vengono regolati da norme precise per la conduzione e comunque hanno superfici molto 2 ridotte (50-500 m ). Molti assumono funzione sociale, opportunità di svago, impiego del tempo libero, occasione di ritrovo e sono utilizzati da anziani e portatori di handicap o per il recupero di tossicodipendenti, carcerati, ecc. Gli orti urbani possono essere considerati il collegamento fra realtà urbana e cultura contadina e sembrano utili per riannodare il legame spezzato con la terra e costituiscono una originale tipologia di verde. Alcuni parlano di “contadini in città” o di “orticoltori urbani”. Qualcuno li indica come “orti senza casa”, cioè orti allocati all’interno del tessuto urbano che non appartengono a chi li coltiva. La regione con maggiore numero di orti per anziani è l’Emilia Romagna dove sono presenti in circa 80 comuni. In particolare, in provincia di Bologna si contano oltre 5.000 orti, seguita da Parma e Modena con circa 1.700. Anche nelle Marche e in Umbria gli orti per anziani sono una realtà consolidata. Recentemente anche alcune aziende agrituristiche offrono ai clienti la possibilità di partecipare allo svolgimento di attività legate alla coltivazione degli ortaggi. In passato gli orti urbani provenivano dal recupero spontaneo da parte di cittadini di aree semi abbandonate alla periferia delle città, spazi di terreno residuali e privi di destinazioni specifiche nel tessuto urbano come aree di reti ferroviarie, rive di fiumi, ecc. In questi orti caratteristico è l’impiego di popolazioni locali di SOM e il rapido avvicendamento di colture, per lo più in consociazione. Quasi sempre sono presenti specie con funzioni condimentarie e aromatizzanti. Con la crisi economica in atto, col timore della scarsa sicurezza dei cibi, e perciò il desiderio di sapere cosa si mangia, è crescente il numero di appassionati dell’orto e si sente più frequentemente parlare di “orti fai-da-te” e di orti in terrazza dove è possibile la coltivazione in vaso di alcune SOM. Dal 1958 al 1981, la superficie destinata agli orti familiari, senza variazioni significative, si è aggirata sui 60.000 ha, dal 1982 al 1989 è giunta in media a 82.500 ha, tra il 1990 e il 1995 è stata di circa 107.000 ha, mentre nel quinquennio 2000-2004 si è ridotta a 49.000 ha. La produzione totale nel periodo 1958-’68 è stata di circa 840.000 t, è aumentata fino a 950.000 t nel 1972, mentre negli anni successivi si è stabilizzata intorno a 185.000 t. Produzione delle sementi ortive comprese quelle per la coltivazione biologica Per il 2006 la superficie destinata in Italia alla produzione di tutte le sementi da orto, secondo l’indagine condotta dall’Associazione Italiana Sementi, è risultata di 9.894 ha, localizzata soprattutto in Emilia Romagna (83%), Marche ( 23%) e Puglia (9 %). In particolare la superficie destinata alle SOM è di 6.418 ha: sorprendentemente in testa è il ravanello con 1.510 ha pari al 24 %, seguito da cicoria (1.113 ha) e da coriandolo, anch’esso una sorpresa, con 689 ha. Al coriandolo seguono i cavoli (557 ha) e le brassicacee non ben specificate (366), bietole (335), fava (260), spinacio (237), rucola (227), porro (156), cima di rapa (149), prezzemolo (113), cetriolo (110), rapa (103), basilico (102), cipolletta (82), roscano (50), indivia (41), erba cipollina (38), finocchio (31), zucca (17), sedano (17), crescione (16), aneto (15), cardo (7), melanzana (2), altre ortive (5) ed altre aromatiche (24 ha). Si è ritenuto opportuno riportare tutte le specie interessate perché per alcune di esse generalmente è nota la ridotta superficie coltivata per la produzione degli organi commestibili; certamente per una miglio- 7 Bianco re comprensione dei valori bisogna considerare l’esportazione e l’importazione delle sementi. Alcune SOM come la cicoria, con le diversificate forme, dimensioni, colori, e organi eduli quali radici, foglie, fusto, fiori e per l’impiego crescente negli orti familiari, nella IV gamma, per la surgelazione e sott’olio, rendono attiva anche una sorprendente e reddittizia attività sementiera. In particolare per l’annata 2000/2001 è stata resa nota dall’ENSE la quantità di seme prodotta e riconfezionata addirittura per 186 cultivar per un totale di 409.927 kg. A riprova degli ingenti quantitativi si riportano le cultivar che superavano 10.000 kg: Zuccherina di Trieste (33.774 kg), Spadona da taglio (27.412), Rossa di Verona (25.699), Pan di zucchero (23.701), Grumolo verde scuro (19.947), Grumolo verde (19.925), Catalogna a foglie frastagliate (17.983), Rosso di Verona a Palla (12.704), Variegata di Castelfranco (10.805), Spadona (10.715) e Selvatica di campo (10.518). L’attività sementiera delle SOM di categoria standard in relazione alla produzione e il riconfezionamento è rilevante. In tabella 5 sono riportate i valori per 33 specie. In linea generale la quantità di semi prodotti è quasi sempre inferiore di quelli riconfezionati, tranne per il cavolo broccolo, cavolo cappuccio rosso, cavolo cinese, cavolo laciniato e porro. Il primo posto è appannaggio della fava, comprensibile considerato l’elevato peso unitario dei semi, seguita da cicoria, bietola da costa, spinacio, rapa, prezzemolo e ravanello. In armonia con la legislazione vigente, che prevede l’impiego di semi provenienti dalla coltivazione biologica, nel caso di mancanza sul mercato di tali prodotti è previsto l’uso in deroga di semi ottenuti dalle coltivazioni tradizionali. Per l’annata 2007/2008 nella tabella 6 sono riportati i quantitativi per una quarantina di SOM. La classifica vede ai primi posti fava, spinacio, valerianella, bietola da costa e da orto rispettivamente con 32.316, 19.053, 9.306, 3.916 e 1.351 kg. Si sottolinea la presenza di specie ritenute importanti solo in areali ristretti come agretto con 630 kg, roscano con 301 kg, cavolo laciniato (50 kg), crescione (46 kg) e ramolaccio (10 kg). Catalogo comune delle specie e varietà di ortaggi Nella ventiseiesima edizione pubblicata sulla G.U. dell’Unione Europea (n. 2007/C 196 A/01 del 24/08/2007) sono elencate 40 specie considerate minori. In testa è il cavolfiore con 677 cultivar, seguito da ravanello con 339 (ciò appare strano per una specie le cui superfici coltivate ovunque appaiono limitate) e cavolo cappuccio con foglie verdi (331), 8 Tab. 5 - Semi di specie ortive minori della categoria standard (kg), prodotti e riconfezionati nell’annata 2002-2003 (Fonte: ENSE). Tab. 5 - Seeds of minor vegetable crops of standard category (kg), produced and remanufactured during 2002-2003 (Source: ENSE). Specie Prodotti Anguria o cocomero 10.672 Asparago 125 Bietola da costa 65.587 Bietola da orto 7.206 Cardo 955 Cavolfiore 1.655 Cavolo broccolo 2.677 Cavolo capp. bianco 1.579 Cavolo capp. rosso 1.214 Cavolo cinese 282 Cavolo di Bruxelles 125 Cavolo laciniato 835 Cavolo rapa 87 Cavolo verza 2.053 Cerfoglio 0 Cetriolo 3.351 Cicoria 93.513 Cicoria belga o witloof 94 Fagiolo di Spagna 4.733 Fava 532.428 Finocchio 5.728 Endivia e scarola 17.954 Melanzana 319 Porro 3.902 Prezzemolo 18.997 Ramolaccio 1.400 Rapa 19.542 Ravanello 16.897 Scorzonera 0 Sedano 1.277 Sedano rapa 114 Spinacio 27.618 Valerianella 413 Zucca 958 Totale complessivo 2.518.745 Riconfezionati 24.920 21.309 165.299 19.269 2.158 1.845 1.794 9.633 206 136 929 706 173 2.571 38 12.334 175.705 195 40.494 909.594 11.404 26.865 1.772 1.621 68.157 1.576 69.252 