Il coping Catia Pepe Psicologa-Psicoterapeuta Centro Servizi Educativi Consorzio Humanitas Cultore della materia Psicologia dello Sviluppo e dell’educazione Università Lumsa Argomenti Il coping La psicologia del benessere Stress e resilienza I modelli di coping Le strategie di coping L’intervento sul coping Lo strumento: IL CCSC-R1-SF CHE COS’È IL COPING? Il termine "coping", dall'inglese to cope che significa "fronteggiare", indica gli sforzi cognitivi e comportamentali compiuti da un individuo per affrontare e gestire eventi stressanti, reali o percepiti come tali. Coping: Cosa? Più dettagliatamente: Le modalità di coping riguardano sia le risposte comportamentali messe in atto per gestire l'evento fonte di stress che le emozioni provate intorno ad esso. Svolgono due principali funzioni: a) ridurre il rischio delle conseguenze dannose che potrebbero risultare da un evento stressante (coping focalizzato sul problema) b) contenere le emozioni negative che derivano dall'esperienza stressante (coping focalizzato sulle emozioni) Le risposte che permettono di fronteggiare lo stress non sono sempre funzionali e adattive. A volte, l'esperienza, le disposizioni e i contesti ambientali favoriscono lo sviluppo e la manifestazione di forme “maladattive di coping”. La psicologia scientifica si è da sempre occupata di analizzare e spiegare i comportamenti anomali e patologici dell’individuo con l’obiettivo di costruire una psicologia capace di trattare la sofferenza psicologica e le malattie mentali. A fronte di questa impostazione gli psicologi sono arrivati alla convinzione che la vita di un individuo non è solamente disagio e sofferenza ma è anche gioia, serenità ed ottimismo. DAL 1990 IN POI L’AUMENTO DELL’INTERESSE VERSO LA RESISTENZA ALLO STRESS SEGNA UNA NUOVA FASE DI ESPLORAZIONE ATTRAVERSO LE SCIENZE SOCIALI E DEL COMPORTAMENTO. LA PSICOLOGIA POSITIVA Gli studi di (Seligman, Csikszentmihalyi, 2000) vertono sulla percezione della qualità della vita, sulle caratteristiche psicologiche individuali che promuovono l’adattamento psicosociale a lungo termine, e sulle caratteristiche delle istituzioni che favoriscono il benessere della collettività e il senso di appartenenza alla comunità. L’interesse si centra sui processi che contribuiscono al mantenimento del benessere durante le situazioni stressanti e al recupero delle conseguenze di un periodo di stress Si privilegiano dunque interventi finalizzati alla mobilitazione delle capacità e delle risorse della persona, anziché alla riduzione o compensazione dei suoi limiti; Il ruolo delle emozioni….. Le emozioni positive che un individuo cerca di mantenere vive nella sua esperienza di vita contribuiscono al suo generale benessere fisico e psicologico e favoriscono l'attivazione di strategie di coping efficaci. Vivere emozioni positive determina un aumento delle proprie risorse personali rendendo gli individui resilienti. Lazarus, Launier, 1978 STRESS fattori ambientali i feedback che arrivano dall’ambiente influenzano in modo determinante l’attività cognitiva della persona fattori psicologici l’interazione tra i processi cognitivi, emotivi L’interazione tra i processi consente all’individuo di pensare, di agire e di trasformare la relazione persona-ambiente. Eventi stressanti e emozioni Gli eventi risultano stressanti nella misura in cui vengono valutati come minaccia ai personali bisogni di relazionalità, di competenza e di autonomia e tali minacce sono collegate a reazioni emotive di tristezza, paura e rabbia. Percepire un evento come minaccioso per le proprie relazioni sociali significative tristezza La minaccia alla competenza paura La minaccia all'autonomia rabbia Gli eventi assumono un valore stressante in relazione all'età del soggetto, fisiologica e psicologica, le strategie di coping adottate per affrontare lo stress cambieranno nel corso dello sviluppo in relazione alle abilità individuali, alle capacità di apprendere dall'esperienza e alle caratteristiche sociorelazionali. Le disposizioni individuali gli apprendimenti e l'ambiente circostante determineranno i livelli di vulnerabilità allo stress di ciascun individuo (Folkman, 2011). Nel 1974, quando ormai gli studi sullo stress si erano ampiamente diffusi un volume dal titolo Stress without Distress, si descriveva lo stress con