- 25 -
3 CAPITOLO III
3.1 Introduzione alle aberrazioni
Fino ad ora si è visto che nell’approssimazione parassiale tutte le superfici producono
immagini stigmatiche, nel senso che i punti oggetto e immagine sono coniugati secondo
l’equazione di Gauss. Nel precedente capitolo si è inoltre visto che le superfici coniche
possono anch’esse, in vari casi, produrre immagini stigmatiche indipendentemente
dall’approssimazione parassiale.
In questo capitolo iniziamo a vedere cosa succede quando il principio di Fermat non è
strettamente soddisfatto, cioè quando viene a mancare l’approssimazione parassiale. Vedremo
che l’immagine di un punto non rimane puntiforme ma si sparpaglia a produrre una figura di
aberrazione. All’inizio faremo il caso dei sistemi ottici più semplici, calcolando le aberrazioni
degli specchi ed introdurremo il concetto di compensazione delle aberrazioni, facendo infine il
caso dei due principali telescopi astronomici, analizzando le configurazioni Schmidt e
Cassegrain.
3.1.1 Gli specchi conici
Cominciamo con il calcolare la lunghezza focale di uno specchio concavo, o più precisamente,
la distanza dal vertice dello specchio dove un raggio riflesso incontra l’asse ottico. La Fig. 3.1
mostra un fascio di raggi paralleli incidenti uno specchio concavo ad un altezza r dall’asse
ottico. Contrariamente alle normali convenzioni facciamo viaggiare la luce da destra a sinistra.
Con questa scelta le distanze misurate a destra del vertice dello specchio sono positive.
Prendiamo inoltre l’angolo positivo quando r > 0. Dalla geometria della figura si vede che
f = z + z0 , dove
r
2
Z0
Z
f
Fig. 3.1 Un raggio incidente parallelo all’asse ottico incide sullo specchio concavo e ne viene riflesso.
z0 =
Notiamo che tan
r
r (1 tan 2 )
=
tan 2
2 tan
= dz / dr e usando la (2.22) del capitolo precedente si ha:
(3.1)
- 26 -
dz
r
=
= tan
dr R (1 + K ) z
Sostituendo nella (3.1) e ponendo f = z + z0 si ottiene:
f =
R (1 K ) z
+
2
2
r2
2( R (1 + K ) z )
(3.2)
Per eliminare z dalla (3.2) ricaviamo z dalla (2.21) ed espandiamo in serie di potenze
ottenendo:
r2
r4
r6
+ (1 + K ) 3 + (1 + K ) 2
+ ...
(3.3)
z=
2R
8R
16 R 5
che sostituendo da luogo alla:
f =
R
2
(1 + K )r 2
4R
(1 + K )(3 + K )r 4
...
16 R 3
(3.4)
da cui si vede subito che f = R / 2 per K = 1 , cioè per un paraboloide. Per una sfera o un
ellissoide con K > 1 è f < R / 2 , mentre per un iperboloide è f > R / 2 . La f è costante per
ogni r solo per il paraboloide quando l’oggetto è all’infinito. Per ogni altra conica la variazione
della distanza focale f in funzione di r è:
f = f (r )
(1 + K )r 2
f (paraxial) =
4R
(1 + K )(3 + K )r 4
16 R 3
...
(3.5)
Perciò per ogni superficie coniche che non sia un paraboloide l’immagine di un oggetto
all’infinito sarà aberrata. f è indipendente dal segno di r per cui il degrado dell’immagine
sarà simmetrico rispetto all’asse z. Il segno di R invece cambia il segno di f .
3.1.2 L’aberrazione sferica
Definiamo aberrazione sferica trasversa (TSA) l’intersezione di un raggio riflesso a distanza r
dal vertice con il piano focale parassiale (Fig. 3.2).
LSA
2
TSA
Z
f
R/2
Fig. 3.2 L’aberrazione sferica trasversa (TSA) e longitudinale (LSA).
- 27 -
L’aberrazione sferica longitudinale è invece la distanza tra il fuoco reale ed il fuoco parassiale,
cioè f. Osserviamo che:
TSA
=
r
LSA ( f z)
dove sia TSA che LSA sono negative. Usando le relazioni precedenti ed applicando
l’espansione binomiale mantenendo tutti i termini fino al V° ordine, lo studente può verificare
che:
r3
TSA = (1 + K ) 2
2R
r5
3(1 + K )(3 + K ) 4 + ...