39.159 22 8.566 954 194.900 15.460 1.940 8.042.689 Totale 35.592 21.434 230.885 26.475 3.113 3.500 4.471 11.212 1.420 418 1.054 1.541 260 4.624 38 15.685 269.218 289 45.227 1.442.022 17.132 44.819 2.091 5.523 87.154 2.976 88.795 56.056 22 9.843 1.068 222.518 15.873 2.898 10.561.434 spinacio (229), cocomero (287) e melanzana (234). Tra 200 e 100 cultivar iscritte compaiono il cavolo verza (180), cavolo broccolo (148), porro (128), bietola da orto (121), fava (121), rapa (119), scarola (111) e cavolo di Bruxelles (108). Tra le specie agli ultimi posti con 8 cultivar si trovano il crescione comune, l’erba cipollina e la scorzonera. Le specie che mostrano una più elevata percentuale di iscrizioni rispetto al totale europeo sono: cocomero (56%), finocchio (38), bietola da costa (31), cardo (27), scarola (20) e melanzana (17). Per tutte le altre le percentuali sono inferiori al 12% ed inoltre Le specie ortive minori in Italia Tab. 6 - Semi di specie ortive minori destinate alla coltivazione biologica richiesti in deroga per l’annata 2007-2008 (Fonte: ENSE). Tab. 6 - Seeds of minor vegetable crops for organic production request in derogation from the rules for the year 2007-2008 (Source: ENSE). Specie Aglio Agretto, lepidio ortense Aneto Anguria, cocomero Atreplice degli orti Basilico Bietola da costa Bietola da orto Brassica spp. Carciofo Cardo Cavolfiore Cavolo broccolo Cavolo cappuccio Cavolo cinese Cavolo laciniato Cavolo rapa Cavolo verza Cetriolo Cicoria Cima di rapa kg 52,6 630,0 0,2 121,7 9,0 8,3 3.915,9 1.350,5 1.534,1 2,1 0,9 29,8 18,1 7,4 1,5 50,0 32,5 11,2 58,8 234,8 323,5 Specie Crescione Fava Finocchio Endivia Melanzana Peperone Porro Prezzemolo Ramolaccio Rapa Ravanello Roscano Rucola Scalogno Scarola Scorzobianca Sedano Spinacio Valerianella Zucca Zucca moscata kg 46,0 32.315,5 71,2 1,0 8,6 107,8 2,6 20,0 10,0 26,2 110,3 301,0 147,1 62,1 104,0 0,3 10,8 19.053,3 9.305,8 107,3 12,3 non risulta iscritta per l’Italia nessuna cultivar di aglio, carciofo, cavolo cinese, cavolo di Bruxelles, cerfoglio comune, erba cipollina, rabarbaro e scorzonera. La situazione generale rispetto al quinquennio precedente è rimasta sostanzialmente invariata. È interessante sottolineare che per alcune specie si tratta solo di cultivar a libera impollinazione come bietola da costa e da orto, cardo, cavolo di Bruxelles, cavolo laciniato, cavolo rapa, cicoria witloof, fava, finocchio, endivia, pisello mangiatutto, porro, prezzemolo, rafano, rapa, ravanello, sedano, sedano rapa, valerianella e zucca. Al contrario per il cocomero le cultivar ibride iscritte in Italia raggiungono addirittura il 98%, per cetriolino da sottoaceti e cetriolo (rappresentano circa 80%), seguono melanzana (75%), spinacio (56%), cavolo broccolo e verza (38%). Dove più massiccia è la presenza degli ibridi, maggiore importanza riveste il recupero di germoplasma locale. In tal senso oltre agli agricoltori, che attraverso associazioni diverse promuovono lo scambio di semi di popolazioni locali obsolete, encomiabile appare lo sforzo di Istituzioni universitarie, Enti di ricerca pubblica e privata e associazioni di natura varia, che provvedono al reperimento, alla descrizione biomorfologica e ad effettuare analisi sensoriali e chimico-fisiche di SOM. Lodevole è l’attenzione mostrata da alcune regioni italiane, volta alla tutela delle risorse genetiche di SOM attraverso l’emanazione di leggi regionali che prevedono incentivi agli agricoltori. Infine di recente la conferenza Stato-Regioni ha dato l’approvazione definitiva del decreto del MiPAAF che consente l’istituzione del registro nazionale delle varietà agricole da preservare e definisce le modalità per il libero scambio delle sementi fra gli agricoltori. Inoltre le SOM per le quali è obbligatorio l’istituzione dei registri di varietà (ex art. 5 L. 20/04/1976 n. 195) in relazione alla germinabilità sono: asparago, bietola da orto e da coste, cardo, cavolfiore e tutte le specie di cavoli, cavolo cinese, cerfoglio, cetriolo, tutti i tipi di cicoria, cocomero, fava, finocchio, indivia, melanzana, porro, prezzemolo, rapa, ravanello, scarola, spinacio, valerianelle e zucca. Germoplasma conservato ex situ È interessante ricordare però che alcune istituzioni italiane conservano i semi di alcune SOM. Tale serbatoio, oltre che essere utile per il miglioramento genetico, è un sicuro riferimento per tutti gli operatori della filiera agroalimentare. In particolare presso l’Istituto di Genetica Vegetale (CNR, Bari) sono conservate accessioni di porrandello, aglio, Apium spp, Cichorium spp, Foeniculum spp, Raphanus spp, Sinapis spp, Spinacia spp e fava, mentre presso il Centro di Ricerca per l’Orticoltura di Pontecagnano (SA) semi di melanzana e di Brassica oleracea spp. Il Dipartimento di Valorizzazione, Protezione e Risorse Agroforestali di Torino custodisce campioni di ocra e di melanzana (Perrino e Desiderio, 2000). Resistenza e tolleranza Le SOM costituiscono una risorsa preziosa e permettono un’ampia scelta in particolari situazioni climatiche o in presenza di inquinanti l’ambiente o nel caso di terreni salini, acidi, di acque irrigue particolarmente ricche di qualche elemento. In proposito, buona resistenza al freddo mostrano aglio, cavolo verza, cavoli da foglia, cavolo di Bruxelles, cicoria, porro, radicchio, spinacio e valerianella, mentre in ambienti con temperature elevate si adattano bene ad esempio la batata, cetriolo, cocomero, fagiolino dall’occhio, mais dolce, melanzana, ocra, portulaca, sechio, spinacio della nuova Zelanda e zucche. 9 Bianco Per la salinità del terreno sono tolleranti asparago, roscano e finocchio marino, mentre mediamente tolleranti si mostrano bietola da orto, cavoli da foglia, carciofo, fagiolino dall’occhio, portulaca, sedano e spinacio. Inoltre, sembrano tolleranti anche atreplice degli orti, borragine, cardogna comune, cicoria, lambascione, menta d’acqua e ruchetta (Lopedote, 2005). In presenza di terreni con pH 5,0 e 6,8 si possono impiegare batata, cicoria, cocomero, indivia, rabarbaro, scalogno e tarassaco. Risultano, invece, tolleranti al boro presente nell’acqua irrigua (4 mg/l) asparago, bietola da orto, cavolo cappuccio e verza, fava e rapa, mentre sono resistenti al cloro fagiolino dall’occhio, bietola da orto, cavolo broccolo, cetriolo e spinacio. Anche le sostanze inquinanti l’atmosfera, che preoccupano operatori e consumatori, le SOM costituiscono un valido serbatoio per la resistenza che mostrano nei confronti di essi. Così per l’anidride solforosa si citano cetriolo, mais dolce, sedano, zucca. Per i fluoruri si può ricorrere ad asparago, cetriolo, melanzana, sedano e zucca. Sembrano resistenti all’ozono le bietole e il cetriolo. Per il nitrato di perossiacetile sono indicati cavolfiore, cavolo cappuccio e verza, rabarbaro, ravanello e zucca. Ricerche su ortive minori in coltura senza suolo Nell’ultimo decennio, anche in Italia, un consistente numero di ricerche sperimentali sono state condotte per la messa a punto di tecnologie per la produzione di SOM con i sistemi senza suolo, soprattutto mediante pannelli galleggianti o floating system. Molto studiate principalmente le specie da foglia a crescita rapida da destinare alla IV gamma, settore in attiva crescita per numerosissimi motivi. Per l’importanza che la produzione fuori suolo potrà assumere in futuro per le SOM, si è deciso di riassumere di seguito, anche se in modo non esaustivo, le ricerche in cui numerose Istituzioni italiane sono impegnate. Per la rucola sono state condotte ricerche sulla densità di piante (Dellacecca e Calegari, 2001), sulla conducibilità elettrica della soluzione nutritiva (Incrocci et al., 2001; Colla et al., 2001), sulla conducibilità elettrica e dell’allevamento con sola acqua nei 5 giorni precedenti la raccolta, sul contenuto di nitrati e sulla produzione (D’Anna et al., 2003), sugli effetti di biostimolanti (Vernieri et al., 2005), sul confronto della coltivazione su terreno e pannelli galleggianti (Ferrante et al., 2003), sulla influenza della forma chimica dell’azoto sul contenuto di nitrati (Elia et al., 2000), sulle dosi di azoto, substrati, numero di fori nei contenitori e sistemi di irrigazione (Nicola et al., 2004). 