Le scienze cognitive: motivazioni e implicazioni
• Qual’è l’oggetto delle scienze cognitive?
• La natura disciplinare della scienze cognitive
• Le radici filosofiche delle scienze cognitive: le origini
storiche
• I problemi fondamentali delle scienze cognitive
• Alcune implicazioni filosofiche delle scienze cognitive
SCIENZA COGNITIVA  Ricerche interdisciplinari finalizzate
allo studio scientifico della mente umana
PSICOLOGIA
LINGUISTICA
ANTROPOLOGIA
NEUROSCIENZE
INTELLIGENZA
ARTIFICIALE
ESAGONO COGNITIVO
FILOSOFIA
In tempi più recenti, lo studio scientifico della
cognizione, intesa come l’insieme dei processi di
acquisizione ed elaborazione di informazioni – sia
esterne sia interne – per vari fini (sopravvivenza,
adattamento, conoscenza, e così via), è stato esteso
dalla mente umana anche a sistemi biologici non
umani e a sistemi artificiali.
Se ci limitiamo agli esseri umani, le scienze cognitive
studiano facoltà cognitive ‘di base’ (percezione,
memoria, consapevolezza, attenzione, ecc.) o facoltà
cognitive ‘superiori’ (pensiero, coscienza).
Tutte queste facoltà rappresentano particolari
aspetti della mente: l’attività delle scienze cognitive
potrebbe essere considerata come un contributo al
programma generale di costruire una teoria
scientifica della mente.
Ma cosa significa fare una teoria scientifica di un
oggetto così particolare come la mente?
Come emerge il concetto moderno di mente?
Esso emerge a partire da una lunga tradizione
filosofica, che indaga concetti generali (anima,
soggetto, io, …) di cui il concetto moderno di mente
è soltanto un particolare aspetto (quello più
strettamente 'razionale').
Le lontane origini del concetto di mente stanno nel più
generale concetto di anima (o psyché, secondo il
termine greco antico).
Storicamente, il primo filosofo che costruisce una
teoria dell'anima come entità autonoma, degna di
analisi filosofica, è Platone.
In particolare nella Repubblica Platone elabora la teoria
di un'anima composta di tre parti – una razionale, una
legata alla volontà e all'azione e una legata all'aspetto
vegetativo – che 'lottano' tra loro per il controllo del
soggetto (analogia tra la struttura dell'anima e quella
dello stato).
La teoria platonica sviluppata nella Repubblica
rappresenta la prima teoria 'unitaria' dell'anima nella
storia del pensiero occidentale.
Elementi fondamentali da un punto di vista moderno
nella teoria platonica:
- concezione complessa della soggettività (razionalità
come principio di organizzazione della vita mentale);
- rapporto "alto-basso" (anima nel corpo vs. anima
ideale, cioè a contatto con il regno delle idee eterne)
L'incontro tra la filosofia platonica e il cristianesimo:
Agostino (354-430 d.C.) e la nascita della categoria
dell'interiorità e dell'idea di anima personale.
Alla dicotomia platonica alto-basso si aggiunge la
dicotomia interiore-esteriore: la soggettività acquista
una dimensione interna, contrapposta alla sua
dimensione esterna, sociale, pubblica.
il luogo classico di questa riflessione agostiniana, dal
punto di vista letterario e filosofico, sono le Confessioni
(400 d.C. circa), un testo fondamentale per l'idea
occidentale di soggettività.
È il primo testo filosofico nel quale l'io narrante è sia
autobiografico sia soggetto di teorizzazione filosofica,
un aspetto che avrà grande fortuna nella filosofia.
Le Confessioni sono il primo testo filosofico nel quale
l'io narrante è sia soggetto autobiografico sia soggetto
di teorizzazione filosofica, un aspetto che avrà grande
fortuna nella filosofia.
Il Discorso sul metodo (1637) di Cartesio è costruito su
uno schema analogo: formalmente, si tratta di
un'autobiografia intellettuale, ma nella sostanza è
anche un'opera teorica, che considera l'io narrante
come il soggetto di un percorso ideale che la razionalità
dovrebbe compiere.
