on line volume B 1 il mestiere di scrivere SEZIONE II - PERCORSI POETICI Franco Fortini Traducendo Brecht il significante le parole chiave i temi le figure retoriche la simbologia l’intertestualità l’extratestualità tratto da Una volta per sempre anno 1959 luogo Italia L’OPERA Oltre ai numerosissimi saggi di argomento politico, economico, filosofico e letterario pubblicati su varie riviste e successivamente raccolti in volumi, Fortini è autore di alcuni racconti – tra cui Agonia di Natale (1948), La cena delle ceneri (pubblicato solamente nel 1988) e L’interdetto (rimasto inedito) – e di svariate e pregevoli traduzioni letterarie dal francese e dal tedesco, tra le quali spicca quella delle opere del poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht di cui, in collaborazione con Ruth Leiser, dà alle stampe la versione italiana di Madre Courage e i suoi figli (1951), Santa Giovanna dei macelli (1951), l’Opera da tre soldi (1958), Storie da calendario e l’antologia Poesie e canzoni (entrambe edite nel 1959). La prima raccolta di versi è Foglio di via (1946) – di cui negli anni verranno pubblicate 28 edizioni con aggiunte e cambiamenti – che sviluppa tematiche legate al recente passato italiano in un linguaggio essenziale da cui il poeta tenta di cancellare ogni traccia di soggettività; a essa segue il volume Poesia e errore (1959) che sottolinea il compito etico della parola poetica, costretta dall’inconsistenza del presente a intessere un dialogo con il futuro. Nel 1962 esce La poesia delle rose, un poemetto che denuncia le brutture e l’iniquità del mondo capitalistico, tema che Fortini affronterà in maniera ancora più incisiva nella raccolta Una volta per sempre (1963); vengono poi pubblicati i volumi L’ospite ingrato (1966), Questo muro (1973) e Paesaggio con serpente (1984). Nell’ultima raccolta Composita solvantur (1994), pubblicata nell’anno della morte dell’autore, l’amarezza scaturita dalla lucida analisi del presente cede il passo alla necessità di trasmettere un’eredità culturale e morale alle generazioni future. LA POESIA L’immagine di un temporale incombente che, scatenata la sua furia in rivoli d’acqua e bagliori di lampi, si perde all’orizzonte tra il fragore di tuoni, è lo spunto da cui Fortini parte per riflettere sulla fine di una fase storica che, dopo una serie di lotte sanguinose tese a ottenere giustizia e uguaglianza, si è esaurita in una pacificazione sociale che il poeta considera fittizia, perché vuota di significato, e traditrice delle speranze di un’intera generazione. Il tema sviluppato in questo componimento, che è tratto dalla raccolta poetica Una volta per sempre (1959), è una tappa della lucida e incessante analisi dell’autore sul presente e sul difficile ruolo assegnato all’intellettuale che, consapevole più degli altri uomini dei meccanismi di funzionamento della storia ma al tempo stesso impotente a modificarli, conserva tuttavia l’obbligo morale della denuncia. V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 CAPITOLO DUE 2 dallʼOttocento al Novecento on line Franco Fortini nasce a Firenze nel 1917 con il nome di Franco Lattes, ma poiché il padre è di origine ebraica nel 1940, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, adotta il cognome materno. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Firenze frequentando anche i corsi di Storia dell’Arte, e tra il 1939 e il 1940 consegue entrambe le lauree; nel periodo universitario riceve il battesimo della chiesa valdese ed entra in contatto con gli intellettuali che gravitano intorno alla rivista Riforma letteraria, su cui pubblica i primi scritti. Nell’estate del 1941 viene richiamato alle armi e rimane nell’esercito fino all’8 settembre del 1943, quando, in seguito all’armistizio, fugge in Svizzera; rientrato in Italia aderisce alla Resistenza e partecipa all’ultima fase della Repubblica Partigiana dell’Ossola, un’esperienza che influirà sulla sua formazione di uomo e di scrittore. Al termine