27 gennaio 1945 Giorno della memoria Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la Legge 20 luglio 2000 n. 211, dal Parlamento Italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come una giornata per commemorare le vittime del nazismo e dell'Olocausto. Serve a ricordare anche tutti coloro che, a rischio della propria, hanno salvato altre vite. La scelta della data è dovuta al fatto che il 27 gennaio del 1945 le truppe dell'Armata Rossa durante la loro avanzata verso Berlino - arrivarono nella cittadina polacca di Oświęcim (Auschwitz) e si trovarono di fronte al suo tristemente famoso campo di sterminio, liberandone i pochi superstiti e rivelando al mondo l'orrore del genocidio nazista. “Gocce” di storia Un comandante della Gestapo. In Germania i nazisti, non appena si insediarono al potere, il 30 gennaio 1933, istituirono una nuova polizia politica, la Gestapo, che rinchiuse oppositori politici-comunisti, socialisti, "dissidenti religiosi", testimoni di Geova, protestanti dissidenti ed ebrei. Inoltre la polizia criminale, operò arresti preventivi di persone con precedenti penali, di zingari, omosessuali, disabili, prostitute e di tutti coloro che a vario titolo vennero considerati nemici dello Stato. Nel 1939 gli internati erano 25.000. Durante la seconda guerra mondiale vennero costruiti molti altri campi, alcuni dei quali anche in Polonia e in Serbia dove finirono ebrei, prigionieri di guerra sovietici e partigiani. A partire dal 1942 furono istituiti i campi di sterminio, nei quali venivano rinchiusi ebrei vittime di deportazioni sistematiche, eseguite per attuare "la soluzione finale", che ebbe come scopo l'annientamento delle razze inferiori. Gli internati erano costretti ai lavori forzati e coloro che non resistevano venivano uccisi. Alcuni vennero addirittura impiegati come cavie in sperimentazione scientifiche e mediche. Perirono con i gas oppure per fame e malattie circa 11 milioni di persone, di cui più di 6 milioni di ebrei. Lo sterminio degli ebrei • Quando, il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa fece il suo ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz, emerse, in tutta la sua drammaticità, l’orrore per l’olocausto di un popolo; le immagini, immortalate dagli operatori sovietici e mostrate al processo di Norimberga, come prova contro i crimini nazisti, sconvolsero il mondo intero, che prese finalmente coscienza dell’agghiacciante e sistematico stermino di ben 6 milioni di ebrei, teorizzato da Hitler nel suo "Mein Kampf" e coscientemente messo in pratica, dopo la conquista del potere. La shoah Con il termine Shoah venne ufficialmente indicato lo sterminio degli ebrei operato dai nazisti. Questo vocabolo venne usato per la prima volta nel 1938 nella Palestina sottoposta al mandato britannico durante una riunione del Comitato Centrale del Partito Socialista. La parola Shoah, voce biblica che significa “catastrofe, disastro”, non ha alcun significato religioso, contrariamente a ciò che richiama il termine olocausto, spesso usato, che rinvia a un’idea di sacrificio di espiazione. La Shoah è piuttosto un genocidio, ovvero un’azione criminale che, attraverso un complesso e preordinato insieme di azioni, è finalizzata alla distruzione di un gruppo etnico, nazionale, razziale o religioso. I Campi di concentramento: Auschwitz lI - Birkenau A circa 3 Km. di distanza dal campo madre di Auschwitz I, si trova Auschwitz II, chiamato anche Birkenau. In questo campo, con una superficie di circa 175 ettari, furono costruite più di 300 baracche; non tutte sono sopravvissute fino ad oggi. Ne sono state conservate quasi per intero 45 in muratura e 22 in legno. Al posto delle baracche bruciate e distrutte, sono rimasti oggi solo i camini ed i contorni dei luoghi dove sorgevano, dai quali ne risulta la grandezza ed il numero. Il numero dei detenuti nell'agosto del 1944 raggiunse nel complesso le centomila unità. Le piaghe del campo erano la mancanza d'acqua, le disastrose condizioni igieniche e l'enorme