Scienze cognitive e computabilità: le origini Corso di Logica e Filosofia della Scienza a.a. 2013-2014 Le scienze cognitive: motivazioni e implicazioni • Qual è l’oggetto delle scienze cognitive? • La natura disciplinare della scienze cognitive • Le radici filosofiche delle scienze cognitive: le origini storiche • I problemi fondamentali delle scienze cognitive • Alcune implicazioni filosofiche delle scienze cognitive SCIENZA COGNITIVA Ricerche interdisciplinari finalizzate allo studio scientifico della mente umana PSICOLOGIA LINGUISTICA ANTROPOLOGIA NEUROSCIENZE INTELLIGENZA ARTIFICIALE ESAGONO COGNITIVO FILOSOFIA In tempi più recenti, lo studio scientifico della cognizione, intesa come l’insieme dei processi di acquisizione ed elaborazione di informazioni – sia esterne sia interne – per vari fini (sopravvivenza, adattamento, conoscenza, e così via), è stato esteso dalla mente umana anche a sistemi biologici non umani e a sistemi artificiali. Se ci limitiamo agli esseri umani, le scienze cognitive studiano facoltà cognitive ‘di base’ (percezione, memoria, consapevolezza, attenzione, ecc.) o facoltà cognitive ‘superiori’ (pensiero, coscienza). Tutte queste facoltà rappresentano particolari aspetti della mente: l’attività delle scienze cognitive potrebbe essere considerata come un contributo al programma generale di costruire una teoria scientifica della mente. Ma cosa significa fare una teoria scientifica di un oggetto così particolare come la mente? Come emerge il concetto moderno di mente? Esso emerge a partire da una lunga tradizione filosofica, di cui il concetto moderno di mente è soltanto un particolare aspetto (quello più strettamente 'razionale'). Proprio questo aspetto è al centro della riflessione filosofica sulla mente e la soggettività di Cartesio (1596-1650). Proprio la riflessione filosofica cartesiana sulla mente e la soggettività pone una questione fondamentale per la moderna scienza cognitiva: il ruolo svolto dalla rivoluzione scientifica. Infatti la "mente" come autonomo oggetto di indagine comincia ad avere un senso da quando la natura diventa scientificamente autonoma. Soltanto allora diventa sensato chiedersi: qual’è il posto della mente nella natura (se ne ha uno)? Con la rivoluzione scientifica, il mondo naturale è diventato oggetto autonomo di indagine (con metodi propri, teorie proprie, ecc.). Ma lo sviluppo della scienza ha contribuito a fissare anche dei criteri di ‘scientificità’, rispetto ai quali valutare altri oggetti di indagine, in particolare la mente. Cartesio ha svolto un ruolo di primo piano in questa fase, perché ha operato sia sul piano della scienza sia sul piano delle indagini filosofiche sulla "mente". Sul piano della scienza, perché Cartesio ha dato un contributo fondamentale alla cinematica moderna (oltre che alla matematica) e alla visione meccanica (o meccanicistica) del mondo naturale. Sul piano delle indagini sulla ‘mente’, perché Cartesio ha dato la prima formulazione moderna di mente come luogo esclusivo della razionalità (privato di qualsiasi carattere vegetativo/vitalistico/emotivo) e ha affrontato in modo esplicito il rapporto mente/materia. La figura di Cartesio è un riferimento storico fondamentale nella prospettiva delle scienze cognitive anche per una ragione più generale: Cartesio è infatti il filosofo che rifonda l’intera filosofia occidentale moderna, ponendo la giustificazione della conoscenza e dei fondamenti dell’attività razionale tra i massimi obiettivi della riflessione filosofica in generale. Inoltre, si deve a Cartesio l’introduzione del termine stesso di MENTE in un senso vicino alla sensibilità contemporanea. Il termine viene usato nella versione latina di un’opera fondamentale per la filosofia occidentale: le Meditazioni metafisiche (1641). In questo testo (che contiene il celebre argomento del cogito), Cartesio ha come obiettivo la dimostrazione che a) la mente esiste, b) la mente è indipendente dalla materia. Un’altra tappa cruciale è rappresentata dalla nascita di una psicologia ‘scientifica’ all’inizio del XX secolo: si afferma l’indirizzo comportamentista nella psicologia (Watson, Skinner, Thorndike e altri). L’oggetto privilegiato della psicologia non è la ‘mente’ del soggetto, ma l’indagine sul suo comportamento osservabile, analizzato nei termini della relazione stimolo/risposta. Espressione, nel campo della psicologia, di un generale atteggiamento empirista (centralità dell'aspetto empirico e osservativo) sui fondamenti della conoscenza scientifica nella prima metà del XX secolo. “La psicologia come la vede il behaviorista è una scienza naturale puramente oggettiva. Il suo fine teorico è la predizione e il controllo del comportamento. L’introspezione non costituisce una parte essenziale del suo metodo, né il valore scientifico dei suoi dati dipende dalla facilità con cui essi si prestano a essere interpretati in termini di coscienza.” John B. Watson Modello comportamentista di analisi INPUT (stimolo) mente come “scatola nera” OUTPUT (risposta comportamentale) Questo modello si rivela particolarmente inadeguato nell’analisi dell’apprendimento del linguaggio: i comportamentisti non sono infatti in grado di spiegare l’aspetto creativo tipico di ogni fenomeno di apprendimento del linguaggio. La linguistica moderna di Noam Chomsky nasce proprio con l’obiettivo di risolvere problemi come questi: si scopre che non è possibile lasciare la mente come ‘scatola nera’ e che le spiegazioni cognitive devono prendere