8R
(3.6)
Il primo termine è detto (TSA3) il secondo (TSA5). Per K = 0 (superficie sferica) entrambi i
termini sono negativi per r > 0 e positivi per r < 0. Il segno di TSA per un iperboloide è
opposto a quello di una sfera o un ellissoide. Si noti inoltre che il segno di TSA è indipendente
dal segno di R. Il rapporto tra i due termini è:
TSA5 3(3 + K )r 2 3(3 + K )
=
=
TSA3
4R2
64 F 2
dove F è il rapporto focale ( F = f / D ). Per una sfera TSA5 è il 10% di TSA3 quando F=1.19.
Ciò è sufficiente per trascurare TSA5 per tutti gli specchi sferici eccettuati quelli troppo rapidi
(F piccoli).
Osservando l’eq. (3.3) vediamo che la differenza tra la superficie del paraboloide (non
aberrata) e quella di una generica superficie di costante conica K è, fermandoci al termine in r4,
data da:
z = zp
z ( K ) = (1 + K )
r4
8R 3
(3.7)
dove p indica il paraboloide. La differenza di cammino ottico tra due raggi che incidono
rispettivamente su un paraboloide e su una generica superficie alla medesima altezza r, è
approssimativamente 2 z. La direzione dei raggi riflessi nei due casi differisce di
r
r3
r
= dz / dr = + 4(1 + K ) 3 e
2( p
) dove
in
approssimazione
p = dz p / dr =
R
8R
R
parassiale. Lo studente può verificare dalla (3.3) che:
2(
p
d
r3
) = (2 z ) = (1 + K ) 3
dr
R
detta aberrazione sferica angolare (ASA).
La relazione tra l’aberrazione trasversa e quella angolare è:
TSA3 = ( R / 2) ASA3 = (1 + K )
assumendo che l’angolo
p
non sia troppo grande.
r3
2R 2
(3.8)
- 28 -
Lo studente esamini quali sono le approssimazioni fatte affinché sia valida la (3.8).
Le procedure seguite per ottenere la (3.8) possono essere generalizzate ad ogni coppia di
oggetti ed immagini coniugati. Tutto ciò di cui si ha bisogno è z, la differenza di cammino tra
la superficie senza aberrazione e quella affetta dall’aberrazione, mantenendo l’approssimazione
parassiale. Si ha che:
ASA3 =
d
d
(2 z ) TSA3 = s ' (2 z )
dr
dr
(3.9)
Non si dimentichi che qui stiamo considerando il caso in cui n = 1 (lo specchio è in aria).
L’importanza della (3.9) sta nella sua utilità quando è applicata a sistemi ottici più complessi
con più di una superficie riflettente.
3.1.3 Un esempio
Consideriamo un punto oggetto a distanza finita da uno specchio ellissoidale prolato che
produce come abbiamo visto un’immagine stigmatica del punto. Se si usa uno specchio sferico
anziché ellissoidale si presentano le aberrazioni. Seguendo la procedura descritta prima
troviamo la differenza z nel cammino ottico tra queste due superfici. Partendo dalla (3.3)
abbiamo:
z = ze
zs = K e r 4 / 8 R 3
fermandosi all’approssimazione al terz’ordine. Dalla (3.9) si ha quindi immediatamente:
ASA3 = K e (r 3 / R 3 ) TSA3 = K e (r 3 / R 3 ) s '
(3.10)
dove 1 < K e < 0 per punti coniugati reali. Esprimendo il tutto in funzione dell’ingrandimento
ss '
R
=
m = s '/ s e ricordando le relazioni dei punti coniugati
lo studente può verificare
s + s' 2
che le (3.10) possono riscriversi nella forma:
ASA3 =
m +1
m 1
2
r3
R3
(m + 1) 2 r 3
TSA3 = +
m 1 2R2
(3.11)
Si noti che m<0 per coniugati reali, quindi TSA per uno specchio sferico ha sempre lo stesso
segno per un dato r, indipendentemente dal segno di R. Questo è tale che il fuoco dei raggi
marginali riflessi dallo specchio è sempre più vicino al vertice del fuoco parassiale. Si noti
infine che l’aberrazione sferica è zero quando m = 1 , per cui è s = s’ e la sfera è la superficie
perfetta in accordo con il principio di Fermat.
