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Il '600 rappresenta, sul piano letterario,
una degenerazione rispetto al '500, cioè il
trionfo dell'effetto più che del gusto, della
forma più che del contenuto. Esso riflette
la più generale decadenza sociale, politica
ed economica della società italiana,
soggetta da un lato all'egemonia spagnola
(dalla pace di Cateau-Cambresis del 1559
con la Francia, alla pace di Utrecht del
1713, che segna il passaggio dal dominio
spagnolo a quello austriaco), e dall'altro
soggetta all'affermazione della
Controriforma cattolica: cosa questa che
determinerà il rigido controllo della
chiesa su tutta la vita intellettuale e
letteraria italiana. La crisi del '600 sarà
molto visibile nella seconda metà del
secolo, dopo la morte di Bruno,
Campanella, Galilei, Tassoni, Marino,
Sarpi...
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Alla corte signorile isolata si sostituisce un'area culturale più estesa, caratterizzata da una precisa attività
intellettuale (si pensi ad es. alla nascita delle Accademie: Roma, Napoli, Venezia; quella della Crusca di Firenze
cura nel 1612 l'ediz. del Vocabolario), o da un preciso genere letterario (p.es. romanzo a Genova-Venezia, ricerca
scientifica in Toscana-Veneto, discipline giuridico-civili a Napoli, letteratura dialettale nel Sud). Tuttavia, la
letteratura e la poesia non conosceranno alcun vero nome di spicco;
In questo secolo, con Galilei, si pongono le basi della scienza moderna sperimentale, ma nel contempo si diffonde
enormemente la superstizione e il culto semplicemente esteriore-formale della religione, nonché l'uso massiccio del
tribunale dell'Inquisizione;
Si pone agli intellettuali il problema di un pubblico nuovo, assai più vasto e meno raffinato di quello delle corti
rinascimentali (ora in profonda decadenza), ma la letteratura che gli intellettuali offrono è spesso di evasione, per un
pubblico spesso assai arretrato culturalmente;
Gli intellettuali tendono a considerarsi superiori agli antichi scrittori greci e latini, per cui rifiutano il culto
dell'autorità dei modelli classici (come invece nel '400-'500), e tuttavia questa rivendicazione di libertà-autonomia
spesso si traduce in una mera preoccupazione a stupire e meravigliare il pubblico (concezione edonistica dell'arte,
Marinismo);
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Nella trattatistica politica si discute molto sulla "ragion di Stato", sui rapporti tra politica e morale,
tra Stato e Chiesa, tra individuo e potere (come forse nel '500 non si era mai fatto), eppure le
conclusioni che se ne traggono sono quanto mai negative: si proclama la necessaria subordinazione dello
Stato alla Chiesa, del singolo allo Stato; la politica diventa calcolo della convenienza; forte è la tendenza
alla finzione-simulazione (sopravvivere dietro una "maschera"). In Campanella l'indirizzo politico
diventa utopistico (vedi La città del sole, con cui si anticipano alcune tesi socialiste).
L'insieme di forme e realizzazioni artistiche (architettura, pittura, musica, letteratura) prende il nome
di Barocco (altro nome è Concettismo). In questo fenomeno la forma vuole essere così raffinata da
apparire strana e stupefacente, mentre il contenuto vuole essere esteriormente grandioso. Gli
intellettuali avvertono che il Rinascimento è giunto a un tale grado di perfezione oltre il quale non è più
possibile andare se non appunto perfezionando le forme. Di qui i tentativi di rinnovare le parole,
rendendole più retoriche e artificiali.
Si inizia così ad abusare dell'immagine o Metafora, dietro la quale non esiste alcun vero sentimento (la
metafora -la più importante delle figure retoriche- è una similitudine nella quale non appaiono i due
termini di paragone -uno astratto, l'altro concreto-, ma la fusione d'entrambi in una sola immagine,
generalmente concreta: p.es. "è un pozzo di scienza", "il filo del discorso").
L'arte non è più imitazione ma finzione, la quale si sostituisce alla realtà. La realtà risulta troppo
complessa per essere fedelmente riprodotta. Le contraddizioni sociali dell'epoca vengono considerate
irrisolvibili: di qui il tentativo degli intellettuali di puntare su una novità formale fine a se stessa. Fanno
eccezione, in questo senso, poche persone: Galilei sul piano scientifico, Sarpi nell'ambito giuridicopolitico, Bruno e Campanella in quello filosofico.
