La responsabilità dell’ente
pubblico
Le 4 variabili:
1. Liceità
2. Illiceità
3. Volontarietà
4. Accidentalità
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Combinazione delle variabili
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Illecito volontario = dolo
Illecito accidentale = colpa
Danno volontario lecito = atto ablativo
Danno accidentale lecito =
responsabilità oggettiva
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Perché accostare eventi così
(apparentemente) diversi?
• La responsabilità non è sanzione in
senso di “punizione”
• La responsabilità è reintegro del
patrimonio danneggiato
• Tutte le 4 ipotesi esaminate sono
invasione della sfera giuridicopatrimoniale altrui che merita reintegro
economico
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Perché si reintegra
(rivediamo l’elenco, punto per punto)
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Illecito volontario = dolo
Illecito accidentale = colpa
Danno volontario lecito = atto ablativo
Danno accidentale lecito =
responsabilità oggettiva
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Le tesi limitative generali
(per tutti i rapporti tra consociati)
• L’illecito è tipico e non generale. L’art. 2043 Cod.Civ.(*)
riconosce il risarcimento solo per il danno «ingiusto», ossia
lesivo di diritti soggettivi assoluti
• La responsabilità oggettiva ha carattere eccezionale, solo per i
casi espressamente previsti e per lo più come inversione
dell’onere della prova.
Tuttavia
La giurisprudenza, oscillante ed apparentemente orientata verso
queste tesi, in pratica - ai fini dell’art. 2043 - riconosceva nuovi
diritti pur di concludere per il risarcimento, quando il buon senso
lo imponeva. Talora invocava un più generico e “giusto”
principio di “neminem laedere”.
Sempre la giurisprudenza, nell’applicare gli artt. da 2049 a 2053,
cod. civ.(**), ha sempre adottato soluzioni volte a conferire
piena tutela al danneggiato, realizzando in pratica un sistema di
responsabilità oggettiva generale, pur teoricamente negato.
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(*) Codice Civile - Libro Quarto: Delle obbligazioni - Titolo IX: Dei fatti illeciti —
Art. 2043 Risarcimento per fatto illecito: Qualunque fatto doloso o colposo,
che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il
fatto a risarcire il danno
(**) Art. 2049 Responsabilità dei padroni e dei committenti: I padroni e i
committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro
domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.
Art. 2050 Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose Chiunque
cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua
natura o per la natura dei mezzi adoperati, e tenuto al risarcimento, se non
prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
Art. 2051 Danno cagionato da cosa in custodia: Ciascuno è responsabile del
danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso
fortuito.
Art. 2052 Danno cagionato da animali: Il proprietario di un animale o chi se
ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati
dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o
fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Art. 2053 Rovina di edificio: Il proprietario di un edificio o di altra
costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che
provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di
costruzione
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Le tesi limitative in favore
degli enti pubblici
• 19° secolo:
– La responsabilità aggrava il bilancio pubblico,
impone nuove tasse e quindi rallenta l’economia
– Si può ammettere la responsabilità solo quando lo
Stato agisce iure privatorum e non iure imperi
(Superata dalla Corte di Cassazione a partire
dall’anno 1878)
• Prima metà del 20° (Kelsen)
– Lo Stato non può volere la norma e la sua
violazione
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La fattispecie degli interessi
legittimi oppositivi
• Ante Cass. 500/1999 e L. 205/2000
– Non ha dato luogo a problemi teorici.
– Si annulla l’atto innanzi al giudice
amministrativo
– Si chiedeva il risarcimento davanti al
giudice ordinario
– Non occorreva dimostrare dolo o colpa
della P.A.
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Le tesi limitative in favore
degli enti pubblici
• 20° secolo fino ai giorni nostri: il problema si
concentra sulla risarcibilità dei danni derivanti da
lesione degli interessi legittimi pretensivi:
– «Non essendo diritti soggettivi, ma aspettative, i danni non
sono “ingiusti” e quindi risarcibili ai sensi dell’art. 2043 cod.
civ.»
– «Non è possibile dimostrare il danno di un quid puramente
eventuale (il provvedimento favorevole)»
– Anche dopo l’annullamento del diniego illegittimo la
situazione del cittadino è quella di attesa di provvedimento
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Le repliche della dottrina prevalente
• Il sistema italiano si discosta dagli altri Paesi
europei e non garantisce una giustizia reale
• Il mancato conseguimento del beneficio è
equiparabile al lucro cessante di cui all’art.
2056, co.2(*) e si risolve in una valutazione
della perdita di “chances” (probabilità)
• Quanto meno andrebbero risarciti di danni da
lesione di “diritti in attesa di espansione”
• (*) Cod. civ. Art. 2056 Valutazione dei
danni: co.2. Il lucro cessante è valutato dal
giudice con equo apprezzamento delle
circostanze del caso.
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La direttiva comunitaria 665
del 1989
• Imponeva la riparazione del danno alle
imprese illegittimamente escluse
dall’aggiudicazione di appalti in violazione di
norme comunitarie
• Attuata per la prima volta dalla L. 19 febbraio
1992, n. 142 (art. 13)
• Corte di Cassazione ante sent. 500/99: «si
tratta di una eccezione, imposta dalla direttiva
CE alla regola della irrisarcibilità dei danni da
lesione di interessi legittimi pretensivi»
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La sent. Cass. S.U. 22 luglio
1999 n. 500 (*)
• Va divisa in due parti:
– La parte che riconosce la risarcibilità dei
danni da lesione di interessi legittimi
pretensivi
– La parte che ammette una disapplicazione
generalizzata degli atti amministrativi
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Cass. 500/1999, prima parte.
• Ha rilevanza per tutta la teoria della responsabilità,
anche tra privati, e non solo per la risarcibilità degli
interessi legittimi
• «Ingiusto» nel 2043 cod. civ. non significa lesivo di
diritti soggettivi ricavabili da altre norme. L’art. 2043 è
autoreferente.
• Si deve trattare di interessi meritevoli di tutela da
parte dell’ordinamento
• Gli interessi pretensivi rientrano in questa categoria.
• Occorre comunque la prova del danno
• E della colpa o dolo della P.A. (critica).
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Cass. 500/1999, seconda
parte.
• Non richiama esplicitamente la vecchia legge L. 20-3-1865, n.
2248, all. E, ma afferma che non è necessario il previo
annullamento dell’atto, neppure nelle controversie su interessi
oppositivi.
• Critiche. L’annullamento dell’atto costituisce rimozione specifica
della causa del danno che il danneggiato non può omettere.
• Possono sorgere conflitti di giudicati ove l’atto coinvolga più
persone che seguono strade di tutele differenti
• Si svilisce la giurisdizione amministrativa consentendo di
aggirarla attraverso la disapplicazione; era giustificata fino al
1889.
• Si aggira la certezza dell’azione amministrativa, poiché la
decadenza dall’impugnazione nei termini di 60 gg è aggirata
dall’azione di danno entro il lungo termine della prescrizione.
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