Proprio la riflessione filosofica cartesiana sulla mente e
la soggettività pone una questione fondamentale per la
moderna scienza cognitiva: il ruolo svolto dalla
rivoluzione scientifica.
Infatti la "mente" come autonomo oggetto di indagine
comincia ad avere un senso da quando la natura
diventa scientificamente autonoma.
Soltanto allora diventa sensato chiedersi: qual’è il
posto della mente nella natura (se ne ha uno)?
Con la rivoluzione scientifica, il mondo naturale è
diventato oggetto autonomo di indagine (con metodi
propri, teorie proprie, ecc.).
Ma lo sviluppo della scienza ha contribuito a fissare
anche dei criteri di ‘scientificità’, rispetto ai quali
valutare altri oggetti di indagine, in particolare la
mente.
Cartesio ha svolto un ruolo di primo piano in questa
fase, perché ha operato sia sul piano della scienza sia
sul piano delle indagini filosofiche sulla "mente".
Sul piano della scienza,
perché Cartesio ha dato un contributo fondamentale
alla cinematica moderna (oltre che alla matematica)
e alla visione meccanica (o meccanicistica) del
mondo naturale.
Sul piano delle indagini sulla ‘mente’,
perché Cartesio ha dato la prima formulazione
moderna di mente come luogo esclusivo della
razionalità
(privato
di
qualsiasi
carattere
vegetativo/vitalistico/emotivo) e ha affrontato in
modo esplicito il rapporto mente/materia.
La figura di Cartesio è un riferimento storico
fondamentale nella prospettiva delle scienze
cognitive anche per una ragione più generale:
Cartesio è infatti il filosofo che rifonda l’intera
filosofia occidentale moderna, ponendo la
giustificazione della conoscenza e dei fondamenti
dell’attività razionale tra i massimi obiettivi della
riflessione filosofica in generale.
Inoltre, si deve a Cartesio l’introduzione del termine
stesso di MENTE in un senso vicino alla sensibilità
contemporanea.
Il termine viene usato nella versione latina di
un’opera fondamentale per la filosofia occidentale:
le Meditazioni metafisiche (1641).
In questo testo (che contiene il celebre argomento
del cogito), Cartesio ha come obiettivo la
dimostrazione che
a) la mente esiste,
b) la mente è indipendente dalla materia.
Un’altra tappa cruciale è rappresentata dalla nascita
di una psicologia ‘scientifica’ all’inizio del XX secolo:
si afferma l’indirizzo comportamentista nella
psicologia (Watson, Skinner, Thorndike e altri):
l’oggetto privilegiato della psicologia non è la
‘mente’ del soggetto, ma l’indagine sul suo
comportamento osservabile, analizzato nei termini
della relazione stimolo/risposta.
Espressione, nel campo della psicologia, di un
generale atteggiamento empirista (centralità
dell'aspetto empirico e osservativo) sui fondamenti
della conoscenza scientifica nella prima metà del XX
secolo.
“La psicologia come la vede il behaviorista è una
scienza naturale puramente oggettiva. Il suo fine
teorico è la predizione e il controllo del
comportamento. L’introspezione non costituisce una
parte essenziale del suo metodo, né il valore scientifico
dei suoi dati dipende dalla facilità con cui essi si
prestano a essere interpretati in termini di coscienza.”
John B. Watson
Modello comportamentista di analisi
INPUT (stimolo)

mente come
“scatola nera”

OUTPUT (risposta comportamentale)
Questo modello si rivela particolarmente inadeguato
nell’analisi dell’apprendimento del linguaggio: i
comportamentisti non sono infatti in grado di
spiegare l’aspetto creativo tipico di ogni fenomeno di
apprendimento del linguaggio.
La linguistica moderna di Noam Chomsky nasce
proprio con l’obiettivo di risolvere problemi come
questi: si scopre che non è possibile lasciare la mente
come ‘scatola nera’ e che le spiegazioni cognitive
devono prendere in considerazione il livello
‘mentale’ (cioè ‘interno’).