della guerra si stabilisce a Milano dove collabora alla rivista Il Politecnico di Vittorini, al quotidiano socialista Avanti! e pubblica il primo libro di versi, Foglio di via (1946); in questi anni inizia a svolgere l’attività di critico letterario e traduttore di autori contemporanei che praticherà costantemente negli anni seguenti. Nel 1947 è costretto dalle necessità economiche a impiegarsi negli uffici pubblicitari della Olivetti, prima nella sede di Ivrea e poi in quella di Milano; successivamente è consulente della casa editrice Einaudi per la quale cura la collana dei Saggi, collabora a numerose riviste – tra cui Comunità, Officina, Quaderni rossi, Quaderni piacentini – e si dedica all’insegnamento, prima nelle scuole superiori, poi presso l’Università di Siena dove ottiene la cattedra di Storia della critica. A partire dagli anni ’60 partecipa attivamente alla vita politica, diventando una delle voci critiche più acute della sinistra italiana e assumendo spesso posizioni controcorrente. Per la sua attività di critico, traduttore e poeta riceve numerosi riconoscimenti: nel 1971 ottiene il premio Città di Monselice per la traduzione letteraria del Faust, nel 1985 il premio Montale-Guggenheim per la raccolta Paesaggio con serpente, nel 1986 il premio Mondello. Muore a Milano nel 1994. 5 10 15 20 Un grande temporale per tutto il pomeriggio si è attorcigliato sui tetti prima di rompere in lampi, acqua. Fissavo versi di cemento e di vetro dov’erano grida e piaghe murate e membra anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando ora i tegoli battagliati ora la pagina secca, ascoltavo morire la parola d’un poeta o mutarsi in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli parlano nei telefoni, l’odio è cortese, io stesso credo di non sapere più di chi è la colpa. METRO Versi liberi Scrivi mi dico, odia chi con dolcezza guida al niente gli uomini e le donne che con te si accompagnano e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici scrivi anche il tuo nome. Il temporale è sparito con enfasi. La natura per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi. Traducendo Brecht, in Una volta per sempre, poesie 1938-1973, Einaudi, Torino 1983 V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume B on line volume B 3 il mestiere di scrivere SEZIONE II - PERCORSI POETICI STRUMENTI DI LETTURA Il significante Le parole chiave La lezione di Brecht: due delle sezioni del volume da cui è tratto il testo proposto si intitolano Traducendo Brecht, scelta che sottolinea il forte legame tra Fortini e il grande scrittore tedesco di cui per oltre un decennio traduce l’opera, assumendolo a modello di una poesia civilmente impegnata. Secondo Bertolt Brecht (1828-1956) scopo dell’arte non è trasformare in senso lirico la realtà, esprimere l’interiorità soggettiva dell’autore o sollecitare l’identificazione emotiva del pubblico, bensì smascherare i meccanismi su cui si fonda il sistema di valori prodotto dal capitalismo, la cui funzione esclusiva è giustificare la sistematica prassi dello sfruttamento e della violenza: partendo da questa convinzione Brecht teorizza un’ arte nuova, che abbia come soggetto situazioni storiche e sociali reali, e attribuisce all’artista la responsabilità politica di denunciare l’ingiustizia e sollecitare la partecipazione attiva alla storia di lettori e spettatori. La riflessione condotta da Fortini sull’opera di Brecht è importantissima nella maturazione ideologica e culturale dell’autore, che condivide con lo scrittore tedesco l’intensa passione politica e morale e la predilezione per un linguaggio netto e deciso, molto vicino alla prosa e in grado di porre concreti interrogativi sul reale ai fruitori: nella poesia Traducendo Brecht questa scelta stilistica dà origine a una successione di versi liberi organizzati in due strofe di lunghezza irregolare il cui ritmo non deriva dall’uso della rima o di analoghi dispositivi retorici ma dalla giustapposizione