La parola comunicazione deriva dal verbo
latino communico ed ha, originariamente, il
significato di mettere in “comune”. Il verbo
communico ha la stessa radice del sostantivo
communitas: l’attività comunicativa ha
pertanto una relazione originaria con l’idea
della costruzione di una comunità. Se,
dunque, il fine ultimo della comunicazione
è “fare comunità” in quanto la funzione della
comunicazione è quella di unire.
Nancy (la Comunità inoperosa)afferma che “la
comunità non è altro che la comunicazione di esseri
singolari separati che esistono come tali attraverso la
comunicazione”.
la Piromallo Gambardella sostiene che comunicare è la
grande sfida nella quale siamo tutti implicati spesso
in maniera inconsapevole: è il gioco rischioso di
entrare in contatto con l’altro, di comprenderlo e di
essere da lui compresi. Comunicare è uscire dal
proprio cerchio e stabilire con gli altri rapporti brevi,
lunghi, intensi o meno il cui esito non è mai pre
definito. La comunicazione è la grande avventura
dell’esistere: rischiosa, infinita, dal ritorno incerto.
Karl Erik Rosengren in "Introduzione allo studio della
comunicazione" ci illustra l'etimologia del termine
comunicare:
…uno
scambio interattivo osservabile fra due o
più partecipanti, dotato di intenzionalità
reciproca e di un certo livello di
consapevolezza, in grado di far condividere
un determinato significato sulla base di
sistemi simbolici e convenzionali di
significazione e di segnalazione secondo la
cultura di riferimento.
Felice Cimatti in "Fondamenti naturali della
comunicazione" sostiene che:
 …la comunicazione non è un fenomeno
autosufficiente, ma rappresenta uno sviluppo delle
interazioni non ancora comunicative che hanno
luogo nella percezione…
La PERCEZIONE costituisce, in questa ipotesi, il
fondamento della comunicazione.
La comunicazione, in quanto fenomeno naturale,
non sarebbe altro che la trasposizione a livello
semiotico della più antica (evolutivamente) e
generale capacità non semiotica di percepire e
spostarsi nello spazio; con la differenza che, nella
comunicazione, lo spazio fisico diventa uno spazio
mentale.
Gianfranco Bettetini in "Semiotica della
comunicazione d'impresa” ci dà un elenco degli
elementi individuabili a vario livello nella
comunicazione, al di là dei singoli ambiti
disciplinari:
 caratterizzazione aperta o bidirezionale (a volte
pluridirezionale) dello scambio;
 possibilità di inversione dei ruoli fra emittente e
destinatario;
 valorizzazione dell'attività partecipativa del
destinatario, anche nei casi in cui ricopra il
semplice ruolo di ricettore;
 attenzione agli effetti dell'azione comunicativa;
 tendenziale disponibilità a considerare il rapporto
di comunicazione come un'interazione paritetica e,
quindi, come una forma di conversazione almeno
potenziale.
Per Eleonora Fiorani:
la comunicazione comporta sia la competenza semantica,
riguardante i contenuti del sapere che vengono scambiati,
sia la competenza modale, volta alla manipolazione e alla
persuasione.
Il linguaggio non serve solo a comunicare, ma soprattutto
a trasformare, a manipolare, attraverso l'organizzazione
formale del discorso.
La comunicazione viene intesa come processo interattivo
tra soggetti che scambiano oggetti di valore da essi stessi
messi in circolazione.
Un valore... rappresenta una condizione considerata
desiderabile, un obiettivo da raggiungere, una qualità
auspicabile e ritenuta degna di investimento, un fine
condiviso.
La comunicazione è un atto che trasforma gli attanti (o
personaggi) del rapporto intersoggettivo, muta l'essere
dei soggetti in gioco, è azione dell'uomo sulle cose, ma
anche azione contrattuale e polemica di un uomo su un
altro uomo…
La comunicazione utilizza, contemporaneamente, una
molteplicità di canali e di codici. La comunicazione
umana avviene su tre livelli:
 a)verbale, ovvero il contenuto della comunicazione:
 b) paraverbale, ovvero il tono, il ritmo della voce,
l’emissione dei suoni, la pronuncia;
 c) non-verbale, ovvero gli atteggiamenti posturali, la
mimica facciale, la gestualità, la gestione della distanza
dagli altri(prossemica).
I canali della comunicazione non verbale
 La mimica facciale: La faccia è il più importante canale
della nostra espressività. Pensiamo ai segnali involontari e
difficilmente controllabili come il dilatarsi delle pupille, i
cambiamenti di colore dell’epidermide. Ancora, il
linguaggio degli sguardi, una delle forme principali
attraverso cui gli individui prendono contatto gli uni con
gli altri.
 Gli atteggiamenti posturali: il modo con cui gli
individui si muovono, gestiscono il proprio corpo
rappresenta una fonte di segnali analogici. La
conformazione della struttura corporea è il risultato
del patrimonio genetico, ma è anche vero che il corpo
stesso è modellato dall’uso che ne facciamo
La gestualità: Oggi il gesticolare è piuttosto studiato
perchè è una maniera estremamente efficace per dare
enfasi, esaltare, dare minore peso ad alcuni tratti dei
nostri discorsi.
Prendiamo in considerazione i movimenti delle mani: mentre
parliamo le nostre mani sono costantemente impegnate in
movimenti più o meno ampi e veloci che accompagnano
l’emissione vocale, accentuando certi passaggi, esplicitando
stati emozionali interni. L’intensità di tali movimenti varia da
individuo ad individuo ma è anche influenzata dalle pratiche
culturali presenti presso i diversi gruppi umani.
Secondo recenti ricerche il movimento delle mani
faciliterebbe il ricordare linguisticamente alcune cose.