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Questa ricerca forzata della novità nelle forme esteriori ed estetiche viene chiamata
Marinismo (dal nome del poeta Giambattista Marino, napoletano), per il quale fine della
poesia è la meraviglia delle cose eccellenti. Le sue poesie (come tutte le liriche del '600) non
inventano nulla di nuovo, ma si limitano a utilizzare in maniera stravagante (combinando
motivi e immagini fino all'assurdo) i moduli stilistici e le situazioni della tradizione poetica
che va dal Petrarca al Tasso. Poema principale del Marino: ADONE (mitologico in
5.000 ottave. Il pastore Adone, eletto re di Cipro, ottiene l'amore di Venere, ma la gelosia
di Marte lo fa uccidere da un cinghiale in una battuta di caccia).
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Si rifanno a due poeti classici greci: Pindaro e Anacreonte. Accettano la poetica della
meraviglia, ma provocandola con i toni eroici e sublimi e con meno musicalità. La differenza
è solo di forma.
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Nel 1690 venne fondata a Roma l'Accademia dell'Arcadia: questo riassunto è motivato non tanto dall'importanza
che i testi prodotti hanno per lo studio della letteratura italiana, quanto per il cambio della sensibilità che comportò.
Il nome recupera quello dell'opera più famosa di un autore del '500, Jacopo Sannazzaro: L'Arcadia, appunto, mitica
terra greca caratterizzata dall'armonia dell'uomo con una natura rigogliosa e perfetta.
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Gli accademici dell'Arcadia si occupavano di poesia pastorale e bucolica, esaltando il carattere di evasione del genere.
I temi sono dunque legati all'esaltazione di una vita pastorale ideale e astorica, cioè fuori da una precisa collocazione
temporale. Grande spazio era riservata all'elegia e all'espressione del sentimento (anche se quest'ultimo, come si vedrà
meglio in seguito, è stereotipato e non analizzato nella sua profondità, pur essendo presenti tentativi di esplorazione dei
contrasti dell'animo). Non si deve pensare, però, che si tratti di intellettuali sganciati dal tessuto sociale, poiché spesso
nei loro testi sono espresse posizioni filoclericali. Ciascun arcade assumeva il nome di un pastore greco-latino (cioè
spesso mescolando le due tradizioni linguistiche); nelle riunioni si ricorreva anche al travestimento, secondo una moda
che è tipica del '600 e che ci rimanda senza indugio al Barocco e al suo amore per la finzione e la stravaganza.
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Tra i fondatori dell'Arcadia va ricordato Giovan Mario Crescimbeni, un petrarchista che considerava l'opera del
poeta dei Rerum Vulgarium Framenta esempio insuperabile di buon gusto e chiarezza. La poesia deve quindi
esprimere sentimenti sani e non concentrasi sull'artificio. Ne consegue, quindi, che i suoi testi sono fortemente
controllati dal punto di vista razionale, e lasciano scarso spazio per l'espressione e l'analisi dei sentimenti. Possono
essere compresi in questa corrente, con i dovuti accorgimenti, anche Pietro Metastasio e Carlo Innocenzo Frugoni.
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L'Arcadia aveva un programma vago ma di successo: la restaurazione del buon gusto e la
critica al disordine del '600. Si tratta appunto di due obiettivi piuttosto generici, ma che si
possono inserire nella tendenza classicista della nostra tradizione letteraria; una risposta
non ancora del tutto formata, ma comunque abbastanza chiara, al Barocco, che rimane però
allo stesso tempo il punto di riferimento per comprendere la natura dell'accademia. In
seguito si poté assistere a una generale chiusura verso ogni tipo di innovazione e quindi
all'assunzione di posizioni sempre conservatrici.
La produzione di testi fu sempre abbondante e legata all'occasione; tutto veniva pubblicato,
così da permettere una vasta circolazione, che spiega anche, tra l'altro, la diffusione di un
sentimento e di una sensibilità arcadica pur senza la presenza di personalità di straordinario
rilievo, quasi a dire che è più importante la tendenza espressa rispetto all'opera singola. I
testi si basano del resto sulla continua ripetizione di moduli, temi e stilemi, e sull'esaltazione
e l'abuso dello stereotipo come forma base per l'indagine dei sentimenti.
L'importanza dell'Arcadia va anche legata alla storia della lingua; pur non intervenendo
direttamente sulla questione linguistica, l'Arcadia operò un processo di purificazione degli
sperimentalismi seicenteschi che prepara quindi il terreno alla nuova riflessione setteottocentesca sull'unità della lingua.
