Mucocele della colecisti
Il mucocele è la distensione di una cavità dovuta all’inappropriato accumulo di muco. Nel
caso della colecisti è un accumulo della componente mucosa della bile all’interno della
cistifellea.
Cenni anatomici. La colecisti (o cistifellea) costituisce le vie biliari extraepatiche
insieme ai dotti epatici e cistico, al dotto biliare comune (o coledoco). La bile defluisce
dal dotto epatico nel dotto cistico fino alla cistifellea dove viene accumulata e
concentrata. La colecisti è situata tra il lobo quadrato del fegato medialmente ed il lobo
destro lateralmente, ha una forma piriforme ed è composta da fondo (estremità
arrotondata), corpo (o porzione mediana) e collo (estremità che si assottiglia andando a
sboccare nel dotto cistico). Il dotto cistico, attraverso cui la bile entra ed esce dalla
colecisti, si estende dal collo della colecisti fino alla sua giunzione con il primo dei 3-5
dotti epatici, punto in cui inizia il dotto biliare comune. Questo decorre nel piccolo
omento per circa 5 cm e penetra nel versante mesenterico del duodeno discendente in
un’apertura comune col dotto pancreatico minore, nota come papilla duodenale
maggiore.
Immagini da T. Fossum, “Chirurgia dei piccoli animali”
Eziologia. A tutt’oggi non esiste consenso in medicina veterinaria sull’esatta eziologia
del mucocele, di diversa origine rispetto alla medicina umana (ostruzione del dotto
cistico).
La patologia ha probabilmente una eziologia multifattoriale, dove ad alterazioni della
parete della cistifellea si associano fattori ambientali (alimentazione), fattori genetici
(esiste una predisposizione di razza per pastori delle shetland, cocker e schnauzer) e la
compresenza
di
patologie
(iperadrenocorticismo,
pancreatiche
diabete
o
mellito
epatiche
o
e
endocrinopatie
ipotiroidismo).
La componente infiammatoria presenta una ridotta incidenza nei casi di mucocele della
cistifellea.
Alterazioni parete
Iperplasia delle ghiandole
Fattori ambientali
Alimentazione
Fattori genetici
Cocker, pastore delle Shetland, Schnauzer
Fattori predisponenti
Pancreatite, Epatite, Iperadrenocorticismo, Diabete
Mellito, Ipotiroidismo
Segnalamento. Questa patologia colpisce prevalentemente cani di età adulta-anziana
(circa 10 anni), di taglia medio-piccola , in particolare Cocker Spaniel e Pastore delle
Shetland,
ma anche meticci e cani di altre razze come Bichon Frisé, Schnauzer nani,
Beagle. Non sembra esserci invece alcuna predisposizione legata al sesso.
Sintomi. La sintomatologia è piuttosto vaga ed aspecifica. Il proprietario segnala
vomito, abbattimento, disoressia o anoressia, perdita di peso, letargia in alcuni casi
diarrea e poliuria/polidipsia.
Alla visita clinica si riscontrano ittero delle mucose esplorabili, algia alla palpazione
addominale, disidratazione, a volte tachicardia, tachipnea ed ipertemia (ma altre volte
ipotermia)
Diagnosi. La diagnosi è raggiungibile solo mediante l’esecuzione di ulteriori esami, che
includono ecografia addominale ed esami del sangue (esame emocromocitometrico e
profilo biochimico completo).
L’esame emocromocitometrico può evidenziare solo leucocitosi (aumento dei globuli
bianchi) e di solito neutrofilia (aumento del numero di neutrofili) . Più significativo è il
profilo biochimico che evidenzia aumento di ALP (fosfatasi alcalina), ALT (alanino
transferasi), GGT (gamma glutaniltransferasi), AST(aspartato transferasi), urea e
bilirubina totale.
L’esame ecografico evidenzia contenuto
statico ipo-iperecogeno che occupa il lume
della
cistifellea
(non
gravitazione-
dipendente), organizzato a ruota di carro
(striature iperecogene che dal centro si
diramano verso la periferia) o simile alla
sezione di un kiwi (puntinature diffuse).
Nel caso di rottura della cistifellea, si può
osservare reazione omentale e segni più o
meno gravi di peritonite focale o generalizzata.
Risoluzione. La risoluzione della patologia è chirurgica.
Si possono eseguire due tipi di interventi:
•
•
colecistectomia (asportazione della colecisti)
colecistoduodenostomia (creazione di un collegamento diretto tra colecisti e
duodeno discendente)
Duodeno discendente
colecisti
Ma come scegliere tra questi due tipi di procedure? Non è possibile raccomandare un
intervento piuttosto che l’altro. Si potrebbe argomentare che una colecistectomia è
preferibile per evitare le complicazioni associate alla necrosi parietale. Ma d’altro canto,
la colecistoduodenostomia è anche accettabile perché con questa tecnica si crea una
comunicazione più larga dell’orifizio originale ed un orifizio più grande può prevenire un
futuro accumulo di muco. Quindi entrambi i trattamenti appaiono validi e la scelta del
tipo di intervento dipende dalla preferenza del chirurgo, anche se nel caso in cui si abbia
rottura
della
cistifellea
in
seguito
a
necrosi
della
parete
si
esegue
sempre
colecistectomia.
Infine è possibile eseguire la colecistectomia in laparoscopia in tutti quei casi in cui non
siano evidenziabili segni di rottura della colecisti e segni di ostruzione delle vie biliari
extraepatiche né mediante visita clinica né
ad
esami di laboratorio
(ittero
e
iperbilirubinemia) né all’ecografia addominale (discontinuità della parete e/o materiale
biliare in addome).
Esame
istologico.
L’esame
istologico
rappresenta un passaggio obbligato postchirurgia
per
confermare
diagnostico di mucocele.
il
sospetto
Di solito si osservano reperti di iperplasia della mucosa della cistifellea, segni di
alterazione benigna delle cellule, nonché eventuali lesioni parietali (necrosi della parete).
L’aspetto macroscopico del mucocele è caratteristico: abbondante secreto denso che
occupa tutto il lume dell’organo.
Prognosi. La prognosi dipende dalla gravità del quadro clinico e da concomitanti
patologie/alterazioni
che
possono
ridurre
la
sopravvivenza
durante
l’intervento
chirurgico e il periodo postoperatorio. La rottura della cistifellea è associata a peggiore
prognosi
per
l’effetto
irritante
della
bile
in
addome
(peritonite
biliare)
ed
è
accompagnata ad alterazioni del profilo ematochimico più marcate (soprattutto di globuli
bianchi, ALP, AST e bilirubina totale); allo stesso modo, soggetti con concomitante
pancreatite presentano un più difficile recupero postoperatorio. Il tasso di sopravvivenza
perioperatoria in letteratura è del 81%. La sopravvivenza nel lungo periodo è ottimale,
senza successive manifestazioni correlate alla patologia primaria.
Dr. Cacciolo Molica Daniele e Dr.essa Spalla Ilaria
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