10 Su valerianella sono state saggiate diverse forme di azoto in relazione al contenuto di nitrati (Elia et al., 2000), diverse soluzioni nutritive e densità di piante (Dellacecca e Calegari, 2001), cicli di coltivazione primaverili e autunnali (Pasotti e Cavicchi, 2004), strategie per ridurre il contenuto di nitrati (Gonnella et al., 2002 e 2004) o far aumentare il contenuto di selenio (Gonnella et al., 2005), la coltivazione con o senza impianto di ossigenazione (Ferrante et al., 2005), dosi di azoto, substrati, dimensione degli alveoli e sistema di irrigazione (Nicola et al., 2004), mentre Ayala et al. (2006) hanno allevato le piante in tre sistemi di coltura senza suolo. Sulla ruchetta è stata studiata la densità di piante e l’effetto di diverse soluzioni nutritive (Dellacecca e Calegari, 2001). Per lo spinacio sono stati condotti studi sul comportamento di alcune cultivar (Sambo et al., 2001), la densità di piante e gli effetti di diverse soluzioni nutritive (Dellacecca e Calegari, 2001), trattamenti a base di ammonio ferro citrato allo scopo di aumentare il contenuto di ferro (Gonnella et al., 2005) e sulla coltura effettuata in primavera o autunno (Pasotti e Cavicchi, 2004). Sul basilico sono stati eseguiti esperimenti sulla conducibilità elettrica della soluzione nutritiva (Incrocci et al., 2001; Caruso, 2005; Caruso e Villari, 2005) e sul confronto fra coltura autunnale e primaverile (Pasotti e Cavicchi, 2004), sulla densità di pianta e l’impiego di sola acqua nei 5 giorni precedenti la raccolta (Miceli et al., 2003). Sul prezzemolo sono segnalate prove di densità di piante (Miceli e D’Anna, 2005) e cicli di coltivazione autunnale e primaverile (Pasotti e Cavicchi, 2004). Per il lepidio ortense o crescione di giardino, Elia et al. (2001) hanno studiato le epoche di semina e il tipo di alimentazione allo scopo di ridurre il contenuto di nitrati, mentre Fontana et al. (2006a) e Fontana (2007) hanno indagato sulle dosi di N e i rapporti di NO 3 - /NH 4 + . Sul crescione d’acqua o di fontana, Magnifico et al. (2007) hanno studiato la semina e l’impiego di talee di punta. Sulla silene rigonfia o strigoli, Fontana et al. (2005) hanno provato differenti soluzioni nutritive con diverso rapporto N-NO3-/NNH4+ e due tipi di contenitori. Su indivia è stato studiato l’effetto delle forme di azoto sulla riduzione dei nitrati (Santamaria et al., 2001). Sulla cicoria sono state sperimentate alcune strategie per ridurre il contenuto di nitrati da Gonnella et al. (2002) e l’influenza di soluzioni nutritive da Diaz et al. (2005). Il cetriolo è stato allevato con sistemi di coltivazione senza suolo a ciclo chiuso da Sirigu et al. (2001), Mimiola et al. (2001) hanno condotto ricerche sull’influenza di diversi substrati, mentre Santamaria Le specie ortive minori in Italia et al. (2004) hanno studiato il comportamento di due cultivar. Su carosello e barattiere Parente et al., (2005) e Serio et al., (2005) hanno messo a confronto la coltura su terreno con quella senza suolo. Sulla melanzana, Venezia et al. (2001) hanno valutato gli effetti di due diversi sistemi di coltivazione senza suolo. Su cima di rapa è stata osservata l’influenza della concimazione con azoto e zolfo sulla biomassa e il contenuto di nitrati, la conservabilità come prodotto di IV gamma (Orsini et al., 2005 e 2006). Sul ravanello è stata osservato l’effetto di soluzioni nutritive (Dellacecca e Calegari, 2001; Nicola et al., 2005), diversi substrati e sistemi di irrigazione (Hoeberechts et al., 2006). Per la portulaca sono state eseguite ricerche sull’epoca di semina (Vaccarelli, 2005), i rapporti NH4+/NO3- per valutare gli effetti sull’accumulo di acido alfa linolenico (Gonnella et al., 2005; Fontana et al., 2006; Fontana, 2007), e acido ossalico (Fontana, 2007). Su erba cipollina, borragine e tarassaco sono state studiate le strategie per la riduzione del livello di nitrato (Elia et al., 2001), mentre su bietola da taglio la salinità della soluzione nutritiva (Colla et al., 2005). Specie ortive minori con marchio di origine Il termine marchio è utilizzato anche per definire caratteri distintivi, che hanno rilevanza pubblicistica o la cui utilizzazione è concessa da un soggetto pubblico ad imprenditori che si assoggettano al rispetto di particolari norme. Esempi di marchi di fonte legale sono normative comunitarie, nazionali o regionali che disciplinano i marchi di qualità di origine. Questi ultimi detti anche marchi collettivi sono Registrati da organismi pubblici sia come si è detto da Regioni, ma anche Province e Comuni per promuovere prodotti del proprio territorio. Il marchio collettivo comunitario (Reg. UE n. 40/94), il cui iter non è lungo e oneroso come per le DOP e IGP, riconosce il diritto di registrarlo ad associazione di produttori, prestatori di servizi o commercianti, che abbiano la capacità di essere titolari di diritti e obblighi di qualsiasi natura. Il marchio collettivo ben di adatta alle specie ortive minori prodotte su superfici limitate, ma che si ritiene necessario proteggere. Un esempio di marchio collettivo comunitario applicato a specie ortive minori è il Carciofo di Cupello, che garantisce il prodotto proveniente dal comune di Cupello e comuni limitrofi, di cui la Camera di Commercio di Chieti è titolare esclusiva dei diritti relativi alla utilizzazione del marchio. Le SOM che hanno ottenuto il marchio di denominazione di origine protetta (DOP) e della indicazione geografica protetta (IGP) istituito con il Reg. CE n. 510/2006 del 20/03/2006, aggiornato al mese di maggio 2008 per le IGP sono: Asparago Bianco di Cimadolmo, Asparago verde di Altedo, Cappero di Pantelleria, Carciofo di Paestum, Carciofo Romanesco del Lazio, Radicchio Rosso di Treviso, Radicchio Variegato di Castelfranco, Scalogno di Romagna, mentre il marchio DOP è stato riconosciuto a: Asparago bianco di Bassano, Basilico Genovese, Zafferano dell’Aquila e Zafferano di S. Gimignano. Tali marchi assumono grande importanza per i riflessi economici degli addetti alla filiera e di sicurezza per i consumatori in virtù dei disciplinari di produzione che garantiscono prodotti in armonia con la legislazione vigente sui residui dei fitofarmaci. Visani e Gatti (2003) ritengono che le SOM possano essere rivalutate attraverso la sperimentazione, il miglioramento qualitativo, la valorizzazione commerciale con specifiche azioni di marketing in modo da facilitare l’iter per l’ottenimento dei marchi IGP e DOP. Specie ortive inserite nell’Elenco Nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali Il MiPAAF nel D.M. n. 350 (08/09/1999) riporta gli elementi necessari per l’individuazione dei prodotti tradizionali come previsto dal D. Legisl. n. 173 del 30/04/1998. Con decreto del 18/07/2000 il MiPAAF istituisce il sopracitato elenco. Nel 2008 è stata pubblicata la ottava revisione (MiPAAF, Decreto direttoriale 16/06/2008). Tra i numerosi prodotti di origine animale e vegetale, sono riportate le specie ortive sia consumate allo stato fresco che trasformate. Per l’iscrizione nell’elenco, oltre alla descrizione del prodotto, l’area geografica interessata e i metodi di produzione, è indispensabile che la coltivazione e l’impiego culinario risultino attuati da almeno 25 anni. Bianco e Pace (2003) hanno condotto uno studio sugli ortaggi tradizionali delle regioni italiane da cui emerge l’esistenza di 438 prodotti orticoli, studio a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Le SOM, nell’ultimo elenco disponibile, sono riportate nella tabella 7. In particolare sono presenti 49 specie per un totale di 206 popolazioni locali. Al primo posto si classifica il carciofo con 26 presenze, pari al 13% del totale, localizzate principalmente in Campania (7) e Toscana (4). Segue l’asparago con 22 entità (di cui 9 in Veneto e 5 in Piemonte), l’aglio con 13 presenze in 11 Regioni, il radicchio con 9 con il 67% in Veneto (come era logico attendersi), con 8 il cardo (38% in 11 Bianco Tab. 7 - Specie ortive minori e popolazioni locali relative alle regioni italiane, insrite nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del MiPAAF (G.U. n. 151 del 30/06/2008, suppl. ordinario). Tab. 7 - Minor vegetable crops and landraces in relation to Italian Regions included in the National List of Traditional Agrifood Products of the Ministry of Agriculture (Official Gazette n. 151 June 2008). Aglio bianco (di Vessalico) bianco polesano di Molino dei Torti di Voghiera di Resia del medio Adige dell' Ufita massese rosso di Castellire rosso maremmano rosso di Sulmona rosso di Nubia e di Paceco rosso di Proceno Asparago asparagina bianco bianco del Sile bianco di Bibione della Mambrotta d’argenteuil toscano di Arcole di Borgo d'Ale di Cilavegna di Giare di Padova di Palazzetto di Poirino di Rivoli di Santena di Terlano di Valmacca di Zambana saraceno di Vinchio verde amaro montine verde di Canino e Montalto di Castro violetto di Albenga Basilico gigante Batata dell'agro leccese di Anguillara e Stroppare di Zero Branco Bietola da costa a coste sottili Bietola da orto di Bassano di Castellazzo Bormida di Chioggia 12 Li. Ve. Pi. E.R. Fr. Ve. Cm. To. La. To. Ab. Si. La. E.R. Fr. Ve. Ve. Ve. To. Ve. Pi. Lo. Ve. Ve. Ve. Pi. Ve. Pi. PABZ Pi. PATN Pi. Ve. La. Li. To. Pu. Ve. Ve. To. Ve. Pi. Ve. Cappero capperi capperi e capperoni del Selargius capperi e cucunci del Gargano Carciofo bianco brindisino capuanella del litorale livornese del vastese di Castellammare di Montoro di Orte di Pian di Rocca di Pietrelcina di Procida di Provenza di San Miniato di S. Ferdinando di Sezze di Tarquinia empolese monteluponese pignatella, rosso spinoso spinoso di Albenga spinoso di pompeiana spinoso di Palermo violetto Catanese violetto di S. Erasmo violetto prec. di Jesi Cardo avorio di Isola d'Asti della Val di Cornia bianco avorio di Andezeno gigante di Romagna gobbo di Nizza Monf. massese cardone gobbo di Trodica o di Macerata Carosello, barattiere carosello di Manduria meloncella barattiere, cocomarazzo Cavolfiore broccolo romanesco precoce di Jesi tardivo di Fano Si. Sa. Si. Pu. Cm. Pu. Cm. To. Ab. Cm. Cm. La. To. Cm. Cm. Pi. To. Pu. La. La. To. Ma. Cm. Sa. Li. Li. Si. Si. Ve. Ma. Pi. To. Pi. E.R. Pi. To. Cm. Ma. Pu. Pu. Pu. La. Ma. Ma. di Moncalieri fiorentino tardivo gigante di Napoli violetto "natalino" Cavolo broccolo broccoletti del lago del Vallo di Diano di Bassano di Torbole e S. Massenza fiolaro di Creazzo lavagnino "sparacello" palermitano mùgnuli, spuriatu Cavolo cappuccio della Val di Gresta gaggetta Cavolo da foglia nero riccio di Toscana riccio nero di Lucca torzella, cavolo greco Cavolo rapa di Acireale, trunzu di Aci Cavolo verza di Montalto Dora di Settimo Torinese Circerbita violetta radic di mont Cicoria a grumolo catalogna gigante di Chioggia catalogna frastagliata di Gaeta, puntarelle lidric cul pòc pan di zucchero casalese verde di Napoli Cicoria da radice di Soncino di Chiavari Cima di rapa broccoletti sezzesi broccoli di rapa broccoletto di Anguillara broccolo di Napoli, friarelli cima di rapa rapo del val d’Arno Cocomero della Val di Cornia di Siracusa di San Matteo Decima gigante di Fontarronco Pi. To. Cm. Si. Um. Cm. Ve. PATN Ve. Li. Si. Pu. PATN Li. To. To. Cm. Si. Pi. Pi. Fr. Ve. Ve. La. Fr. Pi. Cm. Lo. Li. La. Ca. La. Cm. Pu. To. To. Si. E.R. To. Le specie ortive minori in Italia melone di Altavilla Fagiolino occhio dell'aquila di Pignone fagiolo dell’occhio fagiolo gentile Fava lunga delle Cascine di Leonforte di Miliscola Finocchio bianco palettone della maremma viterb. di Isola Capo Rizzuto di Sarno Fragolina di bosco di Nemi di Naletto di Ribera di Sciacca Lambascione lampascioni Melanzana cima di viola tonda (genovese) violetta casalese violetta fiorentina Origano origano origano Pisello mangiatutto taccole Porro di Carmagnola di Cervere Prezzemolo Cm. Li. Cm. To. To. Si. Cm. Cm. La. Ca. Cm. La. Si. Si. Si. Ba. Cm. Li. Pi. To. Mo. Si. Ma. Pi. Pi. Sa. Radicchio bianco fior di Maserà bianco o variegato di Lusia canarino germogli di radicchio radicchia di Lucca rosa di Gorizia rosso di Chioggia rosso di Verona variegato bianco di Bassano Rafano cren kren rafano ràiti Rapa rape rape di Nasino rapino di Borgiola Foscalino germogli di rape Raperonzolo Ravanello lungo lungo o tabasso Rosmarino Scalogno nostrale toscano Scarola bianca riccia schiana centofoglie o venafrana d'inverno di Bassano Scorzobianca barbabuc Scorzonera barba massese Ve. Ve. Fr. Ve. To. Fr. Ve. Ve. Ve. Ve. PABZ Ba. Fr. Li. Li. To. PABZ E.R. Sa. Pi. Si. To. Cm. Mo. Ve. Pi. To. scorzonera di Castellazzo Bormida Sedano di Alluvioni Cambiò di Rubbio dorato astigiano nero di Trevi nostrale verde di Chioggia Sedano rapa della Val di Gresta di Ronco all' Adige Spinacio Val di Cornia Strigolo Zafferano aretino delle colline fiorentine di Cascia purissimo di maremma zafferano Zucca da semi lardaia marina di Chioggia zucca Zucca dolce di Catellazzo Bormida di Rocchetta Cengio zucca santa bellunese Zucca pepona lunga di Napoli napoletana trombetta Li. Pi. Pi. Um. Pi. Um. To. Ve. PATN Ve. To. E.R. To. To. Um. To. Sa. To. To. Ve. Lo. Pi. Li. Ve. Cm. Cm. Li. (1) Abbreviazione dei nomi delle regioni: Ab. Abruzzo; Ba. Basilicata; Ca. Calabria; Cm. Campania; E.R. Emilia Romagna; Fr. Friuli Venezia Giulia; La. Lazio; Li. Liguria; Lo. Lombardia; Ma. Marche; Pi. Piemonte; Pu. Puglia; Sa. Sardegna; Si. Sicilia; To. Toscana; TAA Trentino Alto Adige; Ve. Veneto. Piemonte) e il cavolo broccolo con le popolazioni distribuite in 7 regioni. Le altre specie sono rappresentate da 7 a 1 entità. È interessante sottolineare la presenza di specie che assumono importanza in ristrette aree come il cappero in Sicilia e Puglia, la cicerbita violetta in Friuli Venezia Giulia, il carosello esclusivamente in Puglia; il fagiolino dall’occhio è segnalato in Campania, Liguria e Piemonte, pur essendo più ampiamente coltivato e apprezzato in Puglia, la scorzonera