Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Sommario • K. Barth e la Kierkegaard renaissance promossa dall’Esistenzialismo • Profilo biografico e opere • Temi della filosofia kierkegaadiana • Il tema del Singolo • Possibilità, angoscia e disperazione • Gli stadi dell’esistenza • Disperazione e malattia mortale • Il cristianesimo kierkegaardiano Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) K. Barth e la Kierkegaard renaissance Karl Barth (1886-1968) teologo di Basilea, è stato colui che ha riportando alla ribalta Sören Kierkegaard. Il "Dio è in cielo e l'uomo è in terra", il "totalmente altro", la “religione come ribellione alla grazia”, “l’uomo che cerca se stesso non troverà nulla”, ma “l’uomo trovato da Dio troverà se stesso”: sono punti salienti in sintonia con quelli kierkegaardiani. L’Esistenzialismo del ‘900, poi, con Heidegger, Jaspers, Macel, Sartre, ha riportato alla ribalta ed ha approfondito le tematiche di fondo del pensiero del filosofo di Copenhagen. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Profilo biografico Nato dal ricco commerciante Michael Pedersen e dalla sua seconda moglie Ane Lund, Kierkegaard visse la quasi totalità della sua esistenza a Copenhagen, dove nacque e morì. Fu l'ultimo di sette fratelli, cinque dei quali morirono quando lui era ancora ventenne. Dagli anziani genitori, in particolare dal padre, ricevette una rigida educazione pietista, improntata al pessimismo. La tragedia dei fratelli e l'educazione ricevuta fecero di Kierkegaard un uomo triste e depresso: « Fin dall'infanzia sono preda della forza di un'orribile malinconia, la cui profondità trova la sua vera espressione nella corrispondente capacità di nasconderla sotto apparente serenità e voglia di vivere » Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Profilo biografico Il padre anziano, in un'atmosfera di severa religiosità, gli inculcò l'ossessione del peccato. Kierkegaard arrivò addirittura a pensarsi oggetto di una maledizione divina a causa una imprecisata "grave colpa" commessa in passato dal padre. Infatti, la morte prematura della moglie e di cinque dei suoi sette figli, avevano convinto il padre di Kierkegaard di aver attirato su di sé l'ira divina. Forse, la sua colpa era stata quella di aver maledetto Dio ad undici anni quando, pastorello, viveva in misere condizioni. O forse tale colpa fu l’aver sedotto, pochi mesi dopo la morte della prima moglie, la domestica, che però aveva sposato e che diverrà in seguito la madre di Kierkegaard. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Profilo biografico Studiò teologia nell'università della sua città natale, con la prospettiva, poi non realizzata, di diventare pastore protestante. Nel 1840, si fidanzò con la diciottenne Regina (Regine) Olsen. Ma, dopo circa un anno, ruppe il fidanzamento. Forse Kierkegaard era attirato da una vocazione di consacrazione religiosa, o forse non voleva ingannare la ragazza, avendo il timore ossessivo che la maledizione divina potesse gravare anche sulla famiglia che egli avrebbe formato insieme a lei. Regina Olsen si disse pronta a tutto pur di sposarlo. Ma Kierkegaard fece il possibile per apparirle disgustoso, in modo che cadesse su di lui la colpa della rottura del fidanzamento, che peraltro gli procurò rimpianto per tutta la vita. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Profilo biografico Kierkegaard condusse un’esistenza appartata, anche a causa del suo temperamento scontroso e poco socievole. Gli unici fatti rilevanti della sua vita furono gli attacchi che gli vennero mossi dal giornale satirico Il corsaro, e la polemica contro l’opportunismo e il conformismo religioso che egli condusse, nell’ultimo anno della sua vita, in una serie di articoli pubblicati nel periodico Il momento. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Profilo biografico Su Il corsaro, Kierkegaard più volte fu aspramente criticato, preso in giro e ritratto in maligne caricature, dopo gli sferzanti giudizi che il filosofo aveva riservato al periodico. Tutto ciò lo amareggiò: provò su di sé cosa significhi emettere taglienti giudizi sugli altri. Da allora in poi divenne ipersensibile ad ogni minima critica. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Profilo biografico Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Opere Diario (Papirer, 1833-1855), Dalle carte di uno ancora in vita (Af en endnu Levendes Papirer, 1839), Sul concetto di ironia in costante riferimento a Socrate (Om Begrebet Ironi med stadigt Hensym til Socrates , 1841) Aut-Aut (Enten-Eller [Victor Eremita], 1843), Timore e tremore (Frygt og Baeven [Johannes de Silentio], 1843) La ripetizione (Gjentagelsen [Constantin Constantius], 1843) Briciole di filosofia (Philosophiske Smuler eller En Smule Philosophie ,1844) Il concetto dell'angoscia (Om Begrebet Angest [Virgilius Haufniensis], 1844) Stadi sul cammino della vita (Stadier paa Livets vei1845) La malattia mortale (Sygdommen til döden [Anti-Clicamus], 1849) Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Temi della filosofia kierkegaadiana La difesa del “Singolo” (Concetto di ironia [1841]. Aut-Aut [1843]) Il tema della “fede” (Diario di un seduttore [1843], Timore e tremore [1843]) Il tema dell’ “angoscia” e della “disperazione” (Il concetto dell’angoscia [1844], Briciole filosofiche [1844], Stadi del cammino della vita [1845], La malattia mortale [1849]) Il carattere religioso dell’opera di Kierkegaard (Diario [dal 1833]). Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Il tema del Singolo Kierkegaard contesta Hegel, sostenendo che l'esistenza è sempre del Singolo, e non può essere ricondotta ad alcuna unità concettuale astratta o a una unità sistemica sovraindividuale. Rimprovera agli intellettuali la scarsa coerenza tra parola e azione, mentre ammira Socrate e Cristo per la loro coerenza. Nella specie animale vale sempre il principio: il singolo è inferiore al genere. Il genere umano ha la caratteristica, appunto perché ogni singolo è creato a immagine di Dio, che il Singolo è più alto del genere. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Possibilità, angoscia e disperazione Essenza universalità necessità Vita Angoscia in rapporto al mondo Esistenza soggettività possibilità scelta che comporta Disperazione In rapporto a se stesso Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Gli stadi dell’esistenza Per Kierkegaard si può esistere in tre diversi modi che si escludono fra loro. Come già nel testo del 1845 Stadi sul cammino della vita, le possibili tappe sono però meglio definite come «sfere di vita» (o Stadi) chiuse, autonome e reciprocamente impermeabili, immobili polarità intellettuali ed emotive la cui dialettica non è temporale e progressiva come quella di Hegel, ma statica e spaziale, fatta di situazioni che non evolvono: si può vivere tutta l'esistenza in una sola dimensione, si può progredire ma anche regredire. Nell'opera Aut-Aut del 1843, egli presenta l'alternativa fra le prime due sfere, quella estetica e quella etica. Nell'opera Timore e tremore, sempre del 1843, emerge la terza sfera, quella religiosa. Il filosofo non si riconoscerà nelle prime due, ma si giudicherà pure inetto alla terza per via d'una sua "teologia sperimentale" che gli si dimostrerà fallimentare. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Gli stadi dell’esistenza LO STADIO ESTETICO È quello in cui l'uomo manifesta indifferenza nei confronti dei princìpi e dei valori morali. L'esteta non crede nelle leggi etiche tradizionali. L’esteta è teso solo al soddisfacimento di sempre nuovi desideri e considera il mondo come uno spettacolo da godere. Si lascia vivere momento per momento. Vive nell’istante, cioè vive per cogliere tutto ciò che vi è d’interessante nella vita, trascurando tutto ciò che è banale, ripetitivo e meschino. Il suo motto è la massima del poeta latino Orazio: carpe diem (cioè "cogli l’oggi", vivi alla giornata e credi nel domani il meno possibile). Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Gli stadi dell’esistenza LO STADIO ESTETICO Il tipo dell'esteta è per Kierkegaard il "seduttore", rappresentato dal personaggio mozartiano di Don Giovanni, il cavaliere spagnolo prototipo del libertino. Don Giovanni non si lega a nessuna donna particolare perché vuole poter non scegliere: il seduttore è sciolto da ogni impegno o legame e vive nell'attimo, cercando unicamente la novità del piacere. Don Giovanni seduce migliaia di donne senza riuscire ad amarne davvero alcuna. Ma chi si dedica solo al piacere cade presto nella noia, cioè nell’indifferenza nei confronti di tutto, perché, non impegnandosi mai, non vuole profondamente nulla. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Gli stadi dell’esistenza LO STADIO ETICO Consapevole della disperazione connessa alla vita estetica, l'uomo può decidere di cambiare tipo di esistenza, optando per la vita etica. Nello stadio etico, l'uomo vive conformemente a ideali morali e cerca di assumersi delle responsabilità. Sceglie fra il bene e il male, accetta i compiti seri della famiglia, del lavoro, dell'impegno nella società, dell'amor di patria e affronta serenamente i sacrifici necessari per restare fedele a tali compiti. La figura del "marito” che ha scelto una sola donna e ha accettato i doveri del matrimonio, è per il filosofo l’emblema dello stadio etico, contrapposto a quello del seduttore. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Gli stadi dell’esistenza LO STADIO ETICO L'uomo etico è incarnato, nell'opera Aut-aut, dal Consigliere di Stato Guglielmo: marito fedele, professionista onesto, laborioso, esemplare. Mentre il seduttore vive sempre nell'istante, ma perde se stesso, il marito, che ha fatto delle scelte etiche e programma in base ad esse il suo futuro, appare pacificato e tranquillo, non vive per l'istante bensì nella continuità del tempo in cui egli non fa che riaffermare e riconfermare la sua "scelta" iniziale. Ma anche la vita etica ha i suoi limiti. Spesso è segnata dalle convenzionalità, dal conformismo. L'uomo etico vorrebbe raggiungere la perfezione. Ma di fronte all’arduo compito non può che provare inadeguatezza e senso di colpa. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Gli stadi dell’esistenza LO STADIO RELIGIOSO L’inadeguatezza etica può paralizzare l’azione. Si può superare questa paralisi spirituale con l’esperienza religiosa, cioè accettando per fede che, malgrado le umane debolezze, Dio è comunque in grado di liberaree l’uomo dalle sue miserie. Kierkegaard descrive lo stadio religioso nell'opera Timore e tremore la quale, fin dal titolo, preannuncia l'atteggiamento dell'uomo davanti alla divinità. L'uomo realizza veramente se stesso come singolarità, come individuo, solo nell’abbandono totale a Dio. Modello di tale abbandono fiducioso in Dio è Abramo che esegue senza nulla obiettare l’assurdo comando divino di sacrificare il figlio Isacco. Questa obbedienza cieca gli sarà ascritta a merito. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Angoscia, malattia mortale, disperazione Kierkegaard si è dapprima fermato a delineare gli stadi fondamentali della vita, presentandoli come alternative che si escludono a vicenda. Successivamente è stato condotto ad approfondire il tema centrale della sua filosofia, cioè l'esistenza come possibilità. Questo argomento è svolto nelle opere Il concetto dell'angoscia (1844) e La malattia mortale (1849). Mentre la vita dell’animale è determinata dalle caratteristiche della specie a cui appartiene, corre sui binari della necessità, la vita dell’uomo non è già prefissata, non è guidata dall’istinto, ma è segnata dalla possibilità di scegliere, cioè dal libero arbitrio. Nell’esistenza umana nulla è necessario: tutto è possibile, a differenza di quanto sostiene Hegel. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Angoscia, malattia mortale, disperazione Ma scegliere una possibilità non significa garantirsi il successo per ciò che prospetta: essa può sempre venir meno o non realizzarsi. E neppure la sua realizzazione è sicura e definitiva: nuove possibilità avverse possono sopraggiungere. Non c'è vita che si sottragga alla possibilità della morte; né stato di benessere che sia sicuro da ogni rischio. Da qui l’angoscia. E dall’angoscia scaturisce la disperazione perché la possibilità distrugge ogni aspettativa e ogni capacità umana. E se l’angoscia è tipica dell’uomo nel suo rapportarsi al mondo, la disperazione è proprio dell’uomo nel rapporto con se stesso, e ciò perché esso non si sa accettare per quel che è. Questa è la malattia mortale. Søren Kierkegaard (Copenhagen 1813 – 1855) Il cristianesimo kierkegaardiano Il superamento dell’angoscia, della disperazione, della malattia mortale può attuarsi attraverso l’abbandono totale e fiducioso in Dio. È una modalità esistenziale che non è possibile inquadrare in categorie filosofiche. Quella di Kierkegaard è una metafilosofia alla maniera di Pascal. La comunicazione di Dio con l’uomo è sempre una comunicazione con un tu, il singolo, comunicazione unica, esclusiva, irripetibile, come unica, esclusiva, irripetibile è l’esistenza di ciascuno. È questo il fulcro della riflessione esistenziale di Kierkegaard.