Organizzazione Aziendale
A.A. 2012/2013
TERZO ANNO
CORSO LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE E BANCARIA
CURRICULUM IN MANAGEMENT E MARKETING
1
Dettagli corso
Docenti:
 Ercole P. Pellicanò;
 Tommaso Tridente;
Assistente di cattedra:
Mariana D’Ovidio
Orari corso:
 mercoledì ore 12.00 – 14.00
 venerdì ore 12.00 – 14.00
aula 15 – III piano
Testo d’esame:
 Gareth R. Jones, “Organizzazione. Teoria, progettazione,
cambiamento”. Egea
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INTRODUZIONE
Il corso di studio parte, al terzo anno, con “Organizzazione Aziendale”.
Esso proseguirà al quarto anno con “Corporate Strategy”, entro il quale sarà
sviluppato il “Project Management”.
Seguiremo, per il terzo anno, il volume Gareth R. Jones “Organizzazione. Teoria,
progettazione, cambiamento”.
Il libro è la base; esso sarà arricchito da concetti che derivano dalla mia esperienza
lavorativa.
La didattica sarà per voi producente se, aiutati da adeguate letture di carattere
economico- aziendalistico, nonché la frequenza del corso, riuscirete a sviluppare
una vostra metodologia di apprendimento e ragionamento.
Attraverso un tale percorso potrete rendere vostro il terreno di studio e di analisi e
partecipare attivamente, attraverso discussioni e simulazioni, alla vita dell’impresa.
Ne diverrete il manager, ne detterete gli obiettivi e le linee strategiche, in vista
dell’eccellenza aziendale.
Dovete comprendere che un’azienda, dalla quale dipendono le aspirazioni e i sogni di
molte persone, è una realtà pulsante da modellare, sulla quale si può intervenire,
nella fase di crescita, di sviluppo, e della non impossibile crisi, in maniera adeguata e
competente, con tocchi lievi ovvero più decisi, per la sua affermazione nel libero
mercato.
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In maniera ricorrente, al termine del corso, mi viene rivolta la seguente domanda: che
qualità e capacità bisogna avere per divenire un buon manager ed un valido leader?
La risposta, schematizzata, che dò, scorrendo la mia vita di lavoro, coronata da
qualche successo, ma sempre ricca di fatti e di situazioni, è la seguente:
mettere passione nel lavoro, per bene operare, soddisfacendo le proprie esigenze
materiali ed ideali:
- realizzarsi, seguendo il proprio cammino interiore, fatto di impegno e di valori;
- portare in azienda “l’anima”, arricchendola, oltre che con la competenza, con quella
creatività, quella intuizione e quella sensibilità che ogni essere umano possiede.
 conservare lo spirito “giovane” e determinato;
 evitare una paralizzante autoreferenzialità, ricordando sempre che l’invecchiamento, sia
fisico che intellettuale ed operativo, comincia quando i ricordi prendono il sopravvento
sulle speranze e sulle prospettive.

Ercole P. Pellicanò
4
CAPITOLO 1
Organizzazioni ed efficacia organizzativa:
concetti base
5
DEFINIZIONE DI AZIENDA
L’azienda è un istituto economico duraturo composto
da:

Complesso di beni – Patrimonio

Complesso di operazioni – Gestione

Complesso di persone – Organizzazione
6
L’ AZIENDA QUALE ISTITUTO ECONOMICO
DURATURO
IL PATRIMONIO
 LA GESTIONE
L’ORGANIZZAZIONE


7
IL PATRIMONIO DELL’AZIENDA
Il patrimonio è il complesso di beni coordinati a
disposizione dell’azienda.
È un concetto statico perché è sempre riferito ad una
certa data (31/12/n).
Può essere studiato sotto due aspetti:
 l’aspetto qualitativo (qualità del patrimonio dei beni);
 l’aspetto quantitativo (valore dei beni).
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IL PATRIMONIO:ASPETTO QUALITATIVO
Da un punto di vista qualitativo, il patrimonio
è un complesso di beni espresso in quantità
eterogenee, non sommabili tra di loro.
L’aspetto qualitativo non consente, pertanto,
di avere una nozione sintetica di patrimonio:
non si può esprimenre il patrimonio con un
“numero”.
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IL PATRIMONIO:ASPETTO QUALITATIVO
Esempio: inventario a quantità fisiche
dell’azienda K produttrice di acciaio.
INVENTARIO DELL’AZIENDA K AL 31/12/2000
DARE
Elementi attivi
Cassa
Crediti
Materie e prodotti:
•ferro
•carbone
Macchine:
•tornio
•convertitore
Fabbricati:
•appartamento per uffici
•magazzino per materiale
AVERE
Elementi passivi
0,05 euro
0.52 euro
Debiti:
•verso banche
•verso stato
7,23 euro
3,36 euro
Tonnellate 2000
Tonnellate 3000
Potenza KWT x
Potenza tonnellate y
Mq . 350
Mq. 2000
10
IL PATRIMONIO:ASPETTO QUANTITATIVO
Il patrimonio da un punto di vista quantitativo, è
un fondo omogeneo di valori.
Gli elementi, attivi e passivi, resi omogenei
mediante il processo di valutazione, possono
essere tra di loro sommati algebricamente.
Si può pertanto avere una nozione sintetica di
patrimonio.
11
IL PATRIMONIO:ASPETTO QUANTITATIVO
Esempio: stato patrimoniale dell’azienda K
produttrice di acciaio.
STATO PATRIMONIALE DELL’AZIENDA K AL 31/12/200
DARE
Attività
AVERE
Passività
Cassa
0,05 euro
Debiti:
Crediti
0,52 euro
• verso banche
7,23 euro
• verso stato
3,36 euro
Capitale netto
8,01 euro
Totale a pareggio
18,59 euro
Materie e prodotti:
• ferro
•carbone
2,27 euro
1,81 euro
Macchine:
•tornio
•convertitore
5,16 euro
2,58 euro
Fabbricati:
•appartamento per uffici
•Magazzino per materiale
3,10 euro
3,10 euro
Totale a pareggio
18,59 euro
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L’ AZIENDA QUALE ISTITUTO ECONOMICO
DURATURO
IL PATRIMONIO
 LA GESTIONE
L’ORGANIZZAZIONE


13
LA GESTIONE DELL’AZIENDA
Le funzioni della gestione si distinguono in:
funzioni operative;
 funzioni direzionali o di management.

14
FUNZIONI DELLA GESTIONE
AZIENDALE
Funzione tecnologica
(o di produzione)
Funzioni
operative
Combinazione di fattori produttivi che dà vita ai
prodotti finiti e alle merci
Funzione
commerciale
Approvvigionamento di materie/merci e vendita di
prodotti finiti e di merci
Funzione
finanziaria
Reperimento delle fonti finanziarie e investimento
dei fondi
Funzione
contabilità
Rilevazione dei fatti amministrativi, calcolo dei
risultati, interpretazione dei risultati
Funzione
sicurezza
Protezione delle persone nei processi di decisione,
esecuzione e controllo
GESTIONE
Programmazione
Funzioni
direzionali
Controllo
Organizzazione
Leadership
15
Sistema di decisioni che determina l’agire
dell’azienda
Confronto fra decisione e azione, rilevazione
scostamenti, avvio di azioni di correzione
Sistema dei ruoli, linee di influenza
Guida delle persone nei processi di decisione,
esecuzione e controllo
15
L’ AZIENDA QUALE ISTITUTO ECONOMICO
DURATURO
IL PATRIMONIO
 LA GESTIONE
L’ORGANIZZAZIONE


16
L’AZIENDA OGGI
La capacità delle imprese di conseguire i propri obiettivi si può misurare
fondamentalmente attraverso i seguenti parametri di prestazione: l’efficacia,
l’efficienza e la produttività.

L’efficacia è il rapporto tra risultati effettivi e risultati previsti;

L’efficienza è il rapporto tra risultati ottenuti e risorse impiegate, da conseguire
attraverso la migliore organizzazione ed un’attenta gestione;

La produttività è il risultato economico dell’attività, conseguente ad una valida
efficienza.
17
L’AZIENDA OGGI
L’ambiente competitivo in cui le aziende si trovano a
concorrere oggi rende rilevante anche un quarto
parametro: la flessibilità.

La flessibilità si riferisce al tempo necessario per
effettuare un cambiamento che permetta all’azienda
di rimanere competitiva: tempo necessario per
passare dall’output attuale ad un nuovo output.
18
EFFICIENZA E PRODUTTIVITÀ
Le agende efficienti e produttive rispondono al:
PRINCIPIO DI ECONOMICITÀ
19
PRINCIPIO DI ECONOMICITÀ
regola di condotta aziendale (rispetto dei valori
economici e sociali);
 perseguimento dei fini economici;
 durata (durare nel tempo in un ambiente mutevole);
 autonomia (non si deve manifestare un sistemico
ricorso a interventi di sostegno);
 equilibrio reddituale ( attitudine della gestione a
remunerare tutti i fattori produttivi, compreso il
capitale);
 equilibrio finanziario (equilibrio tra compenti positivi e
negativi del reddito. Deve essere sempre in grado di
fare fronte agli impegni di pagamento).

20
Come assicurare il rispetto dei principi di
economicità, efficienza e di produttività?
ORGANIZZAZIONE
21
L’AZIENDA COME
ORGANIZZAZIONE

L’organizzazione, intesa come l’insieme dei meccanismi di funzionamento di una
struttura, è decisamente una delle risorse immateriali più importanti in una azienda

L’azienda , sotto il profilo organizzativo, è infatti definibile come un insieme di
risorse umane, tecniche e finanziarie coordinate ed interagenti tra loro per
cogliere le opportunità del mercato e per il conseguimento del profitto

Come organizzazione di individui, l’azienda si caratterizza per:
Tensione (implicita nell’organizzazione del lavoro)
Diversità (ognuno partecipa con un ruolo differenziato)
Complessità (il lavoro è complesso)
22
ORGANIZZAZIONE
ORGANIZZAZIONE
Strumento fondamentale per
Razionalizzare il
comportamento dei
dipendenti
Gli obiettivi e le decisioni di
ordine inferiore devono
orientarsi verso gli obiettivi e
le decisioni di ordine
superiore . Gli obiettivi di
ordine superiore devono
fungere da premesse degli
obiettivi di ordine inferiore.
Adattare la condotta dei
dipendenti agli obiettivi
aziendali
Lo strumento fondamentale – di uso
universale – per adattare gli obiettivi e
le decisioni di ordine inferiore agli
obiettivi e le decisioni di ordine
superiore è l’ autorità formale:
• prevista e valutata dall’ordinamento
organizzativo;
• specificata nel manuale
dell’organizzazione.
23
FUNZIONI DELL’ORGANIZZAZIONE
Ogni organizzazione, qualunque sia il suo obiettivo, deve svolgere quattro funzioni
fondamentali:

Produrre un bene o erogare un servizio

Distribuire e vendere il bene

Finanziare l’attività

Supportare le attività dell’azienda
24
ESISTENZA E VALORE
DELL’ORGANIZZAZIONE
25
RAPPORTI ORGANIZZATIVI
RAPPORTI
GERARCHICI
Sono le relazioni che si stabiliscono in
presenza di autorità gerarchiche
Relazioni che si stabiliscono in presenza
di autorità funzionale
RAPPORTI
ORGANIZZATIVI
RAPPORTI
FUNZIONALI
Rapporti consultivi
Rapporti di servizio
Rapporti di controllo
RAPPORTI DI
ASSISTENZA
Assistant - to
General staff
26
Che cos’è un’organizzazione?
L’organizzazione è uno strumento usato dalle persone per
coordinare le proprie azioni al fine di ottenere qualcosa
che desiderano o apprezzano – vale a dire, per
raggiungere i propri obiettivi.
Imprenditorialità è il processo attraverso il quale le persone
individuano opportunità che consentono loro di
soddisfare dei bisogni, e quindi assemblano e utilizzano
risorse a tale scopo.
27
Come fa un’organizzazione a creare
valore?
La creazione di valore avviene in tre fasi:
1.
2.
3.
Gli input includono risorse umane, informazioni e
conoscenze, materie prime e risorse finanziarie. Il modo con
cui un’organizzazione sceglie e ottiene dal proprio ambiente
di riferimento gli input di cui ha bisogno per produrre beni e
servizi determina il valore che crea in fase di input.
Il modo in cui l’organizzazione utilizza le risorse umane e la
tecnologia per trasformare gli input in output determina il
valore che viene creato nella fase di conversione. La quantità
di valore che crea l’organizzazione è funzione della qualità
delle sue competenze, inclusa la capacità di imparare
dall’ambiente e di reagire all’ambiente.
Il risultato del processo di conversione è un output di
prodotti finiti e servizi che l’organizzazione immette nel
proprio ambiente, dove vengono acquistati e usati dai clienti
per soddisfare i propri bisogni.
28
Perché l’organizzazione crea valore?

ACCRESCERE LA SPECIALIZZAZIONE E LA DIVISIONE DEL
LAVORO: la natura collettiva delle organizzazioni consente
agli individui di concentrarsi su un’area specifica di
competenza; ciò permette loro di diventare più esperti o
specializzati in ciò che fanno.

USARE UNA TECNOLOGIA ADATTA ALLA MANIPOLAZIONE DI
GRANDI VOLUMI: le organizzazioni sono in grado di trarre
vantaggio dalle economie di scala e di portata che derivano
dall’utilizzo di una moderna tecnologia automatizzata e
computerizzata.
29

Economie di scala: risparmi che si determinano quando
beni e servizi vengono prodotti in grandi volumi su linee
di produzione automatizzate.

Economie di raggio d’azione: risparmi che si
determinano quando un’organizzazione è in grado di
impiegare più efficacemente delle risorse sottoutilizzate,
perché si possono ripartire su più prodotti o su più
lavorazioni.

ATTRAVERSO LA GESTIONE DELL’AMBIENTE ESTERNO: le
pressioni dell’ambiente esterno contribuiscono a fare
delle organizzazioni il modello elettivo per l’uso ottimale
delle risorse produttive.
30
 ECONOMIZZANDO SUI COSTI DI TRANSAZIONE: i costi
che si accompagnano alla negoziazione, al monitoraggio
e al governo degli scambi tra persone si chiamano costi
di transazione interni.
 ATTRAVERSO LA CAPACITA’ DI ESERCITARE POTERE E
CONTROLLO: le organizzazioni possono esercitare forti
pressioni sugli individui affinché si adeguino agli standard
operativi e di produttività, in modo da accrescere
l’efficienza della produzione.
31
Perché esistono le organizzazioni
32
Teoria organizzativa, progettazione
organizzativa e cambiamento organizzativo
 TEORIA ORGANIZZATIVA: è lo studio del modo in cui
funzionano le organizzazioni e di come influenzano, e vengono
influenzate da, l’ambiente in cui operano.
 STRUTTURA ORGANIZZATIVA: è il sistema formale di compiti
e relazioni di autorità che controllano il modo in cui le persone
coordinano le proprie azioni e utilizzano le risorse per
conseguire gli obiettivi dell’organizzazione.
Le finalità principali della struttura organizzativa sono il
controllo e il coordinamento.

CULTURA ORGANIZZATIVA: è l’insieme di valori e norme
condivisi che controllano le interazioni dei membri
dell’organizzazione tra di loro con i fornitori, i clienti e altri
soggetti esterni all’organizzazione.
33

PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: è il processo attraverso cui i
manager selezionano e gestiscono vari aspetti della struttura e della
cultura, in modo che l’organizzazione possa controllare le attività e
i processi necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi.

CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO: è il processo con cui le
organizzazioni passano dallo stato corrente a uno stato futuro
desiderato per accrescere la propria efficacia.
La struttura organizzativa e la cultura organizzativa sono i mezzi
principali che usano i manager per cambiare l’organizzazione in
modo che possa conseguire lo stato futuro desiderato.
La progettazione organizzativa e il cambiamento organizzativo
sono dunque fortemente interconnessi. Il cambiamento
organizzativo, pertanto, può essere inteso come il processo di
riprogettazione e trasformazione dell’organizzazione.
34
35
L’importanza della progettazione
organizzativa e del cambiamento
La progettazione organizzativa e il cambiamento
organizzativo hanno implicazioni rilevanti per la capacità di
un’azienda di affrontare le contingenze, ottenere un
vantaggio competitivo, gestire efficacemente l’eterogeneità, e
accrescere la propria efficienza e la propria capacità di
innovazione.
•AFFRONTARE
LE CONTINGENZE: le contingenze sono eventi
che potrebbero verificarsi e che bisogna pianificare.
- ambiente globale
- cambiamento tecnologico
36
OTTENERE UN VANTAGGIO COMPETITIVO: la capacità di
un’azienda di fare meglio di un’altra, perché i suoi manager sono in
grado di creare più valore con le risorse che hanno a disposizione.
Il vantaggio competitivo deriva da:
 Competenze distintive: le competenze e le capacità dei manager
in attività finalizzate alla creazione di valore come la produzione, la
ricerca e lo sviluppo.
 Strategia: il modello specifico delle decisioni e delle azioni che
prendono e intraprendono i manager per ottenere un vantaggio
competitivo e fare meglio dei concorrenti.



GESTIRE L’ETEROGENEITA’: le differenze di razza, genere e origine
nazionale dei membri dell’organizzazione hanno importanti
implicazioni per i valori che stanno alla base della sua cultura e per la
sua efficacia operativa.
PROMUOVERE EFFICIENZA, RAPIDITA’ E INNOVAZIONE: le
organizzazioni esistono per produrre beni e servizi apprezzati dalla
gente; meglio funzionano e più valore creano.
37
Le conseguenze di una cattiva
progettazione organizzativa
Declino dell’organizzazione
 Fuga dei collaboratori migliori verso nuovi
incarichi in aziende forti ed in crescita
 Difficoltà nell’acquisizione delle risorse
 La crisi derivante costringe i manager ad
introdurre bruschi cambiamenti nella
struttura e nella cultura dell’azienda che
incidono negativamente sulla strategia

38
Come fanno i manager a misurare l’efficacia
organizzativa?
I tre processi che impiegano i manager per valutare e misurare la propria
efficacia e quella delle loro organizzazioni nella creazione di valore sono:
CONTROLLO: approccio basato sulle risorse esterne
 Metodo che utilizzano i manager di valutare l’efficacia con cui l’organizzazione
gestisce e controlla il proprio ambiente esterno.
- Capacità di influenzare le percezioni degli stakeholder
- Caso “Mattel Inc.”
 INNOVAZIONE: approccio basato sui sistemi interni
 Metodo che consente ai manager di valutare l’efficacia con cui
un’organizzazione è capace di reagire prontamente alle sfide del mercato
EFFICIENZA: approccio tecnico
 Metodo che usano i manager per valutare l’efficienza con cui un’organizzazione
può convertire un determinato quantitativo di risorse e competenze in prodotti
finiti e servizi
- Produttività
- Efficienza
- Costi di coordinamento
- Costi di produzione delle attività

39
Approcci per misurare l’efficacia
organizzativa
40
Indice
41
42
CAPITOLO 2:
Stakeholder, manager ed etica
43
Obiettivi di apprendimento

Identificare i diversi stakeholder e i loro interessi,
o le loro pretese, nei confronti di
un’organizzazione

Capire le alternative ed i problemi insiti nella
ripartizione del valore creato da
un’organizzazione

Capire chi detiene il potere e la responsabilità al
vertice dell’organizzazione, e distinguere tra i
diversi livelli di management
44

Descrivere il problema di mandato che esiste in
tutte le relazione di autorità e i vari meccanismi
che si possono usare per controllare il
comportamento manageriale antigiuridico ed
antietico.

Discutere il ruolo fondamentale dell’etica nel
vincolare manager e lavoratori a perseguire gli
obiettivi che portano all’efficacia organizzativa di
lungo termine.
45
Stakeholder organizzativi

STAKEHOLDER: sono persone che hanno un
interesse, una pretesa o una partecipazione
nell’organizzazione, in ciò che fa e nella qualità
della sua performance

INCENTIVI: ricompense come il denaro, il potere
o lo status organizzativo

CONTRIBUTI: le competenze, le conoscenze e
l’expertise che le organizzazioni richiedono ai
loro membri nell’assolvimento dei rispettivi
compiti
46
Incentivi e contributi degli stakeholder
47
Stakeholder interni
Gli stakeholder si dividono in due gruppi principali:
stakeholder interni e stakeholder esterni.
STAKEHOLDER INTERNI: sono persone molto vicine
a un’organizzazione che hanno la pretesa più forte o più
diretta sulle risorse di quest’ultima: azionisti, manager e
forza lavoro.
AZIONISTI: sono
i proprietari dell’organizzazione, e in
quanto tali, la loro pretesa sulle risorse
dell’organizzazione viene considerata superiore alle
pretese di altri stakeholder interni. Il contributo degli
azionisti all’organizzazione consiste nell’investimento
monetario sostenuto per l’acquisto di azioni o quote.
48
 MANAGER: sono
i dipendenti che hanno la
responsabilità di coordinare le risorse organizzative e di
garantire il raggiungimento degli obiettivi di
un’organizzazione. I manager vengono direttamente
nominati dagli azionisti tramite il consiglio di
amministrazione, che gli azionisti eleggono per
sovrintendere alla performance dei manager.
 FORZA LAVORO: è
composta da tutti i dipendenti che
non fanno parte del management. I componenti della
forza lavoro hanno responsabilità e doveri che sono
tenuti ad assolvere nel migliore dei modi.
49
Stakeholder esterni

STAKEHOLDER ESTERNI: sono persone che non
partecipano alla proprietà dell’azienda e non dipendono da
essa, ma hanno un certo interesse nei suoi confronti. I
clienti, i fornitori, il governo, i sindacati, le comunità locali e
l’opinione pubblica sono tutti stakeholder esterni.

CLIENTI: rappresentano di solito il gruppo più numeroso
degli stakeholder esterni di un’azienda

FORNITORI: rappresentano un altro gruppo importante di
stakeholder esterni, contribuiscono all’organizzazione
attraverso la fornitura di materie prime e componenti
50

-
GOVERNO E AUTORITA’:
Vogliono che le imprese competano correttamente e obbediscano alla
regole della libera concorrenza
Vogliono che le imprese obbediscano alle regole concordate e alle
leggi sulla retribuzione e sul trattamento economico del personale e
su altri temi sociali ed economici.

SINDACATI: le relazioni con le organizzazioni possono essere
conflittuali o cooperative. La natura della relazione ha un effetto
diretto sulla produttività e sull’efficacia dell’organizzazione e del
sindacato.

COMUNITA’ LOCALI: l’occupazione, la disponibilità di abitazioni e il
benessere economico generale di una comunità dipendono
fortemente dal successo o dall’insuccesso delle imprese locali.

OPINIONE PUBBLICA: osserva le dinamiche competitive e lo
sviluppo delle imprese con attenzione. E’ generalmente contenta
quando che le aziende nazionali prevalgano sui concorrenti esteri;
vuole anche che le sue aziende agiscano in modo socialmente
responsabile
51
Efficacia organizzativa: soddisfare
obiettivi e interessi degli stakeholder
Un’organizzazione viene usata simultaneamente dai
diversi gruppi di stakeholder per realizzare i propri
obiettivi.
I contributi di tutti gli stakeholder sono necessari per
consentire all’organizzazione di operare con
successo e di produrre beni e servizi nel rispetto
della sua missione.
Ogni gruppo di stakeholder è motivato a contribuire
all’organizzazione dai propri obiettivi specifici, e ne
valuta l’efficacia in base al grado di raggiungimento
di tali obiettivi.
52
 AZIONISTI: valutano un’organizzazione in base al ritorno
che ricevono sul proprio investimento;
 CLIENTI: in base all’affidabilità e al valore dei suoi prodotti
rispetto al prezzo pagato;
 MANAGEMENT E LAVORATORI: in base agli stipendi, alle
stock options, alle condizioni di lavoro e alle prospettive di
carriera.
Un'organizzazione è viva e vitale finché la coalizione
dominante di stakeholder ha il controllo su un quantitativo
sufficiente di incentivi e quindi può ottenere i contributi di
cui ha bisogno da altri gruppi di stakeholder.
53
Obiettivi in competizione tra loro
Le organizzazioni esistono per soddisfare gli obiettivi degli
stakeholder.
Ma chi stabilisce quali obiettivi sono i più importanti?
Nei paesi a economia di mercato si dà per scontato che gli
azionisti siano i primi destinatari del valore che
l’organizzazione crea.

Tuttavia i manager potrebbero perseguire degli obiettivi che
promuovono i loro interessi e non quelli degli azionisti.
Gli obiettivi dei manager e degli azionisti possono essere
incompatibili, ma siccome sono i manager a comandare, gli
obiettivi degli azionisti non sono presumibilmente i più
attivamente perseguiti.
54
Allocare le ricompense
Un altro problema che deve affrontare un’organizzazione è
come allocare i profitti che derivano dall’efficacia
operativa tra i vari gruppi di stakeholder.

I manager devono stabilire quali incentivi o quali
ricompense dovrebbe ricevere ogni gruppo di
stakeholder per soddisfarne almeno in misura minima le
aspettative di ciascun gruppo.

I manager devono anche determinare come distribuire
ricompense “extra”
 L’allocazione
delle ricompense, o degli incentivi, è una
componente importante dell’efficacia organizzativa,
perché gli incentivi offerti agli stakeholder ne
determinano la motivazione per il futuro.
55
Top manager e autorità organizzativa
Il top manager è il gruppo di stakeholder che ha la
responsabilità di stabilire gli obiettivi e i traguardi
dell’azienda, e di allocare le risorse organizzative per
consentirne il raggiungimento.

AUTORITA’: è il potere di responsabilizzare le persone sulle
loro azioni e d’influenzare direttamente ciò che fanno e
come lo fanno.
Il gruppo di stakeholder che ha la massima autorità
sull’utilizzo delle risorse aziendali è quello degli azionisti, i
quali sono proprietari dell’azienda ed esercitano il
controllo su di essa tramite i loro rappresentanti, i
consiglieri di amministrazione.
56

:
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE tiene sotto controllo le
attività dei manager e premia i dirigenti che perseguono
attività in grado di soddisfare gli obiettivi degli stakeholder.
Il presidente del consiglio di amministrazione è il principale
rappresentante degli azionisti, e in quanto tale detiene la
massima autorità formale all’interno dell’organizzazione.
Ci sono 2 categorie di consiglieri di amministrazione:
consiglieri interni e consiglieri esterni.
-CONSIGLIERI INTERNI: hanno un ruolo nella gerarchia formale
dell’azienda, sono dunque dipendenti a tempo pieno.
-CONSIGLIERI ESTERNI: non sono dipendenti dell’azienda; molti sono
director professionali che siedono nei CDA di numerose imprese e
possono assumere la qualifica di “amministratori indipendenti”.
57
Il corporate management è il gruppo di stakeholder
interni preposto a stabilire gli obiettivi ed i traguardi
dell’azienda, a decidere l’allocazione delle risorse per il
conseguimento degli obiettivi, e a progettare la
struttura organizzativa.
 CATENA DI COMANDO: è
il sistema di relazioni
gerarchiche di una grande azienda;
 GERARCHIA: è un ordinamento verticale di ruoli,
basato sull’autorità relativa.
58
Il Chief Executive Officer (CEO)
Il CEO, coincidente sostanzialmente con la figura
dell’amministratore delegato, è il responsabile della
strategia e della politica dell’azienda.
È il personaggio più potente dell’azienda perché
controlla l’allocazione delle risorse.
Il CEO può influenzare l’efficacia organizzativa e il
processo decisionale in 5 modi principali:
59
1.
2.
3.
4.
5.
Il CEO ha il compito di fissare gli obiettivi
dell’organizzazione e di definirne la struttura;
Il CEO sceglie gli executive che andranno a occupare i
livelli più elevati della gerarchia manageriale;
Il CEO determina le ricompense e gli incentivi del top
management;
IL CEO controlla l’allocazione di risorse scarse come il
denaro e il potere decisionale tra le aree funzionali o le
divisioni dell’azienda;
Le azioni e la reputazione del CEO hanno un impatto
sostanziale sulla percezione dell’ organizzazione che
hanno gli stakeholder interni ed esterni, e incidono sulla
capacità dell’organizzazione stessa di attrarre risorse
dall’ambiente.
60
Il team di vertice
Dopo il presidente del consiglio di amministrazione e il
CEO, il chief operating officer (COO) o presidente, è
l’executive più importante dell’azienda.
Il COO o presidente riporta direttamente al CEO, e
condivide con lui la responsabilità principale della
gestione aziendale.
In quasi tutte le organizzazioni c’è una netta divisione dei
compiti tra questi due ruoli:
- Il CEO cura in prima persona la relazione dell’azienda
con gli stakeholder esterni e pianifica gli obiettivi
strategici di lungo termine a livello generale e divisionale;
-
Il COO gestisce le operation interne per armonizzarle
con gli obiettivi strategici dell’organizzazione.
61
Al livello immediatamente successivo del top management
troviamo i vice presidenti esecutivi.
I titolari di queste posizioni hanno il compito di
supervisionare e gestire le responsabilità più significative di
line e di staff.
RUOLO DI LINE: è quello dei manager che curano
direttamente le funzioni ed i processi direttamente
impegnati nella generazione del valore per i clienti.

RUOLO DI STAFF: è quello dei manager che dirigono
funzioni di supporto come la gestione del personale o
l’amministrazione.
62
Il CEO, il COO e i vice presidenti esecutivi stanno al vertice
della catena di comando di un’organizzazione.
I manager che ricoprono queste posizioni formano il team
di vertice dell’azienda, il gruppo di manager che riportano
al CEO e al COO e aiutano il CEO a definire la strategia
dell’azienda e a fissarne gli obiettivi e i traguardi di lungo
termine.
Tutti i componenti del team di vertice sono corporate
manager, la cui responsabilità è fissare la startegia per
l’azienda nella sua totalità.
63
Altri manager

MANAGER DIVISIONALI: manager che stabiliscono la
politica solo per la divisione che dirigono

MANAGER FUNZIONALI: manager che hanno la
responsabilità di sviluppare le competenze e le capacità
funzionali che formano nel loro insieme le competenze
distintive su cui l’organizzazione fonda il proprio vantaggio
competitivo.
64
La gerarchia del top management
65
La teoria dell’agenzia
La teoria dell’agenzia facilita la comprensione della complessa
relazione di autorità che lega il top management al
consiglio di amministrazione.
Un rapporto di “agenzia”o di mandato si crea tutte le volte
che una persona (il mandante) delega l’autorità decisionale
o il controllo sulle risorse a un’altra persona (il
mandatario).
Gli azionisti sono i mandanti e nella teoria dell’agenzia sono
definiti “principals”; i componenti del top management
sono i mandatari definiti “agents”, nominati dagli azionisti
per utilizzare le risorse organizzative nel modo più
efficace.
66
L’azionista che compra i titoli sul mercato molto spesso
non conosce approfonditamente un determinato settore
per questo gli azionisti nominano degli esperti del settore e
della gestione, i manager, perché facciano questo lavoro nel
loro interesse.
Tuttavia quando si delega l’autorità ai manager insorge un
problema di agenzia che ha per oggetto la
determinazione dei confini dell’autorità e del potere dei
manager.
Gli azionisti hanno uno svantaggio informativo rispetto ai
top manager
•Può esserci una divergenza di obiettivi e di interessi tra i
manager e gli azionisti
•
67
Il problema “dell’azzardo morale” o
del rischio etico
Due condizioni causano il problema dell’azzardo
morale.
1. Il principale trova molto difficile valutare la
performance dell’agente perché quest’ultimo
possiede un vantaggio informativo.
2. L’agente ha interesse a perseguire obiettivi e
traguardi diversi da quelli del principale.
68
Risolvere il problema dell’agenzia

UTILIZZO DEI MECCANISMI DI GOVERNANCE: forme di controllo
che armonizzano gli interessi del mandante e del mandatario, in
modo che entrambe abbiano l’incentivo a lavorare insieme per
massimizzare l’efficacia organizzativa.

TROVARE IL GIUSTO MIX DI INCENTIVI PER ALLINEARE GLI
INTERESSI DEI MANAGER E DEGLI AZIONISTI
- SCHEMI RETRIBUTIVI BASATI SULLE AZIONI: ricompense
monetarie sotto forma di azioni o stock option, legate alla
performance dell’azienda.

COMPETIZIONI INTERNE ED ITER DI CARRIERA: consentono ai
manager di salire progressivamente al vertice
dell’organizzazione.
69
Top Manager ed etica organizzativa
DILEMMA MORALE: è la situazione in cui si trovano le
persone quando devono decidere se agire in un modo che
potrebbe giovare a un’altra persona o a un altro gruppo,
anche a costo di andare contro il proprio interesse.
Le persone sanno di essere di fronte ad un dilemma morale
quando entrano in gioco scrupoli che li inducono a esitare, a
dubitare e a riflettere sulla correttezza di un’azione.
Gli scrupoli sono pensieri e sentimenti che dicono a una persona
cosa è giusto o sbagliato; fanno parte della sua etica.
 ETICA: è costituita dai principi morali o convenzioni su ciò
che è giusto o sbagliato.

Il problema fondamentale è che non esistono regole o principi
di carattere assoluto che determinano se una azione è etica o
antietica
70
Etica e diritto
La società usando la politica e il diritto, può
promuovere leggi che specifichino esattamente che
cosa possono e non possono fare le persone e le
organizzazioni.
 Le leggi specificano anche le sanzioni previste in caso
di violazione delle norme.
 Né la legge, né l’etica sono principi fissi costanti nel
tempo.
 Le regole etiche e le regole legali sono relative: non
esistono standard assoluti o invariabili per stabilire
come ci dovremmo comportare, e le persone sono
costantemente alle prese con dilemmi morali.

71
Etica e stakeholder organizzativi
Nel dirigere l’attività di un’azienda nelle interazioni con gli
stakeholder esterni e interni, i top manager fanno
continuamente scelte sul modo giusto o appropriato di
rapportarsi con essi.
Essi, devono decidere come ripartire tra i gruppi di
stakeholder i “benefici e malefici” che derivano dalle azioni
dell’organizzazione.
Molti esperti di etica propongono un metodo pratico per
stabilire se una decisione o un comportamento è etica/o.
72
Una decisione è accettabile dal punto di vista etico se un
manager può rispondere affermativamente a una di
queste domande:
1)
2)
3)
La mia decisione rientra nei valori o negli standard
accettati che si applicano normalmente nell’ambiente
organizzativo?
Sono disposto ad accettare che la decisione venga
comunicata a tutti gli stakeholder coinvolti?
Le persone con cui ho una relazione personale
significativa, come i familiari, gli amici o i manager di
altre organizzazioni, approverebbero la decisione?
73
Una decisione etica è una decisione che degli
stakeholder ragionevoli troverebbero accettabile
perché giova ad essi, all’organizzazione o alla società.
Una decisione antietica è una decisione che il manager
preferirebbe tenere nascosta, perché consente
all’azienda o a un determinato individuo di ottenere
dei benefici a scapito della società o di altri
stakeholder.
74
Fonti dell’etica organizzativa
Le tre fonti principali dei valori morali che influenzano l’etica
organizzativa sono:

ETICA SOCIALE: codificata nel sistema legale di una società,
nei sui costumi e nelle sue prassi, nelle norme non scritte
e nei valori che le persone usano per interagire tra di loro.

ETICA PROFESSIONALE: l’insieme delle regole morali e dei
valori che un gruppo di persone utilizza per controllare il
proprio modo di lavorare o di utilizzare le risorse.

ETICA INDIVIDUALE: l’insieme degli standard personali e
morali usati dagli individui per strutturare le loro
interazioni con altri soggetti.
75
Perché si sviluppano le regole etiche?
Le leggi e le regole etiche nascono proprio per controllare il
comportamento egoistico degli individui e delle
organizzazioni che minaccia gli interessi collettivi della
società.
Le regole etiche riducono i costi di transazione tra le persone,
ossia i costi di monitoraggio, negoziazione e applicazione
degli accordi.