in Toscana e la scorzabianca in Piemonte, il sedano rapa nella provincia autonoma di Trento, lo zafferano principalmente in Toscana e il rafano soprattutto nelle regioni del Nord Est. Interessante appare la segnalazione di specie minori e piante spontanee utilizzate alla stessa stregua degli ortaggi, sia allo stato fresco (asparago selvatico, cicoria selvatica, finocchio selvatico) che sottoposte alla trasformazione con tecniche artigianali. Tra le specie commercializzate dopo essere state seccate al sole compaiono l’origano, la rapa (culàti di Valdagno), la melanzana e la mentuccia. Per i prodotti sott’olio, asparago, carciofini, melanzana, tallo dell’aglio rosso di Proceno, cicorie selvatiche, germogli di pungitopo, di tamaro, di vitalba, lambascioni, cardi selvatici e salicornia. Per i sottaceto sono segnalati i capperi, finocchio marino e infiorescenza tenera di finocchio selvatico. Tra le specie sottoposte a diversi tipi di fermentazione si citano i crauti e la brovada 13 Bianco cioè il raponzolo plumbeo (Phyteuma ovatum Honk. s.l). Infine vengono riportati prodotti preparati con ricette tradizionali come i cavoli ripieni, gli involtini di melanzana e la vellutata di asparago e gli asparagi in agrodolce. Tra le Regioni è in testa il Veneto con 32 popolazioni locali riferite a 15 specie, a cui segue la Toscana con 30 popolazioni attribuite però a 21 specie, Piemonte con 23 e 15 specie, Campania con 21 e 14 specie e la Liguria con 15 e 11 specie. Tutte le altre regioni mostrano valori inferiori a 15 popolazioni; quelle meno rappresentate sono Abruzzo, Basilicata e Calabria, mentre la Valle d’Aosta non ha nessuna specie iscritta. Presìdi Slow Food Slow Food è un’associazione internazionale non profit nata in Italia nel 1986 con il nome di Arcigola con lo scopo di promuovere il diritto al piacere, soprattutto a tavola, e pensata come risposta al dilagare del fast-food. Tra le articolate espressioni di Slow Food da alcuni anni sono costituiti i presìdi per sostenere prodotti che rischiano di scomparire, valorizzare i territori, recuperare tecniche di produzione e lavorazione tradizionali, salvare dall’estinzione popolazioni locali di specie vegetali. Coinvolgono gli agricoltori e i diversi operatori, offrono assistenza per caratterizzare e migliorare i prodotti e cercano nuovi sbocchi di mercato. Questo l’elenco, aggiornato al 2008, dei Presìdi per le SOM e tra parentesi è indicata la provincia di riferimento: Aglio di Resia (UD), Aglio di Vessalico (IM), Aglio rosso di Nùbia, Paceco (TP), Aglio rosso di Sulmona (AQ), Asparago di Chiusure (SI), Asparago di Cilavegna (PV), Asparago Violetto di Albenga (SV), Cappero di Salina (ME), Carciofo bianco di Pertosa (SA), Carciofo Violetto di Castellamare (NA), Carciofo Violetto di Sant’Erasmo (VE), Carciofo di Acerra (NA), Carciofo di Perinaldo (IM), Cardo gobbo di Nizza Monferrato (AT), Fava larga di Leonforte (EN), Fragolina di Ribera (AG), Melanzana rossa di Rotonda (PZ), Rapa di Caprauna (CN), Sedano nero di Trevi (PG), Zafferano di S. Gavino Monreale (CA), Zafferano di Cascia (PG), Cicerbita alpina sott’olio o radìc di mont (UD). Impiego nella preparazione di prodotti dell’industria agroalimentare, mini ortaggi, germogli provenienti da semi e fiori commestibili Nel complesso la quantità di SOM impiegata per produrre anche artigianalmente prodotti trasformati è considerevole. La Malfa e Bianco (2006) hanno passato in rasse- 14 gna le specie ortive, comprese quelle minori, usate per preparare prodotti cotti a vapore, creme e salse, grigliati, surgelati, disidratati e liofilizzati, sottaceto e sott’olio, gelati confetture e sciroppi a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Per i prodotti della IV gamma, pronti da mangiare e da cuocere, il numero delle specie minori è in aumento. Tra esse si ricordano aneto, asparago, atreplice, basilico, bietola da costa e da orto, carciofo, cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo cappuccio e verza, cavolo cinese, cavolo rapa, cavolo da foglia, cavolo di Bruxelles, carosello e barattiere, cetriolo, svariati tipi di cicoria, cima di rapa, coriandolo, crescione d’acqua, dragoncello, erba cipollina, fava fresca, finocchio, indivia, mais dolce, melanzana, menta, porro, prezzemolo, radicchio, ravanello, ruchetta, rucola, scarola, sedano, spinacio (foglie piccole indicate come spinacine), valerianella e zucca. Da qualche anno è aumentata la disponibilità di SOM di dimensioni notevolmente ridotte rispetto alla grandezza media di consumo corrente e il Reg. CE 1135/2001 ha legalizzato la circolazione in Europa di ortaggi mini o baby o mignon o lillipuziani o miniature o bonsai. Tali novità vengono ottenute mediante: a) l’aumento della densità di piante, in modo da limitare l’accrescimento; b) l’anticipo della raccolta, c) cultivar nane costituite appositamente attraverso il miglioramento genetico. I fattori che hanno favorito la crescita sono l’aumento delle famiglie unipersonali o con un numero ridotto di componenti, perciò con consumi limitati e che non vogliono avanzi in frigorifero, il maggior interesse da parte della ristorazione collettiva e ristoranti di lusso che li impiegano come ornamenti nelle varie portate o come ricercati contorni. In Italia tra i primi a sfondare sul mercato è stato il cocomero. Attualmente le specie disponibili sono: cavolo broccolo, cavolo cappuccio, cetriolo, crescione, fagiolo adzuki e mungo, finocchio, ravanello, senape e zucca. I mini ortaggi disponibili in riferimento alle SOM, sono asparago, bietola da orto e da costa, carciofo, cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo cappuccio e verza, cavolo rapa, cavolo da foglia, cavolo di Bruxelles, finocchio, mais dolce, melanzana (anche di circa 2 g), pastinaca, porro, rapa, ravanello, sedano, spinacio e zucca. Inoltre la diffusione di mini ortaggi potrebbe favorire il recupero di alcune popolazioni locali di SOM che normalmente producono organi eduli piccoli. Alcuni semi di SOM si prestano alla produzione di germogli e germinelli che vengono consumati prevalentemente crudi, hanno un elevato valore nutritivo, peculiari sapori e basso valore calorico. Inoltre in futuro l’uso di fiori come guarnizione di speciali pietanze o come ingredienti di insalate, anche approntati in confezioni della IV gamma, potrà costi- Le specie ortive minori in Italia tuire una ulteriore nicchia per le SOM. Le specie di possibile impiego possono essere aglio, basilico, cavolo cappuccio, cavolo broccolo, cerfoglio, coriandolo, finocchio, maggiorana, ocra, ravanello, ruchetta, rucola, silene rigonfia, topinambur. Specie utilizzate da etnie diverse Per soddisfare le articolate esigenze del continuo aumento di immigrati, specialmente provenienti dall’Africa e dall’Asia, è opportuno rivolgere l’attenzione non solo a specie già coltivate in Italia, ma a nuove colture. Tali specie spesso hanno esigenze termiche elevate e perciò nei periodi più freddi si potrebbe fare ricorso agli ambienti protetti. A titolo di esempio si potrà fare riferimento ad aglio d’India, alchechengio, basella, batata, benincasa, cavolo cinese, cipolletta, crescione d’acqua, erba cipollina, fagiolo asparago, fagiolino dall’occhio, fagiolo adzuki e mungo e di Spagna, lagenaria, luffa, melanzana rossa, ocra, pastinaca, sechio, senape indiana e spinacio della Nuova Zelanda. Valore