3.1.4 Distribuzione dei raggi vicino al fuoco
Abbiamo visto che TSA è una misura delle dimensioni dell’immagine di un punto oggetto nel
fuoco parassiale. La caustica di aberrazione è tale che la minima dimensione dell’immagine si
ha nel circolo di minor confusione tra il fuoco parassiale e il fuoco marginale. Si può vedere
che le dimensioni dell’immagine nel circolo di minor confusione sono circa 4 volte inferiori a
- 29 -
TSA3 (per uno specchio sferico con oggetto all’infinito) . Esso si colloca ad una distanza
z’(c.m.c)= 0.75z’(marginale). Le sezioni perpendicolari all’asse ottico ove convergono i raggi
provenienti da diverse r, sono dette “spot diagrams”. Dalla nostra discussione emerge che il
diametro del circolo di minor confusione è r 3 / 4 R 2 quando l’oggetto è all’infinito. L’angolo
sotteso da questo spot allo specchio è quindi:
= r 3 / 2 R 3 = 1/128 F 3
(3.12)
Come il rapporto focale cresce l’angolo decresce. Ovviamente si raggiunge un punto in cui il
diametro dell’immagine non decresce più essendo raggiunto il limite imposto dalla diffrazione.
/ D si
Il più piccolo F per cui uno specchio sferico raggiunge il limite di diffrazione
3
ricava eguagliando a . Da cui D 128 F . Come esempio diciamo che nel visibile F 11
per D =10 cm e F 24 per D =1 m. Pertanto a dispetto dell’aberrazione sferica uno specchio
sferico in luce collimata è effettivamente limitato dalla diffrazione se il rapporto focale è
grande abbastanza. Lo studente verifichi che risolvendo per dalla D 128 F 3 , sostituendo il
risultato nella (3.7), e ponendo K= 0, la differenza z tra un paraboloide e uno specchio sferico
limitato dalla diffrazione è approssimativamente /8. Quindi la differenza di cammino ottico è
circa /4. Alternativamente possiamo dire che il fronte d’onda emergente da uno specchio
sferico non è più sferico ma differisce da quello emergente da un paraboloide per /4 ai suoi
bordi.
3.1.5 Gli specchi conici con oggetti ed immagini a distanza finita
La discussione svolta fino ad ora ha riguardato la determinazione di TSA per oggetti a distanza
infinita. Vogliamo ora completare il quadro considerando il caso più generale. Consideriamo la
Fig. 3.3.
r
Z
S’
S
Fig. 3.3 Geometria dei raggi per punti a distanza finita.
Dalla geometria del sistema si ricava:
tan
dove
= +
=
=
r
s z
tan
=
r
s' z
. Risolvendo per s’ si trova:
tan
=
dz
r
=
dr R (1 + K ) z
- 30 -
s' z =
r
tan(2
)
=r
[1 + tan
2 tan
(2 tan
tan )]
tan (1 tan 2 )
(3.13)
Espandendo le funzioni tangente in serie di potenze di r/R e sostituendo per z la (3.3), dopo
numerosi passi algebrici (lo studente provi) si ottiene:
r2
m +1
r2
2
× 1 + 2 [ K + 3 + 2m( K + 1) ]
(m 1) K +
4R
m 1 #
4R
!
"
2
LSA = s ' = s ' s '0 =
(3.14)
dove s’0 è l’immagine per i raggi parassiali.
Osservando che TSA = LSA tan = r s '/( s ' z ) si ricava la relazione:
TSA = s '0
r
R
3
m +1
$ 3 r
K+
1+
m 1 #$ 4 R
"
2
2
"
K
m+3 $
m 1 # !$
(3.15)
Qui TSA=TSA3+TSA5. In generale fortunatamente TSA3 è sufficiente a caratterizzare le
aberrazioni di sistemi ottici semplici.
3.2 Le aberrazioni fuori asse
Quando il punto oggetto non si trova sull’asse ottico compaiono le aberrazioni fuori asse.