quantità di topi. I nazisti costruirono la maggior parte degli impianti di sterminio proprio a Birkenau: quattro crematori, con camere a gas provvisorie site in case contadine convertite a tal uso, fosse e roghi. Le baracche in muratura situate alla sinistra dello scalo ferroviario, furono costruite senza fondamenta, su un terreno pantanoso. La maggioranza dei casotti non aveva il pavimento, ma solo terra battuta che spesso si trasformava in fanghiglia; nei capanni in muratura alloggiavano le detenute, che dormivano in cuccette a tre piani su paglia marcia e rancida. Su un piano dormivano circa otto persone; le baracche in legno situate alla destra dello scalo ferroviario erano stalle da campo che potevano contenere circa cinquanta cavalli: dopo avervi apportato qualche piccola modifica, si giunse ad alloggiarvi fino ad un migliaio di detenuti. Al centro delle baracche furono costruiti dei camini che avrebbero dovuto riscaldare l'interno. I Campi di concentramento: Terezìn Terezìn fu il maggiore campo di concentramento nazista sul territorio della Cecoslovacchia. Costruito come transito per gli ebrei che venivano deportati verso i campi di sterminio dei territori orientali, dalla sua nascita vi furono deportati 150.000 persone, fra le quali 15.000 bambini. La maggior parte trovò la morte nel ghetto stesso o negli altri campi nazisti. Non ci sono immagini forti, non ci sono cumuli di scheletri. Ma i quattromila disegni, come le sessantasei poesie di quelle giovani anime strappate alla vita, hanno senza dubbio lo stesso effetto. Il campo di Terezìn proprio perché di transito, è stato uno dei pochi che prevedeva uno spazio per i bambini. Stesse condizioni igieniche, stessa fame, stesse malattie. Proprio come gli adulti. Stessa Identica sofferenza Erano in 15.000: non ne sono sopravvissuti nemmeno 100. Avevano tutti un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni. Alcuni versi di una poesia e dei disegni fatti dai bambini nel campo di concentramento di Terezìn. O mia piccola casa, mia casetta, perchè m’hanno strappato da te, perchè m’hanno portato nella desolazione, nell’abisso di un nulla senza ritorno? Per le strade girano i reclusi e in ogni volto che incontri tu vedi che cos’è questo ghetto, la paura e la miseria. Squallore e fame, questa è la vita che noi viviamo quaggiù, ma nessuno si deve arrendere: la terra gira e i tempi cambieranno Lettera scritta in yiddish da un ragazzo di 14 anni nel campo di concentramento di Pustkow. Miei cari genitori, se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me. Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano perché ci hanno portato via le scarpe… Tutto il giorno lavoriamo quasi senza mangiare e la notte dormiamo sulla terra (ci hanno portato via anche i nostri mantelli). Ogni notte soldati ubriachi vengono a picchiarci con bastoni di legno e il mio corpo è pieno di lividi come un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda, una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e persino qualche foglia. L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato… Io non ero il quinto, ma so che non uscirò vivo di qui. Dico addio a tutti, cara mamma, caro papà, mie sorelle e miei fratelli, e piango… Sopravvissuti alla Shoah Nedo FIANO deportato e sopravvissuto ad Auschwitz con il numero A5405 «Immagina che cosa vuol dire vivere in un campo dove si bruciavano 10 mila persone al giorno, col fetore di carne umana che ti perseguita giorno e notte. Immagina i prigionieri di Auschwitz, di Treblinka, di Mauthausen, uomini e donne che hanno assistito Natalina Bianco impotenti alla morte dei loro genitori, delle loro mogli, dei loro figli, dei loro parenti. Mi dirai: ma come si esce da quell’inferno? In quali condizioni? Semplice. Un uomo che è stato nel Lager non esce più dal campo. Un uomo è sempre là». Evandro e Varinio Galante La casacca da deportato di Italo Tibaldi IL 27 GENNAIO DEL 1945 SONO STATI APERTI I CANCELLI DEI CAMPI DI STERMINIO. NOI ANCORA OGGI LO RICORDIAMO.