-
L’effetto reputazione contribuisce a spiegare perché anche
i manager e i lavoratori tendono a seguire delle regole
etiche. Concorre a ridurre i costi di transazione:
che sono più alti per organizzazioni antietiche
che sono più bassi per organizzazioni con una buona
reputazione
76
Perché si determina il comportamento
antietico?

ETICA PERSONALE: etica che deriva da varie fonti come la
famiglia, l’educazione e la formazione professionale.

INTERESSE EGOISTICO: di solito affrontiamo dei problemi
etici quando dobbiamo confrontare i nostri interessi
personali con gli effetti delle nostre azioni sugli altri.

PRESSIONE ESTERNA: pressioni derivanti dal sistema di
ricompense, dal settore e da altre forze.
77
Creare un’organizzazione etica
Una organizzazione è etica se le persone che
vi operano sono etiche.
Essa può indurre i suoi membri ad agire
eticamente introducendo degli incentivi al
comportamento etico e dei disincentivi per
punire coloro che non vi si conformano.
 I manager possono essere una guida
fissando esempi di etica organizzativa.
 I manager dovrebbero comunicare i valori a
tutti gli stakeholder interni ed esterni.
78
Progettare una struttura etica e un
sistema di controllo etico
I manager possono progettare una struttura organizzativa
che riduce gli incentivi al comportamento antietico.

Incoraggiare la pubblica denuncia, che si verifica quando
un dipendente rivela a una persona o a un’entità esterna,
il comportamento illegale di un’organizzazione.

Adottare delle procedure che consentono ai dipendenti
di manifestare al vertice le loro preoccupazioni per il
comportamento antietico dell’organizzazione.

Creare la posizione di responsabile dell’etica e costruire
dei comitati etici.
79
Creare una cultura etica

I valori, le regole e le norme che definiscono la
posizione etica di una organizzazione fanno
parte della sua cultura

Il comportamento dei top manager influenza
fortemente la cultura organizzativa

La creazione di una cultura aziendale
improntata all’etica richiede un forte impegno
a tutti i livelli dell’organizzazione
80
Promuovere gli interessi di gruppi di
stakeholder
Cercare modi per soddisfare i bisogni dei vari
stakeholder
- Le pressioni provenienti da stakeholder esterni
possono promuovere un comportamento
organizzativo etico
- Il governo e le sue agenzie, i comitati, gli enti
regolatori di settore e i gruppi di difesa dei
consumatori contribuiscono a fissare le regole
etiche che l’organizzazione dovrebbe perseguire
nell’attività produttiva e commerciale.
-
81
CAPITOLO 3
Organizzare in un ambiente
globale in cambiamento
82
Obiettivi di apprendimento

Elencare le forze operanti nell’ambiente
generale, e nell’ambiente specifico di
un’azienda, che danno origine a minacce e
opportunità.

Capire perché c’è incertezza nell’ambiente.

Spiegare come e perché un’organizzazione
cerca di adattarsi a queste forze e di metterle
sotto controllo per ridurre l’incertezza
83

Capire la teoria della dipendenza dalle
risorse e i costi di transazione come fattori
esplicativi della scelta, da parte delle
imprese, di diversi tipi di strategie
interorganizzative finalizzate a procurarsi le
risorse di cui hanno bisogno per
raggiungere i loro obiettivi e creare valore
per gli stakeholder.
84
Che cos’è l’ambiente organizzativo?

AMBIENTE: l’insieme delle forze che circondano
un’organizzazione e possono incidere sul suo modo di
operare e sul suo accesso alle risorse scarse.
Le risorse scarse includono le materie prime e i
lavoratori qualificati di cui ha bisogno
un’organizzazione per produrre beni e servizi; le
informazioni che le occorrono per migliorare la
tecnologia o decidere la strategia competitiva;
l’appoggio degli stakeholder esterni, le banche e le
istituzioni finanziarie che forniscono il capitale di
funzionamento.
85

AMBITO ORGANIZZATIVO: l’insieme specifico di
beni e servizi prodotti dall’azienda, e i clienti e gli
altri stakeholder che serve.
L’organizzazione decide il proprio ambito
organizzativo decidendo come gestire le forze
che operano nel suo ambiente per massimizzare
la propria capacità di procurarsi le risorse
necessarie.
86
L’ambiente organizzativo
87
L’ambiente specifico
È costituito da gruppi di stakeholder esterni che
incidono direttamente sulla capacità di
un’organizzazione di procurarsi le risorse.
•
I clienti, i distributori, i sindacati, i concorrenti, i
fornitori e il governo sono tutti importanti
stakeholder esterni che possono influenzare le
organizzazioni e spingerle ad agire in determinati
modi.
88

L’organizzazione deve effettuare delle transazioni,
ossia degli scambi di risorse, con ognuna delle
forze che sono presenti nel suo ambiente
specifico se vuole ottenere le risorse che
occorrono per sopravvivere e per proteggere e
rafforzare il suo ambito organizzativo.
89
L’ambiente generale
È composto dalle forze che influenzano l’ambiente specifico e
incidono sulla capacità di tutte le organizzazioni operanti in
un determinato ambiente di ottenere risorse.

FORZE ECONOMICHE: fattori, come tassi di interesse, lo stato
dell’economia ed il tasso di disoccupazione che determinano il
livello di domanda dei prodotti ed il prezzo dei fattori produttivi;

FORZE TECNOLOGICHE: come lo sviluppo di nuove tecniche di
produzione e di nuove apparecchiature per la processazione delle
informazioni che influenzano molti aspetti della operatività
aziendale;

90

FORZE POLITICHE E AMBIENTALI: influenzano la politica del
governo nei confronti delle imprese e dei loro
stakeholder;

FORZE DEMOGRAFICHE, CULTURALI E SOCIALI: come l’ età, il
livello di istruzione, lo stile di vita, le norme, i valori ed i
costumi di un popolo influenzano i clienti, i manager ed i
dipendenti di un’organizzazione;
91
Fonti di incertezza nell’ambiente
organizzativo
L’organizzazione deve avere un flusso continuo e
abbondante di risorse per poter gestire agevolmente il
proprio ambito organizzativo e soddisfare gli
stakeholder.
Una maggiore incertezza rende più difficile per i manager
controllare il flusso delle risorse di cui hanno bisogno
per proteggere e allargare il proprio ambito
organizzativo.
92

COMPLESSITA’ AMBIENTALE: è funzione della consistenza, del
numero e dell’interconnessione delle forze generali che deve
gestire un’organizzazione.
La complessità può aumentare grandemente quando le forze
specifiche e generali che operano nell’ambiente diventano
interconnesse, cioè quando cominciano a interagire con
modalità che rendono imprevedibili gli effetti
sull’organizzazione.
93

DINAMISMO AMBIENTALE: è funzione di quanto, e quanto
rapidamente, le forze operanti nell’ambiente specifico e
nell’ambiente generale si modificano, e quindi accrescono
l’incertezza che deve affrontare un’organizzazione.
-
Un ambiente è stabile se le forze incidono sulla fornitura
delle risorse in maniera prevedibile;
-
Un ambiente è instabile e dinamico se un’organizzazione
non è in grado di prevedere come si modificheranno le
forze nel tempo.
94

MUNIFICENZA AMBIENTALE: è funzione della quantità di
risorse disponibili a supporto dell’ambito organizzativo di
un’azienda.
Gli ambienti possono essere poveri per due ragioni:
1) L’organizzazione ha sede in un paese povero o in una
regione povera;
2) C’è un alto livello di competizione e le organizzazioni
competono sulle risorse disponibili.
95
Analizzare l’ambiente
1. I manager di tutti i livelli e di tutte le funzioni dovrebbero
analizzare periodicamente l’ambiente organizzativo e
identificare eventuali fonti di incertezza;
2. I manager dovrebbero mappare le forze che operano
nell’ambiente specifico e nell’ambiente generale
dell’azienda rilevando:
il numero delle forze che incideranno sull’organizzazione;
la struttura delle interconnessioni o dei collegamenti tra
queste forze;
la rapidità con cui si modificano;
l’entità e la natura della concorrenza, che incide sulla
ricchezza o sulla povertà dell’ambiente.
3. I manager dovrebbero pianificare la gestione delle
contingenze.
96
Teoria della dipendenza dalle risorse
Una teoria in base alla quale l’obiettivo di
un’organizzazione è minimizzare la dipendenza da
altre organizzazioni per l’acquisizione delle risorse
scarse che esistono nel suo ambiente, e trovare il
modo di influenzarle per renderle disponibili.
97
Un’organizzazione deve gestire simultaneamente
due aspetti della dipendenza dalle risorse:
1. Deve esercitare un’influenza su altre
organizzazioni per potersi procurare le risorse;
2. Deve rispondere ai bisogni e alle esigenze delle
altre organizzazioni che operano nel suo
ambiente.
98
Strategie interogranizzative per
gestire la dipendenza dalle risorse
Per ridurre l’incertezza un’organizzazione deve
sviluppare strategie interorganizzative che le
consentano di gestire le interdipendenze delle
risorse nell’ambiente specifico e nell’ambiente
generale.
Nell’ambiente specifico, vi sono due forme principali
di interdipendenze che creano incertezza: le
interdipendenze simbiotiche e le
interdipendenze competitive.
99

INTERDIPENDENZE SIMBIOTICHE: esistono generalmente tra
un’organizzazione e i suoi fornitori e distributori.

INTERDIPENDENZE COMPETITIVE: esistono tra organizzazioni
che competono su input e output scarsi.
 In
linea generale, un’organizzazione tende a scegliere la
strategia interorganizzativa che offre la massima
riduzione dell’incertezza a fronte della minima perdita
di controllo.
100
Strategie per gestire le interdipendenze
simbiotiche sulle risorse
101
Per gestire le interdipendenze simbiotiche, le organizzazioni
hanno a disposizione una varietà di strategie tra cui
scegliere.
 CREARSI UNA BUONA REPUTAZIONE: cioè la situazione in cui
un’organizzazione gode del rispetto e della fiducia di altri
soggetti grazie al suo modo di operare. La reputazione e la
fiducia sono probabilmente i meccanismi di
coordinamento più comunemente usati per gestire le
interdipendenze simbiotiche.
 COOPTAZIONE: è una strategia che gestisce le
interdipendenze simbiotiche neutralizzando le fonti di
problemi e minacce che operano nell’ambiente specifico.
102
Un’organizzazione che vuole portare gli oppositori dalla
sua parte concede loro una partecipazione o
un’opzione su ciò che fa e cerca di assecondarne gli
interessi.
Un modo comune di cooptare i clienti, i fornitori o altri
importanti stakeholder esterni è portarli “all’interno”
dell’organizzazione, trasformandoli di fatto in
stakeholder interni.
Se un gruppo di stakeholder non apprezza un certo
modo di operare, l’organizzazione lo coopta
coinvolgendolo nel processo di cambiamento.
103
Gli stakeholder interni si possono portare “all’interno”
attraverso:
- metodi di corruzione;
- “intrecci” tra i consigli di amministrazione (interlocking
directorate).
Un legame tra aziende del tipo “directorate interlock”
si determina quando un consigliere di
amministrazione di un’azienda siede nel consiglio di
amministrazione di un’altra azienda.
104

ALLEANZE STRATEGICHE: stanno diventando un meccanismo
sempre più comune per gestire le interdipendenze
simbiotiche (e competitive) tra aziende di uno stesso
paese o di paesi diversi.
- L’alleanza strategica è un accordo che impegna due o più
aziende a condividere le risorse per sviluppare nuove
opportunità di business in comune.
- Più formale è un accordo, più forti e prescrittivi sono i
collegamenti e più rigido è il controllo sull’attività
esercitata in comune. In genere, all’aumentare delle
incertezza, le organizzazioni scelgono un’alleanza più
formale per proteggere l’accesso alle risorse.
105

-

CONTRATTI DI LUNGO TERMINE: sono la tipologia meno
formale di alleanza, perché non vi sono legami proprietari,
scambi di azioni o società terze detenute congiuntamente
tra le organizzazioni.
I contratti possono essere: verbali o scritti, informali,
espliciti o inpliciti.
NETWORK: è un’insieme di organizzazioni le cui azioni sono
coordinate da contratti e accordi di collaborazione,
anziché da una gerarchia formale di autorità.
- I membri di un network lavorano per supportare e
integrare le rispettive autorità, spesso gli accordi sono
costruiti su meccanismi sociali e sulla fiducia.
106

PARTECIPAZIONE DI MINORANZA: rende le organizzazioni
estremamente interdipendenti, e l’interdipendenza produce forti
vincoli cooperativi.
 Il sistema giapponese del keiretsu illustra bene il funzionamento
dei network basati sulla partecipazione di minoranza.
 Il keiretsu è un gruppo di organizzazioni, ognuna delle quali
partecipa al capitale delle altre, che perseguono tutte assieme gli
interessi del gruppo.
Le aziende giapponesi impiegano due forme principali di keiretsu:
1. Keiretsu di capitale: vengono usati per gestire i collegamenti
all’interno delle fiere industriali e distributive
2. Keiretsu finanziari: vengono usati per gestire i collegamenti
di partecipazione tra una pluralità di aziende, spesso molto
diverse per settori di appartenenza.
107
Il Fuyo Keiretsu
108

JOINT VENTURE: è un’alleanza strategica tra due o più
istituzioni che costituiscono una nuova impresa e ne
condividono la proprietà.
-
Le joint venture sono le alleanze strategiche più formali,
perché i partecipanti sono vincolati da un accordo scritto
che ne specifica i diritti e i doveri.

FUSIONI E ACQUISIZIONI: lo scambio di risorse avviene
all’interno di un’organizzazione anziché tra organizzazioni,
e la nuova entità non può essere tenuta in ostaggio da un
fornitore strategico o da un cliente strategico.
- Un’azienda che ne acquisisce un’altra sostiene moralmente
grosse spese e deve affrontare la gestione del nuovo
business.
109
I diversi tipi di alleanza strategica
110
Strategie per gestire le interdipendenze
competitive sulle risorse
Le imprese non amano la competizione.
La competizione minaccia l’accesso alle risorse scarse e
accresce l’incertezza dell’ambiente specifico.
Più alto è il livello di competizione, più è probabile che
alcune aziende di un determinato settore vadano in
fallimento.
Le aziende usano tutta una serie di tecniche per
manipolare l’ambiente allo scopo di ridurre
l’incertezza delle loro attività competitive
interdipendenti.
111





COLLUSIONE E CARTELLI: accrescono la stabilità e la
ricchezza dell’ambiente in cui opera un’organizzazione e
riducono la complessità delle relazioni tra i concorrenti.
COLLUSIONE: è un accordo segreto tra concorrenti per
condividere informazioni a scopo ingannevole o illecito.
CARTELLO: è un associazione di imprese che concordano
esplicitamente di coordinare le proprie attività.
MECCANISMI DI COLLEGAMENTO TRAMITE UN SOGGETTO
TERZO: un ente regolatore che consente alle aziende di
scambiarsi informazioni e di regolamentare la
competizione.
ALLEANZE STRATEGICHE: si possono usare per gestire non
soltanto le interdipendenze simbiotiche, ma anche le
interdipendenze competitive.
112

FUSIONI E ACQUISIZIONI: l’arma più potente a disposizione
di un’impresa per gestire le interdipendenze
problematiche competitive (e simbiotiche) è fondersi con,
o acquisire, un’impresa concorrente.
Le fusioni e le acquisizioni possono migliorare la
posizione competitiva di un’azienda consentendole di
consolidare e di ampliare il proprio ambito
organizzativo e di produrre una gamma più ampia di
articoli per servire meglio un maggior numero di
clienti.
113
Strategie per gestire le interdipendenze
competitive sulle risorse
114
Teoria dei costi di transazione



COSTI DI TRANSAZIONE: i costi di negoziazione,
monitoraggio e governo degli scambi tra le persone.
TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE: teoria secondo la quale
l’obiettivo di un’organizzazione è minimizzare i costi di
scambio delle risorse all’interno dell’ambiente e i costi di
gestione degli scambi all’interno dell’organizzazione stessa.
I costi di transazione associati al governo degli scambi tra
le organizzazioni si manifestano in due modalità distinte:
1. Costi di transazione ex ante:
Costi di ricerca delle controparti disponibili allo scambio;
Costi di selezione delle controparti;
Costi di negoziazione;
115
2. Costi di transazione ex post:
- Costi di controllo nel rispetto degli impegni assunti;
- Costi di tutela dai comportamenti opportunistici;
- Costi di trasferimento del know-how e di
apprendimento;
- Costi di adattamento/ri-scrittura dei contratti per
adattarli alle contingenze che si possono presentare
nel tempo.
116
Fonti dei costi di transazione
I costi di transazione derivano da una combinazione di fattori
umani e ambientali:
 INCERTEZZA E RAZIONALITA’ LIMITATA: si riferisce alla
capacità limitata delle persone di processare le
informazioni e di capire l’ambiente che le circonda.
 OPPORTUNISMO E PICCOLI NUMERI: tentativo di sfruttare
altre forze o altri stakeholder presenti nell’ambiente.
 RISCHIO E ASSET SPECIFICI: sono investimenti in competenze,
macchinari, conoscenze e informazioni che creano valore in
una determinata relazione di scambio, ma non hanno valore
in nessun altra relazione di scambio.
117
Fonti dei costi di transazione
118
Costi di transazione e meccanismi di
collegamento
I costi di transazione sono bassi quando:
1. Le organizzazioni si scambiano beni e servizi non
specifici;
2. L’incertezza è bassa;
3. Ci sono tanti possibili partner di scambio.

In un ambiente caratterizzato da bassi costi di
transazione, le organizzazioni possono usare
meccanismi di collegamento relativamente informali,
come la reputazione e i contratti verbali.
119
I costi di transazione sono alti quando:
1. Le organizzazioni cominciano a scambiarsi beni e
servizi più specifici;
2. L’incertezza aumenta;
3. Il numero dei possibili partner di scambio
diminuisce.

L’organizzazione comincerà a pensare di non potersi
fidare delle controparti, e comincerà a monitorare gli
scambi e usare collegamenti più formali, come i
contratti di lungo termine, per governarli.
120

COSTI BUROCRATICI: i
costi di transazione interni si
chiamano costi burocratici per distinguerli dai costi di
transazione degli scambi che avvengono tra
organizzazioni operanti nello stesso ambiente.
- Portando le transazioni all’interno dell’organizzazione
si minimizzano, ma non si eliminano, i relativi costi di
gestione.
121
Usare la teoria dei costi di transazione
per scegliere una strategia
interorganizzativa
La teoria dei costi di transazione può aiutare i
manager a scegliere una strategia di
interorganizzativa mettendoli in condizione di
raffrontare i risparmi sui costi di transazione
ottenuti con un determinato meccanismo di
collegamento e i costi burocratici di utilizzo del
meccanismo di collegamento.
122
I manager preposti a decidere quale strategia perseguire
devono intraprendere le seguenti azioni:
1.
2.
3.
4.
Identificare le fonti dei costi di transazione che
potrebbero incidere su una relazione di scambio e
stabilire quanto questi saranno alti;
Stimare i risparmi sui costi di transazione che si
possono ottenere con l’utilizzo dei diversi meccanismi
di collegamento;
Stimare i costi burocratici legati all’utilizzo del
meccanismo di collegamento;
Scegliere il meccanismo di collegamento che produce i
massimi risparmi sui costi di transazione a fronte del
minimo costo burocratico.
123
Keiretsu
Il sistema giapponese keiretsu si può considerare come
un mezzo per ottenere i benefici di un meccanismo
formale di collegamento senza sostenerne i costi.
Esempio: la Toyota ha una partecipazione minoritaria al
capitale dei fornitori
- Permette un controllo sostanziale sulla relazione di
scambio;
- Evita problemi di opportunismo e incertezza con i
suoi fornitori.
124
Franchising

Il franchisee è un imprenditore che viene autorizzato
a vendere i prodotti di un’azienda in una determinata
zona.

Il franchiser vende il diritto di utilizzare le sue risorse
(per esempio,il nome o un sistema operativo) a una
persona o una società (il franchisee) in cambio di una
quota fissa o di una percentuale sui profitti.
125
Outsourcing
È il trasferimento di un’attività interna di creazione del
valore all’esterno, dove viene svolta da un’altra
azienda.
La decisione viene presa attraverso la comparazione dei
costi burocratici derivanti dallo svolgimento delle
attività contro i benefici derivanti dalla sua
esternalizzazione.
Le aziende si rivolgono sempre più frequentemente a
imprese specializzate per la processazione delle
informazioni.
126
CAPITOLO 4
Problemi fondamentali di progettazione
organizzativa
127
Obiettivi di apprendimento




Descrivere i quattro problemi principali di
progettazione organizzativa che si propongono ai
manager e ai consulenti;
Spiegare come si affrontano simultaneamente questi
problemi se si vuole affrontare una struttura
organizzativa a elevate performance;
Distinguere tra le scelte di progettazione che stanno
dietro la creazione di una struttura meccanicistica o
di una struttura organica;
Usare la teoria della contingenza per progettare una
struttura in linea con l’ambiente di riferimento
dell’organizzazione.
128
Differenziazione
È il processo mediante il quale un’organizzazione
alloca le persone e le risorse ai diversi compiti e
definisce le relazioni operative e di autorità che le
consentono di raggiungere i suoi obiettivi.
È
il processo di determinazione che e controllo
della divisione del lavoro, o del grado di
specializzazione all’interno dell’organizzazione.
129

In un’organizzazione semplice, la differenziazione
è bassa perché la divisione del lavoro è bassa: tutti
fanno un po’ di tutto, per cui non c’è il problema
di stabilire chi fa che cosa, per chi, e quando.

In un’organizzazione complessa, sia la
differenziazione che la divisione del lavoro sono
alte.
130
Il caso B.A.R. and Grille Restaurant
Illustra i problemi e le sfide a cui deve rispondere la
progettazione organizzativa.
Con la crescita del business, i suoi proprietari hanno
dovuto trovare nuove soluzioni per controllare le
attività necessarie al raggiungimento dell’obiettivo di
fornire ai clienti un’esperienza soddisfacente di
ristorazione.
131
Il problema principale di progettazione che si poneva ai
proprietari del B.A.R. and Grille era gestire la sempre
maggiore complessità delle attività.
All’inizio Bob e Amanda svolgevano direttamente tutti i
compiti più importanti, e la divisione del lavoro era
bassa. Con la crescita del business, hanno dovuto
aumentare la divisione del lavoro e stabilire chi
avrebbe fatto cosa; differenziando così
l’organizzazione e allocando persone e risorse ai
diversi compiti.
132
Problema di progettazione
133
134
135
136
137
Ruoli organizzativi
È l’insieme dei comportamenti connessi ai compiti
operativi richiesti ad una persona dalla posizione
che occupa in una organizzazione.



All’aumentare del grado di divisione del lavoro, i
manager si specializzano in alcuni ruoli e assumono dei
collaboratori che dovranno specializzarsi in altri ruoli.
La specializzazione consente alle persone di sviluppare
abilità e conoscenze individuali, che sono la vera fonte
delle competenze distintive di un’organizzazione.
La struttura organizzativa si basa su un sistema di ruoli
interconnessi, e la relazione tra un ruolo e l’altro è
definita dai comportamenti operativi.
138

AUTORITA’: è il potere di responsabilizzare le persone
sulle loro azioni e di prendere decisioni su come
investire e utilizzare le risorse dell’organizzazione.

CONTROLLO: è la possibilità di coordinare e motivare
le persone affinché lavorino nell’interesse
dell’organizzazione.
139
Sotto-unità organizzative: funzioni e
divisioni
In quasi tutte le organizzazioni, i dipendenti che hanno ruoli simili e
interconnessi vengono raggruppati in una sotto-unità.
 FUNZIONE: è una sotto unità composta da un gruppo di persone,
messe a lavorare insieme, che possiedono competenze simili o
usano lo stesso tipo di conoscenze, strumenti o tecniche per fare
il loro lavoro.

DIVISIONE: è una sotto unità composta da un insieme di funzioni
o dipartimenti che condividono la responsabilità di produrre un
determinato bene o servizio.
140

COMPLESSITA’ ORGANIZZATIVA: il numero delle
funzioni e delle divisioni che possiede
un’organizzazione, è indicatore della sua complessità –
del suo grado di differenziazione.
La differenziazione in funzioni e divisioni accresce il
controllo di un’organizzazione sulle proprie attività e
le consente di svolgere più efficacemente i suoi
compiti.
141
Man mano che crescono, le organizzazioni si differenziano in 5
tipi di funzioni:
•
FUNZIONI DI SUPPORTO: facilitano all’organizzazione il
controllo delle relazioni con l’ambiente e gli stakeholder.
Esse includono: gli acquisti, per l’acquisizione degli input, le
vendite e il marketing, per la promozione commerciale degli
output, e le pubbliche relazioni e gli affari legali, per
rispondere ai bisogni degli stakeholder esterni.
•
FUNZIONI DI PRODUZIONE: gestiscono e migliorano
l’efficienza dei processi di conversione di
un’organizzazione, in modo da creare più valore. Esse
includono: le operations di produzione, il controllo di
produzione e il controllo di qualità.
142
•
FUNZIONI DI MANUTENZIONE: consentono a
un’organizzazione di tenere in operatività i suoi reparti. Esse
includono: il personale, preposto ad assumere e addestrare i
lavoratori, migliorando così lo stock di competenze;
l’engineering, che ripara le macchine fuori uso; e i servizi di
custodia, che curano l’igiene e la sicurezza dell’ambiente.
•
FUNZIONI ADATTATIVE: consentono a un’organizzazione
di adattarsi ai cambiamenti che intervengono nel suo
ambiente.
Esse includono: la Ricerca e Sviluppo, le ricerche di mercato e
la pianificazione di lungo termine, che permettono
all’organizzazione di apprendere dall’ambiente e tentare di
gestirlo.
143

FUNZIONI MANAGERIALI: facilitano il controllo e il
coordinamento delle attività all’interno dei reparti e tra i
reparti.
Manager di diversi livelli organizzativi dirigono
l’acquisizione di risorse, l’investimento in risorse, e il
controllo delle risorse per migliorar la capacità
dell’impresa di creare valore.
144
Blocchi fondativi
145
Organigramma di B.A.R and Grille
L’organigramma è uno schema grafico che mostra il
risultato finale della differenziazione organizzativa.
Ogni box rappresenta un ruolo o una funzione.
Ogni ruolo ha una funzione verticale e una dimensione
orizzontale.
L’organigramma differenzia verticalmente i ruoli
organizzativi in base all’autorità che si accompagna a
ciascuno di essi.
La classificazione delle persone in base alla posizione,
all’autorità relativa e allo status si definisce
gerarchia.
146
Organigramma di B.A.R and Grille
147
Differenziazione verticale e
orizzontale
DIFFERENZIAZIONE VERTICALE: fa riferimento al modo
in cui un’organizzazione progetta la propria gerarchia di
autorità e crea relazioni di riporto per collegare ruoli
organizzativi e sotto-unità.
L’organigramma differenzia orizzontalmente in base alle
principali responsabilità operative.


DIFFERENZIAZIONE ORIZZONTALE: modo in cui
un’organizzazione raggruppa i compiti in ruoli, e i ruoli in
sotto-unità (funzioni e divisioni). Essa crea la divisione del
lavoro che consente ai componenti di un’organizzazione di
diventare più specializzati e produttivi, e ne accresce la
capacità di creare valore.
148
Problemi di progettazione
organizzativa
149
Equilibrare differenziazione e
integrazione
La differenziazione orizzontale dovrebbe consentire
alle persone di specializzarsi, e quindi di diventare
più produttive.
• La specializzazione spesso limita la comunicazione
tra sotto-unità e impedisce loro di apprendere l’una
dall’altra.
• I comportamenti delle diverse funzioni o divisioni
sviluppano un orientamento sub-unitario, ossia la
tendenza a vedere il proprio ruolo all’interno
dell’organizzazione solo in base ai vincoli temporali,
agli obiettivi e agli orientamenti interpersonali della
propria sotto-unità.
150
Integrazione e meccanismi integrativi

INTEGRAZIONE: è il processo di coordinamento di vari
compiti, funzioni e divisioni in modo che operino
sinergicamente.

GERARCHIA DI AUTORITA’: è la tecnica di integrazione
più semplice, che differenzia le persone in base al grado di
autorità di cui dispongono. Poiché stabilisce chi riporta a
chi, la gerarchia coordina i vari ruoli in seno
all’organizzazione.

CONTATTO DIRETTO: i manager si incontrano faccia a
faccia per coordinare le attività.
Il problema principale dell’integrazione interfunzionale è
che il manager di una funzione non ha nessuna autorità su
un manager di un’altra funzione.
151

RUOLI DI COLLEGAMENTO: spesso a causa di un
ambiente in rapido cambiamento, uno o più membri di
ciascuna sotto-unità si assumono la responsabilità di
collaborare al coordinamento delle attività sub-unitarie.

TASK FORCE: un comitato temporaneo costituito per
affrontare un problema specifico.
I componenti della task force si incaricano poi di riferire la
soluzione alle rispettive funzioni per averne l’input e
l’approvazione.
•

TEAM: è un comitato o una task force di carattere
permanente per affrontare problemi continuativi di
carattere strategico o amministrativo.
152

RUOLI DI INTEGRAZIONE: è una posizione manageriale
full time istituita appositamente per migliorare la
comunicazione tra divisioni.

REPARTI DI INTEGRAZIONE: un nuovo reparto istituito
per coordinare le attività di funzioni o divisioni.
L’azienda, quando ha tanti collaboratori in ruoli di
integrazione, crea un reparto di integrazione che coordina
le attività di tutte le sotto-unità.
•
153
Tipi ed esempi di meccanismi di
integrazione
154
Meccanismi di integrazione
155
Meccanismi di integrazione
156
Meccanismi di integrazione
157
Differenziazione versus integrazione
I manager che hanno il compito di stabilire come e
quanto differenziare e integrare devono fare due cose:
1) Guidare con la massima cura il processo di
differenziazione, in modo che l’organizzazione
costruisca le competenze distintive che le
conferiranno un vantaggio competitivo;
2) Integrare al meglio l’organizzazione scegliendo
meccanismi di coordinamento appropriati che
consentano alle sotto-unità di cooperare e lavorare
insieme per rafforzare le competenze distintive.
158
Equilibrare accentramento e
decentramento

•

•
ORGANIZZAZIONE ACCENTRATA: contesto
organizzativo in cui il potere di prendere decisioni importanti
è appannaggio esclusivo dei manager al vertice della
gerarchia.
Consente ai top manager di coordinare le attività e di tenere
l’azienda concentrata sui suoi obiettivi.
ORGANIZZAZIONE DECENTRATA: contesto
organizzativo in cui il potere di prendere decisioni importanti
sulle risorse dell’organizzazione e avviare nuovi progetti
viene delegato ai manager di tutti i livelli della gerarchia.
Promuove flessibilità e reattività.
159
 La
situazione ideale è un giusto equilibrio tra
accentramento e decentramento, in modo che i
manager di livello intermedio e inferiore, che operano
in prima linea, possano prendere decisioni importanti,
mentre la responsabilità primaria del top management
è gestire la strategia di lungo termine.
 Il
risultato è un equilibrio soddisfacente tra sviluppo
della strategia di lungo termine e
flessibilità/innovazione di breve termine.
160
Equilibrare standardizzazione e
aggiustamento reciproco


STANDARDIZZAZIONE: è la conformità a modelli o
esempi specifici – definiti da insiemi di regole e norme
– che si considerano corretti in una determinata
situazione.
AGGIUSTAMENTO RECIPROCO: è il processo
tramite il quale le persone usano il giudizio soggettivo
e interagiscono per orientare il processo decisionale e
risolvere i problemi anziché impiegare schemi
predefiniti – le regole di standardizzazione.
161
Formalizzazione: regole scritte
La formalizzazione è l’uso di regole e procedure scritte
per standardizzare le operazioni.
Le procedure specificano come le persone devono
esercitare il proprio ruolo, predefiniscono i
comportamenti e le azioni in presenza di specifiche
contingenze o situaizoni, pianificando ex-ante le
decisioni attraverso schemi “if-then”- se, allora.
162
Un elevato livello di formalizzazione implica tipicamente
l’accentramento del potere decisionale.
All’opposto, un basso livello di formalizzazione implica
che il coordinamento sia il prodotto dell’aggiustamento
reciproco tra i componenti delle diverse funzioni e che
il processo decisionale sia un processo dinamico in cui i
dipendenti applicano le loro competenze e le loro
abilità per rispondere al cambiamento e risolvere i
problemi.
163
Socializzazione: norme informali e
tacite

REGOLE: sono disposizioni formali e scritte che identificano
i modi e i mezzi più appropriati per raggiungere gli obiettivi
desiderati.
NORME: standard o stili di comportamento che si
considerano accettabili o tipici per un gruppo di soggetti,
esse sono quindi socialmente determinate e spesso si fa loro
riferimento con il termine di “norme sociali”.
• Possono nascere informalmente
• Regole esterne possono essere internalizzate


SOCIALIZZAZIONE: il processo mediante il quale i membri
dell’organizzazione ne apprendono le norme e interiorizzano
queste regole non scritte di comportamento.
164
Standardizzazione versus
aggiustamento reciproco
Il problema di progettazione che si pone ai manager è
trovare il modo di usare regole e norme per
standardizzare il comportamento lasciando anche
spazio all’aggiustamento reciproco, in modo che i
dipendenti possano trovare soluzioni nuove e
migliorative per conseguire gli obiettivi dell’azienda.
165
Strutture organizzative meccaniche e
organiche
Ogni problema di progettazione ha delle implicazioni su come
agiscono e lavorano l’organizzazione nel suo complesso e le
persone che ne fanno parte.

•
•
•
•
STRUTTURE MECCANICHE: sono progettate per indurre le
persone a comportarsi con modalità prevedibili e responsabili.
Enfasi sulla struttura verticale di comando
I ruoli sono definiti in maniera specifica
L’iter di carriera è normalmente lento, sicuro e legato alla
performance
Particolarmente adatte alle organizzazioni che operano in ambienti
stabili, poco soggetti al cambiamento.
166

STRUTTURE ORGANICHE: stanno all’estremo opposto
dello spettro rispetto alle strutture meccaniche.
Sono strutture che promuovo la flessibilità, per cui i dipendenti
possono avviare il cambiamento e adattarsi rapidamente al
mutamento delle condizioni.
• Meno enfasi sulla struttura verticale di comando
• I ruoli sono definiti in maniera ampia
• Lo status viene conferito dalla capacità di fornire una
leadership creativa
• Incoraggia i comportamenti innovativi
• Particolarmente adatte alle organizzazioni che operano in
ambienti dinamici.
167
Strutture meccaniche e organiche
168
Relazioni tra compiti e ruoli
169
L’approccio situazionale alla
progettazione organizzativa
La scelta della struttura organica e struttura meccanicistica
dipende dalla situazione specifica che deve affrontare
l’organizzazione: l’ambiente con cui si confronta, la
tecnologia che impiega e la natura delle attività che
esercita, e il tipo di persone che occupa.
APPROCCIO SITUAZIONALE: è un approccio di
management in cui la struttura di un’organizzazione è
tagliata su misura delle fonti di incertezza specifiche.
Per gestire efficacemente il proprio ambiente,
un’organizzazione dovrebbe progettare la propria struttura
in modo da adattarsi all’ambiente in cui opera.

