Elaborato di : Antonia Mastrogiacomo Ilaria De Nicolò Luana Guaragno Michele Marvulli A favorire i grandi viaggi oceanici fu la caduta di vecchie credenze che per lungo tempo avevano impedito all’uomo di solcare gli oceani. Non si ritenne più vera ad esempio la credenza secondo cui,essendo la terra piatta,le navi,procedendo verso l’equatore,corressero il rischio di scivolare verso il basso. risale a Pitagora che era stata successivamente confermata da Aristotele e nel III secolo Eratostene,non solo dava per certa la forma sferica della Terra,ma ne aveva calcolato la circonferenza (634 Km). Anche Dante era convinto che la terra fosse sferica , ma pensava che solo un emisfero fosse abitato e occupato dalle terre emerse. Infine nel I secolo dell’era cristiana, Claudio Tolomeo aveva composto Le sue opere di geografia e astronomia che descrivevano una terra sferica al centro di un universo ugualmente sferico. Molta gente ignorava le opinioni dei dottori e pensava che il mondo era un disco piatto, i cui limiti erano chiaramente segnati. I ghiacci dell’Artico NORD EST OVEST Le colonne d’Ercole SUD Le sabbie del deserto del Sahara Diverso era invece lo scenario che si apriva a oriente,dove i confini del mondo apparivano meno netti e si recavano numerosi viaggiatori come Marco Polo Secondo gli antichi Greci, le Colonne d’Ercole, ovvero i due promontori rocciosi che danno forma allo Stretto di Gibilterra, esistevano per indicare il limite oltre il quale non era più possibile fare ritorno perché al di là, il pericolo e l’ignoto ci spingevano verso la fine del mondo. Secondo un’antica leggenda di quel tempo, il mitico Ercole arrivò fino alle pendici dei monti Calpe e Abila considerati i limiti estremi del mondo, oltre il quale un comune mortale non poteva più proseguire e decise di scindere il monte in due parti creando le due colonne e vi impresse la seguente incisione: “non plus ultra”. Intorno all’XI secolo riprendono i commerci. Con le Indie,l’Europa intrecciava intensi commerci che, fin dai tempi antichi garantivano l’afflusso sui mercati occidentali delle spezie. Il pepe,lo zenzero,il cardamomo, insieme ai profumi,allo zucchero,alle pietre preziose e ai coloranti come l’indaco e lo zafferano avevano alimentato per secoli i commerci nel Mediterraneo. Le spezie e le altre preziose merci orientali venivano scambiate con tessuti di lana e di lino e con metalli e pellami. Le spezie nel Medioevo erano qualcosa di profumato, raro e costoso, terapeutico e miracoloso, sacro e immorale, proveniente da terre avvolte nella leggenda conosciute con il generico nome di Indie Una curiosa leggenda riguarda ad esempio la raccolta del pepe, una delle spezie più apprezzate. Secondo i racconti dei mercanti medio orientali, esisteva un’isola nelle Indie, completamente ricoperta da foreste di pepe e popolata da mostruosi serpenti, che avevano il potere di tramutare in pietra gli esseri umani solo con il loro sguardo. Al mercante restava, quindi, di incendiare completamente le foreste per mettere in fuga questi strani e pericolosi esseri, ma facendo ciò, si sarebbero distrutti ettari ed ettari di foresta, rendendo difficile l’approvvigionamento di pepe nel futuro. Prova di questa impresa, era lo stesso aspetto del pepe: nero e rugoso per via del fuoco. Ed è così che, condizioni ardue, difficoltà di approvvigionamento e mistero, rendevano questo prodotto così prezioso e desiderato. Gli scambi commerciali favorirono gli incontri con le navi dei navigatori stranieri e così si misero a confronto le diverse tecniche facendo tesoro dell’esperienza altrui per migliorarle. L'espansione dei traffici genovesi e veneziani fino alla Fiandra, fece conoscere alle genti del Nord i tipi di galee e gli usi nautici dei meridionali. Nello stesso tempo si diffuse la trasformazione dell'apparecchio di governo: i nordici impararono così a sostituire al remo di governo mobile il “timone di Bayonne” o “alla navarresca”, una pala che girava intorno a una cerniera fissata al telaio di poppa del bastimento: è il sistema del timone assiale, ancora in uso, che assicura la stabilità della rotta seguita. Questo progresso tecnico si accompagnò alla diffusione di due strumenti ausiliari della navigazione, la bussola e il portolano. Per navigare non basta avere delle buone navi. Bisogna sapere anche come governarle e,soprattutto, dove dirigerle. Un bravo marinaio deve sapere sempre dove si trova e deve essere capace di stabilire una rotta e seguirla. Tutte le abilità che i navigatori hanno affidato per secoli all’esperienza,dalla quale poi è emerso un sapere tecnico a sua volta capace di dotarsi