Adesso ne vediamo solo una rappresentazione qualitativa, rimandando una più approfondita
analisi al capitolo successivo. Osserviamo la Fig. 3.4. Un paraboloide è investito da un fascio
y’
y
Z’
B
f
B’
Z
O’
Fig. 3.4 Un fascio collimato incide ad un angolo
sistema di riferimento ruotato.
con l’asse ottico su di un paraboloide. O’ è la nuova origine del
collimato inclinato di un angolo con l’asse ottico principale. La nuova immagine cade in un
punto B’ fuori dall’asse ottico e la distanza BB’ è approssimativamente f . La superficie che
formerebbe immagini perfette in B’ è comunque un paraboloide con centro in O’ ed asse ottico
z’. Come fatto prima noi cerchiamo allora la distanza z tra questi due paraboloidi nel piano yz
ed usiamo la (3.9) per trovare le aberrazioni al terz’ordine. Omettendo i dettagli di questi
calcoli si trova:
- 31 -
AA3 = 3a1
y2
y 2
+
+ a3
2
a
2
R2
R
3
(3.16)
dove AA3 è l’aberrazione angolare al terz’ordine. I diversi termini nella (3.16) rappresentano
le diverse aberrazioni presenti: la prima è il Coma, la seconda l’Astigmatismo e la terza la
Distorsione. Si notino le diverse dipendenze da y e . Un completa descrizione delle
aberrazioni non deve essere limitata ovviamente al solo piano yz.
Facciamo comunque alcune osservazioni. Il coma è proporzionale a y2 e quindi cambia
segno quando cambia segno ma è invariante rispetto ad y. L’astigmatismo invece è invariante
con e cambia segno con y essendo proporzionale a y 2 . Infine la distorsione non dipende dal
fuori asse, perciò questa aberrazione non affetta la qualità dell’immagine, solo la sua posizione.
L’ultima aberrazione che non compare nella (3.16) per la particolare trasformazione di
coordinate che abbiamo fatto è la Curvatura di campo.
Fino ad ora ci limitiamo a dire che nell’ambito dell’approssimazione al terz’ordine si possono
identificare 5 aberrazioni monocromatiche che sono: l’aberrazione sferica, coma, astigmatismo,
curvatura di campo e distorsione. Le prime tre affettano la qualità dell’immagine, le ultime due
solo la posizione.
In generale possiamo notare che:
aberrazione trasversa % y n
m
dove n+m=3.
Nel prossimo capitolo faremo una trattazione più rigorosa delle varie aberrazioni, ma prima
accenniamo al problema della compensazione delle aberrazioni per ridurre gli effetti di queste
sulle nostre immagini.
3.3 Compensazione delle aberrazioni
Abbiamo visto che un sistema ottico perfetto è tale che il fronte d’onda emergente da esso è
sferico. C’è pertanto un forte legame tra la presenza delle aberrazioni e le deviazioni dal fronte
d’onda sferico. Lungo ogni raggio il fronte d’onda reale può essere davanti o dietro al fronte
d’onda perfetto a seconda che esso sia ritardato o avanzato.
Da ciò sembra che introducendo opportunamente nuove superfici riflettenti o lenti sia possibile
ritrasformare il fronte d’onda per farlo diventare il più sferico possibile. Ovviamente ad un
avanzamento del fronte d’onda deve corrispondere un ritardo che dovrà essere introdotto e
viceversa. Nelle due prossime sezioni esamineremo due configurazioni importanti per i
telescopi astronomici: la montatura Cassegrain e Schmidt.
3.3.1 La montatura Cassegrain
La configurazione Cassegrain è mostrata in Fig. 3.5. Essa è costituita da uno specchio
paraboloide primario e da un secondario iperboloide. In questo modo si fa sì che l’aberrazione
sferica totale sia zero. Le costanti coniche sono:
K1 = 1 K 2 =
(m + 1)2
(m 1) 2
- 32 -
dove m è l’ingrandimento del secondario.
y
d
y1
z
y2
D
S2
f1
f1
A.
y
d
y1
z
y2
D
S2
D
f1
B.
Fig. 3.5 A. La montatura Cassegrain. B. La montatura Gregoriana.
E’ molto utile descrivere ogni sistema ottico a due specchi per mezzo di un insieme di
parametri adimensionali, definito in Tab. 3.1.
Tra questi parametri esistono le seguenti utili relazioni che lo studente può provare a ricavarsi
usando la legge dei punti coniugati per gli specchi, la definizione di ingrandimento trasversale,
e la relazione s2 = kR1 / 2 :
- 33 -
TAB. 3.1 I parametri normalizzati di un telescopio di tipo Cassegrain
k=y2/y1
=R2/R1
m = s2 '/ s2
f1 =D
F1= f1 / D
Rapporto tra le dimensioni dei due specchi
Rapporto dei raggi di curvatura dei due specchi
Ingrandimento trasversale del secondario
Distanza dal vertice del primario al fuoco finale
Rapporto focale del primario
W= (1 k ) f1
Distanza dal secondario al primario
Rapporto focale del sistema. f è la focale complessiva del sistema.