170
Il grado di allineamento tra
l’organizzazione e il suo ambiente
171
Lo studio di Lawrence e Lorsh su
integrazione, differenziazione e ambiente
L’intensità e la complessità delle forze che agiscono
sull’ambiente generale e nell’ambiente specifico
hanno un effetto diretto sull’entità della
differenziazione interna.
Pawl Lawrence e Jay Lorsh hanno cercato di capire
come le aziende dei diversi settori differenziano e
integrano le proprie strutture per allinearsi alle
caratteristiche dell’ambiente in cui si trovano a
competere.
172
Hanno scelto tre settori, che a loro dire, vivevano
diversi livelli di incertezza, misurati da variabili come il
tasso di cambiamento dell’ambiente. I tre settori
erano:
1. L’industria delle materie plastiche
2. L’industria alimentare
3. L’industria dei contenitori o delle lattine di alluminio
173
Lawrence e Lorsh hanno scoperto che:
 quando un ambiente viene ritenuto instabile e
incerto, le organizzazioni risultano più efficaci se sono
meno formalizzate, più decentrate e più legate
all’aggiustamento reciproco.
 quando l’ambiente appare relativamente stabile e
certo, le organizzazioni risultano più efficaci se hanno
una struttura più accentrata, formalizzata e
standardizzata.
174
Differenziazione funzionale e problemi
ambientali
175
Lo studio di Burns e Stalker sulle strutture
organiche e meccaniche in rapporto
all’ambiente
Tom Burns e G.M. Stalker hanno scoperto che le
organizzazioni hanno bisogno di diverse tipologie di
struttura per controllare le attività, quando devono
adattarsi e reagire al cambiamento in atto
nell’ambiente.
Essi hanno scoperto che:
• La struttura organica risultava più efficace della
struttura meccanicistica negli ambienti instabili e in
cambiamento.
• Le strutture meccaniche sono più efficaci negli
ambienti stabili.
176
L’effetto dell’incertezza sulla
differenziazione e sull’integrazione in
tre settori
177
La relazione tra incertezza ambientale
e struttura organizzativa
178
CAPITOLO 5
Progettare la struttura organizzativa:
autorità e controllo
179
Obiettivi di apprendimento

Spiegare perché emerge la gerarchia di autorità in
un’organizzazione, e come si configura il processo di
differenziazione verticale

Esaminare i problemi insiti nella progettazione di
una gerarchia che mira a coordinare e motivare il
comportamento organizzativo nel miglior modo
possibile

Capire perché i problemi di progettazione – come
l’accentramento e la standardizzazione – forniscono
dei metodi di controllo diretto che sostituiscono il
controllo personale diretto esercitato dai manager
e influenzano la progettazione della gerarchia
organizzativa
180

Comprendere i principi della struttura
burocratica e spiegarne le implicazioni per la
progettazione di gerarchie organizzative efficaci

Spiegare perché le organizzazioni appiattiscono le
proprie gerarchie e fanno un maggior uso dei
team semi-autonomi, sia all’interno delle funzioni,
sia a livello interfunzionale
181
Autorità: come e perché si crea la
differenziazione verticale
La gerarchia di un’organizzazione comincia a crearsi
quando i manager fanno sempre più fatica a
coordinare e motivare efficacemente i
collaboratori.
Con la crescita dell’organizzazione, i dipendenti
aumentano di numero e cominciano a
specializzarsi su tutta una gamma di compiti; il
livello di differenziazione aumenta e rende più
difficili le attività di coordinamento dei lavoratori.
182
La divisione del lavoro e la specializzazione creano
problemi di controllo e coordinamento.
Quando ogni dipendente svolge solo una piccola
parte di un processo più ampio, diventa difficile
capire qual è il suo contributo effettivo, e quindi
valutarne la prestazione.
183
Un’organizzazione per migliorare la capacità di
controllare – e quindi di coordinare e motivare
– i suoi membri può:
1. Aumentare il numero di manager che utilizza per
monitorare, valutare e ricompensare i dipendenti;
2. Aumentare il numero dei livelli della gerarchia
manageriale, rendendo così più verticale la gerarchia
di autorità.
 Aumentando sia il numero dei capi sia il numero dei
livelli di management, si accresce la differenziazione
verticale e si assicura all’organizzazione un controllo
diretto e immediato sui suoi membri.
184
Soglie dimensionali e livelli gerarchici

ORGANIZZAZIONE VERTICALE: un’organizzazione
in cui la gerarchia ha molti livelli rispetto alla
dimensione complessiva.

ORGANIZZAZIONE PIATTA: un’organizzazione che
ha pochi livelli gerarchici rispetto alla dimensione
complessiva.
185
Organizzazioni verticali e
organizzazioni piatte
186
Un’organizzazione con 1.000 dipendenti ha in media quattro
livelli gerarchici.
Un’organizzazione con 3.000 dipendenti ha in media sette
livelli gerarchici.
Le organizzazioni che impiegano 10.000 o anche 100.000
dipendenti non hanno quasi mai più di nove o dieci livelli
gerarchici.
Quasi tutte le organizzazioni hanno una struttura piramidale
e sempre meno manager a ciascun livello, anziché una
struttura “esplosa” in cui un numero proporzionalmente
più alto di manager a tutti i livelli controlla l’attività di un
numero sempre più elevato di dipendenti.

L’incremento della componente manageriale di
un’organizzazione è meno che proporzionale
all’incremento dimensionale.
187
La relazione tra dimensione organizzativa e
numero dei livelli gerarchici
188
Tipi di gerarchie manageriali
189
La relazione tra dimensione organizzativa
e dimensione della componente
manageriale
190
Problemi delle gerarchie verticali
Scegliere il numero giusto di manager e di livelli
gerarchici è importante perché questa decisione
incide sull’efficacia organizzativa.
Tale scelta può accrescere o limitare la
comunicazione e quindi la velocità di risposta e la
reattività dell’organizzazione, la motivazione dei
dipendenti e dei capi stessi, e, infine, anche la
profittabilità aziendale.
191

PROBLEMI DI COMUNICAZIONE: la comunicazione tra i
manager che stanno al vertice e alla base della gerarchia richiede
più tempo ed è probabile che possa essere distorta man mano che
le informazioni fluiscono lungo la gerarchia attraverso numerosi
livelli di management.
PROBLEMI DI MOTIVAZIONE: man mano che aumenta il numero
dei livelli gerarchici, la differenza relativa nell’autorità posseduta dai
manager di ciascun livello si riduce, così come la loro area di
responsabilità.
•
Meno responsabilità ed autorità potrebbero ridurre la
motivazione.


COSTI BUROCRATICI: i capi e le gerarchie manageriali costano.
Più è alto il numero dei manager e dei livelli gerarchici, più elevati
sono i costi cosiddetti “burocratici” o organizzativi cioè i costi di
gestione e operatività di un’organizzazione.
192
Il problema della legge di Parkinson
Parkinson affermava che la crescita del numero dei
manager e dei livelli gerarchici è controllata da due
principi:
1. L’ufficiale vuole moltiplicare i subordinati, e non i
rivali.
2. Gli ufficiali producono lavoro l’uno per l’altro.

Poiché all’interno delle gerarchie i manager
producono lavoro l’uno per l’altro “il lavoro si
espande fino a riempire tutto il tempo a
disposizione”.
193
Il numero ideale di livelli gerarchici: la
catena minima di comando
In base al principio della catena minima di comando,
un’organizzazione dovrebbe scegliere il numero
minimo di livelli gerarchici consentito dai suoi obiettivi
e dall’ambiente in cui opera.
Un’organizzazione, pertanto, dovrebbe restare il più
piatta possibile, e i top manager andrebbero valutati in
base alla capacità di monitorarne e controllarne le
attività con il minor numero possibile di manager.
194
Ampiezza della supervisione: span of
control
Essa definisce il numero dei subordinati che ogni
manager gestisce e controlla direttamente.
 Se
lo span of control di un singolo manager aumenta
all’aumentare del numero dei dipendenti, il numero dei
manager o dei livelli gerarchici non aumenta in
proporzione all’incremento numerico dei
collaboratori: ogni manager coordina il lavoro di un
maggior numero di subordinati e l’organizzazione
sostituisce l’incremento dei livelli gerarchici con
l’ampliamento dell’ampiezza nella supervisione.
195
Spazi di controllo
196
Fattori che determinano un livello appropriato di span of
control:
 Il fattore che più limita lo span of control manageriale è
probabilmente l’incapacità di esercitare un’adeguata
supervisione sulle attività dei subordinati all’aumentare del
loro numero.
 C’è un limite ben preciso all’ampiezza che dovrebbe avere
lo span of control di un manager.
 La capacità di un manager di supervisionare il
comportamento dei collaboratori è limitata da due fattori:
la complessità e l’interrelazione dei loro compiti.
 Quando i compiti dei subordinati sono complessi e
dissimili lo span of control deve essere ridotto.
 Quando i compiti dei subordinati sono routinari e simili 
lo span of control si può ampliare.
197
La crescente complessità del lavoro
manageriale all’aumentare dello span of
control
198
Controllo: i fattori che incidono sulla
forma della gerarchia
Quando ci sono dei limiti all’utilità della supervisione
diretta da parte dei manager, le organizzazioni devono
trovare altri modi per controllare le proprie attività.
In genere, prima aumentano il livello di differenziazione
orizzontale e poi decidono come risolvere gli altri
problemi di progettazione.
Attraverso la differenziazione orizzontale
un’organizzazione ha il controllo sui collaboratori
senza accrescere il numero di livelli gerarchici.
199
Differenziazione orizzontale
La gerarchia della produzione si articola in sette livelli.
Come l’organizzazione nella sua totalità, ogni funzione
segue il principio della catena di comando minima
quando progetta la propria gerarchia.
Ogni funzione sceglie il numero minimo di livelli
gerarchici con cui può operare efficacemente e
raggiungere i suoi obiettivi.
Attraverso la differenziazione orizzontale
un’organizzazione ha il controllo sui collaboratori
senza accrescere il numero dei livelli gerarchici.
200
Differenziazione orizzontale in
gerarchie funzionali
201
Differenziazione orizzontale
all’interno della funzione di R&S
202
Accentramento
Con il decentramento occorre meno una supervisione
manageriale diretta.
•
•
•
Quando l’autorità viene decentrata, il potere di prendere
decisioni significative è delegato ai componenti di tutta la
gerarchia, anziché essere concentrato al vertice.
Il decentramento non elimina la necessità di numerosi livelli
gerarchici in un’organizzazione vasta e complessa che deve
controllare l’operatività di tante sotto-unità.
Può aiutare una struttura relativamente verticale a
diventare più flessibile nella reazione ai cambiamenti che si
determinano nell’ambiente esterno e a ridurre l’entità della
supervisione diretta che occorre all’interno di una sottounità.
203
Standardizzazione
•
Riduce la necessità del controllo personale da parte
dei manager e di livelli gerarchici aggiuntivi, perché le
regole e le procedure sostituiscono la supervisione
diretta; esse riducono la necessità di un contatto faceto-face.
•
Permette di ottenere il controllo sui collaboratori
rendendo i loro comportamenti e le loro azioni più
prevedibili.
204
I principi della burocrazia
Intorno al 1990, Max Weber, sviluppò dei principi di
progettazione della gerarchia che avrebbero
dovuto consentirle di allocare efficacemente il
potere decisionale e il controllo sulle risorse.
Weber mirava a identificare un sistema di
organizzazione o una struttura organizzativa in
grado di migliorare l’operatività delle
organizzazioni – ossia accrescere il valore che
creavano e renderle più efficaci.
205
La burocrazia è una forma di struttura
organizzativa in cui le persone si possono
responsabilizzare sulle proprie azioni, perché si
chiede loro di agire nel rispetto di regole e
procedure standard ben definite e concordate.
206
Principio 1: la burocrazia si fonda sul concetto
di autorità razionale-legale

AUTORITA’ RAZIONALE-LEGALE: è l’autorità che
possiede una persona a causa della sua posizione
organizzativa.
Il primo principio di Weber indica che le scelte incidenti
sulla progettazione della gerarchia di un’organizzazione
dovrebbero basarsi sulle esigenze e sulle
caratteristiche del compito task, e non sulle esigenze
di colui che svolge quel compito.
207
Principio 2: I ruoli organizzativi si detengono in base
alla competenza tecnica, e non in base alla condizione
sociale, alla parentela o alla successione nei diritti.
In una gerarchia ben progettata, i ruoli vengono occupati
da persone in grado di esercitarli, e non da persone
messe li per conoscenze o requisiti personali.
È importante tenere sempre presente che ricoprire un
ruolo organizzativo in senso giuridico significa usare
correttamente le risorse dell’organizzazione a beneficio
di tutti gli stakeholder, e non solo dell’interesse
personale.

I primi due principi di Weber fanno del ruolo
organizzativo la componente base della struttura
burocratica.
208
Principio 3: i compiti e il potere decisionale di un ruolo
e la sua relazione con gli altri ruoli vanno chiaramente
specificati
Un modello ben preciso di differenziazione verticale
(sull’autorità) e orizzontale (sul compito) risolve anche
il conflitto di ruolo e l’ambiguità di ruolo.
• CONFLITTO DI RUOLO: è la contrapposizione che si
determina quando due o più persone hanno opinioni
diverse su ciò che dovrebbe fare un’altra persona e di
conseguenza le chiedono cose diverse.
• AMBIGUITA’ DI RUOLO: è l’incertezza che si crea quando i
compiti o l’autorità di una persona non sono
chiaramente definiti, il che le impedisce di agire o di
assumersi certe responsabilità.
209
Principio 4: l’organizzazione dei ruoli in una
burocrazia fa si che ogni posizione inferiore sia sotto
il controllo e la supervisione di una posizione
superiore
L’organizzazione dovrebbe essere strutturata
gerarchicamente, in modo che le persone possano
riconoscere la catena di comando.
L’organizzazione dovrebbe delegare al titolare di
ciascun ruolo l’autorità necessaria a prendere
determinate decisioni e usare determinate
risorse.
210
Principio 5: si dovrebbero usare regole, procedure
standard e norme per controllare il
comportamento e la relazione tra i ruoli di
un’organizzazione
•
•
•
Le regole e le procedure sono istruzioni formali
scritte che specificano una serie di azioni da
intraprendere per ottenere un determinato obiettivo.
Le norme sono standard o stili di comportamento non
scritti che spiegano come agire, o come fare i
collaboratori, in maniera prevedibile e programmabile.
Le regole, le procedure e le norme chiarificano le
aspettative reciproche delle persone e pervengono
equivoci sulle responsabilità o sull’utilizzo del potere.
211
Principio 6: gli atti amministrativi, le decisioni e le
regole dovrebbero essere formulati per iscritto
Quando vengono messe per iscritto le regole e le
decisioni diventano direttive ufficiali per il buon
funzionamento dell’organizzazione.
 La struttura burocratica crea una sorta di
memoria, ed è compito di chi ne fa parte di
addestrare i successori e garantire continuità nella
gerarchia.
 I documenti scritti garantiscono anche l’integrità
delle vicende storiche e la responsabilizzazione
personale di chi prende le decisioni.

212
I vantaggi della burocrazia
•
•
•
•
Il vantaggio principale è che fissa le regole base per la
progettazione di una gerarchia organizzativa in grado di
controllare efficientemente le interazioni tra livelli
organizzativi.
Le regole scritte sul sistema premiante e sul sistema
punitivo dei dipendenti, come le regole sulla
promozione e la risoluzione del rapporto, riducono i
costi di consolidamento e valutazione della performance
individuale.
Separa la posizione dalla persona che la ricopre.
Dà alle persone la possibilità di sviluppare delle
competenze e trasferirle ai loro successori.
213
I problemi della burocrazia
I manager non riescono a controllare lo sviluppo
della gerarchia con le modalità auspicate da Weber.
• I membri dell’organizzazione si affidano
eccessivamente alle regole e alle procedure per le
decisioni, il che li rende insensibili ai bisogni dei
clienti e di altri stakeholder.
•
214
Management by objectives
È un sistema di valutazione dei collaboratori che si
basa sul conseguimento di determinati obiettivi o
determinati standard di performance, o sul
raggiungimento dei budget operativi.
Il management by objectives si articola in tre fasi
specifiche.
215
Fasi del management by objectives
FASE 1: si fissano gli obiettivi e traguardi specifici a
ogni livello dell’organizzazione.
FASE 2: i capi e i loro collaboratori stabiliscono
insieme gli obiettivi di quest’ultimi.
FASE 3: i capi e i loro collaboratori si incontrano
periodicamente per valutare i progressi compiuti
verso il conseguimento degli obiettivi
216
L’influenza dell’organizzazione
informale
A tutti i livelli dell’organizzazione, le decisioni e il
coordinamento avvengono frequentemente al di
fuori dei canali formalmente predisposti, perché le
persone interagiscono informalmente.
• Molte regole e molte norme utilizzate dai
dipendenti per svolgere i propri compiti emergono
dalle interazioni informali tra le persone e non
dallo schema formale e dalle regole stabilite dai
manager.
•
217
I manager devono considerare molto
attentamente le implicazioni delle interazioni tra
le gerarchie formali e le gerarchie informali
quando modificano i meccanismi di motivazione e
di coordinamento dei dipendenti.
• La struttura informale può effettivamente
migliorare la performance organizzativa.
•
218
Information technology (IT),
enpowerment e team autogestiti
•
L’IT sta agevolando significativamente ai manager la
progettazione efficace di una struttura e di un sistema
di controllo che forniscono loro molte più
informazioni, di qualità assai migliore, sulle attività dei
sottoposti, e consentono loro di valutare la
performance funzionale e di intervenire secondo
necessità per promuovere il conseguimento degli
obiettivi organizzativi.
219
•
L’IT fornisce ai collaboratori di tutti i livelli gerarchici
le informazioni e le conoscenze di cui hanno bisogno
per svolgere efficacemente il proprio ruolo.
•
Il sempre maggiore utilizzo dell’IT ha causato un
decentramento dell’autorità nelle organizzazioni e il
maggiore utilizzo dei team.
220

EMPOWERMENT: è il processo mediante il quale si
conferisce ai dipendenti di tutti i livelli gerarchici l’autorità
di prendere decisioni importanti e di rispondere dei propri
risultati.

TEAM AUTOGESTITI: sono gruppi formali di lavoro, composti
da persone che hanno la responsabilità comune di
assicurare il raggiungimento degli obiettivi del team e sono
autorizzate a dirigere se stesse.

TEAM INTERFUNZIONALI: sono gruppi formali di lavoratori
appartenenti a diverse funzioni, che vengono autorizzati a
dirigere e coordinare le attività di creazione del valore
necessarie per portare a termine diversi programmi o
progetti.
221
 Poiché
le organizzazioni hanno appiattito le loro
strutture, si è consolidata la tendenza a impiegare
lavoratori temporanei o contratti di lavoro flessibili per
ridurre i costi operativi o per disporre di strutture di
costo del lavoro molto variabili.
222
CAPITOLO 6
La progettazione della struttura
organizzativa: specializzazione e
coordinamento
223
Obiettivi di apprendimento

Spiegare perché la maggior parte delle organizzazioni,
inizialmente, opta per una struttura funzionale e
perché, con l’andar del tempo, emergono dei problemi
che le obbligano a passare a una struttura più
complessa.

Discernere fra tre strutture divisionali di tipo diverso
(per prodotto, per area geografica, per segmento),
descrivere il funzionamento di una struttura
divisionale e spiegare perché molte organizzazioni
usano tale struttura per coordinare le attività e
accrescere la propria efficacia.
224

Spiegare le differenze fra la struttura a matrice e quella
di team di prodotto, nonché quando e perché vengono
scelte per coordinare le attività e i processi.

Conoscere le proprietà specifiche della struttura a
rete o network e le condizioni in cui hanno più
probabilità di emergere come strutture organizzative
efficaci.
225
Struttura funzionale
La struttura funzionale è un’organizzazione che
raggruppa i dipendenti in base alle competenze e
l’expertise che hanno in comune, oppure perché
utilizzano le stesse risorse.
La struttura funzionale rappresenta la base della
differenziazione orizzontale.
L’organizzazione raggruppa i task in una serie di funzioni
allo scopo di raggiungere più efficacemente il proprio
obiettivo principale: offrire ai clienti dei prodotti di alta
qualità a prezzi competitivi.
226
Struttura funzionale
227
Struttura funzionale
228
Vantaggi della struttura funzionale
La struttura funzionale si sviluppa per prima e offre ai
dipendenti l’opportunità di apprendere gli uni dagli
altri e accrescere la specializzazione e la produttività.
I dipendenti raggruppati in base alle competenze in
comune possono supervisionarsi gli uni gli altri e
regolare vicendevolmente e in modo efficiente il loro
comportamento.
Le persone che si occupano della stessa funzione,
lavorano fianco a fianco per lunghi periodi e
condividono il medesimo bagaglio di competenza
tecnica, sviluppano delle norme e dei valori che
consentono loro di svolgere più efficacemente i propri
compiti.
229
Problemi di controllo in una struttura
funzionale

PROBLEMI DI COMUNICAZIONE: man
mano che si
sviluppano più funzioni organizzative, ciascuna con la
propria gerarchia, esse si distanziano sempre più
l’una dall’altra.

PROBLEMI DI MISURAZIONE: spesso
risulta difficile
ottenere le informazioni di cui c’è bisogno per
misurare l’impatto di una data funzione o un dato
prodotto sulla redditività complessiva in quanto i
costi che vanno sostenuti affinché ogni singola
funzione contribuisca allo sviluppo di ogni singolo
prodotto diventano sempre più difficili da
quantificare.
230

PROBLEMI DI UBICAZIONE: il
controllo fortemente
accentrato da parte di una determinata sede
impedisce all’impresa di soddisfare le necessità delle
diverse zone

PROBLEMI LEGATI AL CLIENTE: rispondere
alle necessità di
nuove tipologie di segmenti di clientela e
personalizzare i prodotti in modo che le soddisfino
risulta relativamente difficile nell’ambito di una
struttura funzionale. Può succedere che vi siano delle
carenze rispetto alla capacità di identificare le
necessità dei clienti e soddisfarle, e che si perdano
delle opportunità di vendita.
231

PROBLEMI STRATEGICI: man
mano che l’organizzazione
diventa più complessa, può essere che i top manager
possono essere costretti a investire troppo tempo
per risolvere i problemi di coordinamento che
emergono ogni giorno, tanto da non averne più da
dedicare alla risoluzione dei problemi di lungo
termine che gravano sull’impresa.
232
Risoluzione dei problemi di controllo
in una struttura funzionale
A volte i manager possono risolvere i problemi di
controllo legati a una struttura funzionale, come la
scarsa comunicazione fra le funzioni, riprogettando la
suddetta struttura in modo da accrescere
l’integrazione fra le funzioni.
233
Come migliorare l’integrazione in una
struttura funzionale accorpando il marketing e
le vendite
234
Dalla struttura funzionale alla
struttura divisionale
Il management sarà in grado di risolvere molti dei
problemi di controllo legati a una struttura funzionale
se l’organizzazione:
 Si limita a produrre un numero ridotto di prodotti
simili;
 Realizza i prodotti in una sede o in poche sedi;
 Li vende soltanto a una tipologia principale di clienti.
235
Man mano che l’organizzazione cresce, inizia a realizzare
sempre più prodotti spesso molto diversi fra loro.
Quando un’organizzazione accresce la produzione di
beni e servizi in genere lo fa in un numero di sedi
sempre più alto e per molte tipologie diverse di
clienti.
236
Quando l’organizzazione cresce in questo modo ha
bisogno di una struttura che:
 Accresca il controllo del management sulle singole
sottounità in modo che queste possano soddisfare
più efficacemente le necessità dei prodotti e dei
clienti;
 Allo stesso tempo, consenta al management di
tenere sotto controllo le attività operative
dell’intera impresa e integrarle, per assicurarsi che
tutte le sotto-unità raggiungano gli obiettivi
dell’organizzazione.
237
Il management riacquista il controllo sulla propria
organizzazione quando decide di adottare una
struttura più complessa, che è il risultato di tre scelte
progettuali:
1.
2.
3.
Un grado più alto di differenziazione verticale
Un grado più alto di differenziazione orizzontale
Un grado più alto di integrazione
238
Differenziazione e integrazione: le modalità
tramite cui l’organizzazione accresce il
controllo sulle attività
239
Differenziazione e integrazione: le modalità
tramite cui l’organizzazione accresce il
controllo sulle attività
240
Il passaggio a una struttura divisionale
La struttura che le organizzazioni adottano più
comunemente per risolvere i problemi di controllo
che derivano dalla realizzazione di molte tipologie
diverse di prodotti in molte sedi diverse per molte
tipologie diverse di clienti è la struttura divisionale.
La struttura divisionale raggruppa le funzioni a seconda
delle esigenze specifiche dei prodotti, dei mercati o dei
clienti.
L’obiettivo che sta alla base del passaggio a una struttura
divisionale è quello di creare delle sotto-unità più
piccole e gestibili all’interno dell’organizzazione.
241
La tipologia di struttura divisionale prescelta dal management
dipende dai problemi di controllo specifici che devono essere
risolti.

Se il problema di controllo è dovuto al numero e alla
complessità dei prodotti, l’organizzazione suddividerà le proprie
attività per prodotto e ricorrerà a una struttura per prodotto.

Se il problema di controllo è dovuto al numero di luoghi in cui
l’organizzazione realizza e vende i prodotti, questa suddividerà le
proprie attività per zona e ricorrerà a una struttura geografica.

Se il problema di controllo è dovuto alla necessità di servire un
gran numero di segmenti di clientela diversi, l’organizzazione
suddividerà le proprie attività per segmento di clientela e userà
la struttura per segmenti.
242
Struttura divisionale n.1: tre tipologie
di strutture per prodotto
La struttura per prodotto è una struttura divisionale
in cui i prodotti (beni o servizi) sono raggruppati in
una serie di divisioni separate, in base agli aspetti che
li accomunano o li differenziano allo scopo di
accrescere il controllo.
Qualora l’organizzazione decida di raggruppare le
attività per prodotto, deve anche decidere come
coordinare le divisioni di prodotto attraverso le
funzioni di supporto come la R&S, il marketing e le
vendite e l’amministrazione.
243
A livello generale si possono seguire due impostazioni:
1. Accentrare le funzioni di supporto al livello
organizzativo più alto in modo che un set di funzioni
di supporto serva tutte le divisioni di prodotto;
2. Istituire diversi set di funzioni di supporto, una per
ogni divisione di prodotto.
244
La struttura divisionale per prodotto è una
struttura divisionale in cui un set accentrato di
funzioni di supporto soddisfa le necessità di una serie
di linee di prodotto.
Ognuna delle funzioni di supporto è suddivisa in vari
team orientati al prodotto, composti da esperti
funzionali che si occupano di soddisfare le necessità di
una determinata divisione di prodotto.
245
Struttura divisionale per prodotto
246
L’assegnazione di team funzionali orientati
al prodotto alle singole divisioni
247
La struttura multidivisionale è una struttura in cui a
ciascuna delle divisioni di prodotto viene assegnato un
set dedicato di funzioni di supporto in modo che tutte
le funzioni diventino autosufficienti.
Quando le divisioni sono autosufficienti, ciascuna di esse è
dotata di un proprio set di funzioni di supporto e
detiene il controllo sulle proprie attività di creazione
del valore.
Ciascuna delle divisioni deve essere dotata di un proprio
set di funzioni di supporto in quanto è impossibile per
un set accentrato di funzioni di supporto soddisfare le
necessità di prodotti totalmente diversi.
248
La seconda innovazione della struttura multidivisionale è
un nuovo livello direzionale, lo staff a livello corporate,
composto da direttori corporate che hanno la
responsabilità di sovrintendere alle attività dei
direttori funzionali all’interno delle diverse divisioni.
Lo staff della sede corporate è quindi organizzato per
funzione, e fra i compiti dei direttori corporate
rientra il coordinamento delle attività svolte nelle
divisioni.
 La
struttura multidivisionale, è studiata in modo da
consentire all’impresa di operare in molte aree di
business diverse. In tale contesto, ogni unità di
business è un’unità di business diversa.
249
Struttura multidivisionale
250

VANTAGGI DELLA STRUTTURA MULTIDIVISIONALE:
Quando la struttura multivisionale viene gestita efficacemente,
un’impresa grande e complessa può ottenere molti vantaggi:
Una maggiore efficacia organizzativa: esiste una netta divisione del
lavoro fra i direttori corporate e i direttori di divisione che
accresce l’efficacia organizzativa.
 Un grado più alto di controllo: il grado di controllo aggiuntivo
offerto dall’intervento della sede corporate incoraggia i
direttori di divisione a impegnarsi di più per accrescere
l’efficienza organizzativa interna.
 Crescita profittevole: quando ognuna delle divisioni rappresenta il
proprio centro di profitto, la performance delle singole divisioni
può essere chiaramente valutata.
 Mercato interno del lavoro: i direttori di divisione più capaci
vengono promossi al ruolo di direttori corporate.

251
Una struttura multidivisionale in cui
ciascuna delle divisioni ha una struttura
diversa
252

SVANTAGGI DELLA STRUTTURA MULTIDIVISIONALE:
Gestione del rapporto sede corporate - divisioni: è necessario
trovare l’equilibrio giusto tra accentramento e
decentramento.
 Problemi di coordinamento tra le divisioni: può succedere che le
divisioni inizino a competere per accaparrarsi le risorse, e
che la rivalità impedisca loro di cooperare.
 Prezzi di trasferimento: ovvero il prezzo a cui una divisione
vende un prodotto o un’informazione relativa alle proprie
innovazioni a un’altra. Spesso i problemi che nascono fra le
divisioni ruotano attorno al prezzo di trasferimento.
 Costi burocratici: le strutture multidivisionali comportano dei
costi notevoli.
 Problemi di comunicazione: i problemi di comunicazione, in
particolare la distorsione delle informazioni, emergono nelle
gerarchie stratificate.

253
La struttura a team di prodotto è un incrocio fra la
struttura divisionale per prodotto, in cui le funzioni di
supporto sono accentrate, e quella multidivisionale, in
cui ogni divisione ha le proprie funzioni di supporto.
Gli esperti che si occupano delle funzioni di supporto
vengono riuniti in una serie di team di sviluppo di
prodotto che si specializzano in modo da soddisfare le
necessità di un determinato tipo di prodotto.
254
I membri del team di prodotto si concentrano sulle
necessità di un prodotto (o cliente) o di pochi
prodotti correlati, e la loro fedeltà non va alle funzioni
di cui si occupano, ma al loro team di prodotto.
La struttura a team di prodotto è più decentrata di
quella funzionale o quella divisionale per prodotto, e
gli esperti che fanno parte dei vari team di prodotto
sono autorizzati a prendere delle decisioni on-the-spot.
255
Struttura a team di prodotto
256
Struttura divisionale n2: struttura
geografica
Quando i problemi di controllo sperimentati dall’impresa
hanno un’origine geografica, invece, essa può optare per
una struttura divisionale per zona geografica, in
cui le divisioni sono organizzate sulla base dei requisiti
dei diversi luoghi in cui opera l’organizzazione.
Man mano che un’organizzazione cresce, spesso sviluppa
una base clienti nazionale.
257
Quando si espande in zone diverse dello stesso paese,
deve riadattare la propria struttura per fare in modo
che le competenze distintive siano in linea con le
necessità dei clienti delle diverse zone.
La struttura geografica consente all’impresa di accentrare
alcune funzioni nella sede corporate e decentrarne
altre a livello di zona.
258
Struttura geografica
259
Struttura divisionale n3: struttura per
segmenti di mercato
La struttura per segmento fa in modo che le abilità e le
competenze funzionali siano in linea con le necessità di
prodotto dei diversi segmenti di clientela.
È il marketing, non la produzione, a guidare le decisioni
del management rispetto al raggruppamento delle
attività in una serie di divisioni.
Ognuna delle divisioni per segmento ha un focus di
marketing diverso, e il compito di ciascuna è sviluppare
dei prodotti che soddisfino le necessità specifiche dei
propri clienti.
Ogni divisione fa ricorso alle funzioni di supporto
accentrate.
260
Struttura per segmenti di mercato
261
La ricerca di soluzioni migliori e più veloci per sviluppare
prodotti e soddisfare le necessità dei clienti ha portato
alcune imprese a scegliere una struttura a matrice,
ovvero una struttura organizzativa che raggruppa le
persone e le risorse sono raggruppate in due modi
diversi allo stesso tempo: per funzione e per prodotto.
Nel contesto organizzativo, la matrice è una griglia
rettangolare che mostra le responsabilità funzionali
sull’asse verticale e le responsabilità di prodotto su
quello orizzontale.
262
I membri del team sono chiamati dipendenti con due
capi (two boss) in quanto riportano a due superiori:
il direttore del team di prodotto e il direttore di
funzione.
Il team rappresenta al tempo stesso la pietra portante
della matrice ed il principale meccanismo di
coordinamento e integrazione.
263
Struttura multidivisionale a matrice
264

VANTAGGI DELLA STRUTTURA A MATRICE:
La struttura a matrice offre quattro vantaggi significativi
rispetto alle strutture più funzionali:
1.
2.
3.
4.
L’utilizzo dei team interfunzionali è studiato in modo da
ridurre le barriere funzionali e superare il problema
dell’orientamento sottounitario.
Sblocca la comunicazione fra gli esperti funzionali e
fornisce ai membri dei team delle diverse funzioni
l’opportunità di apprendere gli uni dagli altri e sviluppare
le proprie competenze.
La matrice consente all’organizzazione di sfruttare
efficacemente le competenze dei dipendenti specializzati,
che passano da un prodotto all’altro a seconda delle
necessità.
Il doppio focus (funzionale e di prodotto) concentra
l’attenzione sia sui costi, sia sulla qualità.
265

1.
2.
3.
SVANTAGGI DELLA STRUTTURA A MATRICE:
La matrice non offre una struttura di controllo che
consente ai dipendenti di crearsi delle aspettative
reciproche solide.
La mancanza di una gerarchia di potere chiaramente
definita può scatenare un conflitto fra le funzioni e i
team di prodotto riguardo all’utilizzo delle risorse.
E’ probabile che le persone che lavorano in una
struttura a matrice sperimentino un vuoto di potere
e di responsabilità e si impegnino a dar vita ad
un’organizzazione informale tutta loro, in modo da
sentirsi più stabili e strutturate.
266
A volte l’organizzazione introduce una struttura a
matrice al livello organizzativo più alto e istituisce una
struttura multidivisionale a matrice che prevede
una maggiore integrazione fra i direttori corporate e i
direttori di divisione, e fra gli stessi direttori di
divisione.
La struttura multidivisionale a matrice semplifica
notevolmente la cooperazione fra i top manager delle
divisioni e quelli della sede corporate, nonché il
coordinamento congiunto delle attività
dell’organizzazione.
Spesso le organizzazioni grandi e complesse che hanno
numerose divisioni usano molte strutture diverse,
ovvero seguono una struttura ibrida.
267
Struttura multidivisionale a matrice
268
Organizzazioni a rete - network- e
boundaryless organization
ORGANIZZAZIONI A RETE: la struttura del network è un
gruppo di organizzazioni diverse le cui attività vengono
coordinate in base a una serie di contatti e di accordi,
invece che da una gerarchia di potere formale.
Spesso l’organizzazione network diventa molto complessa
quando l’impresa stringe degli accordi con un’intera gamma
di fornitori, produttori e distributori per svolgere in
outsourcing molte delle attività di creazione del valore
necessarie per produrre e commercializzare beni e servizi.