degli strumenti necessari. Fra questi,ultimissimi alla navigazione commerciale del Medioevo, vi furono i portolani,descrizioni dettagliate delle linee costiere,con l’indicazione dei porti e degli approdi. La svolta decisiva nel campo dell’orientamento venne però dalla bussola, un’invenzione cinese, che sfrutta l’attrazione magnetica del Polo Nord per individuare la sua direzione. Il sistema di propulsione che le navi utilizzavano in quel periodo si basava ancora sui remi. Esisteva anche una velatura,ma questa era in grado di sfruttare il vento solo quando soffiava a favore. Un’ importantissima innovazione,nella navigazione a vela, si ebbe con l’introduzione del timone di poppa. Modello in legno di una galea veneziana Nave a vela medievale Navi a remi e navi a vela incrociavano dunque sulle rotte del tardo Medioevo, ma solo le seconde potevano affrontare l’esplorazione dell’oceano. Un viaggio esplorativo lungo le cose occidentali dell’Africa, era già stato tentato alla fine del XIII secolo ,dai fratelli Vivaldi. Nel 1291 i due fratelli salparono da Genova con due galee e 300 marinai; la spedizione era accompagnata anche da due frati francescani. Tuttavia dopo aver passato lo stretto di Gibilterra e aver iniziato la discesa lungo le coste africane, della spedizione si persero le tracce e nessuno fece mai ritorno. Secondo alcune diverse ipotesi le galee, a remi e con scafo basso e sottile non erano del resto navi adatte per la navigazione sull'oceano. Secondo i racconti leggendari dopo il fallimento della spedizione, i due fratelli genovesi avrebbero effettivamente circumnavigato l'Africa e sarebbero giunti in Etiopia, dove sarebbero stati catturati dal prete Gianni. Fu il Portogallo il primo paese ad avventurarsi lungo le rotte oceaniche in cerca di nuove terre, per dare sfogo al desiderio di conquiste della nobiltà cavalleresca e per trovare le risorse di cui difettava. Così durante il regno di Giovanni I, con la protezione di suo figlio Enrico,detto il Navigatore, i marinai portoghesi si spinsero oltre il capo Bojador che, a causa dei suoi bassi fondali e delle rocce sottomarine, avevano provocato innumerevoli naufragi guadagnandosi la fama di un luogo inaccessibile. Lo sbarco nella città di Ceuta, compiuto nel 1415 da una squadra navale agli ordini del re Giovanni I, inaugurò la grande stagione delle esplorazioni portoghesi. Fin dall’inizio quest’ultime puntarono verso sud, lungo le coste dell’Africa, sia per le sue ricchezze sia per tagliare fuori l’intermediazione araba, che era il motivo principale. Enrico il Navigatore Con il tempo cominciò a formarsi l’idea che si potesse circumnavigare l’Africa. Così dopo l’interruzione dei viaggi di esplorazione causata dalla morte di Enrico il Navigatore, i navigatori portoghesi , sotto il regno di Giovanni II , ripresero con intensità i loro viaggi , perché erano attratti anche dalla speranza di trovare un passaggio per raggiungere l’oceano Indiano. Nel 1484 il comandante Diego Cao, annunciò che era arrivato nel punto per entrare nell’oceano Indiano, anche se poi si accorse che non era vero. Questo passaggio viene individuato tre anni dopo, durante il viaggio di Bartholomeu Dias, che partì da Lisbona con 3 caravelle, e dopo aver raggiunto il punto toccato da Cao, si imbatté in un vento violento e decise di andare verso nord, arrivando a sbarcare qualche giorno dopo su un punto impreciso della sponda orientale dell’Africa: era entrato nell’oceano Indiano senza accorgersene! Oltre al Portogallo si interessavano all’esplorazione di nuove rotte per le Indie anche i sovrani di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Così Cristoforo Colombo ebbe dalla regina Isabella i mezzi per compiere il viaggio che nel 1492 lo condusse in America,convinto di essere sbarcato sulle coste orientali dell’Asia Il potenziale conflitto d’interessi espansionistici ispano-portoghesi venne regolata dal trattato di Tordesillas , con cui si spartivano le sfere d’influenza tra due regni e in virtù del quale finì sotto il controllo portoghese il Brasile,la cui scoperta venne ufficialmente compiuta da Cabral solo all’indomani della firma del trattato. Il Portogallo riprese il suo progetto di tracciare la rotta orientale per le Indie. Dopo le esplorazioni di Diego Cao e di Batholomeu Dias, che per primo arrivò a doppiare il capo di Buona Speranza, lo sforzo dei navigatori portoghesi venne coronato dal successo di Vasco da Gama che ,nel 1498,sbarcò sulle coste dell’India dopo una navigazione di 10 mesi che lo aveva portato quasi in vista del continente americano per aggirare gli alisei all’altezza dell’Equatore.