IL TRATTAMENTO INTEGRATO NELLA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE AFASICO: LO STRUMENTO TICM
Ciavarella F, Perozzo P, Calegari M, Melossi L.
Struttura Riabilitativa di II° livello «Madonna dei Boschi», Buttigliera Alta - TO
Il linguaggio fa parte di un network di regioni cerebrali tra loro interconnesse che veicola non solo il linguaggio medesimo bensì altre funzioni
cognitive quali ad es. la memoria di lavoro e il sistema esecutivo di controllo. In alcuni studi, è stato evidenziato come l’outcome di un trattamento
logopedico dipenda più da funzioni quali l’attenzione e la capacità di automonitoraggio che non da abilità prettamente linguistiche. Sebbene i processi
alla base del riapprendimento del linguaggio in seguito a stroke siano più comprensibili che in passato, il motivo per cui alcuni pazienti rispondono ai
trattamenti ed altri no resta ancora una questione discussa. A tutt’oggi non si è in grado di prescrivere il trattamento più appropriato sulla base dello
specifico deficit di linguaggio e del profilo cognitivo evidenziato da ciascun paziente.
Diversi autori avrebbero evidenziato differenti quadri di compromissione nei pazienti afasici, sia nelle abilità verbali che in quelle più tipicamente
visuo-spaziali. Processi cognitivi non verbali giocherebbero infatti un ruolo chiave sia nel ri-apprendimento che nel ri-accesso al lessico nonché nella
costruzione della frase durante la conversazione spontanea. A sostegno di tale ipotesi, recenti studi di neuroimaging evidenziano la relazione tra i
miglioramenti a breve termine del trattamento dell’afasia e l’attivazione bilaterale di aree non considerate specifiche del linguaggio: l’ippocampo e la
«penonbra» circostante nonchè la corteccia entorinale. Aldilà degli interessanti studi offerti dalla letteratura che confermano la complessità del
recovery dopo un accidente cerebrale e la necessità di rinforzare il legame tra le neuroscienze cognitive e la neuropsicologia clinica, l’obiettivo del
presente lavoro è quello di proporre un’ipotesi di trattamento nato dalla necessità di creare un contesto riabilitativo stimolante e utile per il paziente
afasico, lavorando su più piani contemporaneamente (motorio, cognitivo, emozionale)
Il TICM nasce dalla necessità di costruire un contesto riabilitativo condiviso in cui diversi operatori (fisioterapista, logopedista,
neuropsicologo..) possano integrare le loro competenze per meglio offrire al paziente delle occasioni di trattamento in cui stimolare
contemporaneamente diversi domini cognitivi, in analogia a ciò che avviene solitamente nella vita di tutti i giorni. Dalla letteratura (Murray
2012) è emerso che una buona parte dei pazienti afasici presenta significativi deficit dell’attenzione e delle funzioni esecutive con diversi livelli
di compromissione ed è a questi pazienti che è principalmente rivolta la nostra attenzione.
Requisiti indispensabili sono l’assenza di demenza (MMSE>19), di afasia mista con severa compromissione della comprensione (AAT
comprensione > 42 PT) e la possibilità di deambulare autonomamente o mediante ausili. In fase di ingresso in struttura, i pazienti vengono
sottoposti ad una ampia batteria testistica indagante diversi domini cognitivi, in particolare l’attenzione nei suoi diversi aspetti e le funzioni
esecutive, nonché le abilità motorie tramite scale fisioterapiche; al termine, viene stilato un progetto terapeutico specifico per ogni paziente
compresa la possibilità di usufruire del TICM qualora le condizioni motorie e cognitive lo consentano.
Trattasi di un percorso di circa 15 metri, in luogo tranquillo e privo di agenti di distrazione. Il primo step consiste nel creare un percorso
compatibile con le abilità motorie del pz selezionando gli ostacoli (cerchi , bastoni, cilindri ecc) e il tipo di programmazione motoria richiesta; in
seguito, viene aggiunta la stimolazione cognitiva: il materiale stimolo viene disposto su tre file, due a terra (a destra e a sinistra del paziente) e
una in alto (sul mancorrente, appoggiato al muro). Gli stimoli sono costituiti da quadrati rappresentanti lettere o numeri che possono essere di
formati, colori e sfondi diversi. La stimolazione cognitiva prevede compiti a complessità crescente:
•lettura alternata (destra\sinistra, muro\terra): viene data una consegna iniziale che il paziente deve rispettare fino al termine del percorso
oppure si procede cambiando continuamente il fronte di lettura mediante comandi verbali o visivi;
• fluenza verbale con vincoli semantici e fonologici: si può partire, ad es., con un’ unica categoria semantica per ogni lettera presente per poi
giungere ad un massimo di 3 categorie, una per ogni fila; per aumentare la difficoltà del compito si può vincolare la produzione lessicale alla
presenza di 2 lettere, una in posizione iniziale l’altra in posizione centrale; laddove possibile, si può aggiungere la rievocazione durante la fase di
ritorno di tutte le parole o solo quelle di una determinata fila, con o senza anticipo della richiesta medesima al paziente;
•conteggio: compiti di calcolo alternando o meno gli stimoli dx\sin, muro\terra; per incrementare il carico cognitivo si può chiedere al pz di
tenere a mente il risultato al termine di una determinata fila o dell’intero percorso per poi sommarlo al risultato ottenuto durante la fase del
ritorno;
•colori: si chiede al pz di contare gli stimoli dello stesso colore (specificando se il target è il colore del contenuto o dello sfondo dello stimolo)
e, se possibile, effettuare contemporaneamente esercizi di fluenza verbale.
Il TICM risulta utile anche in pazienti con deficit di esplorazione visuo-spaziale (eminattenzione ed emianopsia): in questo caso il lavoro può
venire svolto anche con l’uso della carrozzina dando maggior enfasi alla modalità di esplorazione dello spazio e alle strategie di compenso
messe in atto a seconda della consapevolezza del deficit.
L’analisi qualitativa e quantitativa mediante la ri-somministrazione della batteria testisca in fase di dimissione sembrano incoraggianti:
miglioramento dell’allerta e dell’attenzione sostenuta oltre che selettiva e dell’esplorazione dello spazio, della fluenza lessicale, della memoria
di lavoro e della gestione dell’impulsività. Altro aspetto significativo è stato l’accettabilità del trattamento in quei pz che si rifiutavano di
eseguire gli esercizi di stimolazione cognitiva a tavolino.
I limiti del presente lavoro sono comunque molti, primo tra tutti la mancanza di una standardizzazione della procedura che, visti i risultati
incoraggianti, sarà motivo di ulteriore sviluppo: in particolare, si è pensato di procedere con l’articolazione di un breve percorso standardizzato
che verrà somministrato all’inizio e al termine dell’iter di trattamento calcolando tempi ed errori; attraverso il calcolo sottrattivo si potrà avere
un indice della prestazione del pz nelle tre componenti di cui è costituito (motorio, lessicale e funzioni esecutive).
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