Artù
Dalla storia alla letteratura
Le figure della leggenda 11
11. Le figure della leggenda
L’eroe che intraprende l'avventura si
confronta con mostri, a volte draghi,
cavalieri felloni che commettono
malvagità che egli deve far cessare.
Così Lancillotto mette fine
all’incantesimo della Douloureuse
Garde, che diventa così la Joyeuse
Garde.
Lancillotto uccide il drago
Lancelot du Lac
Romanzo del XIII sec.
Manoscritto copiato a Parigi all’inizio
del XV sec., miniato nell’atelier del
Maître des Cleres femmes
BnF, Manuscrits, Français 119 fol. 397v
Lancillotto vince alla
Douloureuse Garde
Lancelot du Lac
Raccolta arturiana di Micheau Gonnot
in tre volumi, realizzata per Jacques
d'Armagnac, duca di Nemours
Atelier di Evrard Espinques
Francia centrale (Ahun), tra il 1466 e il
1470
BnF, Manuscrits, Français 112 (1) fol.
64v
Lancillotto vince alla Douloureuse Garde
•
Lancillotto ha cavalcato tutto il giorno, senza sapere dove, né vedere niente del paese che
attraversa, quando gli si para innanzi una fortezza, solidamente costruita su una ripida collina.
Prigionieri dietro le mura, uomini, donne, bambini gridano perché qualcuno venga a salvarli.
E’ il castello della Douloureuse Garde, pieno di mistero e magia. Molti cavalieri hanno tentato
l'avventura. Nessuno di loro ne è uscito vivo. Una grande prova per Lancillotto che supera
due muraglie, ciascuna custodita da dieci cavalieri che si alternano in battaglia. In cima alla
seconda porta è arroccato un cavaliere di rame che crolla su di lui. Attraverso la sua servente,
Saraïde, la Dama del Lago fornisce a Lancillotto tre scudi bianchi ornati di una, due e tre
strisce cremisi, che, rispettivamente, gli forniranno la forza di uno, due e tre uomini. Con i
suoi scudi magici e mostrando un coraggio eccezionale, il Cavaliere Bianco mette fine agli
incantesimi della Douloureuse Garde, che rinomina la Joyeuse Garde. E’ lì che scopre il suo
nome: Lancillotto, figlio del re Ban di Bénoïc.
Lancillotto vince alla Douloureuse Garde
•
Il blasone di Lancillotto
Nelle prove della Douloureuse Garde, il Cavaliere Bianco vince il colore del suo blasone, "tre
bande rosse su un fianco argento (bianco)", riconnettendosi con un uso ancestrale
dell’araldica, quando disegni e colori erano scelti per ricordare un fatto d’armi o di guerra. E'
stato sui campi di battaglia che è nata l’araldica medievale, per distinguere i combattenti del
campo nemico. Si è cominciato dipingendo un colore molto vivace su tutti gli scudi dello
stesso esercito. Il colore venne riprodotto sugli stendardi che seguivano il comandante. Al
tempo delle Crociate, che riunivano cavalieri di tutti i paesi, si cucì una croce rossa sul
mantello. Questo simbolo, chiaro e immediatamente identificabile, viene rapidamente
adottato dai grandi ordini militari e religiosi, come i Templari. Poi i simboli si diversificano:
animali (leone, aquila, leopardo), piante (gigli, foglie di quercia), armi (spade, lance, pugnali),
o monumenti (torri, ponti, castelli), e molte altre figure ancora appariranno nel corso del
tempo sulle arme dei nobili signori. Nel XV secolo, i miniatori assegnano blasoni a tutti i
cavalieri della Tavola Rotonda.
Meleagant sfida Artù
Roman de Lancelot
Romanzo del XIII sec.
BnF, Manuscrits, Français 111 fol. 120v
Il banchetto costituisce il quadro
tradizionale dell’iniziazione nei
romanzi della Tavola Rotonda: Re Artù,
a tavola con i suoi cortigiani, riceve un
visitatore il cui arrivo ha sconvolto
l'equilibrio della corte e del regno. Qui
si tratta di un cavaliere crudele,
Méléagant, che viene a sfidare Artù a
Camelot il giorno dell'Ascensione. Egli
pretende che la regina gli venga
consegnata in cambio dei sudditi di
Artù che tiene prigionieri nel suo
regno di Gorre. In assenza di
Lancillotto, è il siniscalco Keu che
raccoglie la sfida di difendere Ginevra,
ma viene sconfitto e Meleagant fugge
con la regina.
Il cavaliere Calogrenant versa acqua
sui gradini della fontana meravigliosa
e scatena la tempesta; si volge verso
la guardia, Esclados le Roux, uscito dal
suo castello.
Yvain ou Le Chevalier au Lion
Chrétien de Troyes (ca. 1135-ca. 1185)
Romanzo scritto tra il 1177 e il 1181
Manoscritto copiato nel Nord della
Francia, verso il 1325
BnF, Manuscrits, Français 1433 fol. 65
Il cavaliere Calogrenant versa acqua sui gradini della fontana
meravigliosa e scatena la tempesta; si volge verso il guardiano,
Esclados le Roux, uscito dal suo castello.
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Per la festa di Pentecoste, i cavalieri si ritrovano alla corte di re Artù. Uno di loro, Calogrenant,
racconta un'avventura che non depone a sua gloria. Mentre cavalcava nella foresta di
Brocéliande, un orribile bovaro gli indica la strada verso una bella fontana: se si versa acqua
sui suoi gradini, il cielo si copre di nuvole, si scatenano fulmini, tuoni, grandine e vento.
Calogrenant giunge alla fontana: vi versa l'acqua e scatena una terribile tempesta. Quando
finalmente il cielo è sereno, appare un cavaliere che si precipita su di lui e lo abbatte,
lasciandolo a terra, umiliato e sconfitto.
Per illustrare questa avventura, che si svolge al di là del reale, l'artista ha composto un quadro
fantastico, dove il personaggio principale è raddoppiato: munito di bacino d’oro che pende da
un albero coperto di uccelli, il cavaliere, lanciato al galoppo, versa l'acqua sui gradini della
fontana che vi scorre sotto. Calogrenant torna per affrontare il guardiano, Esclados Le Roux,
che esce dal suo castello, apparso all'improvviso. Questo raddoppiamento del personaggio,
metodo ampiamente usato dagli illustratori medievali, permette all'artista di evocare la quasi
simultaneità della sfida di Calogrenant e della risposta del custode della fontana. Il
raddoppiamento dell'eroe crea un forte legame tra scene giustapposte, con un effetto di
movimento quasi cinematografico.
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