di elementi lessicali semanticamente forti, posti in rilievo dalla collocazione a fine verso (v. 10, v. 11, v. 13). Le figure retoriche Il linguaggio prosastico di Fortini spesso si eleva grazie a metafore di intensa espressività con cui l’autore trasferisce l’irruenza della passione politica e la profondità della sofferenza degli ultimi in immagini di grande concretezza: un esempio si può osservare nell’espressione versi di cemento e di vetro (v. 4) che restituisce efficacemente la durezza e la limpida sincerità della denuncia dell’ingiustizia che contraddistingue la poesia di Brecht. La visione del mondo di Fortini e il suo rapporto con il pensiero di Bertolt Brecht sono esemplificati dalla coppia di sostantivi oppressi-oppressori (vv. 10, 11), che deriva dalla concezione marxista della storia come lotta di classe, cui entrambi gli scrittori aderiscono. Riflettendo criticamente sulle dinamiche politico-economiche del suo tempo, Fortini giunge alla conclusione che nell’Italia del boom economico l’affermazione del neocapitalismo ha neutralizzato la conflittualità sociale, originando una pacificazione tra le classi che egli giudica ingannevole e a cui attribuisce una valenza negativa, come dimostrano i termini tranquilli (v. 11), cortese (v. 12) e dolcezza (v. 15) utilizzati per rappresentare l’attuale processo di ottundimento delle coscienze, la cui conseguenza è una labile e incerta comprensione dei fenomeni storici (v. 12-13, v. 17). I temi La rimozione del conflitto sociale: sotteso all’intero componimento è il senso di delusione che molti intellettuali vissuti nel secondo dopoguerra provano a seguito del tradimento delle aspettative di giustizia ed equità nate con le lotte della Resistenza e alimentate dall’idea di “democrazia progressiva” insita nella Carta Costituzionale del 1948; il naufragio di queste speranze ha come causa il compromesso tra forze politiche ideologicamente contrapposte che negli anni ’60 ha mantenuto gli oppressi nella stessa condizione e ha delegittimato la pratica della lotta (vv. 10-11 Gli oppressi / sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli). In questo contesto l’implacabile denuncia brechtiana contro le ingiustizie (v. 4 versi di cemento e di vetro) che si alimentava di una realtà di sofferenza e sangue (vv. 5-6 dov’erano grida e piaghe murate e membra / anche di me) risulta sconfitta da un’altra visione del mondo e della storia (vv. 8-10 ascoltavo morire / la parola d’un poeta o mutarsi / in altra, non per noi più, voce) che dietro l’apparenza pacificata nasconde la volontà di eliminare l’idea stessa di conflitto (v. 12 l’odio è cortese), confondendo i protagonisti sulle ragioni sostanziali della diseguaglianza (v. 17 e credono di non sapere) e po- V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 CAPITOLO DUE nendo anche il poeta in una condizione di dubbiosa impotenza (vv. 12-13 io stesso / credo di non sapere più di chi è la colpa). L’intellettuale e la storia: sin dalla prima raccolta, Fortini pone la sua poesia in stretto rapporto con la storia del tempo di cui egli si considera osservatore e testimone, senza attribuirsi altro ruolo se non quello di coscienza critica: in una fase come quella descritta si può solo sopravvivere (v. 6), e al poeta non resta altra possibilità che usare la scrittura come testimonianza, senza tuttavia illudersi essa si faccia motore di cambiamenti radicali (vv. 20-21 La poesia / non muta nulla). La difficoltà del cammino intrapreso è chiara all’autore che sa di essere uomo tra gli uomini, vittima quindi come tutti della forza di persuasione di chi sta al potere: in questo senso l’invito all’odio che l’autore rivolge a se stesso (vv. 14-15 odia / chi con dolcezza guida al niente) va interpretato come un’auto-esortazione a non aderire alla logica corrente della acquiescenza e della pacificazione forzata. L’intertestualità Parola poetica e realtà: la difficoltà di incidere sul presente spinge lo scrittore anche nella