“La scienza cognitiva viene praticata nella
convinzione che sia legittimo – e anzi di fatto
necessario – porre un livello di analisi separato, che
può
essere
chiamato
il
«livello
della
rappresentazione». Uno scienziato, quando lavora a
questo
livello,
lavora
intorno
a
entità
rappresentative, come simboli, regole, immagini – il
materiale della rappresentazione, che si trova in una
posizione intermedia tra input e output [...] Questo
livello è necessario per spiegare la varietà del
comportamento umano, del pensiero come delle
azioni.”
H. Gardner, La nuova scienza della mente. Storia
della rivoluzione cognitiva
SCIENZE COGNITIVE
input (percettivo)
livello necessario:
ma in che senso?
?
rappresentazioni,
regole, ...
output (comportamentale)
Contributo della (allora nascente) informatica per lo
sviluppo delle scienze cognitive: la concezione
computazionale della mente.
Fatto storico (contingente). Le prime prove delle
scienze cognitive si rivolgono a compiti cognitivi ‘alti’
(scacchi, logica formale), nei quali disporre di ampie
risorse e capacità computazionali è importante.
Motivazione concettuale (di principio). I computer
sono particolari realizzazioni di un modello di calcolo
– la Macchina di Turing (MT) – e la MT soddisfa una
proprietà cruciale dal punto di vista delle scienze
cognitive: la UNIVERSALITÀ (o VIRTUALITÀ).
Esistenza della MT universale (Turing 1936)
Esiste una macchina di Turing MTU (detta macchina
di Turing universale) tale che, per una generica
macchina di Turing MT, la MTU può simulare la
computazione di MT con argomento qualsiasi x.
In altri termini,
SE
il nastro di MTU può contenere come argomento la
codifica di qualsiasi possibile istruzione di MT,
ALLORA
per qualsiasi argomento x, il valore della
computazione di MTU è identico a quello di MT, cioè
MT(x) = MTU(x)
MT1
Nastro di MT1
|
|
possono essere scritte qui
Istruzioni di MT1
possono essere scritte qui
Nastro di MT2
MT2
|
|
MT1
Istruzioni di MT1

codifica (effettiva!) delle istruzioni di MT1
sul nastro di MT2

Ora, MT2 può fare tutto ciò che può fare MT1,
perché ‘incorpora’ le istruzioni di MT1 (naturalmente
i ruoli di MT1 e MT2 possono essere invertiti). In
questo caso MT2 opera ‘da Macchina Universale’
rispetto a MT1.
Di fatto, MT2 si comporta come se fosse MT1.
“Qualunque calcolatore reale, se è fornito di una
memoria abbastanza capiente da svolgere il ruolo di
nastro per la manipolazione dei simboli, può recitare la
parte della macchina universale di Turing.
Per esempio, se un microcalcolatore domestico fosse
programmato per funzionare come una macchina
universale di Turing e se, come dati in ingresso,
ricevesse una descrizione codificata di un grande
calcolatore
mainframe,
esso
simulerebbe
il
funzionamento del grande calcolatore su qualunque
successione di simboli di dati. “ (J. Hopcroft)
MT1
codifica
MT2
Conseguenza per la teoria della computabilità: è
irrilevante quale sia la particolare MT che calcola!
Implicazione epistemologica per i fondamenti delle
scienze cognitive (un'implicazione fondamentale per
la caratterizzazione computazionale delle ‘prime’
scienze cognitive):
SE
la mente ha una struttura computazionale,
ALLORA
la spiegazione delle sue proprietà è indipendente (in
linea di principio) dalle sue basi materiali
Due tesi fondamentali alle origini delle scienze
cognitive:
1. La natura computazionale della cognizione
2. Il carattere astratto delle computazioni
1. La natura COMPUTAZIONALE della cognizione
I processi cognitivi possono essere interpretati come
elaborazioni computazionali di informazioni.
2. Il carattere ASTRATTO delle computazioni
L’elaborazione computazionale delle informazioni
non dipende in modo essenziale dal supporto
materiale nel quale l’elaborazione stessa si realizza.
La tesi 2 implica il cosiddetto principio di realizzabilità
multipla (PRM): un processo cognitivo può essere
realizzato da molteplici sistemi cognitivi, sia umani sia
artificiali.
Il PRM favorisce il programma di ricerca dell’IA
(INTELLIGENZA ARTIFICIALE) cioè di quel filone delle scienze
cognitive che si propone di ‘riprodurre’ mediante
adeguati programmi le capacità cognitive di una mente.