269

1.
2.
3.
4.
VANTAGGI DELLE ORGANIZZAZIONI A RETE:
Nella misura in cui l’organizzazione riesce a trovare un
partner che sia in grado di svolgere una determinata
attività funzionale in maniera affidabile e a un costo
inferiore, i costi di produzione si riducono.
Nella misura in cui l’organizzazione stipula un contratto
con altre organizzazioni affinché svolgano determinate
attività di creazione di valore, evita gli alti costi burocratici
derivanti dalla gestione di una struttura organizzativa
complessa.
Consente all’organizzazione di operare in modo organico.
Se uno qualunque dei partner non riesce a soddisfare gli
standard può essere sostituito con un nuovo partner.
270

1.
2.
SVANTAGGI DELLA STRUTTURA DEL NETWORK:
Ci vuole un livello notevole di adeguamento reciproco
affinché i team possano interagire apprendendo gli uni
dagli altri e perfezionando costantemente il prodotto
finale.
È improbabile che una struttura del network consenta
all’organizzazione di tenere sotto controllo un processo
così complesso di creazione del valore, in quanto il
management non ha i mezzi per coordinare e motivare
efficacemente i vari partner del network.
271
LA BOUNDARYLESS ORGANIZATION (organizzazione
dai confini deboli): è composta da una serie di persone
collegate tramite computer, fax, sistemi di computer - aided
- design e di videoconferenza.
Le persone vanno e vengono a seconda delle necessità ma
non appartengono formalmente ad alcuna organizzazione.

L’utilizzo dell’outsourcing e lo sviluppo di una struttura del
network si stanno diffondendo rapidamente, man mano che
le organizzazioni si rendono conto delle molte opportunità
che offrono sul fronte della riduzione dei costi e l’aumento
della flessibilità.
272

L’e-commerce è uno scambio che si verifica fra diverse
imprese, nonché fra le imprese e i singoli clienti, tramite
l’utilizzo dell’IT e di Internet.

Business-to-business (B2B):è uno scambio che si verifica fra
le imprese e prevede l’utilizzo dell’IT e di Internet allo scopo
di coordinare le catene del valore di più imprese. Una delle
principali applicazioni del network B2B è il Market place B2B,
ovvero, un network di scambio industry – specific istituito al
fine di mettere in contatto gli acquirenti e i venditori
attraverso Internet.

Business-to-customer (B2C):è uno scambio che si verifica fra
un’impresa e il proprio network di singoli clienti tramite
l’utilizzo dell’IT e di Internet.
273
Tipologie di e-commerce
274
CAPITOLO 7
L’istituzione e la gestione della cultura
organizzativa
275
Obiettivi di apprendimento

Discernere fra i valori e le norme, e capire le
modalità tramite cui la cultura viene condivisa dai
membri di un’organizzazione.

Spiegare le modalità tramite cui le persone
assimilano cultura, sia a livello formale (ovvero
seguendo il percorso di apprendimento disposto
dall’organizzazione), sia a livello informale (ovvero
tramite l’osservazione di ciò che avviene
all’interno dell’organizzazione).
276

Identificare le quattro componenti fondamentali della
cultura organizzativa, che determinano le differenze
culturali che intercorrono fra le organizzazioni.

Capire in che modo si possa progettare o gestire la
cultura di un’organizzazione, proprio come si fa con la
sua struttura
277
Che cos’è la cultura organizzativa?
È il set di norme e valori condivisi che governano le
interazioni fra i membri dell’organizzazione e le
interazioni fra questi e i fornitori, i clienti e gli altri
interlocutori esterni.
La cultura di un’organizzazione influenza il modo in cui i
suoi membri prendono le decisioni, quello in cui
interpretano e gestiscono l’ambiente organizzativo,
quello in cui gestiscono le informazioni e quello in cui
si comportano.
Di conseguenza, la cultura incide sulla posizione
competitiva dell’organizzazione.
278

VALORI ORGANIZZATIVI: sono i criteri, gli standard o i
principi guida generali in base a cui le persone distinguono
i comportamenti, gli eventi, le situazioni e gli esiti
desiderabili da quelli indesiderabili.

VALORE FINALE: è uno stato conclusivo o un esito
desiderabile che le persone cercano di raggiungere.

VALORE STRUMENTALE: è una modalità comportamentale
desiderabile.

NORME: gli standard o gli stili di comportamento che
vengono considerati accettabili o normali per un gruppo
di persone.
279
Valori finali e strumentali nell’ambito
della cultura organizzativa
280
La cultura organizzativa è fondata su alcuni valori
relativamente costanti incarnati nelle norme, nelle
regole, nelle SOP e negli obiettivi dell’organizzazione.
I membri si basano su questi valori culturali in ogni loro
azione e decisione; inoltre si basano su di essi quando
devono affrontare delle situazioni ambigue o incerte,
sia all’interno, sia all’esterno dell’organizzazione.
I valori su cui è fondata la cultura di un’organizzazione
incidono fortemente sui comportamenti dei suoi
membri e il modo in cui reagiscono alle varie
situazioni.
281
Una cultura organizzativa forte può diventare pericolosa,
se è affidata a una proprietà o un management che
non si comporta in modo etico né legale.
D’altro canto, può essere una fonte di vantaggio
competitivo in quanto i valori culturali facilitano
significativamente il mutuo aggiustamento fra i
membri dell’organizzazione.

In sostanza, la cultura di un’organizzazione è una
forma di organizzazione informale che facilita il buon
funzionamento della struttura organizzativa.
282
Come viene trasmessa ai membri la
cultura organizzativa?
La capacità dell’organizzazione di motivare i dipendenti
e accrescere l’efficacia nel lavoro è direttamente
legata al modo in cui i membri apprendono i suoi
valori.
Essi apprendono i valori fondamentali attraverso le
procedure formali che regolano la socializzazione e le
storie, i riti e il linguaggio organizzativo che si
sviluppano informalmente man mano che la cultura
organizzativa matura.
283
Socializzazione e tattiche di
socializzazione

SOCIALIZZAZIONE: è il processo tramite cui i membri
apprendono e interiorizzano la cultura organizzativa.
ORIENTAMENTO DI RUOLO: è la modalità specifica tramite cui
i nuovi arrivati reagiscono alle diverse situazioni.
• Orientamento di ruolo istituzionalizzato: si sviluppa quando si
insegna alle persone a reagire a un nuovo contesto nello stesso
modo in cui vi reagisce chi fa già parte dell’organizzazione.

•
Orientamento di ruolo individualizzato: si sviluppa quando le
persone vengono autorizzate e addirittura incoraggiate ad essere
creative e sperimentare diverse norme e valori, in modo che
l’organizzazione possa incarnare più adeguatamente i suoi valori.
284
L’influenza delle tattiche di socializzazione
sull’orientamento di ruolo dei dipendenti
285
Le tattiche usate per trasmettere ai nuovi arrivati,
attraverso la socializzazione, un orientamento
istituzionalizzato a quelle usate affinché sviluppino un
orientamento individualizzato sono:
•
Collettive versus individuali: le tattiche collettive
sottopongono i nuovi arrivati a delle esperienze di
apprendimento comuni, studiate in modo da
determinare una risposta standardizzata alle diverse
situazioni. Nelle tattiche individuali, le esperienze di
apprendimento di ogni nuovo arrivato sono diverse
e le persone possono apprendere dei modi
appropriati, ma inediti, di reagire ad ogni situazione.
286
•
Formali versus informali: le tattiche formali
separano i nuovi arrivati, durante il processo di
apprendimento, dalle persone che fanno già parte
dell’organizzazione. In base alle tattiche informali essi
apprendono on-the-job, in qualità di membri di un
team.
287
•
Sequenziali versus casuali: le tattiche sequenziali
forniscono ai nuovi arrivati delle informazioni
esplicite riguardo alla sequenza da seguire nello
svolgimento delle nuove attività o l’assunzione di
nuovi ruoli man mano che avanzano all’interno
dell’organizzazione. In base alle tecniche casuali, la
formazione è basata sugli interessi e le necessità che
via via emergono per ogni nuovo arrivato, in quanto
non esiste una sequenza definita che regoli il suo
progresso all’interno dell’organizzazione.
288
•
Fisse versus variabili: le tattiche fisse danno delle
indicazioni specifiche ai nuovi arrivati rispetto alla
tempistica associata al completamento di ogni fase
del processo di apprendimento. Quelle variabili non
danno alcuna informazione riguardo al momento in
cui i nuovi arrivati porteranno a termine le diverse
fasi del processo di apprendimento: anche in questo
caso la formazione dipende dalle necessità e gli
interessi dal singolo.
289
•
Seriali versus ad hoc: quando si impiegano delle
tattiche seriali, le persone che fanno già parte
dell’organizzazione fungono da modelli di
riferimento e da mentori nei confronti dei nuovi
arrivati. I processi ad hoc richiedono loro di capire
da soli come comportarsi, sviluppando un approccio
individualizzato; nessuno dice loro cosa fare.
290

Spoliazione versus investitura: in un contesto di
spoliazione, i nuovi arrivati ricevono un supporto
sociale di segno negativo – ovvero vengono ignorati
o derisi – e le persone che fanno già parte
dell’organizzazione si rifiutano di supportarli finché
non capiscono come vanno le cose e non si
conformano alle norme consolidate. In un contesto
di investitura, i nuovi arrivati ricevono
immediatamente un supporto sociale di segno
positivo dagli altri membri e vengono incoraggiati ad
essere se stessi.
291
Storie, riti e linguaggio organizzativo
Spesso i valori dell’organizzazione emergono con
chiarezza dalle storie, i riti e il linguaggio che circolano
al suo interno.
Le organizzazioni usano diverse tipologie di riti formali
per comunicare le norme e i valori culturali.
292

I RITI DI PASSAGGIO: segnano
l’ingresso dei neoassunti
nell’organizzazione, le promozioni e la dipartita.

I RITI DI INTEGRAZIONE: come

I RITI DI RINFORZO: come
gli incontri in cui si
celebrano collettivamente i successi
dell’organizzazione, le feste in ufficio e i pranzi fuori
sede, instaurano e rafforzano il legame fra i membri.
le cene di gala, le
pubblicazioni sui quotidiani e la promozione dei
dipendenti, servono a riconoscere pubblicamente i
contributi dei dipendenti e a premiarli.
293
Riti organizzativi
294
Da cosa deriva la cultura
organizzativa?
La cultura organizzativa nasce dall’interazione di quattro
fattori:
1. Le caratteristiche personali e professionali delle persone
che appartengono all’organizzazione;
2. L’etica organizzativa;
3. I diritti di proprietà concessi dall’organizzazione ai
dipendenti;
4. La struttura organizzativa.
L’integrazione di questi fattori produce una cultura diversa
nelle diverse organizzazioni e fa sì che tale cultura, con
l’andar del tempo, cambi.
295
Da cosa deriva la cultura
organizzativa?
296
Le caratteristiche delle persone che
appartengono all’organizzazione
Ogni organizzazione assume le persone che condividono
i suoi valori.
Il risultato è che le persone che appartengono
all’organizzazione si assomigliano sempre di più, i
valori dell’organizzazione si polarizzano e la cultura si
differenzia sempre più da quella delle altre
organizzazioni simili.
297
L’etica organizzativa
L’etica organizzativa corrisponde a valori, convinzioni e
regole morali che determinano il “modo giusto” in cui
i membri dovrebbero comportarsi gli uni con gli altri,
nonché con gli altri stakeholder.
Molti dei valori culturali derivano dalla personalità e le
convinzioni del fondatore e del top management.
298
I fattori che influenzano lo sviluppo
dell’etica organizzativa
299
La ripartizione dei diritti di proprietà
I diritti di proprietà, ovvero i diritti relativi all’assegnazione
e all’utilizzo delle risorse organizzative, che vengono
conferite dall’organizzazione ai suoi membri.
La ripartizione dei diritti di proprietà ha un effetto diretto
sui valori strumentali che governano il comportamento
dei dipendenti e motivano i membri dell’organizzazione.
La ripartizione dei diritti di proprietà ai vari stakeholder
esercita una rilevante influenza:
• Sul grado di efficacia dell’organizzazione;
• Sulla cultura che si afferma al suo interno.
300
Il top management e i diritti di
proprietà
I top manager si trovano in una posizione di forza in quanto
stabiliscono le condizioni relative al proprio posto di lavoro,
lo stipendio e i benefit che ricevono, la buonuscita e i
contributi per la pensione ed inoltre determinano i diritti di
proprietà che vanno attribuiti agli altri,e di conseguenza
determinano il tipo di cultura che si svilupperà all’interno
dell’organizzazione.
Il cambiamento del sistema di ripartizione dei diritti di
proprietà cambia la cultura organizzativa modificando i
valori strumentali che motivano e coordinano i dipendenti.
Considerevoli diritti di proprietà possono danneggiare
l’organizzazione.
301
La struttura organizzativa

•
•

•
•
Meccanica versus organica
Meccanica: gli obiettivi sono prevedibilità e stabilità
Organica: gli obiettivi sono flessibilità e innovazione
Accentrata versus decentrata
Accentrata: premia l’obbedienza e l’affidabilità.
Decentrata: incoraggia e premia la creatività e
l’innovazione.
302
È possibile dirigere la cultura
organizzativa?
Cambiare una cultura può essere molto difficile, perché è
difficile capire come i quattro fattori interagiscono fra
loro e perché spesso ci vogliono delle modifiche molto
profonde per cambiare i valori dell’organizzazione.
La cultura può essere cambiata:
• Riprogettando la struttura;
• Ridefinendo i diritti di proprietà che utilizza per
motivare e premiare i dipendenti;
• Cambiando una serie di persone, specialmente il top
management.
303
CAPITOLO 8
La progettazione e la strategia organizzativa
in un ambiente globale mutevole
304
Obiettivi di apprendimento

Riconoscere l’importanza di creare un legame fra
la strategia, la struttura e la cultura a ogni livello –
funzionale, business e corporate – per accrescere
la capacità di creare valore.

Identificare i possibili utilizzi di una strategia di
livello funzionale da parte del management al fine
di consentire all’organizzazione di creare valore e
conseguire un vantaggio competitivo.
305

Spiegare in che modo il management possa
promuovere lo sviluppo di un mix di competenze
distintive per dar vita a una strategia a livello business
che gli consenta di competere per accaparrarsi le
poche risorse disponibili.

Discernere fra le strategie a livello corporate che le
imprese possono impiegare per entrare in nuovi
settori in modo da continuare a crescere e a creare
valore.

Capire in che modo le strategie di espansione globale
consentano all’organizzazione di trovare nuove
opportunità per sfruttare le proprie competenze
distintive allo scopo di creare valore per gli
stakeholder.
306
La strategia e l’ambiente

STRATEGIA: è il modello decisionale e operativo

COMPETENZE DISTINTIVE: sono le competenze e le
specifico seguito dal management al fine di utilizzare le
competenze distintive di cui dispone l’impresa per
conseguire un vantaggio competitivo rispetto ai
concorrenti.
capacità specifiche di cui l’impresa dispone. Esse sono
legate alle attività di creazione del valore, come la
produzione, il marketing o la R&S, e consentono
all’impresa di raggiungere un livello superiore di
efficienza, qualità, innovazione o attenzione alle
richieste del cliente.
307
Il ciclo di creazione del valore
308
Fonti da cui scaturiscono le
competenze distintive
L’efficacia delle competenze distintive dell’organizzazione
deriva dalle risorse specializzate e le capacità di
coordinamento che possiede, di cui le altre organizzazioni
sono prive.
RISORSE SPECIALIZZATE: le risorse che conferiscono
all’organizzazione un vantaggio competitivo sono di due tipi:
1.
Le risorse funzionali: sono le competenze di cui è dotato il
personale funzionale dell’organizzazione.
2.
Le risorse organizzative: sono gli attributi che conferiscono
all’organizzazione un vantaggio competitivo. Esse comprendono
le competenze del top management, la vision del fondatore o
del CEO e il possesso di risorse importanti e scarsamente
disponibili.

309

CAPACITA’ DI COORDINAMENTO: è la capacità
dell’organizzazione di coordinare le risorse funzionali e
organizzative allo scopo di creare il maggior valore
possibile.
Il coordinamento efficace delle risorse è una fonte
importante di vantaggio competitivo, influenza l’efficienza
dei processi e la percezione di valore da parte dei clienti
attraverso:
- Sistemi di controllo;
- Accentramento o decentramento dell’autorità;
- Sviluppo e promozione dei valori culturali condivisi.
310
L’espansione globale e le competenze
distintive
L’espansione globale nei mercati esteri può agevolare
significativamente lo sviluppo delle competenze distintive di
un’organizzazione. Quattro sono le modalità attraverso cui
l’espansione globale consente all’organizzazione di creare
valore a favore degli stakeholder.
1. Trasferimento all’estero delle competenze
distintive: trasferire le competenze distintive legate a
una o più funzioni in un mercato estero, al fine di
realizzare dei prodotti migliori o più economici
acquisendo un vantaggio rispetto ai concorrenti sul
fronte dei costi o della differenziazione nell’ambito di
quel mercato.
311
2.
Istituzione di un network globale: quando
un’organizzazione decide di trasferire all’estero
le proprie competenze, in genere colloca le
attività di creazione di valore in paesi che si
trovano in condizioni economiche, politiche e
culturali tali da poter rafforzare il suo vantaggio
sul fronte dei costi o della differenziazione.
Successivamente, istituisce un network globale,
ovvero svariati set di relazioni di
interdipendenza operativa o gerarchica fra i
manager, le funzioni e le divisioni che collegano
le attività di creazione di valore che l’azienda
svolge in tutto il mondo.
312
3.
Accesso a risorse e competenze globali: i vari
paesi hanno risorse e competenze diverse, da cui
traggono un vantaggio competitivo.
4.
Utilizzo dell’apprendimento globale per
rafforzare le competenze distintive: le
organizzazioni avviano le attività su scala globale allo
scopo di accedere alle conoscenze che possano
permettere loro di rafforzare le proprie competenze
distintive.
313
La creazione di valore attraverso
l’espansione globale
314
I quattro livelli della strategia
1.
2.
Strategia a livello funzionale: è un piano di
intervento teso al rafforzamento delle risorse
funzionali e organizzative, nonché le capacità di
coordinamento, al fine di sviluppare delle
competenze distintive.
Strategia a livello business: è un piano che
prevede lo sfruttamento delle combinazioni di varie
competenze funzionali distintive affinché
l’organizzazione si trovi nella posizione di sviluppare
un vantaggio competitivo nei settori o nelle nicchie
competitive.
315
3.
Strategia a livello corporate: è un piano volto
all’utilizzo e lo sviluppo delle competenze distintive
affinché l’organizzazione non riesca soltanto a
difendere e ampliare il suo ambito competitivo
attuale, ma anche ad espandersi in altri settori o
nicchie competitive.
4.
Strategia di espansione globale: è un piano che
implica la scelta della strategia migliore per
espandersi nei mercati esteri in modo da
accaparrarsi una quota delle poche risorse
disponibili e sviluppare delle competenze distintive.
316
Strategia a livello funzionale
L’obiettivo strategico di ciascuna delle funzioni è quello
di sviluppare una competenza distintiva che conferisca
all’organizzazione un vantaggio competitivo.
Per conseguire un vantaggio competitivo, deve essere in
grado di fare almeno una delle seguenti cose:
1. Svolgere le proprie attività funzionali a un costo più
basso rispetto ai rivali;
2. Svolgere le attività funzionali in modo da
differenziare i propri beni e servizi da quelli dei
rivali, grazie al possesso di una serie di qualità
esclusive e assai desiderate dai clienti.
317

STRATEGIE A LIVELLO FUNZIONALE BASATE SULLA
LEADERSHIP DEI COSTI O LA DIFFERENZIAZIONE DEI
PRODOTTI:
La funzione produttiva può ridurre i costi di produzione
introducendo metodi più efficienti, come i sistemi
computerizzati di produzione flessibile.
La funzione di gestione del personale può determinare
una riduzione dei costi studiando i sistemi di controllo
e incentivazione più appropriati allo scopo di
accrescere la motivazione dei dipendenti e ridurre
l’assenteismo e il turnover.
318
Il just-in-time, la gestione computerizzata del magazzino
riducono i costi legati alla movimentazione e il
trasporto delle merci. Le competenze che
consentono ai direttori acquisti di sviluppare dei
rapporti di lungo termine con i fornitori e i
distributori, nonché di migliorare la reputazione
dell’organizzazione, possono arrecare un vantaggio
sul fronte dei costi o della differenziazione.
319
Le competenze e l’expertise della funzione marketing e
vendite possono arrecare un vantaggio diretto sul
fronte dei costi o della differenziazione.
Anche la funzione di R&S può contribuire
significativamente alle attività di creazione del valore
dell’organizzazione.
Essa può determinare una riduzione dei costi tramite lo
sviluppo di modalità produttive più economiche.
320
I vantaggi sul fronte dei costi e della
differenziazione arrecati da una strategia a
livello funzionale
321

IMPLICAZIONI DI DESIGN ORGANIZZATIVO PER LE
STRATEGIE DI LIVELLO FUNZIONALE:
L’efficacia della competenza distintiva di una funzione non
dipende solo dalle risorse che quest’ultima ha a
disposizione, ma anche dalla sua capacità di coordinare
l’utilizzo delle stesse.
Le capacità di coordinamento dell’organizzazione sono, a loro
volta, un prodotto della sua struttura.
Secondo la teoria della contingenza, la progettazione
organizzativa dovrebbe permettere a ogni funzione di
sviluppare una struttura adatta alle proprie risorse tecniche
e umane e capace di interagire efficacemente con il proprio
sottoambiente di riferimento.
322
Caratteristiche strutturali associate allo sviluppo di
competenze distintive nell’ambito della produzione,
vendite e Ricerca e Sviluppo
323

STRATEGIA DI LIVELLO FUNZIONALE E CULTURA
ORGANIZZATIVA:

La cultura organizzativa è un set di valori condivisi
che vengono impiegati dai membri nelle interazioni
reciproche e in quelle con gli altri stakeholder.
La cultura è molto difficile da controllare e da dirigere, e
ancor più da imitare o copiare; pertanto un’impresa
dotata di una cultura efficace ha una fonte importante
di vantaggio competitivo.
324
Le capacità di coordinamento che derivano dalla cultura
di un’organizzazione si sviluppano gradualmente e
rappresentano il prodotto di molti fattori: il sistema di
ripartizione dei diritti di proprietà, la struttura, l’etica
e le caratteristiche del top management.
Per creare valore a livello funzionale la strategia
organizzativa deve permettere a ogni funzione di
sviluppare una competenza distintiva sul fronte dei
costi bassi o la differenziazione dei prodotti da quelli
dei concorrenti, anzi deve incoraggiarla in tal senso.
325
Per conseguire un vantaggio competitivo, l’organizzazione
deve progettare la struttura funzionale e la cultura in
modo da apprestare il contesto ideale per lo sviluppo
delle competenze distintive.
Quanto più la competenza distintiva di una funzione è
basata sulle capacità di coordinamento radicate nelle
modalità di interazione dei membri dell’organizzazione,
tanto più diventa difficile per i concorrenti replicare la
sua competenza distintiva e maggiore è il vantaggio
competitivo di cui gode l’organizzazione.
326
La strategia a livello business
A livello business, il compito dell’organizzazione è quello di
raccogliere le competenze distintive sviluppate dalle
funzioni e abbinarle in modo da sfruttare le opportunità
offerte dall’ambiente circostante.
L’organizzazione deve dotarsi di una strategia a livello
business che definisca:
• L’ambito competitivo in cui si troverà a competere;
• Le posizioni in modo che possa avvalersi delle proprie
risorse e capacità per gestire l’ambiente specifico e quello
generale in cui opera al fine di proteggere e ampliare il suo
ambiente competitivo.
327

STRATEGIE A LIVELLO BUSINESS BASATE SULLA
LEADERSHIP DEI COSTI O LA DIFFERENZIAZIONE DEI
PRODOTTI:

Strategia a livello business basata sulla ricerca
della leadership nei costi: un’impostazione in base a cui
l’organizzazione crea valore a basso costo per puntare al
segmento di mercato che desidera beni e servizi a basso
prezzo.
Strategia a livello business basata sulla
differenziazione: un’impostazione in base a cui
l’organizzazione sfrutta le proprie competenze legate alla
differenziazione per puntare al segmento di mercato che
desidera dei prodotti differenziati venduti a un prezzo alto.

328

Strategia a livello business basata sul focus: la
specializzazione su un segmento di mercato, che implica la
concentrazione di tutte le risorse dell’organizzazione su
quel segmento.
329
Tipi di strategie a livello business
330

IMPLICAZIONI DI DESIGN ORGANIZZATIVO PER LE
STRATEGIE A LIVELLO BUSINESS:
Il valore creato dall’organizzazione a livello business
dipende dalla sua capacità di avvalersi delle proprie
competenze distintive in modo da conseguire un
vantaggio competitivo.
Tale capacità è un prodotto del modo in cui
l’organizzazione progetta la propria struttura.
Dal punto di vista strategico, i fattori che incidono sulla
scelta di una struttura volta al conseguimento di un
vantaggio competitivo sono tre:
331
1. Man mano che l’organizzazione amplia la gamma dei
prodotti avrà bisogno di esercitare un maggior
controllo sullo sviluppo, il marketing e la produzione.
2. Man mano che l’organizzazione cerca di individuare
nuovi segmenti di clientela a cui vendere i suoi
prodotti avrà bisogno di una struttura che le
consenta di soddisfare le necessità del cliente.
3. Man mano che lo sviluppo dei nuovi prodotti
all’interno del suo settore accelera, l’organizzazione
avrà bisogno di una struttura che accresca il grado di
coordinamento fra le sue funzioni.
332
Caratteristiche della struttura organizzativa
associata alle strategie a livello business basate
sulla differenziazione e i costi bassi
333
LA STRATEGIA A LIVELLO BUSINESS E LA CULTURA
ORGANIZZATIVA:
La cultura organizzativa è un altro dei fattori cruciali che
determinano la capacità di utilizzare efficacemente le
risorse funzionali e organizzative.
La sfida è quella di sviluppare dei valori estesi all’intera
organizzazione e delle norme e regole specifiche, tutti
elementi che consentono di abbinare e utilizzare al meglio
le risorse funzionali.
 Le organizzazioni basate sulla leadership di costo devono
sviluppare i valori dell’efficienza e della parsimonia.
 Le organizzazioni basate sulla differenziazione dei
prodotti devono sviluppare i valori dell’innovazione, la
qualità, l’eccellenza e l’unicità.

334
La strategia a livello corporate
La strategia a livello corporate prevede la ricerca di
nuovi domain in cui sfruttare e tutelare la capacità
dell’organizzazione di creare valore grazie allo
sfruttamento delle competenze distintive di cui è
dotata sul fronte dei costi o della differenziazione.
335

INTEGRAZIONE VERTICALE: è una strategia in base a
cui l’organizzazione controlla i propri fornitori
(integrazione verticale a monte) o i propri distributori
(integrazione verticale a valle) o li acquisisce tramite
un takeover.
 In
che modo l’integrazione verticale consente
all’organizzazione di sfruttare o rafforzare le
competenze distintive legate alla creazione di valore?
• Può portare ad una migliore redditività;
• Può garantire un risparmio sui costi di produzione;
• Può differenziare i prodotti;
• Può evitare comportamenti opportunistici da parte
dei fornitori.
336

DIVERSIFICAZIONE CORRELATA: si verifica quando
l’organizzazione entra in un nuovo domain nel quale ha la
possibilità di sfruttare una o più delle competenze distintive
di cui è dotata in modo da conseguire un vantaggio
competitivo in quel domain sul fronte dei costi o della
differenziazione.

DIVERSIFICAZIONE NON CORRELATA: riguarda
l’ingresso in un nuovo domain che non è correlato in alcun
modo al core domain dell’organizzazione.
337
Strategie a livello corporate volte
all’ingresso in nuovi domain
338

IMPLICAZIONI DI DESIGN ORGANIZZATIVO PER LE
STRATEGIE A LIVELLO BUSINESS:
Per le organizzazioni che operano in più di un ambito
competitivo la struttura multidivisionale rappresenta la
scelta più appropriata.
Il ricorso a una serie di divisioni operative autosufficienti
supportate da uno staff a livello corporate fornisce il grado
di controllo di cui l’organizzazione ha bisogno per
coordinare il trasferimento delle risorse fra le divisioni in
modo che possano condividere le sue competenze
distintive.
La struttura multidivisionale presenta alcune varianti.
Ciascuna di esse permette di godere dei benefici associati
alla diversificazione correlata o a quella non correlata.
339
STRUTTURA CONGLOMERATA E DIVERSIFICAZIONE
NON CORRELATA:
Struttura conglomerata: una struttura in base a cui ogni area
di business viene gestita all’interno di una divisione
autosufficiente e non vi è alcun contatto fra le divisioni.

STRUTTURE ADATTE ALLA DIVERSIFICAZIONE
CORRELATA:
La diversificazione correlata cerca di ottenere valore
condividendo le risorse o trasferendo le competenze funzionali
da una divisione all’altra, due processi che necessitano di un alto
grado di coordinamento e integrazione.
Essa richiede una comunicazione orizzontale fra le divisioni,
nonché una comunicazione verticale fra le divisioni e la sede
corporate.
Di conseguenza, necessita di figure che svolgano un ruolo
integrativo, nonché una serie di team di esperti funzionali al fine
di coordinare le competenze e il trasferimento delle risorse.

340
Struttura conglomerata
341
La strategia a livello corporate e la
cultura organizzativa
I diversi valori culturali, le norme condivise, le regole e
gli obiettivi aiutano le organizzazioni nel facilitare
l’attuazione della strategia a livello corporate.
Ogni organizzazione deve istituire una cultura che
rafforzi e promuova la strategia che segue e la
struttura su cui è basata.
342
L’implementazione della strategia in
diversi passi
La strategia globale può svolgere un ruolo cruciale
nell’accentuazione del controllo di un’impresa
sull’ambiente in cui opera.
Vi sono quattro strategie principali che le imprese possono
seguire quando iniziano a commercializzare i loro prodotti
e a istituire delle strutture produttive all’estero:
1. Strategia multidomestica o multinazionale: orientata
verso la soddisfazione delle necessità locali –l’impresa
decentra il controllo alle sussidiarie e le divisioni di
ognuno dei paesi in cui opera al fine di realizzare i
prodotti e personalizzarli in base ai mercati locali.
343
2.
3.
4.
Strategia internazionale: basata sull’accentramento
della R&S e il marketing in patria e il decentramento di
tutte le altre funzioni legate alla creazione di valore alle
unità di business dei diversi paesi.
Strategia globale: orientata alla riduzione dei costi, che
prevede l’accentramento di tutte le principali funzioni
legate alla creazione di valore nel paese che offre i costi
più bassi.
Strategia transnazionale: studiata in modo che
l’impresa possa soddisfare le esigenze dei diversi paesi e
allo stesso tempo ridurre i costi – alcune funzioni
vengono accentrate, mentre altre vengono decentrate
nel paese che consente più di ogni altro di raggiungere
entrambi gli obiettivi.
344
La scelta della struttura e dei sistemi di controllo volti alla
gestione di un’impresa globale dipende da tre fattori:
1.
2.
Le decisioni relative alla modalità di distribuzione e
allocazione delle responsabilità e l’autorità fra i
manager che lavorano presso la casa madre e quelli
che lavorano all’estero al fine di mantenere un
controllo efficace sulle attività globali dell’impresa.
La scelta della struttura organizzativa che raggruppa le
divisioni interne ed estere in modo tale da consentire
il miglior utilizzo delle risorse e soddisfare più
efficacemente le necessità dei clienti che operano in
mercati diversi da quello domestico.
345
3.
La scelta dei meccanismi di integrazione e controllo
più appropriati, nonché della cultura organizzativa più
utile a garantire l’efficace funzionamento della
struttura globale complessiva.
346
Rapporto fra strategia e struttura in
un ambiente internazionale
347
L’implementazione di una strategia
multidomestica
Quando un’impresa segue una strategia multidomestica,
in genere si avvale di una struttura globale per aree
geografiche, insieme di paesi, di solito chiamati
“regioni” o singoli paesi.
Ciò significa che replica tutte le attività di creazione del
valore e istituisce una divisione estera in ognuno dei
paesi o delle regioni del mondo in cui opera.
348
Quindi decentra l’autorità del management di ciascuna
delle divisioni estere, che studia la strategia
appropriata per soddisfare le esigenze dell’ambiente
locale.
Il management della sede corporate utilizza degli
indicatori di mercato e degli output, come il ROI,
l’aumento della quota di mercato e i costi di gestione,
per valutare la performance delle divisioni estere.
349
Struttura globale per aree geografiche
350
L’implementazione della strategia
internazionale
Un’impresa che abbia molti prodotti o molte unità di
business diverse deve far fronte al complesso
problema di coordinare il flusso di prodotti all’interno
dei diversi paesi.
Per gestire tale trasferimento, molte organizzazioni
ricorrono a una struttura globale per gruppi di
prodotti e istituiscono una sede centrale per ogni
gruppo di prodotti al fine di coordinare le attività
delle divisioni interne ed estere relative ai diversi
gruppi.
351
I direttori di prodotto hanno la responsabilità di
organizzare tutti gli aspetti della creazione di valore a
livello globale.
I manager che lavorano all’estero sono controllati dal
management della relativa divisione, e se i manager
interni e quelli esteri si fanno concorrenza per
accaparrarsi il controllo strategico, possono derivarne
dei conflitti e una mancanza di cooperazione.
352
Struttura globale per gruppi di
prodotti
353
L’implementazione di una strategia
globale
Quando un’impresa attua una strategia globale situa le
attività di produzione e tutte le altre attività legate alla
catena del valore nella nazione che le consente di
accrescere l’efficienza e la qualità.
Si trova quindi a dover far fronte ai problemi di
coordinamento e integrazione delle attività globali.
Deve trovare una struttura che le consenta di ridurre i
costi burocratici associati al trasferimento delle
risorse fra la sede centrale e le divisioni dei diversi
paesi e le fornisca il controllo accentrato richiesto da
una strategia globale.
354
Per molte imprese la soluzione è ancora quella di
implementare una struttura globale per gruppi di
prodotti.
La struttura per gruppi di prodotti consente al
management di stabilire il modo migliore per attuare
una strategia globale – per esempio di decidere in
quale paese svolgere ognuna delle attività legate alla
catena del valore, come la produzione o la
progettazione dei prodotti, allo scopo di accrescere
l’efficienza.
355
L’implementazione della strategia
transnazionale





Struttura globale a matrice:
Riduce la struttura globale dei costi;
Differenzia le attività grazie al rafforzamento
dell’innovazione e della rispondenza al cliente su scala
globale;
I manager a livello regionale o nazionale dirigono le
attività locali;
I team corporate di prodotto sono raggruppati per
regione e rappresentati lungo l’asse orizzontale;
356


Prevede il decentramento del controllo ai manager
esteri e offre loro una notevole flessibilità nella
gestione delle questioni locali;
Può fornire ai direttori corporate e ai direttori di
prodotto il controllo accentrato di cui hanno bisogno
per coordinare le attività aziendali a livello globale.
357
Struttura globale a matrice
358
CAPITOLO 9
La progettazione organizzativa, le
competenze e la tecnologia
359
Obiettivi di apprendimento

Capire che cos’è la tecnologia e qual è il suo impatto
sull’efficacia dell’organizzazione.

Discernere fra tre tipi di tecnologia che danno luogo a
competenze diverse.

Capire come e perché ogni tipo di tecnologia deve
essere abbinato a una determinata tipologia di
struttura organizzativa per garantire l’efficacia
dell’organizzazione.
360

Comprendere l’impatto della tecnologia sulla cultura
organizzativa.