due differenti accezioni: eustress o stress positivo e distress o stress negativo Eventi di vita fonte di stress in età evolutiva Età Eventi di vita Prescolare l’inserimento al nido, nell'infanzia; Scuola primaria l’inizio di un nuovo anno di scuola i primi risultati scolastici, Scuole secondarie Insuccessi scolastici Interruzione di una relazione sentimentale Ultimi anni scuole secondarie e Universitari avere un'interazione negativa con i propri genitori Assumere nuovi impegni Situazioni fonte di eventi problematici e stressanti più comunemente sperimentate dai bambini 1. rapporti genitori-figlio Es. punizioni, disaccordi, madre di cattivo umore, la pressione sulla performance scolastica 2. gli amici Es. il conflitto con un amico, la separazione da un amico 3. la scuola Es. brutti voti, pressione scolastica 4. i fratelli Es. i conflitti e le incomprensioni, gli insulti e le prese in giro Altri eventi stressanti Nella vita di un bambino gli eventi stressanti possono essere eventi gravi come: perdita di un familiare malattia cronica handicap separazione dei genitori La resilienza….. La resilienza si riferisce al raggiungimento di esiti positivi nonostante le circostanze difficili o minacciose (Brooks, 2006; Masten, 2001) e al riuscire ad affrontare con successo esperienze traumatiche, evitando percorsi negativi legati ai rischi. Bambini e resilienza Molti bambini che vivono periodi di stress nel corso della loro vita, nonostante siano esposti a gravi sfide, superano tali eventi in modo positivo, Questi bambini resilienti dispongono di alcuni punti di forza e beneficiano di fattori protettivi che li aiutano a superare le condizioni avverse, I bambini resilienti mostrano capacità di identificare le esperienze di successo, sono in grado di identificare i loro punti di forza e mostrano una forte autodeterminazione verso il successo (Miller, 2002). Caratteristiche dei bambini resilienti….. I bambini resilienti hanno caratteristiche temperamentali che provocano risposte positive da parte di familiari ed estranei. In età prescolare mostrano una notevole autonomia e un forte orientamento sociale. Altre caratteristiche includono uno stretto legame con un caregiver durante il primo anno di vita, la socievolezza combinata con un forte senso d’indipendenza, una visione ottimistica delle loro esperienze di vita anche delle sofferenze, e un impegno attivo dove necessario (Werner, 1984). Le strategie di coping nei bambini Tronick e lo still face Verso la fine degli anni Settanta Tronick ideò un paradigma di ricerca, chiamato still face, volto a studiare le diadi madrebambino nelle loro interazioni durante eventi simulati in laboratorio. Durante lo still face viene chiesto alla madre di avere una naturale interazione faccia a faccia con suo figlio di tre mesi e dopo qualche minuto di assumere un volto immobile e inespressivo. Il bambino avverte un profondo disagio per questa repentina assenza di comunicazione e, soprattutto, di inespressività da parte della madre. In questa condizione sperimentale, si ricrea una situazione di indisponibilità emotiva della madre verso il figlio il quale, non abituato a tale condizione, avverte disagio e inizia a vedere la situazione interattiva da piacevole a fonte di stress emotivo. L’importanza delle prime interazioni madre bambino….. Nei primi contatti che il bambino stabilisce con il caregiver, sperimenta la sua capacità di tollerare eventi stressanti, come ripetute esperienze di contatto con una madre poco responsiva alle sue richieste o non sincronizzata con esse. Lo stress che nasce da un'esperienza di non reciprocità nella relazione con il proprio caregiver viene elaborato dal bambino attraverso gli strumenti emotivi, cognitivi e comportamentali che ha a disposizione sin dai primi anni di vita. La gestione di un evento stressante di questo tipo e l’elaborazione delle emozioni negative che esso procura, costituiranno per il bambino le basi per sperimentare alcune qualità di sé. Su un polo troviamo strategie che mirano a richiamare l’attenzione della madre (segnalazione), Sul polo opposto, strategie comportamentali di allontanamento dallo sguardo materno Diverse strategie di coping nei bambini….. Le strategie di coping nei bambini I tentativi che il bambino intraprende per gestire il disagio emotivo provocato