nutritivo Considerato lo spazio a disposizione sono state scelte, per una breve disamina, alcune specie apparte- nenti alla famiglia delle Brassicaceae per l’elevato contenuto di minerali, vitamine e di numerosi agenti chemioprotettivi, riconducibili alla presenza di metaboliti secondari biologicamente attivi come i glucosinolati e i sulforafani che possono accelerare la produzione di enzimi che proteggono il DNA da danni e ridurre i rischi di cancro ad alcuni organi. I valori sono riportati nella tabella 8. Il calcio è elevato (valori superiori a 100 mg/100 g) in rucola, cavolo da foglia riccia, cima di rapa, cavolo cinese e senape indiana. Per il ferro si distingue su tutti la cima di rapa (2,14 mg/100 g) seguita, con valori compresi tra 1,40 e 1,70 mg/100 g, da cavolo da foglia, cavolo di Bruxelles, rucola e senape indiana. Per il magnesio spicca la rucola, per il potassio il cavolo da foglia, per il sodio i livelli più bassi sono stati riscontrati in cavolo cappuccio, cavolo rapa, rutabaga, mentre quelli più alti in cavolo cinese e rapa. Di selenio è molto ricco il cavolo di Bruxelles. La vitamina C risulta abbondante nel cavolo da foglia (120 mg/100 g) e nel cavolo di Bruxelles (85 mg/100 g). Il contenuto di folati è molto elevato in senape indiana a cui segue la rucola, cima di rapa e cavolo verza. La vitamina A è elevatissima nel cavolo da foglia Cavolo broccolo Cavolo cappuccio Cavolo cinese Cavolo rapa Cavolo verza Cavolo da foglia riccia Cavolo di Bruxelles Cavolfiore Cima di rapa Rapa Ravanello Rucola Rutabaga Senape indiana 47 0,73 105 0,80 40 24 85 135 42 22 108 30 0,47 0,40 0,40 1,70 1,40 0,44 2,14 0,3 25 0,34 47 0,52 160 103 1,46 1,46 19 252 12 19 28 34 23 15 22 11 10 47 23 32 350 230 447 389 303 196 191 233 359 337 354 33 2,5 65 0,5 20 28 43 25 30 33 67 39 27 20 25 0,3 0,7 0,9 0,3 0,7 0,9 µg mg 21 0,78 102 1.403 45 66 4.468 0,09 46 40 55 80 1.000 0,17 69 - 28 37 62 31 46 0,6 µg 623 0,6 0,7 mg 63 120 1,0 UI 89 0,9 1,6 µg Ac. lin. C l8:3 18 316 mg Luteina + Zeax. 170 21 µg Vit. K mg Vit. E mg Vit. A Se K mg Folati mg Vit. C mg Na Mg Fe Specie Ca Tab. 8 - Contenuto di alcuni importanti nutrienti (su 100g di prodotto fresco) nelle specie ortive minori della famiglia delle Brassicaceae (Elaborazione da Banca dati Nutrienti USDA). Tab. 8 - Major nutrients (100g f.w.) in minor vegetable crops belonging to the Brassicaceae family (Elaboration from USDA, National Nutrient Database). 85 20 21 15 15 25 70 43 16 - 36 29 15.376 57 13 - - - - 0,48 0,1 - 817 39.550 180 0,08 16 33 37 1.590 99 754 0,88 83 2.622 1,62 224 1.121 113 25 7 - 1,3 10 31 61 15 - 0,03 177 - - 0,1 - 40 97 2.373 0,43 109 3.555 170 187 10.500 2,01 497 9.900 18 21 2 0,3 0,3 0 53 15 Bianco con 15.376 UI, valore equivalente a quello della carota che, insieme alla batata a polpa arancione, mostrano i valori più elevati fra tutti gli ortaggi. Per la vitamina E si distinguono la senape indiana e la cima di rapa. Per la vitamina K, i valori più elevati si riscontrano in cavolo da foglia e senape indiana, mentre quelli più bassi in cavolo rapa, rapa, rutabaga, ravanello e cavolfiore. La luteina insieme alla zeaxantina sono presenti in quantità elevatissime nel cavolo da foglia (39.550 µg/100g), seguito a notevole distanza dalla senape indiana (9.900 µg/100g). Il contenuto totale di glucosinolati è elevatissimo in lepidio ortense, senape indiana, cavolo di Bruxelles e rafano, rispettivamente con 392, 282, 236 e 160 mg/100 g. Sagre, Fiere, Feste, Mostre È stata condotta una indagine, da non considerarsi completa, sulle sagre, fiere, feste, mostre e manifestazioni in genere aventi come oggetto le SOM, miranti a far conoscere la storia, i sistemi produttivi, il valore nutritivo e salutistico, la promozione del prodotto attraverso esposizione, assaggio nelle diversificate preparazioni culinarie e come prodotti trasformati con metodi tradizionali. Tali manifestazioni spesso sono accompagnate da spettacoli folcloristici e, oltre al momento aggregativo, turistico ed economico, costituiscono una grande opportunità per far conoscere e apprezzare ortaggi con peculiari caratteristiche, funzionano da supporto e offrono spunti per continuare a tenere in vita specie e popolazioni locali altrimenti destinate a scomparire. L’indagine ha messo in luce l’esistenza di oltre 250 manifestazioni. In testa è la Regione Veneto (22%), seguita da Campania (19%), Emilia Romagna (8%), Puglia, Lombardia e Piemonte (7%), Lazio (6%), Liguria e Sicilia (5%); seguono tutte le altre regioni e in fondo alla classifica sono il Molise e la Valle d’Aosta. In riferimento alle specie, la tabella 9 riporta quelle le cui sagre hanno luogo in più di dieci località; in testa è l’asparago con 68 sagre di cui 24 si svolgono nel Veneto, a cui segue il carciofo con 45 (22% in Campania), la zucca con 40 (30% nel Veneto), il cocomero con 25 (ai primi posti Toscana e Puglia), melanzana con 17 (47% in Campania) il radicchio con 14 (86% in Veneto, come era logico attendersi), aglio 12 (25% in Emilia Romagna), fava fresca 12, distribuite principalmente nel Lazio ed Emilia Romagna, regioni in cui la coltivazione della fava fresca risulta molto marginale rispetto alla Sicilia che invece non ha una sagra. In queste sagre la fava fresca viene accoppiata a vari tipi di formaggi che rendono più piacevole e attrattivo il consumo dei semi freschi. Cinque sagre sono dedicate al sedano, equamente distribuite in Piemonte, Veneto, Umbria, Campania e Puglia, quattro al cavolo broccolo (75% nel Veneto e 25% in Campania), tre alla batata, tutte nel Veneto (come era da attendersi), due al basilico (Liguria), cardo (Piemonte), fiore di zucca (Umbria e Calabria), origano (Sicilia) e rafano (Basilicata). Infine si segnala una sagra per cappero (Sicilia), carosello (Puglia), cavolo verza (Piemonte), cicoria da radice (Lombardia), cima di rapa (Campania), menta (Campania), rapa (Piemonte), rucola (Umbria), scalogno (Emilia-Romagna), strigolo (Emilia-Romagna) e topinambur, ciapinabò (Piemonte). La ruchetta da pianta selvatica a specie ortiva minore Nell’ambito del diversificato panorama delle SOM si volevano approfondire gli aspetti produttivi e quali- Tab. 9 - Graduatoria regionale per Sagre, Fiere, Feste, Mostre di specie ortive considerate minori che si effettuano in più di 10 città. Tab. 9 - Regional list for Festival, Feast, Show and Fair of minor vegetables crops that take place in more than 10 cities. Regioni Asparago Carciofo Zucca Cocomero Melanzana Radicchio Aglio Fava fresca 16 Totale 1 (n.) 45 Campania 10 25 Toscana 68 40 a Veneto Veneto 17 Campania 12 Emilia Romagna 14 12 Graduatoria regionale 2a (n.) Lazio 7 24 Lombardia 12 Lombardia 8 Liguria 5 Puglia Veneto 12 Emilia Romagna Lazio 4 Emilia Romagna 9 Toscana 3a (n.) Sicilia 7 10 Piemonte 6 Emilia Romagna 4 Puglia 5 Lazio 1 Campania 3 Marche 2 Abruzzo 8 5 4 2 1 2 2 Le specie ortive minori in Italia tativi e il contributo che le ricerche multidisciplinari condotte da varie Istituzioni italiane hanno offerto sinora per il miglioramento quanti qualitativo per qualcuna di esse come ad esempio per radicchio, cima di rapa, cicoria, carosello e barattiere, cavolo broccolo, finocchio,valerianella, ruchetta, ecc. Considerato però lo spazio assegnato alla rassegna si è deciso di optare per la ruchetta. La flora spontanea italiana è ricchissima di piante commestibili: Bianco e Machakova (2002) ne hanno censite oltre 800 e tra esse compare la Diplotaxis tenuifolia (L.) DC. che, secondo Saccardo (1909), è stata rinvenuta per la prima volta in Italia da Petrollini e Cibo nel 1550 e successivamente da Mattioli nel 1554. La pianta cresce nei terreni calcarei superficiali, incolti, sabbiosi, sui ruderi, ai bordi delle strade di campagna, negli oliveti ed è molto presente negli ambienti meridionali. Resiste alla siccità, ma dopo il primo temporale estivo riprende a vegetare e si possono raccogliere foglie in abbondanza. La ruchetta proveniente da piante spontanee è utilizzata da lungo tempo a scopo alimentare soprattutto nell’Italia meridionale. Bruni (1857) la enumera tra le piante eduli di Barletta. Il radicamento nel territorio è anche espresso dai tanti nomi dialettali. In particolare Penzig (1924) riporta che in Toscana viene indicata come ruchetta selvatica o erba carpentorum, in Piemonte, tra l’altro, come aruga gentil, a Verona rucola, a Piacenza ricola, a Napoli ruca servaggia, in Sardegna ruchetta, a Barletta ruca. Nel Salento viene chiamata rùcula cresta, rucula gialla, rucula servaggia, rucula tarantina, rùgula dove esiste anche un detto specifico sulla ruchetta. Inoltre la ruchetta, cara al poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863), era presente nelle insalate miste nelle osterie trasteverine. In Puglia era ed è diffuso l’uso come condimento del classico “pane, acqua e sale” o delle frise (pane a tarallo spaccato e cotto due volte al forno), oppure in insalata con i pomodorini o con le patate lesse. Dopo il 1990 si è assistito ad un crescente aumento dei consumi dovuto anche all’intraprendenza di grandi cuochi che la propongono in svariate ricette. Così ad esempio viene impiegata come ingrediente in risotti, gnocchi, tortellini, con diversi tipi di pasta, pizze, piadine, tartine, bruschette, per preparare carpacci. Oltre a ciò l’industria artigianale prepara creme, salse e pesto. La spinta più rilevante però è venuta dall’ingente richiesta da parte delle industrie che preparano prodotti della IV gamma. Attualmente, per limitare i danni causati dal taglio delle foglie in più porzioni, le foglie vengono raccolte allo stadio giovanile (babyleaf). Per soddisfare le crescenti richieste di mercato non era più sufficiente l’approvvigionamento dalle piante spontanee o dalla coltivazione su piccoli appezzamenti. Perciò, da parte degli operatori, è iniziata la coltura su larga scala con semi provenienti da una proficua attività sementiera che ha messo a disposizione anche semi confettati “multipillola” a causa della piccolissima dimensione dei semi. Successivamente, per facilitare la semina e assicurare la produzione durante l’arco dell’anno, si è passati all’allevamento in ambiente protetto, tanto che attualmente, come si è già accennato, la coltura in serra, compresa quella sui pannelli galleggianti, supera i 1.100 ha. La ricerca multidisciplinare, condotta da diverse Istituzioni italiane, ha contribuito notevolmente a tale successo offrendo a tutti gli operatori della filiera suggerimenti pratici. La sperimentazione ha riguardato il confronto tra semina e trapianto (Bianco et al., 1998), le epoche di semina (Cantore et al., 2000), le dosi di azoto (Bianco e Boari, 1997; Calabrese e Gregucci 1997; Bianco et al., 1998), la densità di piante, gli effetti dell’epoca di impianto sulla produzione (Baggio e Pimpini, 1995) e sulla composizione fenolica (Di Venere et al., 2000), il regime irriguo (Boari et al., 1998) i consumi idrici, l’efficienza d’uso dell’acqua e la salinità (Cantore et al., 2002), il controllo della flora infestante (Boari et al., 2000), le tecniche colturali e le potenzialità della coltura (Bianco, 1995; Pimpini ed Enzo 1997), l’influenza del livello di salinità sulla germinazione dei semi (Pezzuto et al., 1996), il confronto tra genotipi a foglia intera e lobata (Lenzi e Tesi, 2000). Interessanti i risultati della coltura biologica in cui sono stati confrontati i metodi irrigui e la densità di piante (Cantore et al., 2005) e l’impiego del tessuto non tessuto (Carofiglio, 2006). Inoltre De Leonardis et al., (1997) hanno effettuato studi per caratterizzare i semi, Pignone e Galasso (1995) e Blangiforti e Venora (1997) per la determinazione del cariotipo. Non mancano ricerche sulla microbiologia superficiale nelle confezioni di IV gamma (Caponigro et al., 1997) e indicazioni sulla preparazione delle foglie per la IV gamma e la surgelazione (Calabrese e Gregucci, 1997). Raymond (2007) infine in un lavoro divulgativo, traccia la storia della specie selvatica e il ritorno sulla tavola di molti italiani attraverso la domesticazione, la possibilità di disporre del prodotto durante tutto l’anno anche in pratiche confezioni salva freschezza. Così la ruchetta da specie spontanea è divenuta specie ortiva minore. A ciò ha contribuito inoltre l’elevata meccanizzazione di tutte le operazioni coltura- 17 Bianco li, compresa la fase di raccolta e preparazione per i diversi segmenti di mercato, e come si è già detto al massiccio impiego nei prodotti di IV gamma. Altra pianta con sapore e impieghi simili alla ruchetta è la rucola, Eruca vesicaria (L.) Cav. È conosciuta da Egizi, Greci e dagli antichi Romani. Publio Virgilio Marone, Publio Ovidio Nasone e Lucio Giunio Moderato Columella decantano le virtù afrodisiache della rucola. In un affresco, ritrovato in una casa dell’antica Pompei, sono state individuate foglie di rucola accanto a Priapo, dio della sessualità. Per la presunta attività afrodisiaca, nel medioevo ai monaci era impedita la coltivazione negli orti o giardini dei conventi. Fino alla messa a coltura, e il grande successo ottenuto dalla D. tenuifolia, la rucola era la specie disponibile sui mercati locali usata per insaporire le insalate. Attualmente secondo Pimpini et al. (2005) la rucola viene coltivata in serra su circa 7 ha di cui 5 in Campania e 2 in Veneto. In pien’aria è allevata solo a livello amatoriale e su ridottissime superfici. Per le notizie sulla distribuzione geografica, tassonomia, morfologia, biologia, miglioramento genetico, tecniche colturali, usi, composizione chimica, avversità, difesa e post-raccolta si rimanda a quanto è riportato dalle rassegne di Bianco (1995), Pimpini ed Enzo (1997) e Pimpini et al. (2005). In Italia probabilmente la prima prova sperimentale sulla rucola, segnalata da Baldrati (1950), è stata eseguita dal prof. De Cillis nel 1942 a Santa Maria Capua Vetere (CE). Si trattava della produzione del seme in coltura asciutta e furono ottenuti 447 kg/ha di seme con la resa in olio del 29,6%. Sempre per la produzione del seme, Cremaschi et al. (1996) hanno effettuato ricerche con diverse densità di piante. Studi sulla morfologia dei semi sono stati condotti da De Leonardis et al. (1997), sulla citologia per la determinazione della formula cariotipica da Blangiforti e Venora (1997), mentre sulla germinabilità in presenza di diverse concentrazioni saline da Miceli et al. (2003). Pignone e Api Ngu (1995) hanno effettuato una indagine sulle accessioni di rucola esistenti nelle banche del germoplasma mondiale. Sulla pianta a scopo alimentare sono stati effettuati studi in pien’aria, in serra e in coltura senza suolo. La densità di piante è stata affrontata da Calabrese e Gregucci (1997) e da Lenzi e Tesi (2000); questi ultimi hanno