DEFINIZIONI
Edelwich e Brodsky (1980): progressiva perdita di idealismo
motivazioni, energia e obiettivi provata da operatori sociali,
professionali e non, come esito delle condizioni in cui lavorano
Maslach e Jackson (1982): definizione di b.o. centrata sulla
relazione tra operatore e utente (Maslach Burn-out Inventory:
esaurimento emotivo; depersonalizzazione; ridotta realizzazione
personale)
Buunk, Schaufeli (1993): b.o. come esito di un mancato
bilanciamento tra il dare e il ricevere, insito nel processo di
domande e risposte emotive nella relazione interpersonale tra chi
dà e chi riceve.
FATTORI DI INSORGENZA DEL B.O.
Diversi studi secondo due orientamenti principali:
1) Prevalenza delle condizioni ambientali
2) Incidenza delle caratteristiche personali
Ricerche più recenti: b.o. fenomeno multidimensionale.
Interazione di fattori socioambientali (aspetti fisici e organizzativi
del luogo di lavoro) e variabili individuali (caratteristiche
motivazionali e tratti di personalità)
Relativamente alle condizioni lavorative  identificabili tre aree
critiche per l’insorgere del b.o.:
1) configurazione ruoli lavorativi
2) compito lavorativo
3) struttura di potere (modo in cui si svolgono i processi decisionali
e di controllo lavorativo)
Variabili individuali: modulano insorgenza ed effetti del b.o. 
operatori vulnerabili al b.o. piuttosto deboli e remissivi nei rapporti
con gli altri; incerti nel distinguere i limiti tra coinvolgimento
personale e professionale; facilmente frustrati dagli ostacoli;
mostrano una scarsa fiducia in se stessi, dipendenza e ricerca di
approvazione, eccessivo coinvolgimento nelle richieste degli utenti
(Maslach e Jackson, 1984)
Fattori culturali e storico sociali (Del Rio, 1990): caratteristiche
concrete che in un particolare momento storico assume la relazione
operatore-utente nel contesto di lavoro
GLI ANTECEDENTI DEL BURN OUT
CARATTERISTICHE
DELL’UTENZA
ASPETTI
ORGANIZZATIVI
BURN OUT
FATTORI
PERSONALI
INTERVENTI PER INCIDERE SUL B.O.
Burn-out: no sintomo di esclusiva sofferenza individuale collegata
all’attività di lavoro, né indicatore di inadeguatezze organizzative, ma
anche problema di natura sociale, di dinamiche socio-politicheeconomiche
Cherniss (1980; trad. it. 1983): ha proposto una serie di interventi
raggruppabili in 5 aree strategiche:
1) Sviluppo dello staff (definizione di programmi e obiettivi, crescente
consapevolezza del pericolo di b.o. e della possibilità di fronteggiarlo)
2) Interventi sull’organizzazione del lavoro (ruoli, orari, carichi di
lavoro, sviluppi di carriera)
3) Sviluppo del management (formazione adeguata a dirigenti e
programmi interni di training per amministratori)
4) Gestione del conflitto organizzativo
5) Definizione degli obiettivi dei programmi e dei modelli di
gestione
PSICOLOGIA CLINICA vs. PSICOLOGIA DI
COMUNITÁ
Punti di contatto
1) Atteggiamento di aiuto rivolto al cambiamento
2) Attenzione specifica al caso particolare
PSICOLOGIA CLINICA vs. PSICOLOGIA DI
COMUNITÁ
Punti di divergenza
1) Psicologia di comunità vede l’individuo come un soggetto
attivo in costante transazione con il mondo sociale  sua
attività psicobiologica strettamente legata al contesto sociale
2) Il soggetto cui fa riferimento la p.d.c. è storicamente,
culturalmente e socialmente situato; le sue competenze
hanno possibilità di attuarsi anche a seconda delle risorse e
dei vincoli posti nel sociale
3) Focalizzazione dei problemi umani anche nei loro aspetti
sociali, oggettivi e non solo nella loro dimensione personalesoggettiva
CONSEGUENZE
1) Concetto di prevenzione quale aspetto fondante e
fondamentale della p.d.c.
2) Attribuzione al sociale un ruolo eziologico importante
3) Vocazione non strettamente clinica della p.d.c. 
estensione del campo di indagine e di intervento al di là
dell’area della salute mentale e della psicologia della
salute, per rivolgersi ai problemi sociali della comunità in
senso lato
DALLE PAROLE AI FATTI
Per tradurre operativamente tale prospettiva si fa capo
ad alcune linee teorico-metodologiche, che sono
essenzialmente quelle che fanno riferimento a:
•teoria dello stress
• studi di carattere epidemiologico sulle componenti
sociali dei disturbi psichici
• studi sui processi di coping nelle situazioni
problematiche
Stress
Selye (1950; 1976)
1) Stimolo esterno, eccezionale, in grado di suscitare
nell’organismo, in particolare a livello fisiologico,
delle risposte eccezionali ;
2) Stato dell’organismo sottoposto ad uno stressor
3) Agente stressante e stato che questi determina, in
una situazione interattiva tra organismo e ambiente.
Sindrome Generale di Adattamento  distress e eustress
Lazarus (1993): l’unità stimolo-risposta che costituisce lo
stress è l’espressione di un essere pensante,
capace di valutare le situazioni e di farvi
fronte, utilizzando le risorse a disposizione
concetto di Appraisal (valutazione della situazione) fondamentale
nel suo Modello cognitivo-transazionale
Nella transazione individo-mondo sociale entrano in
gioco 3 fattori: 1) la richiesta imposta all’individuo
dal contesto
2) la costrizione che da essa deriva
3) le risorse disponibili
Mediati dall’appraisal iniziale e da successive valutazioni di sé e
della situazione
Modello cognitivo-transazionale di Lazarus (II)
Coping
Secondo elemento mediatore del modello. Costituito
dai processi attuati per gestire una situazione nei
suoi aspetti emotivi e pratici
Insieme dei processi psicologici e delle attività concrete per mezzo
delle quali un individuo affronta e gestisce un evento
particolarmente pesante per lui, cercando di venire a capo del
problema o, almeno, ridurne le conseguenze
materiali
due tipi di risorse utilizzate per il coping
Stato di salute
personali
Capacità cognitive
Livello di autostima, fiducia in sé
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