Prendere atto di come i progressi tecnologici e le
nuove tecniche adibite alla gestione della tecnologia
stiano contribuendo a un aumento dell’efficacia delle
organizzazioni.
361
Che cos’è la tecnologia?
La tecnologia è l’insieme delle competenze, le
conoscenze, le capacità, le tecniche, i macchinari, i
materiali, i computer, gli strumenti e le altre
attrezzature che le persone utilizzano per cambiare o
trasformare i materiali grezzi in prodotti e servizi di
valore.
All’interno dell’organizzazione, la tecnologia è
strutturata su tre livelli: individuale, funzionale o
dipartimentale e organizzativo.
362

LIVELLO INDIVIDUALE: la tecnologia corrisponde alle

LIVELLO FUNZIONALE O DIPARTIMENTALE: le procedure e le

LIVELLO ORGANIZZATIVO: il modo in cui l’organizzazione
•
•
competenze, le conoscenze e le capacità possedute dalle singole
persone.
tecniche sviluppate dai gruppi di lavoro allo scopo di svolgere il
loro incarico danno vita a una serie di competenze che
costituiscono la tecnologia.
trasforma gli input in output.
PRODUZIONE DI MASSA: è la tecnologia organizzativa basata sulle
competenze relative all’utilizzo di un assemblaggio
standardizzato e progressivo volto alla fabbricazione dei
prodotti.
PRODUZIONE DI STAMPO ARTIGIANALE: è la tecnologia in base a
cui i gruppi di lavoratori esperti interagiscono a stretto
contatto e mettono in comune le loro competenze allo scopo
di realizzare dei prodotti su misura.
363
La tecnologia e l’efficacia
dell’organizzazione
La tecnologia è presente in tutte le attività
dell’organizzazione: input, trasformazione e
output.

INPUT: consente a ciascuna delle funzioni di curare il

rapporto con gli stakeholder esterni in modo tale che
l’organizzazione possa gestire efficacemente l’ambiente
specifico in cui opera.
TRASFORMAZIONE: trasforma gli input in output.
OUTPUT: consente all’organizzazione di smaltire
efficacemente i beni e i servizi finiti erogandoli agli
stakeholder esterni.

364
Processi di input, trasformazione e
output
365
La complessità tecnologica: la teoria di
Joan Woodward
La tecnologia viene detta programmata quando le
procedure atte alla trasformazione degli input in
output possono essere specificate in anticipo, in
modo tale che le attività vengano standardizzate e
il processo di lavoro diventi prevedibile.
366
COMPLESSITA’ TECNOLOGICA: ovvero la misura
in cui può essere programmato un processo
produttivo in modo da poter essere controllato e
da diventare prevedibile.
Si parla di:
• Alta complessità tecnologica: quando i processi di
trasformazione possono essere programmati a
priori e completamente automatizzati
• Bassa complessità tecnologica: quando i processi di
trasformazione dipendono soprattutto dalle
persone e dalle relative competenze e conoscenze,
invece che dalle macchine.

367
Joan Woodward identificò dieci tipi di complessità
tecnologica e li associò a tre tipi di tecnologia
produttiva:
1. La tecnologia per unità e piccole serie;
2. La tecnologia per grandi serie e di massa;
3. La tecnologia a ciclo continuo.
368

TECNOLOGIA PER UNITA’ E PICCOLE SERIE:
•
Riguarda la realizzazione di prodotti su misura, di
pezzi unici, oppure di piccole quantità di prodotti;
Il processo di trasformazione è flessibile in quanto il
lavoratore riadatta continuamente le tecniche in
modo da soddisfare le richieste dei singoli clienti;
Comporta dei costi di gestione relativamente alti;
È quella caratterizzata dalla complessità tecnologica
più bassa.
•
•
•
369

TECNOLOGIA PER GRANDI SERIE E DI MASSA:
•
Riguarda la realizzazione di grandi volumi di prodotti
standardizzati (come autovetture, lamette da barba,
lattine di alluminio e bibite gassate);
Le attività lavorative vengono standardizzate e il
processo produttivo risulta altamente controllabile;
Consente all’organizzazione di risparmiare sui costi di
produzione e offrire prezzi di vendita più bassi;
È caratterizzata da una maggiore complessità
tecnologica.
•
•
•
370

TECNOLOGIA A CICLO CONTINUO:
•
La caratteristica distintiva della tecnologia è la fluidità
gestionale;
La produzione procede con delle variazioni minime
negli output, e si ferma raramente
Il compito dei dipendenti è soprattutto quello di
affrontare e risolvere le situazioni anomale;
Raggiunge una maggiore efficienza tecnologica rispetto
alla produzione di massa in quanto è più meccanizzata
e automatizzata, e di conseguenza risulta più
prevedibile e facile da controllare;
La complessità tecnologica raggiunge il culmine.
•
•
•
•
371
La complessità tecnologica e i tre tipi
di tecnologia
372
Complessità tecnologica e implicazioni
di progettazione organizzativa
Le organizzazioni che si avvalgono di una tecnologia per
piccole serie:
• Problema dell’impossibilità di programmare le attività
di trasformazione, in quanto la produzione dipende
dalle competenze e le esperienze delle persone che
collaborano al processo produttivo;
• La struttura più adatta alla tecnologia per unità e
piccole serie è una struttura organica in cui i manager e
i dipendenti lavorano a stretto contatto per
coordinare le attività in modo da soddisfare le
mutevoli esigenze lavorative.
373
Le organizzazioni che impiegano la tecnologia di
produzione di massa:
• Possibilità di programmare a priori le attività consente
di standardizzare il processo produttivo e far sì che
diventi possibile;
• La struttura di massa diventa la più appropriata in vista
del controllo del processo di lavoro e la struttura
organizzativa diventa più ampia e più stratificata.
374
Le organizzazioni che impiegano la tecnologia a ciclo
continuo:
• Le attività possono essere programmate a priori e il
processo di lavoro è prevedibile e controllabile dal
punto di vista tecnologico;
• C’è sempre il rischio di un grave blocco del sistema;
• La struttura organica è quella più adatta alla gestione di
una tecnologia a ciclo continuo, in quanto il fatto che
possano verificarsi degli eventi inaspettati richiede
all’organizzazione di potervi rispondere con flessibilità
e in tempi rapidi.
375
Complessità tecnologica e struttura
organizzativa
376
L’imperativo tecnologico
Le scoperte di Woodward, suggeriscono con evidenza
che la tecnologia sia un fattore che incide in modo
rilevante sulla progettazione della struttura
organizzativa.
Esse implicano che se l’impresa impiega una determinata
tecnologia, debba adottare un determinato tipo di
struttura per assicurarsi di essere efficace.


La scuola di Aston sostiene che la tecnologia è solo
una determinante della struttura
La dimensione dell’organizzazione incide più della
tecnologia sulla struttura prescelta
377
Attività di routine e attività complesse:
la teoria di Charles Perrow
Secondo Charles Perrow, la differenza fra le attività e
le tecnologie di routine e quelle non di routine,
ovvero complesse, dipende da due fattori:
1. La variabilità
2. L’analizzabilità
378
Variabilità e analizzabilità delle attività

•
•
VARIABILITA’ DI UN’ATTIVITA’: corrisponde al numero
di eccezioni – ovvero di situazioni inedite o
inaspettate – in cui una persona si imbatte mentre
svolge un’attività.
La variabilità è alta quando una persona può aspettarsi
di incontrare molte situazioni o molti problemi inediti
mentre svolge l’attività in questione;
La variabilità è bassa quando l’attività è ripetitiva o
altamente standardizzata cosicché il lavoratore si
imbatte continuamente nelle stesse situazioni.
379

ANALIZZABILITA’ DI UN’ATTIVITA’: corrisponde alla
•
misura in cui bisogna effettuare delle ricerche allo
scopo di risolvere un problema.
L’analizzabilità è alta quando l’attività è di routine.
380
I quattro tipi di tecnologia
1)
PRODUZIONE DI ROUTINE: è caratterizzata da una bassa
variabilità e un’alta analizzabilità delle attività.
2)
PRODUZIONE DI STAMPO ARTIGIANALE: sia la variabilità
delle attività sia la loro analizzabilità è bassa.
3)
PRODUZIONE INGEGNERISTICA: sia la variabilità delle
attività che l’analizzabilità sono alte.
4)
RICERCA CHE ESULA DALLA ROUTINE: caratterizzata da
un’alta variabilità e una bassa analizzabilità delle attività.
381
La variabilità delle attività, l’analizzabilità
delle attività e i quattro tipi di tecnologia
382
Tecnologia di routine e struttura
organizzativa
Quando l’impresa adotta una tecnologia di routine,
i dipendenti svolgono delle attività chiaramente
definite in base a regole e procedure ben
consolidate.
 Struttura meccanica
383
Tecnologia che esula dalla routine e
struttura organizzativa
Quando l’impresa impiega una tecnologia che esula
dalla routine deve sviluppare una struttura che
consenta ai dipendenti di reagire rapidamente alle
eccezioni, e di sviluppare delle nuove procedure in
modo da adattarsi rapidamente alle mutevoli
condizioni.
• Struttura organica
384
Attività di routine/non di routine e
progettazione organizzativa
385
Rapporti di interdipendenza delle
attività: la teoria di James D. Thompson
La visione di Thompson si occupa principalmente
dell’impatto dei rapporti di interdipendenza delle
attività, ovvero le correlazioni interne fra le diverse
attività svolte dall’organizzazione, sulla tecnologia e la
struttura.
Thompson identificò tre tipi di tecnologia:
1. Tecnologia di mediazione
2. Tecnologia di concatenamento
3. Tecnologia intensiva
386
Tecnologia di mediazione e
interdipendenza generica

TECNOLOGIA DI MEDIAZIONE: è
caratterizzata da un
processo di lavoro in cui ciascuna delle attività previste
nelle fasi di input, trasformazione e output può essere
svolta indipendentemente dalle altre.
E’efficace nella gestione delle interdipendenze
generiche pooled, nel senso che ogni componente
organizzativa –che si tratti di una persona, un team o
un dipartimento –contribuisce separatamente alla
performance complessiva dell’organizzazione.
387
Tecnologia di concatenamento e
interdipendenza sequenziale

TECNOLOGIA DI CONCATENAMENTO: è basata su un
processo di lavoro in cui le attività legate alla fase di input,
trasformazione e output devono essere svolte in sequenza.
Questa tecnologia è efficace nella gestione delle
interdipendenze sequenziali, il che significa che le azioni di
una persona o un dipartimento incidono direttamente su
quelle di un’altra persona o dipartimento, pertanto il lavoro
non può essere portato a termine consentendo a ciascuno
di operare indipendentemente dagli altri.

Slack resource: risorse in eccesso o in surplus che
accrescono la capacità dell’organizzazione di affrontare le
situazioni inaspettate.
388
La tecnologia intensiva e
l’interdipendenza reciproca


TECNOLOGIA INTENSIVA: è
caratterizzata da un processo
di lavoro in cui le attività legate alla fase di input, quella
di trasformazione e quella di output sono inseparabili.
È basata sull’interdipendenza reciproca delle attività. Le
attività di tutti i dipendenti e di tutti i dipartimenti
sono legate da una totale dipendenza reciproca.
Specializzazione: la produzione di una gamma limitata
di output.
389
L’interdipendenza delle attività e i tre
tipi di tecnologia
390
Dalla produzione di massa alla
tecnologia di produzione avanzata
La produzione di massa tradizionale è basata su:
• Utilizzo di macchinari dedicati: ovvero macchinari che
possono svolgere solo un’operazione alla volta e
dedicati a produrre una gamma ristretta di prodotti.
• Impiego di lavoratori fissi: ovvero dei lavoratori che
seguono delle procedure di lavoro standardizzate, e
pertanto accrescono il grado di controllo sul
processo di trasformazione da parte
dell’organizzazione.
391
La produzione di massa:
• Cerca di ridurre i costi tutelando il processo di
trasformazione dalle incertezze che derivano dai
turbamenti dell’ambiente esterno.
• Pregiudica notevolmente la flessibilità dell’organizzazione.
A volte si usa il termine automazione rigida (fixed automation)
per descrivere l’approccio tradizionale all’organizzazione
del processo produttivo.
La compresenza di macchinari delicati, lavoratori che
svolgono solo una ristretta gamma di attività fisse e la
grande quantità di scorte in magazzino, fanno si che risulta
molto costoso e difficile iniziare a fabbricare dei prodotti di
tipo diverso quando cambiano le preferenze della clientela.
392
Il flusso di lavoro
393
La tecnologia di produzione avanzata: le
innovazioni emerse nell’ambito della tecnologia
dei materiali

TECNOLOGIA DI PRODUZIONE AVANZATA: (detta anche ATM,

advanced manufacturing technology) è una tecnologia che
consiste in una serie di innovazioni nell’ambito della
tecnologia dei materiali e della tecnologia della conoscenza che
trasformano il processo di lavoro seguito dalle organizzazioni
dedite alla produzione di massa tradizionale.
TECNOLOGIA DEI MATERIALI: comprende i macchinari, le
attrezzature di altro genere e i computer. L’organizzazione,
nell’ambito dell’ATM, cerca attivamente di accrescere la
propria capacità di integrare o coordinare il flusso delle
risorse tra le attività previste nelle fasi di input,
trasformazione e output.
394
Il computer – aided design
Il Computer - aided design (CAD): è una tecnica
di produzione avanzata che semplifica
notevolmente il processo di progettazione.
Il CAD consente di progettare un nuovo
componente o microcircuito visualizzandolo sul
monitor di un computer e successivamente basta
premere un bottone, non per stampare le
specifiche del componente ma per produrlo
concretamente.

395
Il computer – aided material
management

Computer - aided material management (CAMM): è una
tecnica di produzione avanzata che viene impiegata per
governare il flusso delle materie prime e dei componenti
nel processo di trasformazione, definire la programmazione
produttiva e tenere sotto controllo il magazzino.

Il computer – aided material management consente di
seguire l’approccio pull. Il flusso dei materiali di input è
governato dalle richieste dei clienti, relative alla fornitura
dei prodotti finiti; pertanto gli input vengono “tirati” (pulled)
nel processo di trasformazione a seguito di una trazione
proveniente dalla fase di output.
396
Just in time inventory system

Just - in - time inventory system (sistema JIT): è un sistema
che prevede che gli input e i componenti richiesti per la
produzione vengano erogati al processo di conversione
solo nel momento esatto in cui ce n’è bisogno, né prima né
dopo, in modo tale che le scorte degli input a magazzino
siano mantenute a un livello minimo.

Affinché il just-in-time inventory system funzioni
correttamente l’organizzazione deve utilizzare il CAMM in
quanto consente di comunicare tramite computer con i
fornitori.

Il sistema JIT accresce l’interdipendenza delle attività
previste nelle diverse fasi del ciclo di produzione.
397
Il just-in-time inventory system
398
Tecnologia di produzione flessibile e
computer – integrated manufacturing


TECNOLOGIA DI PRODUZIONE: consente la
produzione di molti tipi di componenti a un costo
equivalente, o leggermente superiore, a opera dello
stesso macchinario.
Ognuno dei macchinari è in grado di svolgere una
gamma di operazioni diverse, e i macchinari posti in
sequenza possono variare le attività che svolgono in
modo che si possa produrre un’ampia varietà di
componenti diversi.
399

COMPUTER-INTEGRATED MANUFACTURING: è una
tecnica di produzione avanzata che governa il
passaggio da un’attività all’altra in base ai comandi dati
ai macchinari tramite un apposito software.
 Esso comprende una serie di computer programmati
in modo tale da:
1. Fornire i componenti ai macchinari;
2. Assemblare il prodotto a partire dai componenti e
trasferirlo da un macchinario all’altro;
3. Trasportare il prodotto finale dall’ultimo macchinario
all’area spedizioni.
Un aspetto essenziale del CIM è l’utilizzo dei robot.
400
CAPITOLO 10
Tipi e forme di cambiamento
organizzativo
401
Obiettivi di apprendimento

Comprendere il rapporto fra il cambiamento organizzativo, la
ristrutturazione e l’efficacia organizzativa.

Distinguere le principali forme o tipi di cambiamento
incrementale e radicale che le organizzazioni devono
fronteggiare.

Riconoscere i problemi legati alla gestione dei cambiamenti e
gli ostacoli da superare.

Descrivere il processo di cambiamento e comprendere le
tecniche che possono essere utili per aiutare
un’organizzazione a ottenere il successo desiderato.
402
Che cos’è il cambiamento
organizzativo?
Il cambiamento organizzativo è il processo attraverso il
quale le organizzazioni modificano la loro condizione
presente in una futura per accrescere la loro efficacia.
Lo scopo del cambiamento organizzativo pianificato è
quello di trovare nuovi metodi per utilizzare le risorse
e le competenze, allo scopo di aumentare la capacità
dell’organizzazione di creare valore e accrescere il
valore creato per gli azionisti.
403
Obiettivi del cambiamento
Il cambiamento organizzativo pianificato è normalmente
finalizzato ad accrescere l’efficacia a uno o più dei
quattro livelli: risorse umane, risorse funzionali,
tecnologia e organizzazione.

RISORSE UMANE: le persone con il loro capitale di
conoscenze, abilità e motivazione, rappresentano un
cruciale “capitale” a disposizione di un’organizzazione.
404
Dal momento che queste competenze e abilità
conferiscono a un’organizzazione il vantaggio
competitivo, le organizzazioni devono continuamente
monitorare le loro strutture per individuare il modo
più efficace per motivare e organizzare le risorse
umane al fine di acquisire e usare le loro competenze.
405
Gli sforzi più comuni diretti al cambiamento nel campo
delle risorse umane riguardano:
1. Nuovi investimenti in attività di formazione e
sviluppo affinché gli impiegati acquisiscano nuove
competenze e abilità;
2. Far si che gli impiegati familiarizzino con la cultura
organizzativa in modo tale che imparino i nuovi
processi, i nuovi ruoli, le nuove routine e le nuove
regole;
3. Continuo esame del modo in cui il sistema di
promozione e di ricompensa opera nel contesto di
una forza lavoro diversificata;
4. Cambiamento della composizione del top
management per migliorare l’apprendimento
organizzativo e il decision making.
406

RISORSE FUNZIONALI:
Man mano che l’ambiente cambia, le organizzazioni
trasferiscono le risorse verso funzioni che consentono
di creare il maggior valore possibile.
Un’organizzazione può accrescere il valore creato dalle
sue funzioni cambiando la propria struttura, la propria
cultura, la propria tecnologia.
TECNOLOGIA:
La tecnologia dà all’organizzazione enormi possibilità di
cambiamento nell’ottica di sfruttare le opportunità di
mercato.
A livello di organizzazione è necessario fornire il
contesto che consente all’azienda di tradurre le
proprie competenze tecnologiche in valore per i
propri azionisti.

407

ORGANIZZAZIONE:
I cambiamenti nella struttura e nella cultura hanno
luogo a tutti i livelli dell’organizzazione e
comprendono il cambiamento delle routine che il
singolo utilizza per accogliere i clienti, dei rapporti
all’interno dei gruppi di lavoro, l’accrescimento
dell’integrazione fra i diversi reparti e il cambiamento
della cultura aziendale attraverso la sostituzione del
top management.
 Questi
quattro livelli su cui può avvenire il
cambiamento sono ovviamente interdipendenti;
spesso infatti è impossibile cambiarne uno senza che
anche gli altri subiscano dei cambiamenti.
408
Spinte e resistenze al cambiamento
organizzativo
L’ambiente organizzativo è in continuo cambiamento, e
un’organizzazione deve adattarsi a questi cambiamenti
se vuole sopravvivere.

SPINTE AL CAMBIAMENTO:
Nell’ambiente esterno, sono molte le istanze che hanno
un impatto sull’organizzazione, e riconoscere questi
elementi è uno dei compiti più importanti del manager.
Se infatti i manager sono lenti nel rispondere alle spinte
competitive, economiche, politiche, globali e di altro
genere, l’organizzazione rimarrà indietro rispetto ai
suoi concorrenti.
409

SPINTE COMPETITIVE:
Le organizzazioni si sforzano continuamente di ottenere
vantaggi dal punto di vista competitivo.
La competizione costituisce una spinta per il
cambiamento perché, se un’organizzazione non
raggiunge o sorpassa i suoi concorrenti quanto a
efficienza, qualità o capacità di innovare nuovi o
migliorati prodotti o servizi, non può sopravvivere.
410

SPINTE ECONOMICHE, POLITICHE E GLOBALI:
Le spinte economiche, politiche e globali influenzano
continuamente le organizzazioni e obbligano a
cambiare i loro metodi e luoghi di produzione di
merci e servizi.
Le unioni economico-politiche fra le nazioni stanno
diventando sempre più una spinta al cambiamento.
Altre sfide globali per le organizzazioni sono costituite
dalla necessità di modificare la struttura organizzativa
per consentire l’espansione nei mercati esteri, dal
bisogno di adattarsi a una grande varietà di culture
nazionali e aiutare i propri manager all’estero ad
adattarsi ai valori economici, politici e culturali della
nazione nella quale vivono e lavorano.
411

SPINTE DEMOGRAFICHE E SOCIALI:
Gestire una forza lavoro diversificata è una delle sfide
più impegnative che si presentano alle organizzazioni.
I cambiamenti nella composizione della forza lavoro e la
crescente diversità degli impiegati presentano molte
sfide e opportunità.
Le organizzazioni stanno sempre più accettando che la
più importante fonte di vantaggio competitivo e di
efficacia organizzativa sta nell’utilizzare appieno le
competenze dei loro impiegati, dando loro
l’autonomia di prendere decisioni importanti e
significative.
412

SPINTE ETICHE:
È fondamentale che un’organizzazione si muova nel senso
della promozione di un comportamento etico davanti
alle crescenti richieste di carattere governativo, politico
e sociale rispetto a una politica aziendale più
responsabile e onesta.
Molte aziende hanno creato dunque la figura dell’ethics
officer, una persona cui gli impiegati possono riportare
le inadempienze di carattere etico commesso dai
manager e dai lavoratori di un’organizzazione, e che
possono consultare per ricevere consigli su difficili
questioni etiche.
413

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO:
Una delle principali ragioni dell’incapacità di alcune
organizzazioni di cambiare, sta nell’inerzia organizzativa,
vale a dire la tendenza di un’organizzazione a mantenere
lo status quo.
La resistenza al cambiamento diminuisce l’efficacia
organizzativa e riduce la possibilità di sopravvivenza.
Le resistenze o gli impedimenti al cambiamento che
causano inerzia si ritrovano a livello organizzativo, di
gruppo e individuale.
414
RESISTENZE AL CAMBIAMENTO A LIVELLO
ORGANIZZATIVO:
All’interno di un’organizzazione sono molte le forze che
rendono difficile adeguarsi alle condizioni che cambiano
nell’ambiente circostante.
A livello organizzativo, gli impedimenti più potenti al
cambiamento comprendono il potere e il conflitto, le
differenze di orientamento funzionale, struttura meccanica e
cultura organizzativa.

POTERE E CONFLITTO:
Il cambiamento comporta, di solito, dei benefici per alcuni
individui, funzioni o unità organizzative a spese di altri.
Quando il cambiamento porta con sé lotte di potere e
conflitto organizzativo, è probabile che l’organizzazione
opponga resistenza.

415

DIFFERENZE NELL’ORIENTAMENTO FUNZIONALE:
Spesso le diverse divisioni e i diversi reparti vedono
con occhi diversi uno stesso problema, proprio
perché lo considerano solo dal loro punto di vista.
Questa visione “a tunnel” non fa che aumentare
l’inerzia organizzativa, perché l’organizzazione deve
spendere tempo ed energia nel mettere a fuoco la
fonte del problema prima di poter anche solo
considerare in che modo l’organizzazione dovrebbe
cambiare per far fronte al problema stesso.
416

STRUTTURA MECCANICA:
Le strutture meccaniche e burocratiche sono le più resistenti ai
cambiamenti.
Dalle persone che lavorano in queste tipologie di organizzazione
ci si aspetta un determinato comportamento ed è improbabile
che sviluppino la capacità di adattare il loro comportamento al
mutamento delle condizioni esterne.
CULTURA ORGANIZZATIVA:
Se il cambiamento organizzativo entra in conflitto con i valori e
le norme consolidati e obbliga gli individui a cambiare le loro
azioni e il modo in cui le eseguono, la cultura
dell’organizzazione opporrà resistenza al cambiamento.

417

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO A LIVELLO DI GRUPPO:
Molti gruppi sviluppano rigide regole informali che
specificano i comportamenti appropriati e inappropriati,
e governano le interazioni fra i membri propri.
Spesso, il cambiamento altera le suddivisioni dei compiti e
i rapporti all’interno di un gruppo consolidato e, quando
ciò accade, si infrangono le regole del gruppo e le
aspettative non scritte che i suoi componenti hanno
rispetto agli altri.
La coesione e l’attrattiva di un gruppo per i suoi membri
influenzano anche la performance del gruppo stesso.
418
Il groupthink o pensiero di gruppo è una modalità di
assunzione delle decisioni che ha luogo in un gruppo
coeso quando i suoi membri sminuiscono
l’importanza delle informazioni negative o contrarie
alla “visione” della maggioranza del gruppo, allo scopo
di arrivare necessariamente a un consenso unanime.
419

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO A LIVELLO INDIVIDUALE:
Ci sono diverse ragioni per le quali, nell’ambito di
un’organizzazione, gli individui potrebbero essere inclini a
resistere al cambiamento:
• Le persone tendono a resistere al cambiamento perché
provano un senso di incertezza e insicurezza quanto ai
risultati del cambiamento stesso.
• C’è una generale tendenza nelle persone a percepire le
informazioni in maniera selettiva e coerente con la
visione che hanno dell’organizzazione.
420
Così quando avviene il cambiamento, le persone
tendono a focalizzarsi soltanto su come esso influirà
su di loro, sulle loro mansioni o sulla loro unità di
appartenenza, tralasciando l’impatto generale.
L’abitudine e la preferenza per azioni ed eventi
imprevedibili sono ulteriori impedimenti al
cambiamento.
421

LA TEORIA DEL CAMPO DI FORZA DI LEWIN SUL
CAMBIAMENTO:
Un’ampia gamma di forze fa si che un’organizzazione
resista al cambiamento e contemporaneamente
un’altrettanto ampia serie di forze spinge le
organizzazioni verso il cambiamento stesso.
Il ricercatore Kurt Lewin secondo la sua teoria del campo
di forza ha affermato che queste due serie di forze sono
sempre in opposizione all’interno di un’organizzazione.
Quando le forze sono perfettamente bilanciate,
l’organizzazione è in uno stato di inerzia e non cambia.
422
Per ottenere il cambiamento organizzativo, i manager
devono trovare il modo di accrescere le spinte al
cambiamento, ridurre la resistenza al cambiamento o
operare entrambe allo stesso momento.
Una qualunque di queste strategie supererà lo stato di
inerzia e porterà al cambiamento organizzativo.
423
Il cambiamento incrementale e il
cambiamento radicale nelle organizzazioni
Ci sono diversi tipi di cambiamento che i manager
possono mettere in pratica per aiutare le loro
organizzazioni a raggiungere gli obiettivi futuri
desiderati.
I cambiamenti si suddividono in due grandi categorie: il
cambiamento incrementale e il cambiamento radicale.
424
Il cambiamento incrementale è graduale,
progressivo e minuzioso.
È un tipo di cambiamento che non prevede un’alterazione
drastica o improvvisa delle caratteristiche
fondamentali della strategia o della struttura di
un’organizzazione, ma un continuo tentativo di
migliorare, adattare e aggiustare le strategie e le
strutture in modo incrementale per adattarsi ai
cambiamenti che avvengono nell’ambiente.
Il cambiamento incrementale viene messo in atto per
gradi, progressivamente.
1.
425
Il cambiamento radicale è rapido, drastico e di ampia
portata.
Esso comporta un coraggioso tentativo di trovare
rapidamente dei nuovi modi per essere efficaci.
È probabile che contempli un cambiamento radicale nel
modo di fare le cose, dei nuovi obiettivi e una nuova
struttura.
Ha ripercussioni a tutti i livelli dell’organizzazione:
dell’azienda, dei reparti, delle funzioni, dei gruppi e degli
individui.
Tre importanti strumenti del cambiamento radicale sono:
la reingegnerizzazione dei processi, la ristrutturazione
e l’innovazione organizzativa.
2.
426
GLI SVILUPPI NEL CAMBIAMENTO INCREMENTALE: LA
TEORIA DEI SISTEMI SOCIOTECNICI
La teoria dei sistemi sociotecnici è una teoria che propone
l’importanza di cambiare i ruoli e i compiti, o le relazioni
tecniche per accrescere l’efficacia dell’organizzazione.
Secondo tale teoria, i manager devono adattare o
“ottimizzare congiuntamente” i meccanismi del sistema
tecnico e di quello sociale di un’organizzazione per
promuoverne l’efficacia.
Uno scarso adeguamento fra la tecnologia di
un’organizzazione e il sistema sociale conduce al fallimento,
mentre un adeguamento preciso porta al successo.
Quando i manager cambiano i rapporti di compito e di ruolo,
devono tener presente la necessità di aggiustare in modo
graduale i sistemi tecnici e sociali, in modo tale che le
norme e la coesione del gruppo non vengano turbate.

427

TOTAL QUALITY MANAGEMENT (TQM):
È uno sforzo continuo e incessante da parte di tutte le
funzioni di un’organizzazione per trovare nuovi metodi
per migliorare la qualità delle merci e dei servizi
dell’organizzazione.
Una volta che un’organizzazione adotta il TQM, esso
conduce a un cambiamento continuo e incrementale, e
ci si aspetta che tutte le funzioni collaborino le une
con le altre per migliorare la qualità.
I gruppi di confronto aziendali sono quei gruppi di
lavoratori che si incontrano regolarmente per
discutere il modo in cui il lavoro viene eseguito e
trovare nuovi modi per migliorare la resa.
428
Le aziende che scelgono di adottare il tipo di
cambiamento continuo e incrementale derivante
dall’implementazione dei programmi di TQM sono
sempre di più.
Tuttavia, implementare un programma di TQM non è
sempre facile, dal momento che esso obbliga lavoratori
e manager ad adottare nuovi punti di vista sul loro
ruolo in un’organizzazione.
È importante che i lavoratori, come i manager, possano
condividere i maggiori profitti che i programmi TQM di
successo possono garantire.
Il TQM è un processo incrementale che porta dei frutti
solo quando diventa uno stile di vita all’interno di
un’organizzazione.
429
LAVORATORI E TEAM DI LAVORO FLESSIBILI:
Un team di lavoro flessibile è un gruppo di lavoratori e quadri
che si assume la responsabilità di eseguire tutte le
operazioni necessarie per completare una specifica fase nel
processo di produzione.
I lavoratori della linea di produzione che in precedenza erano
responsabili solo dei compiti loro assegnati vengono ora
collocati in gruppi e si vedono conferire la responsabilità
comune per uno stadio del processo produttivo.
I vari team assemblano i diversi componenti e li forniscono al
team che si occupa del prodotto finito, che assembla il
prodotto finale.

430
Tutti i membri di un team sono spesso responsabili della
selezione di nuove leve, persone che ritengono adatte
al team. In questo modo nasce la cultura del team work.
In questo sistema, il ruolo dei manager si trasforma
profondamente e non è più quello di monitorare e
supervisionare le attività dei team di lavoro, ma si
facilitare le attività dei team e fare tutto ciò che
possono per consentire ai team di sviluppare le
procedure migliorate.
431
LA REINGEGNERIZZAZIONE DEI PROCESSI (PROCESS
REENGINEERING)
La reingegnerizzazione comporta un fondamentale
ripensamento e una radicale riprogettazione dei processi
di business, per ottenere sostanziali miglioramenti nei
principali parametri di valutazione della performance,
come i costi, la qualità, il servizio e la velocità.
Piuttosto che focalizzarsi sulle funzioni di un’organizzazione, i
manager di un’organizzazione reingegnerizzata devono
focalizzarsi sui processi.
Sono questi ultimi, infatti, e non le organizzazioni, che
costituiscono l’oggetto della reingegnerizzazione.

432
Un processo è un insieme di attività, funzionali e/o
interfunzionali, tra loro significativamente correlate,
svolte da attori a diversi livelli organizzativi , attività
che aggiungono valore nella creazione di prodotti e/o
servizi destinati a un cliente finale, interno o esterno
all’organizzazione.
Le organizzazioni che intraprendono una
reingegnerizzazione ignorano deliberatamente la
consueta suddivisione dei compiti, l’assegnazione dei
ruoli e delle attività lavorative.
Esse danno avvio al processo di reingegnerizzazione in
una logica “client driver”, dove la generazione del
massimo valore possibile per il cliente diviene il
criterio di valutazione per qualsiasi cambiamento.
433
La domanda chiave alla base di un processo di
reingegnerizzazione è:
• “Come possiamo riorganizzare il modo in cui lavoriamo e i
nostri processi per fornire al cliente merci e servizi della
migliore qualità al minor prezzo possibile?”
Le tre regole per attuare con successo una
reingegnerizzazione sono:
1. Organizzarsi sui risultati, non sui compiti.
2. Fare in modo che chi deve utilizzare gli output del
processo produttivo sia anche chi mette in atto il
processo stesso.
3. Decentralizzare il decision making.
434
E-ENGINEERING
Il termine “e-engineering” si riferisce ai tentativi delle
aziende di utilizzare ogni tipo di sistema informativo
per migliorare la propria performance.
Esso può cambiare il modo in cui un’azienda organizza
le sue funzioni di creazione del valore e le lega al
miglioramento della performance.

435
RISTRUTTURAZIONE
Fa riferimento al processo attraverso il quale i manager
cambiano le relazioni tra compiti e autorità, riprogettando la
struttura e la cultura organizzativa per migliorare l’efficacia
organizzativa.
Un altro tipo di ristrutturazione organizzativa è il downsizing,
il processo attraverso il quale le organizzazioni cercano di
ottimizzare la gerarchia organizzativa e licenziano dei
lavoratori e dei manager per abbattere i costi.

INNOVAZIONE
È l’uso efficiente di competenze e risorse per creare nuove
tecnologie o nuovi beni e servizi in modo tale che
un’organizzazione possa cambiare e rispondere meglio ai
bisogni del cliente.
L’innovazione è uno degli strumenti di cambiamento più difficili
da gestire.

