Il ricorso all’esternalizzazione dei servizi sociali, con il riconoscimento del ruolo del Terzo settore (Onlus, cooperative, enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato, organizzazioni di volontariato, confessioni religiose), attraverso la pratica del contracting-out, rappresenta una sfida una potenzialità positiva per la valorizzazione del contesto territoriale e lo sviluppo della comunità locale. 2.1 L’esternalizzazione dei Servizi: luci ed ombre L’utilizzo dei contratti [ovvero della pratica del contracting-out] è collegato all’idea che attraverso l’esternalizzazione dei servizi sia possibile migliorare sensibilmente l’efficacia e l’efficienza dei processi di erogazione e produzione. 2.1 L’esternalizzazione dei Servizi: luci ed ombre Il trasferimento delle responsabilità della gestione dal pubblico al privato [affermatosi nei primi anni 80 con la crisi del welfare state] è stato a lungo considerato da un lato, un mezzo per contrastare i fallimenti tipici dello Stato quali la scarsa efficienza, la burocrazia e la ridotta attenzione ai risultati Bertin G., Fazzi L. (2010), La governance delle politiche sociali in Italia, Carocci Faber, Roma, p. 111. 2.1 L’esternalizzazione dei Servizi: luci ed ombre È dai primi anni novanta che gli Enti Locali hanno iniziato a ricorrere allo strumento della gara (appalti); infatti, nel 1992 la Comunità Europea aveva emanato una circolare che prevedeva l'estensione del principio della gara anche per i servizi sociali fino ad allora estranei alle norme sulla concorrenza. Ivi, p.123 2.1 L’esternalizzazione dei Servizi: luci ed ombre il divieto di utilizzo dell’appalto al massimo ribasso come strumento per l’affidamento di servizi sociali in risposta alla diffusione di un fenomeno che rischiava di depauperare in modo profondo gli elementi di qualità che caratterizzavano l’offerta di gran parte dei soggetti privati erogatori dei servizi. 2.1 L’esternalizzazione dei Servizi: luci ed ombre Il prezzo [secondo quanto definito dal suddetto D.P.C.M.] deve costituire un elemento di valutazione da integrare [sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa] con il giudizio sulla progettualità, che rimanda indirettamente alla qualità della proposta avanzata dagli enti privati. 2.1 L’esternalizzazione dei Servizi: luci ed ombre Punti qualificanti, infatti, sono rappresentati dagli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro con l’evidenza che tali organizzazioni per operare in maniera efficace e progettuale hanno necessità di sostenere specifici costi di tecnostruttura ed esercitare capacità di progettazione e coordinamento autonome. 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati Come si evidenzia dalle prassi organizzative e gestionali degli enti locali, il ricorso all’esternalizzazione dei servizi ad enti del cd. privato sociale sembra essere una prassi oramai consolidata nel complesso panorama della gestione dei servizi alla persona. Tutto ciò, come delineato in precedenza, racchiude in sé punti di forza e nel contempo elementi di criticità. 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati Lo scenario che si è determinato appare assai complesso e ricco di contraddizioni e, non di rado, lascia sospesi una serie di interrogativi ai quali, tuttavia, occorre rispondere sia sul piano politico sia su quello tecnico-amministrativo-gestionale.? 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati Le questioni da considerare sono tante e gli elementi su cui riflettere appaiono spesso antitetici tra loro, per esempio: 1. come coniugare l’esigenza di concorrenzialità e innovazione (brevità della durata dei contratti dettata dai limiti di bilancio e dalla normativa sugli appalti che impone il vincolo di rimettere a bando i progetti), con la necessaria stabilità in ordine alla continuità assistenziale in favore degli utenti? 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati 2. Come ridurre il turn over degli operatori, ovvero, come conciliare la salvaguardia dei livelli occupazionali, che in molti casi si traduce in know how degli operatori e dinamismo della conoscenza, con l’esigenza di limitare il rischio di cristallizzazione di pensieri e azioni, che in alcuni casi determinano quell’immobilismo involutivo che tanto nuoce alle professioni d’aiuto? 