F= f / D
m=
&
& k
&=
& (m 1)
mk
k=
m 1
m
(3.17)
e anche le:
1+
= k (m + 1) ' = F1
(3.18)
naturalmente queste si applicano se l’oggetto è all’infinito, come accade nel caso dei telescopi
astronomici.
Con (y1>0 e y2>0) si ha un Cassegrain, mentre con (y1>0 e y2<0) si ha un Gregoriano. k e m
sono entrambi maggiori di 0 per un Cassegrain e minori di 0 per un Gregoriano.
Scegliendo un valore per ed m le relazioni precedenti consentono di ricavare k e . Se ad
esempio m=5 e =0.2 allora k=0.2, =0.25 e K 2 = 2.25 . Tutte le specifiche del telescopio
sono infine determinate scegliendo il diametro del primario e la sua lunghezza focale.
Ora vedremo che la configurazione Cassegrain classica può essere cambiata in una differente
cambiando le costanti coniche di entrambi gli specchi. Questo si può fare mantenendo
l’aberrazione sferica al terz’ordine (SA3) uguale a zero, quindi un cambio di K1 deve essere
accompagnato da una variazione di K2 tale che il fronte d’onda avanzato da uno specchio sia
ritardato dall’altro (al terz’ordine di approssimazione). Nei termini del teorema di Fermat
l’OPL dall’oggetto all’immagine lungo un qualsiasi raggio non cambia. Se ad esempio la
superficie del primario viene maggiormente curvata in Fig. 3.5 essa produce un avanzamento
del fronte d’onda che deve essere compensato da un ritardo introdotto dal secondario.
L’avanzamento e il ritardo sono 2 z1 e 2 z2. Partendo dall’eq. (3.3) ognuna delle superfici ha
i seguenti z:
z1 (originale) =
y12
2 R1
y12
y14
+ (1 + K1 ) 3
z1 (nuovo) =
2 R1
8 R1
m +1
y24
m 1 # 8R23
y2
y4
z2 (nuovo) = 2 + (1 + K 2 ) 2 3
2 R2
8R2
z2 (originale) =
Pertanto:
y22
+ 1
2 R2 "
2
- 34 -
2 z1 = (1 + K1 )
y14
4 R13
(3.19)
m +1
y24
2 z2 = K 2 +
m 1 # 4 R23
"
2
dove R1 ed R2 sono mantenuti costanti. Applicando la condizione 2 z1 = 2 z2 si ottiene:
y24 R13
m +1
k4
m +1
+
=
K
K2 +
.
2
4
3
3
y1 R2 "
m 1 # & "
m 1 #
2
K1 + 1 =
2
(3.20)
Ad esempio scegliendo K2=0 si ha che K1 = 0.7696 . Questa combinazione con un primario
ellissoidale ed un secondario sferico è detta Dall-Kirkham. Un'altra possibile combinazione è
con K1 = 1.02 e K 2 = 2.4453 che è detta Ritchey-Chretien. Le soluzioni della (3.20) danno
la famiglia dei telescopi Cassegrain per i quali SA3=0 per un punto all’infinito. Per un dato
insieme di k, m, e esiste un’infinita combinazione di valori di K1 e K2 che soddisfano la
(3.20). Nella pratica la scelta di K1 e K2 dipende da altre considerazioni, come l’effetto delle
aberrazioni fuori asse e la facilità con cui lo specchio può essere costruito e testato. Nel caso ad
esempio della configurazione Dall-Kirkham gli specchi separati possono essere facilmente
testati ma la configurazione possiede una forte Coma fuori asse e quindi il campo utile risulta
molto piccolo. Viceversa la configurazione Ritchey-Chretien ha Coma nulla ma gli specchi
iperbolici sono difficili da costruire e da testare.
3.3.2 La camera Schmidt
Una camera Schmidt è composta da tre elementi: uno specchio sferico concavo, un diaframma
di apertura posto nel centro di curvatura dello specchio, e una superficie rifrangente
opportunamente modellata per ridurre l’aberrazione sferica (vedi Fig. 3.6).
diaframma
R
f
Fig. 3.6 La configurazione della camera Schmidt.