dall’assenza di corrispondenza con lo sguardo della propria madre si differenziano per il grado di disponibilità all’interazione che il bambino conserva a seguito di questi eventi stressanti. Le strategie di coping si situano in tutti quei comportamenti in cui il bambino mantiene l’interesse verso la propria madre. Il bambino cercherà di richiamare la sua attenzione attraverso comportamenti aperti all’interazione e propositivi in cui la regolazione dello stato emotivo è cercato nella relazione con l’altro. Nel polo negativo si situano le strategie che tendono alla fuga dalla relazione, fonte di stress, e all’evitamento del contatto che non si riesce a raggiungere. Questo tipo di strategie di coping rappresenta una forma più interna di regolazione, ad esempio attraverso l’autoconsolazione, in cui il bambino manifesta più o meno apertamente la sua rinuncia all’interazione. I comportamenti messi in atto per gestire lo stress di una situazione interattiva con una madre non sincronizzata si stabilizzano già verso i sei mesi di vita (Tronick e Gianino 2008) I risultati sullo sviluppo successivo…. La stabilizzazione delle strategie può avere delle importanti conseguenze sullo sviluppo successivo del bambino. Quando una modalità di reazione allo stress si consolida, ad esempio attraverso l’uso di strategie di fuga e di evitamento, è poi riprodotta in risposta a tutti gli eventi che richiamano l’esperienza emotiva negativa delle prime interazioni con il caregiver. Il bambino è spinto verso una forma di gestione dello stress che già conosce, anche se questa gli impedirà di accedere a nuove, e magari positive, esperienze. I fattori protettivi In ambito familiare i fattori che favoriscono la crescita e il benessere dei figli sono identificabili in una buona qualità delle relazioni trai i membri della famiglia. La genitorialità come capacità di prendersi cura di un’altra persona al di fuori di sé stessi sia sul piano fisico che affettivo è il fattore che più incide sullo sviluppo della resilienza familiare. Questa capacità implica l’attenzione ai bisogni dell’altro, la comprensione alle necessità e richieste dell’altro e le competenze per rispondere in modo “buono” (Simonelli, 2014). Questo tipo di relazione implica che ci debba essere un adulto in grado di fornire cure e un bambino con il diritto di riceverle. Mai il contrario. attaccamento sicuro, basato su una storia di cooperazione sensibile tra caregiver e bambino. partecipazione appropriata all’interazione la sensibilità, intesa come la capacità di accreditare le emozioni del bambino condividendo quelle positive e trasformando quelle negative la capacità di saper strutturare l’ambiente, di non essere intrusivi nelle attività intraprese dal bambino e la non ostilità nei suoi confronti. C o pi n g in di p e n d e nt e Caregiver intrusivi, che si inseriscono frequentemente negli episodi di coping dei loro bambini, quando questi ultimi non ne hanno bisogno o peggio ancora protestano, possono far sviluppare nei loro bambini sentimenti di impotenza e passività, resistenza e rabbia. All’opposto, caregivers che trascurano possono indurre nei bambini scoraggiamento, confusione, ansia. Anni ‘60 – al posto dei meccanismi di difesa viene utilizzato il termine “coping” e successivamente le “risposte di coping” diventano area di ricerca autonoma. Anni ‘70 -gli studi sul coping si concentrano per identificare e studiare solo alcune risposte di coping di base – Lazarus (1974) identifica due dimensioni: STRATEGIE CENTRATE SUL PROBLEMA (problem –focused) e STRATEGIE CENTRATE SULLE EMOZIONI (emotion-focused); Anni 80’ Un ulteriore modo per classificare la natura delle risposte di coping è quello di distinguerle in quelle orientate alla persona da quelle orientate al compito: un soggetto cioè può reagire a situazioni stressanti rivolgendosi ad alte persone (social diversion) oppure impegnandosi in attività sostitutive (distraction) – (dimensioni diventate oggetto di studio). Endler e Parker hanno individuato forme di strategia definite avoidanceoriented (orientata all’evitamento), con cui l'individuo riduce lo stress ritirandosi in un’attività diversa, che gli procura un sollievo temporaneo. Questa strategia comporta il negare o il minimizzare la gravità della situazione, la soppressione cosciente dei