direzione di una più profonda rifles- dallʼOttocento al Novecento 4 on line sione sul peso da attribuire alla parola, che egli ritiene limitato e sempre subordinato alla realtà intesa come fatica, lotta, morte. È l’autore stesso a chiarire la relazione dialettica esistente tra scrittura e vita prendendo spunto dalla concretezza del lavoro operaio in fabbrica: “Quando passi attraverso certi reparti dove i vapori chimici e la polvere delle mole ammazzano lentamente decine di uomini, costoro non ti guardano con odio e neppure con curiosità: accettano. È inutile che tu dica a te stesso quale enorme progresso hanno compiuto questi operai e queste donne rispetto ai loro nonni e bisnonni di cento anni fa: resta che tu esisti e tutta la tua classe esiste sulla inumanità loro. Resta che per tutta la vita, i tuoi ozi, i tuoi pensieri, le tue letture, le poesie che scrivi e quelle che non scrivi [...] e i vagabondaggi nelle biblioteche si reggono sulla sottoumanità di una maggioranza, sia essa composta di questi operai o dei braccianti pugliesi”. In questa dimensione sociale la scrittura appare quindi come un “lusso” che per riscattare se stesso deve conquistarsi una credibilità mediante la denuncia, e quando questa risulta inefficace a modificare la contemporaneità, allora lo sguardo si dirige verso un interlocutore futuro per il quale le parole dell’autore acquisteranno un senso e una forza che l’attualità nega (v. 21 Nulla è sicuro, ma scrivi). V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume B on line il mestiere di scrivere SEZIONE II - PERCORSI POETICI di ffi co ltà LABORATORIO Comprensione 1 A quale attività si sta dedicando il poeta quando scoppia il temporale? 2 Con quale stato d’animo Fortini osserva la realtà del suo tempo? Da che cosa scaturisce il suo atteggiamento? 3 Quale compito morale e civile si attribuisce il poeta? Analisi di ffi co ltà 5 Laboratorio volume B Il significante 4 Considerando la nazionalità e il periodo storico in cui è vissuto Bertolt Brecht, chi potrebbero essere gli oppressi, di cui lo scrittore denuncia le sofferenze? Le figure retoriche 5 Individua la figura retorica celata nell’espressione grida e piaghe murate (v. 5), poi spiegane il significato. 6 Quale rapporto di significato esiste tra il temporale da cui prende avvio la poesia (vv. 1-3) e la situazione sociale e politica cui si riferisce Fortini? I temi 7 Basandoti sul significato complessivo del componimento, la frase ascoltavo morire / la parola d’un poeta (vv. 8-9) si riferisce: ai versi composti da Fortini che nessuno apprezza al fatto che la poesia non è in grado di modificare la realtà alla denuncia di Brecht delle ingiustizie, che è rimasta inascoltata ai molti poeti morti durante la guerra a causa delle loro posizioni politiche 8 Il poeta sostiene che anche il suo nome può essere scritto tra quello dei nemici (vv. 17-18): spiega questa affermazione scegliendo e sviluppando una delle due chiavi di lettura proposte. Chiave di lettura A: Fortini si definisce nemico perché anche lui, come gli altri, sta tradendo gli ideali per i quali la sua generazione ha combattuto. Chiave di lettura B: Fortini si definisce nemico perché fa parte di quei pochi che ancora si oppongono ai compromessi. V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 6 dallʼOttocento al Novecento Le parole chiave 9 All’interno del contesto, l’aggettivo battagliati (v. 7) assume il significato di: colpiti sfondati distrutti rumorosi Produzione di ffi co ltà Laboratorio CAPITOLO DUE on line 10 Il testo si basa sull’idea che ingiustizie e diseguaglianze possano essere risolte solo mediante la lotta sia essa individuale, politica o sindacale. Che cosa pensi di questa posizione? La consideri valida o ritieni che un atteggiamento moderato e incline alla mediazione possa rivelarsi più efficace? (Sviluppa il tuo ragionamento portando anche esempi tratti dalla storia contemporanea). V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume B