L’indoeuropeo
Con il termine Indoeuropei (o Proto
Indoeuropei) si indica un insieme di
popolazioni che, parlando un comune idioma
denominato proto-indoeuropeo, avrebbe
popolato un'area geografica comune tra la
metà del V millennio a.C. e l'inizio del II
millennio a.C..
Tale etnia si sarebbe poi dispersa per l'Eurasia a
causa di dinamiche complesse di diffusione,
legate a linee di transumanza e commercio
preistoriche, e a dinamiche di sovrapposizione
militare nate forse da instabilità di carattere
demografico, dando così origine a diversi popoli
che conservano tuttora fortissime ed evidenti
analogie linguistiche (lingue indoeuropee).
La linguistica comparativa ha mostrato come si
possano identificare in popolazioni tra loro
distanti,
anche
geograficamente,
forti
caratteristiche comuni, non solo nel lessico, ma
anche nella morfologia linguistica, nella
grammatica e addirittura nella cultura.
Il problema della Urheimat
• Con lingue indoeuropee in linguistica si intende una
famiglia di lingue con origine comune parlate oggi in gran
parte del globo. Esse sono generalmente divise in grandi
gruppi.
• Questa famiglia linguistica comprende la maggior parte
delle lingue d'Europa vive ed estinte e si estende attraverso
l'Asia centrale fino al subcontinente indiano; nel corso
dell'età moderna, a causa delle migrazioni e della
colonizzazione, si è diffusa in tutti i continenti, divenendo la
famiglia dominante in America, in Australia e in singole
regioni dell'Africa. Per l'evoluzione e la storia della
protolingua da cui derivano, si rimanda alle voci
protoindoeuropeo e indoeuropei.
• Appartengono con certezza alla famiglia linguistica
indoeuropea diverse sottofamiglie linguistiche a loro volta
differenziate in lingue e dialetti:
• Le lingue anatoliche, parlate in Anatolia già nel
XIX-XVIII secolo a.C. e oggi estinte; ne fanno parte
il luvio, l'ittita, il palaico, e nei secoli IX-V a.C. il
licio, il lidio, il cario;
• I dialetti del greco, che è la lingua indoeuropea
con la maggior continuità storica, dato che un
arcaico dialetto greco, il miceneo, nelle sue
varianti normale e speciale, è stato scoperto nel
1953 da Michael Ventris nelle tavolette in lineare
B dei palazzi Achei dei secc. XVI-XIII a.C.; della
famiglia dei dialetti greci fanno parte, in età
storica, lo ionico-attico, il dorico, l'eolico,
l'arcado-cipriota, il greco di nord-ovest, il panfilio;
• L'Indo-Iranico, comprendente il ramo Indo-ario
(lingue indoeuropee parlate in India) e l'iranico
(lingue indoeuropee dell'Iran); in età antica è
testimoniato dall'avestico e dal sanscrito vedico; I
dialetti indo-iranici sono attestati nelle loro sedi
nel I millennio a.C.; tuttavia, tracce linguistiche
inequivocabili della presenza degli indo-arii sono
state rinvenute nei documenti delle civiltà
mesopotamiche già fra il 1900 a.C. e il 1300 a.C., in
concomitanza con il subentrare di dinastie
"barbariche" a Babilonia e fra gli Hurriti;
• Le lingue celtiche diffuse dal I millenno a.C.
nell'Europa atlantica dalla Spagna all'Irlanda e
oggi a rischio di estinzione;
• le lingue italiche, diffuse in origine in Italia
centro-meridionale e rappresentate, nel I
millennio a.C., dal latino, dall'osco-umbro, dal
sannita e da altri dialetti minori;
• le lingue germaniche, di cui è certo che già
intorno alla metà del I millennio a.C. fossero
diffuse in Europa centro-settentrionale, fra il
Baltico e il bassopiano sarmatico; le loro prime
attestazioni scritte risalgono al V secolo d.C.
• l'armeno, parlato in Armenia e noto a partire dal V secolo d.C.;
• Il tocario, nei suoi due dialetti estinti A e B (tocario orientale e
tocario occidentale), documentati nel Turkestan cinese
intorno al 1000 d.C.;
• il venetico lingua a sé parlata nell'antico Veneto; a esso è forse
affine l'illirico, una lingua poco nota diffusa a suo tempo nei
Balcani occidentali e forse apparentata con l'albanese;
• le lingue slave, discese tutte da una protolingua non troppo
differente dal paleoslavo, già lingua liturgica della chiesa
cristiana ortodossa in Europa orientale;
• le lingue baltiche, comprendenti l'antico prussiano, estinto già
nel XVIII sec., nonché due lingue vive, il lituano e il lettone ;
• L'albanese, con i suoi due dialetti, il tosco e il ghego, attestati
dal XV sec.
• Infine una serie di parlate estinte, isolate e poco
note, come il frigio, il tracio, il daco-misio, il
messapico, il ligure e i dialetti dei Macedoni e
dei Peoni; a queste si devono aggiungere le
ipotetiche lingue egee morte di substrato
indoeuropeo influenti sul Greco antico ma
estranee al ramo egeo-anatolico, fra cui il
pelasgico, il greco psi e il pelastico. Si ribadisce
che queste ultime lingue non sono dialetti greci:
i loro resti testimoniano l'affioramento di lingue
indoeuropee
totalmente
sconosciute
e
caratterizzate da fenomeni propri, diversi in
parte da quelli che identificano le altre
sottofamiglie dell'indoeuropoeo.
• Indoeuropeo: Famiglia di lingue storiche (dette
anche arie, indogermaniche, indoceltiche,
arioeuropee) che presentano, specie negli
stadi più antichi, un’affinità e una concordanza
di caratteri fonetici, morfologici e lessicali tali
da rendere legittima l’ipotesi di una fase
precedente in cui queste lingue fossero più
strettamente connesse tra loro.
Evoluzione degli studi
• L’affinità e originaria unità delle lingue i., già intravista da
grammatici e studiosi del primo Settecento, e divenuta certa
nella seconda metà del secolo, con W. Jones, fu poi
confermata dalle indagini dei fratelli Schlegel, dei Grimm, di
W. von Humboldt e F. Bopp, che nel 1833 pubblicò una
grammatica comparata delle lingue i. allora note
(sanscrito, iranico, greco, latino, lituano, gotico e tedesco;
nella seconda edizione del 1857 comprese anche l’armeno
e l’antico slavo). Nel 19° sec., il lavoro di ricostruzione della
protolingua (Ursprache) condotto dalla cultura linguistica
europea portò A. Schleicher a interpretare le diverse lingue
storiche i. come una naturale differenziazione e
articolazione, secondo leggi fisse, di una lingua archetipa
perfetta e unitaria, l’i. comune , che si sarebbe scissa in
due tronconi, orientale e occidentale, poi a loro volta
ramificatisi (teoria dell’albero).
I gruppi linguistici indoeuropei
• Le lingue i. preistoriche o, meglio, i dialetti i., tra cui vi
erano scambi e reciproci influssi, dovevano essere
parlati in una zona centro-settentrionale del
continente eurasiatico. L’originaria più stretta unità
linguistica subì poi un processo di indebolimento e
frantumazione in conseguenza delle migrazioni, a
partire dalla fine del 3° millennio a.C., e della
diffusione in tutta l’Europa centrale e occidentale,
nell’Asia Minore e nell’India dei popoli che parlavano
tali dialetti. I diversi dialetti, sia per sviluppi particolari
di caratteri originariamente affini, sia per influssi del
sostrato linguistico
delle
nuove
aree,
si
differenziarono sempre più l’uno dall’altro, formando
quelle lingue storiche che conservano inconfondibili
caratteri di unità.
Caratteri comuni
Dal punto di vista della fonematica caratteri comuni delle
lingue i. sono rappresentati da:
• tre serie di consonanti, sorde, sonore e sonore aspirate,
ripartite a seconda del punto di articolazione in:
• labiali (p, b, bh),
• dentali (t, d, dh),
• palatali (ḱ, ǵ, ǵh),
• velari (k, g, gh),
• labiovelari (ku̯, gu̯, gu̯h);
• la sibilante s; le liquide l r e le nasali n m; le vocali a e i o u
brevi e lunghe, che possono presentarsi unite nei dittonghi
ai ei oi au eu ou: i e u possono, davanti ad altra vocale,
assumere valore semivocalico (i ̯ u̯ ); una vocale di timbro
indistinto, lo schwa.