436
Gestione del cambiamento: la ricerca
intervento
La teoria di Lewin ha analizzato il modo in cui i manager
possono apportare il cambiamento alle loro
organizzazioni.
Secondo Lewin, l’implementazione del cambiamento è un
processo in tre fasi:
1. Scongelare l’organizzazione dal suo stato attuale;
2. Attuare il cambiamento;
3. Ricongelare l’organizzazione nel suo nuovo stato
desiderato in modo tale che i suoi membri non
ritornino alle precedenti abitudini lavorative e
comportamenti legati a ruoli.
437
La ricerca intervento è una strategia finalizzata a
generare e acquisire conoscenza che i manager
possano usare per definire lo stato futuro desiderato
da un’organizzazione e per pianificare un programma
di cambiamento che consenta all’organizzazione di
raggiungere questo stato.
438

DIAGNOSI DELLO STATO DELL’ORGANIZZAZIONE:
Il primo passo della ricerca intervento prevede che i
manager riconoscano l’esistenza di un problema che
necessita di soluzione e prendano coscienza del fatto
che alcuni tipi di cambiamento sono necessari per
risolvere i problemi.
Il riconoscimento della necessità di un cambiamento
sorge quando qualcuno all’interno dell’organizzazione
percepisce una lacuna fra la performance desiderata e
quella in corso.
Nella prima fase, i manager devono analizzare ciò che
sta avvenendo e perché si stanno analizzando i
problemi, distinguendo fra sintomi e cause.
439

DETERMINARE LO STATO FUTURO DESIDERATO
I manager elaborano diverse strategie alternative che
potrebbero spostare l’organizzazione verso la
condizione desiderata e determinare quale tipo di
cambiamento implementare .
Identificare lo stato futuro desiderato prevede decidere
quale dovrebbero essere la strategia e la struttura
dell’organizzazione.
440

IMPLEMENTARE L’AZIONE
Implementare l’azione è il terzo passo della ricerca intervento
e consiste a sua volta in un processo in tre fasi:
1. I manager devono identificare i possibili ostacoli che
incontreranno quando cominceranno a mettere in pratica
il cambiamento: impedimenti a livello dell’ organizzazione,
dei gruppi o degli individui.
2. Decidere chi sarà il responsabile per la vera e propria
realizzazione dei cambiamenti e del controllo del processo
di cambiamento. La scelta è fra l’impiegare degli agenti
esterni di cambiamento, cioè dei consulenti esterni
che siano esperti di gestione del cambiamento, o degli
agenti interni di cambiamento, dei manager
appartenenti all’organizzazione che siano ben al corrente
della situazione, o una combinazione di entrambe le
soluzioni.
441
Decidere quale specifica strategia di cambiamento sarà più
efficace per scongelare, cambiare e ricongelare in maniera
efficiente i cambiamenti all’interno dell’organizzazione.
I tipi di cambiamento originati da queste tecniche sono
classificati in due categorie: dall’alto verso il basso e dal basso
verso l’alto.
Il cambiamento dall’alto verso il basso è un cambiamento che
viene implementato dai manager ad alto livello
dell’organizzazione, ed è il risultato di una radicale
ristrutturazione e reingegnerizzazione dell’organizzazione.
Il cambiamento dal basso verso l’alto è quel cambiamento che
viene implementato dagli impiegati ai livelli più bassi
dell’organizzazione e gradualmente sale di livello fino a
essere percepito in tutta l’azienda.
3.
442
VALUTARE L’AZIONE
Il quarto passo nella ricerca intervento consiste nel valutare
l’azione che è stata intrapresa e determinare il grado in cui
i cambiamenti hanno sortito gli effetti desiderati.
Il management decide se è necessario un maggiore
cambiamento per raggiungere lo stato futuro desiderato
per l’organizzazione o se serva un maggiore sforzo per
ricongelare l’organizzazione nel suo nuovo stato.
Il modo migliore per valutare il processo di cambiamento è
quello di sviluppare dei parametri o criteri che consentono
ai manager di stabilire se l’organizzazione ha raggiunto gli
obiettivi desiderati.

443

ISTITUZIONALIZZARE LA RICERCA INTERVENTO
Le organizzazioni decidono di istituzionalizzare la ricerca intervento,
cioè renderla un’abitudine richiesta o una norma adottata da
ciascun membro dell’azienda.
L’istituzionalizzazione della ricerca intervento è necessaria tanto agli
alti livelli dell’organizzazione quanto presso la forza lavoro.
Dal momento che il cambiamento è così difficile e richiede così tanti
sforzi per essere implementato, i membri a ogni livello
dell’organizzazione devono ricevere una ricompensa per il loro
impegno.
• I top manager possono essere premiati con pacchetti azionari e
bonus di produzione;
• I lavoratori di grado inferiore con un piano azionariato per i
dipendenti, premi di produzione e paghe proporzionate alle
performance individuale o del gruppo.
444
Sviluppo organizzativo
Lo sviluppo organizzativo (SO) di un’organizzazione è una
serie di tecniche e metodi che i manager possono
utilizzare nel programma di ricerca intervento per
accrescere l’adattabilità della loro organizzazione.
L’SO fa riferimento a una “complessa strategia educativa
volta a cambiare le tendenze, le abitudini, i valori e la
struttura delle organizzazioni, in modo tale che esse
possano meglio adattarsi alle nuove tecnologie, ai mercati
e alle sfide, oltre che ai vertiginosi tassi di cambiamento
stesso.
Lo scopo dell’SO è migliorare l’efficacia organizzativa e
aiutare i membri delle organizzazioni a raggiungere il loro
potenziale e i loro scopi e obiettivi.
445
TECNICHE DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO PER AFFRONTARE
LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO
Le tattiche che i manager possono utilizzare per ridurre la resistenza
al cambiamento comprendono l’educazione e la comunicazione, la
partecipazione e l’empowerment, la facilitazione, la contrattazione
e la negoziazione, la manipolazione e la coercizione.

EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE
Attraverso l’educazione e la comunicazione, gli agenti del
cambiamento interni ed esterni possono fornire ai membri
dell’organizzazione le informazioni necessarie sul cambiamento e
su come esso influirà su di loro.
Gli agenti del cambiamento possono comunicare queste informazioni
nel corso di incontri di gruppo formali, attraverso dei memo, in
occasione di incontri individuali e, sempre di più, attraverso dei
mezzi elettronici quali e-mail o video-conferenza.

446
PARTECIPAZIONE ED EMPOWERMENT
Sono i due elementi chiave della maggior parte dei programmi
di TQM.
La partecipazione è complementare all’empowerment, accresce
il coinvolgimento dei lavoratori nel processo decisionale e dà
loro maggiore autonomia di cambiare le procedure lavorative
per migliorare la performance organizzativa.
Per incoraggiare i lavoratori a condividere le loro competenze
e i loro talenti, le organizzazioni stanno sempre più spesso
aprendo i loro libri contabili per informarli sulle condizioni
finanziarie dell’azienda.
Alcune organizzazioni usano i piani di azionariato per i
dipendenti (employee stock-ownership plans ESOPs) per
motivare e ricompensare gli impiegati, e per incanalare loro
la dedizione verso il cambiamento.

447
FACILITAZIONE
I manager e i lavoratori considerano stressanti i cambiamenti
perché in queste occasioni le consuete relazioni di ruolo e
compito subiscono un mutamento.
Ci sono diversi modi in cui le organizzazioni possono aiutare i
loro componenti a gestire lo stress:
• fornendo loro la necessaria formazione per aiutarli a imparare a
svolgere nuovi compiti,
• accordando permessi supplementari per contrastare gli effetti
dello stress causato dal cambiamento,
• persino concedendo ai membri più anziani un anno sabbatico
durante il quale ristabilirsi e pianificare le future attività
lavorative.
Molte aziende incaricano psicologi e consulenti specializzati
nell’aiutare gli impiegati ad affrontare lo stess associato al
cambiamento.

448
CONTRATTAZIONE E NEGOZIAZIONE
Sono strumenti importanti che aiutano i manager a gestire i
conflitti generati dai cambiamenti e superare la resistenza.
Servendosi della ricerca intervento, i manager sono in grado di
anticipare gli effetti del cambiamento sulle relazioni fra gli
individui e fra i gruppi.
I manager possono utilizzare questa conoscenza per aiutare le
diverse persone e i diversi gruppi a negoziare i loro compiti
e i loro ruoli futuri, e a raggiungere dei compromessi.
La negoziazione aiuta anche gli individui e i gruppi a capire in
che modo il cambiamento influenzerà gli altri.

449
MANIPOLAZIONE
Quando risulta evidente che il cambiamento aiuterà alcuni individui
e gruppi a spese di altri, i manager senior devono intervenire nel
processo di contrattazione e manipolare la situazione per
assicurarsi il consenso, o quantomeno l’accettazione di varie
persone e gruppi.

COERCIZIONE
La misura estrema per eliminare la resistenza al cambiamento è
quella di forzare i principali attori della scena organizzativa ad
accettare il cambiamento e minacciare tremende conseguenze se
scelgono di resistere.
I top manager cercano di usare il legittimo potere a loro
disposizione per annullare la resistenza al cambiamento e per
eliminarla.
Il vantaggio della coercizione può stare nella velocità alla quale
avviene il cambiamento.
Lo svantaggio è che può lasciare le persone arrabbiate e disilluse, e
rendere difficile il processo di ricongelamento.

450
TECNICHE DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO PER
PROMUOVERE IL CAMBIAMENTO
Molte tecniche di SO sono progettate per attuare dei
cambiamenti e ricongelarli nell’organizzazione.
Più radicale è un cambiamento più è probabile che
un’organizzazione utilizzi tecniche di SO a tutti e tre i
livelli.
Il counselling, il sensitivity training e la consulenza di processo
sono tre tecniche di SO il cui scopo è quello di cambiare le
abitudini e i comportamenti degli individui.
A livello del gruppo e dell’organizzazione sono efficaci
tecniche diverse.

451
COUNSELLING, SENSITIVITY TRAINING E
CONSULENZA DI PROCESSO
Tutti gli individui hanno personalità diverse e queste differenze
li conducono a interpretare e a reagire alle persone e agli
eventi in modi molto diversi.
Il counselling e il sensitivity training sono tecniche che le
organizzazioni possono utilizzare per aiutare gli individui a
capire la natura della propria personalità e di quella altrui, e a
usare queste conoscenze per migliorare i rapporti con gli
altri.
Il sensitivity training è un tipo di counselling molto intensivo
durante il quale i membri di un’organizzazione che hanno
problemi nel relazionarsi agli altri partecipano a incontri di
gruppo con un facilitatore per approfondire il modo in cui
loro stessi e gli alti membri del gruppo percepiscono il
mondo.

452
La consulenza di processo è una tecnica di SO nella quale un
facilitatore lavora a stretto contatto con un manager per aiutarlo
a migliorare la sua interazione con gli altri membri del gruppo.
TEAM BUILDING E INTERGROUP TRAINING
È un comune metodo per migliorare le relazioni all’interno di un
gruppo in cui tutti i membri si impegnano a provare a migliorare
le loro interazioni lavorative.
Lo scopo del team building è quello di migliorare il modo in cui i
membri di un gruppo collaborano tra loro.
È importante nel momento in cui la reingegnerizzazione riorganizza
il modo in cui le persone in diversi ruoli collaborano.
Il team building facilita lo sviluppo di norme e valori funzionali di
gruppo e aiuta i componenti del gruppo stesso a sviluppare un
approccio comune alla risoluzione dei problemi.

453
L’intergroup training è una tecnica di SO che utilizza il
team building per migliorare i modi in cui le diverse
mansioni o divisioni collaborano.
Il suo obiettivo è quello di migliorare la performance
organizzativa ponendo l’attenzione sulle attività comuni
e gli output di un ruolo o di una divisione.
Lo specchio organizzativo è una tecnica di SO
pensata per migliorare l’efficacia dei gruppi
interdipendenti.
454
INTERVENTI SULL’INTERA ORGANIZZAZIONE
A livello dell’organizzazione si può utilizzare una serie di
tecniche di SO per promuovere dei cambiamenti che
interessino l’intera organizzazione.
Una di queste è il meeting di confronto
organizzativo nella quale i manager si incontrano
per valutare se l’organizzazione stia raggiungendo i
propri obiettivi in maniera efficace.

455
CAPITOLO 11
Trasformazioni organizzative: nascita,
crescita, declino e morte
456
Obiettivi di apprendimento

Valutare i problemi legati alla sopravvivenza nelle
situazioni di pericolo legate alla nascita
dell’organizzazione e ciò che i fondatori possono fare
per aiutare la neonata organizzazione a sopravvivere.

Descrivere i problemi tipici che sorgono nel momento in
cui un’organizzazione cresce e matura, e come
un’organizzazione deve cambiare se vuole sopravvivere e
prosperare.

Discutere i motivi per i quali avviene il declino di
un’organizzazione, identificare le fasi del declino e
spiegare come i manager possono cambiare la loro
organizzazione per evitare gli errori e l’eventuale morte
o dissoluzione dell’organizzazione.
457
Il ciclo di vita dell’organizzazione
Ciclo di vita organizzativo: si tratta di una sequenza
prevedibile di crescita e cambiamento.
Le quattro principali fasi del ciclo di vita organizzativo
sono:
1. Nascita
2. Crescita
3. Declino
4. Morte
458
Modello del ciclo di vita
dell’organizzazione
459
Nascita dell’organizzazione
Le organizzazioni nascono quando degli individui, gli
imprenditori, riconoscono e traggono vantaggio dalle
opportunità di usare le loro competenze e
conoscenze per creare valore.
La nascita di un’organizzazione, cioè la sua fondazione, è
una fase piuttosto pericolosa del ciclo di vita ed è
associata alle maggiori possibilità di fallimento.
Il tasso di fallimento è alto perché le nuove
organizzazioni passano attraverso la cosiddetta liability
of newness, vale a dire ai pericoli legati all’esplorazione
di ambienti nuovi, magari in posizione di first mover.
460
Una nuova organizzazione è fragile perché manca di
una struttura formale che dia stabilità e certezza
ai suoi processi e azioni volti a creare valore.
La struttura di un’organizzazione emerge
gradualmente, man mano che vengono prese le
decisioni su procedure e tecnologie.
All’inizio, nelle nuove organizzazioni, la struttura è
solo nella mente del fondatore, non è formalizzata
in un grafico o in una serie di regole. La struttura
è flessibile e reattiva, e permette all’organizzazione
di adattare e perfezionare le sue routine per
soddisfare le esigenze dell’ambiente.
461
Una struttura flessibile può costituire un vantaggio
quando consente all’organizzazione di cambiare e
trarre vantaggio dalle nuove opportunità, ma può
anche rappresentare uno svantaggio.
Una struttura formale fornisce stabilità e certezza dal
momento che funge da memoria
dell’organizzazione.
La struttura specifica le attività di un’organizzazione e
le procedure per eseguirle.
462

SVILUPPARE UN NUOVO BUSINESS PLAN:

La pianificazione di un nuovo business ha inizio quando
un imprenditore nota l’opportunità di sviluppare un
nuovo o migliorato prodotto o servizio rivolto all’intero
mercato o a una specifica nicchia di settore.

Il passo successivo è quello di testare la fattibilità della
nuova idea. L’imprenditore conduce un planning
strategico quanto più possibile accurato, servendosi
delle analisi SWOT, l’analisi dei punti forti e dei punti
deboli dell’organizzazione, e delle opportunità e delle
minacce ambientali.
463

Se l’analisi ambientale suggerisce che l’idea del
prodotto è realizzabile, il passo successivo è esaminare
i punti di forza e i punti deboli dell’idea.

Decidere se l’idea del nuovo prodotto è realizzabile e
sviluppare il vero e proprio business plan che sarà
utilizzato per attrarre investitori o fondi dalle banche.
464

Nel business plan dovranno essere inseriti gli stessi
elementi base del piano di sviluppo del prodotto:
1.
Dichiarazione di intenti, scopi e obiettivi finanziari
dell’organizzazione.
2.
Dichiarazione di obiettivi strategici dell’organizzazione che
comprenda un’analisi del potenziale di mercato del prodotto
basata sull’analisi SWOT che è stata già condotta.
3.
Elenco delle risorse funzionali ed organizzative necessarie ad
implementare con successo la nuova idea di prodotto,
compreso un elenco delle necessità in termini tecnologici,
finanziari e delle risorse umane.
4.
Timeline organizzativo che contenga precisi milestones che
l’imprenditore e gli altri possono utilizzare per misurare i
progressi dell’impresa.
465
Sviluppare un nuovo business plan
466
Un modello di ecologia delle
popolazioni organizzative

La teoria dell’ecologia delle popolazioni: cerca di
spiegare i fattori che influiscono sul tasso di nascita (e
di morte) delle organizzazioni in una popolazione di
organizzazioni già esistenti.

Popolazione di organizzazioni: comprende quelle
organizzazioni che sono in competizione per la stessa
serie di risorse in uno stesso ambiente.

Nell’ambito di un’organizzazione, le diverse aziende
potrebbero scegliere di concentrarsi su diverse nicchie
ambientali o particolari set di risorse o competenze.
467
NUMERO DI NASCITE:
Secondo la teoria dell’ecologia delle popolazioni, la disponibilità
di risorse determina il numero di organizzazioni in una
popolazione.
La quantità di risorse in un ambiente limita la densità della
popolazione, vale a dire il numero di organizzazioni che
possono competere per le stesse risorse in un particolare
ambiente.
Due sono i fattori responsabili dell’elevato tasso di nascite:
1. Quando vengono fondate nuove organizzazioni, si registra
un aumento di conoscenze e competenze disponibili per
generare tali organizzazioni;
2. Quando una nuova organizzazione viene fondata e
sopravvive, essa fornisce un modello di ruolo.

468
Una volta che un ambiente è popolato da un certo numero
di organizzazioni di successo, il tasso di nascita delle
organizzazioni comincia a diminuire. I fattori responsabili
di questa diminuzione del tasso di fondazione delle
organizzazioni sono due:
1.

Le nascite diminuiscono nella misura in cui la
disponibilità di risorse nell’ambiente progressivamente
cala per i nuovi arrivati.
Vantaggio della prima mossa: cioè di quei benefici che
un’organizzazione trae dal fatto di essere stata la prima a
entrare in un nuovo ambiente.
469
Difficoltà di competere per le risorse con le
organizzazioni esistenti.
I potenziali imprenditori sono scoraggiati dall’entrare in
un ramo d’industria o di settore del mercato, perché
capiscono che maggiore è il numero di aziende che
competono per le risorse, più sarà difficile e costoso
ottenerle.
2.
470
Tasso di nascita delle organizzazioni
nel tempo
471

STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA:
Strategie che le organizzazioni possono usare per ottenere
l’accesso alle risorse e aumentare le loro possibilità di
sopravvivere nell’ambiente.
 Strategia r versus strategia k
• Strategia r: sono state fondate per prime in un
ambiente in cui sono le prime arrivate.
• Strategia k: sono state fondate in un momento
successivo, dopo che altre organizzazione hanno già
testato l’ambiente.
472
I vantaggi della strategia r sono che l’organizzazione ottiene
il vantaggio di prima mossa ed è la prima a cogliere le
risorse disponibili nell’ambiente.
Le organizzazioni che seguono una strategia k sono
normalmente ben consolidate in un ambiente o in una
nicchia e attendono, prima di entrare in uno nuovo, che
l’incertezza di quell’ambiente si riduca e che si
comprenda il modo corretto per entrare in esso.
La differenza fra la strategia r e la strategia k è evidente
nell’industria dei personal computer.
473

Strategia specialistica versus strategia generalistica
La differenza fra una strategia specialistica e una strategia
generalista è definita dall’ampiezza della nicchia
ambientale, vale a dire la serie di risorse, per la quale
un’organizzazione compete.
 Specialistiche: le organizzazioni concentrano le

loro competenze per ottenere una gamma
ristretta di risorse in una singola nicchia.
Generalistica: le organizzazioni diffondono le
loro competenze in maniera capillare per
competere per un’ampia gamma di risorse in
diverse nicchie.
474

IL PROCESSO DI SELEZIONE NATURALE:
Le due serie di strategie danno origine a quattro
strategie: r-specialistica, r-generica, k-specialistica, kgenerica.
Quando fanno un ingresso precoce in un ambiente, cioè
nel momento in cui la nicchia si sviluppa e nuove
risorse diventano disponibili, è probabile che le
organizzazioni diventino r-specialistiche, in altre parole
organizzazioni che si muovono in fretta per
rispondere ai bisogni di un particolare gruppo di
clienti.
475
Nel momento in cui crescono possono diventare però
generiche e cominciano a competere anche in nuove
nicchie; tuttavia quando ciò accade le organizzazioni kgeneriche entrano nel mercato e minacciano le più
deboli organizzazioni r-specialistiche.
Alla fine, le r-specialistiche, le r-generiche e le kgeneriche più forti dominano l’ambiente, servendo
molteplici segmenti di mercato e seguendo una
strategia low cost o di differenziazione.
476
Strategie per competere nell’ambiente
delle risorse
477
Le nuove organizzazioni nascono di continuo per trarre
vantaggio dalle nuove opportunità.
La forza propulsiva che sta dietro al modello di ecologia
delle popolazioni applicato alla nascita è quella della
selezione naturale, il processo che assicura la
sopravvivenza delle organizzazioni che hanno le capacità
e le abilità che meglio si adattano all’ambiente.
478
Nel tempo, le organizzazioni più deboli vengono
estromesse dall’ambiente e muoiono perché non
riescono ad adattare le loro procedure per
conformarsi ai cambiamenti ambientali.
La selezione naturale è un processo competitivo,
pertanto le nuove organizzazioni sopravvivono se
riescono a sviluppare delle competenze che
consentono loro di adattarsi al nuovo ambiente e
sfruttarlo.
479
La teoria istituzionale della crescita
organizzativa
Le organizzazioni cercano di cambiare per ottenere il
controllo sulle risorse limitate e ridurre l’incertezza.
Possono aumentare il loro controllo sulle risorse
crescendo ed espandendosi.
La crescita organizzativa è quella fase del ciclo di
vita nella quale le organizzazioni sviluppano
competenze e capacità di creazione del valore che
consentono loro di acquisire risorse aggiuntive.
480
La crescita consente a un’organizzazione di aumentare la
propria divisione del lavoro e la propria specializzazione,
e di sviluppare così il vantaggio competitivo.
È probabile che un’organizzazione in grado di acquisire
risorse sia anche in grado di generare un surplus, il che
le consente di crescere ulteriormente.
481
La teoria istituzionale studia il modo in cui le
organizzazioni possono incrementare la loro abilità di
crescere e sopravvivere in un ambiente competitivo
diventando legittime, cioè accettate, affidabili e
responsabili agli occhi dei propri stakeholder.
L’ambiente istituzionale è quella serie di valori e
norme che governa il comportamento di una
popolazione di organizzazioni.
482

ISOMORFISMO ORGANIZZATIVO:
Cioè la similitudine fra le organizzazioni di una stessa
popolazione.
Sono stati identificati tre processi che spiegano il
motivo per il quale le organizzazioni diventano
simili:
1. Isomorfismo coercitivo
2. Isomorfismo mimetico
3. Isomorfismo normativo
483
Isomorfismo coercitivo: esiste quando un’organizzazione
adotta certe norme spinta dalla pressione esercitata da
altre organizzazioni e dalla società in generale.
Una volta che aumenta la dipendenza di un’organizzazione da
un’altra, è molto probabile che l’organizzazione
dipendente diventi sempre più simile all’organizzazione
più forte.
1.
Isomorfismo mimetico: esiste quando le organizzazioni
si imitano e si copiano a vicenda e intenzionalmente per
accrescere la propria legittimità.
È molto probabile che una nuova organizzazione imiti la
struttura e i processi delle organizzazioni di successo
quando l’ambiente è molto incerto e la nuova
organizzazione sta cercando di trovare la struttura, la
strategia, la cultura e la tecnologia che le consentiranno di
sopravvivere.
2.
484
Isomorfismo normativo: esiste quando le
organizzazioni arrivano ad assomigliarsi le une alle
altre perché, nel tempo, adottano in modo indiretto le
norme e i valori delle altre organizzazioni dello stesso
ambiente. Le organizzazioni acquisiscono norme e
valori in molti modi diversi.
I manager e gli impiegati passano spesso da
un’organizzazione a un’altra portando con sé le
norme e i valori dei loro datori di lavoro precedenti.
Le organizzazioni inoltre acquisiscono norme e valori
attraverso l’industria, il commercio e le associazioni
professionali.

485

SVANTAGGI DELL’ISOMORFISMO:

Le organizzazioni potrebbero apprendere dei
comportamenti sorpassati, che non conducono più
all’efficacia organizzativa.
La pressione verso l’imitazione potrebbe ridurre il
livello di innovazione nell’ambiente.

486
Il modello di Greiner della crescita
organizzativa
Secondo Greiner un’organizzazione passa attraverso
cinque fasi di crescita sequenziali nel corso della sua
evoluzione e ciascuna fase termina in una crisi
provocata dal problema più grave incontrato
dall’organizzazione.
Per passare da una fase a quella successiva,
un’organizzazione deve cambiare con successo e
risolvere i problemi associati a ciascuna crisi.
487

FASE 1: CRESCITA ATTRAVERSO LA CREATIVITA’:
In questa fase gli imprenditori sviluppano le competenze
e le abilità necessarie a creare e introdurre nuovi
prodotti nelle nuove nicchie di mercato.
Quando gli imprenditori creano delle procedure nuove
e aggiustano quelle già esistenti, si ha una consistente
mole di apprendimento organizzativo.

Crisi di leadership: gli imprenditori non hanno le
competenze per gestire le proprie organizzazioni.
488

FASE 2: CRESCITA ATTRAVERSO LA DIREZIONE:
La crisi di leadership si conclude con il reclutamento di un
forte team di top management che guidi l’organizzazione
attraverso la fase successiva di crescita organizzativa.
Spesso, la crescita diretta è in grado di ribaltare le sorti di
un’organizzazione e di darle un impulso decisivo nella curva
di crescita verso nuovi livelli di efficacia.


Crisi di autonomia: I creativi che lavorano in reparti come
R&S, progettazione del prodotto e marketing cominciano a
sentirsi frustrati per la mancanza di controllo sullo sviluppo e
sull’innovazione di nuovi prodotti.
La struttura progettata dai top manager e imposta
all’organizzazione centralizza il processo decisionale e limita
la libertà di sperimentare, assumersi dei rischi ed essere degli
imprenditori interni.
489

FASE 3: CRESCITA ATTRAVERSO LA DELEGA:
Per risolvere la crisi di autonomia, le organizzazioni devono
delegare l’autorità ai manager di livello inferiore in tutte le
funzioni e divisioni, e legare il loro aumentato controllo sulle
attività dell’organizzazione a una struttura di ricompense che
riconosca il contributo che essi danno all’organizzazione.
La crescita attraverso la delega consente alle organizzazioni di
raggiungere un compromesso fra il bisogno del management
professionista di accrescere l’efficienza tecnica e il bisogno di
dare spazio all’imprenditorialità, così che l’organizzazione
possa innovare e trovare nuovi modi per ridurre i costi o
migliorare i propri prodotti.

Crisi di controllo: quando i top manager sono in
competizione con i manager funzionali, o i manager a livello
corporate sono in competizione con i manager divisionali per
il controllo delle risorse dell’organizzazione, il risultato è una
crisi di controllo.
490

FASE 4: CRESCITA ATTRAVERSO IL COORDINAMENTO:
Per risolvere la crisi di controllo un’organizzazione deve
trovare il giusto equilibrio fra il controllo centralizzato
dall’alto e quello decentralizzato a livello funzionale o
divisionale.
Il top management si assume il compito di coordinare le
diverse divisioni e di motivare i manager ad assumere una
prospettiva globale.
I top manager funzionali e lo staff della casa madre devono
creare la «matrice mentale» che faciliti la cooperazione
internazionale fra le divisioni e i paesi.
Crisi da complessità burocratica (Crisis of red tape): il
numero di regole e procedure aumenta.
L’organizzazione diventa troppo burocratizzata e si affida
troppo all’organizzazione formale e troppo poco a quella
informale per coordinare le proprie attività.

491

FASE 5: CRESCITA ATTRAVERSO LA COLLABORAZIONE:
Diventa un modo per risolvere la crisis of red tape e spingere
l’organizzazione verso l’alto nella curva di crescita.
La crescita attraverso la collaborazione enfatizza una maggiore
spontaneità nelle azioni del management attraverso i team e
il confronto esperto tra le differenze interpersonali.
Si ha un maggiore uso dei team di prodotto e delle strutture a
matrice.
Il passaggio da una struttura meccanica a una organica nel
momento in cui un’organizzazione cresce è un compito
molto difficile e carico di problemi.
492
Il modello di Greiner della crescita
organizzativa
493
Declino e morte dell’organizzazione
Il declino organizzativo è quella fase del ciclo di vita
nella quale entra un’organizzazione quando manca di
“anticipare, riconoscere, evitare, neutralizzare o
adattarsi alle pressioni esterne o interne che ne
minacciano la sopravvivenza a lungo termine”.
Il declino a volte avviene perché le organizzazioni
crescono troppo.
494

EFFICACIA E REDDITIVITA’:
Un importante metodo che gli stakeholder, come i manager
e gli investitori, utilizzano per determinare l’efficacia di
un’organizzazione è mettere a confronto la performance
di un’azienda di un ramo di industria rispetto a quella
delle altre organizzazioni misurando la redditività in
confronto a quella delle concorrenti.
Quando si valuta l’efficacia organizzativa, è fondamentale
capire la differenza fra creare profitto ed essere redditizio,
cioè la redditività di un’azienda.
495

REDDITIVITA’: misura se l’azienda sta facendo buon
uso delle sue risorse investendole in modi che creino
beni e servizi che possano essere venduti a un prezzo
che crea profitto.
Il volume di profitto che un’azienda crea in un anno dice
ben poco su quanto i manager stiano facendo un uso
corretto delle risorse e della capacità
dell’organizzazione di creare profitto futuro.
496
Il rapporto fra la dimensione di
un’organizzazione e la sua efficacia
497
Differenze di redditività
498
INERZIA ORGANIZZATIVA:
Un’organizzazione potrebbe avere delle difficoltà ad adattarsi
per affrontare i cambiamenti nell’ambiente a causa
dell’inerzia organizzativa, quelle forze interne
all’organizzazione che la rendono resistente al cambiamento.

AVVERSIONE PER IL RISCHIO:
Quando le organizzazioni crescono, i manager che ne
prendono il controllo provano spesso avversione per il
rischio, in altre parole non sono disponibili a sopportare
l’incertezza associata alle attività imprenditoriali.

499
DESIDERIO DI MASSIMIZZARE LE RICOMPENSE:
I manager potrebbero aumentare la dimensione dell’azienda
allo scopo di massimizzare le proprie ricompense personali,
anche nel caso in cui questa crescita riduca l’efficacia
organizzativa.

CULTURA TROPPO BUROCRATICA:
Nelle grandi organizzazioni, i diritti di proprietà possono
diventare così forti da indurre i manager a cercare di
proteggere i loro specifici diritti di proprietà piuttosto che
a lavorare nell’interesse dell’organizzazione.

500

CAMBIAMENTI NELL’AMBIENTE:
I cambiamenti nell’ambiente che influenzano la capacità di
un’organizzazione di ottenere le risorse difficili da reperire
potrebbero condurre al declino organizzativo.
Le principali fonti di incertezza nell’ambiente sono la
complessità, il dinamismo e la munificenza o ricchezza.
La combinazione di incertezza ed ambiente mutevole rende
difficile, per il top management, anticipare il bisogno di
cambiamento e gestire il modo in cui le organizzazioni
cambiano e si adattano all’ambiente.
501
Il modello di Weitzel e Jonsson del
declino organizzativo
Il declino organizzativo avviene per gradi.
Weitzel e Jonsson hanno identificato cinque fasi di
declino.
A ciascuna fase, fatta eccezione per quella di
dissoluzione, l’azione del management (indicata dalla
linea tratteggiata) può invertire il processo.
502
FASE 1: NON PERCEPITO
Le organizzazioni non sono in grado di riconoscere i
problemi interni o esterni che minacciano la loro
sopravvivenza a lungo termine.
In questa fase, l’accesso a delle buone informazioni e un
efficace team di top management può evitare l’inizio del
declino e consentire all’organizzazione di mantenere il
suo ritmo di crescita.
Per evitare il declino, i manager devono monitorare
continuamente i fattori interni ed esterni in modo tale
da avere le informazioni necessarie a intraprendere
tempestivamente delle azioni correttive.

503

FASE 2: INAZIONE
Nonostante ci siano chiari segni di un deterioramento
della performance, il top management intraprende
poche azioni per risolvere i problemi.
Si crea un divario fra la performance accettabile e quella
reale.
Per risolvere i problemi dell’organizzazione il
management può tentare un approccio collaudato che
però potrebbe rivelarsi inappropriato per la situazione
in cui si trova l’organizzazione.
504

FASE 3: AZIONE DIFETTOSA
I manager potrebbero aver preso delle decisioni
sbagliate a causa di un conflitto nel team di top
management, o aver cambiato troppo poco o troppo
tardi per timore che una consistente riorganizzazione
avrebbe fatto più male che bene.
Spesso i manager temono che un cambiamento radicale
minacci il modo in cui un’organizzazione opera e la
metta così a rischio.
505

FASE 4: CRISI
Una volta che è arrivata la fase della crisi, soltanto dei
cambiamenti radicali nella strategia e nella struttura
dell’organizzazione possono arrestare il declino e
consentire all’organizzazione di sopravvivere.
Un’organizzazione in crisi ha raggiunto un punto critico
della sua storia, e la sola possibilità di salvarsi è una
radicale riorganizzazione.
506

FASE 5: DISSOLUZIONE
Quando un’organizzazione raggiunge la fase della dissoluzione,
non può più recuperare e il declino è irreversibile.
A questo punto, l’organizzazione ha perso il sostegno degli
stakeholder, il suo accesso alle risorse si contrae mentre la
sua reputazione e il suo mercato scompaiono.
La necessità di gestire il declino organizzativo è
considerevole, almeno tanto quanto quella di gestire la
crescita dell’organizzazione.
In realtà i processi di crescita e declino sono strettamente
collegati tra loro: i sintomi di declino segnalano spesso che
si deve intraprendere un nuovo cammino per consentire
all’organizzazione di crescere con successo.

507
Il modello di Weitzel e Jonsson del
declino organizzativo
508
CAPITOLO 12
Decision making, apprendimento, gestione
dell’informazione e tecnologia
dell’informazione
509
Obiettivi di apprendimento

Distinguere fra i diversi modelli di decision making che
descrivono il modo in cui i manager prendono le
decisioni.

Descrivere la natura dell’apprendimento organizzativo e
i diversi livelli ai quali questo avviene.

Spiegare come le organizzazioni possono usare il
knowledge management e la tecnologia
dell’informazione per promuovere l’apprendimento
organizzativo allo scopo di migliorare la qualità del loro
decision making.
510

Identificare i fattori, come l’insorgenza di un bias
cognitivo, che riducono il livello di apprendimento
organizzativo e conducono ad un decision making di
scarsa qualità.

Discutere alcune delle tecniche che i manager
possono utilizzare per superare questi bias cognitivi e
aprire così l’organizzazione a un nuovo
apprendimento.
511
Organizational decision making
L’organizational decision making è un processo di
risposta a un problema attraverso la scelta di una
soluzione o di una linea di condotta che creeranno
valore per gli stakeholder dell’organizzazione.
I manager devono decidere cosa fare e sono chiamati a
prendere due tipi di decisioni: quelle programmate e
quelle non programmate.
• Le decisioni programmate: sono ripetitive e routinarie e,
per la loro gestione, possono essere sviluppate regole,
routine e procedure operative standard.
• Le decisioni non programmate: sono nuove e non
strutturate.
512
Il decision making non programmato costringe i
manager ad affidarsi a giudizio, intuizione e creatività
per risolvere i problemi, dal momento che non
possono affidarsi a regole e procedure operative
standard.
Le decisioni non programmate conducono alla creazione
di un nuovo set di regole e procedure che
consentono ai membri di un’organizzazione di
prendere le corrette decisioni programmate.
513
Modelli di organizational decision
making
I modelli recenti riconoscono che il decision making è
un processo intrinsecamente incerto, nel quale i
manager vanno per tentativi alla ricerca di soluzioni
che non necessariamente conducono a un risultato
favorevole per gli stakeholder dell’organizzazione.
514
Il modello razionale
Secondo il modello razionale, il decision making è un
processo diretto suddiviso in tre fasi:
1.
I manager identificano i problemi che devono essere
risolti. Per raggiungere un buon adattamento fra
un’organizzazione e il suo ambiente, devono analizzare
l’ambiente e riconoscere le opportunità o le minacce
che presenta.
2.
I manager cercano di progettare e sviluppare una lista
di soluzioni alternative e una linea di condotta per
affrontare il problema che hanno identificato. Studiano
dei modi per trarre vantaggio dalle competenze e dalle
risorse dell’organizzazione per rispondere alle
opportunità e alle minacce.
515
3.
I manager mettono a confronto le possibili
conseguenze di ciascuna alternativa e stabiliscono
quale linea di condotta offra la soluzione migliore
al problema identificato.
Il modello razionale di decision making ignora
l’ambiguità, l’incertezza e il caos che normalmente
affliggono i processi decisionali.
516

INFORMAZIONE E INCERTEZZA
Affinché l’assunto secondo il quale i manager sono
consapevoli di tutte le linee di condotta alternative e
delle loro conseguenze, sia valido, i manager
dovrebbero avere accesso a tutte le informazioni
necessarie per prendere una decisione, raccogliere
informazioni su ogni possibile situazione nella quale
potrebbe trovarsi l’organizzazione, e avere una
conoscenza accurata della verosimiglianza del
verificarsi di ciascuna situazione.
517

COMPETENZE MANAGERIALI
I manager, hanno solo una capacità limitata di elaborare le
informazioni necessarie per prendere decisioni, e la
maggior parte di loro non ha il tempo di agire come
richiede il modello razionale.
L’intelligenza richiesta per prendere una decisione
secondo il modello razionale dovrebbe superare di
gran lunga qualunque altra competenza mentale del
manager e necessiterebbe dell’impiego di un enorme
numero di manager.
Il modello razionale non tiene conto l’alto livello dei costi
manageriali.
518

PREFERENZE E VALORI
Il modello razionale dà per scontato che i diversi
manager abbiano le stesse preferenze e gli stessi valori,
e che utilizzeranno le stesse regole per decidere sulle
migliori alternative.
Esso dà anche per scontato che i manager siano
d’accordo sui principali obiettivi dell’organizzazione.
Il modello razionale di decision making non è realistico,
perché si basa su postulati che ignorano i problemi di
informazione e manageriali associati al decision
making.
519
Il modello della Carnegie Mellon
University
Il modello della Carneige Mellon Uniersity sviluppato da
Herbert Simon e dai suoi colleghi, riconosce gli effetti
della “soddisfazione”, della razionalità limitata e delle
coalizioni organizzative.
520
SODDISFAZIONE
Suggerisce che i manager si impegnino in una ricerca di
informazioni limitata e soddisfacente per identificare i
problemi e le soluzioni alternative.