Slogan delle prime scienze cognitive
hardware: software = cervello:mente
Universalità delle MT
(quale sia l’hardware
che realizza il software
è indifferente)
Indipendenza della mente
dalla sua struttura materiale
Dimensione filosofica dell’approccio computazionale
alla scienza cognitiva e all’IA: il funzionalismo come
tesi sulla natura degli stati mentali, considerati come
stati funzionali di un processo computazionale.
Se la mente è una sorta di programma’ per il
cervello, allora possiamo evitare di ridurre la mente
alla sua base materiale, senza per questo doversi
impegnare su quale sia la natura autentica (se ce n’è
una) della mente.
In questo senso, il funzionalismo 'aggira' la disputa
tra materialismo e dualismo sulla natura della
mente.
“L’approccio ‘behavioristico’ [...] mira a fornire una
descrizione fisicalistica completa del comportamento
umano. Ciò corrisponde alla descrizione che un
ingegnere o un fisico farebbe di una macchina di
Turing realizzata fisicamente. Ma sarebbe anche
possibile perseguire una descrizione più astratta dei
processi mentali umani, in termini di ‘stati mentali’
(la cui realizzazione fisica, se c’è, non è specificata) e
di ‘impressioni’ (che hanno il ruolo dei simboli sul
nastro della macchina).”
H. Putnam, Minds and Machines (1960)
Alan Turing e l'IA
Alan Turing, ideatore di uno dei principali modelli di
calcolo (le MT), ha svolto anche un ruolo filosofico
importante nello sviluppo dell’IA. Egli infatti ha
scritto un articolo ‘qualitativo’ intitolato Macchine
calcolatrici e intelligenza (1950), nel quale il
problema del rapporto tra menti e macchine è
analizzato mediante un esperimento ideale (il ‘gioco
dell’imitazione’).
A. Turing, Macchine calcolatrici e intelligenza (1950)
Domanda M
“Possono pensare le macchine?”
Invece di tentare di rispondere dopo un’analisi del
significato dei termini “macchina” e “pensiero”,
Turing propone di sostituire questa domanda con
un’altra, che presuppone un esperimento ideale
(detto gioco dell’imitazione).
Gioco dell’imitazione  Test di Turing
A
C (“interrogante”)
B
A e B sono un uomo e una donna. C non sa qual’è
l’uomo e quale la donna: lo scopo del gioco consiste
nell’indovinare mediante una serie di domande
adeguate.
Ora la domanda M
“Possono pensare le macchine?”
può essere sostituita dalla domanda M*
“Cosa accade se una macchina
prende il posto di A?”
C “interrogante”
B
“Sarà dato per scontato che la migliore strategia per
la macchina sia quella di provare a formulare le
risposte che sarebbero date istintivamente da un
uomo.” (p. 169)
Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza
cognitiva) alla mente:
Teoria computazionale-rappresentazionale della
mente
Cognizione: elaborazione di rappresentazioni
Le rappresentazioni sono il materiale minimale dei
processi cognitivi, intesi come information processing.
Il processo di elaborazione delle rappresentazioni è
guidata da regole.
Grammatica generativa  Teoria linguistica
elaborata da Noam Chomsky a partire dagli anni ‘50
del XX secolo: esempio particolarmente significativo
di
teoria
cognitiva
basata
sul
binomio
regole/rappresentazioni.
Tesi generale: il linguaggio è una capacità fondata
sulla struttura biologica della specie umana.
Implicazione fondamentale: le principali proprietà
del linguaggio si collocano in senso primario nella
sfera cognitiva e solo in senso secondario nella sfera
comunicativa.
“Uno dei domini empirici nei quali si sono registrati
progressi sensibili è lo studio del linguaggio. Per
come lo interpreto, il lavoro svolto in linguistica si
basa (spesso implicitamente) su una qualche
versione della tesi sulla mente/cervello e si inquadra
ragionevolmente nella psicologia e, più in generale,
nella biologia umana; alcuni studiosi vi hanno fatto
riferimento adottando, con motivazioni ragionevoli, il
termine biolinguistica”
“L’oggetto di queste ricerche è costituito da alcuni
stati specifici in cui si trovano le persone, in
particolare il loro cervello; chiamiamo questi stati
‘stati linguistici’. Tali ricerche si propongono di
mettere a nudo la natura e le proprietà di questi
stati, il loro sviluppo e le diverse forme che possono
assumere nonché le loro basi nel corredo biologico
innato.