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati 3. Come limitare il rischio collusivo e la vischiosità dei rapporti che in maniera più o meno inconsapevole si può determinare tra i diversi livelli della stazione appaltante e l’organismo gestore? 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati 4. E nel contempo, come preservare quella natura fiduciaria, condivisa, in quanto valore aggiunto per il conseguimento di obiettivi comuni? 5. E ancora, come garantire l’elemento della neutralità nella valutazione coerentemente col dettato normativo, distinguendo e tenendo separate le linee di indirizzo politico dagli aspetti gestionali? 6. E dunque quale il ruolo tecnico del Servizio Sociale professionale pubblico nella gestione dei servizi esternalizzati? 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati E’ indubbio che per realizzare una corretta gestione dei servizi socio-sanitari è fondamentale l’attivazione di tre momenti: la programmazione, l’organizzazione , il controllo e la valutazione. 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati Si segnala in proposito la delibera C.C. n. 135 del 31.07.2000 del Comune di Roma relativa a “Determinazioni degli indirizzi in ordine ad Appalti di Aziende, Consorzi, Cooperative, Associazioni”e successivo regolamento attuativo con delibera C. C. n. 259 del 17.10.2005, a completamento delle quali va aggiunto l’art. 37 del CCNL delle cooperative sociali e l’art. 2112 del Codice Civile. 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati Professionalità e qualificazione dell’organismo nel settore che si intende affidare (valutazione di ogni più utile elemento di affidabilità, budget degli ultimi due anni, esperienze di ricerca, esplicito riferimento alla formazione continua degli operatori). Risorse professionali impiegate (numero, competenze, professionalità, CV degli operatori e del personale tecnico che si intende impiegare, disponibilità e flessibilità del personale con specifica e documentata esperienza). Qualità della struttura e della progettazione (localizzazione della struttura, accessibilità e articolazione). Gestione del servizio: analisi del contesto locale, articolazione e organizzazione del programma delle attività, metodologie applicate, chiarezza degli obiettivi, innovatività del progetto. 2.2 La funzione di monitoraggio, controllo e valutazione dei Servizi esternalizzati Qualità e modalità di organizzazione delle attività rispetto ai fini prestabiliti dall’Ente Locale appaltante, rispetto alle condizioni igieniche dell’ambiente e della somministrazione dei pasti (nel caso trattasi di strutture residenziali e/o semiresidenziali). Organizzazione di attività: di accoglienza mediante progettualità, orientamento, reinserimento alla vita sociale e all’autonomia. Presentazione di un piano organizzativogestionale, trasferibilità dei risultati, potenziamento del servizio. Domande di autoverifica Quali sono i passaggi innovativi che caratterizzano il sistema di welfare degli ultimi anni? Quali i principali passaggi normativi, organizzativi e gestionali riferibili all’esternalizzazione dei servizi alla persona? Quali le funzioni specifiche del Servizio Sociale nelle diverse fasi del contracting-out? Quali, i possibili rischi della gestione esternalizzata e attraverso quali possibili indicatori procedere ad una corretta valutazione? 3.1 I comportamenti organizzativi e le capacità manageriali di Maria Masuri La trattazione del seguente paragrafo, fa riferimento all’approccio manageriale che la dirigenza di Servizio Sociale, in quanto tale, deve integrare con le specifiche competenze professionali. Questa è la sfida per una più qualificata e qualificante azione al fine di agire nell’interesse della collettività e, conseguentemente, assicurare la migliore gestione delle risorse pubbliche. In tal senso vi è anche il richiamo forte proveniente dalla recente e copiosa produzione normativa in materia. 3.1 I comportamenti organizzativi e le capacità manageriali di Maria Masuri Il conseguimento degli obiettivi programmati, infatti, presuppone un approccio di squadra, in cui ci sia il pieno riconoscimento e coinvolgimento di tutti gli attori, ognuno con la sua specificità, nonché la condivisione di fondo degli obiettivi finali. Nell’organizzazione pubblica, i tempi e la fattibilità dei progetti e degli obiettivi sono determinati dal bilancio, se non si conoscono le risorse disponibili si torna alla programmazione astratta e spesso destinata al fallimento. 