RAZIONALITA’ LIMITATA
Il modello sostiene che i manager siano costretti entro i limiti
della razionalità limitata,vale a dire della capacità limitata di
elaborare informazioni.
I manager possono migliorare il loro decision making affinando
le capacità analitiche, e possono anche avvalersi delle
Tecnologie dell’Informazione allo scopo di migliorare le loro
competenze in fatto di decision making.
Tale modello riconosce che gran parte del processo di decision
making è soggettivo e si basa sulle esperienze precedenti,
sulle opinioni e sull’intuizione dei manager.

521

COALIZIONI ORGANIZZATIVE
Le preferenze e i valori dei manager si differenziano tra
loro, e il conflitto fra i manager e i diversi gruppi di
stakeholder è inevitabile.
Il modello della Carnegie Mellon University:
• Considera un’organizzazione come una coalizione di
diversi interessi, nella quale il decision making avviene
attraverso il compromesso, la negoziazione e la
contrattazione fra i manager di diversi settori e aree
dell’organizzazione.
522
•
Riconosce che il decision making non è un
processo neutro con regole obiettive per le
decisioni, ma un processo nel quale i manager
formulano delle regole decisionali man mano che
cercano di raggiungere i loro obiettivi e interessi.
•
Riconosce che il decision making avviene in un
ambiente incerto, nel quale le informazioni sono
spesso incomplete e ambigue.
523
Il modello incrementale
Secondo il modello incrementale del decision making
organizzativo, i manager scelgono delle linee di condotta
alternative che differiscono soltanto di poco, o in
maniera incrementale, da quelle usate in passato, e
diminuiscono così le possibilità di commettere un
errore, almeno nella loro percezione.
Il modello incrementale prevede che solo di rado i
manager prendano delle importanti decisioni
radicalmente diverse da quelle assunte in precedenza.
I manager, limitati dalla mancanza di informazioni e
lungimiranza, muovono con cautela un passo alla volta
per limitare le loro possibilità di errore.
524
I modelli casuali
I modelli casuali sviluppati da Henry Mintzberg e dai suoi
colleghi, descrivono il modo in cui il processo
decisionale avviene in condizioni di elevata incertezza.
I modelli casuali riconoscono la natura incrementale
delle decisioni, ossia una serie di piccoli passi che si
sommano per formare, nel tempo, un’importante
decisione.
Il decision making non è un processo lineare e
sequenziale, ma un processo che potrebbe evolvere in
maniera del tutto imprevedibile e non strutturata.
525
Il modello garbage can
Secondo tale modello è probabile che le organizzazioni
prendano decisioni sia a partire dalla soluzione, sia a
partire dal problema.
In altre parole, il decisore potrebbe proporre delle
soluzioni ai problemi che non esistono, e in modo
quasi paradossale, creando o cercando dei problemi da
risolvere con le soluzioni già disponibili.
526
L’apprendimento organizzativo
È il processo attraverso il quale i manager cercano di
migliorare il desiderio e l’abilità dei membri
dell’organizzazione di comprendere e gestire
l’organizzazione e il suo ambiente, così da prendere
decisioni che aumentano continuamente l’efficacia
organizzativa.
È vitale, al giorno d’oggi che le organizzazioni sappiano
gestire l’apprendimento, proprio a causa del rapido
ritmo di cambiamento che le influenza.
527
Tipi di apprendimento organizzativo
Secondo la teoria di James March, questo processo può
avvenire in due modi: attraverso azioni di exploration e di
exploitation.
L’exploration prevede la ricerca e la sperimentazione da
parte dei membri di un’organizzazione, di nuove
conoscenze, nuove tipologie o forme di attività e
procedure organizzative finalizzate ad accrescere
l’efficacia.
L’exploitation prevede l’apprendimento da parte dei
membri di un’organizzazione, di metodi e conoscenze
per raffinare e migliorare le attività e le procedure
organizzative esistenti allo scopo di aumentare l’efficacia.
528
L’exploration è dunque un processo di apprendimento
più radicale rispetto all’exploitation, sebbene entrambi
siano molto importanti per accrescere l’efficacia
organizzativa.
Un’organizzazione che apprende è
un’organizzazione che progetta e costruisce con
decisione la propria struttura, cultura e strategia, allo
scopo di favorire e massimizzare il potenziale
dell’apprendimento organizzativo.
529
Livelli di apprendimento organizzativo
Per creare un’organizzazione che apprende i manager
devono incoraggiare l’apprendimento a quattro livelli:
1. Incrementale
2. Di gruppo
3. Organizzativo
4. Interorganizzativo
530

LIVELLO INDIVIDUALE
A livello individuale, i manager devono fare tutto ciò che
possono per facilitare l’apprendimento di nuove
competenze, norme e valori, in modo tale che gli
individui possano aumentare le proprie competenze e
abilità personali, contribuendo così a costruire le
competenze distintive dell’organizzazione.
Senge, ha affermato che, perché avvenga
l’apprendimento organizzativo, ogni membro
dell’organizzazione stessa deve sviluppare un senso di
adeguatezza alle proprie competenze, intendendo con
ciò che le organizzazioni dovrebbero dare il potere
agli individui e consentire loro di sperimentare, creare
ed esplorare ciò che vogliono.
531
L’obiettivo è dare agli impiegati l’opportunità di
sviluppare un profondo apprezzamento per il loro
lavoro, che si traduce in competenze distintive
dell’organizzazione.
Le organizzazioni devono incoraggiare i lavoratori a
sviluppare e usare dei modelli mentali che li spronino a
trovare metodi nuovi o migliori per eseguire un
compito.
532

LIVELLO DI GRUPPO
A livello di gruppo o team, i manager devono incoraggiare
l’apprendimento attraverso l’uso di varie tipologie di
gruppo, in modo tale che gli individui possano
condividere o mettere in comune le proprie
competenze e abilità per risolvere problemi.
I gruppi consentono la creazione di sinergie che possono
migliorare la performance.
Senge fa riferimento all’apprendimento in termini di
apprendimento del team, e sostiene che esso è molto
più importante di quello a livello individuale nella
promozione dell’apprendimento organizzativo, perché le
decisioni più importanti vengono prese in sottounità
come i gruppi, i reparti o le divisioni.
533

LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE
A livello dell’organizzazione, i manager possono
promuovere l’apprendimento organizzativo attraverso il
modo in cui creano la struttura e la cultura
dell’organizzazione.
La struttura dell’organizzazione può essere progettata per
inibire o facilitare la comunicazione fra i gruppi e il
problem solving, e questo influisce sui vari membri dei
team all’apprendimento.
Senge pone l’accento sull’importanza di costruire una
visione condivisa, intendendo con ciò il crescente
contesto di riferimenti o modelli mentali che tutti i
componenti dell’organizzazione usano per inquadrare i
problemi o le opportunità, e che li vincolano
all’organizzazione stessa.
534
John Kotter e James Heskett hanno elaborato la
distinzione fra culture adattative e culture inerti, in
base alla capacità di facilitare l’apprendimento
organizzativo.
Le culture adattive danno valore all’innovazione, e
incoraggiano o ricompensano la sperimentazione e
l’assunzione di rischio da parte dei manager di medio
e basso livello.
Le culture inerti si mostrano caute e conservatrici, non
incoraggiano i manager di medio e basso livello a
prendere iniziative e potrebbero anche scoraggiarle
con decisione.
535
Secondo Kotter ed Heskett, l’apprendimento
organizzativo è maggiore nelle culture adattive, perché
i manager sono in grado di introdurre rapidamente i
cambiamenti nel modo in cui l’organizzazione opera,
consentendo così all’organizzazione di adattarsi ai
cambiamenti che avvengono nell’ambiente.

LIVELLO INTEROGRANIZZATIVO
È importante perché le organizzazioni possono
migliorare la loro efficacia copiando o imitando le
rispettive competenze distintive.
536
Knowledge management e Tecnologia
dell’Informazione
Un tipo di relazione organizzativa consentita dalla
Tecnologia dell’Informazione che ha importanti
ripercussioni sia sull’apprendimento che sul decision
making organizzativo è il knowledge management .
A differenza dei più rigidi metodi organizzativi
burocratici, le organizzazioni basate sulla Tecnologia
dell’Informazione possono rispondere più
velocemente alle mutevoli condizioni ambientali, come
la maggiore competizione globale.
537

KNOWLEDGE MANAGEMENT: CODIFICAZIONE
VERSUS “DA PERSONA A PERSONA”
Hansen, Nohria e Tierney affermano che le
organizzazioni, nel momento in cui creano un sistema
informatico di knowledge management, dovrebbero
scegliere fra un approccio orientato alla codificazione
e formalizzazione della conoscenza e uno centrato più
sugli individui e sul trasferimento tacito e
interpersonale.
Secondo l’approccio della codificazione, le informazioni
vengono raccolte con cura, analizzate e immagazzinate
in un database in cui possono essere reperite
facilmente dagli utenti che inseriscono comandi o
chiavi di ricerca pertinenti.
538
Un knowledge management del tipo “da persone a
documenti” è praticabile solo quando il prodotto o il
servizio forniti sono già di per sé piuttosto
standardizzati.
Di contro, quando un’organizzazione deve fornire ai
propri clienti dei prodotti o delle soluzioni
personalizzate, viene adottato un approccio
knowledge management che ruota attorno ai
depositari della conoscenza, cioè le persone; è
denominato infatti approccio “da persona a persona”.
539
In esso, i sistemi informatici sono progettati per
mostrare chi, all’interno dell’organizzazione, potrebbe
detenere la conoscenza di cui si ha bisogno, o chi in
passato, si è trovato ad affrontare problemi analoghi e
potrebbe aver sviluppato una conoscenza specifica.
Il sistema informatico di un’organizzazione svolge un
ruolo di cruciale importanza, dal momento che il
successo competitivo dipende dalla velocità in cui si
riescono a fornire ai clienti soluzioni all’avanguardia.
Dato che i software cambiano, anche le soluzioni
cambiano sempre e la capacità delle organizzazioni di
fornire soluzioni rapide e personalizzate, dipenderà
spesso dal grado in cui essa è specializzata.
540
Fattori che influenzano
l’apprendimento organizzativo
Paul C. Nystrom e William H. Starbuck hanno sviluppato
un modello che illustra i diversi fattori che possono
ridurre il livello di apprendimento nel tempo.
Nel momento in cui le organizzazioni imparano a
prendere le decisioni, sviluppano delle regole e delle
procedure operative standard che facilitano il decision
making programmato.
Se un’organizzazione raggiunge il successo utilizzando le
proprie procedure standard, questo successo
potrebbe indurre un sentimento di
autocompiacimento e distogliere i manager dal cercare
nuove esperienze e imparare da esse.
541
Le weathering-the-storm strategies consistono nel
posporre degli investimenti, effettuare dei downsizing o
centralizzare il decision making, riducendo così
l’autonomia delle persone ai livelli più bassi
dell’organizzazione.
I manager adottano questo approccio perché astenersi a
ciò che conoscono è molto più sicuro che
intraprendere nuove direzioni che presentano
conseguenze ignote.
•
Struttura cognitiva: è un sistema di credenze,
preferenze, aspettative e valori correlati che una
persona usa per definire problemi ed eventi.
542
Apprendimento organizzativo e
strutture cognitive
Quando un manager si trova ad affrontare un problema,
la sua struttura cognitiva forma l’interpretazione
dell’informazione disponibile; in altre parole, la visione
che ha il manager della situazione viene formata dalle
esperienze precedenti e dai consueti modi di pensare,
cioè dalla sua forma mentale.
543
Tipi di bias cognitivi
Vi sono diversi fattori che inducono i manager a
sviluppare una struttura cognitiva che li induce a
percepire e interpretare in maniera errata le
informazioni.
Questi fattori sono chiamati bis cognitivi perché
influenzano sistematicamente le strutture cognitive e,
influiscono sull’apprendimento e il decision making
organizzativo.
544
Dissonanza cognitiva
La dissonanza cognitiva è quello stato di disagio o ansia
che una persona percepisce quando non c’è coerenza
fra il suo pensiero e le sue azioni.
La teoria della dissonanza cognitiva spiega il motivo per
il quale i manager tendono a travisare le reali minacce
che si presentano a un’organizzazione e tentano di
barcamenarsi anche quando è chiaro a tutti che
l’organizzazione è in crisi.
545
Illusione di controllo
Alcune persone, come gli imprenditori, sono in grado di
sopportare degli alti livelli di incertezza, mentre altre
preferiscono la sicurezza associata al fatto di dover lavorare
in organizzazioni consolidate.
L’incertezza è tuttavia, una fonte di grande stress.
Quando l’ambiente o il futuro di un’organizzazione sono incerti,
i manager non sanno se hanno fatto le scelte giuste e spesso
sono a rischio ingenti quantità di risorse organizzative.
L’illusione di controllo è un bias cognitivo che induce i
manager a sovrastimare il controllo che esercitano i risultati
di un’azione e la misura in cui posseggono le competenze e le
abilità necessarie per gestire l’incertezza e la complessità.
546
Frequenza e rappresentatività
La frequenza è un bias cognitivo che induce le persone
a credere erroneamente che gli esempi estremi di un
fenomeno siano più frequenti di quanto realmente non
siano.
La rappresentatività è un bias cognitivo che porta i
manager a formare dei giudizi basati su campioni
piccoli o non rappresentativi.
I
bias di frequenza e rappresentatività possono anche
funzionare nella direzione opposta.
547
Proiezione ed ego-defensiveness
La proiezione è un bias cognitivo che consente ai
manager di giustificare e rafforzare le proprie
preferenze e valori attribuendoli ad altri.
L’ego-defensiveness è un bias cognitivo che induce i
manager a interpretare gli eventi in modo tale che le
loro azioni appaiano nella luce migliore.
548
Escalation del commitment
È un bias cognitivo che induce i manager a rimanere
fedeli a una linea di condotta erronea e a rifiutare di
ammettere di aver fatto un errore, forse a causa
dell’ego-defensiveness o perché sono rimasti vittime
dell’illusione di controllo.
549
Migliorare il decision making e
l’apprendimento
Ci sono diversi modi in cui un’organizzazione può
superare gli effetti dei bias cognitivi e promuovere
l’apprendimento e il cambiamento organizzativo.
Può implementare delle strategie per l’apprendimento
organizzativo, aumentare l’ampiezza e la
diversificazione del team di top management, usare la
tecnica dell’avvocato del diavolo e l’indagine dialettica
per valutare le soluzioni proposte, usare la teoria dei
giochi e sviluppare una struttura organizzativa
collaterale.
550
Strategie per l’apprendimento
organizzativo
I tre modi per stimolare l’abbandono di vecchie idee e
l’apprendimento di nuove sono: ascoltare i dissenzienti,
trasformare gli eventi in opportunità di apprendimento
e sperimentare.
ASCOLTARE CHI DISSENTE
Per migliorare la qualità del decision making i top
manager possono adottare la politica di circondarsi di
persone che hanno dei punti di vista diversi e spesso
opposti. Possono cercare nuove informazioni per
valutare le nuove interpretazioni e alternative generate
dai dissenzienti.

551

TRASFORMARE GLI EVENTI IN OPPORTUNITA’ DI
APPRENDIMENTO
Un’organizzazione deve progettare e gestire la propria
struttura e la propria cultura in modo tale che i
manager siano motivati a trovare risposte nuove o
migliorate per una situazione.

SPERIMENTAZIONE
Per incoraggiare l’apprendimento basato sull’esplorazione,
le organizzazioni devono incoraggiare la
sperimentazione, cioè quel processo di generazione di
nuove alternative e verifica della validità di quelle
vecchie.
La sperimentazione può essere utilizzata per migliorare sia
il processo di decision making incrementale sia quello
garbage can.
552

USARE LA TEORIA DEI GIOCHI
Nella teoria dei giochi, l’interazione fra le organizzazioni
è considerata come un gioco competitivo. Se le
aziende comprendono la natura del gioco che stanno
attuando, nella maggior parte dei casi possono
prendere delle decisioni migliori che aumentano la
loro possibilità di ottenere risorse.
Dalla prospettiva della teoria dei giochi, le aziende di un
settore possono essere considerate come giocatori
che stanno facendo contemporaneamente delle scelte
su quali decisioni prendere per massimizzare la propria
efficacia.
553
Ci sono due tipi fondamentali di giochi: quelli a mosse
sequenziali e quelli a mosse simultanee.
• In un gioco a mosse sequenziali, i giocatori muovono a
turno e un giocatore può selezionare una strategia da
seguire dopo aver considerato la scelta strategica
dell’avversario.
• In un gioco a mosse simultanee i giocatori agiscono
contemporaneamente, senza sapere quali azioni sta
facendo l’avversario.
554
Nella teoria dei giochi, nel momento di prendere
decisioni, i manager devono pensare in due modi
correlati.
In primo luogo, devono guardare avanti, pensare al
futuro, anticipare le risposte dei rivali alle mosse
competitive.
In secondo luogo, i manager devono pensare a ritroso
per determinare quali mosse dovrebbe effettuare la
loro azienda, a fronte delle possibili contromosse dei
rivali.
Questo principio cardine della teoria dei giochi è noto
come guarda avanti e ragiona indietro.
555
Il team di top management
Due sono le configurazioni di top management:
1. Nella configurazione a ruota: l’apprendimento
organizzativo cala, perché i manager dei diversi reparti
riferiscono le informazioni al direttore generale in
maniera separata. Invece che coordinare le loro azioni
come una squadra, inviano tutte le informazioni al
direttore, che le elabora, arriva a una decisione e
informa nuovamente i top manager.
La configurazione a ruota funziona meglio quando i
problemi sono semplici da risolvere e richiedono una
coordinazione minima fra i membri del top
management.
556
Nella configurazione a cerchio i top manager dei
diversi reparti interagiscono gli uni con gli altri e
con il direttore generale. Questo significa che
funzionano come una vera e propria squadra, che
favorisce l’apprendimento e l’organizzazione del
team.
La configurazione a cerchio è più adatta in presenza di
problemi complessi che richiedono coordinamento
fra i membri del gruppo per arrivare alla soluzione.
2.
557
Quando i manager hanno diverse informazioni e punti di
vista davanti a un problema, l’organizzazione può
evitare il groupthink, la conformità che insorge
quando persone della stessa opinione rafforzano la
reciproca tendenza a interpretare gli eventi e le
informazioni in modi simili.
558
Comunicazione persuasiva
Consiste nel tentativo da parte di una persona o di un
gruppo di trasmettere e condividere delle informazioni
con un’altra persona o un altro gruppo, per far si che
questi ultimi comprendano, siano in accordo e si
sforzino di ottenere nuovi e stimolanti obiettivi.
Perché la comunicazione persuasiva sia efficace, è spesso
necessario contestualizzare o presentare bene le
informazioni, in modo tale da poter influenzare le altre
persone ad accettarle o credere in esse.
559

CARATTERISTICHE DEL MITTENTE
I messaggi sono sempre più persuasivi quando vengono inviati
da persone credibili, cioè da persone che il destinatario
ritiene occupare una posizione che dà loro accesso a
informazioni dettagliate su aspetti e obiettivi riguardanti il
lavoro.
Ulteriori fattori che favoriscono la credibilità sono l’integrità
morale e l’intelligenza emotiva.
Gli oratori persuasivi invitano a porre domande per chiarire gli
aspetti del loro discorso, e generano interesse e sostegno
per le loro idee.
Usano le qualità personali per caricare emotivamente le parole
allo scopo di convincere gli ascoltatori che quello è
l’approccio corretto verso la soluzione del problema, che
sanno ciò che stanno facendo e che il loro piano avrà
successo.
560

ASCOLTO ATTIVO
I mittenti e i destinatari efficaci devono anche essere dei
buoni ascoltatori, e l’”ascolto attivo” è un ingrediente
importante della comunicazione persuasiva. I mittenti
persuasivi devono ascoltare con molta attenzione per
vedere come vengono recepite le loro argomentazioni,
e in seguito chiarire gli aspetti e aggiungere delle
informazioni per far sì che il loro messaggio venga
recepito.

CONTENUTO DEL MESSAGGIO
Il destinatario del messaggio valuta continuamente il
significato e le implicazioni delle informazioni che
riceve, magari perché è alla ricerca del tema dietro alle
informazioni o per scovare ambiguità o incoerenze
nelle argomentazioni.
561

MEZZO DI COMUNICAZIONE
In generale, le comunicazioni faccia a faccia e le
conversazioni telefoniche sono le più appropriate
ai fini della persuasione, mentre le lettere formali, i
memo e le e-mail sono più adatti per spiegare i
dettagli e le informazioni sui fatti che richiedono
tempo e sforzi per essere assimilate e messe in
atto.
In pratica, i mezzi di comunicazione scritta sono
normalmente più usati all’inizio del processo di
apprendimento, quando i manager e gli impiegati
raccolgono le informazioni necessarie per
decidere come rispondere a qualche nuovo
sviluppo.
562

CARATTERISTICHE DEL DESTINATARIO
I destinatari possono imparare a sviluppare la propria
credibilità, usare la loro intelligenza emotiva e
selezionare il metodo migliore per trasmettere un
messaggio al mittente.
- È poco probabile che destinatari a loro volta molto
competenti e dotati di un’elevata autostima si facciano
coinvolgere o influenzare da informazioni logiche o
emotive, o da argomentazioni nelle quali non credono.
- Il loro motto è “bando alle ciance”: vogliono andare al
nocciolo del problema per determinare, per esempio,
se il mittente sta cercando di fare il proprio interesse,
quello del reparto o dell’intera organizzazione.
563

AVVOCATO DEL DIAVOLO E INDAGINE DIALETTICA
Si definisce avvocato del diavolo una persona che è
pronta ad alzarsi e mettere in discussione le idee di
persone più potenti, a resistere ai tentativi di influenza
da parte degli altri e che lavora per convincere gli altri
che le nuove idee e i nuovi progetti potrebbero
contenere difetti, o essere sbagliati o nocivi.
STRUTTURE ORGANIZZATIVE INFORMALI
COLLATERALI
Una struttura organizzativa informale collaterale è
un’organizzazione informale di manager costituita in
parallelo alla struttura organizzativa formale allo scopo di
controllare o integrare, in modo invisibile, il decision making
e le azioni dei manager nell’organizzazione formale.

564
CAPITOLO 13
Innovazione, imprenditorialità interna e
creatività
565
Obiettivi di apprendimento

Descrivere come l’innovazione e il cambiamento
tecnologico si influenzano a vicenda.

Discutere il rapporto fra innovazione, imprenditorialità
interna e creatività.

Capire le molte fasi necessarie alla creazione di un
contesto organizzativo che promuova l’innovazione e la
creatività.

Identificare i modi in cui la Tecnologia dell’Informazione
può essere utilizzata per promuovere la creatività, e
accelerare l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti.
566
Innovazione e cambiamento
tecnologico
L’innovazione è il processo per il quale le
organizzazioni usano le loro risorse e competenze per
sviluppare nuovi prodotti o servizi, o per sviluppare
nuovi processi e sistemi di produzione in modo tale da
poter rispondere meglio alle necessità dei clienti.
Sebbene l’innovazione porti con sé il cambiamento, è
anche associata con un alto livello di rischio.
Nella maggior parte delle organizzazioni, la tecnologia è
fondamentale per la produzione, e i cambiamenti
tecnologici sono al centro del processo di innovazione,
proprio come il mondo di oggi è caratterizzato da un
rapidissimo tasso di cambiamento tecnologico.
567
Ci sono due tipi di cambiamento tecnologico: quello
quantico e quello incrementale.
1. Il cambiamento tecnologico quantico è un
cambiamento radicale ed essenziale nella tecnologia
che rivoluziona i prodotti o i modi in cui questi sono
realizzati.
I nuovi prodotti o i sistemi di produzione che
comprendono un cambiamento tecnologico quantico
vengono definiti innovazioni quantiche.
2. Un cambiamento tecnologico incrementale è
quel cambiamento tecnologico che costituisce il
perfezionamento di una tecnologia di base e le
innovazioni incrementali sono quei prodotti o
sistemi di produzione che incorporano questi
perfezionamenti.
568
Il ciclo di vita di un prodotto
Quando la tecnologia cambia, la sopravvivenza
organizzativa richiede che i manager sappiano stare al
passo per innovare dei nuovi prodotti. I manager che
non lo fanno si trovano ben presto a scoprire di non
avere mercato per i loro prodotti, e finiscono per
distruggere la loro organizzazione.
Il tasso di cambiamento tecnologico in un settore
industriale, e in particolare la durata del ciclo di vita di
un prodotto, determina quanto è importante per i
manager saper innovare.
569
Il concetto del ciclo di vita di un prodotto riflette i
cambiamenti della domanda di un prodotto che
avvengono nel tempo. La domanda dei prodotti di
maggior successo passa attraverso quattro fasi:
embrionale, crescita, maturità e declino.

IL TASSO DI CAMBIAMENTO TECNOLOGICO
Uno dei principali determinanti della durata del ciclo di
vita di un prodotto è il tasso di cambiamento
tecnologico.
In alcuni settori, come quello dei computer, il
cambiamento tecnologico è molto rapido e i cicli di
vita del prodotto molto brevi.
In altri settori, come nell’industria automobilistica, il ciclo
di vita di un prodotto è in qualche modo più lungo.
570

IL RUOLO DI MODE E TENDENZE
Le mode e le tendenze sono importanti fattori per
determinare la durata del ciclo di vita di un
prodotto.
Essi costituiscono contesti nei quali l’innovazione
continua e la creatività capaci di incontrare i gusti
dei consumatori sono cruciali per la sopravvivenza.
Che i cicli di vita brevi dei prodotti siano causati dai
rapidi cambiamenti tecnologici, dalle mutevoli mode
e tendenze o da una combinazione delle due cose, il
messaggio per i manager è chiaro: più breve è il ciclo
di vita del vostro prodotto, più è importante
innovare in fretta e in maniera continua.
571
Innovazione, imprenditorialità interna
e creatività
I leader dell’innovazione e dello sviluppo di nuovi
prodotti in organizzazioni consolidate sono gli
imprenditori interni, ossia quelle persone che
notano le opportunità per un miglioramento quantico
o incrementale di un prodotto e sono responsabili
della gestione del processo di sviluppo del prodotto
per ottenere tali cambiamenti.
Tutte le innovazioni hanno inizio con delle idee creative.
Esse non sono soltanto quelle che portano alle più
grandi invenzioni o scoperte: le idee creative sono
tutte quelle che portano le pratiche esistenti un po’
oltre la norma.
572
La creatività non è niente di più che l’andare oltre i
confini comuni, e poco importa che questi confini
siano costituiti da tecnologia, conoscenza, norme
sociali o opinioni.
Creatività non significa soltanto fare cose nuove, ma
anche combinare e sintetizzare due o più fatti o idee
precedentemente non correlati e trarne qualcosa di
nuovo o di diverso.
Significa anche modificare qualcosa per ottenere un
nuovo uso o fare in modo che funzioni meglio.
Il processo di innovazione e creazione di nuova
conoscenza dipende dall’abilità dei manager di
attingere alle idee tacite o nascoste e soggettive, alle
intuizioni e sensazioni di tutti i membri
dell’organizzazione.
573
È necessario trasformare la conoscenza personale in
conoscenza organizzativa che dia origine a nuovi
prodotti.
Per ottenere una tacita conoscenza è spesso necessario
imparare attraverso l’osservazione, l’imitazione e la
conformità.
Un’organizzazione che crea conoscenza è
un’organizzazione nella quale l’innovazione continua a
ogni livello e in tutte le aree.
574
Project management
Il project management è il processo di condurre e
controllare un progetto, in modo tale che dia origine
all’efficace creazione di nuovi o migliorati prodotti.
Un progetto è una sottounità il cui scopo è sviluppare i
prodotti o dei servizi in tempo, rispettando il budget e
in conformità con le specifiche di performance
predeterminate.
Un project management efficace inizia con un piano
chiaramente articolato che prende un prodotto dalla
sua fase di progettazione, a quella di test iniziale, a
quella di modifica, a quella finale di produzione o nel
caso di servizi, di installazione.
575
Un project manager gestisce un maggior numero di
professionisti altamente specializzati e competenti.
Spesso, l’esperienza e l’intuizione dei PM consentirà loro
se si stanno meno facendo dei progressi verso
l’ottenimento di un obiettivo.
Uno dei compiti più difficili di un PM è mantenere lo
slancio di un progetto.
Superare l’inerzia, suggerire delle possibili soluzioni, fare
del brainstorming e fornire incoraggiamento e
feedback sono parti essenziali del lavoro del PM.
La chiave del successo di un buon PM è costituita
dall’abilità di pensare in prospettiva futura ed eseguire
un efficace planning.
576
Basandosi sull’esperienza passata, i PM efficaci sanno
quali problemi si presenteranno, e sanno come
organizzare e controllare gli impiegati per affrontarli.
Così quando si presenta una crisi, le risorse saranno
pronte per affrontarla.
Vendere le loro idee e i loro progetti è l’infinito lavoro
del PM.
I PM usano il modeling quantitativo che consente di
sviluppare degli scenari basati sulla domanda “e se?” e
di sperimentare alla ricerca di nuovi e migliori metodi
di realizzare i passi paralleli e sequenziali necessari per
raggiungere il prodotto finale.
577
Un approccio di modeling piuttosto noto è quello di
sviluppare un network PERT/CAM o GANT, vale a dire un
diagramma di un progetto che può essere realizzato con
diversi pacchetti di software proprietari.
Questi pacchetti permettono:
1. Di creare un modello delle sequenze di azioni necessarie
per raggiungere gli obiettivi di un progetto;
2. Mettere in relazione queste azioni ai costi e ai tempi;
3. Scegliere e definire il cammino ottimale per raggiungere
l’obiettivo.
Una volta che il PM ha scelto un particolare cammino da
seguire, questi programmi forniscono un feedback
continuo sulla performance del progetto, che può essere
utilizzato per stabilire l’attuale performance del progetto.
578
Il metodo del sentiero critico (critical path method, CPM)
cattura l’essenza di ciò che questi modelli cercano di
ottenere.
Lo scopo del CPM è di determinare:
1. Quale particolare compito o attività delle molte che
devono essere eseguite sono determinanti quanto
all’effetto che hanno sui tempi e sui costi del
progetto;
2. In che modo mettere in sequenza o in calendario i
compiti più critici in modo tale che un progetto possa
rispettare una data prefissata a costi minimi.
Trovare il sentiero critico fornisce dunque una soluzione
ottimale per i bisogni di un determinato progetto.
579
Modello a imbuto di processo stagegate
Uno degli errori che i top manager commettono spesso
nel gestire il processo di innovazione è cercare di dare
avvio a troppi progetti contemporaneamente. Il
risultato è che le limitate risorse finanziarie, umane e
funzionali vengono parcellizzate su troppi progetti
diversi.
Di conseguenza, nessun progetto o PM in particolare
ottiene le risorse necessarie per far si che il progetto
sia un successo, e il livello di innovazione cala.
580
È necessario che i manager sviluppino un processo
strutturato per valutare le diverse proposte di sviluppo di
nuovi prodotti e decidano quale sostenere.
Una soluzione a questo problema è quella di implementare
un modello a imbuto di processo stage-gate.
Lo scopo del modello a imbuto è fissare un processo di
innovazione strutturato e coerente che sia in grado di
migliorare il controllo sullo sviluppo del prodotto e
costringa i manager a fare delle scelte fra diversi progetti
in concorrenza tra loro, in modo tale che le risorse non
siano parcellizzate fra troppi progetti.
Queste nuove idee per prodotti vengono poi messe per
iscritto sotto forma di proposta di sviluppo per un nuovo
prodotto e presentate a un team interfunzionale di
manager che valuta la proposta al gate 1.
581
Qui, la proposta viene sottoposta ad analisi finalizzata a
valutarne l’aderenza alla strategia dell’organizzazione e la
sua fattibilità tecnica.
Le proposte giudicate coerenti con la strategia
dell’organizzazione e tecnicamente fattibili saranno passate
allo stage2.
Lo scopo primario dello stage 2 è quello di stendere una
bozza dettagliata del piano di sviluppo del prodotto che
specifichi tutte le informazioni necessarie per prendere una
decisione sul procedere verso un vero e proprio sforzo di
sviluppo del prodotto.
Una volta completata, questa bozza viene revisionata da un
comitato di manager senior (gate2) che si occupa di
considerare nel dettaglio il piano di sviluppo del prodotto e
di valutarne l’attrattiva.
582
Al gate 2, i progetti possono essere rifiutati, rimandati
indietro per una revisione o ammessi a procedere
verso la fase di sviluppo (stage 3). Lo stage 3 dello
sforzo di sviluppo può durare un periodo indefinito fra
i sei mesi e i dieci anni, a seconda del settore
industriale e del tipo di prodotto.
583
Uso dei team interfunzionali e della
struttura a team di prodotto
Vi sono molte funzioni necessarie per un’innovazione di
successo. Oltre al reparto di R&S, queste comprendono
l’ingegnerizzazione del prodotto, l’ingegnerizzazione dei
processi, la gestione dei materiali, la produzione e il
marketing.
Coordinare le loro attività non è semplice.
Il legame tra il gruppo di R&S e quelli di ingegnerizzazione del
prodotto e del processo, è vitale per convertire i risultati
della ricerca in un prodotto che sia progettato in maniera
efficiente e realizzato in maniera relativamente economica.
584
Sia il reparto R&S che quello di ingegnerizzazione devono poi
coordinarsi con la produzione e il controllo dei costi per
assicurarsi che il nuovo prodotto possa essere realizzato in
modo sostenibile, redditizio e affidabile dal punto di vista
della qualità.
Un legame con l’ufficio marketing confermerà che il prodotto
possegga le caratteristiche e le qualità di cui i clienti hanno
bisogno e vogliono, e che le risorse di R&S non vengano
sprecate per creare o migliorare un prodotto che i clienti
non vogliono.
Il personale di marketing, ingegnerizzazione e produzione
devono essere i core member del team di sviluppo di un
nuovo prodotto di successo.
Core member fa riferimento a un nucleo di 3-6 persone che
si assumono la responsabilità primaria dello sforzo di
sviluppo di un prodotto.
585
Leadership del team
Perché un team interfunzionale abbia successo, deve avere il giusto
tipo di leadership ed essere gestito in modo efficace.
È importante avere un team leader in grado di ergersi al di sopra del
proprio background funzionale e assumere una prospettiva
interfunzionale.
Un team leader “leggero” è un manager funzionale di medio livello e
di status inferiore al capo di un dipartimento funzionale, che di
conseguenza non ha il controllo sulle risorse umane, finanziarie e
funzionali.
Un team leader “di peso” è un vero e proprio project manager che,
nell’ambito dell’organizzazione gode di uno status più elevato.
Essi funzionano spesso come “product champion”, vale a dire coloro
i quali si arrogano la proprietà del progetto, risolvono i problemi
quando insorgono, appianano i contrasti fra i membri del team e
forniscono loro la leadership di cui hanno bisogno.
586
Skunk work e nuove divisioni
d’impresa
Uno skunk work è una task force, un team temporaneo,
che viene creato per accelerare la progettazione di un
nuovo prodotto e promuovere l’innovazione
coordinando le attività dei gruppi funzionali.
Questa task force consiste in membri dei reparti di
ingegnerizzazione e ricerca, e di altri reparti di
supporto che vengono assegnati ad altre sedi, spesso
distanti dal resto dell’organizzazione.
Insieme i membri della task force “posseggono il
problema” e diventano imprenditori interni, figure
interne all’organizzazione che sono responsabili del
successo o del fallimento del progetto.
587
Uno skunk work rappresenta un’isola di innovazione e
fornisce alle grandi organizzazioni il contesto tipico delle
aziende di piccole dimensioni, nelle quali i membri dei
team hanno l’opportunità e la motivazione di portare in
fretta un nuovo prodotto sul mercato.
Quando nei laboratori di R&S delle grandi aziende
vengono sviluppati dei nuovi prodotti; le organizzazioni
creano una nuova divisione d’impresa, cui viene
assegnata una serie di funzioni di creazione di valore per
gestire un progetto dall’inizio alla fine.
Una nuova divisione d’impresa si assume la piena
responsabilità per la commercializzazione di un
prodotto, e normalmente è una divisione indipendente.
588
Joint venture
Una joint venture consente alle organizzazioni di
combinare competenze e tecnologie, e condividere le
risorse per imbarcarsi in rischiosi progetti di R&S.
Una joint venture è simile a una nuova divisione
d’impresa, nel senso che viene creata una nuova
organizzazione nella quale le persone possono ideare
nuove procedure che portano al successo.
589
Creare una cultura dell’innovazione
Anche la cultura organizzativa gioca un ruolo di rilievo
nel formare e promuovere l’innovazione. I valori e le
norme possono rafforzare lo spirito imprenditoriale e
consentire all’organizzazione di rispondere in fretta e
in maniera creativa all’ambiente che cambia.
Tre sono i fattori che formano la cultura organizzativa:
1. La struttura organizzativa;
2. Le persone;
3. I diritti di proprietà.
590
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Dal momento che la struttura organizzativa influenza il
comportamento delle persone, creare il giusto contesto è
importante per favorire la cultura imprenditoriale interna.
La crescente dimensione organizzativa potrebbe rallentare
l’innovazione. Man mano che le organizzazioni crescono, i
processi decisionali diventano più articolati e, verosimilmente
più lenti.
Le decisioni devono essere prese attraverso dei canali
prestabiliti in una gerarchia di considerevoli dimensioni, e
un’ingombrante burocrazia potrebbe reprimere lo stato
imprenditoriale.

