“Analisi logica del
linguaggio”
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Il principio dell’analisi logica del linguaggio e il
principio empiristico contraddistinguono la
filosofia del cosiddetto “Circolo di Vienna”.
Queste diapositive sono dedicate al primo dei
due principi e, in particolare, al significato
della parola logica, di cui intendono
sottolineare alcuni tratti distintivi.
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Un’osservazione preliminare
L’analisi logica di cui stiamo parlando non deve essere
intesa come un fatto esclusivamente “tecnico”, bensì
come un modo di ripensare l’intero campo dei problemi
tradizionali della filosofia (e non solo di quelli legati alla
riflessione sulla scienza), nella convinzione che una loro
più rigorosa formulazione contribuirebbe a chiarirne i
termini, a farci meglio capire cosa, di volta in volta, è in
gioco e a liberarci da discussioni troppo fumose o da
inutili bizantinismi.
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La parola logica va pertanto
associata alle espressioni:

rigore
chiarezza
comunicazione trasparente
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Innanzitutto: l’analisi logica di cui stiamo parlando non va confusa con
la tradizionale “analisi logica” o, più in generale con quello che, a
scuola, si chiama analisi grammaticale.
ESEMPIO: le due frasi
1) Franco e Giuseppe sono intelligenti
2) Franco e Giuseppe sono amici
che la grammatica tratta nello stesso modo e
classifica insieme, per la logica sono, invece,
molto diverse
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“Franco e Giuseppe sono intelligenti”
e
“Franco è
intelligente”
“Giuseppe è
intelligente”
Si tratta di una proposizione complessa ottenuta per
combinazione di due proposizioni semplici
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“Franco e Giuseppe sono amici” è, invece, una
proposizione semplice, non ulteriormente scomponibile
nello stesso modo in cui è scomponibile “Franco e
Giuseppe sono intelligenti”.
Le due proposizioni sono profondamente diverse.
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Un’ulteriore differenza
La logica di cui stiamo parlando
NON E’
la logica aristotelica.
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La forma della proposizione
Per Aristotele, la forma della proposizione è la
forma
SOGGETTO PREDICATO
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Per capire la tesi di Aristotele ...
come qualsiasi altra affermazione teorica, conviene
indagare nel mondo dell’esperienza comune e del
linguaggio ordinario, per vedere se vi è qualcosa che ad
essa corrisponda.
Vi sono, nel linguaggio comune, proposizioni che
presentano una simile forma ?
Ovviamente sì.
Un esempio banale : “La rosa è rossa”.
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Molta parte dei nostri discorsi è costituita da
proposizioni di questo tipo (“la rosa è rossa”), che
noi combiniamo insieme fino ad ottenere risultati
che possono anche essere molto complessi.
Nel linguaggio quotidiano vi sono, tuttavia, altri
tipi di proposizioni, come, ad esempio:
“Roma è più grande di Atene”
“Barbarossa è Federico I”.
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Ciò che distingue le tre proposizioni:
La rosa è rossa
Attribuisce una proprietà a ciò cui si riferisce il termine in
funzione di soggetto.
Roma è più grande di Atene
Asserisce una relazione
Barbarossa è Federico I
Asserisce un’identità
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Naturalmente, Aristotele sapeva bene che non tutte le
proposizioni del linguaggio comune esibiscono una forma
soggetto-predicato, ma egli pensava che la forma soggettopredicato cogliesse la vera natura della proposizione e che,
pertanto, quelle proposizioni che non si presentano
apertamente con questa forma, dovessero essere
opportunamente manipolate e ridotte alla forma soggettopredicato.
E’ così che una proposizione come “Il cavallo corre” diviene,
nelle opere di Aristotele, “Il cavallo è una cosa che corre” o,
forzando il linguaggio, “Il cavallo è corrente”.
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Lo spingevano in questa direzione, considerazioni metafisiche
(la teoria della sostanza) ed esigenze tecniche legate al
procedimento sillogistico (che deve presupporre, per poter
operare, proposizioni di forma soggetto-predicato).
Al procedimento sillogistico si continuò a riservare, per molti
secoli, una posizione dominante.E benché si imbattesse in
serie difficoltà tutte le volte che si trovava di fronte a
proposizioni relazionali, il pensiero antico convisse per lungo
tempo con queste difficoltà giudicando i vantaggi, che si
ottenevano a ragionare in forma sillogistica e soggettopredicato, superiori agli svantaggi.
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La scienza dell’epoca moderna
Le cose cambiarono radicalmente con l’affermarsi della
scienza moderna. Per la scienza moderna è importante la
matematica. Galileo e Newton rendevano la regolarità
della natura in formule matematiche. Per la matematica
sono fondamentali le relazioni.
Un numero, per esempio è più grande di tutti quelli che lo
precedono, e che sulla retta dei numeri giacciono alla sua
sinistra, e più piccolo di tutti quelli che seguono, che
sulla retta dei numeri giacciono alla sua destra.
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Relazioni
“ … più grande di …”
“ … più piccolo di …”
precedere
seguire
“ … a sinistra di …”
“ … a destra di …”
ecc. ecc.
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Leibniz
Nasceva la necessità di condurre un’indagine più
accurata su questa dimensione del linguaggio.
Questa necessità, già avvertita da molti pensatori, fu per
la prima volta avvertita ed espressa con consapevolezza
da Leibniz. Leibniz contribuì in modo decisivo alla
costruzione di una teoria delle relazioni. Egli commise
però l’errore di credere che una tale teoria non dovesse
essere altro che un capitolo della logica aristotelica e
continuò perciò a ritenere che la forma soggettopredicato rendesse conto della vera natura della
proposizione.