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Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564. Si dedicò dapprima agli studi umanistici e poi a quelli di medicina e filosofia,
ma, insofferente della tradizione aristotelica imperante in queste due materie, passò agli studi di matematica e fisica,
nei quali eccelse ben presto in modo sorprendente: già da giovane scoprì l'isocrosnismo del pendolo ed inventò la bilancia
idrostatica. La fama conseguita gli procurò la protezIone dei Medici e la nomina di docente di matematica
nell'università di Pisa. Qui elaborò il suo metodo sperimentale che fu poi perfezionato dall'inglese Francesco Bacone
e dal francese Renato Descartes (=Cartesio) e che sostanzialmente è tuttora valido: esso consiste nell'intuire la
probabile causa di un fenomeno della natura; tale causa deve essere riprodotta artificialmente per osservare se produce
come effetto il fenomeno studiato; in caso negativo l'esperimento deve considerarsi comunque un fatto positivo perché
consente di escludere una falsa ipotesi; si passa quindi a formulare un'altra ipotesi di causa che viene a sua volta
riprodotta artificialmente, e così di seguito fino a quando non si è trovata quella giusta, cioè quella che, riprodotta
artificialmente, dia per effetto il fenomeno che si sta studiando, a questo punto bisogna appurare se è stato un caso
fortuito a produrre l'effetto desiderato e perciò bisogna ripetere più volte l'esperimento: se il risultato è sempre lo
stesso, allora si procede mettendo in rapporto la causa ricercata e l'effetto prodotto (cioè quello che si voleva studiare) e
da questo rapporto scaturisce la "legge" scientifica che viene espressa in termini matematici.
Il Galilei fu perciò contrario ad ogni dogmatismo nel campo delle scienze e fu un deciso avversario dell'aristotelismo
allora imperante (secondo il quale Aristotele avrebbe detto ogni possibile verità nel campo delle scienze). Anche la
Chiesa cattolica affermava il pregiudizio che tutto quanto fosse affermato nei testi sacri ad opera dei profeti non
potesse che essere vero e applicando questo criterio si affermava che il Sole girasse intorno alla Terra, mentre Galilei,
che aveva la certezza che fosse la terra a girare intorno al Sole, non poteva accettare quell'assurda posizione. Perciò
venne in contrasto con la Chiesa e fu anche ammonito dal Tribunale di inquisizione di ritirare le sue tesi: egli accettò
formalmente l'ingiunzione per salvarsi dal rogo e fu per questo condannato solo agli "arresti domiciliari" (come si
direbbe oggi), conservando la possibilità di proseguire i suoi studi.
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In questo campo è importante il rapporto da lui fissato fra la funzione del teologo e quella dello scienziato: il primo
deve interpretare i testi sacri per definire quelle verità di fede che la ragione umana non potrebbe mai scoprire da sola;
lo scienziato deve interpretare la Natura con metodo scientifico per scoprire quelle verità possibili alla intelligenza
dell'uomo: entrambi si sforzano di scoprire delle verità che avvicinano l'uomo a Dio. Inoltre i testi sacri non riportano
tutte verità, ma solo quelle inerenti i doni della Fede: circa queste verità da rivelare agli uomini, i profeti avevano
l'ispirazione di Dio ed erano perciò giustamente da considerare infallibili, ma per tutto il resto essi usavano la loro
personale cultura che, ovviamente, era quella del loro tempo e perciò possibile da rivedere e da correggere.
Galileo scrisse numerosissime opere, ma le più importanti sono il "Nuncius sidereus", il "Saggiatore" e soprattutto il
"DIALOGO SUI DUE MASSIMI SISTEMI" e i "DIALOGHI DELLE SCIENZE NUOVE".
I dialoghi hanno un valore notevole dal punto di vista poetico perché riproducono, attraverso l'esposizione di tesi
contrarie e fino all'affermazione della verità, l'intimo travaglio dello studioso, i dubbi, le incertezze che lo assillarono
nel suo lavoro, i momenti di scoramento, i momenti di fiducia e quelli di esaltazione per la scoperta effettuata. Egli si
dimostra ancora un poeta, quando infonde ai suoi scritti - che pure trattano argomenti scientifici - i sentimenti di vivo
stupore e di commossa ammirazione da lui provati dinanzi ai misteri della Natura che via via egli scopriva.
la sua prosa si avvicina più al modello classico del Cinquecento che a quello del Seicento barocco: allo scienziato
occorreva infatti una espressione limpida e netta, che non consentisse alcun dubbio di interpretazione. Ciò non toglie,
però, che, quando doveva esprimere il suo entusiasmo e il suo stupore di fronte alla scoperta di un nuovo segreto della
Natura, di una nuova bellezza, egli ricorresse ad uno stile più scintillante, più colorito, più emozionante, di tipo
barocco.
La sua prosa diede origine alla cosiddetta "prosa scientifica".
Dopo la sentenza del 22 giugno 1633 che lo condannava al carcere a vita tramutato in domicilio coatto, egli si ritirò
nella sua villa di Arcetri, dove, colpito da molti acciacchi e dalla cecità, visse fino al 1642, confortato dall'assistenza
dei suoi fedelissimi discepoli Vincenzo Viviani, padre Benedetto Castelli ed Evangelista Torricelli.
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L`Arcadia - Un oblò sul mare