Per il momento ignoriamo la presenza della lastra correttrice. Piazzando il diaframma nel
centro di curvatura dello specchio sferico il sistema diviene effettivamente “axis free”, cioè
- 35 -
ogni raggio luminoso entrante nel sistema è equivalente all’asse ottico principale. Questa
caratteristica è vera solo per lo specchio sferico. Pertanto in questo modo si sono eliminate tutte
le aberrazioni fuori asse, eccetto la curvatura di campo che però sappiamo non altera la forma
dell’immagine. Questo sistema è l’ideale per i telescopi a grande campo. La lastra correttrice
ha quindi lo scopo di correggere la rimanente aberrazione sferica. Per trovare la quantità z che
esprime la compensazione tra il fronte d’onda sferico e quello di riferimento di un paraboloide
che è libero dall’aberrazione sferica, posto K=0 nella (3.7) si ha:
2 z = r 4 / 4R3
(3.21)
Consideriamo ora una lastra di vetro piana di spessore t e indice di rifrazione n. Ad ogni altezza
y rimuoviamo da una parte della lastra uno spessore di vetro in modo che la variazione di
cammino ottico per ogni raggio parallelo all’asse z sia (n 1)) . Si dovrà quindi avere:
(n 1)) = 2 z = r 4 / 4 R3
(3.22)
Definendo ' = r / r0 dove r0 è il raggio del diaframma di apertura. Essendo f = R / 2 si ha
che:
' 4 r04
f '4
=
)=
32(n 1) f 3 512(n 1) F 4
(3.23)
Questa equazione ci dice qual’ è lo spessore di vetro che occorre rimuovere per eliminare
l’aberrazione sferica. Dal punto di vista del principio di Fermat non fa differenza com’è
orientata la lastra correttrice. Inoltre questo ragionamento si applica allo stesso modo al caso in
cui l’oggetto non sia all’infinito e quindi che la superficie di riferimento per eliminare
l’aberrazione sferica sia l’ellissoide e non più il paraboloide. La procedura da seguire sarà la
stessa.
Con questo tipo di correzione i raggi parassiali restano essenzialmente invariati, mentre i raggi
marginali vengono deviati in modo che incidendo in un punto diverso dello specchio il loro
punto di fuoco viene a coincidere con quello parassiale. Il problema di questo tipo di correttore
è che introduce una forte aberrazione cromatica. La forma della lastra correttrice è infatti
assimilabile a due prismi uniti per la punta. Se si fa in modo invece di far convergere i raggi
parassiali e marginali nel circolo di minor confusione la lastra correttrice ha una forma
differente, ma il problema dell’aberrazione cromatica è fortemente ridotto.
La superficie di riferimento per far convergere tutti i raggi in un punto è sempre un paraboloide
il cui fuoco deve trovarsi nel circolo di minor confusione. Questo ha quindi un raggio di
curvatura diverso da quello usato precedentemente nella (3.21). Si può dimostrare che con
questo tipo di accorgimento lo spessore di vetro da eliminare è del tipo:
)=
3r02 r 2
8(n 1) R 3
r4
f '4
3
=
1
3
4
4(n 1) R
512(n 1) F
2' 2
(3.24)
Rispetto alla precedente lastra correttrice questa è più spessa al centro e più sottile ai bordi. I
raggi che subiscono la deviazione massima sono quelli per cui d) / dr è massima, il che si
verifica per ' = 0.5 e ' = 1 .
Calcoliamo infine l’aberrazione cromatica sferica trasversale. Il risultato è:
- 36 -
TSA3 = f
d
d)
f ' 3* n
3
=
()* n) = f * n
1
3
dr
dr 64(n 1) F
4' 2
(3.25)
Sostituendo ' = 0.5 e ' = 1 si trova il valore di TSA3 per i raggi che subiscono la massima
deviazione. Il risultato in termini assoluti è:
TSA3 =
*n
f
3
256 F n 1
(3.26)
che è effettivamente il raggio dell’immagine cromatica.
Questa formulazione è corretta al quart’ordine in termini di r con luce collimata. Ad
esempio il termine SA5 è significativo per camere di piccolo rapporto focale.
Il risultato è un grande campo corretto per le principali aberrazioni con il solo limite imposto
dall’aberrazione cromatica. Si deve notare per precisione che la lastra correttrice ha un asse
ottico e quindi a rigore il sistema non è più “axis free” e quindi compaiono le aberrazioni fuori
asse. Tuttavia esse sono molto ridotte perché la lastra correttrice è molto sottile e può essere
assimilata ad una superficie a piani paralleli.
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3 CAPITOLO III - Dipartimento di Fisica e Astronomia