pensieri stressanti e la loro sostituzione con pensieri di autoprotezione. Anni 70-80 ci si convince della minor rilevanza dei fattori di personalità come causa del coping e si inizia a studiare il contesto situazionale in cui avviene il coping (Lazarus 93), perché il coping è un processo che cambia nel tempo e in accordo ai contesti situazionali in cui si verificano. Il coping è dato da fattori situazionali, i ricercatori pongono l’attenzione a variabili quali la Valutazione cognitiva (cognitive appaisal) delle situazioni stressanti (Lazarus, Folkman 1984) e le risorse di coping (Antonovsky 1980). Successivamente si precisò che queste risorse potevano essere sia personali, quali l’autostima o l’autoefficacia, sia ambientali, quali la rete di sostegno sociale, le risorse educative. Per coping si intendono “tutti gli sforzi cognitivi e comportamentali che il soggetto mette in atto per far fronte alle richieste specifiche interne o esterne valutate come eccessive ed eccedenti le risorse della persona”. 1. il coping è legato al contesto e alla specifica situazione in cui è attivato, quindi non è definito aprioristicamente dalle caratteristiche stabili di personalità di un soggetto; 2. le strategie di coping sono da considerare come degli sforzi adoperati nel tentativo di gestire lo stress, quindi non necessariamente portano al successo; 3. il coping è considerato un processo che cambia nel tempo in riferimento a un particolare evento, quindi non completamente prevedibili; 4. la valutazione che il soggetto attiva dell'evento stressante determinerà le strategie di coping. Lazarus parla di “stili di coping” come “l’insieme di pensieri e sentimenti che le persone mettono in atto per gestire situazioni difficili, impreviste o preoccupanti” (Lazarus e Folkman, 1987) Il concetto focale del modello transazionale è proprio il processo di valutazione cognitiva distinta in tre tipi: 1. 2. 3. valutazione primaria, rivolta all’ambiente e al significato di minaccia, sfida o danno che il soggetto gli attribuisce; valutazione secondaria, che riguarda la considerazione delle risorse e opzioni disponibili per gestire il danno reale o potenziale; valutazione terziaria che considera l’efficacia dei risultati come elemento per decidere il successivo andamento delle azioni. Il coping quindi è sostanzialmente frutto di un’attività cognitiva con cui si valuta la situazione verificandone il potenziale stressante. Gli individui cercano di valutarne il significato e l'impatto sul proprio benessere, decidendo se tale evento è poco rilevante, stressante o positivo. Sulla base della valutazione terziaria e cioè quella che considera l’efficacia dei risultati come elemento per decidere il successivo andamento della azioni, è stato elaborato uno strumento (Ways of coping) che ha permesso di individuare due stili di coping usati dai soggetti: le strategie emotion-focused (centrate sull'emozione), attraverso cui sono regolate le reazioni emotive negative conseguenti a una situazione stressante, Le strategie di problem-focused (centrate sul problema), che consistono nel tentativo di modificare o risolvere la situazione che sta minacciando o danneggiando l’individuo. Ulteriori classificazioni del Coping…… Strategie orientate alla persona: di fronte ad uno stress l'individuo si rivolge ad altre persone (social diversion), Strategie orientate al compito: l’individuo si impegna in attività sostitutive (distraction). strategia definite avoidance-oriented (orientata all’evitamento), Le categorie del Coping Il coping è un complesso sistema di strategie rivolte ad aspetti diversi di un problema che può essere affrontato da uno stesso soggetto in modo dinamico nel tempo. L'incredibile varietà tra gli individui dovuta all'età, al genere e ai contesti di vita nel rispondere agli eventi stressanti ha portato alla necessità di differenziare le strategie sin da subito in molte altre categorie. risposte che supportano l’approccio orientato al compito Risposte che servono a evitare o a ridurre al minimo lo stress, Risposte che che spingono il soggetto alla ricerca di supporto Risposte che attivano il ritiro o il senso di impotenza Modello di strategie di coping proposto da Ayers e Sandler (1999) 5 modalità di rispondere agli eventi stressanti: 1) Problem solving coping 2) Ripensamento positivo della situazione 3) Ricerca di supporto 4) Distrazione 5) Evitamento Il modello è confermato anche su un campione italiano da Canisasca et al. (2012) con bambini e ragazzi dagli 11 ai 17 anni. Con l'età: bambini, adolescenti e adulti si differenziano Aspetti cognitivi implicati nella qualità del processamento dell'evento (attenzione, memoria, etc.) Aspetti socio-emotivi che legano una certa emozione a quel dato evento Aspetti esperenziali relativi al successo percepito nell'impiego di una data risposta di coping (Campos, 1987). Campos (1987) grazie alle sue ricerche ha rilevato che un individuo che avverte un senso di impotenza di fronte ad un dato evento tenderà a reagire ad esso con risposte focalizzate sulle emozioni (Atkins, 1991) Le strategie di coping L'acquisizione delle strategie di coping dipende da molti fattori: risorse personali del bambino, quelle dell'ambiente, l'età, il temperamento, il contesto stressante (Compas, 1987). Il significato attribuito agli eventi dipende dal tipo di relazione tra l'individuo e l'ambiente, dalle aspettative individuali rispetto al proprio benessere, dalle modalità di coping disponibili e dal tratto o strategie. Tratto: Disposizione dell'individuo a dare un certo tipo di risposta agli eventi stressanti Indipendentemente dalla natura dell'evento, si attivano sempre le stesse risposte di coping Strategia: Insieme di risposte che l'individuo sceglie ed attiva, più o meno consapevolmente, in relazione all'evento, al momento, al contesto e ai suoi obiettivi Compas, 1998 afferma: il coping ha importanti risvolti sia a livello teorico di base perché offre l’opportunità di capire aspetti fondamentali cognitivi, comportamentali e della regolazione delle emozioni, sia a livello applicato in quanto consente di individuare le abilità e le competenze da rafforzare con programmi di intervento volti a migliorare il funzionamento psicologico delle persone o a facilitare l’adattamento psicosociale dei soggetti considerati a “rischio”. Compas 1988: rimangono ancora quattro domande senza risposta 1- quali sono le dimensioni o le caratteristiche fondamentali del coping? : le proposte si concentrano sulle funzioni della risposta (basata sul problema o sull’emozione), gli scopi del soggetto (controllo primario – secondario); il metodo (cognitivo – comportamentale); l’orientamento della risposta (impegno – disimpegno) e la natura del processo di regolazione coinvolto (comportamentale, emotiva e di orientamento); 2- quali fattori (biologico, cognitivo, sociale ) influenzano l’acquisizione e l’uso delle risposte di coping? : come si evolvono lungo l’arco di vita – se si acquisiscono nuove strategie; 3- cosa rende efficace il coping?: come l’efficacia è collegata ai fattori sociocontestuali e alle differenze individuali; 4- quali aspetti del coping?: se inefficaci sono modificabili con un programma di intervento e quali sono resistenti al cambiamento. Strategie di coping in età prescolare 1. Nei primi mesi di vita i riflessi innati, le preferenze temperamentali e gli schemi d’azione rappresentano i primi repertori di coping 2. Intorno ai due anni la comparsa dei comportamenti mezzi-fini, che caratterizzano l’interazione del bambino con l’ambiente circostante, gli permetteranno di agire di fronte a eventi stressanti in modo più strategico e orientato a un obiettivo da raggiungere 3.1 Crescendo il bambino imparerà a controllare le sue reazioni moderando l’espressione delle emozioni Strategie di coping in età scolare bambini con problemi di condotta rispondono con comportamenti oppositivi o fanno uso di strategie focalizzate sull'evitamento I bambini socialmente competenti usano di più il coping attivo e la ricerca di supporto Compaiono le prime strategie di coping specificatamente di natura cognitiva. I bambini tra i 6 e i 9 anni usano più frequentemente la ristrutturazione cognitiva, la distrazione cognitiva e l’autorassicurazione I bambini prosociali usano strategie di coping caratterizzati da: capacità di chiedere aiuto in caso di stress, espressione di tristezza e paura piuttosto che di rabbia. I bambini socialmente meno competenti, rispondono allo stress accentuando reazioni emotive negative, ad esempio rabbia e talvolta vendetta mentre il coping aggressivo diminuisce nel tempo quello evitante aumenta , Coping e DSA (Disturbi specifici dell’apprendimento) Bambini con DSA presentano, accanto alle manifestazioni che ne definiscono il disturbo specifico, una serie di altri aspetti psicologici (Alazemi, 2010). Oltre ai problemi più propriamente cognitivi che caratterizzano i diversi disturbi dell'apprendimento manifestano sintomi associati al loro disturbo e all'impatto che esso ha sull'ambiente. As esempio: sensazioni di confusione che prova rispetto a quanto sta apprendendo (Gersten, Baker, SmithJohnson, Diming e Peterson, 2006) ansia e frustrazione per i compiti scolastici assegnati a casa (Sawyer et al., 1996) senso d'impotenza, basso concetto di sè, scarsa motivazione scolastica e la poca fiducia verso le proprie abilità (Bender, 2008; Elliott, 2000; Hallahan et al., 2009; Lackaye e Margalit, 2006; Maag e Reid, 2006; Rotatori et al., 1986). bassa stima di sè in rapporto alle relazioni sociali e a causa dei frequenti rifiuti da parte del gruppo dei pari (Bear, Kortering e Braziel, 2006; Singer, 2005; Swanson et al. 2006; Tarver-Behring e Spagna, 2004) elevati livello d'ansia di (Bender, 2008; Dyson, 1996; Maag e Reid, 2006; Mahmoud e Saber, 2004; Pattison, 2005; Singer, 2005) A causa della loro condizione di sofferenza, della scarsa conoscenza del loro problema fonte di sofferenza e dello scarso controllo sull'evento: I bambini con DSA hanno alta probabilità di adottare comportamenti a rischio e/o impiegare strategie di coping inadeguate I bambini con DSA sono una grande sfida per i propri genitori a causa di difficoltà che possono presentare sul piano scolastico, sociale, emotivo e comportamentale (Danino e Shechtneim, 2012; McPhail e Stone, 1995; Morrison e Cosden, 1997; Turnbull, Hart e Lapkin, 2003; Danino e Shechtneim, 2012). I genitori di questi bambini sperimentano alti livelli di stress (Adelizzi e Goss, 2001; Al-Yagon, 2007; Brannan, Heflinger e Bickman, 1997), avvertendo la sensazione di non avere un sostegno (Bandura, Barbaranelli, Caprara e Pastorelli, 1996; Turnbull e Turnbull, 1986) e di essere meno efficaci nelle funzioni genitoriali (Barkley, Fischer, Edelbrock e Smallish, 1991; Stone, 1997). Fonti ed effetti dello stress dei genitori: Ritardo nella diagnosi fino a quando non fa il suo ingresso a scuola (Faerstein, 1981; Hallahan, 2005) Senso di colpa per le difficoltà del figlio/a (Hallahan et al. 2005) Incertezza per il futuro del proprio figlio (Alazemi, 2010) Incontro con educatori/insegnanti con cui si hanno esperienze negative (Waggoner e Wilgosh, 1990; Wehman e Gilkerson, 1999) Frustrazione e delusione verso i risultati scolastici del proprio bambino (Chapman e Boersma, 1979; Klein, Altman, Dreizen, Friedman e Power, 1981; Karande e Kulkarni, 2009). Maggiori oneri finanziari (Jarbrink, Fombonne e Knapp, 2003) Basse performance scolastiche a fronte di un maggior tempo nella cura, ad esempio per i compiti a casa (Lardieri, Blacher, e Swanson, 2000; Waggoner e Wilgosh, 1990) Conflitti coniugali (Chang e Hsu, 2007). Madri e i padri fanno esperienza diversa dello stress derivato dal DSA del proprio figlio Madri: dedicano maggiore tempo alla raccolta di informazioni sul DSA del proprio figlio assumono maggiori responsabilità rispetto al trattamento mostrano più alti livelli di reazioni negative verso di loro vivono con maggiore ansia e preoccupazione la stigmatizzazione sociale che può derivare dal DSA del proprio figlio attribuiscono ai loro bambini più caratteristiche negative rispetto alle madri di altri bambini senza il disturbo. (per una rassegna Chang e Hsu, 2007; Hauser-Cram et al., 2001; Chapman e Boersma, 1979; Emerson 2003; Neece and Baker 2008; Essex, 2002; Hadadian e Merbler, 1995; Kaslow e Cooper, 1978; Kazak e Marvin, 1984; Heiman, Zink e Heath, 2008). Studi su famiglie con bambini disabili è emerso che l'impiego di strategie di coping di tipo relazionale (chiedere aiuto) è associato positivamente a: maggiore senso di gratificazione per il proprio ruolo di caregiver sensazione di crescita personale nel corso della vita percezione del proprio figlio e della situazione con minor peso e fardello. Il tipo di strategia che si adotta dipende anche dalle idee maturate sul significato dell'avere un figlio con disabilità Credere che sia una punizione, diminuisce la ricerca di aiuto Azar e Badr, 2010; Azar & Kurdahi Badr, 2006; Chang & Hsu, 2007; Markus & Kitayama, 1991; McConkey, TruesdaleKennedy, Chang, Jarrah, & Shukri, 2008. A causa dei sentimenti di frustrazione, depressione, basso senso di efficacia, i genitori rischiano di non essere un valido supporto per i propri figli perchè sentendosi piuttosto depressi e ansiosi assumono più facilmente un atteggiamento punitivo nei loro confronti (Al-Yagon, 2007; Veisson, 1999; Barkley et al., 1991). Le relazioni genitore-figlio influenzano direttamente il livello dei problemi che il bambino dimostra (Barkley, 1997). Al contrario, quanto più i genitori hanno un atteggiamento autoritario e punitivo, maggiori saranno i sintomi di disadattamento dei bambini (Eisenberg, Fabes, & Murphy, 1996; Stone, 1997). L’intervento sul coping Gli interventi sul benessere Essere grati a qualcuno e impegnarsi a elencare quotidianamente azioni di gratitudine piuttosto che di fastidio è strettamente legato a una maggiore soddisfazione personale. Azioni di gentilezza, il volontariato e altri comportamenti altruisti sono associati a un maggiore benessere psicologico (Otake et al., 2006). Il perdono e gli interventi che si focalizzano sulla riduzione del risentimento nei confronti di un compagno, e sul rafforzare i sentimenti di compassione empatia e amore, sono associati alla promozione di emozioni positive. Rivalutare il significato dell’evento in un modo più positivo, permette modificare convinzioni disfunzionali relative al mondo esterno e a sé stessi e a sperimentare uno stato di maggiore benessere personale. Chi può promuovere il coping Scuola e famiglia possono funzionare come “laboratori” di apprendimento per il rafforzamento delle abilità di coping. Quali strategie di coping? il problem solving, gli sforzi verso uno scopo, la ricerca di aiuto, la distrazione o la sistematizzazione Piuttosto che risposte disfunzionali come l’impotenza, la fuga, l’opposizione, l’isolamento sociale o la ruminazione. il Coping Power Program Rappresenta una proposta multimodale per il controllo e la gestione della rabbia. Si basa su interventi cognitivocomportamentali e sul modello sociocognitivo di elaborazione dell'informazione. L’articolazione del programma prevede oltre all’intervento di gruppo per i bambini, un parallelo programma di training per i genitori. Gli incontri con i bambini Hanno come obiettivo quello di potenziare le seguenti specifiche abilità: 1. abilità a intraprendere obiettivi a breve e a lungo termine; 2. organizzazione e abilità di studio; 3. riconoscimento e modulazione della rabbia; 4. riconoscere il punto di vista dell’altro (perspective taking); 5. problem solving in situazioni conflittuali; 6. abilità a resistere alle pressioni dei pari; 7. abilità sociali; 8. ingresso in gruppi sociali positivi. Esempio di attività del Coping Power Program Il bambino viene intenzionalmente deriso dal resto del gruppo e mentre gli altri bambini lo prendono intenzionalmente in giro, lui può muoversi su un “tappeto” su cui è disegnato un grande “termometro della rabbia” allo scopo di graduare il livello di emozione esperita. Con l’aiuto del terapeuta il bambino cerca di mettere in pratica opportune strategie e autoistruzioni che lo aiutano a fronteggiare la rabbia in maniera adattiva. Conclusioni Tali attività offrono ai bambini la possibilità di esplorare in forma di gioco il rapporto tra i loro pensieri, i loro sentimenti e i loro comportamenti, di capire quali cose possono dire a sé stessi per modulare la propria esperienza emotiva. Il Children's Coping Strategies Checklist Il Children's Coping Strategies Checklist (CCSC) è uno strumento proposto originariamente da Ayers, Sandler, West e Roosa nel 1996 con successive revisioni nel 1999. Ha lo scopo di rilevare le strategie di coping impiegate da bambini e ragazzi tra i 9 e i 13 anni. Nella sua prima forma il CCSC costituiva uno dei pochi strumenti di misurazione del coping in età non adulta. Prima di allora nessuno si era avventurato in un compito così complesso. La particolare difficoltà di una check-list di questo tipo risiede soprattutto nella sua forma self-report la cui caratteristica principale è di richiedere al soggetto che risponde di riflettere su quanto proposto, decidere quanto bene descrive sé stesso la frase riportata e infine rispondere