PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI 3° GIORNO Anno Pastorale 2014-2015 Un itinerario di crescita umana Arrivati a questo punto possiamo abbozzare un itinerario di crescita umana e spirituale. Se leggiamo il nostro testo come racconto di una vocazione, ne dobbiamo ricavare che più che chiedersi se una persona «ha la vocazione» è più utile, sensato e proficuo chiederle che cosa desidera, qual è il suo desiderio. E soprattutto questa è la domanda che ciascuno deve porsi: qual è il mio desiderio? Il desiderio profondo, ovviamente, ossia il desiderio che ha a che fare con il senso della vita, il desiderio che non è esauribile da alcun possesso, che non è un bisogno, e che non ambisce un oggetto, ma il senso stesso. Il desiderio che ha a che fare con la propria realizzazione personale. Con il divenire il proprio volto e il proprio corpo, con il realizzare quella persona unica e irripetibile che io sono. Occorre coraggio per entrare in se stessi e per far emergere la propria verità interiore. Pensare, interrogarsi, riflettere, essere attenti e vigilanti, elaborare interiormente le esperienze, conoscere momenti e periodi di silenzio e di solitudine, rientrare in se stessi, concentrarsi, sono elementi essenziali di questo cammino interiore. Particolarmente difficile è entrare in contatto con la sofferenza profonda che abita in noi, ma il prosieguo degli anni lo rende sempre più necessario. Perché solo prendendo contatto con la sofferenza profonda radicata in noi, potremo anche entrare in contatto con la sofferenza degli altri e perciò incontrare in verità gli altri. - Accettare l’insicurezza della relazione preferendola alle sicurezze mondane. La relazione con l’altro è un rischio. L’altro mi mette in crisi, in discussione. Tentazione costante è di evitare tale rischio rifugiandosi nella sicurezza del possesso, o della carriera, o dell’autoritarismo, ecc. Ma si tratta anche di altrettanti tradimenti della propria umanità. Sicurezze mondane sono, per esempio: • far consistere la propria realizzazione personale, la propria riuscita, nel fare, • nel moltiplicare le attività, • oppure nel possedere, nell’accumulare e nell’avere, • oppure ancora nel cercare potere, • nell’avere persone su cui spadroneggiare, su cui dominare. Molteplici sono le paure che noi opponiamo all’esperienza di essere amati. L’amore è gratuito ma anche esigente. L’esperienza più frequente è quella della chiusura all’amore: indifferenza, odio, freddezza. Del resto è vero che noi normalmente siamo molto più interessati e attenti a coloro che amiamo piuttosto che a coloro che ci amano. L’esperienza di essere amati svela le nostre emozioni e chiede al credente di saper nominare le proprie emozioni e leggere la propria interiorità e ciò che vi avviene. Con realismo e senza rimozioni, senza censure. In noi, per esempio, abitano collere e queste vanno riconosciute e comprese, per poter essere volte in senso positivo trasformandone l’energia negativa in forza vitale. Di fronte a una collera che sorge in noi non è importante trattenerla o colpevolizzarsi o negarla, ma chiedersi: perché? Che cosa rivela di me questa collera? Perché l’atteggiamento di questa persona, che lascia tanti indifferenti, in me provoca un’esplosione di rabbia? Si tratta di imparare a fare un buon uso della collera. Noi poi non siamo unidimensionali, ma contraddittori, complessi, spesso inspiegabili a noi stessi: il nostro amare si accompagna al nostro odiare, al nostro non sopportare gli altri, al nostro essere indifferenti, al provare fastidio per loro. In noi abita la capacità di gioia e di euforia ma anche di tristezza e di depressione. Solo riconoscendo tutto questo potremo accedere a una conoscenza realistica di noi stessi. - Accettare la propria mancanza. Momento centrale del cammino di maturazione umana è il riconoscimento delle carenze che ci abitano, della vulnerabilità, delle debolezze precise: a livello psicologico, morale, intellettuale, spirituale, affettivo, sessuale. Queste debolezze costituiscono certamente una dolorosa ferita interiore ma, una volta accolte, possono divenire lo spiraglio che lascia entrare il raggio luminoso della grazia divina. Il momento dell’accettazione delle proprie lacune e deficienze è doloroso e critico, ma la crisi è momento di fecondità possibile. La crisi è necessaria al nascere. È vaglio, giudizio e appello che conduce a una maggiore semplificazione. E per quanto ci possa spaventare la parola «crisi», occorre ricordare che la crisi più grande nella nostra vita è alle nostre spalle: la nascita è stata l’evento traumatico doloroso più decisivo, ma ovviamente anche il più vitale.