A lungo considerata come semivocale, [j] è oggi dall’IPA
(➔ alfabeto fonetico) definitivamente classificata tra le
consonanti e definita approssimante palatale sonora.
In italiano [j] occorre in posizione iniziale prevocalica (per
es., in parole come ieri [ˈjɛːɾi], iodio [ˈjɔːdĭo]) o in posizione
intervocalica (per es., in parole come aia [ˈaːja], buio
[ˈbuːjo], soia [ˈsɔːja]). In contesto postconsonantico
l’elemento di tipo i viene invece prodotto come vocale
breve (piove [ˈpĭɔːve], fiato [ˈfĭaːto]). Sul piano acustico i
due suoni [i] e [j] sono molto simili. Ciò che distingue la
vocale dall’approssimante è solo una riduzione
dell’intensità del segnale, conseguenza acustica della
riduzione areale a livello palatale nel caso della
consonante (es piove/iodio).
Le consonanti della lingua italiana
sono:B...C...D...F...G...H...L...M...N...P...Q...R...S...T...V...Z...
Sono di diverso tipo, a seconda degli organi fonatori utilizzati (labiali, dentali,
palatali...) o del loro suono, come si rileva dal seguente specchio.
• LABIALI
PBMFV
es. piede, bue, favola...
• DENTALI
DT
es. dado, sarto...
• LINGUALI
LR
es. luna, rosa...
• GUTTURALI C + A O U H e con altra consonante; G + A O U H e con altra
consonante es. cane, gomena, chiesa, ghisa, globo...
• GUTTURALI Q
es. quesito...
• PALATALI
GL + I es. figlio...
• PALATALI
SC + E - SC + I
es. scivolo...
• NASALI
M N GN es. mantice, norma
• SIBILANTI
F S V Z es. sordo, vaso, mozzo...
In genere pronunciamo con maggiore facilità le consonanti "P" ed "M", non a
caso, i bambini molto piccoli le articolano perfettamente "p-pappa, mmamma"...Quelle più complicate sono indubbiamente la "R", la "F" e la
"Z".
• Dal punto di vista della morfologia e della sintassi, è
comune il sistema di flessione dei nomi, pronomi e verbi
basato sull’aggiunta di suffissi e desinenze alla radice della
parola, che può presentarsi in gradi apofonici diversi. La
flessione dei nomi e pronomi (o declinazione) ammette
otto casi (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo,
ablativo, strumentale e locativo); la flessione verbale, in cui
il modo e l’aspetto verbale hanno maggior risalto del tempo
(presente e passato; il futuro non ha una formazione
originaria a sé), distingue la coniugazione tematica in e/o e
quella atematica. La ricca morfologia consentiva una larga
autonomia sintagmatica alle parole: l’irrigidirsi dell’ordine
delle parole è fenomeno relativamente tardo.
• Le maggiori concordanze appaiono nel patrimonio lessicale
della lingua familiare e religiosa e nelle denominazioni di
oggetti naturali.
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Esempi:
indoeuropeo *kṃtóm "cento" > sanscrito śatám,
avestico satəm, greco ἑκατόν (hekatòn, composto da
ἑ- (e -κατόν da *km̥tóm), latino centum /'kɛntum/, ma
gotico, antico sassone e antico inglese hund;
da *sm̥ "uno solo", cfr. latino semel "una volta" e greco
*σεμς *σμjα *σεμ > εἷς (m.) μία (f.) ἕν (n.) "uno");
indoeuropeo *swekrú ("suocera") > sanscrito śváśura-,
greco ἑκυρά (hekyrà, da *σϝεκυρά swekyrà), latino
socrus, ma antico inglese sweger
sanscr. pitàr > got. fadar (non *faþar); greco πατήρ;
lat. pater; ital. padre; inglese father.
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