in considerazione il livello ‘mentale’ (cioè ‘interno’). “La scienza cognitiva viene praticata nella convinzione che sia legittimo – e anzi di fatto necessario – porre un livello di analisi separato, che può essere chiamato il «livello della rappresentazione». Uno scienziato, quando lavora a questo livello, lavora intorno a entità rappresentative, come simboli, regole, immagini – il materiale della rappresentazione, che si trova in una posizione intermedia tra input e output [...] Questo livello è necessario per spiegare la varietà del comportamento umano, del pensiero come delle azioni.” H. Gardner, La nuova scienza della mente. Storia della rivoluzione cognitiva SCIENZE COGNITIVE input (percettivo) livello necessario: ma in che senso? ? rappresentazioni, regole, ... output (comportamentale) Contributo della (allora nascente) informatica per lo sviluppo delle scienze cognitive: la concezione computazionale della mente. Fatto storico (contingente). Le prime prove delle scienze cognitive si rivolgono a compiti cognitivi ‘alti’ (scacchi, logica formale), nei quali disporre di ampie risorse e capacità computazionali è importante. Motivazione concettuale (di principio). I computer sono particolari realizzazioni di un modello di calcolo – la Macchina di Turing (MT) – e la MT soddisfa una proprietà cruciale dal punto di vista delle scienze cognitive: la UNIVERSALITÀ (o VIRTUALITÀ). Esistenza della MT universale (Turing 1936) Esiste una macchina di Turing MTU (detta macchina di Turing universale) tale che, per una generica macchina di Turing MT, la MTU può simulare la computazione di MT con argomento qualsiasi x. In altri termini, SE il nastro di MTU può contenere come argomento la codifica di qualsiasi possibile istruzione di MT, ALLORA per qualsiasi argomento x, il valore della computazione di MTU è identico a quello di MT, cioè MT(x) = MTU(x) MT1 Nastro di MT1 | | possono essere scritte qui Istruzioni di MT1 possono essere scritte qui Nastro di MT2 MT2 | | MT1 Istruzioni di MT1 codifica (effettiva!) delle istruzioni di MT1 sul nastro di MT2 Ora, MT2 può fare tutto ciò che può fare MT1, perché ‘incorpora’ le istruzioni di MT1 (naturalmente i ruoli di MT1 e MT2 possono essere invertiti). In questo caso MT2 opera ‘da Macchina Universale’ rispetto a MT1. Di fatto, MT2 si comporta come se fosse MT1. “Qualunque calcolatore reale, se è fornito di una memoria abbastanza capiente da svolgere il ruolo di nastro per la manipolazione dei simboli, può recitare la parte della macchina universale di Turing. Per esempio, se un microcalcolatore domestico fosse programmato per funzionare come una macchina universale di Turing e se, come dati in ingresso, ricevesse una descrizione codificata di un grande calcolatore mainframe, esso simulerebbe il funzionamento del grande calcolatore su qualunque successione di simboli di dati. “ (J. Hopcroft) MT1 codifica MT2 Conseguenza per la teoria della computabilità: è irrilevante quale sia la particolare MT che calcola! Implicazione epistemologica per i fondamenti delle scienze cognitive (un'implicazione fondamentale per la caratterizzazione computazionale delle ‘prime’ scienze cognitive): SE la mente ha una struttura computazionale, ALLORA la spiegazione delle sue proprietà è indipendente (in linea di principio) dalle sue basi materiali Due tesi fondamentali alle origini delle scienze cognitive: 1. La natura computazionale della cognizione 2. Il carattere astratto delle computazioni 1. La natura COMPUTAZIONALE della cognizione I processi cognitivi possono essere interpretati come elaborazioni computazionali di informazioni. 2. Il carattere ASTRATTO delle computazioni L’elaborazione computazionale delle informazioni non dipende in modo essenziale dal supporto materiale nel quale l’elaborazione stessa si realizza. La tesi 2 implica il cosiddetto principio di realizzabilità multipla (PRM): un processo cognitivo può essere realizzato da molteplici sistemi cognitivi, sia umani sia artificiali. Il PRM favorisce il programma di ricerca dell’IA (INTELLIGENZA ARTIFICIALE) cioè di quel filone delle scienze cognitive che si propone di ‘riprodurre’ mediante adeguati programmi le capacità cognitive di una mente. Slogan delle prime scienze cognitive hardware: software = cervello:mente Universalità delle MT (quale sia l’hardware che realizza il software è indifferente) Indipendenza della mente dalla sua struttura materiale Dimensione filosofica dell’approccio computazionale alla scienza cognitiva e all’IA: il funzionalismo come tesi sulla natura degli stati mentali, considerati come stati funzionali di un processo computazionale. Se la mente è una sorta di programma’ per il cervello, allora possiamo evitare di ridurre la mente alla sua base materiale, senza per questo doversi impegnare su quale sia la natura autentica (se ce n’è una) della mente. In questo senso, il funzionalismo 'aggira' la disputa tra materialismo e dualismo sulla natura della mente. “L’approccio ‘behavioristico’ [...] mira a fornire una descrizione fisicalistica completa del comportamento umano. Ciò corrisponde alla descrizione che un ingegnere o un fisico farebbe di una macchina di Turing realizzata fisicamente. Ma sarebbe anche possibile perseguire una descrizione più astratta dei processi mentali umani, in termini di ‘stati mentali’ (la cui realizzazione fisica, se c’è, non è specificata) e di ‘impressioni’ (che hanno il ruolo dei simboli sul nastro della macchina).” H. Putnam, Minds and Machines (1960)