«Il disagio dell’uomo
contemporaneo»
Søren Kierkegaard tra
letteratura e cinema
Esistenza
È un modo di essere proprio dell’uomo
Corrisponde sempre alla realtà concreta e quindi al
singolo
Non può essere dedotta dal pensiero e, per questo
motivo, non è un’entità necessaria e garantita, ma un
insieme di possibilità che pongono l’uomo di fronte a
una scelta: “è quel bambino generato dal finito e
dall’infinito, dal tempo e dall’eternità”
Gli stadi dell’esistenza

Stadio estetico

Stadio etico

Stadio religioso
Cosa intende Kierkegaard con
‘stadio’?

Lo ‘stadio’ non è un grado, come nella
fenomenologia hegeliana
(strada dritta, priva di ostacoli)

Lo ‘stadio’ kierkegaardiano è una strada
tortuosa, imprevedibile e scoscesa
Tra gli ‘stadi’ non vi è successione
cronologica, ma un mutuo rapporto e
possibilità di sconfinamento dell’uno
nell’altro
 Ogni stadio gode di piena autonomia
rispetto agli altri e il passaggio dall’uno
all’altro avviene attraverso la decisione

Lo stadio estetico
“L’uomo è immediatamente ciò che è”
Dedito ai piaceri, l’esteta gode la fatalità
e la tragicità dell’esistenza e
si pone in contrasto con la società
e con il mondo circostante
Vive nell’attimo
e non trova un appagamento reale,
perché ha sempre necessità di rinnovamento
La vita dell’esteta è condannata alla noia e alla
dispersione: l’esteta finisce per avvertire il vuoto della
propria esistenza
Figura metaforica:
Il seduttore, Don Giovanni
Testi di riferimento:
Diario di un seduttore, Don Giovanni,
In vino veritas
Letteratura
Romanticismo:
Goethe, Schiller, Novalis
Decadentismo:
Baudelaire, Verlaine, Flaubert, Poe, Wilde
Esteta dedito ai piaceri mondani, angosciato dalla noia
di vivere e critico nei confronti del conformismo
borghese, si rifugia in un ideale aristocratico e si
libera della società cui appartiene
Nell’arte
E. Manet, Olympia (1863)
F. Goya, Saturno che divora i
suoi figli (1821)
Lo stadio etico
“L’uomo diventa ciò che diventa”
Colui che sente la responsabilità della propria esistenza
e vi trova senso nella quotidianità e nella norma
È colui che sceglie e insiste nelle proprie risoluzioni,
trovando appagamento e gratificazione nella
normalità e nella ripetizione
È destinata al fallimento: l’uomo sente la propria
finitudine e la natura peccaminosa e non riesce a
soddisfare la sua ansia di infinito
Figura metaforica:
Il marito, l’Assessore Guglielmo
Testi di riferimento:
Lettere dell’Assessore Guglielmo ad A.,
L’equilibrio tra l’estetico e l’etico
nell’elaborazione della personalità
Letteratura
Tra estetico ed etico
Thomas Mann (Tonio Kröger, I Buddenbrook)
Dissidio interiore dell’uomo che deve scegliere tra vita
artistica e vita borghese
Il mondo etico (ripetizione, norma)
L’esempio del Realismo danese: la prosaicità e la
quotidianità della vita si ritrovano anche nella prosa
fiabesca di Andersen (La piccola fiammiferaia, Scarpette
rosse, La sirenetta)
Nell’arte…
il Realismo e il naturalismo
H. Daumier,
Vagone di terza
classe
(1862)
J. F. Millet,
Le spigolatrici
(1857)
La condizione esistenziale dell’uomo
L’uomo, conseguenza del peccato originale,
sente tutto il peso dell’esistenza e del
possibile che gli si apre: tale è l’angoscia,
sentimento della pura possibilità
Si riferisce al rapporto dell’uomo col mondo
Accompagna l’uomo anche la disperazione, derivante
dallo sguardo introspettivo attraverso il possibile
Si riferisce al rapporto dell’uomo con se stesso
Essa è chiamata la malattia mortale perché il singolo prova
il tormento di “non poter morire”, cioè di non poter
affermare o negare la sua individualità né come essere
finito (nel tempo e nel mondo) né come essere infinito
(attraverso la negazione del finito e il pensiero)
Lo stadio religioso
“[…] rinuncia al generale per diventare il Singolo”
Attraverso l’accettazione dolorosa della colpa propria e
di tutta la specie, l’uomo compie la vera scelta etica
di sé: riconosce la dipendenza da Dio, pur
orientandosi verso se stesso
Tale accettazione conduce al pentimento, come
espressione dell’amore di Dio
L’affermazione del principio religioso sospende
interamente il principio morale e comporta la sua
inversione
Figura metaforica:
Abramo, Il cavaliere della fede
Testi di riferimento:
Timore e tremore (1843), Il concetto di
angoscia (1844), La malattia mortale
(1849)
è ‘salto nell’assurdo’: presuppone il
riconoscimento da parte dell’uomo
dell’impotenza delle proprie forze e della
FEDE
contraddizione che
gli è propria come essere
unica possibilità di salvezza per l’uomo
umano


è scandalo: conduce ad un dissidio totale col
mondo. Il rapporto di fede è un rapporto di
solitudine tra Dio e l’uomo

è rischio: l’uomo non possiede nessuna
certezza, nessuna garanzia, se non quella
interiore, ed è posto di fronte al bivio (credere o
non credere)

è paradosso: è l’unica possibilità di salvezza
ma, nello stesso tempo, essa è un dono divino.
Cristo è simbolo del paradosso
Letteratura
F. Kafka: la solitudine del singolo di fronte al destino
(Il processo, La metamorfosi, Il castello)
Kafka fu appassionato lettore di
Timore e Tremore
Nelle sue opere,
non si parla mai esplicitamente di Dio,
ma la religiosità è sempre presente
come possibilità
Nei suoi Diari, emerge una grande fede religiosa
L’uomo moderno è privo di certezze ed esposto
all’imprevedibilità del destino, potenza ostile all’uomo
Il vivere umano è scisso, enigmatico e sconcertante:
ogni evento racconta all’uomo la sua nullità,
impotenza ed ignoranza
Eppure occorre accettare la sorte, l’enigma dell’essere,
l’insicurezza
Le vicende soggettive annunciano il dolore e la minaccia
del male ma non vi è soluzione né rimedio definitivo
Nell’arte
E. Munch, Dolore (1908)
e Angoscia (1894)
Il simbolismo (G. Moreau, gruppo dei Nabis ):
la dimensione dell’io contro l’oggettività del
reale
O. Redon
L’Araignèe qui pleure (1881)
L’homme Cactus
(1881)
Eredità kierkegaardiane
Nella letteratura e nella filosofia
Nel cinema
Kierkegaard e il cinema
«Quando la morte si presenta nella sua vera faccia scarna
e truculenta, non la si considera senza timore. Ma
quando essa, per burlarsi degli uomini che si vantano di
burlarsi di lei, si avanza camuffata, quando soltanto la
nostra meditazione riesce e vedere che, sotto le spoglie
di quella sconosciuta, la cui dolcezza c’incanta e la cui
gioia ci rapisce nell’impeto selvaggio del piacere, c’è la
morte – allora siamo presi da un terrore senza fondo»
S. Kierkegaard
Scarica

Søren Kierkegaard tra letteratura e cinema