Quest’ultimo sembra dar luogo a una ‘facoltà del
linguaggio’ che costituisce una delle componenti
specifiche delle facoltà mentali più elevate, [...] una
‘proprietà della specie’ che è condivisa, in linea di
principio, da tutti gli esseri umani.”
GRAMMATICA E GRAMMATICA GENERATIVA
Consideriamo i seguenti esempi:
(1) A me questo film non mi piace
(2) A me questo film non piace
(3) Marco vuole di mangiare
(4) Marco vuole mangiare
In questi esempi, la (2) e la (4) sono ‘corrette’ mentre
la (1) e la (3) sono ‘scorrette’. Tuttavia la scorrettezza’
della (1) è molto diversa da quella della (3)!
La differenza tra A me questo film non mi piace e A me
questo film non piace ci è stata insegnata.
Invece la differenza tra Marco vuole di mangiare e Marco
vuole mangiare non ci è stata insegnata: avvertiamo
quest’ultimo contrasto grazie alla nostra intuizione di
parlanti dell’italiano.
Secondo la linguistica
Marco vuole mangiare  frase grammaticale
Marco vuole di mangiare  frase agrammaticale
Scorrettezza  Nozione normativa della grammatica
Agrammaticalità  Nozione descrittiva della grammatica
Altro esempio:
(5) Marco ha promesso ad Anna di partire
(6) Marco ha ordinato ad Anna di partire
In nessuna delle due frasi c’è un’indicazione esplicita
su chi debba partire, ma noi comprendiamo
intuitivamente che nella (5) chi parte è Marco,
mentre nella (6) chi parte è Anna.
Anche in questo caso, è evidente che si tratta di una
capacità che non è stata appresa mediante un
processo analogo a quello con cui apprendiamo che
A me questo film non mi piace è ‘scorretta’.
Lo scopo della grammatica generativa (GG) è quello
di fornire una descrizione esplicita di questa capacità
e una spiegazione delle modalità con cui essa viene
acquisita dagli esseri umani.
La GG dovrà fornire un preciso apparato formale,
capace di produrre un numero potenzialmente
infinito di frasi e strutture mediante un numero finito
e dominabile di regole (cfr. più avanti la questione
della RICORSIVITÀ).
Particolare concezione di linguaggio: facoltà come
componente specifica della mente umana.
Secondo questa concezione, il linguaggio è un
fenomeno in primo luogo naturale (vale a dire biocognitivo) e solo in secondo luogo un fenomeno di
tipo storico e sociale.
Secondo Chomsky, l’attenzione deve essere
concentrata sul linguaggio come capacità del
parlante di percepire e di produrre enunciati.
Questa capacità è definita I-Linguaggio (linguaggio
interno) e costituisce un vero e proprio sistema
cognitivo.
L’aspetto comunicativo del linguaggio non viene
annullato: tuttavia esso non è sufficiente a mettere in
luce gli aspetti fondamentali del linguaggio come
sistema cognitivo.
Distinzioni fondamentali:
Linguaggio & Lingua
Competenza & Esecuzione
Linguaggio: facoltà comune a tutti gli esseri umani
Lingua: forma specifica assunta dal Linguaggio negli
individui
Competenza: conoscenza ‘implicita’ che il parlante ha
della propria lingua
Esecuzione: realizzazione concreta della competenza
da parte di un parlante
La componente innata prevista dalla teoria viene
chiamata grammatica universale:
“può essere considerata come una teoria dei
meccanismi innati, una matrice biologica sottostante
che fornisce un quadro all’interno del quale si
sviluppa la crescita della lingua [...] I princìpi della
grammatica universale possono essere considerati
come una spiegazione parziale e astratta di un
programma genetico che permette al bambino di
interpretare certi eventi come esperienza linguistica
e di costruire un sistema di regole e princìpi sulla
base di questa esperienza.”
La grammatica universale determina quindi il
concetto di lingua naturale possibile. Tutte le lingue
condivideranno i princìpi fondamentali di tale
grammatica universale.
La grammatica generativa intende costituirsi come
teoria scientifica del linguaggio, inteso come sistema
cognitivo.
Nuovi orizzonti, pp. 52 ss.
Statuto ‘scientifico’ della grammatica generativa
Nuovi orizzonti, p. 54
La RICORSIVITÀ è una proprietà chiave, che tra l’altro
accomuna parti importanti della linguistica e della
logica.
Ricorsività:
“Uso infinito di mezzi finiti” (Nuovi orizzonti, p. 55)
In linguistica, la ricorsività permette l’iterazione
nell’applicazione di regole che producono frasi
corrette entro una lingua.
Esempio: frasi dichiarative.
“Io so che [Tizio sa che [Caio sa che [....]]”
Questa circostanza richiama la ricorsività in logica:
ricordate la definizione di proposizione in L1?
1. Le lettere proposizionali sono proposizioni di L1.
2. Se A è una proposizione di L1, allora  A è una
proposizione di L1.
3. Se A e B sono proposizioni di L1, allora AB, AB,
AB sono proposizioni di L1.
4. Nient’altro è una proposizione di L1.
La definizione garantisce che un’applicazione
ricorsiva delle regole (in particolare i punti 2,3)
produce proposizioni corrette di L1.
Approccio ai linguaggi mediante grammatiche
ALFABETO A + GRAMMATICA
regole di generazione

stringhe di L (L = linguaggio)
La prospettiva delle grammatiche formali risulta
particolarmente utile per mettere in evidenza gli
aspetti ricorsivi dei linguaggi formali.
Intuitivamente: una grammatica è una struttura che,
sulla base di un certo alfabeto, specifica una serie di
‘regole’ mediante le quali è possibile generare le frasi
che convenzionalmente riconosciamo come corrette.
Problema: data una grammatica e una frase, è
possibile ‘generare’ quella frase a partire da quella
grammatica? La risposta è positiva se disponiamo di
un metodo per ‘derivare’ la frase mediante le regole:
queste infatti sono ricorsive.
Nelle grammatiche formali, si utilizza il termine
derivazione per la procedura che permette di
verificare quando una certa stringa di un linguaggio
può essere interpretata come generabile in una certa
grammatica.
Importante analogia
Grammatiche formali
regole di produzione
Logica
regole di inferenza
Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza
cognitiva) alla mente  Teoria computazionale e
rappresentazionale della mente (cognizione come
elaborazione computazionale di rappresentazioni)
Questo approccio risulta fecondo per aspetti importanti
- filosoficamente neutrale (niente problema mente-corpo)
- concettualmente economico
- fondato sul potente apparato formale della teoria della
computazione
ma solleva anche vari problemi, sia 'tecnici' sia
'fondazionali'.
Due classi di problemi determinati dall'approccio
computazionale, funzionalista e e simbolico allo studio
della mente e della cognizione:
- Problemi tecnici, legati alla limitata efficacia
dell'approccio computazionale nei confronti di
determinati problemi cognitivi (questi problemi sono
stati accentuati dallo sviluppo delle conoscenze
neuroscientifiche sulle proprietà e comportamento del
cervello);
- Problemi filosofici, legati a una serie di implicazioni
discutibili dell'approccio funzionalista alla mente e alla
cognizione.
Problemi tecnici per una concezione funzionalista
(computazionale) della mente e della cognizione
La metafora della mente come computer è efficace
rispetto a compiti cognitivi 'difficili' e astratti, ma è in
estrema difficoltà rispetto a compiti cognitivi che per
un essere umano sono semplici e quasi banali
(riconoscimento di oggetti, capacità di coordinazione
sensomotoria, …).
Non di rado, questo sembra dipendere dalle differenze
molto rilevanti tra la struttura di elaborazione di un
calcolatore e la struttura di elaborazione rappresentata
dal sistema nervoso (di cui il cervello è una parte).
Elaborazione parallela
Nei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in
parallelo: anche se il singolo neurone è 'lento', il
parallelismo su grandi masse di neuroni rende possibile
risolvere compiti che per un calcolatore seriale sono
difficili.
Elaborazione distribuita
Nei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in
modo distribuito su molti elementi, che svolgono tutti
la stessa operazione (questi elementi a volte sono
lontani tra loro).
Apprendimento
I sistemi nervosi non vengono programmati ma
apprendono dall'esperienza. Un apprendimento stabile
corrisponde al rafforzamento delle connessioni con cui
i neuroni comunicano.
Da queste proprietà osservate del sistema nervoso
nasce l'idea delle reti neurali artificiali, che sono dei
sistemi di elaborazione del'informazione ispirati alla
struttura neurale biologica.
Ambiente esterno
Unità di output
Unità nascoste
Unità di
input
Ambiente esterno
RETI NEURALI
ARTIFICIALI
Computer / Reti neurali

Discreto / Continuo
Simbolico / Non-Simbolico
I calcolatori (basati sul modello delle MT) sono sistemi di
elaborazione dell'informazione simbolici e discreti: essi
funzionano cioè sulla base di un alfabeto discreto di
simboli e della loro lettura e trasformazione.
Le reti neurali sono invece sistemi di elaborazione
dell'informazione non simbolici e continui: essi non
possiedono alcun alfabeto ma elaborano un segnale
dotato di una determinata intensità.
Problemi filosofici per una concezione funzionalista
(computazionale) della mente e della cognizione
Qualunque prospettiva funzionalista sulla mente è
principalmente sintattica e simbolica: ma in che
modo le ‘rappresentazioni’ – che sarebbero il
materiale di base dei processi cognitivi – assumono
un significato?
È il cosiddetto symbol grounding problem (l'espressione
è dello scienziato cognitivo Stevan Harnad): come e
dove nasce la semantica delle rappresentazioni?
Si tratta di un problema molto difficile per le scienze
cognitive, in particolare per quelle che si occupano di
costruire sistemi cognitivi artificiali.
In una prospettiva computazionale e funzionalista, il
symbol grounding problem è una questione difficile
da risolvere: l’elaborazione di rappresentazioni viene
concepito come un processo in larga parte simbolico,
e come tale indifferente al piano dei significati.
In questo senso, il symbol grounding problem
rappresenta un punto critico dell’approccio
computazionale e funzionalista, accanto ad almeno
altri due punti:
- il problema della coscienza
- l’argomento della stanza cinese
Il problema della coscienza
Problema della natura degli stati qualitativi e
fenomenici della soggettività. Scrive il filosofo della
mente David Chalmers nel saggio Come affrontare il
problema della coscienza (1995):
"La coscienza pone i problemi più sconcertanti nella
scienza della mente. Nulla conosciamo più
intimamente dell'esperienza conscia, ma non c'è
nulla che sia più difficile da spiegare."
[Agostino diceva analogamente – ma con riferimento
al problema del tempo: "Quando non me lo
chiedono, io so cos'è il tempo, ma quando me lo
chiedono, non lo so più."]
Secondo Chalmers,
"non c'è un unico problema della coscienza. Il termine
coscienza è ambiguo, perché si riferisce a molti
fenomeni differenti e ciascuno di essi richiede una
spiegazione, sebbene alcuni siano più facili da spiegare
che altri."
Esistono in realtà, sempre secondo Chalmers, due
categorie di problemi della coscienza: i problemi "facili"
e i problemi "difficili".
"I problemi facili della coscienza sembrano
direttamente soggetti ai metodi correnti della scienza
cognitiva, attraverso i quali un fenomeno viene
spiegato mediante meccanismi computazionali o
neurali."
Esempi:
- capacità di discriminare stimoli ambientali e di reagire
- capacità di accedere ai propri stati interni
- controllo del comportamento
- differenza tra veglia e sonno
- capacità di riferire i propri stati interni
……..
Definire "facili" i problemi in questa categoria significa
che possiamo avere un'idea chiara di cosa vorrebbe
dire poterli spiegare.
Abbiamo cioè un'idea ragionevole di una possibile
spiegazione di questi problemi, anche se magari per
molti di essi non abbiamo già di fatto una simile
spiegazione.