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Le difficoltà dell’analisi soggetto-predicato
di fronte al problema delle relazioni
Esempio:
“ A è padre di B”
Interpretata in chiave soggetto-predicato, dovremmo dire
che questa proposizione attribuisce una proprietà (la
paternità) a ciò cui si riferisce il termine in funzione di
soggetto . Ma questo è assurdo. Come, analogamente,
sarebbe assurdo dire di un determinato numero che è
grande o piccolo in sé, mentre è solo rispetto a quelli che lo
precedono e lo seguono che può dirsi grande o piccolo.
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La natura relazionale della proposizione
Attraverso i lavori che da Leibniz portano a G. Boole,
per un verso, e a pensatori come G. Frege o B. Russell,
per un altro verso, la logica moderna si costruisce
staccandosi decisamente dalla posizione aristotelica, di
cui finisce per rovesciare completamente la tesi di fondo:
la forma che più adeguatamente coglie la natura della
proposizione non è quella soggetto-predicato, bensì
quella relazionale.
Così, in “Bruto uccise Cesare”, “uccise” nomina la
relazione che lega Bruto a Cesare, e asserisce che tale
relazione sussiste tra i due termini.
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In “la penna è sul tavolo”, “sul” nomina la relazione; “è”
asserisce che questa relazione sussiste tra la penna e il
tavolo.
Le proposizioni che esibiscono una forma soggettopredicato vengono, ora, reinterpretate in questa nuova
prospettiva, ricorrendo al concetto di relazione di
equivalenza.
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Le proposizioni universali
Vediamo ora un esempio che può
aiutarci a capire quali implicazioni
filosofiche generali possano derivare
da questa discussione sulla forma di
una proposizione.
Proposizioni universali
Esempio:
“ Tutti gli uomini sono
mortali “
Interpretazione soggetto-predicato:
“ La mortalità è una proprietà dell’umanità “
“ La mortalità è contenuta nell’umanità “
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Tentazione metafisica
L’interpretazione soggetto-predicato ci espone ad una
“tentazione metafisica”, la tentazione, cioè, di considerare
l’umanità e la mortalità come se fossero enti, una qualche
specie di cose.
Ci troveremmo, allora, ad abitare un mondo sovrappopolato
di oggetti: accanto alle singole cose della nostra esperienza
comune vi sarebbero anche degli enti universali, cui
dovremmo, perciò, forzatamente attribuire una qualche forma
di misteriosa esistenza.
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Il carattere ipotetico delle
proposizioni universali.
L’interpretazione della logica moderna:
SE
“qualcuno / qualcosa è un uomo”
ALLORA
“questo qualcosa / qualcuno è mortale “
N.B.: la relazione è “se … allora … “
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Una proposizione ipotetica non si impegna a sostenere
che vi è qualcosa. Essa si limita a collegare l’antecedente
con il conseguente.
Osserviamo con attenzione le due espressioni
dell’esempio, collegate dalla relazione “se … allora …”:
“ qualcuno / qualcosa è un uomo “
“ qualcuno / qualcosa è mortale “.
In entrambe ricorre un pronome.
A rigore, quando in un’ espressione ricorre un pronome,
l’espressione in questione non è una proposizione.
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Una proposizione deve essere o vera o falsa. Ma se uno
chiedesse, di un’espressione in cui ricorre un pronome, se è
vera o falsa, noi non sapremmo cosa rispondere (a meno che
non fosse implicito, nel contesto del discorso, a chi o a che
cosa quel pronome si riferisce - e in tal caso la sua funzione
di pronome sarebbe solo “apparente”).
Grosso modo, il concetto di pronome corrisponde a quello
matematico di variabile.
Possiamo allora scrivere:
“ x è mortale “
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Funzioni proposizionali.
Russell chiamò espressioni del tipo “ x è mortale “,
funzioni proposizionali.
L’intera espressione:
“ SE ‘x è un uomo’ ALLORA ‘x è mortale’ “ è, a sua
volta, una funzione proposizionale.
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Le leggi scientifiche
I Neopositivisti fecero ricorso al concetto di funzione
proposizionale “ per render conto delle leggi scientifiche e
della loro universalità.
Esempio:
I CORPI CADONO VERSO IL
SUOLO CON
UN’ACCELERAZIONE
VERTICALE COSTANTE
È interpretata ESSERE UN CORPO IMPLICA
CADERE VERSO IL SUOLO CON
UN’ACCELERAZIONE VERTICALE
COSTANTE
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Una legge scientifica NON E’ una proposizione, bensì una
struttura che genera proposizioni assegnando, in questo
caso, valori empirici alle coordinate di un corpo o, in
generale, a tutte le variabili che ricorrono nell’espressione.
Le singole proposizioni possono essere, messe a confronto
con l’esperienza, o vere o false.
La funzione di una legge scientifica consiste nel consentire
questo confronto con l’esperienza.
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Conclusione
Chi conosce la storia del Neopositivismo logico sa quanti
dibattiti ha suscitato la tesi che abbiamo appena finito di
citare.
Ma questo è appunto il compito dell'analisi logica.
Il suo compito non è quello di fornire soluzioni
incontrovertibili; calare dall'alto su un dibattito e
chiuderlo d'autorità.
Al contrario, la chiarificazione logica dei nostri discorsi
riapre la comunicazione, ma su nuove basi.
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