3.1.1 La valutazione dei risultati nella pubblica amministrazione di Maria Masuri La strutturazione degli obiettivi avviene nella fase conclusiva di una filiera che ha inizio con la definizione degli indirizzi strategici dell’Organo politico, la traduzione in programmi e progetti da parte dei Direttori delle strutture amministrative, con il concorso dei dirigenti e dei funzionari, nell’ambito del sistema integrato di programmazione, pianificazione e controllo. Vedi deliberazione Giunta capitolina n. 116 del 22 dicembre 2010, reperibile sul portale di Roma Capitale (http://www.comune.roma.it), sezione “trasparenza, valutazione e merito” (categoria “Statuto, regolamenti, atti e provvedimenti”) 3.1.1 La valutazione dei risultati nella pubblica amministrazione di Maria Masuri Il collegamento tra valutazione e premio di natura economica non è certo l’aspetto più importante, peraltro trova interlocutori critici, pertanto su questo tema la discussione resta aperta. Dagli elementi appena descritti, dal contesto normativo di riferimento, dalle sperimentazioni effettuate e dalla letteratura sul tema, emerge in maniera chiara che l’approccio manageriale , anche nella PA ha introdotto temi rilevanti che non possono essere elusi ancor più nei contesti in cui opera il servizio sociale professionale, soprattutto in una fase storica in cui, la razionalizzazione della spesa pubblica e la necessità di accountability e di trasparenza rappresentano l’ ancoraggio per una efficace gestione dei servizi pubblici. Per ulteriori approfondimenti sugli argomenti trattati consultare: ANCI “L’applicazione del Decreto legislativo n. 150/2009 negli Enti Locali: le linee guida bis dell’ANCI in materia di Ciclo della performance” CIVIT delibera 112/2010 “Struttura e modalità di redazione del Piano della performance” (articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150) CIVIT delibera 104/2010 “Definizione dei sistemi di misurazione e valutazione della performance entro il 30 settembre 2010” CIVIT delibera 5/2012 “Linee guida ai sensi dell’art. 13, comma 6, lettera b), del D. Lgs. n. 150/2009, relative alla struttura e alla modalità di redazione della Relazione sulla performance di cui all’art. 10, comma 1, lettera b), dello stesso decreto”. 3.2 L’integrazione tra competenze tecniche e competenze amministrative di Angelina Di Prinzio L’operatore sociale, anche quando è animato da ideali, rischia di essere schiacciato dalle difficoltà organizzative se lavora scindendo, sia a livello operativo che concettuale, l’intervento sui problemi sociali dall’istituzione di appartenenza, magari ritenendola una complicazione rispetto ai contenuti ”umanitari”dell’attività operativa. 3.2 L’integrazione tra competenze tecniche e competenze amministrative di Angelina Di Prinzio Il distacco dalle questioni organizzative e dalle sue regole porta alla pericolosa illusione di poter prestare maggiore attenzione ai contenuti del lavoro, inteso quasi come “esercizio libero”, senza vincoli. E’ quindi importante, o forse si potrebbe dire indispensabile, possedere chiavi di lettura di quel mondo particolare che è un’organizzazione, ed in specifico un’organizzazione di servizio sociale, per poter “navigare” con più destrezza 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Assai pertinenti e, a titolo esemplificativo, possono rivelarsi interessanti i criteri individuati dal Comune di Roma per il conferimento delle Posizioni Organizzative con l’attribuzione di punteggio ai seguenti fattori: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Flessibilità nella gestione del lavoro e del tempo. Capacità di applicare le norme alle diverse situazioni e di adattare il proprio modo di lavorare alle mutevoli esigenze poste dal contesto. Motivazione, clima interno, guida delle risorse umane. Capacità di motivare i collaboratori creando un clima di fiducia e collaborazione. Innovazione e sviluppo delle competenze. Capacità di realizzare gli obiettivi nuovi e originali assegnati e di promuovere i processi di cambiamento. Qualità dell’apporto personale. Capacità di ricercare dati e informazioni e di individuare possibili linee di strategiche di intervento e proporre le conseguenti azioni. Integrazione e adattamento. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio A tali fattori, va aggiunta la costante pratica riflessiva che, come afferma Alessandro Sicora, comprende la ricerca del significato di tali situazioni particolari e la riflessione sulle “comprensioni” che sono implicite nella propria azione e che il professionista esperto fa emergere, critica, ristruttura e incorpora nell’azione successiva riproducendola in senso migliorativo. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Detto ciò, va comunque sottolineato che i contesti organizzativi riferibili alle professioni d’aiuto, e tra questi i Servizi Sociali, più facilmente generano tensioni, vissuti di frustrazione, logoramenti ed effetti stressogeni che alla lunga sfociano nel burnout. Sicora A. (2010), Errore ed apprendimento nelle professioni di aiuto, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, p. 28. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Tra gli effetti del bornout si evidenziano: esaurimento fisico ed emotivo; cinismo; depersonalizzazione con atteggiamento freddo e distaccato dal lavoro e dalle persone; inefficienza; senso di inadeguatezza; perdita di autostima; sensazione di inutilità; insoddisfazione. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Unitamente al bornout, un’altra sindrome organizzativa stressogena è rappresentata dal mobbing (da “to mob”: attaccare, aggredire). Si tratta di una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti da parte di colleghi e/o superiori; di una forma intenzionale, sistematica e duratura di violenza psicologica, in ambiente di lavoro, volta alla estromissione morale o fisica del soggetto dal processo lavorativo o dall’impresa . 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Quanto detto su stress, burnout e mobbing è ripreso dalla presentazione a cura del Dr. Tonino Anzini nell’ambito del Corso di formazione, organizzato dall’Inail e dal Comune di Roma Capitale, dal titolo " Il lavoro nella cooperazione e le sue tutele", modulo “Stress lavoro-correlato e benessere organizzativo”, Roma, 14 giugno 2012. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio In tal senso, gli ambiti da gestire per il miglioramento delle azioni del gruppo di lavoro sono senz’altro: il livello di motivazione e il conseguente rafforzamento di esso; il rapporto tra le aspettative dei membri e il lavoro proposto; l’abilità di essi a “mettersi in gioco”; la reciprocità e l’ascolto di tutti all’interno di una relazione plurale. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Vale la pena di sottolineare l’importanza della capacità relazionale del responsabile di Servizio Sociale nel sostenere e accompagnare le scelte dei singoli operatori, aiutandoli a gestire l’ansia delle decisioni e dei dilemmi che ne derivano; a riconoscerne gli errori, condividendoli; a valorizzarne i meriti e i talenti. In alcuni casi risulta necessario contenere l’eccesso di interventismo; in altri, stimolare o rimuovere situazioni di inerzia, comprendendone le cause ed agendo su di esse. 3.3 Il coordinamento e la gestione delle risorse umane di Angelina Di Prinzio Senz’altro, in tal senso, la formazione permanente e la supervisione costituiscono un antidoto ineludibile per prevenire e gestire al meglio le condizioni di lavoro stress-correlate, che i contesti di aiuto generano più di altri. Ciò sollecita necessariamente alla programmazione di interventi efficaci che vadano in tale direzione, onde consentire un’adeguata gestione delle risorse umane assegnate e favorire un “clima di benessere” con la conseguente ricaduta sulla qualità del servizio erogato ai cittadini. Cfr. Zini M.T., Miodini S.(1999), Il Gruppo, Carocci, Roma. Domande di autoverifica Quali nuove sfide si pongono oggi al servizio sociale in relazione alle esigenze di management e come coniugare tali aspetti con i principi etici e metodologici della professione? Come integrare e sviluppare competenze tecniche e competenze amministrative nella programmazione e gestione dei servizi alla persona? Quali, le caratteristiche principali della direzione per obiettivi e della valutazione dei risultati? Quali le strategie per il coordinamento e la gestione delle risorse umane?