studiato anche l’influenza delle dosi di azoto sulla produzione, la vitamina C ed i nitrati. Inoltre Branca e Minissale (1996) hanno effettuato il confronto fra l’allevamento in pien’aria e serra fredda con tre densità di piante. In ambienti protetti sono state condotte ricerche con diverse temperature e irradianza per determinare gli effetti sulla produzione e sul contenuto in 18 nitrati, cloruri e solfati (Ventrella et al., 1993; Santamaria et al., 1995 e 1996). Calabrese e Gregucci (1997) riportano i primi risultati della surgelazione e della preparazione di foglie per la IV gamma. Di Venere et al. (2000) hanno esaminato il contenuto di fenoli e flavonoidi con foglie raccolte durante la primavera e l’estate, mentre Ferrante et al. (2003) riportano interessanti dati sui metodi di conservazione post-raccolta confermati da Incrocci et al. (2004). Le ricerche condotte con il sistema dei pannelli galleggianti sono riportate in precedenza nel capitolo, ricerche su ortive minori in colture senza suolo. Conclusioni Da quanto è stato esposto in questa rassegna emerge che l’Italia, in virtù della posizione geografica, delle varie situazioni pedoclimatiche che permettono la coltivazione di ortaggi durante l’anno, della presenza di immigrati nelle varie epoche storiche di cultura e tradizioni diverse, degli attivi scambi commerciali già dall’epoca romana fino ai giorni nostri, della civiltà contadina e dell’intraprendenza di molti agricoltori ha permesso la presenza di un rilevante numero di specie ortive, alcune di esse poco conosciute, e di un elevato numero popolazioni locali, a cui sono legate numerosissime preparazioni gastronomiche. I criteri proposti per la definizione di specie ortive minori legati alla superficie o produzione, al consumo giornaliero, alla possibilità di estendere ad altre piante l’impiego di prodotti antiparassitari già autorizzati su colture della stessa specie, lasciano dubbi anche se, per comodità, in questa rassegna sono stati accettati. In realtà, SOM classiche vengono unanimemente considerate quelle coltivate su limitate superfici, in un determinato territorio e generalmente con cultivar ad impollinazione libera. La superficie destinata a SOM coltivate in pien’aria che nell’ultimo trentennio hanno subito una forte diminuzione di superficie sono cocomero e fava, mentre per il prezzemolo i valori sono raddoppiati. In serra la superficie nel trentennio è aumentata soprattutto per spinacio, radicchio, sedano, e valerianella. Gli orti familiari, sociali, urbani, per anziani, accanto alle funzioni sociali, giocano un ruolo attivo per la diffusione e la coltivazione delle SOM. Un’importante attività sementiera è legata alle SOM con ravanello, cicoria e coriandolo ai primi posti, mentre per la coltivazione biologica, i maggiori quantitativi di semi in deroga si riferiscono alla fava, spinacio e valerianella. Le specie ortive minori in Italia Le SOM, per la loro resistenza o tolleranza, possono essere impiegate in numerose situazioni legate ai parametri pedoclimatici e inquinanti ambientali. Per i positivi riflessi che le colture senza suolo potranno avere sulla diffusione delle SOM, sono state segnalate le ricerche svolte in Italia su una ventina di specie. I marchi di origine a tutti i livelli possono giocare un ruolo importante economico e sociale per la diffusione delle SOM. Inoltre, l’elenco Nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ha una notevole funzione in relazione al censimento di popolazioni talvolta quasi sconosciute di alcune SOM, mettendo in luce le tecniche di coltivazione, i prodotti trasformati e gli usi culinari. Anche i presidi Slow Food si propongono di recuperare e valorizzare popolazioni locali a rischio di estinzione. Il catalogo comune della specie e cultivar elenca 40 SOM e in testa si colloca il cavolfiore. Il cocomero fa registrare il 98% delle cultivar ibride, seguito da cetriolo (80%), mentre per una ventina di specie si tratta solo di cultivar a impollinazione libera. In Italia alcune istituzioni pubbliche e private conservano i semi di alcune SOM e costituiscono un sicuro riferimento per il miglioramento genetico e tutti gli operatori della filiera agroalimentare. Le SOM sono impiegate in numerosi prodotti trasformati e con sempre crescente interesse per quelli della IV e V gamma. Sono sempre più frequenti quelli offerti con dimensioni ridotte (miniortaggi), per la preparazione di germogli o germinelli provenienti da seme e specie destinate a soddisfare le sempre maggiori esigenze degli immigrati. Le specie orticole minori si stanno rivelando, e lo saranno sempre più in futuro, fonti ad elevato contenuto di nutrienti e di agenti chemiopreventivi, riconducibili a cibi funzionali; tra le Brassicaceae il cavolo da foglia si distingue per l’elevato contenuto di numerosi composti. Le 250 sagre, fiere, feste e mostre dedicate alle SOM sono utili perché mettono in luce le proprietà, promuovono il prodotto e hanno la funzione di continuare a coltivare e migliorare le SOM, che altrimenti cadrebbero nel dimenticatoio. In proposito l’asparago conta 68 sagre, il carciofo 45, la zucca 40 e il cocomero 25. La ruchetta è stata presa come esempio di pianta spontanea che nell’arco di una trentina di anni con l’apporto dei cuochi, degli operatori della filiera agroalimentare, dei ricercatori e dei consumatori, da pianta spontanea è passata alla coltivazione in pien’aria e poi in coltura protetta dove ora sono destinati oltre 1.100 ha. Attraverso la riscoperta di ortaggi magari poveri, da sempre però alimenti della cucina contadina, la loro salvaguardia, l’uso appropriato del ricchissimo patrimonio le SOM possono rivestire un notevole interesse, perché, in aggiunta sono fonte di reddito per molti operatori della filiera agroalimentare, soprattutto in particolari periodi e in alcuni areali. In definitiva, sull’esempio del successo registrato per la ruchetta, si auspica di continuare a promuovere le ricerche multidisciplinari, la raccolta, la caratterizzazione, la valorizzazione delle SOM e a tutto ciò che è ad esse legato come patrimonio storico-culturale. Riassunto Vengono discussi i criteri per designare una specie ortiva minore (SOM) e riportati i nomi italiani e il binomio latino per 165 di esse. Si esaminano le variazioni delle superfici coltivate nell’ultimo trentennio e il confronto con altri Paesi europei. Si indicano le quantità di seme prodotto per la coltivazione tradizionale e biologica, le problematiche legate al catalogo comune delle specie e cultivar, le istituzioni che conservano il germoplasma ex situ per alcune SOM. Sono contemplate le specie con marchi IGP e DOP, quelle inserite nell’Elenco Nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali e quelle incluse nei presidi Slow Food. Si fa cenno al positivo contributo offerto dagli orti familiari, sociali e urbani alla diffusione delle SOM. Si accenna alla resistenza/tolleranza a stress pedoclimatici ed inquinanti ambientali, alle ricerche condotte su 20 specie in colture senza suolo, all’impiego nelle diversificate preparazioni agroalimentari compresi i prodotti di IV gamma a mini ortaggi, i germogli provenienti da seme e fiori commestibili, alle specie destinate alle nuove etnie, all’importanza delle sagre, all’elevato valore nutritivo di alcune brassicacee. 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