su una scala Likert a più passi, ciascuno indicante una certa frequenza o intensità del fenomeno. Nelle versioni originali in lingua inglese di Ayers et al. (1996; 1999) la check-list si compone di 54 item su una scala Likert a quattro passi, da “mai” a “la maggior parte delle volte”. Gli item descrivono 5 macro scale che si suddividono in ulteriori 13 sottoscale. Le scale del CCSC-R1-SF il Problem focus il Reframing la Distrazione l'Evitamento la Ricerca del supporto sociale IL CCSC-R1-SF il gruppo di ricerca autore del presente volume ha realizzato un lavoro di somministrazione della CCSC a un ampio gruppo di bambini allo scopo di ottenere una forma ridotta della scala. A partire dall'adattamento realizzato da Camisasca e collaboratori (2012) del CCSC-R1 la scala è stata somministrata in un primo studio a 210 bambini e ragazzi di cui 45% femmine di età compresa tra i 9 e i 20 anni (M = 13,39; DS = 4,17). Scopo della ricerca era ridurre la numerosità della scala attraverso alcuni passaggi: verificare la struttura fattoriale a 5 fattori già riscontrata su un ampio campione italiano dai precedenti studi, eliminare gli item con un minor peso descrittivo del fattore al fine di ottenere una scala più snella. Una versione finale composta da 28 item e 5 fattori. La ricerca CCSC-R1 forma ridotta (CCSC-R1-SF) è stata utilizzata con 371 bambini e ragazzi (52% femmine) di età compresa tra i 9 e i 14 anni (M = 10,51; DS = 1,30) di diverse scuole primarie e secondarie di Roma e provincia. Esiti in relazione al genere: Le femmine utilizzano più dei maschi la ricerca di supporto sociale per affrontare le situazioni difficili. I maschi utilizzano più delle femmine sia le strategie di problem focus che quelle di distrazione. Poche differenze, invece, si rilevano per l'evitamento e per il positive refraiming. Istruzioni per un impiego a scuola del CCSC-R1-SF con bambini e ragazzi tra i 9 e i 13 anni Per un impiego in ambito educativo è importante distribuire a ciascun bambino della propria classe il questionario spiegando loro lo scopo della rilevazione e che si tratta di un processo anonimo il cui unico scopo è di permettere loro di conoscersi e riflettere su come gestiscono e affrontano gli eventi stressanti. Per bambini molto piccoli è bene spiegare loro il significato della parola stress facendo qualche esempio pratico e ricordando che le fonti di stress in età evolutiva possono essere molto diverse da quelle degli adulti. Procedura: La procedura più adatta in un contesto educativo e non di ricerca è quella di sommare le risposte dei bambini secondo il valore della risposta come riportato di seguito: Mai = 1; Qualche volta = 2; Spesso = 3; Molto spesso = 4. Gli item con i relativi valori vanno poi distinti sulla base delle appartenenze a ciascuna categoria di coping, come segue. – Sommare tutti i valori degli item che definisco il Problem focus (item: 1, 5, 19, 25, 26). – Sommare tutti i valori degli item che definiscono il Reframing positivo (item: 7, 12, 16, 18, 23). – Sommare tutti i valori degli item che definiscono la Distrazione (item: 8, 14, 22, 24, 27, 28). – Sommare tutti i valori degli item che definiscono l'Evitamento (item: 2, 4, 9, 11, 13, 20). Sommare tutti i valori degli item che definiscono la Ricerca del supporto sociale (item: 3, 6, 10, 15, 17, 21). Analisi: Al termine si possono effettuare più confronti. Il primo è specifico per ogni bambino e permette di confrontare tra le diverse strategie impiegate quali siano quelle più frequenti e quelle meno. Questo livello di analisi può essere utile all'insegnante, se il questionario non è anonimo, per riflettere sulle caratteristiche socioemotive dell'alunno anche alla luce della sua storia e delle sue performance scolastiche. Un secondo livello di confronto riguarda, invece, i bambini tra di loro all'interno di una stessa classe. In questo caso l'insegnante dovrà calcolare la media generale della sua classe relativamente alle 5 categorie di strategie di coping impiegate. Questo tipo di confronto, particolarmente utile quando si mantiene l'anonimato dei questionari, permette agli insegnanti di conoscere più in generale la propria classe rilevando l'intensità del disagio nella gestione delle emozioni e, più in generale, il clima emotivo della propria classe. GRAZIE PER L’ATTENZIONE!