Alcuni esperimenti mostrano come soggetti invitati a
ricordare il nome di oggetti poco comuni tendono a farlo
con maggiore facilità se hanno le mani libere di muoversi
e di simulare la forma dell’oggetto in questione, mentre il
compito è più difficile se sono costretti a tenere in mano
una sbarra di ferro.
Alcuni approcci teorici…Le teorie delle
comunicazioni di massa.
 << il cambiamento tecnologico è tutto sommato di
portata inferiore rispetto al cambiamento semiotico e
psicologico che si accompagna ad esso. Mutano le
condizioni materiali della comunicazione e delle
conoscenze, ma assieme a queste e con queste mutano le
forme del sapere umano. Televisione e computer non
sono semplici macchine, ma apparati di conoscenza,
metafore di un nuovo regime mentale caratterizzato da
fluidità, contaminazione, interattività>>
 Tra gli anni Venti e Trenta nasce la teoria dell’ago
ipodermico (hypodermic theory) o proiettile magico
(magic bullet theory). L’assunto di base di tale teoria
è già espresso nelle metafore con cui la si denomina:
come con un’iniezione ipodermica, è possibile
inoculare in maniera sostanzialmente indolore
qualunque sostanza in un qualunque organismo,
così con i media è possibile esercitare qualunque
influenza in maniera immediata su chiunque.
(Analogamente), come un ipotetico proiettile magico
riesce sempre a colpire il suo bersaglio, così anche i
messaggi veicolati dai media colpiscono sempre
direttamente il destinatario, esercitando su di esso
l’effetto voluto dalla fonte.
 Negli anni Quaranta e Cinquanta, si viene
affermando la teoria degli effetti limitati. La
prospettiva che caratterizza questo approccio,
riguarda la capacità di influenza dei media su
ciascun membro del pubblico. Il postulato
fondamentale di questa teoria è che l’influenza dei
media sul pubblico non è diretta, bensì mediata da
condizioni e fattori psicologici, sociali e culturali
 La teoria degli effetti limitati verrà messa in discussione
a partire dalle seconda metà degli anni Sessanta, a causa
della concomitanza di una serie di fattori che
orienteranno la ricerca sociologica verso una
riconsiderazione del potere dei media. Il primo ordine di
fattori è legato alla sempre maggiore diffusione e
presenza delle comunicazioni di massa nella vita
quotidiana di larghe fasce della popolazione, che ormai
propongono al pubblico un’offerta mediale ampia e
differenziata.
 Gli anni Settanta sono il periodo in cui l’interesse dei
sociologi comincerà progressivamente a spostarsi
sull’influenza dei media nei processi di
socializzazione e di costruzione sociale della realtà.
Le teorie degli effetti a lungo termine si
caratterizzano per uno spostamento dell’attenzione
(…) dal piano comportamentale/atteggiamentale a
quello rappresentazionale. Ciò porta a considerare
centrale un’area del fenomeno che veniva in
precedenza ritenuta secondaria e accidentale, quella
delle conseguenze graduali, globali e per lo più
indirette che la prolungata esposizione ai media può
produrre sull’attività percettivo-rappresentazionale
delle persone - sulla loro “immagine della realtà”
 Gli effetti a lungo termine sono di tipo cumulativo, in
quanto si costruiscono gradualmente nel tempo in
seguito ad una esposizione prolungata ad insiemi di
messaggi. Gli effetti più importanti (per esempio sulla
definizione dei valori e dei modelli di comportamento
dell’agire individuale o sociale) si determinano al
crescere della durata dell’esposizione mediale. Più tempo
è necessario, invece, per mettere a punto un nuovo
schema cognitivo o modificarne uno esistente.
 Bastano tre o quattro puntate di un serial televisivo
come “Medici in prima linea”per aggiustare, per
inferenza, lo “schema” ospedale, per applicarlo al
caso di un reparto dove vi sono medici ambiziosi con
rapporti anche ostili tra loro. Ma più importante è
ritenere che schemi cognitivi analoghi siano
utilizzati per valutare la situazione della sanità
nazionale, così come ognuno vorrebbe vederla
realizzata e poterla utilizzare. Così accade che
schemi cognitivi e atteggiamenti emotivi nati nel
momento della fruizione televisiva vengano poi
utilizzati per “considerare” la realtà “vera”,
producendo rappresentazioni in cui la fiction si
mescola alla realtà.
 Agenda setting.
L’assunto di base di questa teoria è che il potere di
persuasione dei media si manifesta nel fatto che essi
presentano al pubblico una sorta di elenco di eventi,
temi e personaggi sui quali è necessario essere
informati. In questo modo, i media possono
distorcere la realtà, attribuendo particolare
importanza a determinati eventi, temi e personaggi
piuttosto che ad altri. In conseguenza dell’azione dei
giornali, della televisione e degli altri mezzi di
informazione, il pubblico sa o ignora, considera o
trascura, enfatizza o neglige elementi specifici della
vita pubblica.
 Le persone tendono ad includere o a escludere dalle
proprie conoscenze ciò che i media includono o
escludono dai propri contenuti, ed a attribuire agli
eventi, ai problemi e ai personaggi proposti dai
media un’importanza che corrisponde all’enfasi con
cui sono trattati. Numerosi studi hanno evidenziato
che i soggetti più sensibili a un possibile effetto di
agenda presentano le seguenti caratteristiche: 1) un
elevato livello di esposizione ai media; 2) un forte
bisogno d’informazione; 3) bassi livelli di
integrazione all’interno del gruppo sociale di
appartenenza e di comunicazione interpersonale.
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Pedagogia dei media e della comunicazione