"Il problema davvero difficile della coscienza è quello
dell’esperienza. Quando pensiamo e percepiamo c’è un
frullio di elaborazioni dell’informazione, ma c’è anche
un aspetto soggettivo. Come ha detto Nagel, c’è il
com’è [what it is like] essere un organismo conscio.
Questo aspetto soggettivo è l’esperienza."
[D. Chalmers, Come affrontare il problema della coscienza, in
Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della
neuroscienza, Bollati Boringhieri pp. 237-239]
Per (tentare di) affrontare il problema difficile, esistono
svariate strategie possibili che si collocano all'interno di
due estremi:
L'idea che non soltanto la coscienza (fenomenica)
esiste ma è di natura non materiale ( dualismo di
origine cartesiana)
L'idea che la coscienza (fenomenica) non esiste e che
quando abbiamo spiegato il problema che Chalmers
definisce "facile" abbiamo spiegato tutto quello che c'è
da spiegare.
Tra questi estremi esiste una grande varietà di
concezioni, tra cui vale la pena di ricordarne almeno
due.
La concezione misterica della coscienza, secondo cui la
coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, ma
di una complessità che eccede le nostre capacità
cognitive.
Queste capacità possono cioè formulare il problema
della coscienza ma non possono risolverlo: secondo
l'espressione di Colin McGinn – il filosofo che ha difeso
questa concezione – la nostra mente è cognitivamente
chiusa rispetto al problema della coscienza.
La concezione – difesa dallo stesso Chalmers – secondo
cui la coscienza è un fenomeno perfettamente
naturale, nel senso che il suo aspetto fenomenico è un
aspetto fondamentale della realtà stessa.
Se questo è vero, allora deve essere possibile indagare
l'aspetto fenomenico della realtà in modi non troppo
diversi da quelli usati per indagare altri aspetti della
realtà che riteniamo fondamentali (e Chalmers cita
come esempi lo spazio, il tempo, la massa,….).
L’argomento della stanza cinese
(John R. Searle, Menti, cervelli e programmi, 1980)

Distinzione IA debole/IA forte
IA debole
“Secondo l’IA debole, il pregio principale del
calcolatore nello studio della mente sta nel fatto che
esso ci fornisce uno strumento potentissimo: ci
permette ad esempio di formulare e verificare le
ipotesi in un modo più preciso e rigoroso.”
IA forte
“Secondo l’IA forte, invece, il calcolatore non è
semplicemente uno strumento per lo studio della
mente ma piuttosto, quando sia programmato
opportunamente, è una vera mente: è cioè possibile
affermare che i calcolatori, una volta corredati dei
programmi giusti, capiscono letteralmente e
posseggono altri stati cognitivi.”
Test di Turing?
LA STANZA CINESE
F1 = scrittura
F1 = ideogrammi
F2 = storia
F2 = ideogrammi
F3 = domande
F3 = ideogrammi
R1 = regole per legare F1 e F2
R2 = regole per scrivere
ideogrammi in risposta a
ideogrammi in F3
[R1 e R2 sono ‘programmi’]
“Dal punto di vista esterno, cioè dal punto di vista di
qualcuno che legga le mie ‘risposte’, le risposte alle
domande in cinese e a quelle in inglese sono
altrettanto buone. Ma nel caso del cinese, a
differenza dell’inglese, io do le risposte manipolando
simboli formali non interpretati.
Per quanto riguarda il cinese, mi comporto né più né
meno che come un calcolatore: eseguo operazioni di
calcolo su elementi specificati per via formale.”
“Ora, l’IA forte sostiene che il calcolatore
programmato capisce le storie e che il programma in
un certo qual senso spiega la capacità di
comprendere dell’uomo. [....]
Ciò che l’esempio lascia intendere è che, finché il
programma è definito in termini di operazioni di
calcolo su elementi definiti per via puramente
formale, questi elementi non hanno di per sé alcun
legame interessante con la comprensione. [....]
“Il fatto è che quali che siano i princìpi puramente
formali introdotti nel calcolatore, essi non saranno
sufficienti per il comprendere, poiché un essere
umano sarà capace di seguire quei princìpi formali
senza per questo capire nulla.”
Searle, Menti, cervelli e programmi
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Parte monografica sulle scienze cognitive