591
Quando le competenze e le conoscenze necessarie per
l’innovazione vengono parcellizzate su diverse sottounità e
funzioni, è difficile per un product manager o un “product
champion” coordinare il processo di innovazione e
accaparrarsi le risorse necessarie per portare a
compimento il progetto.
Per promuovere l’innovazione, le organizzazioni devono
adottare una struttura in grado di superare questi
problemi.
592
PERSONE
La cultura dell’innovazione nelle organizzazioni high-tech viene
favorita dalle caratteristiche stesse dei loro impiegati. In molti
contesti di ricerca, le persone collaborano così da vicino allo
sviluppo di un prodotto da diventare sempre più simili le une
alle altre.
Attingono allo stesso repertorio di regole e valori organizzativi,
e così sono in grado di comunicare bene tra loro.
I componenti dell’organizzazione selezionano i nuovi membri
che possono attingere agli stessi valori, in modo tale che, nel
corso del tempo, emerge una cultura riconoscibile che
promuove la comunicazione e il flusso di nuove idee.
Un modo per incoraggiare la flessibilità e l’apertura mentale è
quello di reclutare delle persone che siano attente
all’innovazione, ma che percorrano strade diverse per
ottenerla.

593
DIRITTI DI PROPRIETA’
L’innovazione è un processo complesso che richiede
competenze e abilità tipiche dello scienziato, non
dell’organizzazione.
Quando gli scienziati hanno una nuova idea, per loro è
relativamente facile prenderla e far sì che la loro
organizzazione ne sfrutti i benefici.
Infatti, molta innovazione tecnologica avviene nelle nuove
organizzazioni fondate da scienziati che hanno lasciato le
grandi organizzazioni per fondarne di proprie.
Per questo, è necessario stabilire dei rigidi diritti di proprietà
per allineare gli interessi degli scienziati della R&S con quelli

dell’organizzazione.
594
Dei forti diritti di proprietà possono essere creati anche se
un’organizzazione lega la performance individuale o di un
gruppo a consistenti premi in denaro.
Concentrandosi su diritti di proprietà, persone e struttura,
un’organizzazione può creare una cultura nella quale le
norme e i valori promuovono l’innovazione e la ricerca
dell’eccellenza nello sviluppo di nuovi prodotti.
595
Innovazione e Tecnologia
dell’Informazione
L’efficienza nella gestione delle informazioni fa
riferimento a quei risparmi di tempi e costi che avvengono
quando le TI consentono ai singoli impiegati di eseguire i
loro normali compiti a livelli più elevati, assumersi dei ruoli
aggiuntivi ed espandere il loro ruolo in azienda grazie ai
progressi nell’ abilità di raccogliere e analizzare i dati.
596
Le TI:
• Hanno la capacità di accrescere la conoscenza del
proprio compito e le competenze delle persone,
• Facilitano il processo di innovazione perché
promuovono la creatività in molti modi e influiscono
su molti aspetti del processo,
• Facilitano la creatività migliorando la base iniziale di
conoscenza.
La conoscenza o la disponibilità di informazioni in sé non
porta all’innovazione, è invece la capacità di usare in
modo creativo la conoscenza che costituisce la chiave
verso la promozione dell’innovazione e la creazione
del vantaggio competitivo.
597
Prahalad e Hamed sostengono che non è il livello di
conoscenza di un’azienda che porta l’innovazione e il
vantaggio competitivo, quanto la velocità con cui esso
circola all’interno dell’azienda stessa.
Le organizzazioni devono fare dei passi per assicurarsi di
usare la conoscenza per sviluppare delle competenze
distintive sia a livello funzionale che individuale, e in
particolare tra le funzioni.
598
INNOVAZIONE E SINERGIE DI INFORMAZIONE
Uno dei maggiori guadagni in termini di performance
derivanti dalle IT avviene quando due o più individui o
sottounità condividono le risorse, e collaborano e
cooperano al di là dei confini di ruolo o di sottounità,
creando così delle sinergie di informazione.
Tali sinergie si hanno quando le IT consentono agli
individui o alle sottounità di adattare le loro azioni o
comportamenti ai bisogni di altri individui o sottounità
su base continuativa e raggiungere così dei risultati
della collaborazione basata sul team.
Le IT cambiano le forme dell’organizzazione e
promuovono la creatività e l’innovazione all’interno
dei network e delle forme organizzative virtuali.

599
Le strutture virtuali basate sulle IT composte di persone o
aziende collegate tra loro per mezzo di strumenti
elettronici facilitano la condivisione della conoscenza e
l’innovazione.
L’applicazione delle IT ha dimostrato di promuovere i
workfloe interfunzionali, rendere più accessibili e
trasparenti le informazioni importanti e aumentare
l’incidenza del problem solving che porta all’innovazione.
SVANTAGGI:
È possibile che non aumenti soltanto il quantitativo di
buone informazioni disponibili a chi effettua una ricerca,
ma che si rendano disponibili anche i cattivi consigli.
600
Le IT contribuiscono anche ad aumentare le cosidette
boundary-spanning activity cioè quelle interazioni fra
persone o gruppi attraverso i confini di
un’organizzazione per ottenere importanti informazioni
e conoscenze dell’ambiente, che aiutano a promuovere
l’innovazione.
601
Le IT hanno molte caratteristiche che possono favorire il
cambiamento tecnologico incrementale e quantico:
- Consentono ai ricercatori e ai pianificatori di
comunicare con maggiore facilità e poca spesa
nonostante la distanza geografica e temporale;
- Di scambiare informazioni più rapidamente e in modo
preciso con gruppi ben determinati;
- Di controllare in maniera più selettiva l’accesso e la
partecipazione a una sessione o un network di
comunicazione;
- Di avere un accesso più rapido e selettivo alle
informazioni create al di fuori dell’organizzazione;
- Di combinare e riconfigurare le informazioni in modo
più rapido e accurato;
- Di immagazzinare in modo più razionale e usare più in
fretta i giudizi degli esperti e i modelli decisionali.
602
TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE, STRUTTURA E
CULTURA ORGANIZZATIVA
Le IT influenzano anche il processo di innovazione attraverso i
loro molti effetti sulla struttura organizzativa.
Per accelerare l’innovazione, molte organizzazioni hanno
cominciato a spostare il decision making verso i livelli più
bassi dell’organizzazione, allo scopo di trarre vantaggio dagli
operai specializzati che possiedono informazioni locali più
accurate e aggiornate.
Le IT aiutano questo processo in due modi:
1. Danno agli impiegati di livello inferiore una conoscenza più
dettagliata e aggiornata dei trend e delle opportunità
riguardanti clienti e mercato.
2. Possono produrre delle sinergie di informazione, perché
facilitano una maggiore comunicazione e coordinamento
fra i decision maker decentralizzati e i top manager.

603
Le IT comportano meno livelli manageriali per gestire il
problem solving e il decision making, il che porta ad un
appiattimento dell’organizzazione.
 Le IT possono anche promuovere l’innovazione attraverso i
loro effetti sulla cultura organizzativa.
 Le IT facilitano la condivisione di idee, valori e norme,
perché consentono la rapida trasmissione di informazioni
ricche e dettagliate fra persone e sottounità.
 Le IT possono accrescere gli effetti motivazionali dei valori
culturali che sostengono l’innovazione.

604


Con l’uso delle IT, un’organizzazione può mettere a
disposizione dei propri impiegati un’enorme mole di
messaggi di incoraggiamento, spesso contenuti nella
dichiarazione di intenti dell’organizzazione, negli obiettivi
aziendali, nelle procedure operative e così via.
Le e-mail, le voice-mail e le intranet, forniscono dei
meccanismi per trasmettere e diffondere agli impiegati
informazioni sull’organizzazione, e possono aiutare a
promuovere norme, valori e aspettative culturali condivisi,
che facilitano l’innovazione.
605
CAPITOLO 14
Gestione del conflitto, potere e politica
606
Obiettivi di apprendimento

Descrivere la natura del conflitto, le sue fonti e il
modo in cui nasce fra stekeholder e sottounità.

Identificare i meccanismi attraverso i quali i manager e
gli stakeholder possono ottenere il potere, usarlo per
influenzare il decision making e risolvere i conflitti a
loro favore.
607

Spiegare come e perché gli individui e le sottounità si
impegnano in una politica organizzativa per favorire il
loro controllo sui processi decisionali e ottenere il
potere di influenzare il processo di cambiamento in
loro favore.

Apprezzare l’importanza di gestire la struttura di
potere di un’organizzazione per superare l’inerzia
organizzativa e apportare il tipo di cambiamento che
promuove la performance.
608
Che cos’è il conflitto organizzativo?
Per crescere, cambiare e sopravvivere, un’organizzazione
deve gestire sia la cooperazione che la competizione fra
gli stakeholder. Ogni gruppo di stakeholder ha i propri
obiettivi e i propri interessi che in qualche modo si
sovrappongono con quelli di altri gruppi, perché tutti gli
stakeholder hanno a cuore la sopravvivenza
dell’organizzazione.
Gli obiettivi e gli interessi non sono identici, e il conflitto
nasce quando un gruppo persegue i propri interessi a
spese di altri.
Il conflitto organizzativo è lo scontro che avviene
quando un comportamento finalizzato agli obiettivi di un
gruppo blocca o ostacola gli obiettivi di un altro gruppo.
609
Sebbene il conflitto sia percepito come qualcosa di
negativo, esso risulta vantaggioso per l’organizzazione,
dal momento che ne può aumentare l’efficacia.
Oltre un certo punto però, i conflitti fra gli stakeholder
possono danneggiare la performance organizzativa.
Alcuni conflitti fanno bene alle organizzazioni e possono
contribuire al superamento delle inerzie organizzative,
potenziare le capacità di apprendimento e favorire il
cambiamento organizzativo.
Oltre che un certo limite, tuttavia, il conflitto cessa di
essere un incentivo al miglioramento e può contribuire
al declino organizzativo.
610
 Un’organizzazione
deve essere aperta al conflitto,
riconoscerne il valore sia nell’aiutare ad identificare i
problemi sia a contribuire alla generazione di soluzioni
alternative che migliorano il decision making.
Al fine di sfruttare gli aspetti funzionali del conflitto ed
evitare gli effetti disfunzionali, i manager devono
imparare come controllarlo.
611
Il modello di Pondy del conflitto
organizzativo
Pondy considera il conflitto come un processo che
consiste in cinque episodi, o fasi sequenziali.
A prescindere da come e perché il conflitto nasce, i
manager possono usare il modello di Pondy per
interpretare e analizzare una situazione conflittuale e
intraprendere delle azioni per risolverlo.
612
FASE 1: CONFLITTO LATENTE
Nella prima fase, del conflitto latente, non esiste alcun
conflitto aperto; tuttavia è presente il potenziale per
l’insorgenza di un conflitto, e questo a causa del modo
in cui l’organizzazione opera.
Secondo Pondy, tutti i conflitti organizzativi nascono
perché la differenziazione orizzontale e verticale
porta alla costituzione di diverse sottounità
organizzative, che hanno diversi scopi e spesso
diverse percezioni del modo migliore per realizzarli.
613

INTERDIPENDENZA
Man mano che le organizzazioni si differenziano, ciascuna
sottounità sviluppa un desiderio di autonomia e
comincia a perseguire obiettivi e interessi che ritiene
più importanti di quelli delle altre sottounità e
dell’organizzazione nel suo complesso.
Dal momento che le attività e i processi governati dalle
sottounità sono interdipendenti rispetto ai clienti o agli
stakeholder, il desiderio di autonomia porta al conflitto.
Alla fine, il desiderio di autonomia di ciascuna sottounità
entra in conflitto con il fabbisogno di coordinamento
dell’intera organizzazione.
614

DIFFERENZE DI OBIETTIVI E PRIORITA’
Le differenze nell’orientamento delle sottounità influiscono
sulla visione del mondo di ciascun reparto o divisione e
fanno si che ogni sottounità persegua obiettivi diversi,
spesso incoerenti e incompatibili tra loro. Quando ciò
accade, il potenziale per il conflitto cresce.

FATTORI BUROCRATICI
Nel tempo, si può verificare il conflitto a causa di
incongruenze di status fra diversi gruppi nella burocrazia
dell’organizzazione. Un classico esempio di conflitto
burocratico avviene tra funzioni di staff e di linea.
Una funzione di linea è direttamente legata alla produzione
degli output dell’organizzazione.
Le funzioni di staff consigliano e sostengono la funzione di
linea e comprendono l’ufficio personale, la contabilità e gli
acquisti.
615
CRITERI DI PERFORMANCE INCOPATIBILI
A volte le sottounità entrano in conflitto non a causa
dell’incompatibilità di obiettivi, ma perché il modo
dell’organizzazione di monitorare, valutare e premiare le
diverse sottounità le porta al conflitto.

COMPETIZIONE PER RISORSE LIMITATE
Quando le risorse sono limitate, devono essere fatte delle
scelte su come allocarle e le sottounità devono competere
per la loro parte. Le divisioni lottano per vedersi assegnare
una fetta maggiore di finanziamenti, perché maggiori sono i
fondi che ottengono e investono, più in fretta possono
crescere.
Allo stesso modo, ci possono essere dei conflitti a livello
funzionale sulla quantità di fondi da allocare alle vendite, o
alla produzione, o alla R&S, per raggiungere gli obiettivi
616
organizzativi.

FASE 2: CONFLITTO PERCEPITO
La seconda fase, il conflitto percepito, ha inizio nel
momento in cui una sottounità o un gruppo di
stakeholder percepisce che i propri obiettivi sono
ostacolati da quelli di un altro gruppo.
In questa fase, ciascuna sottounità comincia a definire i
motivi per i quali sta emergendo il conflitto e
analizzare gli eventi che hanno condotto al conflitto
stesso. Ogni gruppo va alla ricerca delle origini del
conflitto e costruisce uno scenario che spiega i
problemi che sta avendo con altre sottounità.
A questo punto il conflitto sale di intensità, nella misura
in cui le diverse sottounità o stakeholder cominciano
a disputare sulla causa del problema.
617
FASE 3: CONFLITTO VISSUTO
Nella fase del conflitto vissuto, le sottounità in conflitto
fra loro sviluppano ben presto una risposta emotiva
reciproca. Normalmente ciascuna sottounità serra le
fila e sviluppa una mentalità polarizzata del “noi contro
di loro” che getta la colpa interamente sull’altra
sottounità. Man mano che il conflitto aumenta, la
cooperazione fra le sottounità decade e altrettanto fa
l’efficacia organizzativa.
Se il conflitto non viene risolto, raggiunge ben presto la
fase successiva.
618
FASE 4: CONFLITTO MANIFESTO
Nella fase del conflitto manifesto, una sottounità cerca
di rifarsi su un’altra tentando di ostacolarne gli
obiettivi.
Il conflitto manifesto può assumere diverse forme, cui
non sono estranee nemmeno l’aggressione fisica fra
individui o gruppi di persone.
Una forma molto efficace di conflitto manifesto è
l’aggressione passiva, vale a dire il frustrare gli obiettivi
dalla parte avversa senza far nulla.
619
FASE 5: GLI STRASCICHI DEL CONFLITTO
Presto o tardi, il conflitto organizzativo si risolve in qualche
modo, spesso per decisione di un manager senior. E se le
motivazioni del conflitto non sono state risolte, le dispute e i
problemi che hanno causato il conflitto nascono di nuovo in un
altro contesto.
Ogni episodio di conflitto lascia degli strascichi che influenzano il
modo in cui le due parti percepiscono la situazione e
reagiranno in futuro.
Se un conflitto si risolve prima di arrivare alla fase manifesta,
allora gli strascichi favoriranno le future relazioni lavorative.
Se invece un conflitto raggiunge le fasi finali, o non viene risolto
affatto, gli strascichi inaspriranno le relazioni lavorative future e
la cultura organizzativa sarà avvelenata da rapporti che non
daranno mai spazio alla collaborazione.
620
Gestione del conflitto: le strategie per
la risoluzione del conflitto
Un’organizzazione deve bilanciare la necessità di una
certa dose di conflitto “positivo” (che permette di
superare l’inerzia e consente un nuovo apprendimento
organizzativo) con il bisogno di impedire che il
conflitto “positivo”sfoci in “conflitto negativo” (che è
causa di una rottura della coordinazione e
dell’integrazione fra reparti e divisioni).
Il metodo che un’organizzazione sceglie per gestire il
conflitto dipende dalla fonte del problema.
621

AZIONE A LIVELLO DELLA STRUTTURA
Un’organizzazione potrebbe passare da una struttura funzionale e
una struttura a divisioni di prodotto, allo scopo di rimuovere la
fonte di conflitto fra i manager della produzione che non sono
in grado di controllare i costi generali delle diverse linee di
prodotto.
L’organizzazione può:
- Aumentare il livello di integrazione per gestire il problema delle
differenze negli obiettivi delle sottounità;
- Accertarsi che la struttura della gerarchia dell’autorità
organizzativa sia in linea con gli attuali bisogni dell’azienda;
- Appiattire la gerarchia in modo tale che le relazioni di autorità
siano definite in modo chiaro, e decentralizzare l’autorità può
rimuovere una notevole fonte di conflitto organizzativo.
Una progettazione organizzativa dovrebbe portare alla creazione
di una struttura che minimizza il potenziale di conflitto.
622
AZIONE A LIVELLO DEI COMPORTAMENTI E DEGLI
INDIVIDUI
Un modo per contenere il conflitto fra le sottounità e impedire
la polarizzazione dei comportamenti è quello di stabilire un
sistema di procedure che consenta alle parti in conflitto di
rendere note le proprie lamentele e ascoltare il punto di
vista degli altri gruppi.
I comitati o i team, ad esempio, possono costituire un forum
nel quale le sottounità in conflitto fra loro possono
incontrarsi faccia a faccia e negoziare direttamente.
In questo modo, le sottounità possono chiarire i postulati che
stanno usando per contestualizzare il problema, e sviluppare
una comprensione delle motivazioni altrui.
Spesso un’organizzazione chiama in causa una terza persona
per negoziare e moderare una disputa fra sottounità o
stakeholder.

623
Il ruolo del negoziatore è impedire la polarizzazione dei
comportamenti che avviene nella fase di conflitto vissuto
ed evitare così che si arrivi al conflitto manifesto.
Un altro modo per gestire il conflitto attraverso il
cambiamento dei comportamenti è lo scambio e la
rotazione delle persone fra le sottounità, per incoraggiare i
gruppi a comprendere il punto di vista degli altri.
Quando i comportamenti sono difficili da cambiare, perché si
sono sviluppati su un lungo periodo di tempo, il solo modo
per risolvere il conflitto potrebbe essere quello di
sostituire le persone coinvolte.
Questo può essere fatto trasferendo in via permanente gli
impiegati ad altre parti dell’organizzazione, promuovendoli
o licenziandoli.
624
Che cos’è il potere organizzativo?
Il potere organizzativo è il meccanismo attraverso il
quale si risolve il conflitto, e può anche essere definito
come la capacità di una persona o di un gruppo di
superare la resistenza altrui e risolvere il conflitto e
raggiungere un obiettivo o un risultato desiderato.
Il potere organizzativo è la capacità di A di far sì che B
faccia qualcosa che altrimenti non avrebbe fatto. In
questo senso, il potere coincide con la capacità di
esercitare influenza, anche se non necessariamente
l’influenza sugli altri si esercita attraverso il potere.
Chi detiene il potere può ottenere i risultati che
desidera a scapito dell’opposizione degli altri.
625
Avere il potere è un fattore determinante in tutti i tipi di
decisioni che finiscono per risolvere un conflitto.
Il conflitto e il potere sono intimamente collegati.
Il conflitto è causato dall’esistenza di diversi gruppi o
individui che devono collaborare per raggiungere gli
obiettivi organizzativi, ma devono competere per le
risorse organizzative e hanno diversi obiettivi e priorità
individuali e di gruppo.
626
Fonti di potere organizzativo

AUTORITA’
L’autorità cioè quel potere legittimato dalle fondamenta
culturali e legali sulle quali si basa un’organizzazione, è
la basilare fonte di potere in un’organizzazione.
L’autorità in un’organizzazione deriva dall’atto
costitutivo, che consente agli azionisti, attraverso il
consiglio di amministrazione, di garantire
all’amministratore delegato o al direttore generale il
potere formale, o autorità di usare le risorse
organizzative per creare valore per gli azionisti.
A sua volta questi hanno diritto di assegnare l’autorità
ad altri top manager dell’organizzazione, che hanno il
diritto di conferirla ai loro subordinati.
627
Le persone che entrano a far parte di un’organizzazione
accettano il diritto legale dell’organizzazione di controllare il
loro comportamento.
Nell’esercizio dell’autorità il manager esercita il controllo legale
di governare e controllare le risorse, comprese quelle umane.
Spesso i manager negoziano fra loro i limiti della loro autorità e
i manager senior conferiscono l’autorità ai subordinati
prendendo consapevolmente la decisione di decentralizzare.
Decentralizzando l’autorità ai subordinati non si riduce
necessariamente quella dei manager, perché questi ultimi
continuano ad avere la responsabilità di qualunque decisione
prendano i subordinati.
Nelle organizzazioni che decentrano l’autorità e conferiscono il
potere agli impiegati, tutti i componenti dell’organizzazione
possono ottenere autorità, dal momento che l’organizzazione
prospera e attira maggiori risorse.
628
CONTROLLO SULLE RISORSE
Proprio come il potere di un’organizzazione aumenta in
modo proporzionale alle risorse nell’ambiente, il potere
all’interno di un’organizzazione deriva dal controllo delle
risorse. Per sopravvivere le persone hanno bisogno di
risorse come capitale, risorse umane, materie prime e
clienti.
Il denaro, o il capitale, è la risorsa organizzativa fondamentale
perché permette di acquistare le altre risorse.
Dal punto di vista legale, i top manager controllano
l’allocazione del denaro dell’organizzazione e di
conseguenza il futuro. La capacità di allocare le risorse
finanziarie, tuttavia, non è la sola fonte di potere per un
manager o per una sottounità.
Anche la capacità di generare risorse finanziarie è
un’importante fonte di potere.
629

CONTROLLO SULLE INFORMAZIONI
L’informazione può essere una risorsa organizzativa molto
importante e nel contempo scarsa. L’accesso alle
informazioni dalle sottounità, verso di esse, e tra l’una e
l’altra, sono fonti di considerevole potere nel decision
making e nel processo di cambiamento.
Il controllo dell’informazione è la fonte di potere di molte
persone o sottounità che si trovano in ruoli specializzati.
Tutte le sottounità posseggono un qualche tipo di conoscenza
esperta, ma i reparti e le divisioni che controllano le
informazioni critiche ne hanno la maggior parte.

NON SOSTITUIBILITA’
Se nessun altro è in grado di eseguire un compito di una
persona o di una sottounità non è sostituibile, ed è la sola
che gli può fornire delle risorse che un’altra sottounità o
l’organizzazione vogliono.

630
CENTRALITA’
I manager in grado di controllare il flusso di informazioni
detengono molto potere e giocano un ruolo chiave nei processi
decisionali. Allo stesso modo, le sottounità che sono più centrali
per il flusso delle risorse, hanno la capacità di ridurre l’incertezza
delle altre sottounità.
Spesso la strategia di un’organizzazione è determinante per stabilire
quale sottounità sia centrale all’organizzazione stessa.

CONTROLLO SULL’INCERTEZZA
Una sottounità che è in grado di controllare davvero le principali
fonti di incertezza o le contingenze che l’organizzazione si trova
ad affrontare, detiene un considerevole potere.
Nel tempo, man mano che cambiano le contingenze che deve
affrontare un’organizzazione, alcune sottounità ottengono
maggiore potere, mentre cala quello di altre, il cui servizio non è
poi così importante.
631

POTERE NON INVASIVO: CONTROLLARE LE PREMESSE
DEL DECISION MAKING
Quando diverse sottounità condividono degli interessi simili,
entrano spesso a far parte di una coalizione per accrescere
il loro potere e perseguire un obiettivo comune.
L’accresciuto potere della coalizione viene poi fatto pesare sul
processo di decision making contro le coalizioni che stanno
perseguendo obiettivi diversi.
Il potere derivante dalla capacità di controllare le premesse
del decision making si chiama potere non invasivo, perché
gli altri, di solito, non sono consapevoli del fatto che una
coalizione stia formando le loro percezioni o
interpretazioni di una situazione.
Il potere di una coalizione sta nella sua abilità di controllare i
presupposti, gli obiettivi, le norme o i valori che i manager
usano per giudicare le soluzioni alternative a un problema.

632
Conseguenza del potere non invasivo è che molte
alternative vengono scartate, perché non si adattano
alla visione della situazione della coalizione dominante.
Così ancora prima che il decision making abbia inizio, la
coalizione dominante si è accertata che la decisione
che verrà presa sosterrà comunque i suoi interessi.
La capacità di una coalizione di risolvere il conflitto in
suo favore dipende da quale coalizione ha l’equilibrio
del potere nell’organizzazione.
633
Uso del potere: la politica
organizzativa
La politica organizzativa comprende le attività intraprese
all’interno di un’organizzazione e finalizzate ad acquisire,
sviluppare e usare il potere e le altre risorse per ottenere i
risultati desiderati da una delle parti in una situazione nella
quale c’è incertezza o disaccordo sulle scelte.
Per gestire i processi di cambiamento e risolvere i conflitti a
proprio favore, gli individui, le sottounità e le coalizioni
intraprendono spesso un’attività politica e mettono in atto
un comportamento finalizzato ad aumentare il loro potere
e la loro influenza.
634
TATTICHE POLITICHE
Gli individui e le sottounità possono usare molte tattiche
politiche per ottenere il potere necessario a raggiungere i
loro obiettivi e risultati.
 AUMENTARE L’INDISPENSABILITA’
Una tattica politica fondamentale che un individuo o una
sottounità può mettere in pratica per aumentare il proprio
potere è quella di diventare indispensabile per
l’organizzazione. L’indispensabilità può essere ottenuta
aumentando la sostituibilità o la centralità.

635
AUMENTARE LA NON SOSTITUIBILITA’
I manager più scaltri mettono deliberatamente in atto dei
comportamenti e delle azioni che li rendono non
sostituibili. Potrebbero sviluppare competenze speciali
oppure specializzarsi in un’area di crescente interesse per
l’organizzazione in modo tale da trovarsi nella posizione di
controllare una contingenza cruciale che sta affrontando
l’organizzazione.
Gli individui e le sottounità che usano queste tattiche
vengono spesso chiamati per risolvere i problemi nel
momento in cui si presentano, e la capacità di arrivare a
una soluzione accresce il loro status e prestigio.

636
AUMENTARE LA CENTRALITA’
I manager possono aumentare la loro indispensabilità
rendendosi centrali all’organizzazione. Possono accettare
deliberatamente delle responsabilità che li mettono in
contatto con molti reparti e molti manager, così da poter
favorire la loro reputazione personale e quella del loro
reparto.
Rendendosi centrali potrebbero anche favorire la loro
capacità di ottenere informazioni che possono usare per
rendere se stessi e il loro reparto non sostituibili.
In cambio del loro aiuto, possono richiedere anche dei favori
da altre persone o gruppi, e passare queste informazioni ad
altri manager, che a loro volta saranno in obbligo con loro
e condivideranno ancora più informazioni.

637
ASSOCIARSI CON MANAGER POTENTI
 Un altro modo per ottenere il potere è quello di legarsi ai
manager potenti.
Sostenere un manager potente e rendersi indispensabile per
questa persona permette di scalare la gerarchia
organizzativa insieme a lei.
I top manager fungono spesso da mentori ad aspiranti
manager di livello inferiore, perché il planning per la
successione manageriale è un compito importante dei top
manager.
Per identificare le persone potenti in un’organizzazione è
necessario sviluppare la sensibilità di intuire chi detiene il
potere.

638
Gli indicatori di potere comprendono la reputazione
personale e la capacità di:
1. Influenzare i risultati del decision making organizzativo;
2. Controllare le risorse organizzative significative;
3. Mostrare dei simboli di prestigio e status.

Un modo secondario per creare un legame con le
persone potenti è trarre vantaggio da elementi di terreno
comune, come l’aver studiato alla stessa scuola o
università, o un back ground socio-economico simile.
639
COSTRUIRE E GESTIRE COALIZIONI
Formare una coalizione di diversi interessi, stakeholder,
individui e sottounità, attorno a una questione di interesse
comune è una tattica politica che un manager può utilizzare
il potere e risolvere un conflitto in proprio favore.
Le coalizioni vengono spesso costruite secondo il principio
del “do ut des”: A sostiene B in una questione che interessa
B, in cambio del sostegno di B in una questione che
interessa A.
Le coalizioni possono essere strutturate in maniera
trasversale fra i diversi livelli dell’organizzazione, fra reparti
o divisioni, e fra importanti stakeholder interni ed esterni.
 L’abilità di costruire coalizioni è importante per avere
successo nella politica organizzativa, perché gli interessi
delle parti di una coalizione cambiano di frequente proprio
come fa l’ambiente.

640
INFLUENZARE IL DECISION MAKING
La tattica politica forse più importante che un manager, un
gruppo, una divisione o una coalizione possono mettere in
pratica per acquisire, accrescere e usare il potere è
influenzare la politica del decision making.
Possedere e usare il potere è una delle competenze
necessarie per il gioco politico.
Due tattiche per controllare il decision making e leggittimare
l’uso del potere sono:
- Esercitare il controllo sull’agenda aziendale;
- Portare all’interno dell’azienda un esperto esterno.

641
ESERCITARE IL CONTROLLO SULL’AGENDA
AZIENDALE
I manager e le coalizioni amano far parte di commissioni e se
possibile controllarle, in modo tale da poter controllare
l’agenda o gli affari della commissione stessa.
In questo modo sono in grado di esercitare un controllo
sulle questioni e i problemi da sottoporre a importanti
decision maker.

PORTARE ALL’INTERNO DELL’AZIENDA UN ESPERTO
ESTERNO
Quando si ha un conflitto grave, tutti i manager e le
coalizioni sanno che singoli individui e gruppi stanno
combattendo per i propri interessi e forse anche per la
propria sopravvivenza politica. I manager di ogni sottounità
vogliono che la scure colpisca le altre sottounità e trarre
beneficio da qualunque cambiamento abbia luogo.

642
I manager e le coalizioni che fanno i propri interessi, sapendo
che la soluzione voluta sarà percepita dalle altre coalizioni
come politicamente motivata, sono ansiosi di legittimare la
loro posizione, e quindi chiamano spesso in causa un
esperto esterno considerato neutrale.
In alcuni casi, gli esperti non sono affatto neutrali, ma istituiti
dalla coalizione dominante, della quale conoscono
esattamente l’opinione, in modo da poter sviluppare uno
scenario favorevole.
Quando questo scenario viene presentato ai gruppi in
conflitto, l’ “obiettività” dell’esperto è usata per far pendere
il decision making in favore della coalizione dominante.
L’opposizione viene sbaragliata e accetta l’inevitabile.
643
I costi e i benefici della politica
organizzativa
La politica organizzativa è parte integrante del decision
making di un’organizzazione.
Per gestire la politica organizzativa e trarne dei benefici,
un’organizzazione deve stabilire un equilibrio di potere, nel
quale si possano considerare versioni e soluzioni
alternative, e ci sia spazio per ascoltare i pareri opposti.
È inoltre importante che nel tempo, l’equilibrio del potere si
sposti verso la parte maggiormente in grado di gestire
l’incertezza e le contingenze dell’organizzazione.
Un’organizzazione che conferisce il potere a chi può
promuovere il cambiamento più favorevole,può trarre
vantaggio dal processo politico per migliorare la qualità del
decision making organizzativo.
644
Consentendo ai manger di usare il potere per promuovere i
loro obiettivi futuri e formare delle coalizioni che si
contendono il sostegno per i loro programmi,
un’organizzazione può aumentare la qualità del decision
making incoraggiando dibattiti utili e costruttivi sulle
alternative.
La politica può così migliorare l’efficienza organizzativa, se
provoca dei cambiamenti che collocano le risorse laddove
possono produrre maggior valore.
L’abilità di un’organizzazione di ottenere benefici dalla politica
dipende dall’assunto secondo il quale il potere fluisce verso
quelli che possono esserle di maggiore aiuto.
Ciò significa che i manager che non hanno successo perdono il
potere in favore di altri, e che, nelle organizzazioni, c’è un
continuo movimento di potere, dal momento che il potere di
un individuo o di un gruppo va e viene.
645
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ORGANIZZAZIONE AZIENDALE 2013